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La fortuna di Dante nel corso dei secoli, Sbobinature di Letteratura Italiana

Lafortuna di Dante nel corso dei secoli, dalla sua morte fino all'800. Si parla della diffusione del mito di Dante grazie a Petrarca, della sua figura di intellettuale e della sua popolarità. Si analizza la sua fortuna editoriale, la sua figura di poeta nazionale e il suo utilizzo come strumento educativo. Si parla anche della sua fortuna all'estero e delle prime edizioni critiche. Si evidenzia come la sua figura sia stata strumentalizzata per fini politici e come sia stata oggetto di interpretazioni personali.

Tipologia: Sbobinature

2020/2021

In vendita dal 22/11/2023

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12 documenti

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Scarica La fortuna di Dante nel corso dei secoli e più Sbobinature in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! LEZIONE II Dante: dopo la sua morte diventa dubito un mito, quel mito che non era stato in vita. Il mito si diffonde subito anche grazie a Petrarca che scrive Trattatello in laude di Dante. C'è una fortuna ampia. 800 manoscritti. È un paradosso. Non si è conservato alcun rigo dell'autografo, eppure ci sono tanti manoscritti. È cambiata la figura dell'intellettuale. Dante diventa personaggio popolare. Di Petrarca conserviamo tutto. È l'umanesimo che si sta affermando, intellettuale che riesce ad avere un ruolo sociale in quanto scrittore, poeta. Petrarca riuscì in tutto questo, Dante assolutamente NO (dante non aveva avuto questo ruolo, né il riconoscimento in quanto poeta). La fortuna di Dante è ampia, ma successiva alla morte. Lectura dantis viene inventata da Boccaccio. Il Dante dopo la morte è un poeta fiorentino che Firenze riconosce suo dopo la morte. Nel 400 La fortuna dantesca la troviamo in opere che prendono l'abbrivo (avvio, spinta) dall'opera di Boccaccio e che via via crescono. Vitae di dante -> di Leonardo bruni. Dante e stilnovo sono caratteristiche di una cultura quella toscana che cerca di imporsi come cultura nazionale. Tutto questo avrà una spinta ancora più forte quando questa spinta politica verrà esercitata dai Medici nel secondo 400 (si governa anche con la cultura si governa anche imponendo una lingua; la lingua è uno degli strumenti di potere fondamentali) La lingua è uno strumento di potere e Dante diventa strumento di potere nelle mani dei fiorentini!!! Il 400 ci sono tante copie della Commedia e tante stampe Dopo il 1500 ci sono solo tre edizioni a stampa della Commedia. Non si chiama DIVINA. Dante è divino, ma non la commedia. Dal 1555 la Commedia si chiama DIVINA. È la fortuna di Dante che fa diventare l'opera divina commedia. Una delle opere più importanti della letteratura, non ha titolo. La chiamiamo Divina perché era divino il suo autore! Nel 1502: Aldo Manuzio, le Terze Rime di Dante (neanche Commedia) -> con lo stile italico. -> curata da Pietro Bembo. Nel 1501 pubblica le rime di Petrarca.   È una storia di successo quella di Dante di questi anni (400-500) che lo porta ad essere una delle produzioni editoriali più diffuse. Le tre edizioni del 600 ci dimostra che Dante non si vende più, ma comunque si legge ancora, però la spinta è diminuita perché è la cultura classicistica che nel 600 entra in crisi sotto la spinta del Barocco. Dante subisce questa situazione di difficoltà! Anche nei testi del 600 comunque affiora nei libri Dante. Dal manierismo in poi, ovvero dal petrarchismo diffuso come lingua della poesia da Bembo in poi, è PETRARCA il poeta di riferimento, è lui il modello che finisce per avere fortuna, enorme, in Italia e all'estero. Molti iniziano a parlare del rapporto che c'è tra Dante e Shakespeare (come Eliot). Quest'ultimo quando scrive sonetti è petrarchista. Si parla di fortuna alterna di Dante nel 600. Nel 700 inizia una nuova discussione sulla fortuna di Dante tra coloro che lo difendono e coloro che lo rifiutano. La grande riscoperta dantesca è quella dell'800. è da questo momento che Dante diventa poeta nazionale. Petrarca, nell800, viene affiancato da Dante. Nell'800 Dante diventa l'eroe dell'Italia unita, un'Italia unita che forse dante stesso non si è mai sognato. Dante aveva l'ideale dell'impero latino, perciò italiano. Non l'Italia del risorgimento. Eppure, l'Italia del risorgimento drammatizza dante, lo porta in scena. Tanti drammi ci saranno. Francesca da Rimini, Pia dei Tolomei. DANTISMO pervade la cultura italiana in profondità. Si esagera in questo momento il Dante politico. Si attribuiscono a Dante pensieri politici che in realtà sono proiezioni del presente. Dante nazionale centrale, Dante padre della lingua. Manzoni e la sua riflessione: risente fortemente del De Vulgari Eloquentiae. Il Dante che va in esilio somiglia ai patrioti esiliati dagli stati italiani durante i moti del 20 e i successivi. L'anniversario più significativo è quello della nascita di Dante: 1865 -> si sta definendo l'Italia (1861) ed è ancora aperta la questione romana del papato. Quale strumento migliore di Dante per parlare dei papi all'inferno. Dante diventa campione dell'Italia laica, liberale. -> che finisce per stravolgere il profilo di Dante. Anche nelle terre irredente (monumenti 1865 o al più 1921) La scuola recita una parte importante in tutto questo. La scuola è lo strumento mediante il quale costruire una identità culturale italiana. O far sì che l'identità culturale che era delle classi colte, questi devono diventare cittadini italiani. Dante diventa strumento educativo formidabile. Bisogna far leggere la divina commedia a scuola. Dai primissimi programmi ministeriali, fino ai programmi del 1884 che introducono quella forma di lettura che è usata ancora oggi. --> una parte di questo fatti da Giosuè Carducci. L'enfasi posta in questi anni sulla figura di Dante, finisce un po' per distorcerla alle esigenze della stretta contemporaneità dell'azione politica quasi quotidiana. Tutto questo fa bene fino a un certo punto al Dante vero e proprio. La fortuna dantesca cresce in modo molto forte a livello internazionale nell'area tedesca (dove si stanno conducendo studi di filologia) e l'area anglo-americana (specialmente americana) --> Eliot   Abbiamo una presenza di Dante che mentre in Italia viene trattato retoricamente come padre della patria che non era. All'estero lo si inizia a trattare in senso più scientifico. Le prime edizioni critiche sono quelle che vengono dall'area tedesca. Gli elementi di creatività più vivaci vengono dall'area americana, traduzioni, riscritture.   Alla fine dell'800 Pascoli si fa erede di una tradizione che interpreta in un modo particolare, personale. Questa interpretazione tocca quella 800esca, ma la stravolge. La sua si contrappone al Dante politico, ma anche al dantismo 800esco. Monumentalizzare Dante è un processo molto comune in quel periodo. Si monumentalizza proprio a partire dalla sua opera. In Italia la Commedia diventa un monumento, così come Dante. Che però non si tocca. Non puoi indagare la Commedia come si fa con qualsiasi opera. Dante non è perfetto in sé, Dante muore prima di dare l'ultima revisione, probabilmente. La commedia contiene degli errori, che forse si sarebbero potuti positive. Il positivismo che diventa il modo di agire di tutti gli intellettuali, ragazzi giovani. Con l'idea che la scienza, scienza particolare di Darwin8EVOLUZIONISTA), una scienza che possa spiegare tutto, anche la letteratura. Edizione critica è vedere le fasi di come un'opera si è evoluta. Pascoli va oltre, vede la crisi di questo metodo, non abbraccia il metodo filologico in senso stretto, come Barbi, Zingarelli. LEZIONE III La tradizione degli studi filologici che ha preso piede in Italia, a margine della scuola storica, a margine delle produzioni critiche del positivismo, infondendo agli studi danteschi una nuova dinamicità che si è espressa in modo particolare, attraverso una attenzione rinnovata alla filologia. Abbiamo in atto una ripresa degli studi danteschi che si anima in maniera anche nuova, originale, grazie a studi condotti all'estero. In particolare, in Germania gli studi filologici avevano toccato il mondo degli studi romanzi, quindi anche danteschi. In Italia c'è un ritardo condizionato da molte cose, ritardo condizionato da una MONUMENTALIZZAZIONE di Dante che non è solo un modo di esprimersi, ma è un fatto pratico, monumenti eretti. Gli interessi di Giovanni Pascoli verso Dante sorgono presto, in questo storico- culturale. In questo periodo, sorgono a margine dalle lezioni carducciane, a diverse dall'impostazione carducciana e assorbono Giovanni Pascoli in una maniera importante. Pascoli è autore tra i più originali della lirica in italiano di fine secolo, è colui che fonda la poesia del 900, ma è anche autore latino, ultimo figlio di Virgilio, come lo definì d'annunzio. L'ultimo grande autore di carmi latini della nostra storia letteraria e tanti premi ricevette. (tanti premi che raccolse nel certame di Amsterdam). Un po' meno riconosciuto, rispetto alla poesia ecc, è l'impegno dantesco, totalizzante almeno per 1/3 della vita professionale di Pascoli. Riflessi del modello dantesco si riflettono nell'opera del poeta italiano e latino. Il virgilianesimo del Pascoli latino è un virgilianesimo che passa anche dal Virgilio dantesco. Siamo al cospetto di un impegno non minore rispetto a quello riservato alla poesia italiana e latina. L'esito critico è diverso! C'è una sottovalutazione, svalutazione del critico dantesco. Pascoli non subisce solo ed esclusivamente una condanna legata all'ostilità che alcuni critici dimostrano, ma oggettivamente la sua critica dantesca che si presta a qualche problema e ad essere accettata. Dentro il sistema di interpretazione che Dante applicherà a Dante ci sono spunti che la critica moderna ha riconosciuto importanti. È difficile riconoscere il Pascoli critico di Dante, perché talvolta anche chi si è avvalso del pascoli dantista, non lo citano, perché è stato già sottoposto ad una pesante condanna. La cronologia delle opere di Pascoli è strana. Nasce nel 1855, muore nel 1912, ma la sua produzione si concentra TUTTA nell'arco di poco meno di 30 anni, gli ultimi della sua vita. Dal 1889-91 al 1912. il grande Pascoli poeta delle grandi raccolte è quello che sta tutto nell'arco di un decennio anni 90 e i primi del 900. Pascoli lo (questo passaggio) userà per spiegare una cosa che oggi viene considerato un errore interpretativo della Commedia. Pascoli è convinto che Dante abbia scritto tutta la commedia nell'arco di 6-7 anni dal periodo in cui era giunto a Ravenna. Arriva a pensare che la selva oscura altro non è che la pianeta di Classe di Ravenna. Chi fa notare che non sia possibile che Dante in così poco tempo abbia scritto la Commedia, lui dice di esserne l'esempio (anche lui ha scritto tantissimo nell'arco di 10 anni e neppure). dinamica di identificazione tra Dante poeta e Pascoli critico. Pascoli si sente erede del poeta Dante, cerca di interpretare la propria poesia (incipit dei canti di Castelvecchio) -> qui rifà dante, riscrive Dante. Quando Pascoli fa il poeta tiene presente Dante, ma non solo. Il Pascoli critico tende a leggere Dante sempre nella medesima logica, cioè secondo un principio di vicinanza, di contiguità, quasi di parentela culturale e intellettuale tra poeti.   Quando parla di Dante come critico molto spesso Pascoli sta pensando a ciò che per lui è la poesia. Parla di Dante, ma parla anche del poeta in generale, quindi di sé stesso. Leggere il dantismo di pascoli, per leggere il pascoli stesso. -> è la chiave di lettura, è il codice che ci fa capire come lui intende la poesia. Pascoli, 1898 (anno in cui sta lavorando al fanciullino). Nel 1898 scrivendo a Gaspare Finali una lettera che accompagnava la ripubblicazione della Minerva Oscura, che è il primo dei libri danteschi di pascoli. "era da 5 o 6 anni il mio lavoro segreto e diletto"-> parla dell'impegno dantesco.   "Era da cinque o sei anni il mio lavoro segreto e prediletto: lo meditavo per giorni interi e ne sognavo (sorrida o rida chi vuole; ma è vero!) le notti. Era la mia compagnia, il mio conforto, il mio vanto". (Minerva oscura p.5)   Sembra la confessione maniacale di un appassionato, più che di uno studioso. Non ci dormiva la notte, a sognare Dante. Era il mio lavoro segreto, perchè solo nel 1898 vengono fuori i primi scritti danteschi di Pascoli. Me ne occupavo da 5 o 6 anni --> quest'opera fu pubblicata nel 1898, lui da 5 o 6 anni già stava lavorando all'opera. Ciò ci riporta all'aprile 1892, anno in cui escono, seconda forma strutturata le MYRICAE, la prima grande raccolta poetica. È quella che gli dà la consacrazione di poeta, quando Pascoli aveva quasi 40 anni. Chi si accorge della genialità di questo poeta, allievo di Carducci, fu proprio d'annunzio che al tempo era già scrittore affermato, critico affermato ed è lui che fa la recensione che mette in evidenza l'importanza dell'opera poetica di questo autore. Pascoli dice che stava meditando da 5 o 6 anni Dante, quindi, che il suo interesse per Dante coincide con la prima produzione poetica. Probabilmente non è la primissima produzione poetica (le Myricae), avrebbe scritto delle poesie giovanili, anche di impegno sociale politico… del primo Pascoli. forse ci sono altre liriche però non le fa sopravvivere, come fecero in parte Carducci, Leopardi. Pascoli tende a costruire un'immagine di sé poeta. Seleziona quello che ci vuol far arrivare. È editore si sé stesso. Decide cosa salvare della propria memoria e cosa buttare via. Quindi è difficile conoscere la primissima produzione. Il poeta che noi studiamo parte con Myricae. Quest'ultima è una raccolta poetica che si basa sulla poesia dantesca; quindi, il poeta e il critico nascono nello stesso periodo e nello stesso tempo. Interesse per la poesia dantesca nasce negli stessi anni in cui si sviluppa l'immagine della poesia che noi conosciamo.   "La COMPAGNIA IL CONFORTO IL VANTO" -> la poesia è tutto ciò: conforto è ciò che dà coraggio; compagnia: è ciò che accompagna; vanto: non è un vanto pubblico, lo rende consapevole dei suoi mezzi. Lo rende conscio del fatto di poter affrontare in maniera nuova la figura di Dante. È contento di quello che fa. Nel giro di 3 anni pubblicherà grandi tomi, tutti insieme, che danno il senso di questo lungo e complicato lavoro. È come se le idee di una vita si condensassero tutte insieme. Pascoli ha la pazienza di cogliere i frutti della sua poesia solo quando sono maturi, quando sono troppo in là li butta, li mette da parte. Non mancano le critiche, però si vanta di aver visto nel pensiero di Dante. È come se dicesse "sono il primo (l'unico) ad aver capito cosa dice Dante e chi era Dante" -> c'è un po' di SUPERBIA. Incide molto il modo di porgere di Pascoli. La reazione della critica dantesca è un po' risentita. Pascoli si crede così tanto.     "E io, la vera sentenza, io l'ho veduta! Sì: io era giunto al Polo del mondo Dantesco, di quel mondo che tutti i sapienti indagano come opera d'un altro Dio! Io aveva scoperto, in certo modo, le leggi di gravità di questa altra Natura; e quest'altra natura, la ragione dell'Universo Dantesco, stava per svelarsi tutta! E così concludevo, nel nostro Convito, con parlare della gloria che da ricerca e scoperta tanto importante doveva derivarmi". (MINERVA OSCURA pp.5-6)   "Io la vera sentenza” -> il vero significato l'ho veduta; "Ero giunto al polo del mondo dantesco" -> questi sono gli anni dell'esplorazione, giungere al polo nord. Io sono come un esploratore e sono giunto al polo nord del mondo dantesco. "concludevo" -> aspettava la gloria METAFORE: metafore scientifiche: il viaggio dell'esploratore, parla delle leggi di gravità. Pascoli nasce positivista, è una impostazione culturale di quegli anni. Nasce e probabilmente muore positivista. Ha una grande fede nel metodo scientifico che cerca di applicare anche alla commedia. È un po' il carattere della cultura di quegli anni. Pensare che in ogni caso sia possibile applicare un metodo positivo, cioè scientifico. Un metodo fatto di esplorazione, prove, esperimenti. In letteratura vado a vedere la COMPOSIZIONE, quindi scendere nella struttura "chimica" di un'opera letteraria, significa vederne la composizione. Quali sono le materie prime che la compongono. Individuare di un testo letterario i modelli, le fonti. Da dove è venuta l'idea del viaggio ultraterreno. Pascoli intuisce che Dante non solo ha utilizzato i classici, ma li ha utilizzati in un contesto in cui ne ha voluto mettere in evidenza l'interazione, il rapporto che questi hanno avuto con la cultura coeva di Dante. Riprendere Virgilio non significava che Dante sta citando un classico, ma come Virgilio come veniva letto nei suoi anni, nel suo periodo. Il Virgilio che legge Dante è Virgilio cristianizzato, passato attraverso la Minerva Oscura -> “Non vado in cerca di gloria, o gloriola, ma alla ricerca di una dimensione di vita che è dimensione di equilibrio, più che tranquillità, non è pigrizia, è prudenza. È la ricerca di una autenticità. Qual è il mondo in cui il poeta si esprime? È il mondo in cui si mette in ascolto dei suoni della natura, onomatopea "acqua acqua" -> onomatopea ---> fa parte di uno dei caratteri fondamentali della poetica di Pascoli: il fonosimbolismo, l'attenzione ai suoni della natura. -> quindi il gracidare delle rane. È un ideale classico di medietas, di mediocritas = cioè di equilibrio saggio.   