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Carpaccio e il ciclo di S. Orsola (parte quarta), Appunti di Storia del Teatro e dello Spettacolo

Il telero che divide esattamente in due il ciclo, è importante per la storia del teatro perché contiene una serie di indizi ed elementi di capitale importanza. E’ il telero centrale, tra tutti gli altri, che divide in due i tre teleri che abbiamo analizzato prima, che nella lezione precedente riguardavano l'ambasceria e che richiamavano alle rappresentazioni laiche dette momarie e di carattere matrimoniale, le divide dalla seconda parte del ciclo, dove invece la rappresentazione di rimando indir

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 17/03/2021

lorella16
lorella16 🇮🇹

3.3

(4)

49 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Carpaccio e il ciclo di S. Orsola (parte quarta) e più Appunti in PDF di Storia del Teatro e dello Spettacolo solo su Docsity! Carpaccio e il ciclo di S. Orsola (parte quarta) è il telero centrale sulla parete di fronte a quella di ingresso, è il telero che divide esattamente in due il ciclo, è importante per la storia del teatro perché contiene una serie di indizi ed elementi di capitale importanza. E’ il telero centrale, tra tutti gli altri, che divide in due i tre teleri che abbiamo analizzato prima, che nella lezione precedente riguardavano l'ambasceria e che richiamavano alle rappresentazioni laiche dette momarie e di carattere matrimoniale, le divide dalla seconda parte del ciclo, dove invece la rappresentazione di rimando indirettamente, è quella degli eventi sacri, quindi le Sacre rappresentazioni e il racconto sempre della Leggenda Aurea. Ma oltre a dividere in due la parte dell'ambasceria da quella della peregrinazione di carattere più sacra, che si rifà non alle momarie, ma alle Sacre rappresentazioni, il dipinto a sua volta è diviso in due e riproduce più episodi, divisi in due aree ben distinte. Se lo leggiamo partendo da sinistra verso destra, proseguendo il nostro viaggio ipotetico in mezzo ai teleri, il dipinto rappresenta nella parte di sinistra, il congedo di Ereo dalla corte d'Inghilterra e la partenza per raggiungere Orsola e per recarsi dal Papa a Roma, nella parte di sinistra, è rappresentato il congedo di Orsola dalla corte bretone e anche lei per recarsi a incontrare il futuro sposo Ereo e recarsi con lui dal Papa. Vediamo di nuovo l'immagine e poi andiamo a commentarla più da vicino. Partendo da sinistra vediamo il commiato del principe Ereo dalla corte d'Inghilterra e che si tratti di una corte pagana, Carpaccio ce lo fa sentire con questa ambientazione naturale e poco urbanizzata, con luoghi ed edifici rupestri arcigni e di contro, all'altra parte del dipinto, dove invece è ambientato il commiato di Orsola dalla corte bretone, corte cristiana e l'ambientazione è quella tipica veneziana, come nei dipinti precedenti, vediamo qui le tipiche architetture veneziane dell'epoca ed è rappresentata l'immagine della civiltà, da un lato il mondo pagano rupestre, incolto e naturale, dall'altro lato, invece la civilizzazione, la cultura che rappresenta il mondo cristiano. Se guardiamo più da vicino i particolari vediamo. per esempio. che l’asta centrale che divide in due il dipinto, oltre ad avere il cartiglio con cui viene ufficializzato che l'autore del dipinto e quindi di tutto il ciclo è Vittore Carpaccio e l'anno in cui è stato realizzata l'opera, Carpaccio si premura di raffigurare uno scorpione che è il simbolo dei cattivi presagi, lo scorpione che piega verso la nave che dovrà recarsi a Colonia e dove sulla vela leggete al contrario una scritta malo, anche questa indice di cattivi presagi, è stata sciolta con l'indicazione ‘’Malo mori quam foedari’’, meglio morire che essere infedeli. Lo scorpione che è anche il simbolo di Marte astrale di Marte, pronostico di disavventure e di viaggi sfortunati. Un altro particolare estremamente interessante, se guardiamo verso sinistra, è la figura dell'indicatore con questa toga rossa e probabilmente è raffigurante un patrizio della famiglia Loredan, committenti principali dell'Opera e vediamo anche in questo caso il didaskalos, l'indicatore rappresentazioni. Vediamo più in particolare adesso, di capire qual è la simbologia dello stemma di questa compagnia, perché se sciogliamo alcuni elementi riguardanti lo stemma, capiamo meglio anche il senso dell'intero ciclo pittorico e perché è così interessante per la storia del teatro. Vi