Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Colonna sonora, Analisi del film, Appunti di Storia Dell'arte

Appunti relativi alla colonna sonora, corso: analisi del Film, anno 2020/2021

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 09/03/2022

anita-serravalle
anita-serravalle 🇮🇹

4

(7)

5 documenti

1 / 10

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Colonna sonora, Analisi del film e più Appunti in PDF di Storia Dell'arte solo su Docsity! 20/11/2020 LA COLONNA SONORA 4.1. "Everybody Needs Somebody to Love" “The Blues Brothers” = 2 musicisti girano per USA e cercano di convincere musicisti a unirsi a loro per realizzare un grande concerto e raccogliere fondi per salvare l’orfanotrofio → Si muovono per conto di Dio Sonoro = entità altra che pervade spazio messa in scena (non si sa origine MA ci motiva e ci spinge dentro le storie) → 1928 – 29 cinema introduce nel mercato il suono sincronizzato → teorici formalisti russi teorizzano Cinema //sistema espressivo dell’asincronismo, contrappunto tra suono e immagini) Banda video e Banda audio (colonne) = pur essendo incollate, seguono tracciati paralleli NON per forza sono sincronizzati o seguono forme di omogeneità Michelle Chion = “acusma” → suoni colonna sonora provengono da una dimensione acusmatica (suoni di cui sentiamo la frequenza ma di cui non sappiamo l’origine) Incapacità di trovare un’origine nella produzione del suono nel cinema (dimensione acusmatica) → sonoro ci offre una tridimensionalità dell’immagine che però è intangibile 4.2. - Tanto per cominciare... "Cantando sotto la pioggia" di Stanley Donen (Usa 1952) La sequenza più famosa di Singin' in the Rain vede il protagonista - l'attore Don Lockwood, acclamata star del muto che, nel 1927, vive con timore il passaggio al cinema sonoro - ballare e cantare sotto la pioggia dopo aver trovato l'escamotage per salvare un suo film muto che rischiava di apparire improvvisamente anacronistico con la diffusione del suono sincrono. La felicità lo porta appunto a ballare e cantare sotto una pioggia torrenziale e costringe l'istanza narrante a mettere in scena una performance basata su musiche, rumori, voci e immagini, scenografie e movimenti di macchina al loro servizio. Quali snodi teorici convoca questa sequenza? Su quali elementi della forma-film questa performance ci aiuta a riflettere? 4.3 IL SUONO, L’IMMAGINE - Le funzioni del suono Benvenute e benvenuti in questa quarta unità didattica dedicata al sonoro. Ambito oggettivamente poco ponderato da teorici e analisti del film - molto più attenti alle immagini in movimento e alla loro caratteristiche visive - il sonoro in realtà appartiene alla storia del cinema fin dai suoi primi passi. Ebbene sì, contrariamente a quanto si può credere, anche durante il periodo del cosiddetto cinema muto i film erano tutt’altro che “muti”. Non solo perché vi erano cartelli che sostituivano spesso dialoghi e voci narranti, ma soprattutto perché durante le proiezioni dell’epoca era sempre previsto un accompagnamento musicale, o al pianoforte o, in casi speciali, con un’orchestra sinfonica - si veda ad esempio la sequenza di Sherlock Jr. - o addirittura con sonorizzazioni tramite grammofoni e bonimenteur, commentatori, che in sala, durante le proiezioni, illustravano agli spettatori i contenuti dei film. Insomma quando si parla della nascita del film sonoro in realtà bisognerebbe parlare dell’avvento del suono sincronizzato, reso possibile da due processi tecnologici: la registrazione sonora sempre più affidabile e soprattutto poco rumorosa; la giunzione sulle pellicole a 35mm di una colonna sonora ottica che grazie ad addentellature consentiva alla banda audio di correre alla stessa velocità della banda video. Resta il fatto che se fin dai primi anni del cinema si è sentito il bisogno di dare alle immagini una loro tridimensionalità sonora, la sua presenza era già considerata decisiva per la fortuna di uno spettacolo cinematografico. Le funzioni del suono Il suono al cinema è in rapporto con l’immagine. Il suono entra in relazione e produce delle combinazioni, sul piano audiovisivo, all’interno del film. La percezione visiva influenza quella sonora, così come quella sonora influenza quella visiva. Il sapore della ciliegia di Abbas Kiarostami (1997) 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick (1968) Dal primo film con il suono sincrono - "The Jazz Singer" (Il cantante di jazz), una produzione Warner del 1927 - negli anni a seguire il cinema visse una delle sue più imponenti trasformazioni tecnologiche, produttive e culturali. Grandi attori e grandi Divi riebbero indietro la voce (non sempre con felici esiti a dir la verità) e un modo diverso di recitare e occupare lo spazio dell’inquadratura, ma a subire i più forti