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Cardiochirurgia - Patologia Sistematica 1, Appunti di Cardiochirurgia

Introduzione (anatomia), bypass cardio-polmonare, cardiopatia ischemica, rivascolarizzazione, aneurismi aorta toracica e addominale, sdr. Marfan, sdr, aortica acuta (dissecazione), patologie valvolari, cardiopatie congenite (coartazione aortica, difetti del setto interatriale e del canale atrioventricolare, difetto interventricolare, tetralogia di Fallot).

Tipologia: Appunti

2019/2020

In vendita dal 14/04/2023

Chiara.B18
Chiara.B18 🇮🇹

4

(2)

20 documenti

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Scarica Cardiochirurgia - Patologia Sistematica 1 e più Appunti in PDF di Cardiochirurgia solo su Docsity! CARDIOCHIRURGIA ANATOMIA DEL CUORE Il cuore è situato nel mediastino anteriore, quella regione delimitata: - ANTERIORMENTE dalla parete toracica; - POSTERIORMENTE dalla colonna vertebrale; - LATERALMENTE dalle pleure mediastiniche; - INFERIORMENTE dal diaframma. Il mediastino è un compartimento anatomico a forma di clessidra che occupa lo spazio centrale del torace compreso tra i polmoni, in cui sono contenuti il cuore, i grandi vasi ed altre strutture. Occupa circa un quarto del volume totale toracico e comprende strutture ed organi di vari apparati: Organi contenuti nel mediastino anteriore: timo, arterie mammarie interne e vene mammarie interne, vasi linfatici provenienti dal fegato, linfonodi della biforcazione (o carenali), tessuto adiposo. Organi contenuti nel mediastino medio: cuore, coronarie e nervi cardiaci, pericardio, aorta ascendente e parte dell’arco aortico, vena cava superiore e arco della vena azygos, piccolissima parte della vena cava inferiore, arterie polmonari, vene polmonari, arterie bronchiali, vene bronchiali, arterie freniche superiori, nervi frenici, linfonodi, parte inferiore della biforcazione della trachea, bronchi principali, tessuto adiposo. Organi contenuti nel mediastino posteriore: aorta discendente, origine delle ultime (dall’alto al basso) arterie intercostali posteriori, vene intercostali posteriori, vena azygos e vena emiazygos, arterie esofagee medie, vene esofagee medie, esofago, dotto toracico, linfatici, linfonodi sub-aortici, retroaortici e paraesofagei, catena sinistra e destra dei gangli del sistema simpatico toracico, nervo vago di sinistra, nervo vago di destra, nervi splancnici, tessuto adiposo. Organi contenuto nel mediastino superiore: arco dell’aorta, arteria brachiocefalica, arteria carotide comune di sinistra, succlavia sinistra, parte superiore della vena cava superiore, vene brachiocefalica di sinistra e di destra, vena azygos, vena emiazygos, arteria intercostale suprema di sinistra e arteria intercostale suprema di destra, nervo vago di sinistra, nervo vago di destra, nervo ricorrente larigeo di sinistra, parte superiore dei nervi frenici, dei nervi cardiaci, del dotto toracico, dell’esofago, trachea, linfonodi, tessuto adiposo. NB. È estremamente importante il rapporto con l’esofago poiché tramite questo è possibile eseguire una ecocardiografia-trans-esofagea; dal momento che lì non vi è aria (l’aria è nemico dell’ultrasuono) è possibile visualizzare meglio il cuore (l’esofago scende e si poggia sulla parte posteriore dell’atrio sinistro). L'aia cardiaca è l'area della parete toracica anteriore in cui si trova il cuore, la cui rappresentazione è utile durante l'esame obiettivo per valutare se morfologia e fisiologia del cuore sono nella norma. La percussione infatti può rendere l'idea delle dimensioni e con l'ascultazione si valutano i toni cardiaci, cioè i rumori prodotti dal flusso del sangue attraverso gli osti cardiaci. L'ascultazione si fa su punti specifici, chiamati focolai di ascoltazione, che sono quattro: 1. Focolaio mitralico: il rumore è conseguente alla contrazione del ventricolo sinistro, e si ascolta nella regione chiamata itto della punta, che corrisponde all'apice del cuore, nel quinto spazio intercostale. 2. Focolaio tricuspidale, il cui rumore corrisponde alla contrazione del ventricolo destro, e si ascolta nel quinto spazio intercostale destro, vicino allo sterno. 3. Focolaio polmonare, nel secondo spazio intercostale sinistro presso lo sterno, dove si apprezza principalmente il rumore dovuto all'attività dell'arteria polmonare. 4. Focolaio aortico, all'estremo costale del secondo spazio intercostale destro, permette di ascoltare il rumore causato dall'attività aortica. POSIZIONE DEL CUORE deve essere considerata non in rapporto alla punta ma alla sua posizione (al centro, dietro lo sterno e verso sx): Levocardia (dal centro verso l’emitorace di sx) Destrocadia (la punta è sempre volta verso sx, ma la sua posizione è più a dx) Mesocardia (ne verso sx ne verso dx, ma tutto al centro) Ectopia cordis (cioè il cuore è fuori dal torace). Il cuore si trova all'interno del pericardio. Per la sua forma conica, è possibile distinguere: a. Faccia anteriore, costituita dal ventricolo destro, da una parte di ventricolo sinistro, dall'origine dell'aorta e dell'arteria polmonare e dalla faccia anteriore dell'atrio destro; b. Faccia diaframmatica, costituita dei due ventricoli e due atri; c. Margine acuto situato tra la parete diaframmatica e quella anteriore; d. Margine ottuso, si presenta arrotondato in corrispondenza della faccia mediale del polmone sinistro. Il cuore è costituito da quattro cavità: atrio destro, ventricolo destro, atrio sinistro e ventricolo sinistro. Il sangue venoso proveniente dal circolo sistemico, attraverso le vene cave superiore ed inferiore, giunge in atrio destro e quindi in ventricolo destro e nel circolo polmonare attraverso l'arteria polmonare. Il sangue ossigenato, dal circolo polmonare attraverso le vene polmonari, va in atrio sinistro e poi in ventricolo sinistro, da cui è aiutato nell'aorta. Tra gli altri ed i ventricoli sono presenti a destra e a sinistra, rispettivamente la valvola tricuspide e la valvola mitrale (valvole atrio-ventricolari); tra ventricolo destro ed arteria polmonare e tra ventricolo sinistro ed aorta sono presenti rispettivamente la valvola polmonare e la valvola aortica (valvole ventricoloarteriose). Gli atri sono separati tra loro mediante il setto interatriale mentre i ventricoli mediante il setto interventricolare. Per accedere al cuore basta fare un taglio dalla fossetta del giugulo fino all’apofisi ensiforme. Sotto la cute c’è il sottocute, quindi il tessuto adiposo ed infine lo sterno. Più grasso c’è, più si deve incidere (cercate di mangiare poco!). Lo sterno viene tagliato a posterolaterale che si dirige verso la circonflessa e da questa nasce l’arteria nodale che perfonde il NAV. Infine la coronaria dx da un ramo per il NSA: pertanto l’arteria è adibita alla perfusione del sistema di conduzione del cuore, ed una sua occlusione si traduce in un malfunzionamento di tale sistema, e quindi in una conduzione ed in un ritmo alterati. RIASSUMENDO Cornaria destra irrora: atrio destro, ventricolo destro, porzione diaframmatica del setto interventricolare, muscolo papillare posteriore del ventricolo sinistro, nodo altro ventricolare, fascio di His, branca destra del fascio di His. Coronaria sinistra irrora: atrio sinistro, faccia sterno-costale del cuore (ventricoli destro e sinistro), setto interventricolare, apice del ventricolo sinistro, muscolo papillare anteriore, nodo atrio ventricolare, fascio di His, branche destra e sinistra del fascio di His. CORONAROGRAFIA: si introduce un catetere attraverso un’arteria periferica (radiale, femorale, ecc) si va in aorta e si inietta una sostanza radio-opaca (un mezzo di contrasto iodato) che contrasta l’interno dei vasi. La stessa cosa può essere fatta con i ventricoli (ventricolografia). Se in aorta: aortografia. La ventricolografia ci permette di evidenziare la trabecolatura e di definire la morfologia delle camere cardiache. L’aortografia ci permette di vedere l’aorta. L’aorta ascendente si divide in 3 parti: 1. La parte iniziale, la radice aortica dove c’è la valvola aortica e dove originano le arterie coronarie; 2. La radice si restringe nella giunzione senotubulare; 3. Il terzo segmento è l’aorta tubulare che arriva fino all’origine del primo vaso, il tronco anonimo. ANALISI SEQUENZIALE SEGMENTARIA si basa sull'identificazione morfologica delle varie cavità del cuore e sulla ricostruzione della loro sequenza anatomica e relazione spaziale. Il cuore è formato embriologica mente, anatomicamente e funzionalmente da tre segmenti in connessione tra loro: Atri: non sempre l’atrio destro è localizzato a destra, quindi è importante guardare la morfologia: - Affinché un atrio si possa definire "morfologicamente" destro, deve avere: auricola triangolare a punta e alternanza nella parete atriale di una zona trabecolata (muscoli pettinati) e di una zona liscia. - Affinché un atrio si possa definire "morfologicamente" sinistro: auricola rotondeggiante “a dito di guanto” (digitiforme e imbocco stretto) e la parete atriale è liscia ma non per assenza dei muscoli ma perchè quest’ultimi sono “intonacati” ovvero si ha una parete muscolare più spessa. Ventricoli: I ventricoli assumono una forma ellittica; in caso di cardiomiopatia dilatativa ovvero infarto, questa forma ellittica verrà persa perché il ventricolo assume una forma rotonda e di conseguenza sarà persa anche la contrattilità. Il ventricolo sinistro è più spesso del ventricolo destro. In base alla morfologia delle trabecolature riusciamo a distinguere un ventricolo destro da un ventricolo sinistro: - Affinché un ventricolo si possa definire "morfologicamente" sinistro: pur avendo una parete più spessa ha un endocardio più liscio; - Affinché un ventricolo si possa definire "morfologicamente" destro: parete liscia con grosse trabecolature. Grossi vasi La loro sequenza ordinata (atri, ventricoli e grossi vasi) condiziona la geometria dei flussi. L'analisi sequenziale segmentaria comprende quattro tappe fondamentali: 1) Descrizione del situs atriale: identificazione morfologica della cavità presenti nel metamero atriale e lo studio delle loro relazioni spaziali. Il situs atriale può essere: - SOLITUS cioè atrio destro localizzato a destra e atrio sinistro localizzato a sinistra; - INVERSUS cioè atrio destro localizzato a sinistra e atrio sinistro localizzato a destra; - ISOMERISMO ATRIALE ovvero abbiamo la presenza di due atri uguali. Quando abbiamo un situs solitus, il bronco destro si biforca “precocemente” mentre quello di sinistra si biforca più periferia; il fegato è a destra, lo stomaco al centro e la milza a sinistra (=situs viscero-addominale / trocheo-bronchiale solitus). Mentre, nel situs inversus il polmone segue la posizione dell’atrio, quindi il bronco destro che solitamente si biforca “precocemente” avrà il situs tipico del bronco di sinistra e allo stesso modo il bronco di sinistra che normalmente si biforca in periferia, in questo caso si biforca “precocemente”; il fegato si trova sinistra, lo stomaco al centro ma con la grande curvatura a sinistra e la milza a destra. A volte possiamo avere la presenza di un situs indefinito poiché non sia chiara la posizione dei visceri. Nel caso dell'isomerismo possiamo avere due bronchi morfologicamente destri oppure due bronchi morfologicamente sinistri. 2) Descrizione della giunzione atrio ventricolare: tipo di connessione, modo di connessione, morfologia ventricolare, relazione spaziale delle camere ventricolare (loop): 3) Descrizione della giunzione ventricolo-arteriosa: connessione (tipo e modo), morfologia dei tratti di efflusso, relazione spaziale delle valvole semilunari e dei grossi vasi; 4) Descrizione delle anomalie associate. Di norma il ventricolo è formato da 3 componenti: I.Compimente sinusale o di afflusso (ovvero sotto la valvola tricuspide e mitrale): segmento che supporta la valvola atrioventricolare; II. Componente infudibolare o di efflusso (sotto la valvola polmonare e aortica): segmento che supporta la valvola semilunare; III.Componente trasecolo-apicale: segmento ventricolare apicale. Affinché un ventricolo si definisca tale deve essere presente la COMPONENTE SINUSALE, ovvero la componente di afflusso, isolatamente o in associazione con le altre componenti. NB. Se manca l’afflusso la cavità NON può essere definita ventricolo. CARATTERISTICHE MORFOLOGICHE DEL VENTRICOLO DESTRO: La valvola atrioventricolare (che può essere tricuspide o mitrale; è bene ricordare che la tricuspide oltre a dare delle corde tendinee che vanno verso i muscoli papillari danno delle delle corde che si attaccano al ventricolo) con lembo di inserzione diretta sul setto interventricolare; Cresta sopraventricolare; Cuneo muscolare tra AV e semilunare polmonare (discontinuità tra tricuspide e polmonare - per la presenza di muscolo - cosa che non succede a sinistra); Camera di afflusso con trabecolatura grossolana e scarsa. Il ventricolo destro presenta una forma triangolare, una porzione di entrata in corrispondenza della valvola tricuspide, una porzione apicale dove c’è la banda moderatrice e una porzione di efflusso corrispondente al cono muscolare. CARATTERISTICHE MORFOLOGICHE DEL VENTRICOLO SINISTRO: I. Valvola A-V priva di inserzioni sul setto interventricolare; II. Continuità fibrosa mitro-aortica; III. Camera di afflusso con fine trabecolatura; IV. Aspetto liscio della porzione basale del setto interventricolare; V. Camera di efflusso. Il ventricolo sinistro presenta una forma ovoidale, una porzione di entrata laterale sinistra attraverso la valvola mitrale, muscoli papillari, porzione apicale con trabecolatura fine, porzione di efflusso mediale attraverso il cono fibroso (muscolare). BYPASS CARDIO-POLMONARE (CEC: CIRCOLAZIONE EXTRACORPOREA) La circolazione extracorporea, è una metodica introdotta per la prima volta nel 1953, mediante la quale viene sostituita la funzione cardio-circolatorio è quella respiratoria del polmone da parte di una macchina definita cuore-polmone la quale permette di eseguire interventi a cuore aperto con camere cardiache immobili senza che il paziente subisca alterazioni emodinamiche e metaboliche (nonostante la sospensione temporanea della funzione cardiaca e polmonare). Il sangue venoso dalle cave e o dall'atrio destro deve essere dirottata in una macchina cuore-polmone dove viene ossigenato e pompato direttamente nel sistema arterioso (aorta, arterie