La raccolta Myricae iniziava: ARBUSTA IUVANT HUMILESQUE MYRICAE -> virgilio aveva scritto NON OMNES ARBUSTA IUVANT HUNILESQUE MYRICAE -> non per tutti vanno bene gli arbusti bassi e le umili tamerici. Pascoli riprende il classico, ma lo riadatta. Taglia una parte che modifica il senso. Rovescia la situazione di partenza del testo virgiliano: la traduzione sarà fanno bene gli arbusti e le basse tamerici. Così come quando ha ripreso Belacqua di Dante non ha ripreso il senso ironico che Dante aveva dato. Dante aveva detto "guarda quello che sembra il fratello della pigrizia" (aveva scherzato). Di questo scherzo nella Gloria di Pascoli questo scherzo non c'è più. Non la troviamo più questa traccia ironica. Il discorso è diventato serio. Manca tutto la parte ironica, giocosa della scrittura dantesca. Non c'è più il gioco che fa con i monosillabi. Dante è felice, contento di ritrovare l'amico Bevilacqua e lo prende un po' in giro, ma bonariamente. Tutto ciò non c'è più in Myricae. Nella III edizione l'elemento dantesco ci sarà ma stemperato. Nella I e II edizione di Myricae, che aveva 22 componimenti. Tra questi 22 componimenti, ben 14 su 22 avevano una ben dichiarata presenza dantesca. Questo vuol dire che Dante era molto presente. Presente in forma incipitaria, all'inizio. Il lettore si ritrova il titolo Myricae (tamerici virgiliane), poi la frase (atbusta iuvant…), gira la pagina trova Gloria. Il lettore ha sùbito l'immagine del tipo di poesia che si vuole fare. Non ambisce al tono elevato, retorico, ma che vuole rimanere alle piccole cose, non perché Dante sia interpretato come il poeta delle piccole cose e neppure Pascoli è il poeta delle piccole cose come una certa critica ha detto. Pascoli è il poeta che nelle piccole cose sa vedere la verità del mondo e della vita. Non c'è bisogno delle grandi costruzioni poetiche. Non c'è bisogno di evocare le grandi immagini della poesia. Il poetico lo ritroviamo anche nelle cose quotidiane. Le cicale e le rane ci parlano della natura, di come l'universo sia fatto. Come siano al mondo esattamente come i grandi predatori, i grandi animali. Le piccole cose, i piccoli animali ci spiegano la vita. La gloria non si raggiunge affaticandosi nel salire il monte. La gloria si raggiunge mettendosi come aveva fatto Belacqua, mettendosi in ascolto di ciò che è attorno a noi.   La metafora scientifica ha posto l'uomo di fronte alla grande scoperta. Myricae inizierà dalla III edizione in poi con una grande e lunga poesia "il giorno dei morti" -> che è una poesia dantesca --> è una TERZINA (non esattamente dantesca, ma cmq terzina) Essa dà voce ai morti, ai defunti della propria famiglia. --> Anche questo è dantesco. Il tono però è cambiato, è più cupo. Il positivismo ha portato l'uomo ad avere una maggiore consapevolezza di sé. Negli anni 90 si iniziava a parlare della crisi del positivismo. Questo aveva promesso di liberare l'uomo dalla falsità, dalle bugie, restituirlo alla libertà. Fargli conoscere tutto. Gli aveva promesso il progresso che avrebbe portato alla felicità. Invece la felicità non era arrivata. Da qui la crisi del positivismo, e poi il decadentismo. (letteratura della decadenza) -> letteratura che si pone di raccontare la disillusione, alla quale si aggiungeva anche quella disillusione politica. In quegli anni la scienza aveva fatto bancarotta. Bancarotta della scienza. Erno anni in cui la bancarotta diveniva un fatto concreto. In Italia c'erano i primi crolli delle banche. (banca di Roma). Il capitalismo che mostrava i segni della possibile corruzione. L'Italia, a pochi anni dalla propria nascita, vive il primo grande scandalo finanziario. La presa di coscienza di questa situazione, di questa difficoltà viene interpretata da molti come il fallimento della scienza. Pascoli si ribella a questa idea. Dice che la scienza non ha fallito. La scienza Ha fatto quello che doveva fare: ha tolto all'uomo le illusioni. L'ha posto di fronte alla realtà, di fronte alla reale esistenza, di fronte al grande mistero della MORTE. La scienza ha spiegato all'uomo che non c'è l'aldilà. Questo ha provocato sgomento, paura. Sono cadute le illusioni anche Leopardi parlava della caduta delle illusioni, della perdita della centralità dell'uomo. Leopardi lo faceva in nome dell'Illuminismo. Pascoli lo faceva alla luce del positivismo. Interesse molto intenso per Leopardi d parte di Pascoli. Ma tutti e due avevano messo al centro la collocazione dell'uomo nel mondo. Pascoli dice che non è vero che la scienza ha fallito, la scienza ha mostrato la verità. È stata la letteratura che ha FALLITO, perché non è riuscita a frasi interprete di questo nuovo mondo; perciò, vuole un RINNOVAMENTO della letteratura e lo attua. Ha la poesia perché se il compito della scienza era dare la verità, il compito della letteratura era quello di dare coscienza alla scienza. (lo dice nell'èra nuova). La letteratura dovrebbe trasmettere la coscienza alla scienza. Perché una scienza che non sa trasformarsi in coscienza, è addirittura pericolosa. È la cultura umanistica che dovrebbe nutrire la coscienza degli uomini. Non ve la prendete, dice Pascoli, con la scienza se siamo come siamo, ve la dovete prendere con la con la coscienza, o con l'incapacità che le discipline come la letteratura, la filosofia che non hanno saputo riempire di coscienza la scienza. Qual è La coscienza che bisogna dare?: Pascoli recupera il modello di Leopardi. Lo recupera in modo molto diretto. Recupera Leopardi dell'ultimo periodo. Quando Pascoli sta scrivendo tutto questo, Leopardi non è ancora conosciuto. Ad esempio, lo Zibaldone non era stato pubblicato, Pascoli non conosce Lo Zibaldone. Però ha ben presente l'ultimo Leopardi, lo dice in una conferenza che tenne a Messina, la Ginestra. Ricorda il modello della Ginestra, fiore del deserto, fiore umile, (un po' la dimensione delle tamerici). Nella Ginestra di Leopardi, Pascoli mette in evidenza il richiamo che Leopardi faceva alla social catena (se già il mondo va verso una comune morte, mondo che ci promette tanta infelicità, qual è il senso di far crescere con i comportamenti umani la negatività del mondo?). Pascoli interpreta tutto ciò alla luce di Leopardi, ma anche alla luce di quello che era venuto dopo. Ecco che la social catena diventa un aspetto del socialismo umanitario, non rivoluzionario che Pascoli abbracciò. Pascoli dice il poeta è umano, anzi è un socialista, nel senso che interpreta questa dimensione politica come traduzione della solidarietà. Lo crede fermamente in questo. Fino al 1911 quando estenderà questa idea di socialismo al rapporto tra le nazioni e scriverà La Grande Proletaria si è mossa. Testo controverso a favore dell'intervento italiano in Libia. Italia nazione proletaria tra le altre nazioni.   Se è necessario cercare il senso della solidarietà nelle piccole cose umane, nelle cose quotidiane, il poeta si deve fare cantore di tutto questo. Ecco perché Gloria (prima poesia), ecco perché questo modello di medietas, il modello non COMPETITIVO. Pascoli dice cosa sta accadendo nei moti di produzione in quegli anni. Si accorge che la fabbrica sta mangiando il lavoro del piccolo artigiano, il latifondo sta mangiando i piccoli appezzamenti dei contadini. Denuncia tutto ciò. Dice che tutto questo è grave -> andrà a finire che avremo un padrone del mondo. Pascoli vede nella società di quegli anni il sorgere delle dinamiche che porteranno al diffondersi dei totalitarismi. Vede la dinamica della società in quegli anni. Tutto ciò non ne fa un profeta in senso stretto. Pascoli ha il torto di non aver mai dato una sistemazione specifica al suo pensiero.   Guardare le cose dentro per capirle.   Emerge il modello dantesco:   Novembre (fa parte di I e II edizione di Myricae) Gèmmea l’aria, il sole così chiaro che tu ricerchi gli albicocchi in fiore, e del prunalbo l’odorino amaro                                         senti nel cuore… 4 -> è la tua immaginazione,   Ma secco è il pruno, e le stecchite piante di nere trame segnano il sereno, e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante                                         sembra il terreno. 8   Silenzio, intorno: solo, alle ventate, odi lontano, da giardini ed orti, di foglie un cader fragile. È l’estate,                                         fredda, dei morti. 12     Sembra un ritratto bucolico. Novembre, è l'estate di San martino. Sembra che stia estate, luce estiva, ma se si guarda per bene non è così. Ti accorgi che le cose sono diverse. v.4: Senti col cuore, è la tua immaginazione. Il terreno sembra, è l'estate fredda dei morti. La realtà normale, di una semplice giornata di inverno, se guardi per bene scopri anche lì il richiamo alla morte, che è una delle ossessioni di Pascoli. In questi versi (andamento classicheggiante) ritroviamo un richiamo dantesco. Paradiso XIII -> Salomone che contiene tutte le cose che era già precedentemente riportate in sotto il velame e minerva oscura. L'altro elemento importante è che Pascoli in questi anni è diventato, dopo qualche travaglio, è docente. Ha insegnato a scuola a Matera, Massa. Dopo travagli finisce a Messina. Alcuni di questi testi come Sotto il Velame e la Mirabile visione sono pubblicati da un editore messinese: Muglia. A Messina va ad insegnare greco e latino. Dopo la morte di Carducci, Pascoli sostituirà per 5 anni. Avrà la cattedra di lett. Italiana a Bologna. Si pensa sia stato proprio Carducci ad indicare Pascoli come suo successore, dopo che un periodo in cui i rapporti tra i due non erano sempre stati idilliaci. Pascoli era sempre stato descritto come personaggio ombroso, chiuso in sé stesso. Pare che non fosse un buon oratore. Era molto abile, invece, nell'oratoria D'Annuncio, il quale era stato fortemente voluto dagli studenti come successore di Carducci, ma il poeta decise di non accettare. Quindi arrivò a Bologna Pascoli. Gli anni che vanno dal 1895 al 1901 sono gli anni più intensi di produzione poetica di Pascoli. È un momento per lui significativo. Un momento importante il passaggio all'università. Finalmente si realizza il suo sogno, ma Giovanni ha bisogno di legittimarsi come studioso. Pascoli è poeta e critico. Il fatto che Myricae, i canti di Castelvecchio, i poemetti, la prosa e il fanciullino, gli scritti danteschi, coincidano tutte nel giro di questi 5-6-7 anni è significativo. --> la riflessione critica alimenta la produzione poetica, prosastica e a sua volta la produzione poetica illumina, guida quella critica. Il critico e il poeta sono la stessa persona. La materia di cui è fatta la critica è la medesima di cui è fatta di poesia. La poesia è fatta di una RICERCA di senso ULTIMO, di senso profondo delle cose. Un senso profondo delle cose che nella poesia è stato sintetizzato in maniera sbagliata e riduttiva con l'idea della poesia delle piccole cose, ma che in realtà vuol dire altro. Vuol dire che nelle cose quotidiane si può ritrovare il poetico! Nella critica pascoliana noi non dobbiamo sforzarci di guardare ad un'opera cercando il capolavoro, cercando nell'opera l'elemento di arte sublime. L'opera dobbiamo leggerla nella maniera diretta, più diretta possibile. Leggere l'opera non come monumento intangibile di bellezza, ma come atto di scrittura di un uomo. -> concetto già introdotto per quanto riguarda il dantismo ottocentesco. Quest'ultimo monumentalizza l'opera di Dante. Mettere in luce alcuni elementi e ne mette altri in un'altra luce. --> come si deve leggere l'opera di Dante? Bisogna mettere in evidenza gli elementi straordinari, monumentali, oppure bisogna raccogliere gli elementi più vari, più disparati, farne una lettura complessiva. La monumentalizzazione aveva portato a far emergere luoghi, personaggi, versi che erano diventati un vero e proprio monumento. Pascoli vuole fare una lettura complessiva dell'opera. Dopo aver dedicato un saggio critico nei confronti dell'opera di Pascoli, Benedetto Croce scrisse un testo La poesia di Dante: testo fondamentale per la critica moderna. Croce aveva distinto nella Commedia POESIA e NON POESIA, non intendendo - come una certa critica ha fatto - che ci fossero dei luoghi della Commedia più belli e altri meno belli, ma distinguendo dei filoni lirici e dei filoni di tipo connettivo (questo è quello che dice CROCE: filoni lirici e connettivi). La semplificazione di chi ha voluto assumere in maniera estrema la teorizzazione di Croce è che ci fossero luoghi di poesia della Commedia raccordati da luoghi in cui non c'è poesia e servono a cucire una poesia e l'altra ---> CROCE NON AVEVA ASSOLUTAMENTE DETTO QUESTO. Croce metteva in evidenza come questi due momenti fossero ugualmente ALTI e FUNZIONALI alla commedia. È una prospettiva questa che è molto diversa da quella di Pascoli che pure parlerà di poetico e non poetico, ma lo farà in termini diversi, in termini più dubitativi, anche un po' confusi. L'inizio degli interessi pascoliani si possono leggere nella PREFAZIONE che Maria scrive qualche anno dopo. Maria è la sorella di Pascoli, divenne la custode delle memorie di Pascoli, ma condizionò la ricezione delle opere del fratello (scelse cosa esaltare).   PREFAZIONE di Conferenze e studi danteschi di Maria Pascoli Trascorreranno ancora molti anni prima che alle interpretazioni dantesche dell'autore di "Minerva oscura", di "Sotto il velame", di "Mirabile visione", sia reso il merito dovuto? È un dubbio desolante che, se si osserva il contegno tenuto fin qui da molti studiosi del 'Poema Sacro', ha tutta la probabilità di diventare certezza. Alcuni non hanno nemmeno creduto di tener conto di questi libri; altri li hanno sfrondati a loro talento non ritenendosi obbligati di accennare all'albero a cui appartenevano le fronde e alla fronte che queste dovevano giustamente incoronare. Altri infine hanno usato verso questo enorme lavoro, di profondo pensiero e di lungo tempo, un sistema demolitore di ironia e di disprezzo.   Nelle parole di Maria si percepisce il risentimento: alcuni hanno usato nei confronti delle pagine critiche di Pascoli IRONIA e DISPREZZO. Bisogna partire da questo. Ironia e disprezzo nei confronti del pascoli dantista, percè è fuori da ogni scuola critica. Pascoli non si riconosce nella scuola filologica, non si riconosce nella scuola storica, nemmeno nella scuola tradizionale. La sua è una lettura personale e questo finisce per renderlo il nemico di tutti. Si attacca solo lui, non una scuola, non un metodo. Il pascoli che viene attaccato per i CONTENUTI, ma anche per la FORMA. --> forma complicata, confusa. Questo è un limite che la scrittura pascoliana ha. E poi: Pascoli non sembra tenere in gran conto la critica prima di lui. È una lettura molto spesso emozionale, non basata sui critici, ne sceglierà alcuni, pochi. Ma gran parte della critica dantesca lui non la considera con la debita attenzione. Diventa facilissimo isolare e attaccare Pascoli. L'impegno enorme che lui mise nell'opera ci dice che l'investimento di tempo, di studio, emozionale era un impegno in cui lui credeva nella maniera più completa. È chiaro che quando Pascoli immagina di fondare una nuova critica, lo fa in un modo non propriamente modesto. Dirà "tanti critici sono andati a cercare la chiave per interpretare la Commedia, non l'ha mai trovata nessuno. Io l'ho trovata, sono l'unico che ha capito cosa Dante voleva dire." -- > atteggiamento che non suscita simpatia. "Pascoli dice di aver trovato la chiave nella toppa." --> dice ai critici prima di lui che nessuno ha visto ciò che era ovvio vedere. Quasi un atteggiamento superbo. L'idea di base è che le colpe e le pene in Dante sono pienamente corrispondenti, però in Purgatorio abbiamo 7 cornici, nell'Inferno 9 cerchi. Pascoli dice che tutta la Commedia si lega ai peccati capitali. Chi ha peccato, ha peccato nell'ambito dei peccati capitali. I 9 cerchi dell'inferno si riconducono ai 7 peccati capitali, con il ritorno di un peccato posizionato più volte che è l'accidia. Nella sua interpretazione: I cerchi e i gironi e la topografia dei regni ultraterreni corrisponde. Corrisponde anche il Paradiso. Inferno e purgatorio, per quanto riguarda i peccati, sono uno l'inverso dell'altro. (Lussuria si incontra subito nell'inferno, e poi si incontrerà vicino al paradiso in Purgatorio).   Immagine: SCHEMA PECCATI PASCOLI È lo schema che Pascoli utilizza. Il primo cerchio dell'Inferno ci sono gli accidiosi, caronte, limbo. Nel purgatorio , ai piedi del purgatorio, Casella canta e Catone dice "muovetevi spiriti lenti" --> anche questo è ACCIDIA. Il cielo di Mercurio, in Paradiso, è un cielo in cui le anime come quella di Piccarda che hanno meritato la santità, ma sono state lente per mancanza di volontà. Piccarda fu costretta a farsi monaca, ma aveva tentennato prima di farsi santa. Inferno, purgatorio e paradiso iniziano tutte e tre con momenti di incertezza di stasi. Con delle anime non prontissime, ma accidiose. Poi c'è la LUSSURIA: incontinenti che non frenano i desideri: paolo e francesca. Nella VII cornice del purgatorio (la più alta) ci sono i lussuriosi. Nel III cielo è il cielo di Venere: è il pianeta dell'amore, della lussuria. Pascoli dice che Dante nella costruzione della sua opera ha sempre usato la stessa logica. Non è vero che il Paradiso è diverso ecc. La logica è quella dei peccati capitali, e quindi delle virtù teologali, virtù che rendono santi. Il III cerchio dell'inferno è la gola. La VI cornice è la gola. Il IV cielo è il Sole: dove stanno coloro che sono famelici della manna --> hanno bisogno del nutrimento di Dio. (anche questa è una forma di gola, benedetta) IV cerchio: avari e prodighi; V cornice: avarizia e prodigalità; V cielo del Paradiso è Marte: i combattenti per Dio ricordano coloro che hanno rinunciato a Dio per amore di una cosa che non dura. (le anime nel cielo di Marte hanno lottato, rinunciando a sé stessi, donandosi, con la loro virtù, a dio. Si sono a Dio) --> non C'E' AVARIZIA, MA PRODIGALITA' che viene dall'interiorità.   Poi il V cerchio dovrebbe essere quello degli iracondi, eppure nel V cerchio si incontra la barca di Flegias. È un richiamo questo a Caronte, della situazione dell'inizio dell'inferno. Questi sono IRACONDI -> questi iracondi erano pieni d'ira, ma non ebbero il coraggio di praticarla. (qui Pascoli sdoppia il Cerchio). Anche questa, secondo Pascoli, è una forma di ACCIDIA; la IV cornice è quella degli accidiosi; nel paradiso: VI cielo del paradiso, quello degli spiriti giusti, coloro che fecero giustizia. Ritorna anche nel Paradiso l'immagine della palude. La palude è il simbolo supremo dell'accidia. Nel VI cielo c'erano i grandi re giusti, che anche loro furono incerti nel praticare la giustizia. Furono non prontissimi.   VI cerchio degli eretici --> l'eresia non è un peccato capitale. È sempre ACCIDIA: perché sono coloro che non si sono sforzati di abbracciare Dio; IV cornice purgatorio corrisponde all'ACCIDIA (in questo caso Pascoli ha duplicato le cornici del purgatorio, le ha divise in due--> così si arriva a 9.) Poi nell'Inferno: VIOLENZA, FRAUDOLENZA, INVIDIA E TRADIMENTO (SUPERBIA); CIELO DI SATURNO, SPIRITI CONTEMPLANTI, STELLE FISSE E CIELO MOBILE (nel Paradiso). Dante ha usato come metro su cui costruire lo schema dei peccati capitali, dice Pascoli. Pascoli riempie i vuoti che lo schema di lettura aveva con l'ACCIDIA, accidia che ritorna 3 volte. Questo è un atteggiamento interpretativo molto estremo. Molto poco condivisibile e condiviso. Molti lo criticarono. però non vuol dire che sia facile per tutti. La commedia è una sfida o che ci viene proposto facile, alla portata di tutti. La commedia deve essere interpretata, che si impegni, non uno spettatore. Se la commedia è la conquista di un'etica, l'etica si conquista con la pratica. Pascoli dice che il lettore della Commedia cresce, si forma, che deve andare in fondo alla propria cultura.   «O voi ch'avete li 'ntelletti sani, mirate la dottrina che s'asconde sotto 'l velame de li versi strani» --> per capire qual è la dottrina che si nasconde sotto versi che possono apparire privi di senso, bisogna avere l'intelletto sano, pieno.   Pascoli dice" Aguzza qui, lettor, ben li occhi al vero,  chè ‘l velo è ora ben tanto sottile,  certo che ‘l trapassar dentro è leggero.    C'è sempre l'idea del velo che copre la verità, copre la dottrina. La funzione della poesia è andare oltre le apparenze, guardare bene. Impegno ad interpretare il mondo. Bisogna scendere dentro le opere che ci accompagnano. La Commedia è l'opera principale da questo punto di vista. Quella che pone la sfida maggiore al lettore. Pascoli dice nella minerva oscura "il VELO è della lettera, il di fuori, il VERO è quello che si nasconde sotto il manto, il di dentro, una verità ascosa sotto bella menzogna." --> la poesia va analizzata fino in fondo. Il punto è capire se dante facesse tutto questo per farsi capire o non farsi capire. Se uno scrive, scrive per farsi capire. Quindi il Vero che si nasconde sotto il Velo vuole essere scoperto. Dante è come se avesse dato gli indizi, tu lettore scopri la verità. --> le parabole di Gesù: ecco il senso sacro. Dante vuole usare nella commedia quella medesima attenzione che si usa nell'esegesi delle pagine bibliche. Pascoli arriverà a scoprire che Dante ha utilizzato questo modo di procedere, ma ha fatto molto di più: si è rifatto ai testi sacri. Pascoli cerca di capire quali siano, e se siano direttamente citati o se passino attraverso i commentatori, i padri della chiesa. --> infatti scoprirà che è così. Pascoli dice che quando Dante ammonisce il lettore di aguzzare bene gli occhi al vero, in un certo modo lo sfida, lo mette alla prova, indicandogli il velo sottile attraverso il quale si può vedere da tutti, eppure non è detto che tutti riescano a vedere" --> eppure non è detto che tutti riescano a vedere. La Commedia chiede un lettore che sia così.   O voi che siete in piccioletta barca,  desiderosi d’ascoltar, seguiti  dietro al mio legno che cantando varca,                         3   tornate a riveder li vostri liti:  non vi mettete in pèlago, ché forse,  perdendo me, rimarreste smarriti.    Rimanete dietro colui che vi sta guidando. Quindi il lettore è un po' come lo stesso Dante dietro Virgilio. Mettetevi in ascolto della poesia e vedete che la poesia vi porterà alla verità. Perché dice pascoli non ha apprezzato, non ha capito il paradiso perché rispetto alle due prime cantiche, il mistero del paradiso è più profondo. Il velo che sta sopra le verità del paradiso è un po' più difficile da togliere. È un velo di un genere diverso. Si direbbe che nelle prime cantiche il velo proverrebbe da allegorie e simboli che pertengono all'arte del poeta. Nel paradiso il velo proviene più specialmente dalla profondità della scienza che riguarda il filosofo e il teologo. Pascoli dice qui una cosa importante. Non capirete il Paradiso se non pensate a Dante come scienziato. Non dovete fermarvi a dante poeta. Dovete pensare al paradiso come espressione della scienza, della scienza. Questa dimensione è fondamentale per comprendere la III cantica.     LEZIONE V Pascoli ci aveva detto di considerare la distribuzione dei dannati e dei purganti sotto un unico schema: quello dei peccati capitali. Si creava una sproporzione tra i 7 e i 9, in realtà Pascoli spiegava ci fosse una continuità tra una e l'altra. In realtà è possibile fare un'obiezione. Nel purgatorio ci sono antipurgatorio e paradiso terrestre + 7 cornici = 9 la partizione del purgatorio (esattamente come quella dell'inferno). Quindi non ci sarebbe bisogno di grandi costruzioni ideologiche come fa Pascoli. Non è vero che non ci sia anche un antinferno: c'è una parte iniziale che arriva fino al 3-4 canto. Se iniziamo a considerare che in purgatorio vi siano 7 cornici + antipurgatorio e paradiso terrestre, si arriva a 9. L'obiezione è: perché non dovremmo considerare i 9 cerchi più l'antinferno. --> L'antinferno non fa parte dell'inferno stesso. Il problema di tenere assieme le due costruzioni rimarrebbe. Bisogna vedere se davvero Dante ha voluto fare una costruzione perfetta e simmetrica tra Inf. e Purg., ma potrebbe anche non essere. Ciò che le rende comuni sono i peccati. Peccati che esercitati in un modo portano all'inferno, esercitati in un altro modo porta al purgatorio e poi al paradiso. Pascoli è convinto, e qui forza la mano, che la struttura del purgatorio e quella dell'inferno rispondano ad un'unica legge morale. Non è una questione solo topografica, ma questa si lega alla questione morale. I critici dell'800 non volevano "vivisezionare", fare a pezzi la Commedia, si perderebbe il senso del bello del per cui si studia la commedia. La commedia è un monumento e va gustata nella parte estetica. (questo è ciò che pensavano i critici del tempo). Pascoli chiedendosi se la costruzione del poema fosse legata, misurata, imbastita su una specifica struttura, sta cercando di arrivare al senso della struttura. Quello che si vede, quello che è l'epifania, la parte esteriore, il VELO è qualcosa che ha a che fare con il contenuto dell'opera! Va bene il contenuto, ma la forma dell'arte, il VELO è veramente l'elemento straordinario. Eppure quel velo non nasconde il contenuto, ma ce lo spiega. Pascoli riutilizza l'immagine del VELO per dire: non ci vogliono lettori passivi, ma attivi!!! Chiedersi se la forma della Commedia è qualcosa che ci può parlare di Dante diventa superfluo, è ovvio che è così! La questione del rapporto tra struttura e testo, tra poesia e non poesia (come diceva croce), tra poesia e struttura è una questione che non può essere liquidata con poco. Sulla struttura dell'Inferno Galileo Galilei ha scritto un libro. La questione della struttura è stata sempre ben presente nel passato e non poteva che esserlo oggi, nella modernità. Quando Pascoli dice che la struttura va letta alla luce del contenuto, ma anche il contrario. Il contenuto era la rappresentazione dei vizi e delle virtù. Questa rappresentazione significa essenzialmente l'ordinamento morale, quindi i peccati capitali. La struttura è fatta in modo da rappresentare i peccati nella loro gravità. (questo è quello che dice Pascoli) Pascoli ha ragione da un punto di vista metodologico: la struttura non può essere letta fuori dal senso. Nell'insistenza del 3, del 33 (3 cantiche per 33 canti) sappiamo esserci un significato. Il 3 è il numero di Dio. Questa è struttura, ma anche significato. Dobbiamo pensare che come in questo caso anche negli altri casi la struttura ha una sua importanza. Come la struttura ci dà senso: es. Ulisse si situa tra i cattivi consiglieri --> questi ultimi sono in basso nell'ordine dei peccati. Ecco quindi che va inteso non come eroe, ma come PECCATORE! Dal punto di vista dei peccati è tra i peccatori peggiori. La struttura chiarisce. In Paradiso ci son 9 cieli, ancora il numero 9. 9 cieli; 9 cerchi (inf.); perché 7 cornici? --> è qualcosa che ossessione Pascoli. Quindi arriva a fare la proposta secondo cui il purgatorio finisca per duplicare alcuni passaggi. La cornice 4 si sdoppia + paradiso terrestre = così si arriva a 9 momenti. -- > accidiosi vita attiva e vita contemplativa. Nel paradiso non ci sono i peccati, ma le virtù. Il cielo di mercurio come tutti i cieli del paradiso è un cielo che presenta dentro di sé l'accidia. Qui gli accidiosi sono divisi in due parti: accidiosi per mancanza di volontà e i accidiosi per volontà al male (?). Il cielo della lussuria è un cielo che si lega a quello di mercurio. Non c'è una piena corrispondenza tra gli uni e gli altri (i santi del paradiso vengono visualizzati per far segno, ovvero per offrire una vista che gli uomini possono comprendere.). Il passaggio tra gli uni e gli altri non avviene in questo caso come avviene nel purgatorio e nell'inferno per salti, ma avviene per un passaggio quasi osmotico. Ci si ritrova di cielo in cielo quasi in continuità. La scienza del cielo di Mercurio e l'amore di Venere sono poste nel paradiso quasi in continuità. Lo schema di Pascoli non è molto preciso. C'è un ardore di fama per Dio e l'ardore per l'amore (mercurio e venere) è CONTIGUO. La schematizzazione va bene fino ad un certo punto. Ma non va perfettamente bene per il Paradiso perché nel paradiso il passaggio tra l'uno e l'altro cielo è un passaggio in cui le anime di un cielo partecipano di quello dell'altro, hanno le caratteristiche dell'altro cielo. Pascoli dilata e restringe i regni a seconda della propria visione. Incastrare tutto dentro uno schema. È come se si volesse mettere una griglia su tutta la commedia e sulla base di questa griglia interpretare la Commedia. Alcune cose vanno bene, altre no --> soprattutto il Paradiso, il paradiso sfugge un po' allo schema pascoliano, allo schema dei vizi capitali, distinguendo una virtù che anche Dante distingueva, ma che in Dante era una sorta di acquisizione progressiva: cioè una virtù compre le altre virtù, non si annullano. trovare il bandolo della matassa e come abbia scoperto la verità". Da un punto di vista letterario può essere un bene, da un punto di vista della chiarezza filologica: NO! L'elemento autobiografico è importante non solo perché Pascoli ci vuole raccontare la storia di come lui stesso è arrivato alla verità, ma perché in realtà ci vuole raccontare di sé stesso poeta. Di come un poeta legga un poeta. Un poeta non ha sempre il bene della chiarezza. Questo voler insistere sulle verità rivelate nella Commedia però non presentandocele direttamente, ma attraverso la sua storia personale. Fraccaroli dice: "se vi è un eccesso, questo eccesso è sempre di RAGIONAMENTO, perché vi è eccesso non solo in quanto il lettore parecchie volte si stanca, ma anche perché si vuol provare troppo. Certi raffronti sono così SOTTILI e così nuove che colpiscono, ma ABBAGLIANO più che illuminare. (viene di dire che bella pensata ha avuto Pascoli, peccato che non sia vera) Provano più l'ingegno e la diligenza del critico che non convincano d'alcun fatto." Fraccaroli avanza queste critiche, ma sostiene alla fine che in qualche modo Pascoli ha trovato la chiave. (quasi l'unico a dirlo) Il tentativo di Pascoli di far concorrere la Minerva Oscura al premio dei Lincei. Ci contava perché c'era Carducci. Arriva il giudizio dei Lincei ed è tutt'altro rispetto a quello che Pascoli si immaginava. Non viene premiato, ma viene criticato. Questa è un botta molto pesante, si deprime molto. Si consola per il fatto che questa non era l'ultima redazione della Minerva Oscura, ma la redazione rimpiasticciata. Nel premio dei Lincei vinsero 2 critici: claudio Giacomino e Pio Ràjna. Quest'ultimo importante nome perché è stato uno dei filologi più importanti italiani. Ha consacrato il metodo dell'intertestualità. Soprattutto con gli studi sull'Orlando Furioso. Non era una questione di chiusura a metodi nuovi, quella che condannava Pascoli. Erano stati premiati due giovani studiosi arditi nei modi. L'opera di Pascoli viene giudicata così(nel dicembre 1989): "Pascoli nella Minerva Oscura vuole ignorare il molto che è stato scritto sulla Divina Commedia (non tiene conto di chi ha scritto prima di lui); e la si pone di fronte solo con ponderose citazioni tomistiche, scolastiche, convitando i lettori ad assistere al modo onde il processo della costruzione si è generato e svolto nella sua mente". La relazione dei Lincei nasce da un clima che stava attorno a pascoli. Essa continua dicendo: "la potenza innegabile della sua sintesi gli fa ravvisare nella molta lettura parallelismi finissimi che colpiscono di nuova luce, ma l'acceso ingegno gli fa ignorare molti stacchi e salti del suo disegno. La destrezza del letterato gli insegna a velare e ricoprire le screpolature delle ardite costruzioni". --> talvolta le cose no combaciano, le fa combaciare con la sua parola. Il pascoli poeta si mette a servizio del pascoli critico per nascondere quello che non andava. "Il libro di Pascoli pullula di ipotesi ingegnose e suggestive e ricca di non pochi semi di verità. Ma non tutta la faccia dell'Oscura Minerva è illuminata. Assai spazio resta ai prolegomeni per raggiungere la meta" è scritto con austera eleganza. Del resto la commissione dispiacente di non poter tener conto dei meriti letterari onde rifulgono altre pubblicazioni dell'egregio professore le quali non rientrano nel concorso. --> parte più dura. È scritto con eleganza, qui stiamo valutando la critica, non la letteratura creativa. Sei un ottimo poeta: perché non continui a fare il poeta? Questa sarà una delle tante critiche rivolte. È un attacco durissimo: prima di tutto perché Pascoli legge in questo passaggio una "SCUDISCIATA" che Carducci gli avrebbe dato--> se la prende con Carducci. Secondo lui è Carducci che ha scritto questa recensione, che l'ha criticato, condannato. Si sente, quindi, tradito dal suo maestro! -- > questa è la prima reazione, molto forte, che finisce per colpirlo. Scrive a de Bosis: "leggerai sulla Flegrea - rivista napoletana, su cui pubblica intorno alla Minerva Oscura - la mia nobile vendetta sui Lincei, dei quali uno è Carducci! E io non avevo che dalla mia indovina … o se mi avessero dato non dico tutto il premio, non dico la metà, ma almeno un quinto, un decimo … e dire che ho spiegato il pensiero di Dante!" L'accusa è che Carducci non lo ha capito, non lo ha voluto capire, anzi l'ha voluto colpire. In questo frangente ci rimane male. A de bosis in un'altra lettera: in questo, come per gli altri studi che seguiranno, io prometto di essere più esatto degli altri, meglio che nuovo, meglio serio che INGEGNOSO (capisce che ingegnoso è negativo), meglio rigoroso che AUDACE. Non è credo un'accusa in quelle parole della commissione dei lincei "egli vuole ignorare il molto che è scritto sulla Commedia". Ma se fosse la reputerei non meritata. Che al commento del poema sacro non fu data ancora una base scientifica sulla quale maestri e manovali continuano a lavorare. Perché questa base ci sia bisogna trovare ad ogni simbolo di Dante la parola, la parola esatta di Dante che la interpreti ed ogni concetto di lui, la postilla di lui. E poiché di lui non resta nessun commento della Commedia, BISOGNA COGLIERLO NELLA COMMEDIA STESSA, NELLE ALTRE OPERE e in secondo luogo, dai libri che si possa accertare che erano nelle sue mani. E da ciò che faceva scienza per lui o per i suoi eguali. Ora io lavoro attorno a questa base di interpretazione" --> quindi è come se la prendessero con lui perché non ho letto i libri di quelli di prima, ma lui gli ha letti, solo che non mi servono perché non hanno detto nulla di nuovo perché lui dice che manchi la scienza. Non c'è una scienza. Invece bisogna capire scientificamente quello che è la commedia, fare la base scientifica. Io non ho citato gli altri, perché gli altri non sono base scientifica della commedia. Non ho citato gli altri perché gli altri non mi hanno dato una struttura, base scientifica sui cui basare il mio studio. Giacché questi erano i prolegomeni Pascoli avrebbe dovuto fare questa base. Pascoli era un po' in imbarazzo con Carducci. Quest'ultimo intervenne su questa cosa con Michele Barbi. Carducci si fa mandare la recensione di Luiso. Quindi le ipotesi di colpa cadono un po' perché questa lettera è successiva alla stesura del giudizio. Se Carducci all'atto della scrittura del giudizio non aveva letto la recensione di Luiso e se la recensione di Luiso era finita comunque nel giudizio questo vuol dire che non l'aveva introdotta Carducci, non l'aveva messa Carducci. In effetti si scopre che - andando a vedere le varie reazioni - non era stato Carducci a dargli la scudisciata. Carducci non conosceva la recensione di Luiso, ma la recensione di Luiso finisce citata nel giudizio dei Lincei. È evidente: ce l'ha messa qualcun altro. Pascoli scopre, mentre la sorella se la prende con Carducci, col tempo che il tono del giudizio era stato smussato grazie a Carducci. Senza Carducci in commissione il tono sarebbe stato ancora più duro. Carducci cercò di difendere Pascoli. Cercò di far sì che il tono del giudizio non fosse duro e negativo, come in una prima redazione era. Pascoli lo capì tardi. --> l'occasione fu propizia per allargare ulteriormente la ricerca. Questo è un episodio significativo! Rimane di tutto ciò il fatto che Pascoli in questi anni è stato un poeta incredibilmente ISOLATO. Lo è sempre stato. Ma se un poeta poteva più o meno permetterselo di essere isolato, un CRITICO no. Resta isolato come critico. Abbandonato dagli amici , difeso senza troppa voglia di combattere dagli amici più stretti. Es. Fraccaroli dice che è difficile. Anche l'atteggiamento di Carducci che non apprezza il Pascoli dantista. Ci sono due elementi --> cosa viene detto attaccando Pascoli? Nel bene o nel male Pascoli si era sforzato di leggere dante su una base scientifica, sforzato di leggere Dante dal punto di vista della struttura (della costruzione della Commedia) e dei rapporti che Dante aveva avuto con altre opere che gli possono essere passate dalle sue mani.    Leggere dante su una base scientifica;  Leggere Dante dal punto di vista della struttura;  Leggere Dante dal punto di vista dei rapporti che Dante stesso aveva avuto con altre opere, quelle che gli possono essere passate dalle sue mani. Queste tre sono le Novità vere grandi positive della scrittura pascoliana. Queste tre strade sono importanti. E sono:  la strada dell' INTRATESTUALITà: LO STUDIO DELLE SIMMETRIE NELLA COMMEDIA, LO STUDIO DEI LUOGHI DELLA COMMEDIA CHE INTERNAMENTE RIMANDANO L'UNO ALL'ALTRO SPIEGANDONE IL SIGNIFICATO.   Es. "tra cotanto senno" --> IV canto dell’inferno. Stesse parole nel canto XXI purg. Dante dice di andare a vedere il quarto canto dell'inferno per poter comprendere questo del purgatorio    La strada dell'INTERTESTUALITà: DEL RAPPORTO TRA DANTE E ALTRI POETI, ALTRI TESTI. Pascoli a seguito delle polemiche sulla minerva oscura ci arriva a questa strada. Il grande modello è il Contra Faustum di Agostino. Dice che ci sono tanti rimandi leggendo i quali noi capiamo. Se è citato l'Eneide bisogna andare a vedere l’Eneide, comprenderne il contesto. Perché questo contesto getterà luce sul contesto dell'interpretazione. Es. paolo e Francesca: dire che Francesca è dove è Dido, questo vuol dire che Francesca si è macchiata dello stesso peccato di Didone. Il peccato di Didone era stato quello di aver impedito il fatal andare (volere degli dei)di Enea. Francesca cade nello stesso peccato: cioè non riesce a vedere che dietro l'amore c'è un prospettiva più lunga, più ampia. Se leggiamo il contesto di Enea e Didone legati a quello di Paolo e francesca si capisce la situazione, se li distacchiamo, capiamo molto di meno. Dante nel V inf Dante si definisce tante volte pio. Se Francesca è Didone, Dante è Enea; francesca è quella che è rimasta ferma, dante è colui che sta proseguendo la sua strada. L'amore stilnovistico è rimasto legato ad una prospettiva; Dante è andato oltre.    (III Elemento importante, ma principale) Importanza della STRUTTURA come segno semantico. La struttura ci dà senso, non è solamente messo lì. La commedia funziona perché è poesia e scienza. La struttura è quell'elemento "scientifico che permette di intendere meglio la poesia, di far sì che la poesia sia portatrice di verità. Però bisogna capire qual è la struttura. PER FARE QUESTO BIOSOGNA CAPIRE LA STRUTTURA. laureato sì, ma mangiare no! (devo fare il poeta laureato, ma non il critico?!) --> PAROLE DI PASCOLI A PARODI. Non parteciperà alla lectura Dantis alla quale era stato invitato a Firenze. D'annunzio accettò di fare la lettura al posto suo, tradimento da parte di D'annunzio. Tra i due si sviluppa la polemica pesante, poi si riappacificarono. D'annunzio disse che si era comportato come una donnetta inacidita e pettegola. Rapporti incrinati, poi riavvicinamento. La polemica tra i due nacque attorno al ruolo sociale che avrebbe dovuto avere Pascoli e che si sentì usurpato.   ROTTURA CON D'ANNUNZIO: Il loro rapporto era stato molto amichevole tra i due. Pascoli si ritrova di fronte ad una recensione di d'annunzio alla prima raccolta pascoliana Myricae, recensione molto positiva, Pascoli rimane profondamente grato, di lì nasce una profonda amicizia. La rottura è stata forte. Lo sgarro che l'amico gli ha fatto, presentandosi al posto suo. Iniziano poi recensioni negative, date dal fatto che una lettera che non doveva essere pubblicata, una lettera di Pascoli contro d'annunzio, invece viene pubblicata su un giornale. Viene pubblicata questa lettera privata. D'annunzio alla lettera ci rimane male e scrive a sua volta una lettera di lite e dice che aveva reagito come una donnetta inacidita. Poi il rapporto si incrina. Tutta questa polemica è la storia di una cultura italiana che sta cercando di ridefinirsi. L'astro che aveva guidato la cultura del nostro Risorgimento sta tramontando (Carducci). Pascoli si illude potesse essere il nuovo vate di quella cultura. Ma non aveva tutte le capacità di d'annunzio. Né l'uno, né l'altro diventeranno il vate di quell'Italia. D'annunzio diverrà negli anni della guerra. A cavallo tra 800-900 c'è la corsa a prendere delle posizioni per cui l'essere sconfessati come lettore migliore di Dante significava per Pascoli essere messo da parte. E che fosse d'annunzio a farlo diventava il peggio del peggio. Si sfiorò un'altra volta questa situazione, quando morto Carducci bisognava nominare il prof di letteratura italiana di bologna. La cattedra fu data a pascoli, ci rimase molto poco tempo. Gli studenti la offrirono a D'annunzio. La ebbe Pascoli Pascoli si rimette a lavorare e giunge alla pubblicazione del suo secondo volume: Sotto il Velame. Questo si basava su una frase:   «O voi ch'avete li 'ntelletti sani, mirate la dottrina che s'asconde sotto 'l velame de li versi strani.» --> Inferno 9.   Sotto il velame significa che bisogna vedere sotto i versi. Pascoli pensava fosse importante scendere nello studio. Pensava fosse necessario corroborare quanto c'era nella Minerva Oscura. Allora decide di ripartire dal giudizio dei lincei, quello che gli aveva fatto più male. Sapeva bene che se avesse vinto questo premio nessuno o pochi si sarebbero azzardati a contraddire in maniera così forte la sua ipotesi di ricostruzione del senso della Commedia. All'inizio di Sotto il Velame: è ricco il libro di Pascoli di non pochi semi di verità (giudizio dei lincei), su questa frase indugio e medito". Sotto il velame, Giudizio dei Lincei: se è vero che ho messo dei semi, se anche i miei nemici hanno detto che ci sono semi di verità, vediamo di farli fiorire sti semi. Facciamogli mettere delle foglie. Poi dice se dante è dante il mio chicco di senape diverrà un albero. E se la commedia di Dante è com'è il libro più divino che l'uomo abbia scritto, - Raccoglierò tantissimo -. Perché sento di aver dato la verace interpretazione del poema sacro. Questo sedimento mi addolcisce la vita e non mi fa temere più la morte. --> Sta scrivendo i canti di Castelvecchio, sta scrivendo i poemi conviviali. Se diverrò famoso dopo la morte sarà non per la poesia, ma perché sto scrivendo di Dante. Il poeta pascoli non è contento di essere poeta: vuole qualcosa di più. Vuole essere ricordato in quanto critico. "Torno alla Minerva oscura." dopo un articolo pubblicato su Flegrea, rivista napoletana, scrive a Pietro Bono e diche che lui ha scoperto l verità. Ha la pistola fumante. Ha scoperto ciò che nessuno potrà più dire che non è vero. In sant’Agostino ha trovato la fonte principale di Dante, dalla quale si conferma la divisione in 7 parti del purgatorio e dell'inferno. La fonte è il Contra faustum Manicheum di Agostino, che secondo Pascoli sarà centrale per interpretare Dante. Per capire il contra faustum bisogna capire il libro della genesi. Genesi 29: Giacobbe arriva presso Làbano. 29, 16. Labano aveva due figlie: Lia aveva gli occhi smorti, Rachele era avvenente. Giacobbe amava Rachele. <Io ti servirò sette anni per Rachele, tua figlia minore>. Per sposare le due sorelle Lia e Rachele, Giacobbe lavorerà 7 + 7 anni. Lia e Rachele svolgono un ruolo centrale nella Commedia di Dante, appaiono più volte.   Rachele:  compare nel II canto dell'Inferno. Nel coro dei beati Beatrice e Rachele sono sedute una accanto all'altra.  Paradiso XXXII: Rachele siede con Beatrice--> simmetria perfetta con il II canto.   Dante si premura sempre di dire che c'è Rachele accanto a Beatrice. Rachele torna un'altra volta:  Purgatorio XXVII: sogno. Lia era brutta perché aveva gli occhi brutti. "Venite, benedicti Patris mei" -> riesce a rendere versi latini in endecasillabi. Similitudine della pastorizia, così erano descritte le due sorelle, erano pastorelle. SOGNO premonitore. Lia sta cercando di farsi una ghirlanda di fiori per guardarmi allo specchio. Rachele è desiderosa di specchiarsi. Importanza degli OCCHI. Una è bella di natura, l'altra è bella da sé. Una è contenta dell'operare, lei del vedersi. VITA ATTIVA -> ALLEGORIA; RACHELE-> VITA CONTEMPLATIVA.   Lo dolce padre mio, per confortarmi,  pur di Beatrice ragionando andava,  dicendo: «Li occhi suoi già veder parmi».                    54   Guidavaci una voce che cantava  di là; e noi, attenti pur a lei,  venimmo fuor là ove si montava.                                    57   ’Venite, benedicti Patris mei’,  sonò dentro a un lume che lì era,  tal che mi vinse e guardar nol potei.                              60   «Lo sol sen va», soggiunse, «e vien la sera;  non v’arrestate, ma studiate il passo,  mentre che l’occidente non si annera».   Dritta salia la via per entro ‘l sasso  verso tal parte ch’io toglieva i raggi  dinanzi a me del sol ch’era già basso.                          66   E di pochi scaglion levammo i saggi,  che ‘l sol corcar, per l’ombra che si spense,  sentimmo dietro e io e li miei saggi.                              69   E pria che ‘n tutte le sue parti immense  fosse orizzonte fatto d’uno aspetto,  e notte avesse tutte sue dispense,                                72   ciascun di noi d’un grado fece letto;  ché la natura del monte ci affranse  la possa del salir più e ‘l diletto.                                     75   Quali si stanno ruminando manse  le capre, state rapide e proterve  sovra le cime avante che sien pranse,                          78   tacite a l’ombra, mentre che ‘l sol ferve,  guardate dal pastor, che ‘n su la verga  poggiato s’è e lor di posa serve;                                     81   e quale il mandrian che fori alberga,  lungo il pecuglio suo queto pernotta,  --> similitudine tratta dal mondo della guardando perché fiera non lo sperga;                         84 pastorizie che era quello in cui erano apparse Lia e Rachele. (pastorelle) tali eravamo tutti e tre allotta,  io come capra, ed ei come pastori,  fasciati quinci e quindi d’alta grotta.    Poco parer potea lì del di fori;  ma, per quel poco, vedea io le stelle  --> sogni profetici di lor solere e più chiare e maggiori.                             90   Sì ruminando e sì mirando in quelle,  cantafere quel murmure infinito di musica morta e inafferrabile! Dicono: non sollecitate la tenebra sacra con la vostra lucernina! Or io a costoro, col terzo volume, vorrò mostrare che il pensiero di Dante è meglio conoscerlo e contemplarlo qual’è, e che la sua parola echeggia da ben più profondo mistero di quel che essi credano, e che la lucernina può rivelare, in queste catacombe, qualche meandro nuovo, qualche nuovo abisso, qualche improvviso simulacro, qualche scritta ignorata. Non perde nulla Dante, a essere capito. -->   è come se dicesse:   Voi che lo celebrate per la sua bellezza, non l'avete capito, e quindi come fate ad amarlo?   Finalmente uno, che non era un grand’uomo, si trovò nella grande casa, e dopo aver picchiato nella pietra, la guardò, e... fece quello che nessuno, dal primo abitatore all’ultimo, da sei secoli su per giù, aveva pensato a fare: tolse la pietra. La pietra era quella paroletta “ira„. Questo libro toglie, credo ogni questione e ogni dubbio, non dico mediante le mie argomentazioni, ma con la scoperta di quella che è la principal fonte del Poema. Dalla quale si ricava come il numero settenario nell’infernoe nel purgatorio sia richiesto dalla essenza stessa dell’argomento. L’argomento del poema in vero è l’abbandono della vita attiva per la contemplativa. La vita attiva è raffigurata in Lia, la contemplativa di Rachele. Alia contemplativa si giunge dopo l’esercizio delle virtù, diretto a mondar l’anima da ogni macchia. Ebbene questo esercizio è significato dai sette e sette anni di servaggio che Giacobbe subì per Rachele. Certo qualcuno può dire: Nulla licenzia a credere che gli ultimi tre peccati dell’inferno, i quali hanno per simboli l’ira bestiale, l’invidia prima, la superbia maledetta, siano ira, invidia e superbia: nulla licenzia a credere che il quart’ultimo, diviso in due cerchi, sia accidia: l’accidia proporzionale al lento amore in acquistare e vedere il bene; per quanto di quei peccatori gli uni non avessero “bontà…     Questo libro toglie credo, ogni questione… dice di aver trovato la prova provata. LA QUESTIONE Più IMPORTANTE è CHE HA RACCONTATO IL PASSAGGIO DALLA VITA ATTIVA A QUELLA CONTEMPLATIVA ATTRAVERSO LA METAFORA DI LIA E RACHELE, METAFORA CHE STA ALLA BASE DI TUTTA LA COMMEDIA. Se questo fosse vero Dante chi è? Chi è Giacobbe? Giacobbe è colui che si è ritrovato la primogenitura per volere di Dio. Giacobbe era l'eletto. Il suo fatale andare di Dante. Dante è stato prescelto per attraversare i regni dell'aldilà. Altri sono stati rifiutati, a cominciare da Cavalcanti. --> Pascoli crede che tutto vada a posto, che tutto sia coerente. Dante è il prescelto da Dio. La ricerca che pascoli sta facendo di un senso ultimo della commedia. La commedia deve avere un significato. Bisogna dare una risposta alla domanda "Di che cosa parla la commedia" È veramente il passaggio dalla vita attiva alla contemplativa. C'è sicuramente questo passaggio: Dall'inferno al paradiso. Dante considera il paradiso la forma di poesia più alta. Paradiso è l'ambizione più alta del poeta Dante. La LEZIONE II Dante: dopo la sua morte diventa dubito un mito, quel mito che non era stato in vita. Il mito si diffonde subito anche grazie a Petrarca che scrive Trattatello in laude di Dante. C'è una fortuna ampia. 800 manoscritti. È un paradosso. Non si è conservato alcun rigo dell'autografo, eppure ci sono tanti manoscritti. È cambiata la figura dell'intellettuale. Dante diventa personaggio popolare. Di Petrarca conserviamo tutto. È l'umanesimo che si sta affermando, intellettuale che riesce ad avere un ruolo sociale in quanto scrittore, poeta. Petrarca riuscì in tutto questo, Dante assolutamente NO (dante non aveva avuto questo ruolo, né il riconoscimento in quanto poeta). La fortuna di Dante è ampia, ma successiva alla morte. Lectura dantis viene inventata da Boccaccio. Il Dante dopo la morte è un poeta fiorentino che Firenze riconosce suo dopo la morte. Nel 400 La fortuna dantesca la troviamo in opere che prendono l'abbrivo (avvio, spinta) dall'opera di Boccaccio e che via via crescono. Vitae di dante -> di Leonardo bruni. Dante e stilnovo sono caratteristiche di una cultura quella toscana che cerca di imporsi come cultura nazionale. Tutto questo avrà una spinta ancora più forte quando questa spinta politica verrà esercitata dai Medici nel secondo 400 (si governa anche con la cultura si governa anche imponendo una lingua; la lingua è uno degli strumenti di potere fondamentali) La lingua è uno strumento di potere e Dante diventa strumento di potere nelle mani dei fiorentini!!! Il 400 ci sono tante copie della Commedia e tante stampe Dopo il 1500 ci sono solo tre edizioni a stampa della Commedia. Non si chiama DIVINA. Dante è divino, ma non la commedia. Dal 1555 la Commedia si chiama DIVINA. È la fortuna di Dante che fa diventare l'opera divina commedia. Una delle opere più importanti della letteratura, non ha titolo. La chiamiamo Divina perché era divino il suo autore! Nel 1502: Aldo Manuzio, le Terze Rime di Dante (neanche Commedia) -> con lo stile italico. -> curata da Pietro Bembo. Nel 1501 pubblica le rime di Petrarca.   È una storia di successo quella di Dante di questi anni (400-500) che lo porta ad essere una delle produzioni editoriali più diffuse. Le tre edizioni del 600 ci dimostra che Dante non si vende più, ma comunque si legge ancora, però la spinta è diminuita perché è la cultura classicistica che nel 600 entra in crisi sotto la spinta del Barocco. Dante subisce questa situazione di difficoltà! Anche nei testi del 600 comunque affiora nei libri Dante. Dal manierismo in poi, ovvero dal petrarchismo diffuso come lingua della poesia da Bembo in poi, è PETRARCA il poeta di riferimento, è lui il modello che finisce per avere fortuna, enorme, in Italia e all'estero. Molti iniziano a parlare del rapporto che c'è tra Dante e Shakespeare (come Eliot). Quest'ultimo quando scrive sonetti è petrarchista. Si parla di fortuna alterna di Dante nel 600. Nel 700 inizia una nuova discussione sulla fortuna di Dante tra coloro che lo difendono e coloro che lo rifiutano. La grande riscoperta dantesca è quella dell'800. è da questo momento che Dante diventa poeta nazionale. Petrarca, nell800, viene affiancato da Dante. Nell'800 Dante diventa l'eroe dell'Italia unita, un'Italia unita che forse dante stesso non si è mai sognato. Dante aveva l'ideale dell'impero latino, perciò italiano. Non l'Italia del risorgimento. Eppure, l'Italia del risorgimento drammatizza dante, lo porta in scena. Tanti drammi ci saranno. Francesca da Rimini, Pia dei Tolomei. DANTISMO pervade la cultura italiana in profondità. Si esagera in questo momento il Dante politico. Si attribuiscono a Dante pensieri politici che in realtà sono proiezioni del presente. Dante nazionale centrale, Dante padre della lingua. Manzoni e la sua riflessione: risente fortemente del De Vulgari Eloquentiae. Il Dante che va in esilio somiglia ai patrioti esiliati dagli stati italiani durante i moti del 20 e i successivi. L'anniversario più significativo è quello della nascita di Dante: 1865 -> si sta definendo l'Italia (1861) ed è ancora aperta la questione romana del papato. Quale strumento migliore di Dante per parlare dei papi all'inferno. Dante diventa campione dell'Italia laica, liberale. -> che finisce per stravolgere il profilo di Dante. Anche nelle terre irredente (monumenti 1865 o al più 1921) La scuola recita una parte importante in tutto questo. La scuola è lo strumento mediante il quale costruire una identità culturale italiana. O far sì che l'identità culturale che era delle classi colte, questi devono diventare cittadini italiani. Dante diventa strumento educativo formidabile. Bisogna far leggere la divina commedia a scuola. Dai primissimi programmi ministeriali, fino ai programmi del 1884 che introducono quella forma di lettura che è usata ancora oggi. --> una parte di questo fatti da Giosuè Carducci. L'enfasi posta in questi anni sulla figura di Dante, finisce un po' per distorcerla alle esigenze della stretta contemporaneità dell'azione politica quasi quotidiana. Tutto questo fa bene fino a un certo punto al Dante vero e proprio. La fortuna dantesca cresce in modo molto forte a livello internazionale nell'area tedesca (dove si stanno conducendo studi di filologia) e l'area anglo-americana (specialmente americana) --> Eliot   Abbiamo una presenza di Dante che mentre in Italia viene trattato retoricamente come padre della patria che non era. All'estero lo si inizia a trattare in senso più scientifico. Le prime edizioni critiche sono quelle che vengono dall'area tedesca. Gli elementi di creatività più vivaci vengono dall'area americana, traduzioni, riscritture.   