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Compendio di procedura penale (cap. 10) - CONSO GREVI , Appunti di Diritto Processuale Penale

Riassunto del capitolo decimo (ESECUZIONE) del libro: "Compendio di procedura penale" (CONSO-GREVI), edizione ottava.

Tipologia: Appunti

2016/2017
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Caricato il 22/08/2017

caterina.trentin1
caterina.trentin1 🇮🇹

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Scarica Compendio di procedura penale (cap. 10) - CONSO GREVI e più Appunti in PDF di Diritto Processuale Penale solo su Docsity! Cap. X – ESECUZIONE L’esecuzione penale riguarda tutte le attività successive alla formazione del giudicato: si tratta di dare concreta attuazione alla decisione penale definitiva ma non solo. Infatti, in fase esecutiva può sorgere l’esigenza di rideterminare o modificare la pena o di rimettere in discussione il giudicato. Ma soprattutto è durante questa fase che vengono adottate le misure utili ad adeguare il trattamento penitenziario alle esigenze e alle prospettive di recupero del condannato. E’ grazie alla normativa dedicata all’ordinamento penitenziario e dell’esecuzione delle misure privative e limitative della libertà che viene garantito il rispetto della dignità personale del detenuto, vengono tutelati i suoi diritti e assicurate le condizioni per il suo reinserimento sociale. Si ricordi però che il sistema delle nostre carceri versa in una situazione di emergenza che non consente il raggiungimento di tali obiettivi, e anzi, le condizioni fatiscenti delle carceri italiane sono state causa di ripetute condanne al nostro paese da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo e sono al centro di tentativi del legislatore di predisporre dei rimedi duratori: di carattere preventivo e compensativo. Per quanto riguarda la disciplina esecutiva in senso stretto, il legislatore ha predisposto una disciplina che coinvolge sia il P.M. sia l’organo giurisdizionale: • Pm: ha il compito di promuovere e curare l’esecuzione della decisione, svolgendo tutte le attività necessarie ad attuare il dictum del giudice di cognizione. • Organo giurisdizionale: è il giudice dell’esecuzione cui sono affidate le decisioni di questa fase. E’ lo stesso giudice ch ha emesso il provvedimento da eseguire All’interessato è riconosciuto il diritto di difesa, il diritto al contraddittorio e il diritto all’impugnazione. Se a questo aggiungiamo l’obbligo della motivazione del provvedimento conclusivo, possiamo dire che si tratta di un vero e proprio procedimento giurisdizionale. Questa conclusione costituisce un’evoluzione rispetto al sistema precedente che considerava l’esecuzione penale come un affare meramente burocratico: infatti, il giudice interveniva eccezionalmente e tutta la fase era affidata al P.M. C’è chi contesta la soluzione codicistica attuale che non consente la piena applicazione di tutti i canoni del giusto processo indicati nell’art. 111: infatti, si ritiene che sia contrario al principio di terzietà ed imparzialità del giudice, l’aver affidato l’esecuzione allo stesso giudice che ha emesso il provvedimento da eseguire; e sia contrario al principio della parità delle armi l’aver assegnato al P.M. un ruolo diverso da quello di semplice contraddittore. In realtà, dobbiamo considerare che l’esecuzione penale è sì un procedimento di tipo giurisdizionale ma non rientra nella nozione di processo individuata dall’art. 111: questa nozione, infatti, indica quella serie di atti volti ad ottenere un provvedimento definitivo. Nella fase dell’esecuzione, invece, si parte da un provvedimento definitivo e il fine è l’attuazione di questo i poteri attribuiti al P.M. non contrastano con l’art. 13, 2°com. Cost. (che riserva all’autorità giurisd. i provvedimenti limitativi della libertà personale): infatti, il P.M. è comunque un magistrato (quindi è autorità giurisd.) e comunque la limitazione della libertà si fonda sul provvedimento conclusivo di un processo celebrato nel rispetto dell’art. 111. La chiusura delle fase cognitiva e l’irrevocabilità del provvedimento: La decisione del giudice penale è l’atto con il quale l’organo giurisdizionale esercita la sua funzione: cioè applicare al caso concreto la norma penale attraverso un giudizio di corrispondenza tra il fatto storico e il fatto tipico. Questo giudizio è il risultato della fase cognitiva. Quando la decisione diventa definitiva? 
