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Collegamenti percorso “Uomo e tempo ” Utile per maturità scientifica, Collegamenti Interdisciplinari di Storia

Collegamenti percorso “Uomo e tempo ” Utile per maturità scientifica

Tipologia: Collegamenti Interdisciplinari

2022/2023

In vendita dal 16/06/2024

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Scarica Collegamenti percorso “Uomo e tempo ” Utile per maturità scientifica e più Collegamenti Interdisciplinari in PDF di Storia solo su Docsity! 6. L’uomo e il tempo Introduzione(storia) L’ultimo ventennio dell’ottocento e i primi anni del novecento avevano visto la formazione in Europa di due blocchi di alleanze, da una parte Germania, Austria-Ungheria e Italia che ne 1882 avevano stipulato la triplice alleanza, un sistema difensivo che impegnava queste Nazioni ad intervenire in mutuo soccorso qualora uno dei tre membri fosse stato attaccato da un’altra potenza; dall’altra 1891 fu stipulata la duplice intesa, un accordo tra Francia e Russia legate da attriti con la Germania e l’Austria-Ungheria, infatti, la rivalità Franco Tedesca si concentrava sul dominio sull'Alsazia e sulla Lorena, regioni francesi, che i tedeschi avevano ammesso nel 1870 nonché sulla rivalità coloniale dovuta all’intraprendenza economica della Germania che si scontrava con gli interessi francesi. Ne erano nate le crisi marocchine, risoltesi con il protettorato della Francia sul Marocco e con la cessione dei territori africane della Francia alle colonie tedesche. L’attrito tra l’Austria-Ungheria e Russia nasceva dal controllo dei Balcani e degli stati che stavano nascendo dal disfacimento dell'impero ottomano e in particolare dal controllo dello Stretto dei Dardanelli, attraverso il quale passavano le principali rotte del commercio estero russo. Nel 1908 l’Austria annette la Bosnia-Erzegovina mentre la Russia appoggiò la Serbia, nel 1912 una coalizione tra Bulgaria, Serbia e Montenegro invase i territori balcanici ancora ottomani e tolse alla Turchia tutte le province europee tranne Costantinopoli. Il maggior sforzo bellico fu sostenuto dalla Bulgaria che chiese ingenti compensi territoriali a scapito dei suoi alleati, i quali ricevettero l’appoggio finanziario della Russia grazie al quale riuscirono a sconfiggere la Bulgaria. L’aggressività e l'intraprendenza tedesca generarono una forte rivalità con la Gran Bretagna in campo navale e coloniale. per tutelare le proprie rotte commerciali la Germania nel 1900 varò un piano per la costruzione di una flotta da guerra che avrebbe dovuto superare quella britannica, il governo inglese reagì con una corsa agli armamenti navali e nel 1904 stipulò con la Francia l’intesa cordiale. Nel 1907 Gran Bretagna, Francia e Russia stipularono la triplice intesa. Nel 1914 allo scoppio della prima guerra mondiale il governo Salandra, appellandosi alle clausole della triplice alleanza dichiarò la neutralità dell’Italia e nel paese si formarono due schieramenti: da una parte i neutralisti, la maggior parte della popolazione che desiderava che l’italia non partecipasse alla guerra, tra questi ricordiamo G. Giolitti che voleva ottenere dall’Austria Trento e Trieste in cambio della neutralità del paese. Oltre ai liberali che si ispiravano al pensiero di Giolitti ricordiamo in questo schieramento i socialisti che ritenevano la guerra uno scontro tra opposti interessi capitalistici, dal quale i proletari avrebbero avuto solo danni, i cattolici; dall’altra gli interventisti tra i quali ricordiamo i nazionalisti e gli irredentisti(intellettuali che sostenevano questa ideologia, D’Annunzio e Papini). Gli interventisti di destra voloevano la liberazione di Trento e Trieste dal dominio Austriaco, a questi si aggiungevano gli ufficali dell’esercito e l’ambiente della corte, la piccola borghesia e i grandi industriali. A sinistra desideravano l’intervento