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Il ruolo dell'agricoltura nello sviluppo economico: teorie e filosofie, Sintesi del corso di Politica Economica Internazionale

Sviluppo EconomicoEconomia agrariaStoria dell'Economia

Diverse teorie e filosofie sull'importanza dell'agricoltura nell'economia, a partire dal pensiero di Senofonte e dei Fisiocratici francesi fino a William Arthur Lewis e i teorici dello sviluppo economico. le convinzioni sulla produttività esclusiva dell'agricoltura, la crisi del settore agricolo francese, la teoria del surplus di lavoro e la dipendenza economica.

Cosa imparerai

  • Perché i Fisiocratici francesi credevano che l'agricoltura fosse la base dell'economia?
  • Che ruoli hanno svolto Senofonte e i Fisiocratici francesi nella teorizzazione del ruolo dell'agricoltura nell'economia?
  • Come William Arthur Lewis ha studiato il declino del settore agricolo?

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 20/12/2022

letizia-pozzobon
letizia-pozzobon 🇮🇹

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Scarica Il ruolo dell'agricoltura nello sviluppo economico: teorie e filosofie e più Sintesi del corso in PDF di Politica Economica Internazionale solo su Docsity! Commenti Prestia Le teorie che trattano del ruolo dell’agricoltura nello sviluppo economico parte I 1. L’ANTICHIT Á Pensatori greci: o PLATONE: in Le Leggi, incompiuto, ad ogni famiglia un appezzamento di terra, che sarà trasmesso ad un unico erede. Tutti i cittadini saranno agricoltori, i mestieri artigiani andranno agli stranieri. Del raccolto, i 2/3 per la famiglia dell’agricoltore, 1/3 per la vendita (regolata). o ARISTOTELE: in Politica, gli unici modi naturali per avere dei beni sono agricoltura, pesca e allevamento. Il commercio è negativo. L’agricoltura è vista come la prima delle attività secondo natura, l’unico scambio accettabile è per procurarsi beni essenziali. Non dovrebbe esistere l’agricoltura commerciale. o SENOFONTE: storico, in Economico, elogio dell’agricoltura come madre di tutte le arti, se l’agricoltura prospera, così fanno anche le altre arti, e viceversa. L’agricoltura è centrale anche in molte opere romane. 2. I FISIOCRATICI Fisiocratici francesi del XVIII secolo: o FRANÇOIS QUESNAY: in Tableau Économique, capitale come punto di partenza dell’attività economica. Problema: ricostituzione dei capitali spesi in vista della produzione. Questo ruolo di capitalista viene riconosciuto solo agli operatori agricoli, in base alla convinzione della produttività esclusiva dell’agricoltura. La frase precedente si basa sulla teoria del prodotto netto, essa sostiene che in agricoltura la natura moltiplica il rendimento del lavoro umano, mentre nelle altre attività si realizza solamente la reintegrazione del capitale, e sono possibili solamente grazie all’agricoltura, che fornisce materie prime e nutrimento. Su questa teoria si basa il lavoro dei fisiocratici. Considerano due fattori produttivi nell’agricoltura: terra e lavoro. Loro considerano la terra più importante la terra, in quanto il lavoro da solo è sterile. Queste convinzioni erano dovute alla crisi del settore agricolo francese del XVIII secolo, infatti i fisiocratici criticavano la politica mercantilistica e protezionistica francese. I fisiocratici inoltre fondavano il proprio pensiero sulla teoria dell’ordine naturale: le leggi naturali che governano una società sono solamente un aspetto delle leggi universali che governano il mondo. o VICTOR RIQUETI, MARCHESE DI MIRABEAU: sulla base della teoria dell’ordine naturale, affermava che l’uomo è inglobato nelle leggi dell’ordine naturale, gli uomini sono governati dalle cose. Se l’uomo segue le leggi naturali sarà felice. Per ricapitolare, per i fisiocratici l’ordine morale e sociale è una conseguenza dell’ordine fisico sociale, riconducibile all’ordine economico e quindi all’agricoltura. Per realizzare tale ordine vi sono delle condizioni: 1 o Libertà, proprietà e sicurezza o Imposizione fiscale, vista come partecipazione dello Stato ai redditi della proprietà o Una determinata forma di governo: monarchica, assoluta ed ereditaria, denominata “dispotismo legale”. Il volere del sovrano è consuetudine a priori. o Funzione dei magistrati di controllare che le leggi del sovrano siano in accordo con la legge naturale. Le teorie fisiocratiche sono influenzate dal pensiero cinese (Quesnay lesse e scrisse opere dedicate al paese). La rilevanza dell’agricoltura in Cina ne indica la coerenza con il sistema naturale. 