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Intelligenza Cognitiva e Flusso Sangginuo: Il Cervello di Gorilla e Australopitechi, Slide di Scienze umane e sociali

Neuroscienze comparateAntropologia evolutivaPsicologia Comparata

Sulla relazione tra intelligenza cognitiva e flusso sanguigno, presentando ricerche che suggeriscono una correlazione tra grandezza del cervello e portata del flusso sanguigno. Anche sulla superiorità cognitiva di grandi scimmie moderno rispetto a loro antenati australopitechi, e il ruolo del flusso sanguigno nella creazione di nuove sinapsi. Inoltre, il documento presenta un nuovo studio sulle dimensioni del cervello dei primati e il loro tipo di dieta, che mette in discussione l'importanza della complessità sociale nell'evoluzione dell'intelligenza.

Cosa imparerai

  • Perché le grandi scimmie moderno potrebbero essere più intelligenti di loro antenati australopitechi?
  • Qual è la relazione tra intelligenza cognitiva e flusso sanguigno?
  • Come influisce il tipo di dieta sui dimensioni del cervello dei primati?

Tipologia: Slide

2020/2021

Caricato il 09/11/2022

gaia-digno
gaia-digno 🇮🇹

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Scarica Intelligenza Cognitiva e Flusso Sangginuo: Il Cervello di Gorilla e Australopitechi e più Slide in PDF di Scienze umane e sociali solo su Docsity! L’intelligenza cognitiva dipende dal flusso sanguigno: Le grandi scimmie antropomorfe anche se hanno un cervello più piccolo rispetto a quello degli uomini primitivi, avrebbero una capacità superiore di elaborare le informazioni rispetto a Lucy e compagni australopitechi: questo è merito della doppia portata di sangue alle aree cognitive In realtà è stato sottolineato dagli autori della ricerca dalle pagine di -Proceedings of the Royal Society B – che l’intelligenza aumenta in base al maggior afflusso di sangue al cervello. Per intelligenza quindi si intende la capacità di creare connessioni, quindi più un cervello è grande maggiori neuroni e quindi connessioni può avere. Le dimensioni quindi contano, ma forse non così tanto, secondo recenti studi condotti dell’Università di Adelaide e dell’Evolutionary Studies Institute dell’Università di Witwatersrand a Johannesburg Sud-Africa, le grandi scimmie come gorilla, scimpanzé e bonobo, potrebbero essere più intelligenti di quanto fossero i nostri antenati di 3 milioni di anni fa. Tutto questo nonostante abbiano un cervello più piccolo, perché partendo da quanto abbiamo sopra detto, il cervello per creare nuove sinapsi ( comunicazione tra cellule nervose o cella nervosa e organo periferico di reazione) e per funzionare, ha bisogno energia in particolare glucosio e di ossigeno che sono trasportati dal flusso sanguigno e consentono all’individuo di mettere in moto il processo di connessione. La portata del flusso sanguigno è un elemento da non sottovalutare perché consente maggior capacità di elaborazione delle informazioni rispetto alla sola dimensione del cervello. Basandosi sulle dimensioni dei fori del cranio in cui passano le arterie che portano il sangue al cervello, gli scienziati hanno dunque misurato la portata del flusso sanguigno verso le aree cognitive per 96 teschi di grandi scimmie e per 11 teschi fossili di australopitechi. La tecnica era già stata calibrata nell’essere umano moderno e in altri mammiferi. Secondo questi calcoli, infatti, il flusso di sangue al cervello in gorilla, scimpanzè e oranghi odierni sarebbe due volte più alto di quello degli australopitechi di 3 milioni di anni fa. Nonostante il cervello dei nostri antenati fosse per dimensioni uguale o più grande di quello delle moderne grandi scimmie, dunque, è probabile che Lucy non avrebbe retto il confronto con primati non umani come Koko, il gorilla che aveva imparato a comunicare con più di mille segni. FONTE: Wired.it Dimensioni del cervello: abitudini alimentari e complessità sociale. Il più importante fattore predittivo per le dimensioni del cervello dei primati è il tipo di dieta: questo è quanto emerge dagli studi condotti fino ad ora; sono stati svolte indagini su 140 specie diverse escludendo gli esseri umani. La dimensione del cervello dei primati dipende principalmente dal tipo di dieta che seguono piuttosto che dalla loro vita sociale. Lo studio condotto e pubblicato su “Nature Ecology & Evolution” da Alex De Casien e colleghi della New York University, ha l’obbiettivo di rimette in discussione l’importanza di considerare la cosiddetta ipotesi del cervello sociale. Uno dei cardini di questa ipotesi - elaborata verso la metà degli anni novanta - è che nel corso dell'evoluzione la complessità sociale sia stata un fattore trainante per lo sviluppo dell'intelligenza, e che quindi nei primati attuali la complessità cognitiva di una specie sia strettamente collegata alla sua complessità sociale. Secondo i suoi sostenitori, l'ipotesi spiegherebbe la compresenza nei primati, e in particolare negli esseri umani, di un elevato livello di socialità, di capacità cognitive superiori agli altri animali e di cervelli di dimensioni relativamente ampie. Mettendo a confronto le dimensioni dei crani di primati adulti, partendo da sinistra: -lemure (Lemur catta), -cercopiteco verde (Chlorocebus pygerythrus), -gibbone (Hylobates lar), -babbuino (Papio hamadrayas),
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