 Il momento è stato individuato attraverso una valutazione politico-legislativa volta a contemperare 2 interessi contrapposti: 1. assicurare la giustizia sostanziale: considerata l’alta probabilità di errori che possono essere commessi durante un processo, il numero delle fasi di controllo sarebbe illimitato; 2. assicurare la certezza del diritto: si impone di chiudere il processo in tempi accettabili per far cessare la situazione di conflitto. Ecco che, allora, si è stabilito il numero dei possibili controlli: 2 di merito e 1 di legittimità. Terminata la possibilità di impugnare con i mezzi ordinari (o per decadenza dei termini o per aver esperito i 3 gradi di giudizio), il provvedimento diventa definitivo. Solo dopo che il provvedimento diventa definito è possibile procedere con la sua esecuzione, in quanto diventa titolo esecutivo; fino a quel momento, l’esecuzione è sospesa. Questo vale soprattutto per le sentenze di condanna: infatti, non può essere eseguita una condanna non ancora definitiva. Invece, le sentenze di proscioglimento producono subito i loro effetti: ad es. il detenuto viene subito liberato. 
Le decisioni sull’azione civile e quelle che applicano le misure di sicurezza possono essere provvisoriamente esecutive. Il codice non parla di provvedimenti “definitivi” ma fa discendere la forza esecutiva della decisione dalla irrevocabilità. Le sentenze di non luogo a procedere diventano esecutive solo dopo essere divenute inoppugnabili, cosa che avviene nel momento in cui non è più possibile impugnare il provvedimento. Quando non sono previsti mezzi di impugnazione (diversi dalla revisione) o sono spirati i termini per attivare i reclami ammessi, o non viene impugnata l’ordinanza che dichirata inammissibile il reclamo proposto, la sentenza emessa a giudizio (e il decreto penale di condanna) diventa irrevocabile. Effetto preclusivo del giudicato: il divieto di un secondo giudizio Quando la sentenza diventa definitiva acquista l’efficacia di giudicato ciò preclude la possibilità che nei confronti del soggetto giudicato possa nuovamente instaurarsi un altro procedimento penale per lo stesso fatto: in questo caso si parla di divieto del ne bis in idem. Art. 649 : L'imputato prosciolto o condannato con sentenza o decreto penale divenuti irrevocabili non può essere di nuovo sottoposto a procedimento penale per il medesimo fatto, neppure se questo viene diversamente considerato per il titolo, per il grado o per le circostanze, salvo quanto disposto dagli artt. 69 com. 2 e 345. Questa regola è prettamente processuale: infatti è diversa da quella prevista all’art. 15 c.p. che vieta di punire lo stesso soggetto più volte per uno stesso fatto regolato da più norme penali. Questa regola non impedirebbe l’instaurazione di + processi a carico della stessa persona per lo stesso fatto. Ed è una regola processualpenalistica: infatti è diversa dalla regola sul giudicato civile di cui all’art. 2909 (l’accertamento contenuto nella sent. passata in giudicato fa stato tra le parti, loro eredi e aventi causa). La regola dell’art. 649 individua una garanzia ad personam: cioè tutela quel soggetto per quel fatto ma non esclude che quello stesso soggetto possa essere processato per un altro fatto o che quel fatto sia imputato ad altri soggetti. Quali provvedimenti precludono un 2° giudizio? 
le decisioni irrevocabili (sent. di condanna o di proscioglimento o decreto penale di condanna): include anche le sent. di patteggiamento, le sent. pronunciate in esito al giudizio abbreviato e le sent. predibattimentali di proscioglimento ex art. 469. Si esclude, invece, il decreto di archiviazione che non decide sull’azione penale e non impedisce che nei confronti della stessa persona e per lo stesso fatto vengano svolte altre indagini con successiva formulazione dell’imputazione previa riapertura delle indagini (perché altrimenti l’azione sarebbe improcedibile). La sent. di non luogo a procedere rimane sempre revocabile però, se non si verificano i presupposti della revoca, esplica comunque un’efficacia preclusiva. 