Alla fine dell'800 Pascoli si fa erede di una tradizione che interpreta in un modo particolare, personale. Questa interpretazione tocca quella 800esca, ma la stravolge. La sua si contrappone al Dante politico, ma anche al dantismo 800esco. Monumentalizzare Dante è un processo molto comune in quel periodo. Si monumentalizza proprio a partire dalla sua opera. In Italia la Commedia diventa un monumento, così come Dante. Che però non si tocca. Non puoi indagare la Commedia come si fa con qualsiasi opera. Dante non è perfetto in sé, Dante muore prima di dare l'ultima revisione, probabilmente. La commedia contiene degli errori, che forse si sarebbero potuti positive. Il positivismo che diventa il modo di agire di tutti gli intellettuali, ragazzi giovani. Con l'idea che la scienza, scienza particolare di Darwin8EVOLUZIONISTA), una scienza che possa spiegare tutto, anche la letteratura. Edizione critica è vedere le fasi di come un'opera si è evoluta. Pascoli va oltre, vede la crisi di questo metodo, non abbraccia il metodo filologico in senso stretto, come Barbi, Zingarelli. LEZIONE III La tradizione degli studi filologici che ha preso piede in Italia, a margine della scuola storica, a margine delle produzioni critiche del positivismo, infondendo agli studi danteschi una nuova dinamicità che si è espressa in modo particolare, attraverso una attenzione rinnovata alla filologia. Abbiamo in atto una ripresa degli studi danteschi che si anima in maniera anche nuova, originale, grazie a studi condotti all'estero. In particolare, in Germania gli studi filologici avevano toccato il mondo degli studi romanzi, quindi anche danteschi. In Italia c'è un ritardo condizionato da molte cose, ritardo condizionato da una MONUMENTALIZZAZIONE di Dante che non è solo un modo di esprimersi, ma è un fatto pratico, monumenti eretti. Gli interessi di Giovanni Pascoli verso Dante sorgono presto, in questo storico- culturale. In questo periodo, sorgono a margine dalle lezioni carducciane, a diverse dall'impostazione carducciana e assorbono Giovanni Pascoli in una maniera importante. Pascoli è autore tra i più originali della lirica in italiano di fine secolo, è colui che fonda la poesia del 900, ma è anche autore latino, ultimo figlio di Virgilio, come lo definì d'annunzio. L'ultimo grande autore di carmi latini della nostra storia letteraria e tanti premi ricevette. (tanti premi che raccolse nel certame di Amsterdam). Un po' meno riconosciuto, rispetto alla poesia ecc, è l'impegno dantesco, totalizzante almeno per 1/3 della vita professionale di Pascoli. Riflessi del modello dantesco si riflettono nell'opera del poeta italiano e latino. Il virgilianesimo del Pascoli latino è un virgilianesimo che passa anche dal Virgilio dantesco. Siamo al cospetto di un impegno non minore rispetto a quello riservato alla poesia italiana e latina. L'esito critico è diverso! C'è una sottovalutazione, svalutazione del critico dantesco. Pascoli non subisce solo ed esclusivamente una condanna legata all'ostilità che alcuni critici dimostrano, ma oggettivamente la sua critica dantesca che si presta a qualche problema e ad essere accettata. Dentro il sistema di interpretazione che Dante applicherà a Dante ci sono spunti che la critica moderna ha riconosciuto importanti. È difficile riconoscere il Pascoli critico di Dante, perché talvolta anche chi si è avvalso del pascoli dantista, non lo citano, perché è stato già sottoposto ad una pesante condanna. La cronologia delle opere di Pascoli è strana. Nasce nel 1855, muore nel 1912, ma la sua produzione si concentra TUTTA nell'arco di poco meno di 30 anni, gli ultimi della sua vita. Dal 1889-91 al 1912. il grande Pascoli poeta delle grandi raccolte è quello che sta tutto nell'arco di un decennio anni 90 e i primi del 900. Pascoli lo (questo passaggio) userà per spiegare una cosa che oggi viene considerato un errore interpretativo della Commedia. Pascoli è convinto che Dante abbia scritto tutta la commedia nell'arco di 6-7 anni dal periodo in cui era giunto a Ravenna. Arriva a pensare che la selva oscura altro non è che la pianeta di Classe di Ravenna. Chi fa notare che non sia possibile che Dante in così poco tempo abbia scritto la Commedia, lui dice di esserne l'esempio (anche lui ha scritto tantissimo nell'arco di 10 anni e neppure). dinamica di identificazione tra Dante poeta e Pascoli critico. Pascoli si sente erede del poeta Dante, cerca di interpretare la propria poesia (incipit dei canti di Castelvecchio) -> qui rifà dante, riscrive Dante. Quando Pascoli fa il poeta tiene presente Dante, ma non solo. Il Pascoli critico tende a leggere Dante sempre nella medesima logica, cioè secondo un principio di vicinanza, di contiguità, quasi di parentela culturale e intellettuale tra poeti.   Quando parla di Dante come critico molto spesso Pascoli sta pensando a ciò che per lui è la poesia. Parla di Dante, ma parla anche del poeta in generale, quindi di sé stesso. Leggere il dantismo di pascoli, per leggere il pascoli stesso. -> è la chiave di lettura, è il codice che ci fa capire come lui intende la poesia. Pascoli, 1898 (anno in cui sta lavorando al fanciullino). Nel 1898 scrivendo a Gaspare Finali una lettera che accompagnava la ripubblicazione della Minerva Oscura, che è il primo dei libri danteschi di pascoli. "era da 5 o 6 anni il mio lavoro segreto e diletto"-> parla dell'impegno dantesco.   "Era da cinque o sei anni il mio lavoro segreto e prediletto: lo meditavo per giorni interi e ne sognavo (sorrida o rida chi vuole; ma è vero!) le notti. Era la mia compagnia, il mio conforto, il mio vanto". (Minerva oscura p.5)   Sembra la confessione maniacale di un appassionato, più che di uno studioso. Non ci dormiva la notte, a sognare Dante. Era il mio lavoro segreto, perchè solo nel 1898 vengono fuori i primi scritti danteschi di Pascoli. Me ne occupavo da 5 o 6 anni --> quest'opera fu pubblicata nel 1898, lui da 5 o 6 anni già stava lavorando all'opera. Ciò ci riporta all'aprile 1892, anno in cui escono, seconda forma strutturata le MYRICAE, la prima grande raccolta poetica. È quella che gli dà la consacrazione di poeta, quando Pascoli aveva quasi 40 anni. Chi si accorge della genialità di questo poeta, allievo di Carducci, fu proprio d'annunzio che al tempo era già scrittore affermato, critico affermato ed è lui che fa la recensione che mette in evidenza l'importanza dell'opera poetica di questo autore. Pascoli dice che stava meditando da 5 o 6 anni Dante, quindi, che il suo interesse per Dante coincide con la prima produzione poetica. Probabilmente non è la primissima produzione poetica (le Myricae), avrebbe scritto delle poesie giovanili, anche di impegno sociale politico… del primo Pascoli. forse ci sono altre liriche però non le fa sopravvivere, come fecero in parte Carducci, Leopardi. Pascoli tende a costruire un'immagine di sé poeta. Seleziona quello che ci vuol far arrivare. È editore si sé stesso. Decide cosa salvare della propria memoria e cosa buttare via. Quindi è difficile conoscere la primissima produzione. Il poeta che noi studiamo parte con Myricae. Quest'ultima è una raccolta poetica che si basa sulla poesia dantesca; quindi, il poeta e il critico nascono nello stesso periodo e nello stesso tempo. Interesse per la poesia dantesca nasce negli stessi anni in cui si sviluppa l'immagine della poesia che noi conosciamo.   "La COMPAGNIA IL CONFORTO IL VANTO" -> la poesia è tutto ciò: conforto è ciò che dà coraggio; compagnia: è ciò che accompagna; vanto: non è un vanto pubblico, lo rende consapevole dei suoi mezzi. Lo rende conscio del fatto di poter affrontare in maniera nuova la figura di Dante. È contento di quello che fa. Nel giro di 3 anni pubblicherà grandi tomi, tutti insieme, che danno il senso di questo lungo e complicato lavoro. È come se le idee di una vita si condensassero tutte insieme. Pascoli ha la pazienza di cogliere i frutti della sua poesia solo quando sono maturi, quando sono troppo in là li butta, li mette da parte. Non mancano le critiche, però si vanta di aver visto nel pensiero di Dante. È come se dicesse "sono il primo (l'unico) ad aver capito cosa dice Dante e chi era Dante" -> c'è un po' di SUPERBIA. Incide molto il modo di porgere di Pascoli. La reazione della critica dantesca è un po' risentita. Pascoli si crede così tanto.     "E io, la vera sentenza, io l'ho veduta! Sì: io era giunto al Polo del mondo Dantesco, di quel mondo che tutti i sapienti indagano come opera d'un altro Dio! Io aveva scoperto, in certo modo, le leggi di gravità di questa altra Natura; e quest'altra natura, la ragione dell'Universo Dantesco, stava per svelarsi tutta! E così concludevo, nel nostro Convito, con parlare della gloria che da ricerca e scoperta tanto importante doveva derivarmi". (MINERVA OSCURA pp.5-6)   "Io la vera sentenza” -> il vero significato l'ho veduta; "Ero giunto al polo del mondo dantesco" -> questi sono gli anni dell'esplorazione, giungere al polo nord. Io sono come un esploratore e sono giunto al polo nord del mondo dantesco. "concludevo" -> aspettava la gloria METAFORE: metafore scientifiche: il viaggio dell'esploratore, parla delle leggi di gravità. Pascoli nasce positivista, è una impostazione culturale di quegli anni. Nasce e probabilmente muore positivista. Ha una grande fede nel metodo scientifico che cerca di applicare anche alla commedia. È un po' il carattere della cultura di quegli anni. Pensare che in ogni caso sia possibile applicare un metodo positivo, cioè scientifico. Un metodo fatto di esplorazione, prove, esperimenti. In letteratura vado a vedere la COMPOSIZIONE, quindi scendere nella struttura "chimica" di un'opera letteraria, significa vederne la composizione. Quali sono le materie prime che la compongono. Individuare di un testo letterario i modelli, le fonti. Da dove è venuta l'idea del viaggio ultraterreno. Pascoli intuisce che Dante non solo ha utilizzato i classici, ma li ha utilizzati in un contesto in cui ne ha voluto mettere in evidenza l'interazione, il rapporto che questi hanno avuto con la cultura coeva di Dante. Riprendere Virgilio non significava che Dante sta citando un classico, ma come Virgilio come veniva letto nei suoi anni, nel suo periodo. Il Virgilio che legge Dante è Virgilio cristianizzato, passato attraverso la Minerva Oscura -> “Non vado in cerca di gloria, o gloriola, ma alla ricerca di una dimensione di vita che è dimensione di equilibrio, più che tranquillità, non è pigrizia, è prudenza. È la ricerca di una autenticità. Qual è il mondo in cui il poeta si esprime? È il mondo in cui si mette in ascolto dei suoni della natura, onomatopea "acqua acqua" -> onomatopea ---> fa parte di uno dei caratteri fondamentali della poetica di Pascoli: il fonosimbolismo, l'attenzione ai suoni della natura. -> quindi il gracidare delle rane. È un ideale classico di medietas, di mediocritas = cioè di equilibrio saggio.   La raccolta Myricae iniziava: ARBUSTA IUVANT HUMILESQUE MYRICAE -> virgilio aveva scritto NON OMNES ARBUSTA IUVANT HUNILESQUE MYRICAE -> non per tutti vanno bene gli arbusti bassi e le umili tamerici. Pascoli riprende il classico, ma lo riadatta. Taglia una parte che modifica il senso. Rovescia la situazione di partenza del testo virgiliano: la traduzione sarà fanno bene gli arbusti e le basse tamerici. Così come quando ha ripreso Belacqua di Dante non ha ripreso il senso ironico che Dante aveva dato. Dante aveva detto "guarda quello che sembra il fratello della pigrizia" (aveva scherzato). Di questo scherzo nella Gloria di Pascoli questo scherzo non c'è più. Non la troviamo più questa traccia ironica. Il discorso è diventato serio. Manca tutto la parte ironica, giocosa della scrittura dantesca. Non c'è più il gioco che fa con i monosillabi. Dante è felice, contento di ritrovare l'amico Bevilacqua e lo prende un po' in giro, ma bonariamente. Tutto ciò non c'è più in Myricae. Nella III edizione l'elemento dantesco ci sarà ma stemperato. Nella I e II edizione di Myricae, che aveva 22 componimenti. Tra questi 22 componimenti, ben 14 su 22 avevano una ben dichiarata presenza dantesca. Questo vuol dire che Dante era molto presente. Presente in forma incipitaria, all'inizio. Il lettore si ritrova il titolo Myricae (tamerici virgiliane), poi la frase (atbusta iuvant…), gira la pagina trova Gloria. Il lettore ha sùbito l'immagine del tipo di poesia che si vuole fare. Non ambisce al tono elevato, retorico, ma che vuole rimanere alle piccole cose, non perché Dante sia interpretato come il poeta delle piccole cose e neppure Pascoli è il poeta delle piccole cose come una certa critica ha detto. Pascoli è il poeta che nelle piccole cose sa vedere la verità del mondo e della vita. Non c'è bisogno delle grandi costruzioni poetiche. Non c'è bisogno di evocare le grandi immagini della poesia. Il poetico lo ritroviamo anche nelle cose quotidiane. Le cicale e le rane ci parlano della natura, di come l'universo sia fatto. Come siano al mondo esattamente come i grandi predatori, i grandi animali. Le piccole cose, i piccoli animali ci spiegano la vita. La gloria non si raggiunge affaticandosi nel salire il monte. La gloria si raggiunge mettendosi come aveva fatto Belacqua, mettendosi in ascolto di ciò che è attorno a noi.   La metafora scientifica ha posto l'uomo di fronte alla grande scoperta. Myricae inizierà dalla III edizione in poi con una grande e lunga poesia "il giorno dei morti" -> che è una poesia dantesca --> è una TERZINA (non esattamente dantesca, ma cmq terzina) Essa dà voce ai morti, ai defunti della propria famiglia. --> Anche questo è dantesco. Il tono però è cambiato, è più cupo. Il positivismo ha portato l'uomo ad avere una maggiore consapevolezza di sé. Negli anni 90 si iniziava a parlare della crisi del positivismo. Questo aveva promesso di liberare l'uomo dalla falsità, dalle bugie, restituirlo alla libertà. Fargli conoscere tutto. Gli aveva promesso il progresso che avrebbe portato alla felicità. Invece la felicità non era arrivata. Da qui la crisi del positivismo, e poi il decadentismo. (letteratura della decadenza) -> letteratura che si pone di raccontare la disillusione, alla quale si aggiungeva anche quella disillusione politica. In quegli anni la scienza aveva fatto bancarotta. Bancarotta della scienza. Erno anni in cui la bancarotta diveniva un fatto concreto. In Italia c'erano i primi crolli delle banche. (banca di Roma). Il capitalismo che mostrava i segni della possibile corruzione. L'Italia, a pochi anni dalla propria nascita, vive il primo grande scandalo finanziario. La presa di coscienza di questa situazione, di questa difficoltà viene interpretata da molti come il fallimento della scienza. Pascoli si ribella a questa idea. Dice che la scienza non ha fallito. La scienza Ha fatto quello che doveva fare: ha tolto all'uomo le illusioni. L'ha posto di fronte alla realtà, di fronte alla reale esistenza, di fronte al grande mistero della MORTE. La scienza ha spiegato all'uomo che non c'è l'aldilà. Questo ha provocato sgomento, paura. Sono cadute le illusioni anche Leopardi parlava della caduta delle illusioni, della perdita della centralità dell'uomo. Leopardi lo faceva in nome dell'Illuminismo. Pascoli lo faceva alla luce del positivismo. Interesse molto intenso per Leopardi d parte di Pascoli. Ma tutti e due avevano messo al centro la collocazione dell'uomo nel mondo. Pascoli dice che non è vero che la scienza ha fallito, la scienza ha mostrato la verità. È stata la letteratura che ha FALLITO, perché non è riuscita a frasi interprete di questo nuovo mondo; perciò, vuole un RINNOVAMENTO della letteratura e lo attua. Ha la poesia perché se il compito della scienza era dare la verità, il compito della letteratura era quello di dare coscienza alla scienza. (lo dice nell'èra nuova). La letteratura dovrebbe trasmettere la coscienza alla scienza. Perché una scienza che non sa trasformarsi in coscienza, è addirittura pericolosa. È la cultura umanistica che dovrebbe nutrire la coscienza degli uomini. Non ve la prendete, dice Pascoli, con la scienza se siamo come siamo, ve la dovete prendere con la con la coscienza, o con l'incapacità che le discipline come la letteratura, la filosofia che non hanno saputo riempire di coscienza la scienza. Qual è La coscienza che bisogna dare?: Pascoli recupera il modello di Leopardi. Lo recupera in modo molto diretto. Recupera Leopardi dell'ultimo periodo. Quando Pascoli sta scrivendo tutto questo, Leopardi non è ancora conosciuto. Ad esempio, lo Zibaldone non era stato pubblicato, Pascoli non conosce Lo Zibaldone. Però ha ben presente l'ultimo Leopardi, lo dice in una conferenza che tenne a Messina, la Ginestra. Ricorda il modello della Ginestra, fiore del deserto, fiore umile, (un po' la dimensione delle tamerici). Nella Ginestra di Leopardi, Pascoli mette in evidenza il richiamo che Leopardi faceva alla social catena (se già il mondo va verso una comune morte, mondo che ci promette tanta infelicità, qual è il senso di far crescere con i comportamenti umani la negatività del mondo?). Pascoli interpreta tutto ciò alla luce di Leopardi, ma anche alla luce di quello che era venuto dopo. Ecco che la social catena diventa un aspetto del socialismo umanitario, non rivoluzionario che Pascoli abbracciò. Pascoli dice il poeta è umano, anzi è un socialista, nel senso che interpreta questa dimensione politica come traduzione della solidarietà. Lo crede fermamente in questo. Fino al 1911 quando estenderà questa idea di socialismo al rapporto tra le nazioni e scriverà La Grande Proletaria si è mossa. Testo controverso a favore dell'intervento italiano in Libia. Italia nazione proletaria tra le altre nazioni.   Se è necessario cercare il senso della solidarietà nelle piccole cose umane, nelle cose quotidiane, il poeta si deve fare cantore di tutto questo. Ecco perché Gloria (prima poesia), ecco perché questo modello di medietas, il modello non COMPETITIVO. Pascoli dice cosa sta accadendo nei moti di produzione in quegli anni. Si accorge che la fabbrica sta mangiando il lavoro del piccolo artigiano, il latifondo sta mangiando i piccoli appezzamenti dei contadini. Denuncia tutto ciò. Dice che tutto questo è grave -> andrà a finire che avremo un padrone del mondo. Pascoli vede nella società di quegli anni il sorgere delle dinamiche che porteranno al diffondersi dei totalitarismi. Vede la dinamica della società in quegli anni. Tutto ciò non ne fa un profeta in senso stretto. Pascoli ha il torto di non aver mai dato una sistemazione specifica al suo pensiero.   Guardare le cose dentro per capirle.   Emerge il modello dantesco:   Novembre (fa parte di I e II edizione di Myricae) Gèmmea l’aria, il sole così chiaro che tu ricerchi gli albicocchi in fiore, e del prunalbo l’odorino amaro                                         senti nel cuore… 4 -> è la tua immaginazione,   Ma secco è il pruno, e le stecchite piante di nere trame segnano il sereno, e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante                                         sembra il terreno. 8   Silenzio, intorno: solo, alle ventate, odi lontano, da giardini ed orti, di foglie un cader fragile. È l’estate,                                         fredda, dei morti. 