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Carducci Vita e Opere, Appunti di Italiano

Vita e opere del poeta italiano Giosuè Carducci

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 28/08/2019

esamuele
esamuele 🇮🇹

5

(1)

8 documenti

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Scarica Carducci Vita e Opere e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! Anche nella fase di maggior diffusione del Romanticismo, le tendenze classiche non erano mai venute a meno, e poeti come Monti, Leopardi o Foscolo, offrivano ancora originalità di modelli e di linguaggio, legati sempre alla tradizione. Il classicismo ottocentesco si impone come rivendicazione di una secolare tradizione, come affermazione di una continuità nazionale e con Carducci si impose come supremo modello di comunicazione poetica. Giosuè Carducci nasce a Valdicastello il 27 luglio 1835 e visse per undici anni in Maremma, a causa del lavoro paterno: qui fece i primi studi e le prime letture, stimolato anche dal genitore che possedeva una buona cultura classica. Nel 1849 il padre perdette il lavoro a causa delle sue idee politiche e dovettero trasferirsi a Firenze, dove Giosuè continuò i suoi studi, fino a laurearsi alla Normale di Pisa nel 1856 in filosofia e filologia. Inizia a insegnare, ma la sua vita sarà segnata da delle tragedie come il suicidio del fratello Dante (novembre 1857) e la morte del padre (agosto 1858), che costrinsero il poeta a farsi carico della madre e del fratello minore. Nel tanto iniziano anche le prime raccolte poetiche, sempre accompagnate dall’insegnamento: nel 1860 si trasferirà a Bologna per lavorare nell’università, dove avrà la cattedra di eloquenza italiana. Ma se la sua carriera stava pian piano prendendo il volo, sia come scrittore che come professore, la vita gli riserva sempre dolori: nel 1870 morirono prima la madre, poi il figlioletto Dante. Carducci aveva anche interessi politici e se inizialmente era scontento del nuovo governo, in età matura accetta la monarchia sabauda come garante dell’unità italiana e, dopo un incontro con i sovrani, nel 78 scrisse un’ode Alla regina d’Italia; aderì poi ala politica reazionario di Crispi, ponendosi come poeta vate ufficiale dell’Italia umbertina, tanto da venire nominato senatore del Regno nel 1890. Nel 1904 lasciò l’insegnamento e nel 1906 venne insignito del premio Nobel per la letteratura; morì a Bologna un anno dopo, il 16 febbraio 1907. È abbastanza difficile seguire lo sviluppo della poesia di Carducci attraverso le raccolte da lui edite, perché organizzò i suoi componimenti più volte e in modi diversi. Dopo la pubblicazione nel 1857 delle Rime giovanili (conosciute anche come Rime di San Miniato), la prima vera raccolta fu quella dei Levia Gravia in quattro libri del 1868, titolo in latino ricavato da Ovidio, che vuole significare un insieme di poesie leggere e poesie gravi, pubblicata però con lo pseudonimo di Enotrio Romano. Nel 1871 uscì un volume dal titolo Poesie, divisa in tre parti: la prima si chiamava Decennalia e comprendeva poesie politiche scritte dal 1860 al 1870; la seconda ancora Levia Gravia; la terza possedeva degli scritti giovanili chiamati Juvenilia. Questo volume ebbe molto successo e l’anno seguente uscì un’altra raccolta chiamata Primavere elleniche, dedicate a Lidia e basate su un’elegante ripresa dei modelli antichi; nel 1873 uscirono le Nuove poesie di Enotrio Romano, con 46 componimenti di vario tipo. Nel 1877 uscì le Odi barbare, il primo libro composto con gli schemi della metrica barbara: questa metrica è un tentativo di riproduzione degli schemi metrici greci e latini nella lingua romanza, operazione difficilissima data la diversa natura del sistema di versificazione degli idiomi, operazione già tentata nel periodo dell’Umanesimo; Carducci continua questa tradizione per poter avvicinarsi ancor di più ai classici, chiamando le sue poesie barbare, volendo indicare che il risultato era soltanto una riproduzione parziale e approssimativa del metro classico. Nel 1882 uscirà la raccolta Giambi ed Epodi, con il titolo che fa intendere il gusto classicheggiante della poesia; nel 1887 sarà il turno di Rime nuove, dove non confluiva la poesia barbara, ma già dal titolo si riesce a intendere che si riprendeva la tradizione romanza. Nel 1893 sarà invece la volta della raccolta definitiva di Odi barbare, mentre sei anni più tardi pubblicherà Rime e ritmi, ultima sua raccolta poetica che includeva sia poesia basate sulla metrica romanza, sia poesie basate sulla metrica barbara. La poesia di Carducci non è statica, ma si articola in varie direzioni, riconducibili alle diverse esperienze umane dell’autore, ma vi è sempre un unico filo conduttore che lo accompagnerà per tutta la vita, ossia il fiero e vigoroso ideale classicista. Carducci mira sempre ad una letteratura che si accosti alla realtà e si opponga a ogni dissoluzione delle forme tradizionali. Al bisogno armonico di equilibrio, entra in contrasto lo spirito aspro e selvaggio: il ricordo della campagna, della sua giovinezza, lo fanno scagliare contro il mondo politico e intellettuale, inducendo il poeta a cercare una vita diversa e i modelli classici vengono visti dal poeta come il miglior strumento per dar voce a questi impulsi: il passato storico è visto vigoroso, contrapposto allo squallore moderno e solo tramite con la poesia classica, tramite la voce del passato, si può risalire e collaborare con il progresso. Nei primi anni giovanili queste energie vengono proiettate nella rivendicazione dell’unità italiana e si esercita nel classicismo per opporsi alle varie forme di cultura contemporanea; dopo il 1860 rivitalizza il classicismo collegandolo alla tradizione giacobina, repubblicana e anticlericale e viene esaltato il libero pensiero: nel 1863 scriverà un Inno a Satana, il quale susciterà scandalo e polemica, ma egli lo compone per esaltare il pensiero laico, libero dai vincoli religiosi. La poesia carducciana degli anni sessanta e settanta si proietta in un realismo classicistico, formato da immagini vive, corpose, reali, e da temi politici, dove trova forse la sua forma più compiuta. Più avanti inizierà a porre attenzione alla poesia europea, ricercando e riesumando la bellezza classica, in particolare con la raccolta Primavere elleniche, dove i richiami al mondo contemporaneo si traducono in una sfumata malinconia. Durante gli anni 70, nella sua poesia, coesistono ancora prospettive diverse, formate dal realismo plastico che si sovrappongono ad un classicismo prezioso e celebrativo, il quale però finisce per dominare la scena nelle Odi barbare. Nel calare della sua vita si avvicina a posizioni monarchiche e conservatrici, riducendo il suo spirito polemico. Nella sua globalità, l’esperienza poetica del Carducci si risolve non nella difesa della cultura classica, ma piuttosto in una sua chiusura in un ambito nazionalistico e provinciale.
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