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Cicerone (Biografia, Opere) e l'età Augustea (Contesto storico, Consenso e Dissenso), Appunti di Latino

Illustrazione della: - vita di Cicerone e delle sue opere; - contesto storico dell'età augustea, formulazione del concetto di consenso e dissenso all'interno dei circoli letterari;

Tipologia: Appunti

2020/2021

In vendita dal 05/06/2022

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Scarica Cicerone (Biografia, Opere) e l'età Augustea (Contesto storico, Consenso e Dissenso) e più Appunti in PDF di Latino solo su Docsity! CICERONE BIOGRAFIA Per quanto riguarda il quadro storico, ci troviamo nell’età di Cesare e quindi nel periodo republicano. Abbiamo le informazioni biografiche di questo autore grazie alle numerose opere e all’epistolario, infatti la biografia è ben documentata. Possiamo suddividere la vita Cicerone in 4 periodi: - periodo giovanile; - ascesa politica; - anni dell’esilio; - ritiro dalla vita pubblica e la morte (indegna); Marco Tullio Cicerone nacque ad Arpino nel 106 a.C. in una famiglia equestre. Intraprese a Roma gli studi di retorica e filosofia, lo studio del diritto e il tirocinio forense sotto importanti figure. Diventa un avvocato competente ed eciente e si distingue come oratore. Importante l'incontro con il grande amico Tito Pomponio "Attico". Dopo aver iniziato la sua carriera di avvocato e dopo essersi scontrato con un liberto di Silla, per motivi di salute e di opportunità, iniziò a viaggiare in Grecia e in Asia Minore per completare gli studi in filosofia e retorica. Dopo la morte di Silla, tornò a Roma, sposò Terenzia ed ebbe due figli. La sua prima carica politica fu quella di questore (maggiore carica: console) in Sicilia, in seguito alla quale poté accedere al Senato. Siamo nel 70 a.C., quando i provinciali siciliani si rivolsero a lui per accusare l’ex governatore Verre di malgoverno e concussione (inizio inimicizia con Verre): il processo venne vinto e fece scalpore, portando alla sua fama. Fu edile e pretore, e poi tentò la candidatura al consolato nel 63 a.C. nonostante facesse parte di famiglia equestre. Sconfisse Catilina, risultando vincitore nella votazione. Durante questi anni, attuò una politico conservatrice in difesa del mantenimento dello status quo. L’evento culminante del suo mandato fu la scoperta e la repressione della congiura di Catilina che aveva progettato un colpo di Stato. Cicerone riuscì a sventarla e si fece proclamare pater patriae, divenendo nemico di Catilina. Al termine del mandato, fu attaccato dai tribuni della plebe, poiché dovette uccidere dei cittadini senza processo e appello al popolo (provocatio ad populum). Fu coinvolto come testimone in una vicenda, divenendo in seguito acerrimo nemico di Clodio, esponente della gens Claudia. Siamo nel 60 a.C., anno del “primo triumvirato”. Due anni dopo Clodio fu eletto tribuno della plebe e si vendicò approvando una legge con valore retroattivo. Questa legge premetteva l’esilio e la confisca dei beni a chi avesse condannato a morte un cittadino romano senza appello al popolo. Il provvedimento fu “ad personam” e Cicerone fu costretto all’esilio e la sua casa fu confiscata a rasa al suolo. Dopo aver passato un anno e 4 mesi lontano da Roma, nel 57 a.C. fu richiamato per un incarico riguardante il triumvirato. Le vicende pubbliche destabilizzarono lo Stato e Cicerone fu escluso dai vertici: Crasso fu ucciso e Cesare e Pompeo erano sulla soglia della guerra civile per il controllo del potere. Intanto a Roma Clodio fu ucciso in uno scontro con i partigiani di Milone, che fu accusato di delitto e difeso da Cicerone (pro Milone: scritta bene ma rappresentata male). La sua orazione fu fallimentare e Milone venne condannato all’esilio. Nel 49 a.C. Cesare passò il Rubicone, dando inizio alla guerra civile e Cicerone prima esitò e poi appoggiò Pompeo. Nel 47 a.C. ottenne il perdono di Cesare e si ritirò nelle sue ville, occupandosi di studi retorici e filosofici. Ci furono anni di dicoltà