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Caratteri generali e sviluppi dell'Età Vittoriana, Sintesi del corso di Storia Dell'architettura Contemporanea

Caratteri generali, sviluppi storici e concezione dell'arte e dell'Architettura del periodo

Tipologia: Sintesi del corso

2016/2017

In vendita dal 15/07/2017

S.T95-97
S.T95-97 🇮🇹

6 documenti

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Scarica Caratteri generali e sviluppi dell'Età Vittoriana e più Sintesi del corso in PDF di Storia Dell'architettura Contemporanea solo su Docsity! ETÀ VITTORIANA Il periodo che va dal 1837 al 1901 prende il nome di Età Vittoriana, nome preso dalla regina Vittoria e che dura quanto il suo regno. Gli anni che seguono la prima rivoluzione industriale vedono ancora la Gran Bretagna al primo posto nel campo dell'invenzione, della tecnica, della meccanizzazione, del commercio, del consumo, oltre ad essere il più grande impero economico, la Gran Bretagna divenne anche una grande potenza coloniale. È il momento di Marx ed Hegel, del socialismo, e di fenomeni culturali e scientifici anche molto contrastanti tra di loro. L'età vittoriana viene considerata come una sorta di involuzione rispetto al periodo della rivoluzione industriale. Ma mentre altrove, l'industrializzazione si impone e procede senza ostacoli, da quelli socio- politici, a quelli etico-estetici, in Inghilterra essa si sviluppa unitamente a un dibattito ideologico, così importante, radicale e totalizzante da riportare il problema a questioni sempre più ampie. Questioni come il rapporto tra industria e società, tra passato è presente, tra artigiano e meccanizzazione, tra arte e industria, costituiscono parte integrante della vicenda di tale periodo. Durante questo periodo, accanto ai pionieri dell'industria che sono legati alla scienza, si va affermandosi, a partire dagli anni 30, una classe di produttori meno dotati di spirito imprenditoriale, che vedono nella figura d' imprenditore una professione di routine, che interpreta nel modo più deteriore i principi del liberalismo, ovvero produrre molto e nel tempo più breve a scapito della qualità dei prodotti. È questo il momento in cui l'abile lavoro dell'artigiano viene sostituito da quello della macchina. La richiesta aumenta di anno in anno ma viene da un popolo ineducato e dominato dalle leggi del liberalismo, dove al fabbricante si dà la più completa libertà di produrre cose più scadenti orribili purché siano commerciabili. Tuttavia, le disfunzioni e malformazioni della produzione dei manufatti non vanno sulla attribuite al cinismo dei molti trafficanti, quanto essenzialmente ad una visione poco chiara della quantificazione dei prodotti, al modo di dar loro una forma in assenza di modelli, e soprattutto ad un programma che pensava all'arte quale attività risolutrice di molti aspetti della produzione. Proprio su queste basi nasce la questione del rapporto arte- industria, rimanendo irrisolta fino a quando non si viene a delineare un'estetica che poco aveva in comune con il modello delle arti tradizionali, dovendo essere nuova e specifica del prodotto industriale. Tale estetica trovo il suo avvio proprio nell'Inghilterra vittoriana. Molti intellettuali, politici, pubblici amministratori, preoccupati dei risultati a più lunga scadenza della produzione e soprattutto della concorrenza con l'estero, iniziarono a promuovere una serie di iniziative: associazioni artistico industriali, comitati di inchiesta per consultare industriali, artigiani, artisti, membri dell'Accademia Reale. Nella prima metà del diciannovesimo secolo si diffuse in Austria un nuovo stile che riguarda non solo il disegno del mobile, ma anche gli oggetti decorativi e perfino la pittura. Era il 'biedermeier', stile spontaneo che denunciò subito, fin nell'incertezza sull'origine del nome, il suo darsi come risposta immediata a esigenze assai più lontane. La sua più più probabile etimologia sembra essere composta l'aggettivo tedesco 'Bieder', ovvero sempliciotto e 'Meier' che è un cognome assai comune in quell'area geografica. Esso ancora più che uno stile progettuale, fu un modello abitativo, se non addirittura, propria del ceto borghese austriaco. Destinata ad appartamenti di piccole dimensioni, il mobilio Biedermeier sfruttò al massimo la ristrettezza degli spazi con i suoi pezzi rigorosamente funzionali ed in grado di equilibrare la praticità con eleganza discreta e sobria. Tutti realizzati in legno locale ed economici, dai colori chiari, le scrivanie, i tavoli, le sedie, presentano delle decorazioni con motivi allusivamente neoclassici. La struttura è solida, senza essere massiccia, il Baidermeier, conobbe una certa diffusione anche in area tedesca e boema. Dunque è uno stile che propone una semplicità di forma e che viene, poi, spodestato dall'altro nuovo. Inoltre questo è il periodo in cui si creano, come abbiamo detto, dei dibattiti, come quello legato all'arte e all'industria, ma