femorale, arteria ascellare). Ha lo scopo di mantenere la funzione degli organi garantendo perfusione e ossigenazione. La circolazione extracorporea è una metodica utilizzata per sostituire in maniera totale o parziale la funzione del cuore e dei polmoni durante gli interventi chirurgici sul cuore e/o sui grossi vasi. Essa ha lo scopo di mantenere la funzione dei vari organi garantendo la perfusione e l’ossigenazione. La maggior parte degli interventi in cardiochirurgia si esegue in CEC (non tutti gli interventi si fanno in CEC: se per esempio dobbiamo fare un intervento sulle coronarie che si trovano sulla superficie del cuore, non è necessaria la CEC). La prima circolazione extracorporea venne seguita da John Gibbons per un intervento di chiusura di un difetto del setto interatriale su un paziente (Il chirurgo ha inserito una cannula nelle cave del bambino, la portato nell'atrio destro della mamma e a collegato poi l’aorta della mamma e quella del bambino. Quindi la mamma ha fatto da macchina cuore-polmone). Perché possa essere attivata una circolazione extra corporea sono necessari: Macchina cuore-polmone Circuito di collegamento tra il paziente e la macchina cuore-polmone La macchina cuore-polmone è formata dalle seguenti componenti: 1.POMPA: serve per generare un gradiente pressorio in grado di spingere il sangue nel sistema cardiocircolatorio del paziente. Nella pratica clinica le pompe più utilizzate sono: ROLLER: la pompa roller è composta da un motore elettrico e da una testa rotante costituita da due cilindri rotanti all'interno di un sistema a forma di "ferro di cavallo". I tubi del circuito contenente il sangue vengono inseriti tra le pareti della pompa e la testa rotante. La testa rotante comprimerà il tubo del circuito ottenendo così un movimento anterogrado continuo del sangue. La geometria a ferro di cavallo minimizza il danneggiamento del sangue e riduce la pressione di pulsazione. CENTRIFUGA: nella pompa centrifuga il sangue viene fatto entrare dall'apice di una campana costituita, in alcuni modelli, da lame rotanti sospinte magneticamente che ruotano ad alta velocità determinando, grazie alla forza centrifuga, il movimento del sangue. La pompa centrifuga non è occlusiva. Questa pompa è essenzialmente un generatore di vortice. Attraverso il movimento della ventola all'interno di un contenitore ad alta velocità, si crea un canale centrale a bassa pressione, mentre lungo la circonferenza esterna si genera un'alta pressione. Con le pompe centrifughe il sangue viene aspirato assialmente nel centro del vortice e viene espulsa sotto pressione attraverso un'apertura orientata tangenzialmente all’asse di rotazione. 2. RESEVOIR VENOSO O CARDIOTOMO: È un "recipiente" che, interposto tra il paziente e la macchina-cuore polmone (lungo il circuito inserito nell’ossigenatore), serve a raccogliere il sangue venoso proveniente dal paziente e/o dal campo operatorio. Contiene filtri che hanno lo scopo di rimuovere frammenti di tessuto, grasso, materiali estranei provenienti dal campo operatorio ecc.. Il sangue il sangue raccolto nel cardiotomo viene convogliato direttamente nell’ossigenatore. 3. L’OSSIGENATORE è uno dei componenti essenziali della macchina cuore-polmone. Negli interventi cardiochirurgici in cui la ventilazione polmonare viene sospesa, ha lo scopo di ossigenare il sangue venoso proveniente dal cuore destro. Un buon ossigenatore deve: liberare circa 300 ml/min di ossigeno e rimuovere circa 250 ml/min di anidride carbonica. Esistono due tipi di ossigenatore: A BOLLE O A GORGOGLIAMENTO: formati da una sezione di ossigenazione (in cui si raccoglie il sangue da ossigenare ed avviene lo scambio dei gas, sono presenti bolle dalle cui dimensioni dipendono le superfici di contatto tra gas e sangue), una sezione di purificazione (in cui vengono rimosse le bolle) ed un reservoir arterioso (da dove il sangue viene re-immesso verso l'aorta). A MEMBRANA in cui lo scambio di gas avviene attraverso una membrana permeabile ad essi. 4. SCAMBIATORE TERMICO, che serve a variare la temperatura del sangue (e, quindi, del paziente), il che permette di variare le richieste metaboliche dell’individuo; la temperatura raggiunta dal corpo è misurata utilizzando sonde posizionate nel naso faringe e/o sull'alluce, espressione rispettivamente della temperatura interna e superficiale del corpo. Sono utilizzate anche le temperature rettale e vescicale. Durante il raffreddamento, la temperatura del sangue non dovessero 10-14°C meno di quella naso faringea, per evitare che durante il rapido riscaldamento del sangue freddo, proveniente dalla macchina cuore-polmoni, i gas passano dallo stato di sciolto a quello gassoso, con formazione di bolle conseguente embolia gassosa. La temperatura dell'acqua, infine, non deve superare i 42 °C, per non danneggiare il sangue. Per tale motivo è opportuno non riscaldare il sangue al disopra dei 39,5°C. 5. FILTRI inseriti lungo il circuito e all'interno dei vari reservoir, hanno lo scopo di bloccare materiali provenienti dal campo operatorio, frammenti di materiali plastici del circuito, particelle di grasso, microtrombi e bolle di aria accidentalmente formatesi e/o immessa nel circuito arterioso. 6. MANOMETRO DI PRESSIONE è collegato al circuito arterioso, serve a monitorizzare la pressione, per individuare precocemente altre resistenze a valle della macchina cuore- polmoni originatesi nel paziente e/o nel circuito stesso. 7. DISPOSITIVO PER L’ULTRAFILTRAZIONE utilizzato routinariamente nei pazienti dializzati e o con insufficienza renale cronica, può essere inserito nel circuito è utilizzato qualora se ne riscontri la necessità. 8. CIRCUITO: rappresenta il raccordo tra la macchina e il paziente. Esso è costituito dai seguenti elementi: Linea venosa: mediante una o due cannule posizionate in atrio destro o direttamente nelle vene cave dirotta il sangue venoso dal cuore al cardiotomo e all'ossigenatore. Linea arteriosa: collega l'ossigenatore al paziente attraverso la cannula aortica inserita in aorta ascendente. Al bisogno nelle emergenze la cannula arteriosa viene inserita in un'altra arteria (femorale). Linee di aspirazione: il numero di due o tre, servono per aspirare il sangue proveniente dal campo operatorio, dalle camere cardiache, dall'aorta. Set della cardioplegia: linea attraverso cui, qualora si debba operare a cuore aperto, e infusa la cardioplegia, soluzione utilizzata per arrestare il cuore in diastole. Cannula/e venosa/e: vengono inserite in atrio destro e/o direttamente nelle vene cave e collegate alla linea venosa. essere: sanguinamento perioperatorio, coagulazione intravascolare disseminata e fibrinolisi. Effetti della circolazione extracorporea sulla funzione renale sono caratterizzati da: - Riduzione del flusso renale e della diuresi (vasocostrizione dell'ipotermia, flusso continuo, ipoperfusione). - L'emodiluizione e la riduzione della pressione oncotica mantengono il flusso di filtrazione glomerulare costante durante la perfusione a bassa pressione in circolazione extracorporea. - Necrosi tubulare acuta. Funzione renale: riduzione del flusso renale e della diuresi soprattutto in circolazione extracorporea di lunga durata. La principale complicanza post-operatoria è l'insufficienza renale. Insufficienza renale rappresenta una grave complicanza non solo perché i prodotti della degradazione metabolica non vengono sufficientemente eliminati ma anche perché essa rende molto complessa la modulazione e la regolazione dell'equilibrio idroelettrico. La causa principale di insufficienza renale in cardiochirurgia è rappresentata da una sindrome di bassa portata è la presenza di una diuresi efficiente è espressione di una portata cardiaca adeguata. Nei pazienti a rischio di insufficienza renale si esegue l’ultrafiltrazione. A livello cardiovascolare le complicanze più importanti sono: - Sindrome da bassa portata le cui cause principali sono: ipovolemia, tamponamento cardiaco, insufficienza ventricolare sinistra e/o destra, aritmie, embolia polmonare, infarto miocardico perioperatorio. - Ipertensione - Aritmie - Infarto miocardico perioperatorio - Sindrome post pericardiotomica In conclusione la circolazione extracorporea è una metodica sufficientemente sicura ma, nonostante una sempre maggiore biocompatibilità dei materiali utilizzati e le migliorate 1 conoscenze della fisiopatologia, non è da ritenere totalmente sicura e certamente non sostitutiva del cuore e dei polmoni. CHE COSA SI INTENDE PER BIOCOMPATIBILITA’? Dal semplice punto di vista clinico, la 1 biocompatibilità di un materiale richiede l'assenza di reazioni trombo genica, tossiche, allergiche e infiammatorie; nessuna distribuzione di cellule, nessuna modificazione delle proteine e degli enzimi plasmatici e nessuna alterazione dei tessuti adiacenti al materiale. Invio materiali sono materiali di origine naturale o di sintesi, utilizzati da soli o in combinazione con medicinali, come parte di un dispositivo in un trattamento, o come sostituti di tessuti o organi, senza causare alcuna reazione acuta o cronica, ed al tempo stesso mantenendo la loro efficacia biologica e fisica durante l'utilizzo in vivo. CARDIOPATIA ISCHEMICA Il momento dell'indicazione chirurgica rappresenta una fase molto importante e decisiva nell'iter terapeutico della cardiopatia ischemica. Porre indicazione all'intervento chirurgico significa fare una sintesi tra una serie di fattori e variabili clinico strumentali, allo scopo di personalizzare il tipo di trattamento per un determinato paziente cardiopatico. Essi sono principalmente rappresentati da: Esperienza del gruppo cardiochirurgico e cardiologico; Possibilità che possano essere raggiunti, con la chirurgia, gli obiettivi della rivascolarizzazione miocardica; Valutazione e confronto tra i risultati ottenibili con il trattamento medico, le metodiche della cardiologia interventistica e il bypass coronarico; Variabili cliniche del singolo paziente. L'intervento chirurgico non deve essere considerato un trattamento efficace solo per il fatto di aver ottenuto la sopravvivenza immediata ma esso deve avere almeno il razionale teorico del raggiungimento di una serie di obiettivi a medio-lungo termine, rappresentati, principalmente, da: A) Miglioramento della qualità di vita: - Eliminazione o riduzione della sintomatologia anginosa; - Aumentare la tolleranza allo sforzo; - Ridurre i ricoveri ospedalieri. B) Ridurre l'incidenza di: - Infarto miocardico ed eventi ischemici; - Insufficienza cardiaca. Un paziente con cardiopatia ischemica viene in primo luogo sottoposto a trattamento medico, con farmaci fibrinolitici e in seguito viene monitorizzato con una terapia di mantenimento a base di anticoagulanti e antiaggreganti e tutti i farmaci volti a limitare i possibili fattori di rischio per un eventuale secondo attacco ischemico. Valutazione pre-operatoria: è importante valutare complessivamente il paziente, valutando le patologie ad esse associate. È importante per poter prevenire l'insorgere di complicanze che possono compromettere il successo dell'intervento. La terapia medica cardiovascolare si avvale di antiaggreganti (clopidogrel) o anticoagulanti (warfarin). Necessario sospendere il bar farine prima dell'intervento e sostituirlo con eparina sottocute. L'antiaggregante lo si sospende due-tre giorni prima dell’intervento. La valutazione del paziente non può prescindere da alcuni esami ematochimici come: - Emocromo completo con formula: se è presente anemia leucocitosi è necessario correggerle anche perché la leucocitosi potrebbe indicare un'infezione che esporrebbe al rischio di sviluppare endocarditi. - Elettroliti - Creatininemia, glicemia, coagulazione, funzionalità epatica. Esami strumentali che è importante seguire sono le RX del torace in due proiezioni (consentono di vedere se ci sono aderenze con lo sterno da pregressi interventi, se l'aorta e calcifica o se è presente l’aorta a porcellana), un ecocardiogramma per la valutazione delle valvole dei volumi cardiaci, un ECG per la valutazione del ritmo. Bisogna valutare la presenza di patologie associate. Ai fini della valutazione dell'entità della patologia coronarica si parla di: STENOSI SIGNIFICATICA quando si ha una stenosi coronarica ≥ 70% e se i vasi interessati sono la discendente anteriore, la circonflessa e la coronaria destra; > 50% se si tratta del tronco comune. STENOSI LIEVE quando l’ostruzione coronarica è <30% al livello del tronco comune e <50% negli altri vasi principali. STENOSI MODERATA quando è 30-49% a livello del tronco comune e 50-69% negli altri vasi coronarici principali. I vasi coronarici sono anatomicamente due ma, nella pratica clinica, si parla di malattia di 1,2 o tre vasi in quanto, la circonflessa e la discendente anteriore sono considerate isolatamente. In particolare, nella dominanza destra, i vasi coinvolti nella malattia di 1,2 o tre vasi sono la coronaria destra, la discendente anteriore e la circonflessa. Se presenta una dominanza sinistra, invece, i versi coinvolti sono la discendente anteriore, il tratto prossimale della circonflessa (con i suoi rami marginali) e il tratto distale della circonflessa, con la discendente posteriore e i suoi rami posterolaterali. La cardiopatia ischemica è una delle patologie più studiate indagate e, tutta via, permangono dubbi e controversie sull'ottimale tipo di trattamento nelle varie situazioni anatomo-cliniche, spesso in continua evoluzione nello stesso paziente. Nell'ambito della chirurgia, per ogni singolo paziente, in rapporto al "massimo obiettivo raggiungibile dal singolo cardiochirurgo, con un rischio giudicato il migliore possibile", saranno scelti il tipo di intervento (chirurgia classica in circolazione extracorporea, chirurgia cuore battente, senza circolazione extracorporea, in sternotomia o in minitoracotomia..), i condotti (arteriosi e/o venosi) e le metodiche anestesiologiche e di protezione miocardica (anestesia per un estubazione precoce, cardioplegia ematica o cristalloide..). Le variabili cliniche che influenzano in maniera significativa l'indicazione chirurgica sono: a) Funzione ventricolare è un importante fattore predittivo ai fini dell'effetto benefico del bypass coronarico. La disfunzione ventricolare ha, per molti anni, rappresentato un fattore limitante la scelta chirurgica. È necessario controllare sempre il cuore oltre che i