dell’Italia esponenti democratici come Salvemini, Chiesa, De Andreis, i socialisti Bissolati e Labriola. L’organo principale dell’interventismo di sinistra divenne il quotidiano “Il popolo d’Italia” diretto da Benito Mussolini, dirigente del partito socialista che nel 1912 divenne direttore dell’ ”Avanti”. Italiano Iniziato subito dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, La coscienza di Zeno venne pubblicato nel 1923 e fu accolto in Italia con indifferenza. Il successo arrivò grazie all’intervento di Joyce e della critica francese. Si tratta di una narrazione in prima persona, in forma di autobiografia, di Zeno Cosini, un ricco triestino. Il protagonista è contemporaneamente l’attore ed il narratore della storia che lo riguarda. Apprendiamo dalla Prefazione di un tale dottor S. che la presunta autobiografia è, in realtà, un atto terapeutico, essendo stata scritta come preludio ad una cura psicanalitica. Ora viene pubblicata da costui “per vendetta”, per punire il malato che si è “sottratto alla cura”, dice il medico. Da un’analisi del romanzo emerge che esso presenta distinti piani temporali. Uno è quello dell’attualità del presente, l’ “adesso che scrivo”, come dice Zeno, nel quale si svolgono contemporaneamente la redazione delle memorie e la cura psicanalitica. L’ altro piano riguarda gli eventi rievocati, che risalgono a venticinque anni prima, dalla morte del padre alla morte del cognato Guido. Il fattore tempo ha quindi nel romanzo una grande importanza ed a buon ragione, come dice Ferroni, La Coscienza di Zeno è “un’opera sul tempo, una sottile indagine sul rapporto tra tempo della scrittura e della cura ed il tempo della vita, tra il flusso del presente, in cui la coscienza interroga se stessa ed i propri ricordi ed il flusso dell’esistenza trascorsa e perduta”.I fatti narrati infatti non hanno una dimensione temporale cronologica oggettiva, ma hanno la dimensione temporale della coscienza, che dilata o restringe il tempo, a seconda delle ricadute affettivo-sentimentali, che le vicende narrate hanno sulla coscienza individuale. Questo processo mentale è chiamato “stream of consciousness”, ovvero “flusso di coscienza”. ++ Dal punto di vista letterario il “monologo interiore” è l’espressione del “flusso di coscienza”. L’ autore mediante questa tecnica “registra” il flusso di pensieri del suo personaggio senza l’interferenza tradizionale del narratore, vale a dire senza l’uso formale del discorso diretto od indiretto. Sensibile alla filosofia di Bergson, Svevo, mediante il monologo interiore, riproduce infatti il fluire caotico di pensieri e stati emotivi, creando una commistione fra passato, presente e futuro, senza rispettare l’ordine cronologico. Sensibile alla filosofia di Bergson, Svevo, mediante il monologo interiore, riproduce infatti il fluire caotico di pensieri e stati emotivi, creando una commistione fra passato, presente e futuro, senza rispettare l’ordine cronologico. ** Inglese rinascere l’interesse per le idee di Wegener, che sono state rielaborate fino a la teoria della tettonica a placche. Secondo questa teoria, ideata nel 1968 da Jason Morgan, la crosta terrestre è divisa in enormi olle continentali e oceaniche che si spingono e si allontanano. Innanzitutto sostiene che non sono i continenti a spostarsi, ma tutta la crosta terrestre si muove, anche quella oceanica. Il materiale dell’astenosfera viene lentamente, ma continuamente «rimescolato», entro enormi «celle» in cui si verificano movimenti di materia simili a quelli che si sviluppano entro una pentola piena d’acqua messa a scaldare sul fuoco. I materiali più profondi del mantello si riscaldano, diventano più leggeri e salgono , prendendo il posto dei materiali più freddi e densi, che, al contrario, scendono . La crosta viene quindi continuamente aperta e chiusa con l’aggiunta di nuova crosta; le placche che si trovano sui due