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Carlo Petrini Buono, pulito e giusto. Principi di una nuova gastronomia., Guide, Progetti e Ricerche di Design

INTRODUZIONE “Buono, pulito e giusto. Principi di una nuova gastronomia” (354 pagine) un libro che ha reinventato la gastronomia del XXI secolo. Nel 2005 Buono, pulito e giusto ha trasformato un titolo in uno slogan, una visione del mondo che ha rovesciato gli stereotipi sul cibo, l'ambiente, la natura, l’agricoltura. In un racconto che costruisce una teoria, intreccia analisi, impegno ed esperienze autobiografiche di Carlo Petrini.

Tipologia: Guide, Progetti e Ricerche

2019/2020

Caricato il 15/05/2020

Annalisa.nali
Annalisa.nali 🇮🇹

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Scarica Carlo Petrini Buono, pulito e giusto. Principi di una nuova gastronomia. e più Guide, Progetti e Ricerche in PDF di Design solo su Docsity! Topic: KM0 Università degli studi di Ferrara, Laboratorio di Sintesi Finale A - Insegnamento di Ecodesign, a.a. 2018/2019 Esercitazione bibliografica intermedia 28 novembre 2018 - 3 febbraio 2019
 Università degli studi di Ferrara, Laboratorio di Sintesi Finale A - Insegnamento di Ecodesign, a.a. 2018/2019 Prof. Davide Turrini, Dott. Marco Manfra 1° STEP - INDIVIDUALE: Annalisa Marchetti buono, pulito e giusto Carlo Petrini Buono, pulito e giusto. Principi di una nuova gastronomia. Torino, Einaudi, 2011 354 pagine
 Autore Carlo Petrini, conosciuto come Carlin, è un gastronomo, sociologo, scrittore e attivista italiano, fondatore dell'associazione Slow Food. Conduce studi in sociologia presso l'Università di Trento e partecipa attivamente all'attività politica e dell’associazionismo, venendo eletto consigliere comunale a Bra (Provincia di Cuneo). Si occupa di enogastronomia dal 1977 sui principali periodici e giornali italiani e partecipa attivamente alla nascita, con Stefano Bonilli, del Gambero Rosso, inizialmente inserto mensile del Manifesto. Fonda la "Libera e Benemerita Associazione degli Amici del Barolo", che diventerà nel luglio 1986 Arcigola. È ideatore di importanti manifestazioni come Cheese, il Salone del Gusto di Torino e la manifestazione “Terra Madre”. Il 9 dicembre 1989 a Bra viene fondato il Movimento Internazionale Slow Food, di cui è tuttora presidente. Ha collaborato tra le altre testate con l'Unità, La Stampa e La Repubblica. È in prima linea in una battaglia contro gli OGM, trovandosi spesso in disaccordo con esponenti del mondo scientifico, favorevoli alla ricerca sugli Organismi Geneticamente Modificati e al loro utilizzo. Il 23 maggio 2007 viene nominato tra i 45 membri del Comitato promotore nazionale per il Partito Democratico. Nel 2008 il quotidiano inglese “The Guardian" lo posiziona tra le 50 persone che potrebbero salvare il pianeta e nell'agosto dello stesso anno è nominato Ashoka fellow. Nel 2013 gli viene conferito dal Programma Ambiente delle Nazioni Unite (Unep) il premio Campione della Terra. Recensione INTRODUZIONE “Buono, pulito e giusto. Principi di una nuova gastronomia” (354 pagine) un libro che ha reinventato la gastronomia del XXI secolo. Nel 2005 Buono, pulito e giusto ha trasformato un titolo in uno slogan, una visione del mondo che ha rovesciato gli stereotipi sul cibo, l'ambiente, la natura, l’agricoltura. In un racconto che costruisce una teoria, intreccia analisi, impegno ed esperienze autobiografiche, Carlo Petrini esorta il lettore a farsi egli stesso eco-gastronomo, a essere cittadino del mondo e protagonista di una grande rete internazionale che custodisca il pianeta mettendo il cibo al centro di un nuovo progetto di vita. Partendo dall'analisi dei cattivi comportamenti alimentari della nostra società, Carlo Petrini propone una riflessione per creare modelli nuovi di consumo, per un