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Carlo Gozzi, vita e sintesi delle Memorie Inutili, Dispense di Letteratura Italiana

Vita privata e pubblica di Carlo Gozzi ed approfondimento sullo scandalo intercorso tra egli stesso, Pietro Antonio Gratarol e la commediante Ricci. Riassunto ben dettagliato delle sue ''Memorie Inutili''. Teatro tradizionalista gozziano in contrapposizione a quello chiarista e goldoniano.

Tipologia: Dispense

2020/2021

In vendita dal 05/04/2022

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Scarica Carlo Gozzi, vita e sintesi delle Memorie Inutili e più Dispense in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! CARLO GOZZI (1720-1806) Carlo Gozzi nasce nel 1720 da una famiglia nobile caduta in ristrettezze economiche, fratello minore di Gasparo Gozzi e fervente ultra reazionario circa l’illuminismo: sul piano letterario il suo tradizionalismo si evince chiaramente dalla sua attività nell’Accademia dei Granelleschi. Tale accademia era di indirizzo conservatore e classicista e difendeva la purezza della lingua secondo gli antichi scrittori toscani in contrapposizione con l’imbarbarimento della lingua mescolata al francese. A differenza di altri artisti e scrittori (Goldoni) che vivevano delle proprie produzioni letterarie Gozzi si rifiuterà categoricamente di ricavare proventi economici dal proprio lavoro intellettuale e negli anni 50 del 700 si cimenterà in una violenta critica al Chiari ed al Goldoni attraverso la sua fiaba satirica ‘’L’amore delle tre melarance’’ (1761). Talmente grande fu il successo che vedeva contrapposto il suo modo di scrivere per il teatro rispetto a quello goldoniano che produsse e portò in scena altre 9 rappresentazioni teatrali, quali ‘’Il Re cervo’’, ’’Turandot’’, ’’il corvo’’. La rappresentazione teatrale dell’amore delle tre melarance avvenne nel 1761 durante il carnevale veneziano per la compagnia Sacchi: rifacimento di una fiaba raccontata nel ‘’Cunto de li cunti’’ del napoletano Giovan Battista Basile è una satira scritta sotto forma di canovaccio. Ciò che emerge dal suo modo di scrivere è una sapiente contrapposizione tra commedia dell’arte e fiabe che richiamano al mondo infantile abolendo dunque ogni traccia di verosimiglianza tanto cara agli illuministi e che in qualche modo sembra aprire la strada al romanticismo europeo per la ripresa di temi infantili ed inerenti al mondo del sogno. Le sue memorie inutili nascono da un’iniziale volontà di attaccare la memoria dell’ex senatore di Venezia Pietro Antonio Gratarol con il quale ebbe un violento trascorso per via della storia che intercorreva tra lui e la commediante Teodora Ricci presso la compagnia del Sacchi e con la quale probabilmente Gozzi aveva anch’esso avuto a che fare non solo in toni amicali. Oltre a questo intento iniziale di attacco al senatore e di difesa per sé, le ‘’Memorie Inutili’’ sono un documento di straordinario interesse per la conoscenza dell’autore e per la vita sociale, intellettuale e politica della serenissima del tempo. MEMORIE INUTILI La prima ed unica edizione delle memorie inutili edita da Giuseppe Prezzolini, curata dall’autore medesimo e stampata da Palese è suddivisa in tre volumi: il primo è preceduto da un manifesto che fu pubblicato qualche mese prima delle memorie e contiene principalmente gli avvenimenti della sua vita in età puerile ed adolescenziale che lo vedono allontanarsi dalla famiglia per intraprendere la carriera militare a Zara; il secondo volume è composto da un ragionamento e da un avviso ai lettori e narra principalmente dello scandalo Gratarol-Gozzi-Ricci e tutta la sua vita dipanata tra scritti teatrali e recupero di possedimenti famigliari; il terzo ed ultimo tomo contiene la lettera confutatoria scritta nell’anno 1780 e indirizzata ad Antonio Gratarol ed infine il suo dramma in tre