familiari: divorzia da Terenzia, sposa, solo per poco, Publilia, e assiste alla morte di parto della figlia Tullia. Quando Cesare fu ucciso, ritornò in politica avvicinandosi a Ottaviano, attaccando contemporaneamente Antonio, scrivendo le sue ultime orazioni “Philippicae”. Pagò questo errore con la vita: Ottaviano lo abbandonò e Cicerone venne ucciso dai sicari di Antonio nel 43 a.C.: gli vennero tagliate mani e testa, che furono esposte nella tribuno dove aveva tenuto le sue celebri orazioni. L’OPERA Grazie alla carriera politica, Cicerone finalizza gran parte della sua produzione letteraria, molto ampia, che va dalle orazioni ai trattati retorici, filosofici e politici; fu il primo a scrivere un epistolario. In campo culturale invece lascia un’eredità indelebile, egli rappresenta al meglio la fusione della cultura greca con quella romana. ORAZIONI Possiamo collegare le orazioni alla fase giovanile della sua vita: egli pronunciò più di 100 orazioni. Durante la sua vita Cicerone prese parte, in qualità sia di avvocato sia di politico, a numerose cause, che venivano dibattute nel Foro, e alle sedute decisive del senato. A noi sono arrivate 58 orazioni, 28 di argomento politico e le altre giudiziarie. Per pubblicarle, chiese aiuto al liberto Tirone, suo segretario, e al suo amico attico per il contributo editoriale. Alcune orazioni non sono uguali: i discorsi pubblicati non corrispondevano a quelli pronunciati e altri ancora invece sono scritte ma mai pronunciate o scritte di nuovo e pubblicate in modo diverso rispetto al discorso progettato inizialmente. I FASE : PERIODO GIOVANILE Cicerone emerge come patronus (avvocato) grazie alla sua prima causa criminale, la Pro Sexto Roscio Amerino: difese Roscio di Ameria, ingiustamente accusato di parricidio da un liberto di Silla. Cicerone dimostrò che lui era innocente e che a compiere il delitto erano gli accusatori. Ebbe fama soprattutto con il processo de - Filippiche (44-43 a.C.) 14 orazioni contro Antonio, composte a partire dall’estate del 44, per indurre il senato a dichiararlo nemico pubblico e allontanare da lui Ottaviano. Sono caratterizzate da toni violenti, aggressivi e appassionati: Cicerone incita il senato e il popolo romano a rivendicare la propria libertà. Vengono chiamate così perché fanno riferimento alle invettive pronunciate dall’oratore greco Demostene contro Filippo di Macedonia in difesa della libertà della Grecia. Antonio aggiunse Cicerone alle liste di proscrizione e inviò i suoi sicari ad ucciderlo. Il progetto dell’oratore, che aveva provato a ricostruire la vecchia repubblica grazie alla concordia ordinum (riavvicinamento tra senatus ed equites per ricompattare la nobilitas, ponendo fine agli scontri tra fazioni) fu fallimentare. ORATORIA CICERONIANA Della produzione oratoria, che risale al periodo iniziato dall’età dei Gracchi fino all’avvento del principato, ci restano solo le orazioni ciceroniane, che dimostrano la maturità dei Romani. Questi ultimi accolsero l’apporto dell’elaborazione teorica e dell’esperienza pratica dei Greci. L’arte del parlare in modo persuasivo fu favorita nel mondo ellenico, in particolare ad Atene, che voleva che i propri cittadini avessero la capacità di parlare in pubblico. Il discorso giudiziario è così strutturato: - esordio, l’inizio, dove si definisce la causa e ci sono delle dichiarazioni per ingraziarsi i giudici; - narrazione, nella quale si espongono i fatti; - argomentazione, con la presentazione di prove a sostegno della tesi e la confutazione di argomenti della parte avversaria; - epilogo, le conclusioni e un invito a esprimere un giudizio favorevole. Questa struttura è lo schema dell’orazione classica greca che Cicerone riprende. STILE Lo stile di Cicerone -cioè il modo in cui scrive, formato da lessico, registro, ordine delle parole, la sintassi- è come quello del suo modello greco, Demostene: tende alla solennità sconfinando nella ridondanza e nelle ampollosità -usa un linguaggio ricercato, è prolisso e anche ripetitivo- ma tende