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Carlo V: storia e vita del più importante uomo politico del Cinquecento, Dispense di Storia

Chi fu Carlo V e perché sognò di unire l'Europa sotto di sé e sotto Cristo: ascesa e caduta di un sognatore guerrafondaio

Tipologia: Dispense

2022/2023

In vendita dal 12/04/2023

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Scarica Carlo V: storia e vita del più importante uomo politico del Cinquecento e più Dispense in PDF di Storia solo su Docsity! APPUNTI DI STORIA- CARLO V E IL SUO IMPERO (Capitolo 18) Quando viene incoronato imperatore del Sacro Romano Impero, il 19enne Carlo d’Asburgo assume il comando di un già vastissimo territorio: ha infatti ereditato per parte di padre, Filippo d’Asburgo, i territori degli Asburgo d’Austria e della Borgogna e, per parte di madre (Giovanna d’Aragona), i territori spagnoli sul continente europeo e le amplissime colonie in America Latina (dall’attuale Messico al Cile) e, tramite l’elezione a imperatore, ottiene il controllo dei territori tedeschi e italiani del Sacro Romano Impero. È abbastanza facile capire come, ad appena 20 anni, Carlo V Asburgo sia già il più potente signore del suo tempo. Dato l’immenso potere territoriale nella mente dell’asburgico si insinua un’idea: riunificare l’intera Europa sotto un unico credo (il cattolicesimo) e un unico sovrano, un progetto mai riuscito in Europa dai tempi del primo imperatore del Sacro Romano Impero Carlo Magno (IX secolo). Tuttavia, i tempi sono cambiati e sorgono vari problemi ad ostacolare il progetto imperiale, sia interni sia esterni: tra i problemi interni più noti vi è la continua necessità di risorse fiscali che lo costringono a indebitarsi in modo sempre più gravoso con banchieri tedeschi e italiani (soprattutto genovesi e fiorentini) e a pressare continuamente i propri sudditi del Vecchio Continente. Dinanzi all’esagerata e continua pressione fiscale da parte di Aquisgrana i sudditi europei non restano a guardare: durante il dominio di Carlo V (1520-1555), egli sarà continuamente costretto ad adoperare l’esercito per mantenere la pace interna e a reprimere le numerose sacche di rivolta venutesi a creare, delle quali sono degne di nota la rivolta dei comuneros di Castiglia, scoppiata tra il 1521 e il 1522 e definitivamente placata solo nel 1538 e le continue rivolte nei territori fiamminghi (Bruxelles 1532, Gand 1538-39). Queste continue rivolte e le pressanti minacce esterne della Francia di Francesco I portano il sacro romano imperatore a una riforma e un ampliamento dell’esercito dove alla base mercenaria dei lanzichenecchi vengono aggiunti reparti di fanteria regolari provenienti dalla Spagna e dalla Borgogna: i cosiddetti “tercios”. CARLO V E LE MINACCE ESTERNE: FRANCESCO I parte 1 (1520-1529) Come già detto nel paragrafo precedente, la principale e continua minaccia esterna prende il nome del re di Francia Francesco I, già avversario dell’asburgico nella “campagna elettorale” nonché rappresentante dei valori del principe rinascimentale: di bell’aspetto, colto, mecenate (la protezione data a Leonardo Da Vinci porterà all’acquisizione della Gioconda nel patrimonio monarchico francese), ottimo ballerino e cavallerizzo. Lo scontro ideologico e elettorale tra i due si trasferirà, dopo il 1520, sul campo di battaglia. Oggetto di contesa è il Ducato di Milano, territorio strategico perché consentirebbe all’imperatore di collegare l’area tedesca dell’impero con il Sud Italia (tradizionalmente in mano alla Spagna sin dal Medio Evo): il territorio meneghino è tuttavia in mano alla Francia, come stipulato dalla Pace di Noyon (1516). La tensione internazionale tra le due potenze sfociata in guerra aperta nel 1521 si risolverà con la vittoria imperiale nella Battaglia di Pavia (1525) dove il re francese non è solo sconfitto ma anche catturato e condotto a Madrid: sarà liberato solo un anno più tardi, in cambio della firma sul Trattato di Madrid e la conseguente rinuncia da parte della Francia alle proprie mire su Ducato di Milano (già occupato dalle truppe imperiali) e Borgogna. Neanche a dirlo, Francesco I non tiene fede alle proprie promesse e rilancia il guanto: fonda infatti un’alleanza militare anti-imperiale con Firenze, Venezia, Enrico VIII d’Inghilterra e lo Stato della Chiesa dell’allora pontefice Clemente VII (de’ Medici), nota con il celeberrimo nome di Lega di Cognac. La partecipazione a questa lega del pontefice è vissuta come un affronto personale dal cattolicissimo Carlo V: si sente tradito dal Papa, cui aveva offerto il proprio appoggio contro la Riforma di Martin Lutero; decide dunque di calare in Italia con un esercito di 12.000 lanzichenecchi, quasi tutti di fede luterana, che obbligheranno i comandanti dell’esercito