minore spreco del cibo, per un maggior rispetto dell'ambiente e dell'uomo, in base a tre semplici ed essenziali criteri: buono, pulito e giusto. Buono: relativamente al piacere che deriva dalle qualità organolettiche di un alimento; pulito: ovvero prodotto senza stressare la terra; giusto: cioè conforme ai concetti di giustizia sociale nei processi di produzione e distribuzione. Attraverso vivaci ed interessanti frammenti autobiografici intercalati a riflessioni, cifre e proposte concrete, l'autore fa comprendere come sia possibile disegnare per il nostro pianeta un futuro sostenibile e un nuovo stile di vita, seguendo un filo logico che parte dalla devastazione che l’uomo sta perpetrando, in termini economici, ecologici e sociali, a danno dei propri simili e della Terra che abita, per arrivare a delineare un richiamo all’azione, a una mobilitazione delle coscienze che passa per i comportamenti quotidiani, soprattutto quelli relativi a come ci nutriamo e a come scegliamo di stare o meno all’interno di un sistema economico-finanziario che sta sgretolando l’umanità insieme alla sua casa comune. Petrini afferma infatti che «l’idea complessiva di sostenibilità… deve essere sì ambientale ma anche economica e socio-culturale, altrimenti è una sostenibilità zoppa» (p.150). RIASSUNTO Nella prima parte del libro, dal titolo “Un affresco poco rassicurante”, che anticipa una prospettiva non piacevole, Petrini ritiene importante descrivere una situazione che lui stesso definisce come «ben nota», che tuttavia ritiene 1 Topic: KM0 Università degli studi di Ferrara, Laboratorio di Sintesi Finale A - Insegnamento di Ecodesign, a.a. 2018/2019 indispensabile come premessa ai temi e riflessioni che verranno affrontate nei capitoli seguenti. In questo modo l’autore crea le basi e le premesse per una nuova prospettiva gastronomica che non può non prescindere da alcune constatazioni, esplicitate all’inizio per meglio comprendere le seguenti connessioni con la scienza gastronomica e per capire come una corretta applicazione di certi principi in campo alimentare possa portare benefici complessivi in futuro. A sostegno dei suoi ragionamenti, Petrini alterna alle riflessioni delle piccole serie di esperienze da lui vissute, che per comodità chiama «Diari», scelte per esemplificare le varie teorizzazioni e per avvalersi anche della conoscenza diretta, del viaggio, del contatto con altre culture o con le proprie radici più profonde. Nella sua vita lavorativa, ha avuto la fortuna di fare molte esperienze, ognuna delle quali ha influito molto sulla sua formazione e sull’elaborazione delle teorie che seguiranno. Tramite il racconto dei primi tre Diari, Petrini spiega la situazione e le condizioni del mondo agricolo e della produzione dal secondo dopoguerra. Sono tre fotografie complesse del cambiamento avvenuto a livello sociale, economico e culturale, che non trova precedenti nella storia, evidenziando gli effetti collaterali del processo di industrializzazione, processo che ha dapprima sensibilmente migliorato la qualità della vita di milioni di persone, quasi tutte residenti in quello che si definisce Nord del mondo, generando il cosiddetto «sviluppo» che non ha però tardato a palesare enormi limiti, creando situazioni che in epoca di globalizzazione, ossia nel postindustriale, appaiono difficilmente tollerabili ancora a lungo dal sistema-mondo; in una parola, sono insostenibili. Connessa al processo di industrializzazione, in poco più di un secolo si è progressivamente instaurata una sorta di dittatura tecnocratica in cui il profitto prevale sulla politica, l'economia sulla cultura e la quantità è il principale metro di giudizio per le attività umane. Petrini cita ciò che Edgar Morin, filosofo e sociologo francese, definisce il «quadrimotore» che spinge il «vascello spaziale Terra»: quattro motori connessi gli uni agli altri che conducono «una marcia cieca e sempre più accelerata». Si tratta di scienza, tecnica, industria ed economia capitalista. È un quadrimotore invasivo e pervasivo, perché il processo di industrializzazione non si è fermato ai manufatti e ai beni di consumo, ma è entrato come fattore culturale nella vita quotidiana degli uomini, condizionandone ogni attività. L'agricoltura, da fonte di cibo per l'umanità, ha dovuto assumere i colori, le caratteristiche e le misure del settore industriale classico, trasformandosi in ciò che si definisce comunemente agroindustria: un termine infelice, che nasconde in sé tutte le contraddizioni del caso. Le teorie economiche hanno cercato di introdurre il concetto di esternalità negative, per quantificare in qualche modo i danni collaterali che il «quadrimotore» ha arrecato alla società: inquinamento, morte dei suoli, sfregio dei paesaggi, riduzione delle fonti di energia, perdita di diversità biologica (biodiversità) e culturale. Il quadro è davvero drammatico e il rapporto ha spinto il direttore generale della Fao, Jacques Diouf, a parlare di ipoteca sul futuro e di soglie dell'estinzione di massa: «negli ultimi cinquant'anni gli uomini hanno cambiato gli ecosistemi più velocemente ed estensivamente che in ogni periodo comparabile della storia dell’umanità, soprattutto per andare incontro alla rapida crescita della domanda di cibo, acqua, legname, fibre e carburante. Ciò ha provocato una sostanziale e largamente irreversibile perdita in diversità della vita sulla terra» (p.30). Il prelievo dell'acqua rispetto al 1960 è raddoppiato e il 70% del suo uso è destinato all'agricoltura. Sempre dal 1960 l'immissione di nitrati negli ecosistemi è raddoppiata, quella di fosfati triplicata. Dopo il 1985 è stata utilizzata più della metà dei fertilizzanti chimici mai prodotti nella storia dell'uomo; vale a dire a partire dalla loro invenzione a cavallo del XIX e XX secolo. Dal 1750 la concentrazione nell'atmosfera di diossido di carbonio è aumentata del 32%, soprattutto a causa dell'utilizzo di combustibili fossili e dei cambiamenti di destinazione d'uso della terra (per esempio, deforestazione). La produzione aumenta, le terre coltivate si espandono, il 22% della popolazione mondiale si dedica all'agricoltura, ma il cibo prodotto per dodici miliardi di persone in realtà non è sufficiente per i sei miliardi, si stima che circa il 30% del cibo globalmente prodotto non raggiunga la tavola di nessuno. Di questo il 30% viene sprecato nelle case, mentre il resto si perde nelle fasi precedenti: i campi, la trasformazione, il packaging, la distribuzione. Il cibo e la sua produzione devono quindi riguadagnare la giusta centralità tra le attività umane, e i criteri che guidano le nostre azioni vanno ridiscussi. Petrini a riguardo dice: «già da tempo non è più la quantità di cibo prodotto, bensì la sua qualità complessa, che va dal gusto alla varietà, dal rispetto per l'ambiente, gli ecosistemi e i ritmi della natura in generale, a quello per la dignità umana. Perché il passo di ulteriore consapevolezza che ci attende ora è di capire che lo spreco non è un incidente di percorso, ma un elemento funzionale a un certo tipo di scelte produttive. Senza sprecare, il sistema che negli ultimi decenni ha dominato in ambito agroalimentare (monocolture, industrializzazione, grande distribuzione, alimentazioni squilibrate) non funzionerebbe. Così come non funzionerebbe senza inquinare, senza ammalare, senza danneggiare. Quel “cibo" lo possiamo avere solo a queste condizioni. È questa la presa di coscienza più importante degli ultimi anni» (p.35). Risulta quindi urgente pensare a nuove forme di agricoltura, a una vera «nuova agricoltura», a metodi sostenibili che sappiano ripartire da quel poco che non sia ancora stato cancellato dai metodi agroindustriali: biodiversità, saperi e metodi antichi. Non si tratterebbe di un ritorno al passato, ma piuttosto di una ripartenza dal passato. Solamente con una nuova agricoltura sostenibile e rispettosa tanto della tradizione millenaria quanto delle moderne tecnologie (che di per sé non sono il male, dipende dall'uso che se ne fa) si potrà aprire uno spiraglio per il futuro. 