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COMMENTO LIBRO IV ENEIDE-LATINO, Appunti di Latino

COMMENTO LIBRO IV ENEIDE QUARTO LICEO CLASSICO

Tipologia: Appunti

2021/2022

In vendita dal 27/01/2024

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cecilia-gramiccia-1 🇮🇹

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Scarica COMMENTO LIBRO IV ENEIDE-LATINO e più Appunti in PDF di Latino solo su Docsity! Libro IV Nel libro IV dell’Eneide vediamo spiccare la figura di Didone, regina di Cartagine, scappata da Tiro dopo la morte del marito, stabilitasi con il suo seguito in Libia dopo un lungo viaggio, proprio come Enea. Già dalle prime righe, Virgilio sviscera il sentimento di amore che pesa su Didone, che vive questa attrazione in maniera assolutistica e ossessiva. Causato da un inganno divino, incontrollabile, divampa come fuoco e divoro le forze e i pensieri di Didone, incapace di dominarlo o reprimerlo, soverchiata da un destino già scritto. Ne parla solo con la sorella Anna, in un dialogo dal tono teatrale, in cui viene sottolineato il profondo legame che le unisce. Didone è infatti coinvolta “tra due fuochi”: da una parte il ricordo dell’amore per il vecchio marito Sicheo e alla sua promessa di fedeltà, un ricordo da cui fa fatica a staccarsi a distanza di anni, dall’altra il sentimento fatale e impulsivo verso Enea ammesso con fatica anche a se stessa, in un contrasto che si aggroviglia nei seguenti versi. Anna si ritrova nella funzione di consigliera, suggerendo alla sorella di seguire il proprio cuore: infatti, avendo rifiutato moltissimi pretendenti negli anni, ritiene giusto che Didone segua il proprio istinto e non si neghi ancora una volta quella che appare come la possibilità di una vita più felice dopo anni di sofferenza. Così Didone viene convinta a lasciarsi trasportare dal sentimento, e ordina sacrifici agli dei per ottenere il loro appoggio (a Cerere, ad Apollo, a Bacco e a Giunone), e cerca di trattenere Enea per ritardarne la partenza con scuse come quella del cattivo tempo. Esamina le viscere degli animali sacrificati, ma poco le importa del volere degli dei, che nulla possono contro la forza travolgente del suo amore. Nei versi 68- 73 la regina viene ancora una volta paragonata ad una cerva ferita da una freccia, che non trova pace vagando nei boschi con il dardo ancora nel fianco, causa della sua morte. Ancora una volta quindi, Virgilio pone attorno alla sua figura tutta la contraddizione continua che è questo amore per Didone: da una parte crede che, lasciandosi andare potrà trovare la felicità perduta, dall’altra questo sentimento è per lei una rovina, che però, cieca, non riesce a vedere. Nella notte, quando è sola, dopo che il giorno ha fatto visitare ad Enea le meraviglie della città e ha udito ancora la eroica storia di Ilio, non riesce a trovare pace, struggendosi sdraiata sui tappeti dove poco prima si era seduto Enea, senza fine. In questi ultimi versi emerge ai suoi massimi livelli la visione dolorosa e drammatica che Virgilio ci presenta dell’amore, Didone sola davanti al suo sgomento, accecata dall’idea incessante di Enea, a confrontarsi con la propria percezione ai limiti della follia. Nella seconda parte del libro, dal verso 349, veniamo a conoscenza del fatto che Giunone e Venere, messesi d’accordo, sono riuscite a far avvicinare i due, costringendoli a rimanere soli in una caverna. La voce della loro unione si sparge, arriva a Iarba, pretendente rifiutato dalla regina, che chiede vendetta a Giove. Così Enea è avvertito di lasciare subito l’Africa e navigare verso l’Italia. Didone aveva intuito la notizia avendo visto tutti i preparativi per allestire le navi, e consapevole dell’ormai imminente partenza del suo amato, vaga per la città senza più riuscire a controllare le sue smanie. Nell’inciso del verso 349 “(chi può ingannare chi ama?)” riusciamo a comprendere il presentimento che assale Didone, che, in maniera sincera, si definisce senza più certezze, sapendo di stare per essere abbandonata, è detta “timorosa di tutto, persino di quello che pareva più sicuro”. Sfinita dall’insicurezza e dal rancore, si rivolge ad Enea chiamandolo perfido (v 361) e malvagio, che avrebbe potuto andarsene dalla sua terra in silenzio, senza neanche salutarla, rinnegando il patto silenzioso che la loro unione sanciva. Si tratta di un dialogo impossibile, due visioni inconciliabili tra loro, che ben presto si trasforma in una supplica da parte di Didone, che in nome della sua sofferenza, del loro amore, dell’odio da parte dei popoli vicini a causa sua,
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