a marciare su Roma e a saccheggiare la città eterna il 6 maggio 1527: è il Sacco di Roma, l’evento che secondo molti storici e letterati segnò la fine del Rinascimento maturo e l’inizio del cosiddetto “Autunno del Rinascimento”. Il saccheggio, avvenuto all’oscuro dell’imperatore, sarà comunque sfruttato da Carlo V per il raggiungimento dei suoi scopi: in cambio della destituzione del neo-formato governo repubblicano a Firenze e la conseguente restaurazione del potere mediceo, il Papa (che era un Medici, ricordiamolo) si impegnava a riconoscere l’autorità imperiale di Carlo V e a incoronarlo imperatore, cosa che avverrà nel febbraio 1530 a Bologna e, come da patti, nell’agosto dello stesso anno le truppe imperiali e papali pongono fine alla breve esperienza repubblicana di Firenze, riconsegnando il potere ai Medici. Adesso resta solo una pace da firmare: quella con Francesco I, ratificata il 3 agosto 1529 con la Pace di Cambrai ( o Pace delle “Due Dame”, poiché negoziata da Margherita d’Asburgo e Luisa di Savoia, rispettivamente zia dell’imperatore e madre del re di Francia): l’imperatore rinuncia alla Borgogna e il re di Francia all’Italia, alle Fiandre e all’Artois. CRISI INTERNE: CONTRO I LUTERANI (1526-1532) Mentre l’imperatore è in lotta contro il regno di Francia, i territori tedeschi dell’Impero sono sconvolti dalla Riforma Luterana, ben presto tradottasi in guerra civile (rivolta dei contadini, 1525). I principi tedeschi, seppur usciti vittoriosi dalla repressione della rivolta contadina sono divisi a metà dalla fede religiosa: dai molti legati alla fede cristiana se ne staccano alcuni (in particolare Assia e Sassonia) nettamente convinti delle idee luterane. Per cercare di sistemare la situazione, Carlo V convoca tre Diete (le assemblee dei principi tedeschi) dal 1526 al 1530, due a Spira e una ad Augusta, volendo ottenere la ratifica della condanna di Lutero, già decisa dalla Dieta di Worms del 1521. Contro questa decisione, sei principi filo-luterani e sedici città tedesche protestano contro l’imperatore: i protestanti (così da allora saranno noti gli adepti ai culti riformati) si accordano, formando una Lega politico-militare in funzione di difendersi da un tentativo di distruzione mosso loro dall’imperatore. L’alleanza luterana è la Lega di Smacalda del 1532: contro i protestanti, Carlo V non interviene al momento, poiché preoccupato per le nuove minacce esterne: i Turchi e nuovamente la Francia. MINACCE ESTERNE E INTERNE: I TURCHI E LA FRANCIA (1532-1555) I Turchi Negli anni Venti del XVI secolo l’egemonia turca sull’Europa Orientale si è rafforzata sempre di più: grazie al sultano Solimano Il Magnifico l’esercito musulmano conquista l’Ungheria e giunge alle porte di Vienna nel 1529, mettendola sotto assedio ma non riuscendo ad espugnarla, grazie al tempestivo intervento delle truppe imperiali, capitanate da Ferdinando d’Asburgo, fratello dell’imperatore. Nel decennio successivo, Carlo V tenta ripetutamente di soffocare l’espansione turca, colpendoli varie volte ma mai in modo definitivo: la principale vittoria riportata dalle truppe cristiane, coalizzate nella Lega Santa (Papa Paolo III, Carlo V, repubbliche marinare di Genova e Venezia), avviene nel 1535 nella Battaglia Navale di Tunisi, con la quale i cristiani strappano il controllo della città nordafricana ai Turchi, seppur per poche settimane: la ben più potente flotta di Kahir-ad-Din detto “Barbarossa” riconquista la città e sconfigge in modo praticamente definitivo la Lega Santa nel 1538. Assai più preoccupanti sono i contatti tra i francesi e il sultano in funzione di sconfiggere l’imperatore: questi contatti, rafforzati nel 1536, sono molto negativi perché mostrano la spregiudicatezza della diplomazia europea. Fortunatamente questi contatti intensi non si concretizzarono mai in un attacco diretto ai domini asburgici o a quelli spagnoli. Contro la Francia Forte dell’alleanza con la potenza egemone nel Mediterraneo, Francesco I si appresta dunque a riprendere le ostilità contro l’Impero: obiettivo del francese è, come sempre, il Ducato di Milano. La guerra si trascina a fasi alterne per circa un decennio, terminando nel 1544 con la Pace di Crépy che sostanzialmente riconferma le clausole territoriali stipulate a Cambrai e impone al re di Francia di cooperare con l’Impero al fine di persuadere il Papa a indire un concilio ecumenico dove si possa giungere ad un compromesso per riportare i protestanti nel seno dell’ortodossia, anche con un eventuale ricorso alla forza militare. Davanti alla pressione congiunta di Francia e Impero, papa Paolo III Farnese indice nel dicembre del 1545 il Concilio di Trento, principale strumento della Controriforma cattolica.
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