atti ‘’Le droghe d’amore’’. Opera rarissima in quanto non esistono ristampe nonostante vari tentativi di traduzione e di riadattamento, fu pubblicata con qualche aggiustamento circa la numerazione e l’ordine dei capitoli e tale fu la difficoltà per via della punteggiatura spesso arbitraria e della grafia resa incertissima dai numerosi errori di stampa. Possiamo infatti notare che moltissime grafie non sono state corrette ma sono state appositamente lasciate in originale, come ad esempio nomi di intellettuali francesi quali Rousseau-Russò. PARTE PRIMA Gozzi fa un piccolo riferimento alla sua famiglia di estrazione nobile senza però menzionare nulla di alquanto rilevante se non che originariamente erano undici fratelli divenuti poi 9 per via di morte precoce e che furono tutti istruiti come meglio conveniva presso la pubblica istruzione mentre a Carlo, figlio tra i minori, furono impartite lezioni private da mediocri sacerdoti. Dovette dunque approfondire i suoi studi da autodidatta spronato dal desiderio di imitare suo fratello Gasparo che in quegli anni stava emergendo come letterato. Dei fratelli spiccava Gasparo, scrittore che fondò insieme ad altri intellettuali ''l’Accademia dei Granelleschi'', volta a preservare l’integrità e purezza della lingua italiana contro le barbarie del francese che stava sempre più imbrattando la bellezza dell’originario toscano e che sposò una ragazza anch'essa scrittrice. Del fratello Francesco sappiamo invece che credette meglio allontanarsi dalla propria numerosa famiglia che stava precipitando in ristrettezze economiche prendendo un posto nella marina a Corfù e Carlo pensò bene di seguirlo: è infatti a 16 anni che intraprende la carriera militare a Zara. Carlo non ha a cuore la carriera militare, infatti si cimenta nella lettura e veste i panni di una servetta nel teatro della milizia per intrattenere i suoi compagni: sebbene a Venezia le donne potevano recitare qui in Illiria non era possibile ed erano dunque i giovani ragazzi ad interpretare il genere femminile. Spinto dai suoi compagni, Carlo si lascia invischiare in scorribande notturne per le città nell’intento di generare caos e divertimento per sé come quando liberarono i cavalli dalle stalle e fecero tanto chiasso da suscitare terrore nei concittadini che si trattasse di un’invasione turca e negli episodi in cui lo vedono sfidare insieme al suo fedele amico e compagno Massimo i protettori che erano nella strada della Tonina, la più bella ragazza che tutti corteggiavano. Arrivato il carnevale, diverse commedie vengono inscenate e Carlo si trova a vestire i panni della servetta Luce con in grembo la sua bimba che attende il suo marito pantalone: tale Zeno era l’interprete di pantalone che tardava in scena e Gozzi, nell’intento di improvvisare, vede che tra gli spettatori c’è la Tonina così inizia a chiamare con tale nome la sua creatura iniziando un monologo indirizzato ad essa mettendola in ridicolo e sotto i riflettori tanto da causare risa del pubblico e ira di essa. Terminati i tre anni Carlo torna a casa con il suo amico Massimo e scorge la miseria più totale: 200 ducati di debito che l’amico si proporrà di pagare e la propria madre in concomitanza con la moglie del fratello Gasparo erano le amministratrici dei possedimenti. Dopo una serie di circostanze sospette, Carlo viene a sapere che si era stipulato un contratto con un tale signor Zini il quale voleva acquistare la casa con il consenso di tutta la famiglia e avendolo pregato di non acquistare tale possedimento in quanto all’oscuro di tutto il mercante si reca a casa per annullare il contratto e Carlo verrà inimicato dalla madre. Ormai disilluso, risolve con l’idea di partire nuovamente a Zara ma il padre morirà tra le sue braccia e rileverà la parte di abitazione superiore che era in affitto. Massimo spedirà altri denari per