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Coco Chanel e la sua storia, Sintesi del corso di Storia del Design

il riassunto del percorso di Chanel

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 04/09/2019

benedetta-vitale
benedetta-vitale 🇮🇹

4.3

(8)

12 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Coco Chanel e la sua storia e più Sintesi del corso in PDF di Storia del Design solo su Docsity! Coco Chanel (1883-1971). La vita privata ebbe un’importanza fondamentale nel suo percorso creativo, a partire dalla sua infanzia che nel tempo diventò oggetto di un processo di rimozione e fu all’origine di una personalità difficile, perennemente impegnata in una battaglia contro il mondo. La necessità di inserirsi in ambienti che non erano propri, la costrinsero a inventarsi un’identità che adeguò ai mondi con cui aveva rapporti. Dalla leggenda della sua esistenza nacquero le sue mode, ovvero i travestimenti attraverso cui costruiva il proprio personaggio e comunicava la propria identità. Fonti d’ispirazione furono la sua vita, le persone che amò e gli ambienti che frequentò, per dare forma all’abbigliamento di un modello ideale di donna emancipata e libera che lei stessa impersonava. Il padre era un venditore ambulante, bevitore e donnaiolo, che trascinò la famiglia in una vita miserabile. La madre, malata di asma, dopo aver avuto 5 figli morì. Il padre così abbandonò i figli. I nonni misero i maschi a lavorare e le femmine a un orfanotrofio. A 18 anni Chanel lascia l’orfanotrofio a un pensionato, dove in cambio del suo lavoro interno, ebbe un’educazione di arti domestiche. La vita pubblica di Chanel cominciò a Moulins, quando venne messa a lavorare in un negozio di biancheria e maglieria. Moulins aveva 2 caratteristiche particolari:1 era organizzata per le vacanze e il divertimento, 2 luogo di stanza di diversi reggimenti militari. Gabrielle e la sorella rimasero per un anno al negozio come commesse e sarte, poi aprirono una piccola attività in proprio affittando una stanza in cui realizzare le riparazioni. La conquistata autonomia consentì loro di cominciare a frequentare la vita sociale della città e i giovani ufficiali che la popolavano. Chanel tentò la carriera da cantante, ma di quel periodo rimasero solo il soprannome Coco, dal ritornello di una sua canzone e alcune foto che la ritraggono con abiti che si era cucita da sola e che lasciano trasparire i primi segnali di un gusto semplice. Fra gli ufficiali di cavalleria c’era Balsan, proveniente da una solida famiglia borghese di industriali tessili, e aveva acquistato un antico monastero, chiese a Gabrielle di andare con lui. A Royallieu, Chanel scoprì un altro mondo. Qui ebbe modo di sperimentare lo sport praticato a livello professionale e il mondo delle irregolari, ovvero le compagne socialmente inadeguate di giovani ricchi o aristocratici. Chanel sapeva di essere una di loro e la situazione dovette pesarle, fu in quegli anni che cominciò a elaborare un suo modo di concepire l’abbigliamento. In tale processo ebbero un peso fondamentale le uniformi: l’identità sociale aveva bisogno di un abito adeguato. Ma l’uniformi non significava solo ruoli marginali e temporanei: quella degli ufficiali di cavalleria era un segno di riconoscimento di grande rilevanza sociale, che lasciava spazio anche a qualche libertà personale tanto più forte quanto più audace era chi la indossava. Scoprì un’altra uniforme: quella indossata dagli uomini che si occupavano dei cavalli. Una vera divisa per lo sport, pensata per i movimenti da fare. L’equazione ruolo sociale/uniforme aveva poi il polo opposto delle irregolari che avevano un modo di vestire riconoscibile, dallo stile più eccessivo e riconoscibile. La sua esperienza gli aveva fatto conoscere solo altri 2 tipo di abbigliamento: maschile e uniformi. Le fotografie di Chanel di questi anni la mostrano a cavallo vestita da uomo, alle corse con cappelli senza decorazioni, a casa con gonna, camicia e cravatta. Quello che non le piaceva era il ruolo femminile che la moda incarnava. Chanel iniziò modificando i cappelli che comprava per sé. Presto la sua abilità destò interesse fra le donne che frequentava. Chiese a Balsan di aprire una modisteria a Parigi. L’attività ebbe un immediato successo, ma non era una vera modista e aveva difficoltà a mettere in pratica le sue idee. Fu contattata da Rabatè. Che accettò la proposta di lavorare con lei. Sostenitori dell’iniziativa era stato l’amico Capel, con il suo aiuto economico lasciò l’appartamento in cui aveva iniziato e affittò la sede