2 Topic: KM0 Università degli studi di Ferrara, Laboratorio di Sintesi Finale A - Insegnamento di Ecodesign, a.a. 2018/2019 quindi un’industria alimentare che dialoghi con i metodi di trasformazione e con la cucina popolare, una scienza agronomica moderna che dialoghi con l’agroecologia e con i saperi contadini, una ricerca scientifica che non vada soltanto nella direzione del produttivismo ma si metta al servizio delle comunità produttrici e dell’agricoltura di piccola scala. Poiché la nuova gastronomia è materia quanto mai complessa, non può non prescindere dalla “lentezza”, invitando a rallentare sprona a guardarsi intorno con più interesse: il movimento Slow Food ha fatto della lentezza la sua bandiera, dichiarandolo sin dagli inizi del suo Manifesto. «La velocità è diventata la nostra catena, tutti siamo in preda dello stesso virus: la fast life, che sconvolge le nostre abitudini, ci assale fin nelle nostre case, ci rinchiude a nutrirci nei fast food» (p.235). Sulla base dell’esperienza del primo meeting "Terra Madre”, svoltosi a Torino presso il Palazzo del Lavoro, nell’ottobre del 2004, Petrini espone l’importante tema della “rete gastronomica” nel quinto ed ultimo capitolo del libro dal titolo “Realizzare”. Terra Madre aveva come idea di fondo quella di riunire un numero consistente di persone da tutto il mondo in un unico luogo, persone definite “gli intellettuali della terra”: contadini, pescatori, artigiani e soggetti impegnati nella produzione di cibo buono, pulito e giusto. Rendendo così possibile l’incrociarsi di diverse esperienze e culture, che non facilmente di sarebbero incontrate nei loro percorsi, per costituire una rete tra le comunità del cibo. Una rete di sentimenti, aspirazioni, saperi e persone, che rimetta il cibo al centro dell’esistenza. Una rete pragmatica, che si sforza di comunicare il più possibile e dalla quale può sorgere la progettualità, la capacità di realizzare le idee. Oggi purtroppo questa rete del cibo non funziona a dovere poiché si sono inseriti elementi di distorsione (perdita di saperi, di biodiversità, impossibilità a comunicare, insostenibilità) e di antidemocraticità (concentrazione dei poteri economici e delle attività produttive, massificazione e omologazione del gusto, impedimento sensoriale). L'idea che il gastronomo intenderà proporre è dunque quella di riattivare la rete, ampliandola e rafforzandola nel rispetto della scienza gastronomica, dei saperi tradizionali, della dignità umana, secondo il nuovo e preciso concetto di qualità. All’obbiettivo di garantire la circolazione dei saperi all’interno della rete, si sovrappongono immediatamente altri due fattori: da un lato l’esigenza di coniugare le discipline gastronomiche in una modulazione tra saperi tradizionali e scienza moderna, il “ dialogo tra regni”; dall’altro l’esigenza di aprire la propria visione a una sfera ben più ampia rispetto al solo alveo gastronomico, nel momento in cui la rete si espande ed entra in sistema con altre reti. Petrini sostiene che «È necessaria una visione culturale che definirei olistica per la rete dei gastronomi: una visione che, esattamente come si fa per riscattare la gastronomia dall’ambito folcloristico in cui è stata relegata, tiene in medesima considerazione gli altri aspetti delle culture popolari» (p.277). Uno degli attuali limiti del