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Cinema italiano professoressa parigi, Appunti di Storia E Critica Del Cinema

Dall’era del muto al sonoro a salò

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 19/03/2019

Claki22
Claki22 🇮🇹

14 documenti

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Scarica Cinema italiano professoressa parigi e più Appunti in PDF di Storia E Critica Del Cinema solo su Docsity! 1-L'era del muto “La presa di Roma" di Filetto Alberini è il primo film italiano, oggi ne conosciamo un grand numero di elementi e possiamo confermare il fatto che fosse un prodotto spettacolare, accurato nella ricostruzione, celebrativo e didattico e un evento che rende reale e verosimile la finzione, come fosse un romanzo storico. Completamente diverso dal film sopracitato è il cinema ambulante: i baracconi ambulanti invadono l’Italia nel primo decennio del Novecento e sono da considerare come i primi “messaggeri" dei Lumiere, che si diffondono a macchia d'olio in tutta Europa. La tradizione dello spettacolo d'arte affonda le sue radici nella commedia dell'arte, tra feste popolane e il richiamo delle masse. La crisi degli spettacoli ambulanti si avverte già alla fine del decennio. Nel 1908 viene aperto il primo Cinematografo Splendor a Torino, dove le sale sono accessibili a chiunque diventando il passatempo onesto di tutte le classi sociali. Tuttavia si lega inizialmente solo alle realtà locali, con un orgoglio campanilistico che sarà un danno per il suo sviluppo futuro. Tra i 1905 e il 1912 infatti la produzione nazionale vive una profonda crisi che risente della congiuntura internazionale, ma superata questa fase si aprirà un periodo ricco di innovazione e competitivo. L'esempio di Filetto Alberini diventa trainante: il numero di prodotti e la spinta all'esportazione fanno dell'industria cinematografica un punto notevole dello sviluppo industriale. Stefano Pittalunga è il primo vero imprenditore moderno, in grado di elaborare un progetto di concentrazione verticale, ed otterrò un grande sostegno governativo per l'industria cinematografica. Le capitali del cinema inizialmente sono quattro: Torino, Roma, Milano e Napoli. Il policentrismo produttivo si spiega con facilità in un'Italia divisa da barriere economiche e sociali, tanto che da subito la fisionomia delle prime case di produzione appare legata al territorio. La guerra mondiale fungerà poi da spartiacque, spostando il grosso della produzione solo a Roma. La Film d'Arte italiana dal 1912 decide di affrontare storie moderne, drammi familiari ed economici, con una morale ancora molto ottocentesca. Dal 1909 si inizia a parlare di crisi delle case di produzione: cambiando le strategie della produzione internazionale, i primi interventi delle autorità religiose di denuncia si scatena la corsa all'imitazione, le case di produzione si copiano tra loro (Quo Vadim? e Gli ultimi giorni di Pompei). Nel 1912 i cataloghi della maggior parte delle case di produzione hanno ormai fissato le caratteristiche dei propri prodotti, divisi per genere, lunghezza e hanno cominciato a pubblicizzarli in maniera differente. Vengono messe a punto le prime vere strategie di produzione, distribuzione e di mercato. Il biennio che precede la guerra segna la fase di maggior espansione e consolidamento delle strutture quando l'industria Italiana gode del massimo splendore negli Stati Uniti. I mercati internazionali iniziano a chiudersi all'alba della guerra, creando una profonda crisi in Italia. Il cinema italiano dei primi anni, più che in altri paesi, prima di essere una chiave d'accesso alla modernità è fatto di restaurazione culturale, con viaggi nella storia e nella cultura del paese. ll cinema diviene una sorta di iperlinguaggio dove si possono trovare letteratura, arte, teatro, storia, musica e melodramma insieme. Dalle sale cinematografiche italiane escono titoli come “Otello” “Giuditta e Oloferne", “Amleto", “Pia de' Tolomei". Nell'impostare la loro politica produttiva ed editoriale le case suddividono i titoli secondo una rigida gerarchia di stili e livelli, creando da subito stereotipi, la cinematografia italiana investe sui modelli alti, e si sviluppa con rapidità e caratteristiche bene individuate, grazie alla trasposizione di tutte le scritture letterarie. Nasce una nuova figura: il salariato intellettuale che sintetizza le grandi opere da portare al cinema. Enrico Guazzino è il primo vero autore del cinema italiano capace di porsi problematiche di orchestrazione di masse, di costruzione d'immagine, di organizzazione di spazio, sintassi narrativa, valorizzazione di elementi scenografici. La produzione delle case romane e torinesi si orienta sempre più verso i film storici, per conquistare lo spettatore universale: il genere storico diventa così centrale nella produzione, oltre a trasmettere un'immagine vincente della cultura e della storia italiana, serve anche a supportare l'ideologia nazionalista necessaria per l'Italia in guerra {Quo Vadis? Cabiria, Marcantonio e Cleopatra). Nerone di Maggi, 1909, è 1
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