vasi in quanto, se un paziente ha già avuto cinque infarti il ventricolo praticamente fermo dunque sarebbe inutile operare. Alcune volte può succedere che eseguendo una coronarografia il cuore sembri del tutto sano ma poi andando a vedere scopriamo che questo quasi non si muove. Normalmente il ventricolo a una frazione di elezione al 60-70%, in questi casi scopriamo invece che non supera il 20% (cioè è da trapianto). Qui ci dobbiamo domandare se questo 20% è dovuto ad una miocardiopatia dilatativa o ischemica oppure non si muove perché si sta "difendendo" da un'ischemia. Nei primi due casi è assolutamente consigliata la terapia medica e non chirurgica mentre nell'ultimo caso dobbiamo valutare da cosa è causato; principalmente le cause sono due: o è successo un fatto acuto come un'ischemia violenta ma il cuore riesce a vascolarizzare prima della necrosi e quindi non avremo l'infarto ma un abbassamento momentaneo della funzione ventricolare Condotti utilizzati per la rivascolarizzazione miocardica La rivascolarizzazione miocardica "chirurgica" è considerata una forma di trattamento medico "sintomatica" e non risolutiva, sia per il carattere certamente evolutivo dell'aterosclerosi che per l'attuale impossibilità di reperire condotti che garantiscono la pervietà a lungo termine. Tale trattamento, quindi, non è scervo dal rischio di nuovi e/o ulteriori eventi ischemici e della ricomparsa della sintomatologia anginosa. La scoperta che l'endotelio rappresenta un importante modulatore dei meccanismi emostatici e regolatori del tono vasomotore ha convinto molti ricercatori che la pervietà dei graft vascolari sintetici sia da mettere in relazione alla mancata endotelizzazione della loro superficie interna, quindi, ad un alterato apporto di biocompatibilità tra il rivestimento 2 interno del tessuto sintetico ed il sangue con cui esso viene a contatto. Il problema della pervietà a breve e a lungo termine riguarda le protesi con un piccolo calibro (6 mm o meno). Perché i graft vascolari di piccolo calibro si chiudono? Le stenosi e/o le occlusioni delle protesi valvolari di piccolo calibro sono dovute a: - Fattori precoci: errori tecnici e la trombogenicità dei materiali impiegati; - Fattori tardivi: infezioni, iperplasia intimale, gli aneurismi veri o falsi e la progressione della malattia aterosclerotica. L'occlusione tardiva dei graft vascolari sembra essere in rapporto a quella che viene in genere chiamata iperplasia intimale, che determina un importante restringimento dell'anastomosi e quindi trombosi. L'iperplasia intimale è un tessuto biologico vitale che costantemente si rimodella in conseguenza dei fenomeni emodinamici del flusso ematico. L'iperplasia intimale sembra avere una minor incidenza nei graft venosi autologhi ed in particolare nelle grandi vene safene. In conclusione, l'unica superficie biocompatibile è l'endotelio e, per tale motivo, la biotecnologia mira a sviluppare processi di endotelizzazione mediante colture di cellule endoteliali, prelevate, per esempio, da segmenti di vene sottocutaneo o da tessuto adiposo, che crescano, stratificandosi, sulla superficie interna delle protesi vascolari sintetiche ed impediscono il contatto tra sangue e superfici non biocompatibili. Dopo il bypass aorto-coronarico, che cosa accade nei vasi coronarici nativi e nei graft venosi? I vasi nativi prossimali alle anastomosi presentano aterosclerosi accellerata, mentre i graft venosi vanno incontro a progressiva ostruzione per trombosi, fibrosi e la formazione di ateroma. Le alterazioni anatomopatologiche che si verificano nei graft venoso si susseguono in quattro fasi: 1. Occlusione perioperatoria (10%): essa è dovuta quasi sempre a problemi tecnici. L'ischemia dovuta preparazione asportazione e conservazione delle vene può causare la perdita dell'endotelio, con conseguente esposizione della membrana basale, deposito di piastrine, riduzione dell'attività fibrinolitica ed inadeguata produzione di prostaciclina, potente inibitore dell'aggregazione piastrina. 2. Iperplasia fibromuscolare intimale diffuso: nel primo anno, è praticamente diffusa a tutto il graft venoso. Tale processo riduce uniformemente il lume del graft di circa il 20-30%. La proliferazione intimale si verifica sin dei primi mesi dopo l'intervento Secondo la definizione di Mason "l'incapacità di una superficie di attrarre o alterare gli elementi cellulari 2 o di indurre coagulazione ematica". chirurgico. La sua azione sarebbe favorita dal fatto che, nei condotti venosi, la lamina elastica interna è una formazione rudimentale e molto frammentata. Il danno vascolare è caratterizzato da tre stadi: I. Disfunzione endoteliale; II. Asportazione dell'endotelio condanno intimale; III.Asportazione dell'endotelio condanno dell'intima e della media. 3. Graduale restringimento focale (nei successivi quattro-cinque anni): si ha una rapida tendenza all'occlusione dei graft con una percentuale media annuale dell’1-3%. 4. Rapida progressione dei restringimenti e delle occlusioni dei graft: dagli 8 ai 12 anni, la velocità della progressione dei fenomeni che determinano inclusione dei graft venosi aumenta di due o tre volte. La pervietà cumulativa a distanza di otto-12 anni dall'intervento chirurgico dei graft venosi oscilla tra il 40 e il 60%. Qual è il rapporto tra aterosclerosi e graft venosi? Le alterazioni anatomopatologiche che si verificano nei graft venosi dal II-III anno in poi sono simili a quelle determinate dall'aterosclerosi nei vasi nativi, in cui l’aterosclerosi coinvolge più frequentemente i segmenti prossimali e provoca lesioni eccentriche. L'aterosclerosi nei graft venosi provoca lesioni circonferenziali, diffuse, superficiali e non capsulate, caratteristicamente friabili. Quali vene sono utilizzate come condotti per il bypass coronarico? Attualmente si utilizzano i segmenti delle grandi vene safene; rispetto ad altre vene per esempio quelle del braccio, si dilatano meno e danno migliori risultati a distanza, purché, già in partenza non siano ectasiche e/o dilatate per insufficienza venosa cronica degli arti inferiori. Un'altra classe di condotti utilizzati sono quelli arteriosi. L'utilizzo è la ricerca di nuovi condotti arteriosi nascono dalla necessità di trovare un condotto quanto più possibile esente da aterosclerosi. A 10 anni dall'impianto, la pervietà dell'arteria mammaria interna o arteria toracica interna è compreso tra l'85 ed il 95% e, solo nel 5% dei casi si sono riscontrate lesioni aterosclerotiche. Sulla base di tali evidenze, si è verificato un progressivo incremento dell'impiego dell'arteria mammaria interna, che è divenuta il condotto di prima scelta nella chirurgia di rivascolarizzazione miocardica. I condotti arteriosi attualmente più utilizzati sono: Arteria mammaria interna singola o doppia, con anastomosi distale singola o sequenziale: nasce dalla succlavia e si porta in basso lungo il margine laterale dello 3 sterno, fino al quarto spazio intercostale dove si divide nei due rami terminali, arteria La succlavia oltre che alla mammaria interna da origine alla vertebrale destra e sinistra. La vertebrale 3 destra e sinistra confluiscono a formare la basilare, a livello del ponte, che va a finire nel circolo di Willis. Dunque c'è una comunicazione tra la vertebrale, la succlavia e il circolo di Willis. In caso di stenosi della succlavia cosa succede? Non appena muoviamo il braccio, siccome muovendosi, i muscoli richiedono sangue, e il sangue non potendo arrivare perché la succlavia è quasi chiusa per una stenosi, prende il sangue da una vertebrale, dalla basilare e dal circolo di Willis: deficit neurologico. La stessa cosa succede in caso di bypass della discendente anteriore, senza aver valutato la stenosi della succlavia. In caso di severa stenosi della succlavia, cosa succede? Quando compiamo un lavoro con il braccio sinistro, il sangue viene rilasciato dal cuore verso il braccio e il paziente affermerà di avere un dolore al petto appena muove il braccio sinistro. frenica ed epigastrica superiore. NB - poiché nasce dalla succlavia e necessario assicurarsi che quest'ultima sia pervia in quanto a volte può risultare occlusa: furto succlavia. Arteria gastroepiploica destra: nasce dalla gastroduodenale ed irrora la grande curvatura dello stomaco fino ad anastomizzarsi con la gastro epiploica sinistra, ramo dell'arteria splenica. La gastroepiploica destra è un'arteria muscolare caratterizzata istologicamente da: tunica media ricca di cellule muscolari lisce e lamina elastica interna finestrata. Arteria epigastrica inferiore: origina dal lato mediale dell'arteria iliaca esterna, immediatamente al di sopra del legamento inguinale. Si dirige in alto e medialmente tra la fascia trasversali ed il peritoneo. Termina in prossimità dell'ombelico, dividendosi in 2-3 rami, che si anastomizzano con rami dell'arteria epigastrica superiore. Arteria radiale: origina dalla biforcazione dell'arteria brachiale. Decorre distalmente percorrendo l'avambraccio nella sua parte anteriore, seguendo l'andamento del radio. Nella sua parte terminale, si avvolge intorno al polso. Una valida tecnica, alternativa alla rivascolarizzazione miocardica in circolazione extracorporea, è la rivascolarizzazione miocardica a cuore battente. Essa consiste nell'eseguire i bei pass coronarici senza impiego della circolazione extracorporea e, quindi, senza arresto cardioplegico del cuore. Dal punto di vista tecnico, nonostante il cuore continua a battere, in realtà le anastomosi coronariche vengono eseguite su coronarie il cui muscolo cardiaco sottostante viene parzialmente bloccato nel suo movimento contrattile da device particolari, chiamati stabilizzatori. Lo stabilizzatore fa in modo che l'intervento a cuore battente sia in realtà rasformato in un intervento a coronaria quasi "ferma". I maggiori problemi tecnici riguardano la stabilizzazione dei vasi coronarici del territorio della circonflessa. I vantaggi della rivascolarizzazione miocardica cuore battente sono: Operare i pazienti a rischio per circolazione extracorporea; Riduzione della risposta infiammatoria sistemica per CEC; Maggiore stabilità cardiaca post operatoria; Minore sanguinamento post operatorio e minore richiesta trasfusionale; Minori complicanze renali e polmonari; Riduzione del tempo medio di degenza post operatorio. Critiche e perplessità sono state rivolte nei confronti di tale tecnica chirurgica: Maggiore difficoltà tecnica rispetto alla rivascolarizzazione a cuore fermo; Impossibilità ad estendere o modificare l'incisione anastomotica; Completezza della rivascolarizzazione più facilmente ottenibile in arresto cardioplegico e circolazione extracorporea. Aneurismi dell'aorta toracica e toraco-addominale Con il termine aneurisma, dal greco Anèurysma, si intende una dilatazione patologica permanente di un segmento più o meno esteso di un vaso arterioso, in questo caso dell’aorta. Schematicamente l’aorta può essere divisa come segue: 1. AORTA ASCENDETENTE - si considera come unità funzionale: a. Seno di Valsalva: dal piano valvolare alla giunzione senotubulare b. Aorta ascendente propriamente detta: dalla giunzione seno tubulare fino all'origine del tronco anonimo. 2. ARCO AORTICO - dall'origine del tronco anonimo fino all'origine della succlavia sinistra 3. AORTA DISCENDENTE - dal margine sinistro della succlavia di sinistra fino allo iato diaframmatico 4. AORTA ADDOMINALE - dallo iato diaframmatico alla biforcazione delle arterie iliache comuni Non esiste una regola ben precisa, ma dal punto di vista pratico alcuni chirurghi considerano aneurismatica una dilatazione dell'aorta, che, a seconda dei vari segmenti aortici, superi i 3,5-4 cm o il 50% delle normali dimensioni. Il diametro dell’aorta: - A livello della giunzione senotubulare e dell’aorta ascendente si correla con l’eta. - A livello dell'anulus e root aortico si correla con la superficie corporea. Per tale motivo Roman e i collaboratori hanno proposto una formula per calcolare le dimensioni, in centimetri, dell'aorta a livello dei seni di Valsalva: <18 anni = 1,02 + (0,98 x superficie corporea in m2) 18-40 anni = 0,97 + (1,12 x superficie corporea in m2) >40 anni = 1,92 + (0,74 x superficie corporea in m2) Essi, inoltre, ritengono che il diametro dei seni di Valsalva non dovrebbe superare i 2,1 cm/m2 . Possono essere considerati valori limite normali di riferimento: - Radice aortica = 40 mm - Aorta ascendente = 37-40 mm - Aorta discendente = 28 mm IMPORTANTE: si parla di aneurisma vero quando la parete del tratto dilatato contiene tutti gli strati di una normale parete aortica (tonaca intima, tonaca media e avventizia).. L'aneurisma falso o pseudoaneurisma si forma per la rottura più o meno completa del vaso arterioso. Il conseguente ematoma, che può essere intramurale e in parte per il arterioso, viene "tamponato" da una "pseudo parete" costituita da coaguli organizzati e tessuto connettivale avventiziale e peri avventiziale. Questi aneurismi sono generalmente post traumatici. CLASSIFICAZIONE (in rapporto a diversi criteri): 1. MORFOLOGIA a) Sacciformi: la dilatazione interessa un segmento del vaso, la cui parete si estroflette formando una sacca, generalmente occupata da trombi, che comunica con il vaso attraverso un orifizio chiamato colletto. b) Fusiformi: la dilatazione coinvolge in vaso in tutta la sua circonferenza. 2. SEDE a) Aorta ascendente (45% dei casi): gli aneurismi dell'aorta ascendente possono coinvolgere tutto il segmento dell'aorta, dall’anulus fino all'arco, oppure localizzarsi nel tratto sopra coronarico.sono generalmente di tipo degenerativo, spesso associati ad alterazioni congenite del connettivo come nella sindrome di Marfan. b) Arco aortico (10% dei casi): sono più frequentemente aterosclerotici e tendono ad estendersi sia verso l'aorta ascendente che, distalmente, verso l'aorta discendente. Sono spesso sacciformi. Gli aneurismi dell'arco frequentemente si presentano associati ad aneurismi dell'aorta ascendente, espressione di una patologia ateromasica diffusa. c) Aorta discendente (35% dei casi): sono conseguenza del processo aterosclerotico o anche conseguenza di dissezione. d) Toraco-addominale (10% dei casi): in gran parte conseguenza di processi degenerativi di tipo aterosclerotico. AORTA: DILATAZIONE O ANEURISMA? Si possono considerare anche dei valori ecocardiografici: 1. Dilatazione: i valori ecocardiografici sono superiori a quelli teoricamente normali (età/superficie corporea); 2. Aneurisma: i valori ecocardiografici superano del 50% quelli teorici normali. 