sussulti furono soprattutto le tecniche di ripresa (inizialmente più complesse e statiche), le estetiche (più vicine al teatro che all’arte), i modelli produttivi e gli assetti economici dell’industria cinematografica da questa e dall’altra parte dell’oceano. In questa unità ci soffermeremo proprio su alcune di queste rivisitazioni, in modo particolare sulle relazioni che i nuovi “mondi sonori” instaurano con i (vecchi) mondi visivi, tornando a riflettere inevitabilmente anche sulle forme di fruizione e ricezione da essi trasformate. Perché la prima funzione del suono, nel cinema, è quella di entrare in relazione con l’immagine producendo combinazioni audiovisive di varia natura, che non a caso i formalisti russi indicarono, attraverso il manifesto dell’asincronismo, come potenzialmente conflittuali e di forza semantica inusuale. Noi accontentiamoci di ricordare che non esiste suono senza immagine e nemmeno immagine senza suono per quanto sia possibile silenziare la banda sonora ed oscurare la banda visiva. E nondimeno l’assenza dell’una o dell’altra impone immediati significati “in assenza”, dall’inquietudine o dall’inverosimiglianza di un silenzio prolungato al sentimento di cecità e altrettanta inquietudine ad esempio degli schermi neri prolungati all’inizio di 2001: Odissea nello spazio o alla fine di Il sapore della ciliegia che qui ci siamo divertiti a sincronizzare un po’ insieme. La prima funzione del suono, possiamo intanto anticipare, è dunque quella di unificare e compenetrare tra loro le immagini con il loro soundscape. Il suono, un valore aggiunto La teoria sul suono al cinema di Michel Chion Secondo lo studioso francese Michel Chion il suono è un valore aggiunto inteso come un «valore espressivo e informativo di cui un suono arricchisce un’immagine data, sino a far credere, nell’impressione immediata che se ne ha o nel ricordo che si conserva, che questa informazione o espressione si liberi naturalmente da ciò che si vede e sia già contenuta nella sola immagine». Cfr. G. Rondolino, D. Tomasi, Manuale del film. Linguaggio, racconto, analisi, UTET, Torino 2018. p. 277. Dal momento che, come abbiamo detto, immagini e suoni non rimangono componenti fra loro separate, ma, al contrario, instaurano una rapporto stretto, il montaggio sonoro e quello visivo finiscono col dar vita a un’unica forma di montaggio, detta appunto montaggio audio-visivo. Lo studioso francese Michel Chion, il teorico che più di ogni altro ha studiato le funzioni del suono al cinema, giunse a definire il suono come un valore aggiunto, un incremento, un arricchimento dell’immagine. Valore aggiunto dato dalla componente espressiva e informativa del suono in un dato momento della rappresentazione. Dolby, deriva da quest’esperienza di immersione sonora che Laurent Jullier pochi anni dopo definì “film- concerto”. Definizione di punto d’ascolto Come esiste un punto di vista è possibile parlare anche di punto d’ascolto, in pratica un punto di vista sonoro. La nozione di punto d’ascolto pone questioni di carattere pragmatico, relative alle relazioni spaziali e di carattere enunciativo, concernente il rapporto tra ciò che sente/vede la macchina da presa e ciò che sentono/vedono gli spettatori In questo secondo caso, il suono può essere oggettivo o soggettivo: nel primo caso si percepiscono i suoni che arrivano da un punto preciso dello spazio visibile, nel secondo caso esso è filtrato dalle orecchie di un personaggio, o può provenire dalla sua mente (in quest’ultimo caso si parla anche di suono interno). Proviamo a definire meglio il punto d’ascolto sottolineando innanzi tutto la sua dimensione narrativa, quella cioè inerente il rapporto fra ciò che noi sentiamo e ciò che sente un determinato personaggio e la sua caratteristica uniformante: il punto d’ascolto è infatti l’insieme dei vari piani sonori del film. Detto con un’assioma un po’ impreciso, è il punto di vista sonoro del film Abbiamo già detto come, parlando di punto di vista al cinema, possiamo fare riferimento a due dimensioni: una pragmatica, riferita al punto di vista spaziale della macchina da presa (vicina o lontana, dall’alto o dal basso), l’altra enunciativa, concernente aspetti più propriamente narrativi e riguardante il rapporto fra sguardo della macchina da presa e sguardo dei personaggi. In questo secondo caso la doppia polarità - da una parte le oggettive appartenenti allo sguardo dell’istanza narrante e dall’altra le soggettive appartenenti allo sguardo di uno degli attanti/personaggi - si può replicare, con tutte le sfumature del caso, anche sulla colonna sonora. Il suono oggettivo sarà allora quel suono che proviene da un punto preciso dello spazio visibile, mentre il suono soggettivo sarà quello che può essere percepito dal personaggio o provenire