3. LE TEORIE ECONOMICHE DEGLI ANNI ’50 E ’60 DEL SECOLO SCORSO Il presupposto di questi anni fu la constatazione della progressiva diminuzione della popolazione rurale, e del contributo del settore primario al PNL. Simon Kuznets individuò una correlazione negativa tra il livello del reddito pro-capite e il PNL del settore agricolo. Una simile correlazione fu scoperta anche per la manodopera agricola. Notò anche che nelle nazioni a basso reddito la produttività era bassa, per spiegare il fenomeno ipotizzò un eccesso di offerta lavoro rispetto al capitale. William Arthur Lewis Per studiare il declino del settore agricolo, Lewis scrisse un articolo: Economic Development with Unlimited Supplies of Labor nel 1954. Lewis nacque in una colonia britannica dei Caraibi nel 1915, nel 1932 vinse una borsa di studio ed andò in Inghilterra. Essendo di colore ebbe solamente la scelta di studiare o legge o medicina, e scelse la prima. Si laureò con il massimo dei voti, ottenendo una seconda borsa di studio per un dottorato in economia industriale. Divenne presto professore all’università di Manchester e poi fu il primo economista di colore ad entrare nell’amministrazione coloniale. Nel 1952 fu consulente della colonia britannica della Costa d’Oro (Ghana). Nelle tre settimane che trascorse qui, viaggiò per tutto il paese e scrisse un rapporto. Affermava che se l’agricoltura ristagna, l’industria non può crescere. Quindi la priorità numero uno doveva essere l’agricoltura e la produzione di cibo, la seconda il miglioramento dei servizi pubblici, così da attrarre capitali. Questa teoria sarà differente da quella di due anni dopo, perché Lewis non era a conoscenza del surplus di manodopera. Nel 1954 pubblicò l’articolo per cui è più famoso. Qui presenta un’economia a due settori: 1. Settore tradizionale di sussistenza, caratterizzato dal surplus di lavoratori 2. Settore capitalista moderno, con capitale e lavoro salariato Questo surplus di lavoro provvedeva al settore capitalista un’offerta di lavoro illimitata. Il lavoro quindi si sarebbe mosso dal settore tradizionale a quello moderno, grazie ai profitti gli imprenditori del settore moderno avrebbero creato capitali, che se reinvestiti nello stesso settore avrebbero assorbito totalmente il surplus del settore tradizionale. Qui sarebbe cessata la dualità del sistema, i lavori avrebbero ricevuto salari più alti e si sarebbe innescata l’espansione economica. Lewis comunque non intendeva marginalizzare il ruolo dell’agricoltura, ma sottolineare come senza un suo adeguato sviluppo, non vi poteva essere un’espansione dell’industria. 2 1. Sviluppo rurale integrato: integrare in un unico progetto il miglioramento di agricoltura, sanità e istruzione e vari servizi sociali. Nell’applicazione pratica però dimostrano di essere troppo costosi e complicati, e di migliorare solo i servizi, a scapito dell’agricoltura. 2. Bisogni di base: si focalizzavano sul ridurre le piaghe della popolazione: malnutrizione, cattiva sanità, istruzione ed edilizia rurale, mantenendo bassi i prezzi dei prodotti. Il problema fu la mancanza di fondi una volta rimosso l’aiuto delle agenzie internazionali. 2. GLI ANNI ’80: RIFORME MACROECONOMICHE E SICUREZZA ALIMENTARE I fallimenti del decennio precedente portarono a nuove discussioni sull’economia dello sviluppo. Spicca quella del 1981 di Hirschman, in cui afferma che gli scienziati sociali pensavano che ad una crescita economica corrispondesse una sociale, politica e culturale, mentre si è rivelato il contrario. Da questo emerse un nuovo realismo, dal quale derivarono tre approcci: 1. Maggiore importanza all’ambito macroeconomico, politiche economiche e liberalizzazioni del mercato. Concreta manifestazione di ciò, furono i programmi di aggiustamento strutturale. 