in cui si trova tuttora la Maison Chanel. Le riviste cominciarono a pubblicare i suoi cappelli indossati da attrici famose. La vita culturale di Parigi era ormai entrata nella tradizione sociale borghese. Chanel scoprì l’esistenza di una produzione artistica d’avanguardia che stava distruggendo il modello culturale dell’800. Capel le finanziò l’apertura della sua prima vera boutique situata nelle vie più eleganti della città. Le signore erano le stesse di Parigi, ma le loro esigenze erano diverse: sport, mare e spiaggia. La moda balneare dell’epoca prevedeva abiti di lino bianco ricamati e decorati di pizzo e scarpe con 4 cinturini abbottonati. Ma quest’aria faceva desiderare un abbigliamento più confortevole. I cappelli semplificati di Chanel conquistano il bel mondo. Provò a realizzare, innanzitutto per sé, capi di maglia diritti e comodi. e così vestita si fece fotografare. Poi cominciò a produrre capi da vendere. Finora aveva guardato gli abiti da uomo per vestire se stessa, ora frugava negli armadi dei suoi amanti per vestire anche le altre donne. Era la sua prima esperienza ufficiale di sarta, ed ebbe un grande successo, cui però la guerra contribuì in modo efficacie. Scoppiò la prima G.M. Deauville si svuotò: tutti tornarono a casa tranne Chanel, poi però Deauville divenne la meta di fuga dalla capitale. La boutique Chanel era l’unica aperta, e per iniziare la situazione si fecero l’armadio. Serviva una divisa adatta per camminare e per svolgere attività quotidiane. Servivano divise bianche per le infermiere, che vennero affidate a Chanel. Poi tornò a Parigi, ma la situazione non era facile: la città scontava una serie di carenze e di disfunzioni dovuta all’assenza di uomini. Ma la vita si riorganizzò intorno alle donne, che cominciarono a impegnarsi in attività necessarie, fino ad allora non consentite. Capel e Coco aprirono una vera e propria maison. La clientela comprendeva i nuovi ricchi, ma soprattutto l’elite spagnola scoprì la nuova moda e ne decretò il successo. L’impegno bellico della Francia non ridusse la produzione dell’haute couture, fu proprio la crisi economica provocata dal conflitto ad attribuirle un ruolo sociale del tutto impensabile. Il governo, infatti, comprese che la moda, era una delle poche attività che potevano sostenere il bilancio del paese con l’esportazione e con il consumo diretto. Anche l’haute couture scoprì la propria vocazione patriottica. Ma c’era mancanza di materiale. La soluzione era il jersey. Coco capì che quel materiale poteva diventare un nuovo modello di eleganza. Quello che offriva alle altre donne era un modo di vestire e un modo di vivere e di pensare. L’eleganza veniva dalla funzionalità e dall’adeguatezza alla situazione. I suoi modelli cominciarono ad essere pubblicati con regolarità. La moda parigina degli anni di guerra, pur accettando la rivoluzione dell’abbigliamento femminile, non aveva perso di eccentricità. Chanel si aggregò il meno possibile alle tendenze generali, preferendo seguire la semplicità e il rigore limitando le variazioni di jersey. Blazer, marinare e gonne morbide erano la sua specialità. La fine della guerra fu contrassegnata da un arricchimento della produzione, cominciarono ad aggiungersi abiti da sera più fantasiosi realizzati in tessuti usuali e femminili. Anche le decorazioni si adeguarono allo stile di vita più festoso del dopoguerra. Ma la fine del conflitto rappresentò per Chanel anche la fine di una fase della sua esistenza: Capel si sposò. La guerra gli aveva procurato un prestigio internazionale che a questo punto doveva essere consolidato attraverso un matrimonio, al prezzo dell’esclusione della buona società perché era un irregolare. Ma la moglie di Capel morì presto e Coco comincia una nuova vita. Cominciò a frequentare l’ambiente degli artisti avendo come guida i Sert: lui, pittore spagnolo, lei personaggio al centro dell’avanguardie di Parigi. Chanel si trovò al centro della società degli artisti internazionali che animavano Parigi e cominciò a capire le loro idee. Fu presentata a Diaghilev. Per dare un contributo all’arte finanziò, in segreto, la ripresa di un balletto. In seguito gli venne commissionata la realizzazione di costumi per il teatro, che erano veri indumenti sportivi, ispirati a casi reali. Sulla scena ci si doveva vestire in modo da rendere evidente la propria identità. Chanel conobbe il granduca Dimitrji, nipote dello zar ucciso durante la Rivoluzione sovietica. Vissero insieme e grazie a lui, Chanel entrò in un ambiente ignoto, con regole e modelli culturali, da dove trasse