direttamente dalla sua mente, in quest’ultimo caso è chiamato anche suono interno come monologhi interiori, musiche e rumori che tornano in mente al personaggio, commenti solo pensati e non pronunciati, ecc. Teniamo conto infine che suoni oggettivi e soggettivi possono integrarsi od essere difficilmente riconoscibili anche in virtù delle potenzialità stereofoniche dei suoni che possono essere registrati su distinte tracce secondo la loro dislocazione, per poi essere riprodotti da diversi diffusori acustici collocati secondo un certo ordine nell’ambiente di ascolto, in modo da creare un’illusione di spazialità più complessa e difficile da definire (almeno durante una singola proiezione). In questo gioco visivo tra due inquadrature provenienti da due momenti diversi di Apocalypse Now può emergere con maggiore decisione la dimensione ibrida e inafferrabile del suono oggettivo e soggettivo, a maggior ragione quando gli interventi sulla colonna sonora sono di carattere extradiegetico. Il Dolby Stereo usato nel film di Coppola, a 70 mm, con suono magnetico surround a sei pista, restituisce insieme la spazialità sonora di un attacco militare in grande stile e la profondità psicologica che può essere altrettanto “sonora” di un soggetto, in questo caso il comandante Kurtz, interpretato da Marlon Brando. Non a caso il film, candidato a otto premi Oscar, ne vinse due, uno dei quali era dedicato al miglior sonoro. Passando dal piano esemplificativo ad uno generale, possiamo insomma dire che il rapporto tra suono e racconto si dà sulla base di uno stretto rapporto fra ciò che sente il personaggio e ciò che sente lo spettatore. François Jost propone a questo riguardo l’uso del termine di auricolarizzazione, che definisce la relazione tra ciò che l’istanza narrante fa sentire e chi ascolta. Proprio come avviene per il concetto di “ocularizzazione” che abbiamo già trattato, avremo una distinzione fra auricolarizzazione interna e auricolarizzazione esterna. Auricolarizzazione interna L’auricolarizzazione interna è quella che lega un suono diegetico a un determinato personaggio. Si dice primaria quando questo suono assume una dimensione soggettiva, presentandosi in forme in qualche modo alterate, per esempio: una voce che si fa sempre più flebile perché il personaggio che l’ascolta finisce per distrarsi e mettersi a pensare ad altro oppure una voce ci giunge deformata da un apparecchio telefonico durante una conversazione. L’auricolarizzazione interna lega un suono diegetico a un determinato personaggio della narrazione. È sempre costituita da suoni diegetici, cioè suoni che hanno un significato particolare per il personaggio o che sono riconducibili alla sua percezione, in caso di situazioni oniriche o fantasiose nelle quali talvolta si inseriscono musiche extradiegetiche (è il caso - ambiguo - di una sequenza di Quando la moglie è in vacanza già analizzata. L’auricolarizzazione interna si dice primaria a partire da un’alterazione sonora causata da una particolare condizione del personaggio in ascolto, per esempio, il suono distorto di una radio da campo che un soldato ascolta in guerra. Essa è invece secondaria quando determinati meccanismi visivi o di montaggio la evidenziano, per esempio, un suono è enfatizzato dallo sguardo del personaggio che si rivolge verso l’oggetto da dove proviene il rumore (come il suono del telefono nel film Scream che abbiamo già incontrato) Auricolarizzazione esterna Possiamo ritenere auricolarizzazione esterna i suoni del film che non sono legati in modo particolare a un determinato personaggio. Per esempio, i suoni d’ambiente come il rumore del traffico cittadino, di una foresta, lo scorrere di un ruscello, il suono delle onde del mare, il brusio di una folla. Concludiamo con l’auricolarizzazione esterna dove i suoni del film non sono legati a un determinato personaggio, ma sono suoni di contesto. In tal senso occorre tenere in considerazione il fatto che l’auricolarizzazione esterna include anche i suoni extradiegetici, cioè quelli che non possono essere sentiti dal personaggio, come le musiche di commento. Eravamo partiti dalla Cavalcata delle Valchirie, un esempio che ci consente di evidenziare la difficoltà talvolta di indicare il tipo di auricolarizzazione. Se è vero che esterni sono i rumori della foresta tropicale attraversata dal capitano Willard e i suoi uomini per raggiungere il colonnello Kurtz, non è così facile capire quanto una determinata musica sia realmente intra od extradiegetica. Da questo punto di vista conta ad esempio verificare se esistono tracce di registrazione, stereofonie non perfette, a indicare fonti e proveniente delle musiche o dei suoni che sentiamo. Sulla colonna sonora però ci ritorneremo più compiutamente nella prossima unità narrativa. 