versanti vengono continuamente e lentamente allontanate. Questo fenomeno, detto convezione, genera lente correnti convettive. Le placche verrebbero trascinate passivamente da queste correnti, come se fossero su un nastro trasportatore. Secondo un’altra ipotesi le placche hanno anche un ruolo attivo in corrispondenza delle dorsali oceaniche dove il nuovo materiale che sale in superficie esercita una pressione che allontana le placche l’una dall’altra. Storia dell’arte Il tema del tempo, in ambito artistico, viene rappresentato in un’opera di Salvador Dalì, più precisamente nella “Persistenza della memoria”. Si tratta di un’opera surreale nella quale vengono rappresentati i famosi orologi molli. Dalì diede una spiegazione di come elaborò questa opera: l’artista si trovò ad osservare una fetta di formaggio che si stava sciogliendo al sole. Questa visione gli ispirò l’idea degli orologi molli che subito dipinse sulla tela. Oltre alla spiegazione data dall’artista, si può immaginare che gli orologi molli rappresentino la relatività della percezione temporale. All’interno di un paesaggio fantastico sono disposti alcuni oggetti irreali. Pur segnando ancora il tempo, gli orologi sembrano aver perso la loro solidità. Sopra al parallelepipedo dipinto a sinistra, un orologio è poggiato per una metà sul piano. Sopra di esso, si è appoggiata una mosca che crea una lunga ombra verso le dodici. La metà inferiore, invece, pende mollemente lungo il fianco del solido. Un altro orologio, con la cassa però chiusa, è poggiato più a sinistra. Su di esso alcune formiche, grandi e piccole, creano un motivo decorativo. Verso il bordo posteriore del solido, un esile tronco morto si alza verso il cielo e un suo ramo di ulivo sostiene un altro orologio che pende verso il basso. Sul terreno, un essere mostruoso composto da un grande occhio chiuso, con lunghe ciglia, sopracciglia e la lingua al di fuori porta come una groppa un altro orologio. Verso il fondo dello spazio rappresentato, si apre uno specchio d’acqua. A destra, alcuni faraglioni avanzano verso l’acqua, mentre a sinistra è dipinto un piano geometrico che avanza verso la riva. Il cielo è limpido e privo di nubi. Educazione civica La Costituzione della Repubblica italiana, in vigore dal 1 gennaio del 1948, sostituì lo Statuto Albertino, costituzione concessa da parte di Re Carlo Alberto di Savoia il 4 marzo 1848, allora sovrano del Regno di Sardegna. Con la proclamazione del Regno d’Italia, lo Statuto divenne la Carta fondamentale dell'Italia unita. Redatto in lingua francese, prese ispirazione dalla Costituzione francese del 1814 e fu concesso con riluttanza da parte del sovrano, sostanzialmente perché Re Ferdinando II di Borbone, il 29 gennaio 1848, aveva a sua volta concesso la costituzione nel Regno delle Due Sicilie . Il proposito fu quello di arginare le tendenze rivoluzionarie e democratiche della cosiddetta primavera dei popoli che minavano la tenuta della monarchia sabauda. Al suo interno lo Statuto delineava una monarchia costituzionale, in cui il Re deteneva in via esclusiva il potere esecutivo. Venivano riconosciuti ai cittadini taluni diritti, quali ad esempio la libertà personale, il diritto di voto, il principio della tassazione proporzionale, l’uguaglianza davanti alla legge, ecc. Benché inizialmente immaginato per rafforzare i poteri del sovrano, nella prassi lo Statuto Albertino permise il progressivo affermarsi di una monarchia parlamentare in cui, fin da subito, si venne a instaurare il rapporto di fiducia tra governo e parlamento e la figura del re assunse via via funzioni più limitate. Ciò anche grazie alle figure politiche di Massimo D’Azeglio e, soprattutto, di Camillo Benso Conte di Cavour che, in qualità di Presidente del Consiglio dei ministri, sostennero lo sviluppo del parlamentarismo. Lo Statuto albertino era una costituzione breve e flessibile, non