3. EZIOLOGIA a) Degenerativi: aterosclerotici/ miocardonercosi cistica. b) Infiammatori: infettive e non infettive. c) Posto traumatici: si tratta in realtà di pseudoaneurismi. d) Congeniti: prevalentemente a livello dei seni di Valsalva a livello del legamento arterioso. e) E alcune classificazioni vengono considerati anche come entità autonoma gli aneurismi post-stenotici e dissecanti cronici. DIAGNOSI CLINICA E STRUMENTALE: l'aneurisma dell'aorta toracica è spesso asintomatico e, a volte, viene diagnosticato occasionalmente durante i controlli radiologici del torace, altre volte la rottura può rappresentare l'esordio clinico. All’RX vedremo: Massa mediastinica anteriore. Ingrandimento e spostamento a destra della silouette cardiaca in proiezione postero- anteriore. Segni di compressione delle strutture anatomiche vicine. Segni di rottura in pericardio e/o nelle adiacenti camere cardiache. La diagnostica strumentale degli aneurismi dell'aorta toracica a disposizione: Radiografia del torace nelle proiezioni antero-posteriore e laterale, che dimostra uno slargamento dell'ombra mediastinica con evidenza della dilatazione aortica; Ecocardiogramma transtoracica e/o transesofagea: ci indicano le dimensioni dell'aorta, il grado di insufficienza aortica, la presenza di un flap intimale, la presenza di un trombo parietale, patologie cardiache associate e funzione ventricolare; Tomografia assiale e risonanza magnetica aiutano a valutare la sede, le dimensioni e l'estensione dell'aneurisma e a differenziare una dissezione da un aneurisma aterosclerotico con formazioni trombotiche stratificate endoluminali; Cateterismo cardiaco con aortografia ci indica: insufficienza aortica, insufficienza mitralica, funzione ventricolare e anatomia coronarica. Come le mutazioni FBN1 o TGFBR causino la patologia non è chiara. Ipotesi: Alterazione del ruolo strutturale delle micro fibrille nel coordinare la morfogenesi tissutale, l'omeostasi e/o la risposta allo stress emodinamico (alterato legame del calcio all’epidermal growth factor -EGF- like domains). Aumenta la biosensibilità del trasforming growth factor (TGF)-beta - Aneurisma nei topi associato ad aumentata espressione di TGF beta (ridotta dal blocco del recettore angiotensina II: losartan). - La dilatazione dell'aorta nei topi è associata ad aumentata espressione del TGF beta (ridotta dal blocco del recettore angiotensina II). All'interno della parete aortica, la ridotta produzione di fibrillina1 causa l'alterato allineamento dei filamenti di elastina e la disorganizzazione di tutte le unità lamellari con conseguente instabilità della parete aortica. Inoltre, l'allontanamento del TGF-β1 della matrice extracellulare è compromesso dalle disfunzionanti microfibrille fibrillina1 con conseguente aumento dell'attività del TGF-β1. AORTA - Istologia normale della tunica media: la tunica media dell'aorta è costituita dalla Mina elastiche che si alternano a strati di cellule muscolari lisce, allineati tra lamine elastiche, allora volta disposte in maniera lamellare. AORTA - istopatologia della media della parete aortica: Frammentazione e disorganizzazione delle lamine elastiche; Necrosi medio cistica: aspetto lagunare della degenerazione della media; non sono presenti cisti o necrosi. Fibrosi e perdita delle cellule muscolari lisce; La necrosi medio cistica non è specifica del Marfan e sebbene sia stata descritta una maggiore frammentazione dell’elastina; Tali alterazioni potrebbero rappresentare e se ti danno e riparazione. Come può manifestarsi clinicamente? La sindrome di Marfan rappresenta uno dei più comuni disordini congeniti del tessuto connettivo; presenta ampio spettro di gravità clinica: da isolate caratteristiche a gravi manifestazioni neonatali coinvolgenti molti organi e/o sistemi. Manifestazioni cliniche: oculari, cardiovascolari, muscolo-scheletriche, polmonari, dermatologiche, sistema nervoso centrale. A livello cardiaco: A livello scheletrico: 1Segno del polso: il test è positivo se la prima falange del pollice e il quinto dito sostanzialmente si sovrappongono; può essere presente nella Joint Hypermobility syndrome. 2Segno del pollice: il test è positivo se la falange distale del pollice protrude oltre il bordo ulnare a pugno chiuso e riflette sia la lassità longitudinale della mano che è una eccessiva lunghezza del pollice. CRITERI MAGGIORI CRITERI MINORI Dilatazione dell'aorta ascendente, con o senza insufficienza valvolare, e interessante i seni di Valsalva Prolasso della valvola mitrale con o senza insufficienza Dissezione dell'aorta ascendente Calcificazione dell'anello mitralico prima dei quarant'anni di età Dilatazione del tronco dell'arteria polmonare prima dei quarant'anni di età, in assenza di stenosi polmonare valvolare o periferica Dilatazione dissezione dell'aorta discendente o addominale prima dei cinquant'anni di età CRITERI MAGGIORI CRITERI MINORI Petto carenato Pettus excavatum o carenatum Riduzione del rapporto tra la lunghezza del tronco e quella degli arti Eccessiva mobilità delle articolazioni Scoliosi >20° o spondilolistesi Facies tipica Segno del polso1 e segno del pollice2 Palato molto arcuato con conseguente sovrapposizione dei denti Ridotta estensione dei gomiti (<170°) Spostamento mediale del malleolo mediale determinante il piede piatto Protursione dell'acetabolo Eccessiva lassità dei tessuti A livello oculare: L'apparato cardiovascolare costituisce la principale sede di localizzazione della malattia. Nell'ambito dell'interessamento dell'apparato cardiovascolare, la rotazione della otto rappresenta una delle principali manifestazioni anatomo-cliniche: - Anulo- ectasia aortica: 90% - Dissezione: 33-67% La rottura e la dissezione dell'aorta si verificano per il suo libro tra lo stress parietale (longitudinale circonferenziale e la capacità di tenuta della parete: La mancanza di fibrillina determina una ridotta resistenza delle strutture cardiovascolari coinvolte, di cui la dilatazione aortica rappresenta uno degli elementi caratteristici. La parete aortica si assottiglia sempre di più e l'aorta può andare incontro di sezione e/o rottura. Dal punto di vista istologico, nella sindrome di Marfan la parete aortica è caratterizzata dalla presenza di aree con assenza e/o frammentazione delle fibre elastiche. Le alterazioni connettivale tipiche del Marfan fanno sì che l’aorta tenda a dilatarsi e/o a distaccarsi. Nel Marfan l'incremento del calibro dell'aorta, sembrerebbe coinvolgere primariamente il bulbo aortico e aver inizio in età pediatrica. Dal confronto delle dimensioni dell'aorta in individui normali e in quelli portatori di sindrome Marfan, l’aorta scendente risultata essere più dilatata nel Marfan, mentre l’aorta addominale presentava un calibro normale. L'aorta ascendente sembra essere il segmento a livello del quale si "scaricano" gli effetti emodinamici dell'attività cardiocircolatoria. Il calibro dell'aorta è in rapporto alla capacità di distensione, che è inversamente proporzionale all'aumento della pressione intraluminale. Poiché nella sindrome Marfan è presente un'alterazione delle fibre elastiche e collagene, la parete aortica non ha un'adeguata capacità di distensione anche per i piccoli incrementi pressori o, addirittura, il limite di distensibilità può essere raggiunto anche a pressioni arteriose normali. Infatti in presenza di un aumento pressorio viene a mancare l'uniforme distribuzione dello stress su tutta la parete, attuata in CRITERI MAGGIORI CRITERI MINORI Ectopia lentis1 o lussazione del cristallino Cornea piatta Ipoplasia dell'iride o ipoplasia del muscolo ciliare, che causa una miosi ridotta Aumento della lunghezza assiale del globo oculare (>23,5mm) Un'altra patologia correlata allo sviluppo di aneurisma è: VALVOLA AORTICA BICUSPIDE (normalmente l’aorta ha tre cuspidi) - È la cardiopatia congenita più frequente nella popolazione adulta (1-2%). L'ostruzione si sviluppa in genere nel tempo a causa del flusso turbolento. Si associa spesso a dilatazione dell'aorta ascendente (connettivopatia). VIDEO - Aneurisma dell’aorta associato a bicuspidia: questi pazienti non presentano espressioni fenoliche tipo Marfan dunque sono apparentemente normali. Quando c’è una stenosi della valvola aortica oppure quando c’è una una bicuspidia della valvola aortica, cosa succede? Il flusso è turbolento ovvero non esce un flusso lineare attraverso la valvola aortica e quindi si determina una dilatazione dell’aorta (dilatazione post-stenoitica). Dunque, prima si riteneva che la dilatazione dell'aorta non fosse dovuta ad un deficit strutturale di parete ma al flusso turbolento del sangue che esce dal ventricolo sinistro attraverso la valvola deformata e in parte ristretta. Con il tempo si è notato che vi sono delle alterazioni genetiche, in particolare delle proteine notch. "Ma non è che l'aorta dilatata anche perché associata alla bicuspidia aortica è presente un aortopaitia (simile a quella del Marfan?”- sono venute fuori due ipotesi: 1. L'aorta dilatata solo perché c'è un flusso turbolento provocato dal sangue che passa attraverso un aorta deformata (= dilatazione dell'aorta per questioni emodinamiche). 2. C'è un'anomalia genetica che determina una alterazione strutturale della valvola aortica ascendete e che si associa a bicuspidia (=dilatazione dell’aorta per questioni di aortopatie di tipo genetico). Si è visto, inoltre, che quando la valvola ortica bicuspide è fatta da due lembi, una in cui si fondono la cuspide coronarica destra e la cuspide coronarica sinistra si ha prevalentemente una dilatazione del root aortico (BAV root phenotype); quando invece, la bicuspidia è dovuta alla fusione della cuspide coronarica destra e quella non coronarica, generalmente si tende ad avere una dilatazione del tratto ascendente dell’aorta (BAV stenosis phenotype). Qual è la controversia? L’aneursima dell’aorta, in presenza di una valvola aortica bicuspide, è dovuto ad anomalie genetiche oppure è dovuto ad alterazioni del flusso? Molto probabilmente queste due ipotesi sono complementari. Trattamento chirurgico degli aneurismi dell’aorta ascendente: tutti i chirurghi sono d’accordo nel porre indicazione per gli aneurismi sintomatici e/o che hanno notevoli dimensioni. Il diametro dell’aneurisma costituisce uno dei criteri più importanti. In genere si trattano con terapia medica gli aneurismi con diametro inferiore a 5 cm e con terapia chirurgica quelli con un calibro superiore a 6-7 cm. Considerando, però, che per i pazienti operati in emergenza la mortalità ospedaliera è molto più alta dei pazienti operati in elezione, oggi si tende a porre indicazione chirurgica per gli aneurismi di 5-6 cm di diametro o per quelli che mostrano un significativo aumento di calibro in due successivi controlli clinico- strumentali (ogni 6 mesi). Inoltre, non bisogna sottovalutare il fatto che in individui con alterazioni congenite del connettivo, quale la sindrome di Marfan, l’indicazione chirurgica si pone per un diametro aortico di 4,5-5 cm. Fra le indicazioni chirurgiche vanno, infine, ricordate la presenza di dissezione cronica, la presenza di pareti aortiche con grossolane irregolarità, di aneurisma sacciforme e l’associazione con patologia valvolare aortica. Gli aneurismi dell’aorta toracica ascendente vengono di solito resecati e sostituiti con una protesi sintetica di calibro appropriato. Per la rimozione degli aneurismi dell’aorta ascendente è necessario ricorrere alla circolazione extracorporea ed è spesso consigliabile, durante la resezione, usare un bypass parziale per sostenere il circolo distale all’aneurisma, mentre viene clampato il tratto di aorta sede di lesione. Storia naturale: la definizione della storia naturale degli aneurismi dell’aorta toracica è complessa, dati i numerosi fattori in gioco. L’eziologia può interessare sia la sua velocità di crescita che la sua tendenza alla rottura. La presenza o l’assenza di sintomi dovuti all’aneurisma è un altro importante fattore predittivo, in quanto i pazienti sintomatici hanno una prognosi peggiore rispetto a quelli asintomatici, in gran parte perché la presenza di dolore è patognomonica di rottura. Inoltre, l’elevata prevalenza di malattie cardiovascolari associate in questi pazienti può avere un drammatico impatto sulla mortalità; infatti, accanto alla rottura dell’aneurisma, le più frequenti cause di morte in questa popolazione sono le malattie cardiovascolari. Non sono molti gli studi sulla storia naturale degli aneurismi toracici e toracoaddominali. Questo è dovuto principalmente alla non eticità nel mantenere in terapia medica pazienti con dilatazioni significative dell’aorta. Si è cercato, dunque, di trarre delle conclusioni dalla più studiata e conosciuta storia naturale degli aneurismi addominali, che, per la situazione anatomica, deve essere considerata più favorevole rispetto a quella dell’aorta toracica. Nelle casistiche moderne più numerose, le percentuali di sopravvivenza a 1, 3, 5 anni dei pazienti con aneurisma toracico non sottoposti ad intervento chirurgico, sono rispettivamente del 57, 30 e del 14 %. La rottura dell’aneurisma si verifica nel 32- 68% dei pazienti non sottoposti ad intervento chirurgico, ed è responsabile della maggior parte dei decessi.Meno del 50% dei pazienti con rottura arriva ancora vivo in ospedale, la mortalità a 6 ore è del 54% e a 24 ore raggiunge il 76%. Non è stata osservata alcuna evidente associazione tra la localizzazione dell’aneurisma toracico e il rischio di morte da rottura. Poiché il diametro dell’aneurisma è un importante fattore predittivo del rischio di rottura, numerosi studi hanno esaminato la velocità di espansione degli aneurismi dell’aorta toracica.Si è visto come il diametro iniziale è l’unico fattore predittivo indipendentemente dalla velocità di crescita dell’aneurisma toracico, sebbene alcuni studi suggeriscono che gli aneurismi del tratto discendente possono espandersi più lentamente degli altri, mentre quelli dell’arco aortico si espandono con più rapidità. Nella maggior parte dei casi, tranne che nelle patologie del connettivo, gli aneurismi dell’aorta si mantengono stabili fino a quando raggiungono un calibro di 5 cm. Gli aneurismi di diametro