anche alla brevità. Cicerone scrive in prosa e ha uno stile ipotattico (subordinate), articolando le frasi in modo complesso e basandole su una rete di corrispondenze equilibrate e simmetriche: la concinnitas, l’organizzazione sintattica complessa e armoniosa del periodo. Grande importanza hanno l’eufonia, parole che suonano bene, e il ritmo: sono usati negli esordi, nelle perorazioni e negli elogi. CARATTERE Lo scopo delle orazioni ciceroniane non era solo quello di difendere qualcuno, ma aveva anche un ruolo politico in modo di innalzarsi e ottenere la gloria da parte dei contemporanei e i posteri. Cicerone utilizza un lessico aulico, del quale devi avere la conoscenza, che si ha solo avendo cultura e studiando, ed è difensivo nei confronti del valore del mos maiorum, ha un’avversione per la politica dei populares e difende gli interessi dei ceti abbienti. Nelle orazioni, Cicerone si dimostra padrone dei mezzi espressivi e capace di sfruttare ogni elemento e ogni circostanza nell'interesse della causa. Egli assolve le funzioni che deve svolgere l’autore: la prima, quella di docere - “insegnare” - cioè di informare chiaramente e di dimostrare la sua tesi nel modo più convincente possibile; la seconda, quella di delectare - “coinvolgere, dilettare, piacere” - di conciliarsi le simpatie del pubblico, perché se vuole essere ascoltato non può diventare noioso e deve coinvolgere gli ascoltatori, attingendo exempla e digressioni, la terza, quella di movere o flectere, di trascinare gli uditori al consenso parlando con toni passionali e suscitando emozioni che li smuovono. Quest’ultima viene usata soprattutto nelle parti conclusive, nelle perorazioni, per svolgere un ruolo decisivo per l’esito della causa. LE OPERE RETORICHE (trattat) La prima dierenza da conoscere quando trattiamo di questo argomento è quella tra Oratoria e Retorica: - ORATORIA: capacità di utilizzare la parola nelle diverse occasioni pubbliche; rappresenta la prassi (la parte concreta, la pratica) dell’oratoria. - RETORICA: riflessione sugli elementi che contribuiscono a sviluppare un buon discorso, codificazione di accorgimenti linguistici, stilistici e retorici per il discorso; è la parte teorica, quella delle regole, dell’oratoria. Queste due non vanno separate. Cicerone scrisse opere di retorica soprattutto in due momenti particolari della sua vita: dopo il ritorno dall’esilio e durante la dittatura di Cesare. Ciò avvenne perché cercò di rendersi utile allo Stato attraverso la cultura. Queste opere sono composte da alcuni degli aspetti che Cicerone crede i più importanti, come quelli tecnici, storici, etici, politici e culturali. Inoltre, tratta il tema della formazione dell’oratore e riflette anche sul ruolo dell’uomo politico. Per Cicerone, il perfetto oratore doveva essere colui che aveva una vita e un ruolo politico e una grande e vasta cultura. Le opere più importanti di questo gruppo sono: - De oratore, opera in forma dialogica e composta di 3 libri. Risale al 55 a.C., negli anni del primo triumvirato, ed è ambientato nella villa dell’oratore Licinio Crasso nell’anno 91 a.C. I due oratori principali sono Crasso e Marco Antonio, maestri di eloquenza del giovane Cicerone, che hanno due tesi separate per quanto riguardano le doti dell’oratore ideale: Antonio pensa che l’eloquenza è un dono naturale, arricchito e anato con l’esperienza; Crasso pensa che il vero oratore debba possedere alcuni doti indispensabili come l’ingegno, l’intelligenza, la fantasia, la memoria e l’amore per l’arte. In più deve padroneggiare la tecnica del discorso e avere una vasta cultura. Si arriva ad una conclusione nella quale l’oratore ideale coincide con il politico ideale. Nel II libro vengono approfonditi i temi dello interventio, della dispositio, dell’elocutio, della memoria, e dello actio. Importanza viene data soprattutto all'ironia, che contraddistingue la oratoria di Cicerone e la dierenzia dal suo principale modello, l’oratore greco Demostene. Nel III libro si approfondisce il tema