12     Sembra un ritratto bucolico. Novembre, è l'estate di San martino. Sembra che stia estate, luce estiva, ma se si guarda per bene non è così. Ti accorgi che le cose sono diverse. v.4: Senti col cuore, è la tua immaginazione. Il terreno sembra, è l'estate fredda dei morti. La realtà normale, di una semplice giornata di inverno, se guardi per bene scopri anche lì il richiamo alla morte, che è una delle ossessioni di Pascoli. In questi versi (andamento classicheggiante) ritroviamo un richiamo dantesco. Paradiso XIII -> Salomone che contiene tutte le cose che era già precedentemente riportate in sotto il velame e minerva oscura. L'altro elemento importante è che Pascoli in questi anni è diventato, dopo qualche travaglio, è docente. Ha insegnato a scuola a Matera, Massa. Dopo travagli finisce a Messina. Alcuni di questi testi come Sotto il Velame e la Mirabile visione sono pubblicati da un editore messinese: Muglia. A Messina va ad insegnare greco e latino. Dopo la morte di Carducci, Pascoli sostituirà per 5 anni. Avrà la cattedra di lett. Italiana a Bologna. Si pensa sia stato proprio Carducci ad indicare Pascoli come suo successore, dopo che un periodo in cui i rapporti tra i due non erano sempre stati idilliaci. Pascoli era sempre stato descritto come personaggio ombroso, chiuso in sé stesso. Pare che non fosse un buon oratore. Era molto abile, invece, nell'oratoria D'Annuncio, il quale era stato fortemente voluto dagli studenti come successore di Carducci, ma il poeta decise di non accettare. Quindi arrivò a Bologna Pascoli. Gli anni che vanno dal 1895 al 1901 sono gli anni più intensi di produzione poetica di Pascoli. È un momento per lui significativo. Un momento importante il passaggio all'università. Finalmente si realizza il suo sogno, ma Giovanni ha bisogno di legittimarsi come studioso. Pascoli è poeta e critico. Il fatto che Myricae, i canti di Castelvecchio, i poemetti, la prosa e il fanciullino, gli scritti danteschi, coincidano tutte nel giro di questi 5-6-7 anni è significativo. --> la riflessione critica alimenta la produzione poetica, prosastica e a sua volta la produzione poetica illumina, guida quella critica. Il critico e il poeta sono la stessa persona. La materia di cui è fatta la critica è la medesima di cui è fatta di poesia. La poesia è fatta di una RICERCA di senso ULTIMO, di senso profondo delle cose. Un senso profondo delle cose che nella poesia è stato sintetizzato in maniera sbagliata e riduttiva con l'idea della poesia delle piccole cose, ma che in realtà vuol dire altro. Vuol dire che nelle cose quotidiane si può ritrovare il poetico! Nella critica pascoliana noi non dobbiamo sforzarci di guardare ad un'opera cercando il capolavoro, cercando nell'opera l'elemento di arte sublime. L'opera dobbiamo leggerla nella maniera diretta, più diretta possibile. Leggere l'opera non come monumento intangibile di bellezza, ma come atto di scrittura di un uomo. -> concetto già introdotto per quanto riguarda il dantismo ottocentesco. Quest'ultimo monumentalizza l'opera di Dante. Mettere in luce alcuni elementi e ne mette altri in un'altra luce. --> come si deve leggere l'opera di Dante? Bisogna mettere in evidenza gli elementi straordinari, monumentali, oppure bisogna raccogliere gli elementi più vari, più disparati, farne una lettura complessiva. La monumentalizzazione aveva portato a far emergere luoghi, personaggi, versi che erano diventati un vero e proprio monumento. Pascoli vuole fare una lettura complessiva dell'opera. Dopo aver dedicato un saggio critico nei confronti dell'opera di Pascoli, Benedetto Croce scrisse un testo La poesia di Dante: testo fondamentale per la critica moderna. Croce aveva distinto nella Commedia POESIA e NON POESIA, non intendendo - come una certa critica ha fatto - che ci fossero dei luoghi della Commedia più belli e altri meno belli, ma distinguendo dei filoni lirici e dei filoni di tipo connettivo (questo è quello che dice CROCE: filoni lirici e connettivi). La semplificazione di chi ha voluto assumere in maniera estrema la teorizzazione di Croce è che ci fossero luoghi di poesia della Commedia raccordati da luoghi in cui non c'è poesia e servono a cucire una poesia e l'altra ---> CROCE NON AVEVA ASSOLUTAMENTE DETTO QUESTO. Croce metteva in evidenza come questi due momenti fossero ugualmente ALTI e FUNZIONALI alla commedia. È una prospettiva questa che è molto diversa da quella di Pascoli che pure parlerà di poetico e non poetico, ma lo farà in termini diversi, in termini più dubitativi, anche un po' confusi. L'inizio degli interessi pascoliani si possono leggere nella PREFAZIONE che Maria scrive qualche anno dopo. Maria è la sorella di Pascoli, divenne la custode delle memorie di Pascoli, ma condizionò la ricezione delle opere del fratello (scelse cosa esaltare).   PREFAZIONE di Conferenze e studi danteschi di Maria Pascoli Trascorreranno ancora molti anni prima che alle interpretazioni dantesche dell'autore di "Minerva oscura", di "Sotto il velame", di "Mirabile visione", sia reso il merito dovuto? È un dubbio desolante che, se si osserva il contegno tenuto fin qui da molti studiosi del 'Poema Sacro', ha tutta la probabilità di diventare certezza. Alcuni non hanno nemmeno creduto di tener conto di questi libri; altri li hanno sfrondati a loro talento non ritenendosi obbligati di accennare all'albero a cui appartenevano le fronde e alla fronte che queste dovevano giustamente incoronare. Altri infine hanno usato verso questo enorme lavoro, di profondo pensiero e di lungo tempo, un sistema demolitore di ironia e di disprezzo.   Nelle parole di Maria si percepisce il risentimento: alcuni hanno usato nei confronti delle pagine critiche di Pascoli IRONIA e DISPREZZO. Bisogna partire da questo. Ironia e disprezzo nei confronti del pascoli dantista, percè è fuori da ogni scuola critica. Pascoli non si riconosce nella scuola filologica, non si riconosce nella scuola storica, nemmeno nella scuola tradizionale. La sua è una lettura personale e questo finisce per renderlo il nemico di tutti. Si attacca solo lui, non una scuola, non un metodo. Il pascoli che viene attaccato per i CONTENUTI, ma anche per la FORMA. --> forma complicata, confusa. Questo è un limite che la scrittura pascoliana ha. E poi: Pascoli non sembra tenere in gran conto la critica prima di lui. È una lettura molto spesso emozionale, non basata sui critici, ne sceglierà alcuni, pochi. Ma gran parte della critica dantesca lui non la considera con la debita attenzione. Diventa facilissimo isolare e attaccare Pascoli. L'impegno enorme che lui mise nell'opera ci dice che l'investimento di tempo, di studio, emozionale era un impegno in cui lui credeva nella maniera più completa. È chiaro che quando Pascoli immagina di fondare una nuova critica, lo fa in un modo non propriamente modesto. Dirà "tanti critici sono andati a cercare la chiave per interpretare la Commedia, non l'ha mai trovata nessuno. Io l'ho trovata, sono l'unico che ha capito cosa Dante voleva dire." -- > atteggiamento che non suscita simpatia. "Pascoli dice di aver trovato la chiave nella toppa." --> dice ai critici prima di lui che nessuno ha visto ciò che era ovvio vedere. Quasi un atteggiamento superbo. L'idea di base è che le colpe e le pene in Dante sono pienamente corrispondenti, però in Purgatorio abbiamo 7 cornici, nell'Inferno 9 cerchi. Pascoli dice che tutta la Commedia si lega ai peccati capitali. Chi ha peccato, ha peccato nell'ambito dei peccati capitali. I 9 cerchi dell'inferno si riconducono ai 7 peccati capitali, con il ritorno di un peccato posizionato più volte che è l'accidia. Nella sua interpretazione: I cerchi e i gironi e la topografia dei regni ultraterreni corrisponde. Corrisponde anche il Paradiso. Inferno e purgatorio, per quanto riguarda i peccati, sono uno l'inverso dell'altro. (Lussuria si incontra subito nell'inferno, e poi si incontrerà vicino al paradiso in Purgatorio).   Immagine: SCHEMA PECCATI PASCOLI È lo schema che Pascoli utilizza. Il primo cerchio dell'Inferno ci sono gli accidiosi, caronte, limbo. Nel purgatorio , ai piedi del purgatorio, Casella canta e Catone dice "muovetevi spiriti lenti" --> anche questo è ACCIDIA. Il cielo di Mercurio, in Paradiso, è un cielo in cui le anime come quella di Piccarda che hanno meritato la santità, ma sono state lente per mancanza di volontà. Piccarda fu costretta a farsi monaca, ma aveva tentennato prima di farsi santa. Inferno, purgatorio e paradiso iniziano tutte e tre con momenti di incertezza di stasi. Con delle anime non prontissime, ma accidiose. Poi c'è la LUSSURIA: incontinenti che non frenano i desideri: paolo e francesca. Nella VII cornice del purgatorio (la più alta) ci sono i lussuriosi. Nel III cielo è il cielo di Venere: è il pianeta dell'amore, della lussuria. Pascoli dice che Dante nella costruzione della sua opera ha sempre usato la stessa logica. Non è vero che il Paradiso è diverso ecc. La logica è quella dei peccati capitali, e quindi delle virtù teologali, virtù che rendono santi. Il III cerchio dell'inferno è la gola. La VI cornice è la gola. Il IV cielo è il Sole: dove stanno coloro che sono famelici della manna --> hanno bisogno del nutrimento di Dio. (anche questa è una forma di gola, benedetta) IV cerchio: avari e prodighi; V cornice: avarizia e prodigalità; V cielo del Paradiso è Marte: i combattenti per Dio ricordano coloro che hanno rinunciato a Dio per amore di una cosa che non dura. (le anime nel cielo di Marte hanno lottato, rinunciando a sé stessi, donandosi, con la loro virtù, a dio. Si sono a Dio) --> non C'E' AVARIZIA, MA PRODIGALITA' che viene dall'interiorità.   Poi il V cerchio dovrebbe essere quello degli iracondi, eppure nel V cerchio si incontra la barca di Flegias. È un richiamo questo a Caronte, della situazione dell'inizio dell'inferno. Questi sono IRACONDI -> questi iracondi erano pieni d'ira, ma non ebbero il coraggio di praticarla. (qui Pascoli sdoppia il Cerchio). Anche questa, secondo Pascoli, è una forma di ACCIDIA; la IV cornice è quella degli accidiosi; nel paradiso: VI cielo del paradiso, quello degli spiriti giusti, coloro che fecero giustizia. Ritorna anche nel Paradiso l'immagine della palude. La palude è il simbolo supremo dell'accidia. Nel VI cielo c'erano i grandi re giusti, che anche loro furono incerti nel praticare la giustizia. Furono non prontissimi.   VI cerchio degli eretici --> l'eresia non è un peccato capitale. È sempre ACCIDIA: perché sono coloro che non si sono sforzati di abbracciare Dio; IV cornice purgatorio corrisponde all'ACCIDIA (in questo caso Pascoli ha duplicato le cornici del purgatorio, le ha divise in due--> così si arriva a 9.) Poi nell'Inferno: VIOLENZA, FRAUDOLENZA, INVIDIA E TRADIMENTO (SUPERBIA); CIELO DI SATURNO, SPIRITI CONTEMPLANTI, STELLE FISSE E CIELO MOBILE (nel Paradiso). Dante ha usato come metro su cui costruire lo schema dei peccati capitali, dice Pascoli. Pascoli riempie i vuoti che lo schema di lettura aveva con l'ACCIDIA, accidia che ritorna 3 volte. Questo è un atteggiamento interpretativo molto estremo. Molto poco condivisibile e condiviso. Molti lo criticarono. però non vuol dire che sia facile per tutti. La commedia è una sfida o che ci viene proposto facile, alla portata di tutti. La commedia deve essere interpretata, che si impegni, non uno spettatore. Se la commedia è la conquista di un'etica, l'etica si conquista con la pratica. Pascoli dice che il lettore della Commedia cresce, si forma, che deve andare in fondo alla propria cultura.   «O voi ch'avete li 'ntelletti sani, mirate la dottrina che s'asconde sotto 'l velame de li versi strani» --> per capire qual è la dottrina che si nasconde sotto versi che possono apparire privi di senso, bisogna avere l'intelletto sano, pieno.   Pascoli dice" Aguzza qui, lettor, ben li occhi al vero,  chè ‘l velo è ora ben tanto sottile,  certo che ‘l trapassar dentro è leggero.    C'è sempre l'idea del velo che copre la verità, copre la dottrina. La funzione della poesia è andare oltre le apparenze, guardare bene. Impegno ad interpretare il mondo. Bisogna scendere dentro le opere che ci accompagnano. La Commedia è l'opera principale da questo punto di vista. Quella che pone la sfida maggiore al lettore. Pascoli dice nella minerva oscura "il VELO è della lettera, il di fuori, il VERO è quello che si nasconde sotto il manto, il di dentro, una verità ascosa sotto bella menzogna." --> la poesia va analizzata fino in fondo. Il punto è capire se dante facesse tutto questo per farsi capire o non farsi capire. Se uno scrive, scrive per farsi capire. Quindi il Vero che si nasconde sotto il Velo vuole essere scoperto. Dante è come se avesse dato gli indizi, tu lettore scopri la verità. --> le parabole di Gesù: ecco il senso sacro. Dante vuole usare nella commedia quella medesima attenzione che si usa nell'esegesi delle pagine bibliche. Pascoli arriverà a scoprire che Dante ha utilizzato questo modo di procedere, ma ha fatto molto di più: si è rifatto ai testi sacri. Pascoli cerca di capire quali siano, e se siano direttamente citati o se passino attraverso i commentatori, i padri della chiesa. --> infatti scoprirà che è così. Pascoli dice che quando Dante ammonisce il lettore di aguzzare bene gli occhi al vero, in un certo modo lo sfida, lo mette alla prova, indicandogli il velo sottile attraverso il quale si può vedere da tutti, eppure non è detto che tutti riescano a vedere" --> eppure non è detto che tutti riescano a vedere. La Commedia chiede un lettore che sia così.   O voi che siete in piccioletta barca,  desiderosi d’ascoltar, seguiti  dietro al mio legno che cantando varca,                         3   tornate a riveder li vostri liti:  non vi mettete in pèlago, ché forse,  perdendo me, rimarreste smarriti.    Rimanete dietro colui che vi sta guidando. Quindi il lettore è un po' come lo stesso Dante dietro Virgilio. Mettetevi in ascolto della poesia e vedete che la poesia vi porterà alla verità. Perché dice pascoli non ha apprezzato, non ha capito il paradiso perché rispetto alle due prime cantiche, il mistero del paradiso è più profondo. Il velo che sta sopra le verità del paradiso è un po' più difficile da togliere. È un velo di un genere diverso. Si direbbe che nelle prime cantiche il velo proverrebbe da allegorie e simboli che pertengono all'arte del poeta. Nel paradiso il velo proviene più specialmente dalla profondità della scienza che riguarda il filosofo e il teologo. Pascoli dice qui una cosa importante. Non capirete il Paradiso se non pensate a Dante come scienziato. Non dovete fermarvi a dante poeta. Dovete pensare al paradiso come espressione della scienza, della scienza. Questa dimensione è fondamentale per comprendere la III cantica.     LEZIONE V Pascoli ci aveva detto di considerare la distribuzione dei dannati e dei purganti sotto un unico schema: quello dei peccati capitali. Si creava una sproporzione tra i 7 e i 9, in realtà Pascoli spiegava ci fosse una continuità tra una e l'altra. In realtà è possibile fare un'obiezione. Nel purgatorio ci sono antipurgatorio e paradiso terrestre + 7 cornici = 9 la partizione del purgatorio (esattamente come quella dell'inferno). Quindi non ci sarebbe bisogno di grandi costruzioni ideologiche come fa Pascoli. Non è vero che non ci sia anche un antinferno: c'è una parte iniziale che arriva fino al 3-4 canto. Se iniziamo a considerare che in purgatorio vi siano 7 cornici + antipurgatorio e paradiso terrestre, si arriva a 9. L'obiezione è: perché non dovremmo considerare i 9 cerchi più l'antinferno. --> L'antinferno non fa parte dell'inferno stesso. Il problema di tenere assieme le due costruzioni rimarrebbe. Bisogna vedere se davvero Dante ha voluto fare una costruzione perfetta e simmetrica tra Inf. e Purg., ma potrebbe anche non essere. Ciò che le rende comuni sono i peccati. Peccati che esercitati in un modo portano all'inferno, esercitati in un altro modo porta al purgatorio e poi al paradiso. Pascoli è convinto, e qui forza la mano, che la struttura del purgatorio e quella dell'inferno rispondano ad un'unica legge morale. Non è una questione solo topografica, ma questa si lega alla questione morale. I critici dell'800 non volevano "vivisezionare", fare a pezzi la Commedia, si perderebbe il senso del bello del per cui si studia la commedia. La commedia è un monumento e va gustata nella parte estetica. (questo è ciò che pensavano i critici del tempo). Pascoli chiedendosi se la costruzione del poema fosse legata, misurata, imbastita su una specifica struttura, sta cercando di arrivare al senso della struttura. Quello che si vede, quello che è l'epifania, la parte esteriore, il VELO è qualcosa che ha a che fare con il contenuto dell'opera! Va bene il contenuto, ma la forma dell'arte, il VELO è veramente l'elemento straordinario. Eppure quel velo non nasconde il contenuto, ma ce lo spiega. Pascoli riutilizza l'immagine del VELO per dire: non ci vogliono lettori passivi, ma attivi!!! Chiedersi se la forma della Commedia è qualcosa che ci può parlare di Dante diventa superfluo, è ovvio che è così! La questione del rapporto tra struttura e testo, tra poesia e non poesia (come diceva croce), tra poesia e struttura è una questione che non può essere liquidata con poco. Sulla struttura dell'Inferno Galileo Galilei ha scritto un libro. La questione della struttura è stata sempre ben presente nel passato e non poteva che esserlo oggi, nella modernità. Quando Pascoli dice che la struttura va letta alla luce del contenuto, ma anche il contrario. Il contenuto era la rappresentazione dei vizi e delle virtù. Questa rappresentazione significa essenzialmente l'ordinamento morale, quindi i peccati capitali. La struttura è fatta in modo da rappresentare i peccati nella loro gravità. (questo è quello che dice Pascoli) Pascoli ha ragione da un punto di vista metodologico: la struttura non può essere letta fuori dal senso. Nell'insistenza del 3, del 33 (3 cantiche per 33 canti) sappiamo esserci un significato. Il 3 è il numero di Dio. Questa è struttura, ma anche significato. Dobbiamo pensare che come in questo caso anche negli altri casi la struttura ha una sua importanza. Come la struttura ci dà senso: es. Ulisse si situa tra i cattivi consiglieri --> questi ultimi sono in basso nell'ordine dei peccati. Ecco quindi che va inteso non come eroe, ma come PECCATORE! Dal punto di vista dei peccati è tra i peccatori peggiori. La struttura chiarisce. In Paradiso ci son 9 cieli, ancora il numero 9. 