provvedere al funerale del padre e Carlo li darà a suo fratello Gasparo dicendo di amministrarli come capofamiglia ma esso li cederà alla moglie la quale però risolve di estinguere il debito con Massimo vendendo la casa al piano superiore (probabilmente al sig. Zini) con l'assenso tacito di tutta la famiglia. Il fratello Gasparo scrive per il Sant’Angelo ‘’Esopo alla corte’’, una traduzione del francese ‘’ Esopo và in città’’ e Carlo con la cognata e la dama Balbi vanno a vedere tale rappresentazione nonostante sia stato avvisato di una cattiva scena che il fratello aveva interposto per screditare la dama, Almorò, Carlo e Francesco: la scena aggiunta era circa una vedova vestita di nero che raccontava ad esopo i suoi drammi famigliari e che era stata cacciata di casa da tre figli. Gratarol stavano destando malelingue e persuade Carlo nel dire alla Ricci di non invitarlo più. Ovviamente l’attrice reagisce collericamente ed il capocomico la riprende davanti a tutti mortificandola e dicendo di non voler più prendere parte del convitato dopo aver appreso che in realtà era solo in onore della donna. Gozzi pregherà il Sacchi di andare per non inimicarsi il membro del senato, ma sarà Gozzi stesso a mancare dicendo di esser malato destando del sospetto nel Gratarol. Non appena ricevuto il viglietto, il Gratarol si presenta a casa Gozzi invitandolo come scrittore presso il teatro di corte che ovviamente rifiuterà e la Ricci si mostra entusiasta circa il consiglio di Carlo di allontanare il politico da lei e dalle scene: accompagnando la Ricci a teatro insieme al marito scorgerà che la donna aveva invitato anche Gratarol e che dunque era ormai giunto il momento di metter fine a quella amicizia durata cinque anni. Da qui inizia il vero e proprio scandalo messo in scena probabilmente dalla donna cieca d’ira e dall'ingenuo e collerico Gratarol. Alla rilettura delle ‘’Droghe d’amore’’ presso la compagnia, la Ricci sospira ogni qualvolta si nomina il personaggio del Don Adone e ben presto Gozzi ne vede il motivo: sebbene la commedia da lui scritta fosse composta da personaggi universali, tale Don Adone rimembrava alla Ricci il personaggio del Gratarol nonostante fu essa stessa ad incitare Carlo a terminare l’opera prima ancora di averlo conosciuto. Ma tale era l’ira che la accecava che presto informò il Gratarol di questa sanguinosa satira ordita alle loro spalle e Gozzi tenta invano di far ritirare dalla rappresentazione la sua opera che però era già stata licenziata per il San Salvatore ed avendola lui donata non aveva più diritto su di essa, soprattutto dopo aver ricevuto la visita del magistrato sopra la bestemmia che declamava non aver visto nessuna corrispondenza tra il Gratarol ed il Don Adone, dunque fu posta in scena. Nel 1777 viene rappresentata al teatro San Salvatore suddetta opera e qui si svela un’altra viltà ordita alle spalle di Gozzi: la parte del Don Adone fu assegnata a Vitalba, un uomo per fattezze fisiche molto simili al Gratarol, ed i gesti e vestiti imitati a modo. Sebbene il personaggio di Don Adone avesse una parte davvero minuscola nel dramma, gli spettatori acclamarono particolarmente quella scena. Ad assistere c’erano i grandi di Venezia, il popolo di ogni estrazione sociale, la moglie del Gratarol. Il successo fu enorme per il Sacchi, l’amarezza per Gozzi altrettanto. Gozzi tenta di risolvere scrivendo un prologo da donare ad ogni spettatore prima della messa in scena del dramma ed alla visita di Gratarol con Maffei presso casa di Carlo nella quale questo gli intima di fermare la rappresentazione, Gozzi ripeterà di non essere più in grado di fermare il dramma ma di poter tentare con il suo prologo e di accompagnare il Gratarol sulla scena così da rovesciare l’opinione pubblica. Il Gratarol non crede possibile una tale risoluzione e se ne esce di casa giurandosi