pari o inferiore a 5,0 cm hanno una velocità media di crescita di 0,17 cm/anno, mentre quelli con diametro superiore a 5,0 cm sono cresciuti ad una velocità di 0,79 cm/anno. La dissezione e/o la rottura dell’aorta si verifica, in genere, ad un diametro medio di 6 cm. Una percentuale di dissezioni e/o di rotture si verifica, quindi, tra i 5 e i 6 cm di diametro. L’incidenza di rottura degli aneurismi dell’aorta è alto se il calibro supera i 6 cm. SINDROME AORTICA ACUTA Sindrome che abbraccia un gruppi eterogeneo di pazienti con un quadro clinico simile. Le conseguenze della lacerazione intimale sono: a) Rottura parete aortica: il sangue esce e va nella cavità pericardica provocando il tamponamento; b) Ematoma intramurale: raccolta di sangue all’interno dell’aorta, con esattezza tra la intima e la avventizia (può essere dovuta alla rottura di un vaso vasorum della media oppure a microlesioni intimali) mentre in caso di ulcera ateromasica penetrante si ha la rottura dell’intima con conseguente formazione di una nicchia, comunicante sempre con il lume aortico; c) Dissezione classica; d) Dissezione localizzata. Dissezione aortica acuta Evento improvviso acuto in cui parte del sangue presente in aorta, attraverso una lesione intimale, penetra nella media provocandone lo scollegamento e la separazione degli strati interni da quelli esterni (dissezione) e determinando un secondo canale (falso lume) parallelo a quello aortico (vero lume). È stato ipotizzato che è un meccanismo eziopatogenetico della dissezione aortica, alternativo a quello della primaria lesione intimale, possa essere rappresentato dalla rottura dei vasa vasorum dell'avventizia, che determinerebbe la formazione di un ematoma infiltrante e dissecante la tonaca media. La sua incidenza è maggiore nella popolazione maschile di età compresa tra i 50 e i 70 anni. L'ipertensione rappresenta un importante fattore di rischio. È rara sotto i 40 anni di età, eccetto nei pazienti in cui alterazioni metaboliche congenite (= come nelle sindromi di Marfan, di Turner, di Ehlers-Danlos) e/o fattori di tipo emodinamico determinano una minore resistenza della parete aortica e/o aumento della tensione di parete del vaso. 1. La dissezione è un processo che interessa l'aorta e i vasi ad esso collegati, ma come è possibile che un processo del genere possa generare un quadro clinico simile all'embolia polmonare? Può avvenire nel caso in cui il falso lume va a comprimere l'arteria polmonare, bloccando il flusso. - sotto l’aorta ascendente passa il ramo destro dell'arteria polmonare: se si forma un grosso aneurisma oppure se c'è una dissezione, siccome l'avventizia dell'aorta è in comune con l'avventizia della polmonare, viene schiacciato il ramo destro dell'arteria polmonare, motivo per cui non arriva sangue al polmone destro. 2. Un altro problema può riguardare la valvola aortica. La dissezione tende ad andare verso la base dell'aorta dove vi si trovano le coronarie e la valvola aortica; poiché c'è uno scollamento dell'intima e dell'avventizia, una delle cuspidi prolassa e di conseguenza determina un'insufficienza valvolare aortica. 3. Inoltre, la dissezione può provocare una qualsiasi sindrome ischemica. Come abbiamo già detto, la caratteristica della dissezione consiste nel progressivo scollamento degli strati della media aortica da parte di un "torrente ematico" che in quanto tale, occupa spazio esposta la parte interna della media e l'intima verso il lume aortico. Nel momento in cui la dissezione coinvolge l'origine di un ramo arterioso può accadere che: - L'ematoma dissecante, spostando l'intima verso il vero lume, causi il restringimento del lume arterioso e la conseguente riduzione del flusso ematico verso il vaso, proveniente dal lume vero; è questo il meccanismo con cui si determina ischemia d’organo. - La tensione esistente nel falso lume fa sì che la parte interna del vero lume vada incontro lacerazione e rottura, con ripristino del flusso ematico verso la parte distale del vaso e ciò indipendentemente se il sangue provenga dal vero e/o falso lume; - Il processo dissecante provoca una lacerazione circonferenziale completa con: a) Ostruzione del vaso, sei margini distali dell'intima con la collabiscono bloccando il flusso per un meccanismo a valvola. b) Ripristino del flusso ematico verso la parete distale del vaso. ARTERIE - VENE Le vene sono i vasi sanguigni deputati al trasporto del sangue dai distretti corporei periferici verso il cuore (direzione centripeta). A eccezione delle vene polmonari, che trasportano sangue ricco di ossigeno e sostanze nutritive, tutte le vene trasportano sangue carico di anidride carbonica e prodotti di scarto e povero di ossigeno.  In base al diametro del vaso sanguigno, le vene si dividono - dal diametro più piccolo al più grande - in capillari venosi, venule, vene di piccolo calibro, vene di medio calibro e vene di grande calibro. Le pareti delle vene sono formate da tre tuniche sovrapposte una sull'altra (esterna, media e interna), risultano più sottili delle pareti delle arterie e sono caratterizzate dalla prevalenza della componente muscolare su quella elastica. L'ematoma intramurale va considerato come una forma atipica di dissezione e, per questo motivo, monitorizzato nel tempo: può, infatti, evolvere come dissezione classica o riassorbirsi. L'evoluzione in distrazione e soprattutto tipica in aorta ascendente, mentre in aorta discendente l'ematoma tende a stabilizzarsi. CARATTERISTICHE CLINICHE: In presenza di un dolore toracico improvviso, urente emigrante, il medico dovrebbe considerare la possibilità diagnostica di una dissezione aortica. Tale sintomatologia, generalmente a livello della parete anteriore del torace nelle distrazioni di tipo A e interscapolare in quelle di tipo B, e dovuta allo scollamento degli strati della parete aortica, per cui la persistenza del dolore deve far considerare attivo il processo dissecante. Il dolore è generalmente lancinante ed improvviso; localizzazione: STERNOCARDICO: dissezione aorta ascendente COLLO E MANDIBOLA: arco aortico DORSALE: aorta toracica LOMBARE O ADDOMINALE: aorta addominale Il meccanismo fisiopatologico della dissezione è alla base dell'ampio spettro e della variabilità del suo quadro clinico. La possibilità del coinvolgimento non solo dell'aorta, ma anche dei rami arteriosi e della valvola ortica che adesso afferiscono, può determinare e simulare patologie d'organo tra le più varie ed apparentemente diverse tra di loro. Quadri clinici di insorgenza della dissezione possono essere rappresentati, per esempio, da TIA (Ischemia cerebrale transitoria), ischemia intestinale, da ischemia dell'arto inferiore sinistro o anche da infarto miocardico acuto. Si tratta molto spesso di pazienti oltre i 60 anni di età, che riferiscono una storia di ipertensione e/o di patologie valvolari aortiche, o di soggetti giovani, affetti da patologie metaboliche congenite che determinano un'alterazione strutturale della parete aortica. Le manifestazioni cliniche sono in rapporto al tipo di dissezione: Paziente arriva il pronto soccorso: Che informazioni dare al cardiochirurgo? La dissezione c'è davvero? Di che tipo? È presente ischemia d’organo? Localizzazione della lesione intimale? Coinvolgimento delle arterie coronariche? Insufficienza aortica? Estensione all'arco e all'aorta toraco-addominale (arterie femorali)? NB: le lesioni intimali possono essere anche iatrogene: durante un'angiografia o un intervento chirurgico oppure possono essere traumatiche (decelerazione). DISSEZIONE DI TIPO A: 1) Deficit e/o a simmetria dei polsi periferici (radiali, carotidei, femorali) dovuto alla compressione del vero lume da parte di quello del falso. Si verificano nel 50% dei pazienti. Alterazioni neurologiche possono essere presenti nel 30-35% dei casi. 2) Tamponamento cardiaco con emopericardio per rottura dell'aorta intra pericardica. A parte i segni clinici del tamponamento cardiaco, possono essere presenti segni clinici di stenosi dell'arteria polmonare destra. 3) Sindrome della vena cava superiore per compressione del vaso da parte dell'aorta ascendente dilatata. 4) Ischemia necrosi miocardica per compressione degli osti coronarici. Generalmente è l'ostio coronarico destro ad essere coinvolto. 5) Insufficienza aortica: si verifica nel 50-70% dei casi per lo scollamento ed il cedimento delle cuspidi valvolari. DISSEZIONE DI TIPO B: 1) Rottura dell'aorta nel mediastino, in pleura, nel retroperitoneo o in cavità peritoneale. La presenza del versamento pleurico ematico non può, tuttavia, essere considerato segno certo di franca rottura aortica. 2) Ischemia d'organo: ischemia/infarto intestinale, ischemia/infarto renale, paraplegia per compromissione delle arterie intercostali o lombari, ischemia degli arti inferiori. DIAGNOSI STRUMENTALE: a parte l'altro sospetto clinico nei confronti di ogni dolore toracico, per la diagnosi sono utilizzate le seguenti indagini strumentali: - Radiografia del torace; - Ecocardiografia transtoracica e/o transesofagea; - Tomografia computerizzata (TC); - Risonanza magnetica (RM); - Aortografia (Non più utilizzata poiché la preparazione era molto lunga e questo faceva aumentare la mortalità). Attualmente l'ecocardiografia transesofagea e/o transtoracica rappresenta una delle metodiche strumentali più utili, essa infatti è di semplice e rapida esecuzione, può essere eseguita a letto dell'ammalato, presenta ottima sensibilità e buona specificità, riesce quasi sempre ad individuare il sito di rottura intimale, individua la presenza e l'entità di insufficienza aortica, da precise informazioni sulla contrattilità ventricolare e su eventuali patologie cardiache associate, mette in evidenza un versamento pericardico. Gli svantaggi dell'ecocardiografia transesofagea sono: è un esame invasivo; se il paziente giunge in ospedale subito dopo aver mangiato, l'introduzione della sonda ecocardiografica in esofago può provocare il vomito e quindi il passaggio di materiale alimentare in trachea; viene inoltre difficoltà di studio di parte dell'arca aortico per l'interposizione della trachea e, quindi, di aria tra esofago ed arco aortico. La tomografia computerizzata e la risonanza magnetica sono tecniche non invasive di rapida esecuzione, che però è meglio eseguire quando alla transtoracica sia la diagnosi di una dissezione di tipo B perché al minimo sospetto, quelle di tipo a vanno in urgenza in PATOLOGIE VALVOLARI Le valvulopatie sono fondamentalmente di due tipi: STENOSI - restringimento dell'orifizio valvolare e incremento della pressione nella cavità a monte: sovraccarico di pressione. INSUFFICIENZA - alterazione della chiusura della valvola con conseguente rigurgito di sangue attraverso l'ufficio incompetente: sovraccarico di volume. È necessario distinguere sempre le patologie valvola in: CRONICHE: si instaurano lentamente si mettono in atto dei meccanismi di compenso; - Nelle stenosi croniche si determina un sovraccarico di pressione nella cavità a monte con conseguente ipertrofia e poi dilatazione. - Nelle insufficienze croniche si determina nella cavità a monte una dilatazione per il sovraccarico di volume. ACUTE: più rare, la velocità con cui si instaurano non permette ai meccanismi di compenso; - Nell'insufficienza acuta si determina un aumento acuto della pressione nella camera a monte, mentre la contrattilità ventricolare è conservata. Valvola aortica - stenosi aortica La valvola aortica normalmente ha un area di 2.5 - 3.6 cm2 ed è costituita da tre cuspidi. La stenosi aortica è un restringimento del tratto di efflusso aortico a livello valvolare, sopravalvolare o sottovalvolare, che causa ostruzione al flusso del sangue diretto dal ventricolo sinistro in aorta ascendente, e crea un gradiente pressorio tra ventricolo sinistro ed aorta ascendente. La stenosi aortica può essere: ACQUISITA - Degenerativa calcifica senile: esito di un processo fibrocalcifico, probabilmente dovuta a processi infiammatori e proliferativi, frequente dopo i 65 anni che prevede la deposizione di calcio sul versante aortico delle cuspidi esposte flusso turbolento. L’ipertensione e l’aterosclerosi rappresentano i fattori predisponenti. - Reumatica; CONGENITA - Valvolare: rappresenta il 5% della cardiopatie congenite. La degenerazione di valvola congenitamente malformata può riguardare: tricuspide (30%), bicuspide (70%), mono cuspide e quadricuspide (rare). CLASSIFICAZIONE DELLA VALVOLA AORTICA BICUSPIDE: RICORDA Le valvole sono quattro: 1) Mitrale 2) Tricuspide 3) Polmonare 4) Aortica Tipo 0: Vera bicuspidi via consoli due lembi, di solito della stessa lunghezza e senza rafe o terza commissura (due seni di Valsalva): non comune. Tipo 2: presenza di rafe calcifico e fibrotico che provoca un movimento restrittivo delle imposte esso (due o tre seni di Valsalva): L-R > RN - più frequente. Tipo 3: una cuspide maggiore due minori (pseudo bicuspide) contro e vere commessure (tre seni di Valsalva): non comune. - Sottovalvolare: nel 65% dei casi è associata DIV e coartazione aortica; inoltre può essere associata ad anomalie della valvola e/o SAM.Come può essere una stenosi sottovalvolare aortica? Può essere: Membrane sottoaortica isolata (10-30%); Ponte muscolare sulla cresta settale; Anello fibromuscolare tra l'uscita ventricolare sinistra e la base della mitrale; Fibra muscolare (a "tunnel"), meno frequenti; Sottovalvolare di tipo dinamico (nella cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva). L’eziologia della stenosi aortica sottovalvolare è multifattoriale: predisposizione genetica, turbolenza in uscita dal ventricolo sinistro, fattore genetico (angolo aorto-settale< 130°). La morfologia della valvola aortica soprastante è normale, raramente con cuspidi ispessite. - Sopravalvolare (molto rara). EZIOLOGIA ED EPIDEMIOLOGIA SOTTO I 40 ANNI: forme congenite; - Incidenza valvola bicuspide: 4/1000 - Rapporto maschi/femmine: 4/1 TRA I 40 ED I 70 ANNI: forme reumatiche OLTRE I 70 ANNI: forme degenerative calciche, sclerosi aortica (incidenza in crescita: 26% popolazione adulta). - 3% popolazione adulta tra i 75 e 86 anni è affetta da stenosi critica. - 5% affetta da forma moderata - Isolata o combinata (stenosi mitralica) FISIOPATOLOGIA: È una patologia con sovraccarico di pressione. In presenza di questa patologia la pressione ventricolare sarà maggiore di quella vigente in aorta ascendente durante la sistole, creando un “gradiente pressorio” transvalvolare. Si sviluppa una ipertrofia concentrica ventricolare (aumento di spessore senza variazioni di volume) che, per la legge di Laplace, ha il compito di impedire la dilatazione ventricolare. Quando l’aumento dello spessore parietale non è in grado di bilanciare lo stress parietale (afterload missmatch) si può avere una riduzione della portata cardiaca dipendente dall’aumento dell’afterload anche in presenza di una normale funzione contrattile; qualora ciò persista si compromette la funzione sistolica con dilatazione ventricolare, dilatazione dell’annulus mitralico e insufficienza mitralica associata. Inoltre il subendocadio è particolarmente suscettibile al danno ischemico, perché l’ipertrofia porta a riduzione della riserva coronarica e aumento della pressione tele diastolica; in più un inadeguato rilasciamento diastolico riduce il tempo di riempimento coronarico.Nell’aorta ascendente si crea un flusso turbolento con continuo deterioramento dell’intima valvolare e alterazione della struttura elastica aortica; ciò porta ad ulteriore progressione della stenosi e dilatazione soprabulbare dell’aorta ascendente. MANIFESTAZIONI CLINICHE: 1. Angina: conseguente ad aumento del fabbisogno di ossigeno, discrepanza tra letto capillare e massa ventricolare, riduzione della riserva coronarica, riduzione della perfusione coronarica, compressione diretta sui vasi durante la contrazione. La sopravvivenza dalla comparsa è circa 5 anni in assenza di terapia. 