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Come si misurano le narrazioni estese di Marta Martina, Sintesi del corso di Storia Dei Media

Riassunto dettagliato del saggio di Marta Martina per lo svolgimento dell'esame di Media Studies del corso di CIMO nell'anno accademico 2019-2020

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 18/12/2019

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laura_macr 🇮🇹

4.2

(22)

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Scarica Come si misurano le narrazioni estese di Marta Martina e più Sintesi del corso in PDF di Storia Dei Media solo su Docsity! Come si misurano le narrazioni estese (Marta Martina) L’equivoco della misurazione che accompagna la percezione sulle narrazioni estese torva forza nel fatto che i confini di queste narrazioni si presentano come netti. I confini si sfidano al momento dell’uso. Per la maggior parte degli spettatori, utenti o fan, le narrazioni estese sono già iniziate in fase avanzate, in una condizione di fruizione che possiamo definire di presente continuo. Un presente continuo che caratterizza la fruizione sia di chi vede evolvere l’universo da zero e si sente di chi trova a esplorare una civiltà già nel suo massimo splendore, comportandosi come un urbanista e per rimanere vicino al nostro esempio principale. “Doctor who” rappresenta uno dei casi più adatti per mettere in luce alcune costanti di produzione e di fruizione nelle narrazioni estese. Questi mondi, vasti e complessi, hanno una perseverante capacità di espansione e il loro potere di durare e riconfigurarsi di decennio in decennio si basa su alcune caratteristiche precise (espansioni e mutabilità per il piacere di perdersi; la durabilibilità e permanenza per il piacere di ritrovarsi). Le narrazioni estese allestiscono delle possibilità di attraversamento e di fruizione incongrua rispetto alle storie che si sviluppano secondo il formato narrativo canonico più classico. Le narrazioni estese si concentrano sulla descrizione catalografica della complessità del mondo ( e la sua relativa misurazione) e questo provoca una proliferazione della narrazione su diversi media. 2.2 Dalla durata al design (degli universi narrativi) L’apertura al tempo rimette al centro il tempo come vero e proprio misuratore della durata e dell’esplorazione. Noi possiamo rifugiarci nel dominio in apparenza molto semplice e regolare del tempo dell’episodio, del tempo stabilito della stagione, ma contemporaneamente abbiamo una durata che non è semplice da comprendere. Ogni cosa inizia, dopo un certo tempo termina ma questo non significa che l’inizio e la fine siano chiari. L’intensità del colore o del segno, la profondità prospettica, la sfumatura e l’ombreggiatura sono altrettante fonti di identità che, poste a confronto, acquistano un valore scalare. I dialoghi, i costumi, le prove attoriali, le citazioni, i setting sono fonti anch’esse di identità e acquistano misurabilità. Questo tipo di proporzioni anch’esse misurabili, ma non in valore assoluto ci conduce poi alla visualizzazione delle narrazioni estese attraverso i data art (salti e riduzioni di scala che conducono a delle particolari forme di scomposizione degli universi narrativi come ad esempio infografiche, timeline, mappe e altro, che danno la possibilità di visualizzarli e maneggiarli in modi inediti). 2.3 Il concetto di scala negli ecosistemi narrativi Negli ultimi due decenni, le serie che hanno avuto più successo sono quelle che hanno saputo orchestrare un forte e complesso senso di community. Con la nascita di una forma narrativa non teleologica e non lineare, si assolvono le due principali funzioni che garantiscono la permanenza e la durata delle serie: 1) Maggiore coinvolgimento delle audience, reso possibile grazie all’apparato tecnologico 2) Cambiamento radicale delle modalità di visione non più legate soltanto alla cadenza settimanale, ma condotte attraverso visioni estese e prolungate (binge-watching). La produzione delle narrazioni seriali, infatti, è passata dal mettere enfasi sui meccanismi del plot ad un approccio architettonico alle serie. Il saggio dal titolo “Design. Dal grande al piccolo: il modello nella progettazione architettonica” può venirci in aiuto per evidenziare le potenzialità dell’approccio architettonico alle narrazioni estese. L’esperienza di Yaneva le permette di entrare in contatto con il ritmo e la variazione