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CARDUCCI "Pianto antico" e UNGARETTI "Gridasti: soffoco", Sintesi del corso di Letteratura

Italian PoetryLiterary AnalysisGiuseppe UngarettiGiosuè Carducci

Confronto approfondito tra la poesia di Giosuè CARDUCCI "Pianto antico" e la poesia di Giuseppe UNGARETTI "Gridasti: soffoco", le quali esprimono il dolore di un padre per la perdita di un figlio in età infantile.

Tipologia: Sintesi del corso

2015/2016

Caricato il 23/10/2022

nadjanadja
nadjanadja 🇮🇹

3 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica CARDUCCI "Pianto antico" e UNGARETTI "Gridasti: soffoco" e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura solo su Docsity! Nadja Alida Bruno Confronto tra due poesie: Carducci e Ungaretti Giosuè Carducci, Pianto antico (1871) – Giuseppe Ungaretti, Gridasti: soffoco (1949) Entrambi i componimenti trattano il delicatissimo tema della perdita di un figlio morto in età infantile. Nel 1906 è stato conferito a Carducci un premio Nobel per la letteratura, mentre Ungaretti purtroppo non l’ha mai ricevuto, anche se era un ottimo candidato e viene infatti definito «il Nobel mancato». Uno dei criteri per il conferimento del premio Nobel per la letteratura implica che i testi degli autori candidati siano “universali” ed “eterni”, dunque un lettore che si trova in qualsiasi parte del mondo dovrebbe essere in grado di cogliere il senso del testo. In questi due componimenti questo fattore emerge in maniera molto evidente: la morte di un figlio è infatti un argomento talmente delicato da far commuovere chiunque, appartenente a qualunque cultura. Pianto antico è inserito nella raccolta Rime nuove, composte tra il 1861 e il 1887. Il tema principale della raccolta Rime nuove (e di tutta la migliore poesia carducciana dopo il 1870) è quello della memoria-rifugio, rifugio dalla discordanza dei momenti presenti, dalle convenzioni e obbligazioni sociali ed accademiche. Inoltre vi è la fuga e il rifugio nel silenzio e nel nulla della morte, nell’illusorio, e pur confortante, ricongiungimento con le persone amate e con i grandi spiriti del passato, proprio come in Pianto antico in cui viene rievocata la morte del figlio. La commovente poesia Pianto antico di Carducci esprime il sentimento paterno dell’autore in seguito alla morte del figlio Dante. La perdita di quest’ultimo, morto nel giro di soli pochi giorni alla tenera età di tre anni, lascerà un segno indelebile nell’animo del poeta. In una lettera scritta a Giuseppe Chiarini nel 1870, Carducci esprime quanto fosse legato a suo figlio, scrivendo «io avevo avvitichiato attorno a questo bambino tutte le mie speranze e il mio avvenire.», e il termine “avvitichiare” deriva proprio da “vite, vita”. Nella stessa lettera Carducci specifica che il piccolo Dante ha lasciato questo mondo in seguito ad un’atroce agonia improvvisa durata solamente qualche giorno, dunque si suppone che la causa di tanta sofferenza fosse il tifo, malattia piuttosto diffusa in quel periodo. Come vedremo nella poesia ad essa confrontata, Gridasti: soffoco di Giuseppe Ungaretti, ritroveremo una situazione analoga in quanto anche quest’ultimo poeta piange la morte del figlio morto anch’esso in età infantile e nel giro di poco tempo a causa di un’appendicite non diagnosticata. L’autore specifica infatti che il figlio è morto in poco tempo: v.41 La settimana scorsa eri fiorente… In entrambe le poesie viene evocato il dolore paterno, che è il punto centrale dei due componimenti. Nella poesia di Carducci questo dolore emerge in particolar modo nelle ultime due quartine dell’odicina, dove il poeta si definisce una pianta / Percossa e inaridita (vv.9-10), perché ha perso il suo fiore, ovvero la sua fonte d’ispirazione e di speranza. Leggendo superficialmente Pianto antico, in un primo momento potremmo non cogliere il fatto che la poesia tratta un argomento così delicato: non viene infatti esplicitata la morte del figlio, che scopriamo invece con una lettura più approfondita del testo. Ungaretti, invece, è molto più diretto e concreto nel descrivere ciò che lui ha provato mentre il figlio moriva, inserendo già nei primi versi un intervento personale, così