2. Sincope: causata da inadeguato flusso ematico attraverso la valvola stenotica con conseguente ridotta perfusione cerebrale e coronarica. Talora può essere secondaria ad aritmie ipercinetiche. Di solito consegue ad uno sforzo. I sintomi premonitori sono stordimento e vertigini. La sopravvivenza, in assenza di terapia è di circa 3 anni 3. Dispnea: può essere da sforzo, notturna, ortopnea, fino a quadri di edema polmonare acuto. È dovuta all’insufficienza ventricolare sx.. L’aspettativa di vita è 2 anni in assenza di terapia. La stenosi aortica può decorrere asintomatica per molti anni; la comparsa dei sintomi clinici modifica bruscamente la prognosi se non si interviene chirurgicamente. DIAGNOSI CLINICA: I principali segni obbiettivi sono il polso piccolo e rallentato (parvus e tardus), la riduzione della pressione arteriosa sistolica, la scomparsa dello sdoppiamento fisiologico del II tono con comparsa in espirazione dello sdoppiamento paradosso del II tono. All’auscultazione del precordio si ritrova un soffio sistolico rude in crescendo decrescendo, al focolaio aortico, irradiato ai vasi del collo ed auscultabile anche alla punta (segno di Gallavardin); nell'anziano, il soffio della stenosi aortica calcifica assume spesso carattere musicale ed è udibile soprattutto o solamente all'apice, forse perché può non esserci fusione delle commissure e le cuspidi possono vibrare e produrre frequenze pure. Può comparire inoltre il IV tono (per vigorosa contrazione atriale nel ventricolo con ridotta compliance). DIAGNOSI STRUMENTALE: L'ECG mostra vari gradi di ipertrofia del VS; la presenza di sottoslivellamento del tratto ST con inversione dell'onda T (pattern da ipertrofia con sovraccarico del ventricolo sinistro) è generalmente indicativa di una stenosi aortica grave con fibrosi e ischemia subendocardica. La radiografia del torace può mostrare calcificazioni delle cuspidi aortiche, ipertrofia del setto e delle pareti libere. La dilatazione del VS si verifica solo in caso di insufficienza del ventricolo sinistro, dovuta a disfunzione sistolica con danno miocardico, oppure a una concomitante insufficienza valvolare. Ecocardiografia M-Mode e 2D: ci permette di valutare il numero delle cuspidi, la loro apertura e il loro aspetto, dimensioni dell’anulus, del bulbo e dell’aorta ascendente. Ecocardiografia doppler: ci permette di valutare la velocità massima e media del flusso transvalvolare, il gradiente nell’area valvolareaortica funzionale. conseguente ridotta portata cardiaca e l'aumento della pressione telediastolica ventricolare provocano quasi sempre un'insufficienza cardiaca progressivamente ingravescente. 2. Cronica: il sovraccarico del ventricolo sinistro è sia pressorio che volumetrico, entrambi legati al fatto che il ventricolo deve accogliere una quantità maggiore di sangue (volume telediastolico + volume rigurgitato dall'aorta). All'inizio il ventricolo sinistro si adatta al sovraccarico di volume andando incontro ad ipertrofia eccentrica, con dilatazione e -in accordo con la legge di Frank Starling- aumento della forza di contrazione della gittata sistolica; tuttavia il compenso non è duraturo perché, a lungo andare compaiono notevoli svantaggi, infatti: - l'ipertensione sistolica può causare una progressiva dilatazione della radice aortica che peggiora e l'insufficienza aortica; - la progressiva dilatazione del ventricolo sinistro può causare una grave disfunzione ventricolare, peggiorata dalla riduzione della distensibilità del ventricolo dovuta all'ipertrofia e alla fibrosi. In ogni caso le forme croniche con rigurgito lieve-moderato sono ben tollerate per tutta la vita, e anche le forme con rigurgito importante si mantengono per molti anni asintomatiche, ma nel momento in cui l'ipertrofia si mostra inadeguata e causa una riduzione della contrattilità cardiaca, il paziente comincia ad avvertire una modica astenia e dispnea da sforzo, sintomi che possono persistere per alcuni anni fino ad evolvere in insufficienza ventricolare. MANIFESTAZIONI CLINICHE: Assenza di sintomi per molto tempo; Dispnea da sforzo; Ortopnea/dispnea parossistica notturna; Astenia; Cardiopalmo/tachicardia. Più precisamente: nell'insufficienza acuta c'è uno scompenso cardiocircolatorio ad andamento tumultuoso (ipotensione, sincope, edema polmonare acuto, shock cardiogeno); nell'insufficienza cronica il quadro è analogo a quello sopra descritto. ESAME OBIETTIVO - all'ascoltazione risulta: 1° tono normale; 2° tono aortico ridotto (cioè ridotto il livello del focolaio aortico), per cui il secondo tono viene percepito come singolo e privo di sdoppiamento fisiologico. Soffio olodiastolico in decrescendo udibile sul focolaio di Erb; è decrescente perché il flusso retrogrado è elevato quando la pressione nella radice aortica è al massimo, declina quando decade tale pressione. Ha un timbro dolce, aspirativo e si ascolta meglio nel paziente seduto, in espirazione forzata. Sul focolaio aortico si ausculta un soffio sistolico eiettivo dovuto all'eccessivo flusso anterogrado e che può mimare una stenosi aortica. Soffio di Austin Flint DIANGNOSI prevede: Elettrocardiografia: mostra ipertrofia ventricolare sinistra con onde R alte nelle derivazioni precordiali sinistre ed S profonde nelle destre, sottoslivellamento di ST eT invertite in DI, aVL, V5 e V6. Radiologia: mostra cardiomegalia che associata alla dilatazione dell'aorta ascendente e dell'arco portico, conferisce al cuore la caratteristica configurazione a scarpa. Ecocardiografia ci permette di valutare l'anatomia dei lembi valvolari e della radice aortica, rilevare la presenza e stimare la gravità del rigurgito, caratterizzare dimensione, massa e funzione del ventricolo sinistro. Cateterismo cardiaco: dovrebbe essere eseguito solo quando la diagnosi non può essere effettuata o nei pazienti con coronaropatia accertata o sospetta. COSA FARE QUANDO CI TROVIAMO DAVANTI AD UNA VALVOLA AORTICA INSUFFICIENTE? Indicazioni generali: profilassi infettiva in caso di procedure odontoiatriche se presente protesi valvolare aortica o storia di endocardite. Medica: vaso dilatatori (Ace-I) nifedipina, migliorano lo stroke volumetrico e riducono l’insufficienza. Eco-seriati per monitorare la progressione. Chirurgia: trattamento definitivo; nei pazienti con insufficienza aortica cronica la sostituzione valvolare è indicata solo nei casi gravi e sintomatici. Se è presente anche una malattia della radice aortica, oltre alla sostituzione valvolare dovrebbe essere effettuata la ricostruzione della radice e dell'aorta prossimale. L'insufficienza aortica, sei sintomatica è severa, deve essere sempre operata. L'ecocardiografia E la tecnica attualmente più idonea per scegliere il timing dell'intervento chirurgico. Stenosi mitralica La valvola mitralica è la valvola che separa l'atrio sinistro dal ventricolo sistro, è costituita da due lembi. Oltre ad i lembi valvolari si considerano parti integranti dell'apparato mitralico anche l'annulus valvolare, le corde tendinee, i muscoli papillari ed il ventricolo sinistro nel suo insieme. La stenosi mitralica è una cardiopatia caratterizzata dal progressivo restringimento dell'ostio valvolare mitralico. Definizione: È una malattia cronica e progressiva caratterizzata da un restringimento della valvola (perfusione e retrazione delle corde, ispessimento ed adesione dei lembi) che ostacola il passaggio del sangue dall'atrio al ventricolo sinistro, in quanto la valvola si chiuderà normalmente ma si aprirà in maniera incompleta; di conseguenza la pressione atriale sinistra aumenta e questo aumento Siri percuote a ritroso sul circolo polmonare fino a coinvolgere il ventricolo destro. La causa della stenosi mitralica è da ricercare, quasi sempre, nella malattia reumatica. Tuttavia, l'evidenza anatomo-clinica della stenosi valvolare sia dopo circa 12-20 anni dall'esordio della malattia reumatica: inizia una progressiva alterazione delle componenti valvolari, che può portare alla fusione dei lembi valvolari, a livello delle commessure, all'accorciamento e fusione più o meno completa delle corde tendine. I muscoli papillari possono diventare fibrotici, se non addirittura calcifici e adesi alla parete ventricolare. Dall'inizio della sintomatologia fino allo stadio avanzato della malattia passano, in genere, ulteriori 7-10 anni. La valvola mitrale è normale a un'area di 4-6 cm2 , tuttavia se questa superficie diventa pari a: - Lieve, area valvolare di 1,5-2 cm2; - Moderata, area valvolare di 1-1,49 cm2; - Grave, area valvolare <1cm2. FISIOPATOLOGIA: 1. La riduzione dell'orifizio valvolare determina un aumento della pressione atriale sinistra e, dal momento che la pressione diastolica ventricolare sinistra è invariata, si crea un gradiente pressorio tra atrio e ventricolo sinistro; tuttavia il gradiente trans valvolare mitralico non dipende solo dalle dimensioni dell'orifizio valvolare, ma anche dalla portata cardiaca e dal tempo di riempimento diastolico, cosicché un'area mitralica ridotta ma comunque superiore a 1,5 cm2 non dà sintomi. 2. L'ipertensione atriale sinistra determina un aumento della pressione e della distensione di vene e capillari polmonari, accentuando i fenomeni di ultra filtrazione che portano alla formazione di edema polmonare, il quale diminuisce la comprensione polmonare aumentando il lavoro respiratorio e determinando dispnea, la quale è accentuata in posizione supina e si traduce in dispnea parossistica notturna ed ortopnea. L'aumento della pressione intra vascolare polmonare può anche causare la rottura di vasi ed essere responsabile di emottisi. 3. Le arteriole polmonari reagiscono alla stenosi mitralica con vasocostrizione, iperplasia dell'intima ed ipertrofia della media, con conseguente ipertensione polmonare che, Insufficienza mitralica Per insufficienza mitralica si intende un anomalo e retrogrado passaggio di sangue dal ventricolo sinistro in atrio sinistro, a causa del cattivo funzionamento, primitivo o secondario, dell'apparato valvolare mitralico. Rappresenta un esempio di patologia con un "puro" sovraccarico di volume del ventricolo sinistro. Per il gradiente pressorio, il passaggio di sangue dal ventricolo sinistro in atrio sinistro inizia già nella sistole isometrica, prima dell'apertura della valvola aortica e si continua nella sistole isotonica. La quota di rigurgito dipende da: - Area dell'orifizio mitralico; - Frequenza cardiaca; - Gradiente sistolico tra ventricolo e atrio. Cos'è l'insufficienza mitralica? L'insufficienza mitralica è un difetto valvolare cardiaco in cui la valvola mitralica non è in grado di svolgere correttamente la sua funzione di continenza e permette ad una certa quantità di sangue di refluire dal ventricolo sinistro all'atrio sinistro. Da cosa è causata l'insufficenza mitralica? L’insufficienza mitralica può avere diverse origini; in base alle strutture dell’apparato mitralico interessate e in base alle diverse eziologie. Esistono delle forme "organiche" in cui i lembi mitralici sono strutturalmente danneggiati, come accade ad esempio nell'endocardite infettiva o nella malattia reumatica, e forme "funzionali" in cui l'alterazione di una delle componenti dell'apparato mitralico è alterata determina l'incontinenza della valvola, come accade ad esempio in caso di dilatazione annulare (Tipo I - normale movimento dei lembi), allungamento di corde tendinee (Tipo II - eccessivo movimento dei lembi) o disfunzione ventricolare sinistra (Tipo III - ridotto movimento dei lembi). Le insufficienze mitraliche si possono classificare anche in base alle modalità di insorgenza: acute e croniche. Questa distinzione è molto importante perché diverso è il comportamento fisiopatologico e quindi anche l’evoluzione clinica. Esempio classico di un’insufficienza mitralica cronica è quella di origine reumatica; gli esempi più comuni di insufficienza mitralica acuta sono quelli da endocardite infettiva e da rottura del muscolo papillare da infarto miocardico. Qualunque sia la causa del rigurgito mitralico l’ostio mitralico non risulterà più continente fornendo al sangue contenuto nel ventricolo sinistro una via di uscita accessoria, in parallelo rispetto all’ostio aortico; per questa ragione la resistenza allo svuotamento del ventricolo sinistro in sistole è ridotta nei soggetti con insufficienza mitralica. Anzi, essendo la pressione atriale molto più bassa di quella aortica, il sangue può rigurgitare in atrio sinistro già durante la fase di contrazione isometrica. La quantità del rigurgito dipende dalle dimensioni della breccia e dal gradiente di pressione tra ventricolo sinistro e atrio sinistro. Perciò tutti gli eventi che comportano un aumento della pressione a livello del ventricolo sinistro (per es., stenosi aortica associata o vasocostrizione periferica) comportano un aumento del rigurgito; viceversa, la