sistema agricolo, tanto a livello globale quanto a livello locale, è quello dei sistemi distributivi. Oggi un alimento può viaggiare da una parte all’altra del globo e in molti casi ciò è addirittura indispensabile, se si pensa ai prodotti di largo consumo. Tuttavia questa facilità di trasporto, unita a quella di conservazione, ha fatto si che in molte zone si abbandonassero certe coltivazioni poiché non più in grado di reggere la concorrenza di altri luoghi; che si modificassero le selezioni naturali in virtù di parametri industriali dannosi per la biodiversità; che non si mettesse in conto l’impatto ambientale. Il problema della riorganizzazione nella distribuzione del cibo diventa quindi un nodo centrale da risolvere per restituire al sistema agricolo le caratteristiche di bontà, pulizia e giustizia che richiedono i gastronomi e i produttori di tutto il mondo. Si tratta di introdurre il concetto nuovo di qualità sostenibile come condizione preliminare a qualsiasi tipo di operazione, senza rifiutare la figura del commerciante, quindi di sfruttarne le potenzialità come nel “dialogo tra regni”, sempre rimanendo consci dei limiti. Un progetto di distribuzione alternativo così come è stato auspicato in precedenza, deve appoggiarsi alla rete; non bastano i principi, bisogna pensare a come metterli in pratica. Risulta difficile appoggiarsi a sistemi distributivi già esistenti, anche se è vero che ne esistono di più sensibili ai temi della sostenibilità e del consumo locale. Carlo Petrini, nelle pagine finali del suo articolato lavoro, termina convinto che bisognerebbe impegnarsi a farsi soggetti attivi di questa distribuzione, spiega come un nuovo commercio: pochi intermediari, preferenza per i consumi a livello locale, introduzione di elementi informativi e neoeconomici, come le “food miles” (o miglia alimentari, si ricavano dal calcolo dei costi ambientali e di tutte le esternalità negative relative al viaggio commerciale di un prodotto), troverebbe nella rete di soggetti consapevoli un terreno molto fertile. Questa rete va alimentata con l’incontro, il viaggio, il contatto diretto e profondo con altre culture per diffondere nel modo migliore un nuovo modo di pensare comune. CONCLUSIONE E COMMENTO PERSONALE Buono, pulito e giusto ha smesso quindi di essere un riferimento bibliografico, il titolo di un libro, per diventare uno slogan: di fatto è il modo più rapido ed efficace di descrivere una piccola parte della corrente produzione alimentare e quasi un “dover essere” che appare sempre meno utopico. Così quel titolo è diventato anche un programma, in cui Slow Food, come associazione, come movimento e come corrente culturale ha avuto un ruolo determinante. L’attività di Slow Food, partendo dal cibo, ricerca una nuova armonia all’interno del sistema produttore-consumatore, affronta in modo olistico questioni come quelle ambientali e sociali, spesso trattate in modo separato, sia a livello scientifico che politico. A partire da quella triade di aggettivi si è costruito un linguaggio comune, dove l’attenzione alla sostenibilità viene sentita in modo concreto. Lo conferma Franco Fassio, 5 Topic: KM0 Università degli studi di Ferrara, Laboratorio di Sintesi Finale A - Insegnamento di Ecodesign, a.a. 2018/2019 docente di Ecodesign della Gastronomia presso l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo: «È un’attenzione crescente frutto di ricerca teorica e applicata. Ad esempio, tutti gli arredi della mensa dell’Università sono ecosostenibili. Per evitare lo spreco di cibo l’approvvigionamento è ‘mirato’ grazie a una politica di sconti rispetto al momento dell’ordinazione: prima ordini, meno paghi. E abbiamo introdotto le doggy-bag. C’è un concetto dietro a tutto questo, un approccio olistico-sistemico al ‘sistema mensa’». A tal