forte da renderlo addirittura il titolo della poesia (Gridasti: soffoco). Descrive anche il suo figliolo in tutti i momenti trascorsi, sia da vivo che da morto: lo descrive in maniera cruda Nadja Alida Bruno mentre sta morendo (vv.1-14), poi mentre ci sono i preparativi per il funerale e si trova nella bara, sviluppando poi il discorso verso l’immortalità dell’anima di suo figlio dovuta ad una sorta di fusione delle loro anime (vv.35-45), e rievoca inoltre i ricordi dei giorni in cui il piccolo era ancora vivo ed era fonte di speranza per il poeta (v.24: L’unico fuoco della mia speranza: metafora). Possiamo notare un collegamento tra i titoli dei due testi: il termine antico di Carducci sottolinea l’universalità del contenuto e del tema proposto, valido in tutti i tempi e per sempre, mentre il termine soffoco di Ungaretti indica l’effetto causato dal dolore della perdita del proprio figlio: il respiro viene a mancare e si ha la sensazione di soffocare. Il lessico di Carducci è molto più elevato rispetto a quello di Ungaretti, che è più colloquiale e concreto. Alcuni termini utilizzati da Carducci: pargoletta (v.2), vermigli fior (v.4), solingo (v.5), rinverdì (v.6). Un aspetto interessante che possiamo notare nella poesia di Carducci è che sono presenti prevalentemente versi discendenti, che sottolineano in maniera molto forte la tristezza dell’argomento trattato. Due esempi di versi discendenti: L’albero a cui tendevi (v.1: dattilo, + - -) e Sei ne la terra fredda (v.13: dattilo, + - -). Nel testo di Ungaretti notiamo lo stesso fenomeno nel titolo (nonché secondo verso), in quanto Gridasti: soffoco (giambo, + -) pone l’accento sul termine “gridasti”, mentre quando si giunge a “soffoco” il tono viene completamente smorzato, proprio come se scrivendo la poesia l’autore stesse realmente soffocando. Utilizzare un modulo ritmico discendente è tipico per i componimenti che trattano temi tristi e deprimenti: un altro esempio che mi è rimasto impresso e presenta anche dei versi discendenti è il testo di Canzone per un’amica di Francesco Guccini, che parla della morte di una giovane amica morta durante un incidente stradale (Lunga e diritta correva la strada / l’auto veloce correva). Per quel che concerne la metrica di Pianto antico, possiamo dire che è molto più regolare rispetto a quella di Gridasti: soffoco, che è invece più libera (non riscontriamo uno schema fisso né nella lunghezza metrica dei versi, né nello schema delle rime). Il componimento di Carducci è un’ode anacreontica, che deriva dallo stile dei testi dell’antico poeta lirico Anacreonte, che erano prevalentemente corti, e trattavano solitamente temi semplici e scherzosi (come per esempio l’ode anacreontica San Martino sempre di Carducci), ma che potevano essere invece intimi e persino un po’ macabri come per esempio in Pianto antico, il cui tema è tutto fuorché semplice e scherzoso. L’ode anacreontica di Carducci, il cui schema metrico è identico sia in Pianto antico che in San Martino, è formato da quattro quartine di settenari piani e tronchi. I primi tre versi della quartina sono piani, mentre il quarto è sempre tronco. Lo schema delle rime per ogni quartina è ABBC. Il secondo e il terzo verso di ciascuna quartina sono a rima baciata, il quarto è rimato con i versi corrispondenti nelle altre quartine, mentre il primo non rima mai con altri versi. Lo schema metrico complessivo della poesia è dunque ABBC DEEC FGGC HIIC. Come detto precedentemente, il testo Pianto antico presenta i temi della morte del figlio e del dolore paterno in maniera più indiretta e delicata rispetto ad Ungaretti. Nel testo sono infatti presenti diverse figure retoriche, che enfatizzano il senso profondo della poesia e la rendono più “elevata”. Ai versi 9 e 11 troviamo la prima anafora (Tu fior della mia pianta / Tu de l’inutil vita), ai versi 13 e 14 troviamo la seconda (Sei ne la terra fredda / Sei ne la terra negra), e ai versi 15 e 16 troviamo l’ultima (Né il sol più ti rallegra / Né ti risveglia amor). Al verso 9 troviamo una metafora: Tu fior della mia pianta, poiché fior della mia pianta è riferito al figlio: il poeta (la pianta) ha
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