riduzione delle resistenze all’efflusso dal ventricolo sinistro comporta una riduzione del rigurgito. Quindi nel caso dell’insufficienza mitralica si ha un coinvolgimento tanto della camera a valle quanto di quella a monte della valvola. Quali sono i sintomi dell'insufficienza mitralica? Nei pazienti con insufficienza mitralica cronica non compaiono sintomi sino a quando il ventricolo sinistro non si scompensa. Pertanto in molti casi l’intervallo tra l’instaurarsi dell’insufficienza mitralica e la comparsa di sintomi è di decenni; alcuni casi con insufficienza lieve o moderata restano asintomatici per tutta la vita. I sintomi possono pertanto variare: nel caso che prevalga la dilatazione dell’atrio sinistro non vi è dispnea, mentre possono manifestarsi facile affaticamento e ridotta capacità di sforzo, in conseguenza della riduzione della portata cardiaca. L’insorgenza della fibrillazione atriale, che è pressoché costante nei pazienti con dilatazione dell’atrio sinistro, può aggravare i sintomi comportando una riduzione della portata cardiaca.Viceversa, nei pazienti con insufficienza acuta o comunque in quelli in cui non si verifica una dilatazione atriale sinistra, i sintomi sono simili a quelli della stenosi mitralica legati alla congestione venosa ed eventualmente all’ipertensione arteriosa polmonare secondaria. Come si cura l'insufficienza mitralica? Il paziente asintomatico in cui viene occasionalmente riscontrato un prolasso va rassicurato sulla benignità dell’anomalia e non richiede alcun trattamento. In presenza di palpitazioni disturbanti, con conferma elettrocardiografica di aritmie, può essere indicata una terapia antiaritmica. I pochi pazienti con insufficienza mitralica importante e con segni di scompenso vanno trattati chirurgicamente. A volte anche in pazienti asintomatici, se esistono segni strumentali di un eventuale danneggiamento del ventricolo sinistro, è opportuno eseguire l'intervento chirurgico. L'intervento chirurgico consiste nella riparazione o nella sostituzione della valvola. La sostituzione valvolare mitralica è stata oggi superata dalla ripazione della valvola nativa, in quanto questa permette di evitare l'anticoagulazione del paziente, espone ad un minor rischio di endocardite, preserva la funzione ventricola e permette di conservare i tessuti nativi, ma talvolta le alterazioni della vavola sono tali da renderne necessaria la sostituzione. Classificazione funzionale di Carpentier: la chirurgia deve ristabilire la funzione della valvola piuttosto che la normale anatomia. TIPO I: normale mobilità delle cuspidi valvolari; TIPO II: eccessiva mobilità delle cuspidi valvolari (prolasso delle cuspidi); TIPO III: limitazione della mobilità delle cuspidi valvolari; IIIa: limitazione all'apertura delle cuspidi. IIIb: limitazione della chiusura delle cuspidi. Classificazione funzionale di Carpentier: la chirurgia deve ristabilire la funzione della valvola piuttosto che la normale anatomia. INDAGINI CLINICHE PREOPERATORIE: esame clinico, visita anestesiologica, consulenze specialistiche (in rapporto a patologia respiratoria, gastrointestinale, cerebrovascolare e renale), bonifica dentaria. INDAGINI STRUMENTALI PREOPERATORIE: radiografia del torace, ecocardiogramma transtoracico, esami ematochimici, TAC (o RMN), coronarografia, ventricolografia destra e sinistra. TERAPIA PREOPERATORIA: È prendere farmaci fino alla notte prima dell'operazione (betabloccanti, diuretici, farmaci per patologie associate; è necessario sospendere ACE- inibitori (48h prima), Clopidogrel (5-7gg prima), Warfarin (3-4gg prima) e aspirina (5-7gg prima); se necessaria anticoagulazione (eparina basso peso molecolare fino alla sera precedente). Inoltre nei pazienti con insufficienza mitralica e insufficienza cardiaca è necessaria una stabilizzazione emodinamica pre operatoria: diuretici, inotropi e contropulsazione aortica. Cuore- nomarle sviluppo: Iperplasia miocardica, si sviluppano più fibrocellule muscolari; Ipertrofia miocardica, le cellule si ispessiscono Angiogenesi coronarica, determina la formazione di vasi per il normale nutrimento delle cellule. Cuore- sviluppo patologico: Ipertrofia miocardica No angiogenesis coronarica FISIOPATOLOGIA: nel cuore normale, la circolazione sistemica e quella polmonare sono in serie; portata polmonare (Qp) e sistemica (Qs) sono identiche, quindi, Qp/Qs=1. C'è inoltre, un diverso regime intensivo vigente nel cuore destro rispetto al cuore sinistro per cui nel ventricolo destro esiste una pressione equivalente a 1/4 o 1/5 della pressione in ventricolo sinistro: tale differenza pressoria dipende dalle resistenze vascolari (resistenze vascolari= pressione arteriosa media/portata cardiaca). Le resistenze vascolari dipendono essenzialmente dalla caratteristiche anatomo-funzionali delle arteriole. CHE COSA E’ LO SHUNT? È sinonimo di cortocircuito tra le due circolazioni sistemica e polmonare, conseguenza di un'anomala comunicazione tra il cuore sinistro e quello destro. Tale anomala comunicazione può essere intra cardiaca (difetto interatriale, difetto interventricolare) oppure extra cardiaca (pervietà dotto arterioso). La presenza di una quota di sangue che cortocircuito, determina un'alterazione del rapporto tra portata polmonare e sistemica che non sarà più uguale all’unità. Dunque nello shunt sx-dx, avremo passaggio di sangue da una sezione del cuore sinistro ad una sezione del cuore destro come effetto della maggiore pressione vigente nel cuore sinistro e delle più alte resistenze vascolari esistenti in atrio: cosi nel caso del difetto Inter ventricolare il sangue passerà dal ventricolo sinistro al ventricolo destro poiché nel ventricolo destro esiste normalmente una pressione più bassa e nell’arteria polmonare resistenze vascolari già basse. Come effetto dello shunt sx-dx una quota di sangue ossigenato torna in utilmente in arteria polmonare e la portata polmonare e quindi più alta della portata sistemica: iperafflusso polmonare (Qp/Qs >1). Shunt dx-sx: passaggio di sangue da una sezione del cuore destro e una sezione del cuore sinistro. Come effetto di tale cortocircuito una parte di sangue non ossigenato non raggiunge il circolo polmonare per l’ematosi polmonare ma passa nel circolo sistemico. Poiché normalmente nel cuore destro esistono pressioni e resistenze vascolari più basse, perché si verifica uno shunt destro-sinistro è necessario che esista anche una delle seguenti condizioni: a) Ostruzione alle flusso del ventricolo destro (come nel difetto interventricolare, sindrome di Patau o nella T4F) per cui, l'aumento della pressione nel ventricolo destro fa sì che il sangue passa dal ventricolo destro il ventricolo sinistro e all’aorta; b) Vasculopatia polmonare con aumento patologico delle resistenze polmonari. In questi casi la portata polmonare è inferiore a quella sistemica: ipoafflusso polmonare (Qp/Qs <1). Sovraccarico di pressione: è il sovraccarico di lavoro sostenuto da un ventricolo per un'aumentata pressione intra ventricolare conseguenza di un'ostruzione organica o funzionale. Nel caso del ventricolo sinistro l'ostruzione può essere a livello della valvola aortica (stenosi valvolare, sopravalvolare o sotto valvolare) o a livello dell'istmo aortico (CoAo). Sovraccarico di volume: è il sovraccarico di lavoro sostenuto dal ventricolo per un aumentato volume telediastolico conseguenza della presenza di una quota di shunt o di una quota di rigurgito (insufficienza di una valvola semilunare e/ o atrioventricolare). Valutazione del cardiopatico congenito: per la valutazione dello stato clinico del cardiopatico congenito, accanto alla classe funzionale NYHA, viene utilizzato un indice di abilità, utile stimare la capacità o abilità, piuttosto che l'incapacità, a compiere una determinata attività e a svolgere le funzioni personali e sociali della vita quotidiana. Indice di abilità: 1. Vita normale: lavoro o scuola a tempo pieno; gravidanze senza rischio. 2. Abile al lavoro: sintomi intermittenti che influenzano la qualità della vita; gravidanza rischio. 3. Inabile al lavoro: con significativa limitazione dell'attività fisica; gravidanza ad alto rischio. 4. Estrema limitazione della capacità funzionale: scarsa autonomia; vita limitata in casa. Percorso diagnostico nel sospetto di cardiopatia congenita: I. ANAMNESI: accrescimento staturo pnderale, affaticamento ai pasti; II. ESAME OBIETTIVO: cianosi (non O2 dipendente), scompenso cardiaco (tachipnea e dispnea, rientra menti intercostali, opistotono, epatomegalia, fontanella pulsante) e ridotta perfusione periferica (pallore cutaneo, ipotermia periferica, iposfigmica polsi periferici, iposfigmica polsi femorali, oliguria), soffio cardiaco. III.Elettrocardiogramma, radiografia del torace (utile, ma non fondamentale) ecocardio 2D e color-doppler, ecocardio transesofageo, cateterismo cardiaco e RMN. Come possono essere corrette-trattate le cardiopatie congenite? Sostanzialmente abbiamo quattro modi: 1. Palliazione: aumento nel flusso polmonare (shunt sistemico-polmonare; patch efflusso dx), diminuire il flusso polmonare (bendaggio polmonare), aumentare mixing sistemico- polmonare (atriosettostomia). 2. Riparazione funzionale 3. Riparazione completa 4. Trapianto La chirurgia viene definita correttiva quando: la funzione ventricolare normale, aspettativa di vita è normale e quando non c'è bisogno di altri interventi successivi. Esempi di chirurgia correttiva sono: difetto settale atriale, difetto settale ventricolare e pervietà dotto arterioso che se trattate precocemente “abbiamo” guarito il bambino dalla malattia congenita. SHUNT SISTEMICO- POLMONARE, bendaggio della polmonare CHIRURGIA DELLE CARDIOPATIE CONGENITE: 1. Palliazione: trattamento dei sintomi senza la correzione dell’anatomia; 2. Correzione: ristabilire la funzione normale del cuore (circolazioni separate, adeguata quantità di sangue a letto capillare e normalizzazione del sovraccarico di volume e/o di pressione). Tuttavia il termine correzione implica: ripristino della normale anatomia e durabilità. Queste due condizioni non sono rispettate nella “correzione” della maggior parte delle cardiopatie congenite. IPERTENSIONE POLMONARE PERSISTENTE NEOL NEONATO: per definizione l'ipertensione polmonare persistente del neonato (PPHN) è una condizione caratterizzata da ipossiemia arteriosa secondaria alla persistenza di elevate resistenze vascolari polmonari (PVR) dopo la nascita che determinano uno shunt dx-sx, attraverso il forame ovale e/o dotto arterioso, a cuore anatomicamente integro e talora presente un mismatch ventilazione-perfusione che concorre a determinare l’ipossia. Circolazione fetale: 1. Il sangue arriva dalla placenta tramite la vena ombelicale e tramite il dotto venoso di Aranzio si getta nella vena cava inferiore che a sua volta si getta nell'atrio destro (tranne una piccola parte che passa per il fegato dove incontra il plesso venoso che origina dalle vene vitellina; è da questo incontro che deriverà la vena porta). 2. Dall'atrio destro il sangue passa dall'atrio sinistro tramite il forame ovale e da qui al ventricolo sinistro e all'aorta ascendente che, tramite i suoi rami brachicefalico, lo distribuisce alla testa, al collo e agli arti superiori; solo il 15% del sangue proveniente dal ventricolo sinistro passa direttamente alla parte inferiore del corpo, mentre la maggior parte del sangue che arriva a questa regione proviene dal ventricolo destro tramite l'arteria polmonare ed il dotto arterioso di Botallo (che mette in comunicazione il tronco polmonare e l'aorta discendente immettendo il sangue poco ossigenato proveniente dalla vena cava inferiore, dell’arteria polmonare all’aorta senza passare per il circolo polmonare). 3. Dall'aorta discendente il sangue passa ai visceri, ma è un sangue refluo e meno ossigenato di quello che arriva alla testa. STORIA NATURALE: nei soggetti con quarta azione ortica, in assenza di trattamento medico e/o chirurgico, è stata riportata una sopravvivenza media di 31 anni. Le cause di mortalità sono: - Rottura dell'aorta, che avviene solitamente nell'aorta ascendente; - Emorragia intracranica, nel 50% dei casi dovuto a rottura di aneurismi cerebrali; - Endocardite batterica, che di solito interessa la valvola aortica; - Insufficienza cardiaca, la causa più frequente di morte, di solito dopo la terza decade. Ruolo fondamentale nella storia naturale della coartazione aortica è rivestito dall'ipertensione arteriosa sisto-diastolica. La rilevazione di valori pressori elevati agli arti superiori associata all'assenza di polsi femorali rappresenta la caratteristica diagnostica della coartazione aortica. INDICAZIONI E TECNICHE CHIRURGICHE - obiettivi della chirurgia sono: rimozione dell'ostacolo responsabile del quadro clinico e prevenzione della tendenza alla ricoartazione. La diagnosi di coartazione aortica isolata già di per sé costituisce indicazione all'intervento chirurgico. Se il bambino cresce bene e non è presente insufficienza cardiaca, si preferisce programmare l'intervento chirurgico dopo i sei mesi di vita. L'intervento chirurgico è, tuttavia, indifferibile nei neonati che presentano dotto dipendenza della perfusione dell'aorta discendente e che necessitano di prostaglandine per prevenire la bassa portata e l'acidosi metabolica. La coartazione, sempre meno rappresenta una patologia dell'adulto. L'indicazione chirurgica deve essere posta in presenza di una coartazione aortica emodinamicamente significativa: - Gradiente >50mmHg; - Assenza di polsi femorali; - Presenza di ampio circolo collaterale. L'intervento chirurgico in età adulta, molto spesso, non riesce a riportare i valori pressori nella norma. Infatti, i fattori meccanici (ostruzione aortica) rappresentano solo uno dei fattori responsabili dell'ipertensione. Certamente, il ripristino della pervietà aortica fa sì che i valori pressori possano ridursi e, in ogni caso, essere più facilmente controllati da un ottimale terapia medica. La correzione chirurgica della coartazione aortica nell'adulto rappresenta per il cardiochirurgo uno degli interventi tecnicamente più impegnativi a causa di: presenza di grosse e friabili arterie intercostali, pareti aortiche sottili e, a volte, parzialmente calcifiche, possibilità di gravi complicazioni neurologiche (paraplegia). Il clampaggio aortico, infatti, può provocare un danno ischemico midollare, i cui fattori di rischio sono rappresentati da: inadeguato circolo con laterale, prolungato clampaggio aortico, sacrificio di molte arterie intercostali. Le possibili complicanze chirurgiche sono: sanguinamento, paraplegia (da ischemia midollare), ipertensione arteriosa paradossa, arteriolite mesenterica acuta necrotizzante, paresi della corda vocale sinistra (da lesione del nervo laringeo ricorrente), sindrome di Bernard-Horner (da lesione dell'ansa succlavia), ischemia dell'arto superiore sinistro e coartazione aortica residua o ricorrente. Difetti del setto interatriale e del canale atrioventricolare Il difetto interatriale è una comunicazione funzionalmente attiva tra gli atri destro e sinistro per deficit anatomico della parete settale. Il forame ovale pervio, canale che attraversa obliquamente la parete settale, non è propriamente un difetto interatriale. I difetti del setto interatriale possono essere distinti come segue. 1. Difetto della fossa ovale: è il difetto più frequente ed è anche chiamato tipo ostium secundum. È rappresentato dalla mancanza, più o meno completa, del pavimento della fossa ovale. Durante la vita fetale il difetto interatriale o fisiologicamente, il forame ovale rappresenta la via attraverso la quale il sangue passa dall'atrio destro a quello sinistro, a costituire il precarico ventricolare sinistro. Dopo la nascita, la direzione del flusso ematico e in relazione alle resistenze a valle. Poiché il ventricolo destro a, rispetto al ventricolo sinistro, una maggiore capacità di distensione, la direzione del flusso ematico si inverte e lo shunt diventa sinistro destro, con conseguente sovraccarico di volume del ventricolo destro e del letto vascolare polmonare. Con il persistere degli effetti emodinamici del difetto, si può determinare anche un sovraccarico pressorio, cui si associa ipertrofia del ventricolo destro. La progressiva riduzione della compliance ventricolare destra, in conseguenza dell'ipertrofia, e dell'aumento pressorio nel distretto vascolare polmonare può portare ad una riduzione dello shunt sinistro-destro, fino alla completa inversione dello shunt. Di solito la vasculopatia polmonare si sviluppa molto tardivamente e raramente diventa irreversibile. In generale, il difetto interatriale è ben tollerato e le prime manifestazioni cliniche sono spesso dovute alla dilatazione della cavità atriale destra. 2. Difetto del seno venoso (difetto cavale superiore): molto spesso tale difetto è associato ad un ritorno venoso anomalo della vena polmonare superiore destra che, in genere, drena direttamente in cava superiore al di sotto dello sbocco della vena azigos. La vena polmonare media allo sbocco in corrispondenza del difetto interatriale, mentre l'inferiore drena regolarmente in atrio sinistro. 3. Difetto cavale inferiore: è presente un deficit della regione settale prossima alla cava inferiore. Il difetto settale si trova immediatamente al di sopra e a cavallo dell'ostio della vena cava inferiore, che drena principalmente in atrio sinistro. 4. Difetto posteriore: mancano la parte inferiore e quella posteriore del setto interatriale. Si tratta di un difetto cavale inferiore in cui manca anche la parete settale posteriore. Una o più vene polmonari, per la mancanza del setto posteriore, possono avere rapporti anatomici più con l'atrio destro che con il sinistro, analogamente a quanto avviene nei ritorni venosi polmonari anomali. Per tale motivo si parla di “pseudoanomala connessione venosa polmonare”. Caratteristica dei tipi di difetto interatriale sin qui descritti è la scarsità o l'assenza dei sintomi. Infezioni broncopolmonari è una certa affaticabilità da sforzo possono essere gli unici sintomi. Nell'adulto, i sintomi iniziali possono essere le palpitazioni, espressione di aritmie atriali. Non è eccezionale, quindi, che la diagnosi venga fatta tardivamente, anche dopo i 20-25 anni di età in occasione di un esame cardiologico clinico strumentale. La metodica Sulla quale si basano la diagnosi è l'indicazione chirurgica in quasi tutti i centri di cardiochirurgia e l'ecografia, eccetto che nei pazienti con età >40-45 anni, nei quali è indicata la coronarografia per escludere una coronaropatia associata. Il difetto interatriale può essere, di elezione, corretto in età prescolare quando è ampio. Al di sotto dell'anno di vita esiste indicazione chirurgica solo quando è presente insufficienza cardiaca resistente alla terapia medica. Negli adulti l'indicazione chirurgica e in rapporto al Qp/Qs (>1,3-1,5). Canale atrioventricolare - I tessuti embrionali dei cuscinetti endocarpo dici danno origine alle due valvole atrio ventricolari (mitrale e tricuspide) e partecipano alla formazione del setto atrioventricolare. Qualsiasi anomalia dello sviluppo dei cuscinetti endocardici potrà determinare alterazioni più o meno gravi, isolate o associate tra di loro, a carico dei componenti della regione atrio ventricolare: valvola mitrale e tricuspide, la parte più bassa del setto interatriale e la regione di efflusso del setto interventricolare. Tali anomalie congenite sono appunto chiamate difetti settali atrioventricolari. Si distinguono le seguenti forme: - Canale atrioventricolare parziale - Canale atrioventricolare completo - Canale atrioventricolare intermedio Quando bisogna operare il DIA? Quando Qp:Qs >1,5-2, vero quando la portata polmonare è 1,5-due volte superiore a quella sistemica. la sua chiusura o il suo restringimento è quasi sempre dovuto all'aderenza del lembo settale della tricuspide e/o delle corde tendine ai margini del difetto. Con la crescita del bambino, si riduce la chiusura spontanea del difetto interventricolare. Alterazioni vascolari polmonari: un ampio difetto interventricolare determina iper afflusso e quindi ipertensione polmonare. Endocardite batterica: è più frequente dopo i 20 anni e spesso si manifesta come processo infettivo polmonare, per embolizzazione a partenza da vegetazioni batteriche situate sul versante destro del difetto. Morte: circa il 9% dei pazienti con ampio difetto interventricolare muore nel primo anno di vita per scompenso cardiaco (che si sviluppa generalmente verso i primi 2-3 mesi d'età) o infezioni polmonari ricorrenti; la morte più frequente nei casi in cui il DIV è associato ad altre anomalie intracardiache. Superato il primo anno di vita, pochi pazienti muoiono prima della seconda decade di vita anche se sviluppano il quadro clinico secondario all'ipertensione polmonare (policitemia, emottisi ascesso e infarto polmonare, scompenso destro). La morte difficilmente si verifica nei pazienti con DIV piccolo. Sviluppo di insufficienza aortica: circa il 5% dei pazienti sviluppa insufficienza ortica nella prima decade di vita ed essa gradualmente diventa severa alla fine della seconda decade. L'aumento dell'insufficienza ortica può coincidere con la chiusura del DIV da parte della cuspide coronarica prolassata. Sviluppo di stenosi polmonare infundibolare: il 5-10% dei pazienti sviluppa stenosi infundibolare polmonare che può diventare così severa da trasformare il DIV in tetralogia di Fallot. I pazienti che presentano tale evoluzione probabilmente sono nati con una certa deviazione del setto I infundibulare. INDICAZIONI CHIRURGICHE: I diuretici, la digossina e gli ACE-inibitori possono essere utili per controllare i sintomi di scompenso cardiaco prima del trattamento chirurgico o permettono di temporeggiare nei neonati con difetti del setto ventricolare di dimensioni moderate che hanno probabilità di chiudersi spontaneamente nel corso del tempo. Se i neonati non rispondono al trattamento medico o hanno scarsa crescita, la riparazione chirurgica è spesso raccomandata durante i primi mesi di vita. Anche nei bambini asintomatici, devono essere riparati larghi difetti del setto ventricolare solitamente entro il primo anno di vita, per prevenire le complicanze successive. L'attuale percentuale di mortalità legata all'intervento è < 2%. Complicanze chirurgiche possono comprendere un residuo shunt ventricolare e/o blocco cardiaco completo. L'intervento chirurgico è indicato sia quando la pressione in arteria polmonare supera il 50% della pressione sistemica sistolica, perché al di sotto di tale valore esiste un'alta probabilità che il difetto si chiuda spontaneamente, sia quando la terapia medica non è sufficiente a mantenere un buon compenso emodinamico. Non ci sono praticamente limiti d'età per la correzione chirurgica, ma è sempre auspicabile differirla il più possibile. Se il paziente è troppo piccolo (meno di 4 kg di peso) ed ha numerosi difetti, è opportuno eseguire un intervento di bendaggio dell'arteria polmonare, creando un ostacolo all'eiezione ventricolare destra mediante riduzione del lume del tronco polmonare. Tale intervento palliativo impedisce l'insorgenza della ipertensione polmonare. è stato comunque osservato che i grossi DIV operati in età inferiore ai 2 anni presentano una percentuale di ipertensione polmonare molto ridotta rispetto a quelli operati più tardi. L'intervento è invece controindicato quando le resistenze polmonari totali hanno raggiunto o superato le 8 U/m2 di superficie corporea, misurate durante respirazione di O2 al 100%, che dovrebbe determinare la massima vasodilatazione polmonare. La chiusura del difetto in presenza di tali valori costringerebbe il ventricolo destro a lavorare contro elevate pressioni, ed anche se il paziente sopravvive all'intervento, la sopravvivenza in questi soggetti è inferiore a quelli dei non operati. Tetralogia di Fallot È una malformazione cardiaca caratterizzata da una deviazione anteriore e verso sinistra del setto infundibulare. Essa è, a sua volta, a causa di: 1. Difetto interventricolare per alterato allineamento del setto infundibulare con il restante setto interventricolare; 2. Restringimento dell'infundibolo polmonare; 3. Ipertrofia ventricolare destra; 4. Aorta "a cavaliere" dei due ventricoli (destroposizione aortica). Pur essendo definita tetralogia, in realtà tale malformazione dovrebbe essere definita monologia, in quanto il primitivo difetto congenito è costituito dalla deviazione anteriore- sinistra del setto infundibulare. La fisiopatologia della tetralogia di Fallot è in relazione a: - Entità della stenosi infundibulare; - Ampiezza del DIV; - Entità delle resistenze vascolari polmonari. Tipicamente la pressione ventricolare destra è uguale a quella ventricolare sinistra, per cui si determina uno shunt destro-sinistro (cianosi). Quando la stenosi infundibolare non è severa, e quindi lo shunt sinistro-destro, non si determina una cianosi evidente (eccetto in alcune situazioni particolari) per cui si parla di “Fallot rosa”. La direzione dello shunt, inoltre, è dipendente sia dal grado di Steno sì infundibulare che dall'entità delle resistenze vascolari sistemiche: condizioni cliniche che determinano una distruzione delle resistenze vascolari sistemiche, provocheranno un aumento dello shunt destro-sinistro. In conseguenza di ciò, si avrà un aumento compensatorio dei globuli rossi, nel tentativo di mantenere invariato l'apporto di ossigeno ai tessuti. Tuttavia, un eccessivo aumento della quota eritrocitaria con il raggiungimento di un ematocrito >65% determinerà un notevole aumento della viscosità ematica con possibilità di trombosi intravascolare. Clinicamente si distinguono le seguenti forme: 1. Forma tipica: caratterizzata da ipo afflusso polmonare e desaturazione sistemica in ossigeno, effetto dello shunt destro-sinistro a livello del difetto interventricolare. Lo shunt dipende dalla severità della stenosi polmonare e dal grado di destroposizione aortica. La ciano si può avere variazioni fasica soprattutto nella TF4, con stenosi polmonare prevalentemente infundibulare e quindi a carattere dinamico, nella quale le variazioni del flusso polmonare possono essere molto marcate. In questi pazienti le crisi possono essere scatenate dalla vasodilatazione sistemica che, producendo una caduta delle resistenze periferiche vascolari, induce aumento dello shunt destro- sinistro a livello del difetto interventricolare, con diminuzione del flusso polmonare. L'ipoafflusso polmonare la vasodilatazione venosa sistemica aumentano la capacità del letto venoso sistemico, con accentuazione della Steno sì polmonare infundibolare dinamica. L'acidosi metabolica, effetto della gravità Rossi, peggiora ulteriormente il quadro aumentando la vasodilatazione sistemica. Le crisi ipossiche o asfittiche sono più frequenti nel bambino di 10-15 mesi, piuttosto che nel neonato o nel paziente di pochi mesi. Inoltre le crisi cianotiche possono essere indotte dalla somministrazione di farmaci, che provano vasocostrizione dell'infundibolo polmonare. 2. Tetralogia di Fallot rosa: è caratterizzata da uno shunt sinistro-destro, con moderato iper afflusso polmonare nelle rare forme di stenosi polmonare lieve. 3. Tetralogia di Fallot con canale atrioventricolare: simile alla forma tipica, ma si può avere importante insufficienza della valvola atrio ventricolare. Possono predominare i segni clinici dell'ipo afflusso polmonare (cianosi, crisi asfittica), oppure quelli dell'insufficienza cardiaca da iper afflusso polmonare e da insufficienza della valvola atrioventricolare. Se deve essere eseguito un intervento palliativo il cateterismo cardiaco è un esame superfluo; gli elementi anatomo-funzionale per l'intervento chirurgico sono desumibili dall'esame ecocardiografico. Il cateterismo cardiaco è necessario se si intende eseguire una correzione sia primaria che secondaria a pregresso intervento palliativo. Esso è fondamentale per precisare: patologie congenite o acquisite dalle arterie polmonari, Anomalie coronariche e difetto interventricolare accessorio. TRATTAMENTO MEDICO-CHIRURGICO: le crisi asfittiche acute si giovano della posizione di squatting, della sedazione e del trattamento medico con beta-bloccanti. Il trattamento chirurgico può essere palliativo (shunt sistemici-polmonari) o correttivo (chiusura del difetto interventricolare, lasciando l'aorta in connessione solo con il ventricolo sinistro e ampliando il tratto di efflusso del ventricolo destro). Le complicanze sono rappresentate da: sanguinamento, embolia gassosa, DIV residuo, blocco atrioventricolare completo, Steno sì polmonare residua e insufficienza polmonare residua.
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