ho riprodotto nuovamente l'immagine per comodità e ingrandendo il disegno dello stemma degli zardinieri. Se guardate attentamente lo stemma, vedrete che lo stemma raffigura un giardino con sopra due lettere F e Z, che stanno per fratres zardinieri, appunto la compagnia della Calza degli zardinieri che se lette insieme alle lettere S.A, che compaiono sulla calza del personaggio, ci indicano alcune cose importanti. S.A sta per societas amicorum e indica a quale tipo di sodalizio il giovane aristocratico apparteneva. Lo stemma raffigura un giardino con sopra un cielo scoppiettante di folgore e il motivo del cielo scoppiettante di folgore, allude alla voce di Dio, anzi nella tradizione geroglifica risalente ad ora Apollo esso è immagine di Dio ( la nascita della scienza dei geroglifici culmina a Venezia tra quattro e Cinquecento e al punto più alto di questa evoluzione si colloca l'opera di Francesco Colonna, Hypnerotomachia poliphili, stampata a Venezia da Aldo Manuzio nel 1499), si tratta di un indizio particolarmente interessante perché ci consente di dire che le compagnie della Calza, in particolare questa compagnia della Calza degli zardinieri, che avrà tanta importanza, per quanto riguarda lo spettacolo rinascimentale, organizzando spettacoli ed eventi performativi di vario genere, esisteva già a partire dal Quattrocento, ma se guardiamo meglio e più attentamente lo stemma di questa compagnia, capiamo meglio il significato di questo simbolo e capiamo meglio anche l'importanza della compagnia degli zardinieri per l'intero ciclo. Questo giovane aristocratico posto al centro del quarto telero e che a sua volta è centrale rispetto a tutto il ciclo, porta con sé questo stemma degli zardinieri, mostrandolo in bella vista e questo stemma risulta il centro di tutto il ciclo di dipinti e ci rivela come mai alla compagnia degli zardinieri competa un ruolo tanto centrale all'interno di tutta l'opera. Se guardate lo stemma vedete che c'è il classico hortus clausus di carattere sacro, ormai divenuto hortus giardino di carattere profano, simbolo aristocratico della separazione e dell’esclusione, dove una cerchia di spiriti eletti si apparta a coltivare le proprie virtù, quindi la metafora edenica che si trasforma in realtà praticabile del locus voluptatis, dove le eleganze intellettuale si intrecciano al corteggiamento erotico, pensate al giardino d'amore di Schifanoia a Ferrara, capostipite di tanti altri e giardini incantati dell'Ariosto e del Tasso. Siamo di fronte a un giardino come luogo dove si coltivano le virtù e al centro di questo giardino troviamo il lilium vitae, l'albero della vita e con un cartiglio dove è scritto:’’ florevo prospiciente Deo’’. Accanto al lilium vitae, vedete la figura di una dama che tiene in mano un rastrello che serve per dividere le buone dalle cattive sementi e manca invece la figura tipica del gentiluomo, che viene raffigurata spesso all'interno del giardino. Dobbiamo immaginare che manchi, perché sia lo stesso giovane che porta l'insegna, lo stemma con la raffigurazione del giardino, ad essere il gentiluomo. Che cosa sta a rappresentare? L'insegna vorrebbe testimoniare la virtù di cuiil gentiluomo si dichiara portatore. Questo giovane con l'aiuto della dama che divide le cose buone da quelle cattive e che insegna far fiorire al cospetto divino le proprie virtù, è il portatore di queste virtù stesse nel tentativo di organizzare divertimenti, che però servano per elevare, quindi coltivare le virtù dei sensi come elevazione spirituale, l'ideale cavalleresco di spiritualizzazione nell'esperienza mondana. Nello stemma della compagnia degli zardinieri possiamo leggere il passaggio da una cultura medievale religiosa ad una cultura umanistico mondana, tipica della mentalità cavalleresca e l'orto giardino si sarebbe trasformato in una sorta di perimetro di spazio teatrale, un teatro dove recinto si fa luogo di totale finzione, quindi dall' hortus clausus a Locus amoenus, alla nascita dello spettacolo come momento di trasformazione di quest'ultimo, il recinto ludico festivo e quindi il luogo teatrale, il luogo rappresentativo. L'emblema degli zardinieri collocato al centro del dipinto e dell’intero ciclo, sembrerebbe leggendolo e sciogliendo il significato simbolico che racchiude, costituire la prova dello stretto rapporto tra i committenti del ciclo, la famiglia Loredan e i loro giovani che facevano parte di queste compagnie della Calza, che dovevano organizzare per