nemico di Carlo. PARTE TERZA ED ULTIMA In questa terza parte ritroviamo qualche approfondimento circa ciò che è già stato narrato nel volume precedente, come lo scioglimento della compagnia del Sacchi dopo esser stata attiva per ben 25 anni a Venezia e ciò che è accaduto al Gratarol ed alla Ricci. Ritroviamo anche qualche ironico episodio in cui Gozzi viene scambiato per differenti personaggi. La compagnia del Sacchi è costretta a sciogliersi in quanto gli attori più valenti all’interno di essa hanno deciso di passare ad un’altra congrega per via degli stipendi non pagati dal vecchio e per via del suo cattivo temperamento che cagionava malesseri all’interno di essa. Amareggiato, il capocomico partirà per Genova essendo sempre grato a Gozzi. Nel frattempo Carlo ha scritto ‘’Cimene Pardo’’ che viene chiesta e donata dalla Ricci tornata da Parigi per recitare nel teatro di San Giovanni Grisostomo e ‘’La figlia dell’aria’’ che viene donata al San Salvatore:non avendo più una compagnia alla quale donare le sue opere teatrali ed essendo amareggiato circa il fatto di donare sue creazioni e vedersene appropriare senza ombra di gratitudine, deciderà di non scrivere più per alcuna compagnia. CIRCA LO SVENTURATO GRATAROL Raggiunse i massimi titoli diventando segretario di stato grazie al suo brillante ingegno ed a raggiri verso persone utili alla sua causa: tra varie amanti, infatti, riuscì ad esserlo Caterina Dolfin Tron, moglie del procuratore Andrea Tron. L’ambita carica fu ottenuta grazie all’intercessione della moglie per conto del Gratarol verso il marito ma questo fu solo l’inizio della fine: come ben sappiamo, infatti, Antonio si interessò alla comica Ricci protetta del gelosissimo Gozzi e che mise in ombra la Dolfin sentendosi amareggiata ed usata. Dopo aver chiuso con la Dolfin, questa si mette d’accordo con Gozzi per far rappresentare in scena al teatro San Luca ‘’Le droghe d’amore’’, una pièce nella quale il personaggio del Don Adone rappresenta una parodia alquanto ridicola del segretario di stato tanto da cagionare in lui vergogna dall’uscire di casa. Ne nacque una disputa così violenta che Gratarol scappò in Germania senza ottenere il permesso che gli costò la perdita dei propri beni ed una banditura. Si vendicò dunque pubblicando la sua ‘’Narrazione apolgetica’’ a Stoccolma mettendo in luce tutte le storture politiche che erano presenti all’interno dello stato di Venezia. Raggiunse gli Stati Uniti per cercare fortuna ma non ne trovò e decise dunque di partire con un gruppo di amici alla volta del Brasile ma la barca circumnavigò l’Africa e finì nel Madagascar dove il capitano stesso confiscò tutti i beni dei passeggeri abbandonandoli al proprio destino. Morì di febbre violenta nel 1785. OPERE - La tartana degli influssi per l’anno bisestile 1756 (1757) Scritta per difendere la commedia dell’arte all’italiana e regalata a Daniele Farsetti, il fondatore dell’accademia dei granelleschi. Fù lui stesso che la pose in stampa e la fece circolare tanto gli piacque. - L’amore delle tre melarance (1761) Prefazione: Questa favola, da me resa scenica, e colla quale cominciai a dare assistenza alla Comica Truppa Sacchi, non fu che una caricata parodia buffonesca sull'opere de' Signori Chiari e Goldoni, che correvano in quel tempo. I due partiti collerici de' due Poeti fecero ogni sforzo per procurare la sua caduta. Il cortese Pubblico la sostenne sul Teatro per sette repliche in quel Carnovale, ch'era per terminare. Si è negli anni susseguenti alla sua prima comparsa sempre replicata, ma spogliata delle caricate censure a' due accennati Poeti, perch'era mancata la circostanza, e il proposito. - Re Corvo (1762) - Re Cervo (1762) - Turandot (1762) - Zobeide (1763) - Le droghe d’amore (1775) - Memorie inutili (1777) ma edite nel 1797
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