di scala nella progettazione architettonica di un edificio. I modelli vengono scalati e riscalati in base a innumerevoli configurazioni materiali, pratiche e relazionali. Yaneva cerca di mostrare come un edificio prenda forma a partire dal materializzarsi di diverse operazioni. La pratica della costruzione architettonica si svolge all’interno di un campo di battaglia nel quale si ritrovano energie, ordini e disordini. Una serie, allo stesso modo, viene creata per esistere all’interno di un mondo già abitato: da spettatori che stanno guardando altro, da prodotti seriali appartenenti allo stesso genere, da un contesto mediale governato da leggi e regolamenti esistenti a livello locale. La vastità e la complessità sono dunque date da questo incessante andirivieni dal “conoscere di meno” al “conoscere di più”, tra l’idea astratta e la molteplicità dei dettagli empirici. In “Doctor Who” quello che lo spettatore vede non è l’inizio di un percorso narrativo, ma una sua conclusione e lo svolgimento avverrà in maniera non lineare nelle tre stagioni successive. Il modello grande è generato a partire dal modello in scala inferiore, ma non tutti i parametri iniziali vengono inscritti nella sua produzione: è il modello in scala ridotta che guida quello grande, non il contrario. Fare un repentino salto di scala può essere pericoloso così come iniziare con un modello in scala molto grande perché si finisce per perdersi nei dettagli. Si rischia di perdere la coerenza del modello in scala ridotta e le sue caratteristiche essenziali (definito kernel). Ciò che deve essere mantenuto è la coerenza dell’assemblaggio in scala ridotta che rappresenta lo stato di progettazione in cui sono “note poche informazioni”. Saltare di scala interrompe quel processo graduale che consiste nel raddoppiare il modello. L’incremento della potenzialità conoscitiva del modello grande che si produce nel corso del tempo non indebolisce la capacità di quello piccolo di fornire una visione astratta: costruito allo scopo di saperne di più sull’edificio, il modello astratto viene spinto verso quello grande per facilitarne il raggiungimento di certi specifici risultati, ma il modello rimarrà sempre più astratto, uno strumento per definire e perfezionare l’edificio. I due modelli si informano reciprocamente e devono essere modificati simultaneamente. Infatti nel caso delle narrazioni stesse, la modificazione repentina di un personaggio può contraddire il suo kernel. Il prodotto finale del progetto architettonica è quel particolare insieme di forme astratte dal continuum dei cambiamenti di scala e dalle loro relazioni. È necessario così ricordare che le serie, a differenze degli edifici, hanno un processo di design costante. Infine la progettazione della serie quasi si inaugura con la consegna del suo pubblico. 2.4 Il piacere di perdersi Ci sono due equivoci che accompagnano le riflessioni sulle narrazioni stesse: 1) Equivoco della misurazione secondo cui spesso si pensa che per maneggiare queste narrazioni possa bastare una catalogazione ed enumerazione. 2) Equivoco della teleologia, tenuto in vita dal fatto che i microavanzamenti della storia sono ancora regolati da una struttura fatta di domande e risposte. Le strutture delle narrazioni estese hanno un impianto con inizio, centro e fin ben segnalati poiché l’organizzazione seriale contemporanea è ancora scandita dal formato e dalle regole della produzione televisivia (dal palinsesto allo slot di programmazione, dalla durata dell’episodio ai break pubblicitari). Ma ciò non spiega il loro funzionamento a livello macro: occorre infatti ricordare che la maggior parte delle storie sono create da un team di professionisti che non immagine quale sia il finale né quanto la serie potrà durare. Gli eventi narrativi possono essere improvvisati per ritardare o affrettare la conclusione e la maggior parte delle narrazioni chiudono solo a livello “locale” gli enigmi e i dilemmi. La mancanza di una story plan totale e completo della produzione delle serie televisive si pone come il risultato di una perenne incertezza. I mondi complessi si presentano come resilienti perché sono in grado di sopravvivere a diverse perturbazioni, esterne (cambi di programmazioni, ratings, sciopero degli sceneggiatori), così come interne alla produzione (cambiamenti radicali nel cast e defezioni degli attori).
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