essendo previsto al suo interno alcun meccanismo aggravato per una sua eventuale modifica né alcuno strumento di controllo della conformità della legge rispetto a esso: in altre parole non c’erano rimedi per impedire che la legislazione successiva vi derogasse. Tale caratteristica risultò fatale con l’avvento del fascismo, quando lo Statuto fu effettivamente derogato per lasciar progressivamente spazio alle previsioni normative conformi al regime dittatoriale imposto da Mussolini. In particolare, durante il ventennio fascista, lo Statuto, che pure formalmente rimase la costituzione vigente fino alla nascita della Repubblica, fu svuotato di rilevanza giuridica e valenza politica: trasformando il sistema multipartitico fino a quel momento in essere in un regime a partito unico, fu in primo luogo sovvertito l’assetto liberale dello Stato. L’appartenenza al Partito Nazionale Fascista divenne requisito imprescindibile per poter accedere agli impieghi pubblici. Con l’approvazione delle cosiddette leggi fascistissime (1925-26), il Parlamento fu sostanzialmente privato dei poteri e della funzione legislativa, mentre crebbe l’importanza centrale del Capo del Governo, che divenne responsabile solo di fronte al Re, così derogando all’istituto della fiducia tra Parlamento e Governo tipico dei sistemi parlamentari. Nel 1939, la Camera dei Deputati venne infine sostituita dalla Camera dei Fasci e delle Corporazioni, composta, al pari di tutti gli altri organi dello Stato, da soli rappresentanti del Partito Nazionale Fascista. L’unico organo che mantenne una composizione eterogenea rispetto al partito unico oltre che di una certa autonomia d’iniziativa e di controllo rispetto alla volontà dello stesso Mussolini fu il Gran Consiglio del Fascismo, organo collegiale formato da maggiorenti del partito, da Ministri e da altre autorità: le sue funzioni, oltre che consultive per il Capo del Governo, si spingevano fino all’importante ruolo di pronunciarsi su provvedimenti legislativi di rilevanza costituzionale, con la possibilità anche di bloccare eventuali iniziative legislative delle Camere ritenute lesive del regime. Fu proprio il Gran Consiglio , la notte del 25 luglio 1943 a sfiduciare il Capo del Governo Benito Mussolini, chiedendo al re di esercitare la «suprema iniziativa di decisione», cioè di riappropriarsi di quelle prerogative che lo Statuto del Regno all’art. 5 gli attribuiva, determinando così la caduta del regime e l’inizio di quel percorso che porterà, dopo due anni terribili di occupazione tedesca e di continuazione della guerra, alla svolta post bellica e, con essa, alla scelta repubblicana e all’approvazione della nostra Costituzione. Nel 1946, con il compromesso istituzionale a seguito del quale Vittorio Emanuele III rinunciò all’esercizio dei suoi poteri, affidandoli al principe ereditario Umberto, nominato luogotenente generale del Regno, prese il via il processo di ricostruzione dello Stato italiano. Fu chiaro fin da subito che occorreva scrivere una nuova costituzione. Per questo si decise di convocare, mediante elezioni nazionali, un’Assemblea costituente con il compito di redigere e approvare un nuovo testo costituzionale, affidando al popolo la scelta istituzionale tra monarchia e repubblica. Il decreto legge luogotenenziale n. 151 del 25 giugno 1944, all’articolo 1 stabiliva infatti che: «dopo la liberazione del territorio nazionale, le forme istituzionali saranno scelte dal popolo italiano, che a tal fine eleggerà, a suffragio universale, diretto e segreto, una assemblea costituente per deliberare la nuova costituzione dello Stato». Il decreto legge luogotenenziale n. 23 del 1 febbraio 1945, estese poi per la prima volta il voto alle donne maggiori di 21 anni, rendendo così per la prima volta il suffragio in Italia realmente universale. Il decreto in parola
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