9 cieli; 9 cerchi (inf.); perché 7 cornici? --> è qualcosa che ossessione Pascoli. Quindi arriva a fare la proposta secondo cui il purgatorio finisca per duplicare alcuni passaggi. La cornice 4 si sdoppia + paradiso terrestre = così si arriva a 9 momenti. -- > accidiosi vita attiva e vita contemplativa. Nel paradiso non ci sono i peccati, ma le virtù. Il cielo di mercurio come tutti i cieli del paradiso è un cielo che presenta dentro di sé l'accidia. Qui gli accidiosi sono divisi in due parti: accidiosi per mancanza di volontà e i accidiosi per volontà al male (?). Il cielo della lussuria è un cielo che si lega a quello di mercurio. Non c'è una piena corrispondenza tra gli uni e gli altri (i santi del paradiso vengono visualizzati per far segno, ovvero per offrire una vista che gli uomini possono comprendere.). Il passaggio tra gli uni e gli altri non avviene in questo caso come avviene nel purgatorio e nell'inferno per salti, ma avviene per un passaggio quasi osmotico. Ci si ritrova di cielo in cielo quasi in continuità. La scienza del cielo di Mercurio e l'amore di Venere sono poste nel paradiso quasi in continuità. Lo schema di Pascoli non è molto preciso. C'è un ardore di fama per Dio e l'ardore per l'amore (mercurio e venere) è CONTIGUO. La schematizzazione va bene fino ad un certo punto. Ma non va perfettamente bene per il Paradiso perché nel paradiso il passaggio tra l'uno e l'altro cielo è un passaggio in cui le anime di un cielo partecipano di quello dell'altro, hanno le caratteristiche dell'altro cielo. Pascoli dilata e restringe i regni a seconda della propria visione. Incastrare tutto dentro uno schema. È come se si volesse mettere una griglia su tutta la commedia e sulla base di questa griglia interpretare la Commedia. Alcune cose vanno bene, altre no --> soprattutto il Paradiso, il paradiso sfugge un po' allo schema pascoliano, allo schema dei vizi capitali, distinguendo una virtù che anche Dante distingueva, ma che in Dante era una sorta di acquisizione progressiva: cioè una virtù compre le altre virtù, non si annullano. trovare il bandolo della matassa e come abbia scoperto la verità". Da un punto di vista letterario può essere un bene, da un punto di vista della chiarezza filologica: NO! L'elemento autobiografico è importante non solo perché Pascoli ci vuole raccontare la storia di come lui stesso è arrivato alla verità, ma perché in realtà ci vuole raccontare di sé stesso poeta. Di come un poeta legga un poeta. Un poeta non ha sempre il bene della chiarezza. Questo voler insistere sulle verità rivelate nella Commedia però non presentandocele direttamente, ma attraverso la sua storia personale. Fraccaroli dice: "se vi è un eccesso, questo eccesso è sempre di RAGIONAMENTO, perché vi è eccesso non solo in quanto il lettore parecchie volte si stanca, ma anche perché si vuol provare troppo. Certi raffronti sono così SOTTILI e così nuove che colpiscono, ma ABBAGLIANO più che illuminare. (viene di dire che bella pensata ha avuto Pascoli, peccato che non sia vera) Provano più l'ingegno e la diligenza del critico che non convincano d'alcun fatto." Fraccaroli avanza queste critiche, ma sostiene alla fine che in qualche modo Pascoli ha trovato la chiave. (quasi l'unico a dirlo) Il tentativo di Pascoli di far concorrere la Minerva Oscura al premio dei Lincei. Ci contava perché c'era Carducci. Arriva il giudizio dei Lincei ed è tutt'altro rispetto a quello che Pascoli si immaginava. Non viene premiato, ma viene criticato. Questa è un botta molto pesante, si deprime molto. Si consola per il fatto che questa non era l'ultima redazione della Minerva Oscura, ma la redazione rimpiasticciata. Nel premio dei Lincei vinsero 2 critici: claudio Giacomino e Pio Ràjna. Quest'ultimo importante nome perché è stato uno dei filologi più importanti italiani. Ha consacrato il metodo dell'intertestualità. Soprattutto con gli studi sull'Orlando Furioso. Non era una questione di chiusura a metodi nuovi, quella che condannava Pascoli. Erano stati premiati due giovani studiosi arditi nei modi. L'opera di Pascoli viene giudicata così(nel dicembre 1989): "Pascoli nella Minerva Oscura vuole ignorare il molto che è stato scritto sulla Divina Commedia (non tiene conto di chi ha scritto prima di lui); e la si pone di fronte solo con ponderose citazioni tomistiche, scolastiche, convitando i lettori ad assistere al modo onde il processo della costruzione si è generato e svolto nella sua mente". La relazione dei Lincei nasce da un clima che stava attorno a pascoli. Essa continua dicendo: "la potenza innegabile della sua sintesi gli fa ravvisare nella molta lettura parallelismi finissimi che colpiscono di nuova luce, ma l'acceso ingegno gli fa ignorare molti stacchi e salti del suo disegno. La destrezza del letterato gli insegna a velare e ricoprire le screpolature delle ardite costruzioni". --> talvolta le cose no combaciano, le fa combaciare con la sua parola. Il pascoli poeta si mette a servizio del pascoli critico per nascondere quello che non andava. "Il libro di Pascoli pullula di ipotesi ingegnose e suggestive e ricca di non pochi semi di verità. Ma non tutta la faccia dell'Oscura Minerva è illuminata. Assai spazio resta ai prolegomeni per raggiungere la meta" è scritto con austera eleganza. Del resto la commissione dispiacente di non poter tener conto dei meriti letterari onde rifulgono altre pubblicazioni dell'egregio professore le quali non rientrano nel concorso. --> parte più dura. È scritto con eleganza, qui stiamo valutando la critica, non la letteratura creativa. Sei un ottimo poeta: perché non continui a fare il poeta? Questa sarà una delle tante critiche rivolte. È un attacco durissimo: prima di tutto perché Pascoli legge in questo passaggio una "SCUDISCIATA" che Carducci gli avrebbe dato--> se la prende con Carducci. Secondo lui è Carducci che ha scritto questa recensione, che l'ha criticato, condannato. Si sente, quindi, tradito dal suo maestro! -- > questa è la prima reazione, molto forte, che finisce per colpirlo. Scrive a de Bosis: "leggerai sulla Flegrea - rivista napoletana, su cui pubblica intorno alla Minerva Oscura - la mia nobile vendetta sui Lincei, dei quali uno è Carducci! E io non avevo che dalla mia indovina … o se mi avessero dato non dico tutto il premio, non dico la metà, ma almeno un quinto, un decimo … e dire che ho spiegato il pensiero di Dante!" L'accusa è che Carducci non lo ha capito, non lo ha voluto capire, anzi l'ha voluto colpire. In questo frangente ci rimane male. A de bosis in un'altra lettera: in questo, come per gli altri studi che seguiranno, io prometto di essere più esatto degli altri, meglio che nuovo, meglio serio che INGEGNOSO (capisce che ingegnoso è negativo), meglio rigoroso che AUDACE. Non è credo un'accusa in quelle parole della commissione dei lincei "egli vuole ignorare il molto che è scritto sulla Commedia". Ma se fosse la reputerei non meritata. Che al commento del poema sacro non fu data ancora una base scientifica sulla quale maestri e manovali continuano a lavorare. Perché questa base ci sia bisogna trovare ad ogni simbolo di Dante la parola, la parola esatta di Dante che la interpreti ed ogni concetto di lui, la postilla di lui. E poiché di lui non resta nessun commento della Commedia, BISOGNA COGLIERLO NELLA COMMEDIA STESSA, NELLE ALTRE OPERE e in secondo luogo, dai libri che si possa accertare che erano nelle sue mani. E da ciò che faceva scienza per lui o per i suoi eguali. Ora io lavoro attorno a questa base di interpretazione" --> quindi è come se la prendessero con lui perché non ho letto i libri di quelli di prima, ma lui gli ha letti, solo che non mi servono perché non hanno detto nulla di nuovo perché lui dice che manchi la scienza. Non c'è una scienza. Invece bisogna capire scientificamente quello che è la commedia, fare la base scientifica. Io non ho citato gli altri, perché gli altri non sono base scientifica della commedia. Non ho citato gli altri perché gli altri non mi hanno dato una struttura, base scientifica sui cui basare il mio studio. Giacché questi erano i prolegomeni Pascoli avrebbe dovuto fare questa base. Pascoli era un po' in imbarazzo con Carducci. Quest'ultimo intervenne su questa cosa con Michele Barbi. Carducci si fa mandare la recensione di Luiso. Quindi le ipotesi di colpa cadono un po' perché questa lettera è successiva alla stesura del giudizio. Se Carducci all'atto della scrittura del giudizio non aveva letto la recensione di Luiso e se la recensione di Luiso era finita comunque nel giudizio questo vuol dire che non l'aveva introdotta Carducci, non l'aveva messa Carducci. In effetti si scopre che - andando a vedere le varie reazioni - non era stato Carducci a dargli la scudisciata. Carducci non conosceva la recensione di Luiso, ma la recensione di Luiso finisce citata nel giudizio dei Lincei. È evidente: ce l'ha messa qualcun altro. Pascoli scopre, mentre la sorella se la prende con Carducci, col tempo che il tono del giudizio era stato smussato grazie a Carducci. Senza Carducci in commissione il tono sarebbe stato ancora più duro. Carducci cercò di difendere Pascoli. Cercò di far sì che il tono del giudizio non fosse duro e negativo, come in una prima redazione era. Pascoli lo capì tardi. --> l'occasione fu propizia per allargare ulteriormente la ricerca. Questo è un episodio significativo! Rimane di tutto ciò il fatto che Pascoli in questi anni è stato un poeta incredibilmente ISOLATO. Lo è sempre stato. Ma se un poeta poteva più o meno permetterselo di essere isolato, un CRITICO no. Resta isolato come critico. Abbandonato dagli amici , difeso senza troppa voglia di combattere dagli amici più stretti. Es. Fraccaroli dice che è difficile. Anche l'atteggiamento di Carducci che non apprezza il Pascoli dantista. Ci sono due elementi --> cosa viene detto attaccando Pascoli? Nel bene o nel male Pascoli si era sforzato di leggere dante su una base scientifica, sforzato di leggere Dante dal punto di vista della struttura (della costruzione della Commedia) e dei rapporti che Dante aveva avuto con altre opere che gli possono essere passate dalle sue mani.    Leggere dante su una base scientifica;  Leggere Dante dal punto di vista della struttura;  Leggere Dante dal punto di vista dei rapporti che Dante stesso aveva avuto con altre opere, quelle che gli possono essere passate dalle sue mani. Queste tre sono le Novità vere grandi positive della scrittura pascoliana. Queste tre strade sono importanti. E sono:  la strada dell' INTRATESTUALITà: LO STUDIO DELLE SIMMETRIE NELLA COMMEDIA, LO STUDIO DEI LUOGHI DELLA COMMEDIA CHE INTERNAMENTE RIMANDANO L'UNO ALL'ALTRO SPIEGANDONE IL SIGNIFICATO.   Es. "tra cotanto senno" --> IV canto dell’inferno. Stesse parole nel canto XXI purg. Dante dice di andare a vedere il quarto canto dell'inferno per poter comprendere questo del purgatorio    La strada dell'INTERTESTUALITà: DEL RAPPORTO TRA DANTE E ALTRI POETI, ALTRI TESTI. Pascoli a seguito delle polemiche sulla minerva oscura ci arriva a questa strada. Il grande modello è il Contra Faustum di Agostino. Dice che ci sono tanti rimandi leggendo i quali noi capiamo. Se è citato l'Eneide bisogna andare a vedere l’Eneide, comprenderne il contesto. Perché questo contesto getterà luce sul contesto dell'interpretazione. Es. paolo e Francesca: dire che Francesca è dove è Dido, questo vuol dire che Francesca si è macchiata dello stesso peccato di Didone. Il peccato di Didone era stato quello di aver impedito il fatal andare (volere degli dei)di Enea. Francesca cade nello stesso peccato: cioè non riesce a vedere che dietro l'amore c'è un prospettiva più lunga, più ampia. Se leggiamo il contesto di Enea e Didone legati a quello di Paolo e francesca si capisce la situazione, se li distacchiamo, capiamo molto di meno. Dante nel V inf Dante si definisce tante volte pio. Se Francesca è Didone, Dante è Enea; francesca è quella che è rimasta ferma, dante è colui che sta proseguendo la sua strada. L'amore stilnovistico è rimasto legato ad una prospettiva; Dante è andato oltre.    (III Elemento importante, ma principale) Importanza della STRUTTURA come segno semantico. La struttura ci dà senso, non è solamente messo lì. La commedia funziona perché è poesia e scienza. La struttura è quell'elemento "scientifico che permette di intendere meglio la poesia, di far sì che la poesia sia portatrice di verità. Però bisogna capire qual è la struttura. PER FARE QUESTO BIOSOGNA CAPIRE LA STRUTTURA. laureato sì, ma mangiare no! (devo fare il poeta laureato, ma non il critico?!) --> PAROLE DI PASCOLI A PARODI. Non parteciperà alla lectura Dantis alla quale era stato invitato a Firenze. D'annunzio accettò di fare la lettura al posto suo, tradimento da parte di D'annunzio. Tra i due si sviluppa la polemica pesante, poi si riappacificarono. D'annunzio disse che si era comportato come una donnetta inacidita e pettegola. Rapporti incrinati, poi riavvicinamento. La polemica tra i due nacque attorno al ruolo sociale che avrebbe dovuto avere Pascoli e che si sentì usurpato.   ROTTURA CON D'ANNUNZIO: Il loro rapporto era stato molto amichevole tra i due. Pascoli si ritrova di fronte ad una recensione di d'annunzio alla prima raccolta pascoliana Myricae, recensione molto positiva, Pascoli rimane profondamente grato, di lì nasce una profonda amicizia. La rottura è stata forte. Lo sgarro che l'amico gli ha fatto, presentandosi al posto suo. Iniziano poi recensioni negative, date dal fatto che una lettera che non doveva essere pubblicata, una lettera di Pascoli contro d'annunzio, invece viene pubblicata su un giornale. Viene pubblicata questa lettera privata. D'annunzio alla lettera ci rimane male e scrive a sua volta una lettera di lite e dice che aveva reagito come una donnetta inacidita. Poi il rapporto si incrina. Tutta questa polemica è la storia di una cultura italiana che sta cercando di ridefinirsi. L'astro che aveva guidato la cultura del nostro Risorgimento sta tramontando (Carducci). Pascoli si illude potesse essere il nuovo vate di quella cultura. Ma non aveva tutte le capacità di d'annunzio. Né l'uno, né l'altro diventeranno il vate di quell'Italia. D'annunzio diverrà negli anni della guerra. A cavallo tra 800-900 c'è la corsa a prendere delle posizioni per cui l'essere sconfessati come lettore migliore di Dante significava per Pascoli essere messo da parte. E che fosse d'annunzio a farlo diventava il peggio del peggio. Si sfiorò un'altra volta questa situazione, quando morto Carducci bisognava nominare il prof di letteratura italiana di bologna. La cattedra fu data a pascoli, ci rimase molto poco tempo. Gli studenti la offrirono a D'annunzio. La ebbe Pascoli Pascoli si rimette a lavorare e giunge alla pubblicazione del suo secondo volume: Sotto il Velame. Questo si basava su una frase:   «O voi ch'avete li 'ntelletti sani, mirate la dottrina che s'asconde sotto 'l velame de li versi strani.» --> Inferno 9.   Sotto il velame significa che bisogna vedere sotto i versi. Pascoli pensava fosse importante scendere nello studio. Pensava fosse necessario corroborare quanto c'era nella Minerva Oscura. Allora decide di ripartire dal giudizio dei lincei, quello che gli aveva fatto più male. Sapeva bene che se avesse vinto questo premio nessuno o pochi si sarebbero azzardati a contraddire in maniera così forte la sua ipotesi di ricostruzione del senso della Commedia. All'inizio di Sotto il Velame: è ricco il libro di Pascoli di non pochi semi di verità (giudizio dei lincei), su questa frase indugio e medito". Sotto il velame, Giudizio dei Lincei: se è vero che ho messo dei semi, se anche i miei nemici hanno detto che ci sono semi di verità, vediamo di farli fiorire sti semi. Facciamogli mettere delle foglie. Poi dice se dante è dante il mio chicco di senape diverrà un albero. E se la commedia di Dante è com'è il libro più divino che l'uomo abbia scritto, - Raccoglierò tantissimo -. Perché sento di aver dato la verace interpretazione del poema sacro. Questo sedimento mi addolcisce la vita e non mi fa temere più la morte. --> Sta scrivendo i canti di Castelvecchio, sta scrivendo i poemi conviviali. Se diverrò famoso dopo la morte sarà non per la poesia, ma perché sto scrivendo di Dante. Il poeta pascoli non è contento di essere poeta: vuole qualcosa di più. Vuole essere ricordato in quanto critico. "Torno alla Minerva oscura." dopo un articolo pubblicato su Flegrea, rivista napoletana, scrive a Pietro Bono e diche che lui ha scoperto l verità. Ha la pistola fumante. Ha scoperto ciò che nessuno potrà più dire che non è vero. In sant’Agostino ha trovato la fonte principale di Dante, dalla quale si conferma la divisione in 7 parti del purgatorio e dell'inferno. La fonte è il Contra faustum Manicheum di Agostino, che secondo Pascoli sarà centrale per interpretare Dante. Per capire il contra faustum bisogna capire il libro della genesi. Genesi 29: Giacobbe arriva presso Làbano. 29, 16. Labano aveva due figlie: Lia aveva gli occhi smorti, Rachele era avvenente. Giacobbe amava Rachele. <Io ti servirò sette anni per Rachele, tua figlia minore>. Per sposare le due sorelle Lia e Rachele, Giacobbe lavorerà 7 + 7 anni. Lia e Rachele svolgono un ruolo centrale nella Commedia di Dante, appaiono più volte.   Rachele:  compare nel II canto dell'Inferno. Nel coro dei beati Beatrice e Rachele sono sedute una accanto all'altra.  Paradiso XXXII: Rachele siede con Beatrice--> simmetria perfetta con il II canto.   Dante si premura sempre di dire che c'è Rachele accanto a Beatrice. Rachele torna un'altra volta:  Purgatorio XXVII: sogno. Lia era brutta perché aveva gli occhi brutti. "Venite, benedicti Patris mei" -> riesce a rendere versi latini in endecasillabi. Similitudine della pastorizia, così erano descritte le due sorelle, erano pastorelle. SOGNO premonitore. Lia sta cercando di farsi una ghirlanda di fiori per guardarmi allo specchio. Rachele è desiderosa di specchiarsi. Importanza degli OCCHI. Una è bella di natura, l'altra è bella da sé. Una è contenta dell'operare, lei del vedersi. VITA ATTIVA -> ALLEGORIA; RACHELE-> VITA CONTEMPLATIVA.   Lo dolce padre mio, per confortarmi,  pur di Beatrice ragionando andava,  dicendo: «Li occhi suoi già veder parmi».                    54   Guidavaci una voce che cantava  di là; e noi, attenti pur a lei,  venimmo fuor là ove si montava.                                    57   ’Venite, benedicti Patris mei’,  sonò dentro a un lume che lì era,  tal che mi vinse e guardar nol potei.                              60   «Lo sol sen va», soggiunse, «e vien la sera;  non v’arrestate, ma studiate il passo,  mentre che l’occidente non si annera».   Dritta salia la via per entro ‘l sasso  verso tal parte ch’io toglieva i raggi  dinanzi a me del sol ch’era già basso.                          66   E di pochi scaglion levammo i saggi,  che ‘l sol corcar, per l’ombra che si spense,  sentimmo dietro e io e li miei saggi.                              69   E pria che ‘n tutte le sue parti immense  fosse orizzonte fatto d’uno aspetto,  e notte avesse tutte sue dispense,                                72   ciascun di noi d’un grado fece letto;  ché la natura del monte ci affranse  la possa del salir più e ‘l diletto.                                     75   Quali si stanno ruminando manse  le capre, state rapide e proterve  sovra le cime avante che sien pranse,                          78   tacite a l’ombra, mentre che ‘l sol ferve,  guardate dal pastor, che ‘n su la verga  poggiato s’è e lor di posa serve;                                     81   e quale il mandrian che fori alberga,  lungo il pecuglio suo queto pernotta,  --> similitudine tratta dal mondo della guardando perché fiera non lo sperga;                         84 pastorizie che era quello in cui erano apparse Lia e Rachele. (pastorelle) tali eravamo tutti e tre allotta,  io come capra, ed ei come pastori,  fasciati quinci e quindi d’alta grotta.    