dell’ornatus, elaborazione artistica del materiale e l’uso delle figure retoriche. - Orator, trattato nel quale abbiamo l’esposizione in prima persona di Cicerone. Risale al 46 a.C., opera dedicata a Bruto e all’esame dello stile oratorio. Nella trattazione Cicerone insiste nelle teoria dei tre stili: - piano, che coincide al docere, che coincide allo stile umile; - medio, che coincide al delectare, che coincide allo stile medio; - elevato, che coincide al movere, che coincide allo stile sublime; - Brutus, anch’essa opera in forma dialogica, tratta lo studio sulla storia dell’eloquenza latina. Nel trattato viene passata in rassegna la storia dell’oratoria greca e romana, Cicerone partecipa al dibattito con l’amico Attico e Bruto. Al termine di questo percorso, l’autore colloca se stesso come esito più alto e maturo dell’oratoria latina. Questa auto esaltazione mira a rispondere alle critiche che la nuova generazione di oratori atticisti gli aveva mosso. dell’animo, della virtù. Tratta anche del problema della felicità: la sola virtù basta ad assicurare la felicità. E’ qua che Cicerone si avvicina alla dottrina stoica (cittadino romano senza politica), concludendo che le virtù morali sono in grado di rendere felice il sapiente. ● DE OFFICIS (I DOVERI): scritto in tre libri, che illustrano: - honestum, che rappresenta il bene morale e si manifesta in quattro virtù fondamentali (sapienza, giustizia, magnanimità e temperanza); - utile, applicazione pratica dei precetti morali dell’honestum, cioè il conseguimento e la conservazione dei vantaggi necessari alla vita, introducendo il concetto di decorum, armonia tra mente e corpo; - conflitto tra i due valori, la cui soluzione è che tra i due non ci possono essere contrasti poiché “in nessun modo può sembrare che qualcosa sia utile se non è onesto”. L’opera è una sorta di testimonianza spirituale con cui Cicerone vuole fornire un modello di comportamento etico e utile allo Stato per i giovani. ● CATO MAIOR DE SENECTUTE (Catone il Maggiore o la vecchiaia): vi è l’elogio della vecchiaia, età serena, basandosi sull’esempio di come la visse Catone il Censore: egli si rammarica per il decadimento fisico e l’impossibilità di partecipare alla vita politica causati dalla vecchiaia. Parla dell’humanitas e esalta l’otium. ● LAELIUS DE AMICITIA (Lelio o l’amicizia): Cicerone aronta il tema della natura dell’amicizia e riflette sui comportamenti da prendere in tale legame. Viene ambientato dopo la morte di Scipione l’Emiliano, quando Lelio, addolorato dalla perdita, tratta il tema dell’amicizia ed entra in polemica con gli epicurei, aermando che tale sentimento nasce dalla virtù e dal desiderio di condividerla con gli altri. La stessa natura umana che ci fa ottenere i veri amici, i quali devono avere queste caratteristiche: costanza, fedeltà e piacevolezza. - quello dei temi filosofici-religiosi di natura teologica, che comprende: ● DE NATURA DEORUM: aronta il problema dell’essenza della divinità e dei suoi rapporti con gli uomini (Lucrezio -intermundia). Dialogo in tre libri, si espone la dottrina delle correnti filosofiche stoica, epicurea e scettica. Cicerone conclude aermando di avvicinarsi di più allo stoicismo per quanto riguarda il verosimile. ● DE DIVINATIONE: scritto in due libri per dimostrare la falsità della scienza divinatoria. Cicerone dichiara di condividere l’aermazione sarcastica di Catone per quanto la riguarda. ● DE FATO: ha come argomento il rapporto tra fato e libero arbitrio dell’uomo. Cicerone sostiene che quest’ultimo sia artefice del proprio destino. E’ una trattazione stoica del fato, che ordina il mondo. HUMANITAS Ideale lasciatoci dalla cultura classica, rappresenta l’uomo come essere dotato di ragione, a cui sottomette gli istinti naturali, un uomo che ana le proprie qualità con lo studio e che ama la cultura, un uomo tollerante, rispettoso e con l’autocontrollo. Un uomo, in poche parole, che persegue il bene dello Stato. L’EPISTOLARIO Testimonianza straordinaria per la vita di Cicerone, l’epistolario