2. L’importanza della sostenibilità dell’agricoltura a livello ambientale. Dovuto al Rapporto Brutland del 1987, che afferma come lo sviluppo non può sussistere con risorse ambientali deteriorate. 3. Collegare le politiche agricole a quelle economiche e valutare i rischi dei mercati delle commodities (instabili). Questo è legato al problema della sicurezza alimentare, particolarmente grave in Africa. Amartya K. Sen L’argomento trattato sopra fu rivisto pochi anni dopo nel libro del bengalese Amartya K. Sen Poverty and Famines: An Essay on Entitlement and Deprivation. Sottolinea la relazione tra povertà e malnutrizione e la necessità di facilitare l’accesso e il controllo sul cibo per evitare le carestie, elaborando il concetto di attribuzioni sul cibo. Il suo lavoro ha rivoluzionato lo studio delle carestie. Mise il focus sulle cause delle carestie e sul lato della domanda di cibo. Mostrò come queste non fossero semplicemente causate da problemi ambientali, ma anche da disoccupazione, crollo del mercato di un bene… La carestia del Bengala del 1943 Tra le carestie studiate da sen con maggiore cura, fu quella del Bengala (allora colonia britannica) del 1943, del quale lui fu testimone. Si stima che in questa carestia morirono di fame 3-4 milioni di persone su una popolazione di 60 milioni. Prima dell’analisi di Sen, la responsabilità della carestia era data alle inondazioni del 1942, che compromessero il raccolto di riso, unito ad una malattia fungina, sempre sullo stesso raccolto. Sen dimostrò che, nonostante la produzione di riso fosse diminuita, questo non era abbastanza per avviare una carestia. Le vere ragioni erano: 1. Aumento del prezzo del riso, dovuto alla crescente domanda di cereali proveniente dallo sforzo bellico. 2. Imboscamento del riso, dovuto al panico conseguente alla notizia delle persone morte di fame. 5 3. Politiche belliche del “rifiuto” britanniche. In particolare il “rifiuto delle barche”, ossia la distruzione di tutte le imbarcazioni che potevano trasportare più di 10 persone, disastroso per i pescatori e per la rete di trasporti. 4. Calo di domanda dei prodotti non cerealicoli (artigianato, pesce…) che immiserì la popolazione. Questo determinò che, nonostante il riso fosse presente, la popolazione non aveva né merci né denaro da scambiare per acquistarlo e mangiare. Causa finale: forte riduzione del potere d’acquisto della popolazione rurale. 3. GLI ANNI ‘90 Negli anni ’90 si proseguì con le tendenze del decennio precedente. Possiamo individuare quattro diversi filoni: 1. Studi sui legami tra l’agricoltura e l’economia mondiale, comprensione di come l’agricoltura di un paese sia legata alla produzione mondiale e ai mercati finanziari. 2. Studi riguardo alle riforme e ai mutamenti governativi. I motivi degli enormi cambiamenti si ritrovavano nella globalizzazione dell’economia, nella rivoluzione dell’informazione e nel collasso del blocco sovietico. I paesi democratici erano aumentati e molte aziende avevano delegato la produzione a paesi del Terzo Mondo. 3. Importanza della Good Governance, ossia la necessità di avere regole certe e trasparenti che governino l’economia e la società. 4. Concetto della sostenibilità dell’agricoltura, con maggior rilievo al riscaldamento globale. 4. STUDI RECENTI Studi econometrici Negli ultimi due decenni vi sono stati studi econometrici con l’obiettivo di stabilire un nesso tra agricoltura e crescita economica. Non vi sono riusciti, perché ogni paese è un caso a sé. Le variabili geografiche e ambientali e la loro influenza sullo sviluppo economico Tra i fattori che più influiscono sulla crescita dell’agricoltura sono quelli geografici e ambientali. Il libro di Jared Diamond: Guns, Germs and Steel, riapre questo dibattito. In quest’opera l’autore afferma che la rivoluzione agricola avvenne prima in Eurasia, perché sia piante che animali erano