anche molte contraddizioni. Ad esempio, questo è il periodo dove si sviluppa il primo manifesto della giornata dei lavoratori, i quali si opponevano all'alienazione dell'uomo da parte della macchina. O ancora in letteratura, in Inghilterra, da una parte troviamo la figura di Oscar Wilde, esponente delle Esthetic Moviment, il quale era convinto che la cultura artistica inglese del suo tempo fosse nel pieno di una nuova rinascita e insiste sulla importanza delle arti decorative come disvelatrici di bellezza negli oggetti più comuni. Il quale inoltre afferma che dobbiamo amare l'arte per amore dell'arte e che l'utilità sarà sempre dalla parte della cosa bella. Ma se da un lato abbiamo Oscar Wilde, dall'altra invece troviamo Dickens che descrive i bassifondi di Londra e il degrado di essi. Infine nel 1900 Peter Behrens, che rappresenta lo spartiacque verso lo stile moderno, afferma che l'oggetto assumerà la sua connotazione estetica e formale nel momento in cui risponderà a pieno alla sua funzionalità. Il maggior esponente della cultura vittoriana fu Henry Cole, che a differenza del progetto di Morris, rivolto alla rinascita dell'artigiano, quello di Cole, a partire dal 1845, postura la più stretta collaborazione con l'industria. A tal fine egli conia nel 1845 l'espressione” Art Manifacturer”, ovvero le belle arti applicate alla produzione industriale, una nuova figura di artista fabbricante viene così denotata. Questo è il punto da cui proviene il concetto di arte applicata all'industria, elemento cardine dell'Esposizione Universale del 1851, di cui il principale artefice sua Cole. Nella Great Exibition a rispondere del connubio tra arte e industria e il Crystal Palace, ma se esso costituì il capolavoro della mostra, gli oggetti in esso contenuti mostrano tutte le incertezze e le contraddizioni del rapporto arte- industria. Da un lato si esigeva la presenza della decorazione in ogni singolo oggetto in modo da dare la parvenza di essere stato prodotto a mano anche se esso era un oggetto proveniente da una macchina. Dunque la referente estetica di tale periodo di viene la pittura dei preraffaelliti. Questi accendono la perizia tecnica, l'abilità mimetica, e la gioia nel rappresentare ogni minimo particolare. Se il programma di Cole, di associare le arti all'indirizzo in un movimento che coinvolse l'intera produzione nazionale fino a culminare dell'Esposizione Universale, può considerarsi il grande progetto di Cole, egli ne concepì un altro, che rappresenta il contributo dato al problema della forma instaurato in tale periodo. Egli comprese che alla qualificazione del prodotto industriale erano indispensabili alcuni basilari principi. I principi fondamentali di tale progetto sono dunque: - la riformulazione del concetto basilare di funzionalità. - l'individuazione di forme semplici che saltassero al prodotto industriale. Tale concetto lo ritroviamo nel periodico “Journal of design and Manifacturer”, fondato nel 1849, dove viene posta l'attenzione sugli “Useful Objects”, ricollegandosi l concetto di utilitarismo. Ovvero Cole pone su questi oggetti quotidiani quel valore di artisticità emergente solitamente attribuito alla pittura e alla scultura, capace di cogliere la bellezza delle forme pure di elementi artefatti. Al di là dell'ornamento, era la loro struttura a imporre i canoni estetici. Ed è qui da individuare lo sforzo maggiore compiuto da Cole e dei suoi compagni. Uno di essi è Owen Jones, il quale sostiene che il fondamento di tutte le cose sia la geometria, e che i colori non vanno usati in senso impressionistico o illusionistico ma in funzione spaziale e percettivo. La geometria da sola non basta, però a creare i modelli per le nuove forme dei prodotti industriali, così nella sua maggior opera “Grammar of Ornament”, egli raccoglie e confronta oggetti decorativi dalle più diverse epoche e provenienze, dalla Cina al Medio Oriente, dall'età celtica a quella barocca, cercando inizi, in una produzione così vasta ed eterogenea, principi conformativi e caratteri invariati. Negli anni intorno alla metà dell'Ottocento trova nel Crystal Palace di Paxton un posto di grande rilievo Michael Thonet. Il carattere principale dei mobili di Thonet ha origine da un invenzione tecnica che consiste nell' inumidire elementi di legno per poterli piegare, ovvero egli mirava a restituire al legno, grazie al vapore, la sua elasticità iniziale, di sagomare i pezzi in casseforme metalliche e di lasciarli essiccare in modo da fissare definitivamente la forma. Tuttavia questa tecnica per quanto innovativa non avrebbe dato quei risultati figurativi che hanno reso inconfondibile lo stile Thonet, se non fossero intervenuti altri fattori che associavano al dato costruttivo una valenza estetica. Nel 1830 e l'inizio quegli esperimenti sulla curvatura del legno nel 1841 in occasione della mostra sui mobili a Coblenza, richiamò l'interesse del
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