proposito per comprendere ciò che potrebbe essere il ruolo del progettista oggi, si può fare riferimento ad un progetto nato nel 2013 dalla ricerca degli studenti del corso “Approccio Sistemico alla Gastronomia” dell’Unisg, con il supporto di Comieco (il Consorzio Nazionale Recupero e Riciclo degli Imballaggi a base cellulosica), ovvero il sito "Systemic Food Design", uno strumento interattivo con finalità sia divulgative che comunicative, per il miglioramento della sostenibilità delle filiere agroalimentari. Permette di comprendere la complessità delle produzioni agroalimentari lungo tutta la filiera e di molte connessioni “causa-effetto” di cui spesso è difficile rendersi conto: dalla produzione al confezionamento, alla vendita, approfondire e riflettere, passo dopo passo, su ogni aspetto che la produzione di cibo di qualità richiede. Basandosi sui dettami del “Design Sistemico” infatti, il Systemic Food Design si delinea come una vera e propria disciplina che applica questi principi al mondo del “food” nella sua totalità. Un sistema in cui, attraverso un approccio olistico, ogni scelta determina ricadute, effetti e l’instaurazione di relazioni di valore all’interno del sistema agroalimentare, o come la definirebbe Petrini “rete gastronomica”. La sostenibilità è quindi un approccio etico allo sfruttamento delle risorse, l’approccio “ecologico” al design può, con specifiche di progettazione basate su criteri di efficienza delle risorse e dei materiali, ridurre per l’80% l’impatto ambientale che i prodotti connessi all’energia hanno lungo il loro ciclo di vita, contribuendo anche all’economia circolare. Questo perché agire sulla durabilità, la riparabilità, la possibilità di aggiornamento, ma anche sul potenziale di condivisione, riciclo e riuso di questi prodotti, riduce sensibilmente la quantità di rifiuti. Il consiglio di Carlo Petrini, interrogandosi dieci anni dopo la scrittura del libro, è quello di informarsi più a fondo, di essere astuti, poiché il “diluvio” che metaforicamente descrive nel libro non è terminato, è piuttosto tramutato in una “pioggerellina persistente” alla quale ci si potrebbe abituare se si rimanesse confinati al riparo delle proprie abitudini e dei propri privilegi. Il diluvio si è mimetizzato, è diventato molto abile a cogliere i segnali e i desideri di cambiamento e a fingere di soddisfarli (come esempio si potrebbe pensare a tutti gli stili di grafica pubblicitaria che imitano l’”artigianalità” e quindi l’”ecosostenibilità” dei prodotti, ma che di “buono, pulito e giusto” non hanno niente). La chiave dei prossimi anni deve riequilibrare questa situazione, e dovrà essere quella del locale. È un concetto che si è rapidamente evoluto in questi anni, ha preso nuova consistenza ed è l’unica dimensione nella quale il cittadino può davvero avere un ruolo, può esercitare il suo diritto-dovere a modificare i meccanismi ingiusti e dannosi, tutelando il patrimonio di biodiversità locale. Bibliografia essenziale Petrini Carlo, Cibo e libertà. Slow Food: storie di gastronomia per la liberazione, Giunti-Slow Food editore, Firenze- Bra 2013 Petrini Carlo e Gigi Padovani, Slow Food. Storia di un'utopia possibile, Giunti/Slow Food editore, 2017 Petrini Carlo, Terra madre. Come non farci mangiare dal cibo, Giunti-Slow Food editore, Firenze-Bra 2009 Bistagnino L., Design sistemico: progettare la sostenibilità produttiva e ambientale, Bra, Slow food, 2009 Petrini Carlo e Sepùlveda Luis, Un’idea di felicità, Guanda-Slow Food Editore 2014. Pieroni O., Fuoco, acqua, terra e aria. Lineamenti di una sociologia dell’ambiente, Roma, Carocci, 2001 Petrini Carlo e Gigi Padovani, Slow Food Revolution, Rizzoli, 2005 Petrini Carlo, Slow Food. Le ragioni del gusto, Laterza, 2001 6
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