la Repubblica i divertimenti, in particolare lo spettacolo, quindi come organizzatori di eventi spettacolari, del quale la serie di dipinti tramanda in un qualche modo il ricordo, mescolando sacre e laiche rappresentazioni come ricordi per narrare la vicenda della Santa, tramandata dalla Legenda Aurea di Jacopo da Varagine. Va detto che queste compagnie di giovani aristocratici, ai quali era delegato il compito di organizzare feste ed intrattenimenti per la Repubblica Serenissima e che organizzarono tra fine Quattrocento e i primi del Cinquecento, prevalentemente sfilate e rappresentazioni sacre e laiche di carattere trionfale, cortei e che poi per tutto il 500, invece, vedremo protagonisti sia nell'organizzazione che anche nella realizzazione e anche spesso come attori dilettanti all'interno di spettacoli, di messinscene, di commedie plautine e terenziane , o anche di commedie cinquecentesche da Machiavelli all’Aretino e altri autori della commedia rinascimentale e poi anche barocca, queste compagnie della calza, nella Venezia dell'epoca, spesso utilizzavano accanto alle chiese, alla piazza, nel passaggio dal cortile alla sala, alla chiesa, ai campi e alle piazze, utilizzavano come luoghi di intrattenimento, proprio nella Venezia dell'epoca, i giardini stessi che era consuetudine diffusa utilizzare come spazi della rappresentazione. Se voi guardate Venezia, spesso giardini non li vedete, ma molti palazzi al proprio interno hanno dei bellissimi giardini che come cortili, venivano usati per le rappresentazioni. Questi telero rappresenta l'arrivo degli sposi a Colonia con le undicimila vergini e il Papa che li accompagna e l'incontro con Attila, re degli Unni, barbaro e pagano, che si innamora della bellissima Orsola, che deciderà di chiederle la mano e al suo rifiuto, ucciderà lei, Ereo, il Papa e le vergini. Nel dipinto successivo, che adesso vediamo, non mi soffermo, perché le cose più importanti le abbiamo dette e riguardano la prima serie di dipinti e il dipinto centrale con lo stemma dei compagni zardinieri, passiamo velocemente al dipinto successivo. Siamo ormai nella parte del ciclo pittorico che si rifà alla peregrinazio, alle sacre rappresentazioni e in particolare questo telero, che avete appena visto, è il telero in cui c'è Il martirio della Santa, l’uccisione di Sant'Orsola, che viene sacrificata insieme alle 11.000 vergini, al papà e a Ereo, per aver rifiutato la mano di Attila, il re pagano degli Unni, che con un colpo di freccia, come narrato nella vicenda Aurea di Jacopo da Varagine, trafigge anche Sant'Orsola. Il dipinto è diviso in due, da sinistra verso destra, la parte di sinistra, rappresenta l’uccisione e il martirio della santa e delle vergini, nella parte di destra vediamo i funerali di Sant'Orsola, con seduta sugli scalini, la nutrice che avevamo trovato nel secondo telero e i funerali, per altro non sono presenti in molti altri racconti e testimonianze della leggenda di S.Orsola, ma invece vengono raffigurati in questo splendido dipinto del Carpaccio. Quest'ultimo telero è la pala d'altare, che è collocata nella parete da cui si entra nella galleria dell'Accademia ed è l'ultimo dei nove teleri di Carpaccio, che rappresenta l'apoteosi della Santa. Apoteosi che veniva realizzata con straordinari ingegni, con macchinari che facevano sì, che la Santa volasse al cielo e che ha anch’essa tutta una serie di indizi Interessanti: le figure dei personaggi che guardano verso l’esterno, sono ritratti di personaggi importanti, ma ripeto, non ho fatto un analisi iconografica di questi dipinti, dal punto di vista dell'arte, ho cercato di soffermarmi su quegli elementi che ci interessano maggiormente, per quanto riguarda la storia del teatro e che descrivono bene questo momento di passaggio dal Medioevo a Rinascimento di epoca Umanistica, dove assistiamo a questa mescolanza di tipologie diverse di rappresentazione. Possiamo dire che questo straordinario ciclo oltre a raccontare la storia di questa Santa, immaginando le Sacre rappresentazioni e le rappresentazionilaiche, a cui Carpaccio aveva sicuramente modo di assistere nella Venezia dell’epoca, costituisce un documento importantissimo per la storia del teatro, per tutta quella serie di indizi che riguardano le compagnie della Calza come grandi organizzatori e promotori e realizzatori di spettacolo, che vedremo attivi per tutto il Cinquecento nella Venezia Rinascimentale.
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