è composto da 864 lettere, che possono essere formali e informali (per famiglia e amici), e pubblicate dopo la sua morte grazie al liberto Tirone e l’amico Attico. Ci sono 4 categorie di destinatari: 16 libri ad Atticum, 16 libri ad familiares, 3 libri ad Quintum fratrem, 2 libri ad Marcum Brutum. Cicerone già pensava alla loro futura pubblicazione, almeno per quelle pubbliche. A confermare tale progetto è stato proprio lui, che ne parla ad Attico in una lettera. E’ in queste lettere che scopriamo il Cicerone privato, che si dimostra intimo, con i suoi problemi e i suoi difetti, il suo umorismo, i suoi nemici e i suoi amati. Tra le sue opere perdute abbiamo i testi in prose e tutta la produzione poetica. Scrisse in versi e traduzione di opere in greco, che non ebbero successo. Si cimentò nei poemi epico-storici: il Marius, encomio a Gaio Mario, il De consulatu suo e il De temporibus suis, esaltando le gesta del suo consolato. Si hanno anche alcuni poemi come il Glaucus, il Limon e l’Uxorius. Per quanto riguarda le traduzioni artistiche dal greco, la sua opera più famosa fu l’Aratea, opera in versi. Era libera poiché era tradizione romana rielaborare molto la traduzione dell’originale. Cicerone arricchì il testo con immagini ed elementi descrittivi. Di questa opera restano 600 versi. STILE La lingua utilizzata ricorre ad uno stile medio ed è paratattica (con coordinate), perché l’autore dedicò una cura particolare alla misura ritmica del discorso e soprattutto al suo lessico. Fa ricorso al sermo cotidianus, usato tra amici informalmente, compaiono anche neologismi, grecismi e diminutivi. ETÀ AUGUSTEA (44 .C. - 14 .C.) QUADRO STORICO Dopo la morte di Cesare, vi è un vuoto di potere che sconcerta la plebe, e per garantire l’ordine e mantenere il controllo prendono in mano la situazione: Marco Antonio, luogotenente di Cesare, che fa ratificare il testamento del dittatore e ne onora la memoria con un funerale pubblico, e Ottaviano, nipote e figlio adottivo, che tenta di guadagnare il favore della plebe con il denaro e quello del senato ergendosi difensore della legalità. Ottaviano e Marco Antonio si scontrano diverse volte, nel 43 a.C. Ottaviano si unisce alle truppe consolari con un esercito personale per sconfiggere il suo “nemico”. Presto cambia tattica poiché si fa eleggere console e insieme a Marco Antonio e Lepido dà vita al secondo triumvirato, che a dierenza del primo, che era un accordo privato, questo era un accordo pubblico, una magistratura riconosciuta dal senato e dal popolo, e definiva le aree di influenza dei triumviri - Oriente Antonio, Spagna Ottaviano e Africa Lepido. Sin da subito i loro rapporti sono molto tesi, ciò finirà con la Battaglia di Azio del 31 a.C., nella quale Ottaviano sconfigge la flotta di Antonio e di Cleopatra, diventata sua amante. Infatti Ottaviano cercava di accusare Antonio come nemico pubblico poiché accusato di sacrificare gli interessi di Roma all’amore di Cleopatra e quindi di aspirare ad un potere personale. Eliminato Antonio, Ottaviano si propone di restaurare almeno in apparenza la repubblica. Innanzitutto si fa proclamare: - princeps senatus, primo di tutti in Senato, ma eguale loro; - Augustus, favorito dagli dei; - imperium proconsulare, autorità militare e civile; - tribunicia potestas, convoca assemblee, propone leggi, esercita il diritto di veto; - pontifex maximus, garante della pax deorum; QUADRO SOCIALE-CULTURALE Inizialmente mantiene l’assetto istituzionale repubblicano, ma cambia la politica: - il potere dei senatori è limitato, assegna loro il governo annuale di alcune province e la prefettura urbana; - ai cavalieri, assegna il governo annuale della altre province, e assegna loro anche la prefettura dell’annona e del pretorio (guardia imperatore); - ai liberti, assegna l’amministrazione del tesoro personale dell’imperatore; Ottaviano ricorre alla propaganda per ottenere il favore della plebe e quindi avere un consenso molto ampio.
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