più facilmente domesticabili. Il surplus agricolo permise poi la creazione di una classe non produttiva, che si dedicò alla scienza, alla cultura e all’arte militare, culminando nella creazione dello Stato. Vi è quindi di principio una disparità tra zone temperate e tropicali. Un altro approccio è quello dell’americano Acemoglu, che afferma che i fattori ambientali avrebbero influito indirettamente. Sostiene che la strategia di colonizzazione europea era influenzata dalle condizioni ambientali delle zone occupate. In quelle afflitte da malattie e clima mortale si creavano colonie di sfruttamento, mentre nelle zone favorevoli, colonie di popolamento. Dopo l’indipendenza, nelle prime la nuova classe dirigente continuò con lo sfruttamento della popolazione, mentre nelle seconde si instaurarono governi democratici. Prezzi agricoli e speculazione finanziaria Crisi dei prezzi agricoli del 2007-8 e 2010-11. Prezzi alti e volatilità. Le cause: o Aumento del prezzo del petrolio 6 o Aumento della domanda di carne (specialmente in India e Cina), con conseguente aumento dei foraggi per il bestiame o Aumento nella produzione di biocarburanti o Shock climatico Altri studi però hanno dato la colpa alla speculazione finanziaria. A partire dal nuovo millennio, il mercato delle commodities agricole ha conosciuto una sempre più finanziarizzazione, a causa della deregolamentazione del mercato dei futures. (obiettivo del mercato è acquistare in anticipo, per coprirsi dalle fluttuazioni del mercato). È quindi dagli anni 2000 sempre più importante il ruolo degli investitori finanziari nel mercato dei futures. Loro non puntano alla possessione della materia prima in sé, bensì alla loro capacità di prevedere il mercato così da poterla rivendere facendo un guadagno. Acquistando quantità consistenti di un determinato prodotto, gli speculatori influiscono sia sul prezzo dei titoli, che sul prezzo del prodotto nel mercato reale. Si ha necessità di regole più stringenti per i mercati finanziari. Agricoltura e sviluppo economico in Italia dalla metà del XVIII secolo ai giorni nostri 1. L’AGRICOLTURA DALLA MET Á DEL XVIII SECOLO ALL’UNIT Á (1750- 1861) Il contesto del XVIII secolo è interessato dalla rivoluzione agraria, che interessò molti paesi europei. Una cosa caratteristica dell’Italia fu la forte integrazione tra il mondo rurale da una parte e la città e il mercato dall’altra, palese risultato della interdipendenza tra contado e aree urbane del Medioevo. Uno dei fulcri delle trasformazioni agricole fu la Pianura Padana, dove si presentarono: o Soppressione del maggese o Estensione della rotazione continua o Nuove colture per ripristinare la fertilità dei terreni e nuove piante alimentari (mais e patata) o Nuovi strumenti, e quindi maggiore intensità nella lavorazione del terreno Importante anche l’evoluzione agricola delle zone collinari e prealpine, dove alle colture tradizionali si affiancavano il gelso e il baco da seta. Da queste attività si svilupparono piccole manifatture domestiche, importanti per la futura industrializzazione. Si espanse ed emerse nelle campagne del nord, una produzione proto-industriale di seta, canapa, cotone e lino, basata sulla manodopera a basso costo delle campagne e sui cicli agricoli. Nelle zone meridionali la trasformazione agraria fu guidata dalla domanda internazionale. Si svilupparono la coltura degli olivi, degli agrumi e l’ortofrutticoltura del grano, olio e vini. Un altro fenomeno della società agraria di questo periodo fu la progressiva sottrazione ai contadini del controllo sui processi lavorativi, sui fondi e sulla forza a lavoro, aumentando la dipendenza dalle direttive del proprietario. L’autoconsumo diventa marginale, subordinato agli interessi commerciali. Nel meridione questo diede inizio alla figura dei grandi proprietari terrieri, una nuova classe benestante, commerciale e proveniente dalla città. La loro politica si baserà sulla coltivazione estensiva attraverso un grande numero di braccianti salariati. 7
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