4.5 IL SUONO, L’IMMAGINE - La colonna sonora Non potevamo non chiudere l’approfondimento dedicato al sonoro approfondendo le tre principali componenti della colonna sonora: la voce, il rumore e la musica. Lo facciamo a partire da un film guida che conserva una delle più belle colonne sonore della storia del cinema. Stiamo parlando de Il laureato un film di Mike Nichols del 1967 che, pur all’interno di un sistema produttivo un po’ “ovattato” come quello hollywoodiano, riesce a raccontare le grandi trasformazioni sociali, culturali e politiche degli anni della contestazione giovanile e della contro-cultura. A firmare la colonna sonora sono Paul Simon e Art Garfunkel che licenziano brani come The Sound of Silence o Mrs Robinson - che potete ascoltare in sottofondo - che diventeranno molto più noti e famosi del film per cui sono state scritte, a dimostrazione che talvolta la musica riesce ad arrivare in posti e a persone che le immagini non riescono a incontrare. Per chi dunque ha ascoltato i brani della colonna sonora, ma non ha visto il film ricordiamo che The Graduate narra la storia di Ben, un neo-laureato che, tornato a casa, passa le giornate ciondolando attorno alla piscina della villa dei genitori, finché Mrs Robinson, un’amica di famiglia, non lo attirerà fra le sue braccia. Ma Mrs Robinson è anche la madre di Elaine, che rappresenta - come vedremo - per Ben qualcosa di più di una semplice avventura… Le funzioni del sonoro 1. Far circolare informazioni nel film e comunicarle alla propria audience 2. Rivolgersi e comunicare direttamente allo spettatore tramite le figure dei narratori 3. Ridurre o accentuare l’ambiguità di cui le immagini sono portatrici 4. Creare un “bagno sonoro” che consenta di definire meglio e rendere più credibile una determinata ambientazione. Prima di approfondire i principali ambiti di espressione del suono, occorre ritornare una volta ancora sulle sue principali funzioni. In estrema sintesi potremmo così ricapitolarle. 1. Far circolare informazioni nel film e comunicarle alla propria audience - in modo particolare attraverso i dialoghi ma anche attraverso particolari rumori. 2. Rivolgersi e comunicare direttamente allo spettatore tramite le figure dei narratori - le Voice over sono in effetti un canale di comunicazione diretto e non mediato dalle immagini. 3. Ridurre o accentuare l’ambiguità di cui le immagini sono portatrici - attraverso strategie di omogeneità narrativa (si pensi alle Voices of God dei documentari) o di contrappunto e contraddizione. 4. Creare un bagno sonoro che consenta di definire meglio e rendere credibile una determinata ambientazione, assicurando tridimensionalità sonora alle immagini, capaci di agire anche nel fuori campo Parole e Voce La voce assume il ruolo di primo piano nella materia del suono al cinema: essa è staccata e messa in evidenza rispetto a tutti gli altri tipi di suono in quanto supporto espressivo della parola. Secondo Michel Chion il cinema è “voce-centrista”. Chion distingue così tre tipi di parola: 1. parola-teatro emanata dal personaggio con diverse funzioni 2. parola-testo è quella del narratore che agisce sul corso delle immagini 3. parola-enunciazione, quando il dialogo tra personaggi non è del tutto intelligibile, né significativamente legato all’azione. La prima delle tre colonne della colonna sonora è rappresentata dalle parole e più in generale dalle voci. Bisogna ricordare una volta ancora che la parola era presente nei film ben prima dell’avvento del sonoro sincronizzato, attraverso didascalie e commentatori in sala che illustravano agli spettatori il contenuto delle immagini. Quindi già prima del 1927 e a maggior ragione dopo quella data la voce ha spesso assunto un ruolo di primo piano nel materiale sonoro del film, sia essa prodotta da voci narranti, dai dialoghi dei personaggi e persino delle espressioni vocali non verbali come avviene ad esempio nella sequenza dei primati di 2001: Odissea nello spazio. Secondo Michel Chion la voce è sempre staccata e messa in evidenza rispetto ai rumori e alle musiche tanto da considerare il cinema voce-centrista, o meglio verbo-centrista, per cui, esistono le voci e poi tutto il resto, come d’altra parte confermano queste videolezioni dove la mia voce di narratore prevarica spesso (anche se non sempre) le musiche che definiamo appunto di sottofondo. Chion più precisamente distingue 3 tipi di parola nel cinema: La parola-teatro: è quella emanata dal personaggio, perfettamente intelligibile e utile a offrire allo spettatore e agli agli altri personaggi informazioni, stati emotivi e considerazioni di vario tipo La parola- testo, è quella emanata dalla voce narrante extradiegetica o eterodiegetica. Viene emessa da una fonte
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved