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cena di trimalchione, Appunti di Latino

appunti di letteratura latina utili per la preparazione alla maturità

Tipologia: Appunti

2017/2018
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Caricato il 22/05/2018

flavia-princi
flavia-princi 🇮🇹

4.5

(10)

7 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica cena di trimalchione e più Appunti in PDF di Latino solo su Docsity! Genere e modelli Nel panorama dei generi della letteratura antica il Satyricon, una voluminosa e complessa opera narrativa che alterna parti in prosa e parti in versi, non ha nessun precedente: è infatti impossibile ricondurre l’opera di Petronio a un solo genere letterario, anche se si possono certamente individuarne diversi modelli. Infatti, per certi aspetti esso può essere accostato al romanzo greco, di cui è sempre protagonista una coppia eterosessuale, che attraversa viaggi e periperize varie per coronare il suo sogno d’amore. Petronio, con grande gusto parodico, capovolge questo modello letterario: nel Satyricon troviamo infatti il vagabondare labirintico e senza sosta di tre uomini 5 (Encolpio, Ascilto e Gitone), implicati in un contorto triangolo amoroso. Anche il modello omerico, quello dell’Odissea, è certamente sotteso al viaggio di Encolpio. Una delle opere epiche più note dell’antichità viene però ripresa e stravolta con ironia: a perseguitare il protagonista Encolpio e a costringerlo a un continuo peregrinare non è il volere degli dei olimpici, ma quello di Priapo, dio della sessualità, che Encolpio avrebbe offeso in qualche modo 6. Inoltre, l’insistenza sulle tematiche sessuali 7 è certamente riconducibile al modello della cosiddetta fabula milesia 8 un tipo di novellistica realistica e licenziosa, di cui Petronio offre un vero e proprio saggio nella novella della Matrona di Efeso, che è l’inserto narrativo più esteso di tutto il Satyricon (capitoli 111-112). Infine, è da tenere in considerazione la scelta del prosimetro e di un registro che alterna serio e comico (spoudaiogeloion, dal greco σπουδαῖος, “serio”, e γελοῖος, “comico”): la prosa del Satyricon è interrotta spesso da parti in poesia (magari affidati al poeta Eumolpo, che ad esempio declama un poema, il Bellum civile, che sembra la sottile presa in giro della Pharsalia di Lucano), spesso utilizzate per un commento ironico dell’autore stesso agli eventi narrati. Uno dei modelli in tale ottica (anche se bisogna ricordarsi che Petronio manifesta sempre mota libertà nei confronti della tradizione) è quello della satira menippea, che nel mondo latino era già stata sperimentata da Varrone Reatino (116-27 a.C.) e da Seneca nell’Apokolokyntosis. Del resto, l’intersezione tra serietà e comicità attraversa tutti i livelli del testo, tanto che si può constatare come Petronio, di fatto, non proponga alcun tipo di “valore” positivo ai suoi lettori, ma si diverta piuttosto a contemplare, con fare distaccato e lucido, la crisi del mondo a lui contemporaneo. Lingua e stile Nonostante la stravaganza della vicenda narrata, la maggiore originalità di Petronio consiste non nel contenuto ma nello stile della sua opera, che si caratterizza per plurilinguismo e pluristilismo: nel corso del romanzo, infatti, si passa dalla narrazione piana al discorso diretto, dalla prosa alla poesia, dall’uso di una lingua colta e raffinata a quello del sermo plebeius, ricco di forme grammaticalmente scorrette e di prestiti da altre lingue. Il realismo petroniano, infatti, si realizza pienamente proprio nell’uso mimetico della lingua e ogni personaggio è caratterizzato anche dal linguaggio che utilizza, così come ogni vicenda è contrassegnata dall’uso di uno specifico registro linguistico e stilistico. Tradizione e fortuna del testo Del Satyricon oggi possediamo circa un decimo rispetto all’originale e questo perché, già poco nota nell’antichità e nella tarda antichità, l’opera non riuscì a superare indenne il Medioevo: a causa dei contenuti troppo licenziosi essa subì infatti una dura censura e smise presto di essere trascritta interamente; solo alcuni excerpta vennero infatti copiati e conservati, ed è sulla barocca, di cui i veri protagonisti sono il lusso, la volgarità e l’eccesso. Del lungo passo della Cena sono particolarmente significativi i due brani che aprono e chiudono l’episodio, che sono particolarmente significativi per delineare sia la figura del liberto Trimalchione (e, di conseguenza, di tutta la categoria sociale di appartenenza) sia l’atmosfera dell’intero banchetto. L’arrivo alla casa di Trimalchione (28,8-29,8) Dopo essere stati alle terme e aver lì incontrato per la prima volta il padrone di casa, Trimalchione, i tre protagonisti del romanzo arrivano a casa del liberto e, già solo camminando per il portico, cominciano a capire la personalità del loro ospite, che ha fatto affrescare i muri con delle scene della sua vita e ha conservato la sua prima barba, per metterla in mostra come se fosse una reliquia. [28.8] In aditu autem ipso stabat ostiarius prasinatus, cerasino succinctus cingulo, atque in lance 2 argentea pisum purgabat. [9] Super limen autem cavea pendebat aurea, in qua pica varia intrantes salutabat. [29.1] Ceterum ego dum omnia stupeo, paene resupinatus crura mea fregi 3. Ad sinistram enim intrantibus non longe ab ostiarii cella canis ingens, catena vinctus, in pariete erat pictus superque quadrata littera scriptum “cave canem” 4. [2] Et collegae quidem mei riserunt, ego autem collecto spiritu non destiti totum parietem persequi 5. [3] Erat autem venalicium cum titulis 6 pictum, et ipse Trimalchio capillatus caduceum 7 tenebat Minervaque ducente 8 Romam intrabat. [4] Hinc quemadmodum ratiocinari didicisset deinque dispensator factus esset, omnia diligenter curiosus pictor cum inscriptione reddiderat. [5] In deficiente 9 vero iam porticu levatum mento in tribunal excelsum Mercurius rapiebat. [6] Praesto erat Fortuna cornu abundanti copiosa 10 et tres Parcae 11 aurea pensa torquentes 12. [7] Notavi etiam in porticu gregem cursorum cum magistro se exercentem. [8] Praeterea grande armarium in angulo vidi, in cuius aedicula erant Lares 13 argentei positi Venerisque signum marmoreum et pyxis aurea non pusilla, in qua barbam ipsius conditam esse dicebant. [28.8] Nell’atrio stesso stava il portiere vestito di verde, legato con una cintura color ciliegia, e lavava piselli in un catino d’argento. [9] Sopra la soglia, poi, pendeva una gabbia d’oro, nella quale una gazza dai vari colori salutava chi entrava. [29.1] Io, del resto, mentre guardavo stupefatto ogni cosa, per un pelo non mi ruppi le gambe cadendo riverso. Infatti alla sinistra di chi entra, non lontano dalla guardiola del portiere, era dipinto sulla parete un grande cane, legato ad una catena, e sopra, a lettere capitali, c’era scritto “ATTENTI AL CANE”. [2] E i miei compagni certo risero di me, ma io, ripreso fiato, non rinunciai a scrutare l’intera parete. [3] C’era poi dipinto un gruppo di schiavi in vendita con le targhette, e lo stesso Trimalchione, ancora con i capelli lunghi, teneva il caduceo ed entrava a Roma sotto la guida di Minerva. [4] Da quel momento, in qualunque modo avesse imparato a tenere i conti e fosse poi divenuto amministratore, il pittore scrupoloso aveva registrato tutto con cura, mettendovi anche la didascalia. [5] Poi, dove il portico stava per finire, Mercurio lo rapiva, sollevandolo per il mento e portandolo a un seggio eminente. [6] Vicino c’era la Fortuna, fornita di un corno abbondante, e le tre Parche che filavano fili d’oro. [7] Notai poi nel portico un gruppo di schiavi corridori che si esercitava con l’istruttore. [8] Infine in un angolo vidi un grande armadio, nella cui edicola erano stati posti dei Lari d’argento, una statua di marmo di Venere e un cofanetto d’oro non piccolissimo, nel quale dicevano che fosse custodita la barba di Trimalchione stesso. La fine della festa e il finto funerale di Trimalchione (77,4- 78,8) Dopo una lite furibonda con la moglie Fortunata, nel delirio finale del banchetto, ormai completamente ubriaco, Trimalchione tiene un lungo discorso in cui presenta la propria vita e si vanta dei notevoli successi economici conseguiti. Alla fine, Trimalchione chiede agli schiavi di portarlo via in un sudario, celebrando un finto funerale. Nel frattempo, gli eccessivi schiamazzi e la musica troppo alta hanno fatto arrivare i vigili, che pongono definitivamente fine alla festa. l’occasione favorevole, dicemmo due parole ad Agamennone e fuggimmo di fretta proprio come per un incendio. 1 Nel sistema legislativo della Roma antica, il liberto è uno schiavo che, in vari modi, è stato affrancato dalla propria condizione e si è quindi guadagnato la libertà. La procedura con cui si realizzava la liberazione era detta manumissio. 2 lance: da lanx, lancis, indica qui la bacinella in cui si lava la verdura. 3 fregi: da frango, frangis, fregi, fractum, frangere, “rompere, frantumare, fare a pezzi”. 4 Fin dalla scena iniziale il realismo quasi quotidiano di alcune immagini - il portiere che lava la verdura, la scritta CAVE CANEM all’entrata - si accompagna ad alcuni segnali inconfondibili del lusso esagerato che caratterizza la casa di Trimalchione: molti oggetti della vita comune, infatti, sono di metalli preziosi come la bacinella d’argento per lavare i piselli o la gabbia d’oro degli uccelli. 5 persequi: da persequor, persequeris, persecutus sum, persequi, “seguire, cercare di raggiungere, persistere“. 6 cum titulis: per essere venduti al mercato, gli schiavi portavano al collo una medaglietta dove erano indicati nome, cenni biografici e - ovviamente - prezzo. 7 caduceum: il caduceo è un bastone con due serpenti attorcigliati che nell’antichità era il simbolo dei messaggeri e, in particolare, del dio Mercurio; qui indica chiaramente il legame di Trimalchione con Mercurio, divinità protettrice dei mercanti, cui era dovuta la fortuna economica del liberto. Poco oltre, infatti, sarà raffigurato nell’atto di elevare la posizione sociale di Trimalchione (29, 5). 8 Minervaque ducente: l’altra divinità protettrice di Trimalchione è Minerva, che, in quanto dea dell’operosità e dell’astuzia, ha fornito al liberto la sua scaltrezza negli affari. “Minervaque ducente” è un ablativo assoluto. 9 deficiente: si tratta di un participio presente da deficio, deficis, defeci, defectum, deficere, che significa “venir meno, cessare, finire”. 10 cornu abundanti copiosa: l’iconografia tradizionale della Fortuna prevede che la dea tenga tra le mani la cornucopia, il corno dell’abbondanza, da cui fuoriescono frutti e fiori. 11 tres Parcae: Le Parche (Cloto, Lachesi, Atropo) sono le dee che presiedono al destino degli uomini dalla nascita fino alla morte, e sono rappresentate come filatrici; qui stanno intessendo la felice e fortunata vita di Trimalchione e per questo utilizzano fili d’oro. Rispetto al mito, l’immagine sulle pareti della villa del libero non può che apparire pacchiana e di dubbio gusto. 12 torquentes: da torqueo, torques, torsi, tortum, torquere, “torcere, ruotare, piegare”. 13 Lares: nella mitologia romana, i Lari sono le divinità che vegliano e proteggono la casa, la famiglia e la proprietà, e sono tradizionalmente identificati con gli spiriti degli antenati. Anche qui i segni della religiosità e del mos maiorum sono inframezzati con gli indizi del cattivo gusto di Trimalchione, che conserva la propria barba come un oggetto degno di venerazione. 14 cusuc: visto che la parola “cusuc” - tramandata dal codice - non è attestata in latino, molti editori hanno pensato di correggere il testo tradito, ad esempio con “casula”; tuttavia alcuni editori ritengono che possa trattarsi di una parola straniera, forse di origine punica, e la mantengono nel testo. Ad ogni modo, il significato del termine si evince facilmente dal contesto: Trimalchione si sta vantando di aver eretto una reggia dove prima c’era un stamberga 15 viperae huius: Trimalchione si riferisce così alla moglie Fortunata, con la quale ha appena duramente litigato. 16 Scaurus: su chi fosse questo personaggio qui ricordato da Petronio i critici si sono a lungo interrogati, senza giungere ad una risposta esauriente. Di sicuro, è una delle figure, tra l’ipocrita e l’approfittatore, che s’aggirano attorno al personaggio di Trimalchione, di cui sfrutta l’ospitalità. 17 habes, habeberis: la lapidaria sententia qui pronunciata da Trimalchione, “habes, habeberis”, sintetizza in due sole parole tutto il pensiero del liberto e dell’intera classe sociale che rappresenta: per essere considerati, bisogna avere, non essere. Dal punto di vista linguistico, si noti che la sententia è giocata sul
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