ispirazione per il suo lavoro. Innanzitutto scoprì il profumo. Fu lui a indicarle Beaux, chimico, grazie alla loro collaborazione che nacque il profumo Chanel n5. Il chimico elaborò il metodo di fabbricazione, mettendo insieme essenze naturali e componenti sintetiche che avevano il compito di stabilizzare la fragranza e farla durare nel tempo. Coco scelse tutto il resto. L’insieme degli ingredienti era dosato in modo da avere una fragranza del tutto specifica e nuova: gradevole e artificiale. Anche il nome non somigliava a nessun altro e la confezione era una semplice bottiglia di farmacia trasparente su cui venne applicata un’etichetta bianca con scritta nera. L’insieme costituiva una novità nel campo della profumeria. Fu la prima realizzazione a uscire dalle sue boutique per imboccare la strada dell’industria. Dalla Russia prese ispirazione dai camiciotti con la cinta, usati dai contadini e dai militari russi la sua foggia era una semplice variazione. A differenza di quello era realizzato in tessuto per cui le donne potevano utilizzare un esperimento di abbigliamento maschile. Rimase affascinata dai ricami, erano disegni e motivi geometrici che venivano dalla tradizione russa. Chanel aveva inventato la povertà di lusso: riusciva a tradurre in un linguaggio che piaceva alle donne dell’alta società gli elementi vestimentari maschili, trasformandoli in segni di libertà, ma anche distinzione. Nelle collezioni successive l’influenza russa si fece sentire nella produzione di pellicce. Quello che cambiava era il tessuto e gli accessori. I modelli assunsero una linea a tubo con la vita bassa, una cintura annodata sui fianchi e una gonna. Tutti i riferimenti maschili che Chanel aveva usato per costruire il suo abito, trasformati com’erano in semplici elementi di taglio e di comfort di un indumento assolutamente femminile e coerente con la moda parigina. Il suo oggetto era un abito funzionale alla vita moderna e questo la portò al massimo dell’astrazione. Presentò nel 1926 un abitino nero che poteva essere indossato in qualsiasi occasione. La sua destinazione d’uso era indicata dagli accessori con cui veniva accoppiato. Questo vestito può essere considerato il risultato finale del lavoro di semplificazione cui Chanel sottopose l’abito interi femminile; e la sua ricerca negli anni successivi si concentrò sul tailleur e sull’abbigliamento informale. Lo spunto venne dal guardaroba del suo amante, il duca di Westminster, attraverso la quale aveva sperimentato lo stile di vita dell’aristocrazia inglese. Le collezioni 1927-1930 si specializzarono nei completi composti da giacca dritta di modello maschile, gonna e blusa coordinata, cui si aggiunsero gilet a righe e cappotti sportivi ispirati alla sartoria inglese. Ma le creazioni di Chanel, erano sempre rigorosamente femminili. Quando il suo modello ebbe raggiunto il più assoluto rigore, Chanel si lasciò andare a concessioni alla civetteria e alla contaminazioni fra generi, cominciando ad adottare gioielli sempre più vistosi. Per Chanel i gioielli servivano a decorare e rendere femminile l’abito e ad individualizzare il modo di portarlo, a consentire uno spazio di fantasia, che in questa maniera personalizzava un modello molto uniforme. Nel 1924 aprì un laboratorio per produrre gioielli falsi, esagerati nelle proporzioni e nei colori. Alla fine degli anni 20 lo stile Chanel era stato raggiunto. Il risultato era un’uniforme per la donna borghese moderna. Chanel si era comportata come una cavia, facendo filtrare dentro di sé tutti gli stimoli che la società esterna le offriva sperimentando in prima persona tutte le soluzione che via via le venivano in mente. La sua ricerca di un’identità individuale s’incontrò con la ricerca d’identità sociale che le donne cominciarono a compiere nello stesso periodo. Le chiavi di volta di volta di tale processo erano l’autodeterminazione e l’autonomia economica derivata dal lavoro: la parità di genere poteva essere raggiunta solo dal momento in cui fosse socialmente accettabile il fatto che le donne avessero gli stessi comportamenti degli uomini. Essendole preclusi i comportamenti femminili, non poteva fare altro che adottare quelli maschili. La scelta emancipata di adottare una vita effettiva libera dovette crearle una fama di immoralità e dei conflitti interiori con l’educazione che le avevano impartito le suore. Il rigore calvinista che assunse nei confronti del lavoro e l’onestà dei suoi abiti furono una risposta etica al disordine della sua vita privata e
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