Poco parer potea lì del di fori;  ma, per quel poco, vedea io le stelle  --> sogni profetici di lor solere e più chiare e maggiori.                             90   Sì ruminando e sì mirando in quelle,  cantafere quel murmure infinito di musica morta e inafferrabile! Dicono: non sollecitate la tenebra sacra con la vostra lucernina! Or io a costoro, col terzo volume, vorrò mostrare che il pensiero di Dante è meglio conoscerlo e contemplarlo qual’è, e che la sua parola echeggia da ben più profondo mistero di quel che essi credano, e che la lucernina può rivelare, in queste catacombe, qualche meandro nuovo, qualche nuovo abisso, qualche improvviso simulacro, qualche scritta ignorata. Non perde nulla Dante, a essere capito. -->   è come se dicesse:   Voi che lo celebrate per la sua bellezza, non l'avete capito, e quindi come fate ad amarlo?   Finalmente uno, che non era un grand’uomo, si trovò nella grande casa, e dopo aver picchiato nella pietra, la guardò, e... fece quello che nessuno, dal primo abitatore all’ultimo, da sei secoli su per giù, aveva pensato a fare: tolse la pietra. La pietra era quella paroletta “ira„. Questo libro toglie, credo ogni questione e ogni dubbio, non dico mediante le mie argomentazioni, ma con la scoperta di quella che è la principal fonte del Poema. Dalla quale si ricava come il numero settenario nell’infernoe nel purgatorio sia richiesto dalla essenza stessa dell’argomento. L’argomento del poema in vero è l’abbandono della vita attiva per la contemplativa. La vita attiva è raffigurata in Lia, la contemplativa di Rachele. Alia contemplativa si giunge dopo l’esercizio delle virtù, diretto a mondar l’anima da ogni macchia. Ebbene questo esercizio è significato dai sette e sette anni di servaggio che Giacobbe subì per Rachele. Certo qualcuno può dire: Nulla licenzia a credere che gli ultimi tre peccati dell’inferno, i quali hanno per simboli l’ira bestiale, l’invidia prima, la superbia maledetta, siano ira, invidia e superbia: nulla licenzia a credere che il quart’ultimo, diviso in due cerchi, sia accidia: l’accidia proporzionale al lento amore in acquistare e vedere il bene; per quanto di quei peccatori gli uni non avessero “bontà…     Questo libro toglie credo, ogni questione… dice di aver trovato la prova provata. LA QUESTIONE Più IMPORTANTE è CHE HA RACCONTATO IL PASSAGGIO DALLA VITA ATTIVA A QUELLA CONTEMPLATIVA ATTRAVERSO LA METAFORA DI LIA E RACHELE, METAFORA CHE STA ALLA BASE DI TUTTA LA COMMEDIA. Se questo fosse vero Dante chi è? Chi è Giacobbe? Giacobbe è colui che si è ritrovato la primogenitura per volere di Dio. Giacobbe era l'eletto. Il suo fatale andare di Dante. Dante è stato prescelto per attraversare i regni dell'aldilà. Altri sono stati rifiutati, a cominciare da Cavalcanti. --> Pascoli crede che tutto vada a posto, che tutto sia coerente. Dante è il prescelto da Dio. La ricerca che pascoli sta facendo di un senso ultimo della commedia. La commedia deve avere un significato. Bisogna dare una risposta alla domanda "Di che cosa parla la commedia" È veramente il passaggio dalla vita attiva alla contemplativa. C'è sicuramente questo passaggio: Dall'inferno al paradiso. Dante considera il paradiso la forma di poesia più alta. Paradiso è l'ambizione più alta del poeta Dante. La tradizione dell'800 l'aveva fatto dimenticare, per il pregiudizio che non si doveva parlare di poesia teologica. LEZIONE VII Pascoli scopre la fonte prima della Commedia nel Contra Faustum di Agostino. Nell'ambito di una costruzione del mondo dantesco, costruzione prevalentemente basata sull'aristotelismo, quindi sulla visione che Aristotele aveva dato del mondo (Dante non conosceva direttamente Aristotele ma lo considerava: il maestro di color che sanno. Aristotele era stato il filosofo attorno a cui si era sviluppata la cultura teologico-filosofica dell'epoca immediatamente precedente a Dante: la SCOLASTICA), accanto a questo, ciò che inizia ad emergere - attraverso il recupero dell'opera di Sant'Agostino, dell'importanza di Sant'Agostino - è proprio la dimensione neoplatonica dell'opera dantesca. Ci si rende conto che il messaggio platonico, mediato probabilmente dalla lettura di Agostino, ha un suo peso nell'immaginario dantesco. Non solo costruzione Aristotelica, ma in alcuni tratti vi è una evidenza di un'influenza neoplatonica.   Giacobbe aveva servito 7 anni + 7 Làbano: aveva sposato prima Lia e poi Rachele. Le due figlie erano state interpretate come simbolo della vita attiva e della vita contemplativa. Ogni occorrenza del nome di Rachele nella Commedia fosse stata legata all'immagine della collocazione di Beatrice nei cieli. Beatrice è colei che sedeva - ferma - accanto a Rachele. Accanto a Beatrice c'è sempre Rachele. Beatrice, quindi, simbolo della vita contemplativa. Pascoli dice che la Commedia parla del passaggio dalla vita attiva a quella contemplativa!(questo è il tema diceva Pascoli). Significa abbandono della vita attiva, politica di Dante, per una prospettiva di tipo teologico-contemplativa. Significa che la Commedia diventa espressione dell'ultimo Dante. Secondo pascoli Dante condensa la scrittura del capolavoro negli ultimi 8 anni. La sua vita ne è l'esempio. Il sistema disegnato ci dice qualche verità nuova: l'universo di Dante è un universo molto più composito di quello che si era immaginato fino a quel punto. Ci dà qualche indicazione di lettura originale, ad esempio la rivalutazione della III cantica del Paradiso. Nell'800 il paradiso era stato sottovalutato, messo in secondo piano. Per noi è ancor così. Il paradiso è una lettura meno familiare, non solo perché il paradiso è più difficile da un punto di vista poetico (perché lo è da un punto di vista dottrinale--> la dottrina è molto più pesante, evidente), ma anche perché mentre le prime due cantiche son legate a episodi, personaggi canonizzati, il paradiso non ha eventi canonizzati. L'intera cantica è dominata da un personaggio: Beatrice. Tutti gli episodi del Paradiso ruotano attorno alla spiegazione che Beatrice dà. Beatrice ha un ruolo più centrale, anche rispetto a Virgilio. I personaggi dell'inferno hanno un spessore più drammatico di quelli del paradiso e sono più letti. Ebbene, Pascoli rovescia questa visione: la visione dell'800. dice che la vera alta poesia è quella del paradiso, non è il primo a dirlo. La sua interpretazione si basa sul paradiso, punta sul paradiso (quella di Pascoli). La commedia converge sul paradiso, se diciamo che la Commedia è il passaggio dalla vita attiva a quella contemplativa. Quindi, la conquista vera è la visione del paradiso. Leggere da questo punto di vista l'intera opera dantesca significa ammettere un'importanza specifica a questa dimensione paradisiaca. C'è di vero che la poesia più elevata è del paradiso. Il paradiso ha al centro un'attività che è quella della CONTEPLAZIONE. Nel paradiso gli elementi platonici iniziano ad emergere in maniera netta. CONTEMPLAZIONE MISTICA è la forma più alta. L'ultimissimo tratto è affidato a san Bernardo, un mistico.   Il lettore che mi ha seguito, domanderà: «L'altro viaggio è il cammino di Dio o della vita contemplativa, e il corto andare del bel monte è quello del mondo e della vita attiva. Bene. La vita attiva consiste nell'esercizio delle quattro virtù cardinali; ed è impedita da tre disposizioni cattive, equivalenti a incontinenza, di concupiscibile e d'irascibile, a violenza o bestialità, a frode (SOTTO IL VELAME, LA FONTE PRIMA, p. 369)     "la vita attiva consiste nell'esercizio delle virtù cardinali. Queste è impedita dalle 3 fiere, disposizioni cattive. " Dante finisce in una selva. Esce da questa, viene ostacolato per andare al monte. Incontra Virgilio. Il primo canto: è un ERRORE, un inizio che non appartiene a quel viaggio, è un viaggio nella direzione sbagliata, non canto introduttivo. Pascoli dice che è una sola fiera che ostacola dante: la LUPA.   INFERNO 1:   Temp’era dal principio del mattino, e ’l sol montava ’n sù con quelle stelle ch’eran con lui quando l’amor divino 39   mosse di prima quelle cose belle; sì ch’a bene sperar m’era cagione di quella fiera a la gaetta pelle 42   l’ora del tempo e la dolce stagione; ma non sì che paura non mi desse la vista che m'apparve d'un leone. 45   Questi parea che contra me venisse con la test’alta e con rabbiosa fame, sì che parea che l’aere ne tremesse. 48   Ed una lupa, che di tutte brame sembiava carca ne la sua magrezza, e molte genti fé già viver grame, 51   questa mi porse tanto di gravezza con la paura ch’uscia di sua vista, ---> è QUI che Dante perde la SPERANZA ch’io perdei la speranza de l’altezza.     Pascoli entra in conflitto molto violento nella sostanza, moderato nei termini con Francesco d’Ovidio e nella polemica con quest'ultimo si usano toni duri. Pascoli legge un intervento di d’Ovidio e gli risponde che non si può ridurre la questione delle tre fiere a questioncelle e indovinelli. D’Ovidio aveva pubblicato un articolo sulla questione delle tre fiere ed era stato interpretato come una risposta a Pascoli. Probabilmente lo era, però D’Ovidio lo nega.   In questa risposta va notata una delle critiche che più facilmente verranno rivolte a Pascoli. Dice d’Ovidio di aver ripreso ciò che hanno detto gli altri nell'articolo sulle tre fiere. Dice di non aver detto nulla di originale. "ho ripreso ciò che altri prima hanno detto." Quello che sta dicendo --> d’Ovidio accusa Pascoli di aver IGNORATO LA TRADIZIONE ESEGETICA PRECEDENTE . Tu hai ignorato quello che prima di te altri hanno detto.   Pascoli gli risponde che quel che non ha capito d’Ovidio lo spiega bene in Sotto il Velame. D’Ovidio gli risponde che quando ha consegnato l'articolo alla rivista flegrea non aveva letto Sotto il velame. Quest'ultimo doveva ancora uscire. D’Ovidio così si tira fuori dall polemica. Dice di non voler parlar male né di sotto il velame, né di minerva oscura, perché non l'ha letta. La polemica sta assumendo questo tono: da una parte Pascoli, dall'altra i dantisti. Pascoli quasi va a sbattere contro i dantisti. Non riesce a farsi strada. Respinto continuamente.   Pascoli aveva vissuto una situazione personale non semplice. Tra il 1900 e il 1901 aveva subito Dante. Si era lasciato a qualche sfogo forte. Aveva detto nella prefazione di sotto il velame. Prefazione, Sotto il Velame: Sono in vero alcuni che sdegnano e schifano queste indagini del pensiero di Dante. Dicono: Lasciateci sognare! ammirare! godere! Dicono: Non c'impedite la vista del monumento solenne con le vostre catapecchie! Dicono: Non ci guastate con le vostre cantafere quel murmure infinito di musica morta e inafferrabile! Dicono: Non sollecitate la tenebra sacra con la vostra lucernina! Or io a costoro, col terzo volume, vorrò mostrare che il pensiero di Dante è meglio conoscerlo e contemplarlo qual'è, e che la sua parola echeggia da ben più profondo mistero di quel che essi credano, e che la lucernina può rivelare, in queste catacombe, qualche meandro nuovo, qualche nuovo abisso, qualche improvviso simulacro, qualche scritta ignorata. Non perde nulla Dante, a essere capito.   I critici schifano la sua critica a Dante. Non ci impedite la vista con le catapecchie. Non perde nulla a essere capito. Dante non ci perde nulla se lo capiamo meglio, quasi che la critica precedente ne avesse fatto un monumento da ammirare e non toccare. Diventa un'ossessione Dante per pascoli. Il 24 giugno 1901 ad Alfredo Castelli-->ma io non parto così allegro. Sta pensando alla Mirabile visione. Che noia quel libro dantesco. Maledetto libraccio che avvelena la mia poesia. LAVORI FORZATI E INUTILI, CHE NOIA. Fortunato Gabriele. Lui trova nei libri le poesie, non fa altro che polverizzarci sopra lo zucchero. Vorrei fare altro, continuare a scrivere poesie. Invece a Dante da fare. Beato Gabriele d'annunzio che le poesie le trova sui libri. 8una delle accuse che maggiormente furono rivolte in quel periodo a d'annunzio. Prende i preparati altrui e spolvera lo zucchero. Il mio maledetto Dante. Lui vorrebbe fare altro. Ha le catene. "sono lì alla catena". Sono vittima di Dante, non ne posso più. Povere le mie vacanze. L'interesse per Dante in questo decennio è diventato fondamentale. Pascoli aveva progettato 4 libri danteschi. Il quarto libro non viene realizzato perché la critica sulla poesia dantesca gli sta prendendo troppo tempo, vorrebbe tornare a fare il poeta. Dice che la mirabile visione verrà troppo grande. Come è difficile la vita in Italia per chi non sia d'annunzio. L'ho avuto difficilissima da subito. "Maledetto Dante, mi ha rovinato! Sono prigioniero di Dante, non ne posso più." Novembre 1901 -> il gran libro dantesco è alla fine, ma ancora devo ricevere le bozze difficilissime di schemi. […] I comodi l'Italia li accordi a chi non fa nulla, l'agiatezza la concede a chi se ne fa una ciambella per "cacare", io ne faccio a meno". c'è l'ha ancora con D'annunzio. Ce l'ha con il fatto che il lavoro pesante è un lavoro che non lo ripagherà. Ha ricevuto batoste. Questa è l'Italia che preferisce le persone alla D'Annunzio a me! Sa bene che il tentativo di sfondamento che ha atto nell'ambito degli studi danteschi è fallito. Quando esce la Mirabile Visione è consapevole del fatto che per quanto ritenga di avere ragione, non gliela daranno. Che la critica sarà feroce. Si rimette a fare poesia. Non arriverà mai più ad una sistemazione in volume dei suoi pensieri. È una sconfitta quella a cui va incontro. Sotto il velame e mirabile visione stanno continuando a uscire le recensioni su sotto il velame. C'è un critico, Filomusi Guelfi, che lo attacca in una maniera frontale. Sul giornale dantesco nel dicembre del 900: "Sotto il velame, come la Minerva oscura è una lettura faticosissima. […] io non posso nascondere che la stanchezza mi ha assalito sin dalle prime pagine […] le ragioni principali di questo non lieve difetto del libro sono due:   1. Stile è duro e artificioso; 2. Pascoli scrive su Dante, ma non discute su quel che hanno scritto gli altri. È autoreferenziale, guarda solo a se stesso."   I critica di Guelfi: Difficoltà di lettura; II critica: il fatto che gli altri pascoli non li cita se non quando sono d'accordo con lui - quindi manca il confronto dialettico; III critica: si perde in sottigliezze relative a parallelismi e asimmetrie. --> questa però è un'intuizione buona di Pascoli. Viene messa in dubbio: anche la cronologia; anche il fatto che Pascoli dica ad un certo punto: il passaggio attraverso i fiumi infernali è una sorta di nuovo battesimo per lui, o meglio Dante muore ad una vita per risorgere. Quest'ultimo viene contestato con qualche ragione. Viene contestato l'uso delle fonti medievali, che invece è qualcosa di apprezzabile.   Il velame comincia a sollevarsi dice Guelfi citando Pascoli. E poi dice "ai miei occhi il velame lo abbassa sempre di più. Dice che non lo cita. "Dici che la fonte è san Bernardo, ma dici che il sistema dei valori è diverso. Le obiezioni sono forti, ma dirette, frontali.   La questione che emerge è che Pascoli viene attaccato continuamente. E quando cercano di difendere Pascoli, i suoi allievi come Valli gli fanno più danni. Valli nella sua opera immagina di difendere Pascoli nelle parti dove è meno difendibile. Quindi esalta - Valli - l'elemento esoterico, il mistero, l'oscurità quasi magica della Commedia. Cosa che Pascoli aveva detto in maniera diversa. Gli interventi a favore gli fanno danno. Tutto questo sta accadendo mentre sta scrivendo la mirabile Visione. La MIRABILE VISIONE è LA RIPROPOZIONE DELLE SUE IDEE, MA è ANCHE LA CONTINUA RISPOSTA ALLE CRITICHE CHE GLI VENIVANO RIVOLTE. Questo rende l'opera ancora più frammentaria e difficile da leggere. E ne esalta le difficoltà.   Interviene Ermenegildo Pistelli - suo amico: sta facendo uscire un articolo e dice a pascoli di non prendersela. Ha letto Sotto il velame. Dice che si è astenuto dal giudicare. Soltanto dice "che pascoli è straordinariamente difficile seguirlo, e questo non va bene". "Pascoli capisce che la sua sarà una terribile stroncatura." dice Pascoli "se non mi difendono gli amici, chi mi vuole difendere" ecco perché dice a Pistelli: "le lascia fare agli altri le stroncature. Si astenga" L'articolo esce ed è piuttosto pesante. Pistilli nell'articolo dice: " l'importanza dell'argomento", (non del libro). "Chi esponesse compiutamente, ma in tutt'altra forma il pensiero del Pascoli farebbe cosa grandemente utile, non solo agli studi danteschi, ma anche a Pascoli stesso." --> prima di arrivare al contenuto, se qualcuno riscrivesse ciò che ha scritto Pascoli, farebbe un piacere a Pascoli. "Il mondo di simboli ed allegorie non si può aprire ai lettori profani con uno stile che non è di rado. Esso medesimo quasi simbolico e allegorico.- con uno stile che invece di sollevare il velame, si adopera come ad introdurci sotto di quello e ci costringe alla duplice fatica di penetrare i versi strani." --> Pistilli quindi dice che Dante è già difficile leggerlo da solo, senza Pascoli. figuriamoci.   La sequenza di critiche lo portano a rinunciare a completare l'opera dantesca. Soprattutto quando le critiche le fanno gli amici più stretti. Interviene Fraccaroli   Fraccaroli: dice se c'era bisogno di Giovanni Pascoli per scoprire tutto quello che c'è scritto nella commedia dopo 6 secoli, vuol dire che Dante l'ha scritta male la commedia. Arriva a dire se Dante è quello che ci sta spiegando Pascoli, allora l'esito è che dante non è un grande poeta. Dice che pascoli ha trovato la chiave, avrebbe sciolto l'enigma del poema. "Enigma che è oscuro e fumoso. Un enigma che non si può risolvere senza la sapienza di Edipo. Una cosa scioccherella abbastanza come sono tutti gli indovinelli." --> non che la commedia non abbia un senso allegorico, ma un'allegoria non può essere quella che si immagina Pascoli per dante.   Dice Fraccaroli che Dante è un pensatore, ma non è un pensatore preciso, non ha un'esattezza matematica. Pascoli è un altro elemento in cui era ancora più avanti rispetto agli altri. Nelle parole di Fraccaroli si risente l'idea romantica del poeta creatore di genio. Il pascoli che legge Dante in un contesto di cultura medievale, forse aveva intuito qualcosa in più rispetto agli altri. Mentre sta scrivendo la Mirabile visione arrivano le critiche. Pascoli sente le difficoltà della propria posizione e decide che l'ultimo volume non dovesse mai vedere la vita.
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