In alcuni casi, però, anche la sent. di non luogo a procedere diventa definitiva: ad es. se con questa sent. si riconosce l’estinzione del reato, non è configurabile neanche il presupposto della revoca. 
Comunque nel contrasto tra una sent. di non luogo a procedere e una sent. di condanna, pronunciata sullo stesso fatto e contro la stessa persona, il codice prescrive la revoca della sent. di non luogo a procedere, ritenuta più debole. L’effetto preclusivo opera quando il 2° giudizio si svolge sullo stesso fatto storico il divieto permane anche se viene mutata la qualificazione giuridica del fatto, anche se mutano le circostanze aggravanti o attenuanti e anche se muta il grado (ad es. si considera tentato anziché consumato). Quello che conta è il nucleo storico del fatto: cioè si è tenuta quella condotta su quell’oggetto fisico (nel caso di reati materiali). Ad es. viola il divieto del ne bis in idem l’instaurazione di un nuovo processo per omicidio colposo di Tizio nei confronti della persona già assolta dall’accusa di omicidio doloso sempre di Tizio. 
L’art. 649 indica 2 eccezioni: • F 0 E 0art. 69, 2° com. disciplina l’ipotesi in cui l’imputato sia stato prosciolto ex art. 129 perché deceduto. Se poi si accerta che la morte dell’imputato è stata erroneamente dichiarata, non si impedisce l’esercizio dell’azione penale per lo stesso fatto e contro la stessa persona; • F 0 E 0art. 345 disciplina l’ipotesi in cui l’imputato sia stato prosciolto per mancanza di una condizione di procedibilità. Se sopraggiunge tale condizione, è comunque possibile l’esercizio dell’azione penale per lo stesso fatto e contro la stessa persona. I rimedi alla violazione del divieto di un secondo giudizio: Art. 649, 2° com. Se ciò nonostante viene di nuovo iniziato procedimento penale, il giudice in ogni stato e grado del processo (si ritiene anche d’ufficio) pronuncia sentenza di proscioglimento (in dibattimento) o di non luogo a procedere (in udienza preliminare), enunciandone la causa nel dispositivo. Quale provvedimento adottare? rileva il momento in cui si dichiara l’esistenza del fattore preclusivo: - non luogo a procedere nell’udienza preliminare - proscioglimento con formula di non doversi procedere al dibattimento In ogni caso si tratterà di una dichiarazione di improcedibilità della nuova azione. La regola subisce una eccezione nel giudizio di cassazione: siccome la lett. h dell’art. 620 prevede un della pertinente certificazione rilasciata dalla struttura sanitaria). Il magistrato decide con ordinanza in camera di consiglio, senza le parti: essa viene notificata al condannato e al difensore, e comunicata al pm, che possono entro 10 gg proporre reclamo al tribunale. Il beneficio è applicabile anche al soggetto già detenuto, condannato a pena maggiore, quando la pena detentiva residua raggiunga la soglia dei 18 mesi: in questo caso il titolare dell’iniziativa è la direzione dell’istituto penitenziario che trasmette una relazione sulla sua condotta. Non possono essere ammessi alla detenzione domiciliare i detenuti per taluni gravi delitti. Ed è preclusa quando vi è concreta possibilità che il condannato possa darsi alla fuga, quando sussistono specifiche ragioni per ritenere che possa commettere altri delitti, quando non sussista l’idoneità e l’effettività del domicilio (anche in funzione di tutela delle persone offese dal reato). Spetta al pm compiti di verifica in ordine alla concreta eseguibilità della pena ed al suo quantum: se occorre, determina la pena detentiva da eseguire nei casi in cui sia da scomputare la durata della custodia cautelare o della misura di sicurezza detentiva applicata in via provvisoria. La custodia cautelare deve essere sempre ragguagliata alla pena, alla sola condizione che sia stata subita dopo la commissione del reato per il quale è determinata la pena. Mentre la misura di sicurezza è fungibile con la pena solo in quanto “inutilmente” sofferta, ossia, non applicata in via definitiva. Non è previsto che il periodo di sottoposizione alla misura provvisoria possa essere detratto da quella definitiva – in ragione della indeterminatezza della durata di tali misure e dell’incompatibilità di tale automatismo con le finalità dell’istituto, cioè quella di neutralizzare la pericolosità del destinatario. Lo scomputo viene eseguito anche in caso di pena eseguita senza titolo: il pm detrae la pena detentiva espiata per in reato diverso, quando la relativa condanna è stata revocata e quando per il reato è stata concessa amnistia o quando è stato concesso l’indulto. Il congegno opera anche con riguardo alle pene pecuniarie e alle sanzioni sostitutive, su richiesta dell’interessato: egli può chiedere al pm che i periodi di custodia cautelare e di pena detentiva espiata senza titolo siano computati per la determinazione della pena pecuniaria o della sanzione sostitutiva, o che le sanzioni sostitutive inutilmente espiate siano sottratte dalla analoghe sanzioni da eseguire. In caso di revoca o esito negativo della messa alla prova, il pm, nel determinare la pena, detrae un periodo corrispondente a quello della prova. Al pm compete determinare la pena da eseguire quando la stessa persona è stata condannata con più sentenze per reati diversi, in osservanza delle norme sul concorso di pene: molti obiettano che il provvedimento andasse affidato al giudice e non al pm. Comunque davanti al giudice dell’esecuzione, il condannato o il suo difensore si possono rivolgere per reclamarne l’ingiustizia. Il pm ha il compito di curare l’esecuzione delle misure di sicurezza, delle pene pecuniarie e delle altre sanzioni pecuniarie e delle sanzioni sostitutive e delle pene accessorie. Art. 660 relativo ala conversione in sanzioni sostitutive delle pene pecuniarie in caso di insolvibilità del condannato (situazione oggettiva e permanente di impossibilità di adempiere): il pm promuove il procedimento di conversione, dopo aver accertato tale impossibilità, attraverso l’esperimento di diverse attività: • invito al versamento • iscrizione al ruolo in caso di mancato adempimento spontaneo • sospensione del ruolo ed avviso al pm, in caso di fallimento dei tentativi di esazione compiuti dal concessionario del servizio di riscossione E’ il magistrato di sorveglianza ad adottare l’ordinanza di conversione per disporre la rateizzazione della pena o il differimento della decisione (mex per 6 mesi). Le attribuzioni degli organi giurisdizionali: il giudice dell’esecuzione Durante la fase esecutiva interviene il giudice dell’esecuzione. Competente a conoscere dell’esecuzione di un provvedimento è il giudice che lo ha deliberato: • quello di primo grado se non è stato appellato o confermato in appello o riformato in termini non sostanziali • giudice di appello se ha riformato la sentenza di primo grado • se c’è stato ricorso: ▲ quando la corte ha annullato con rinvio, competente è il giudice del rinvio ▲ altrimenti competente sarà quello di primo grado o di appello a seconda che sia divenuta definitiva l’una o l’altra decisione Se l’esecuzione concerne più provvedimenti emessi da giudici diversi competente quello che ha emesso la decisione divenuta irrevocabile per ultima. E’ sempre competente il collegio eseguire più provvedimenti emessi dal tribunale in composizione monocratica e collegiale. Due sono i modelli di procedimento incidentale (c.d. incidente di esecuzione): • ORDINARIO: prevede instaurazione del contradditorio tra le parti. Le forme sono quelle del rito camerale, attraverso la partecipazione necessaria di pm e difensore. Il condannato può essere sentito, salvo che detenuto fuori circoscrizione (allora viene sentito dal magistrato di sorveglianza, salvo che il giudice ne disponga la traduzione). Non è prevista la partecipazione del pubblico la Corte Cost. ha stabilito che è necessario che le persone coinvolte nel procedimento abbiano la possibilità di chiedere il suo svolgimento in forma pubblica. Ad attivare la procedura sono il pm, l’imputato o il difensore (il giudice non può d’ufficio). Di fronte ad una domanda infondata, il giudice la dichiara inammissibile con decreto motivato che notifica entro 5 gg all’interessato. Altrimenti viene fissata udienza e comunicato l’avviso alle parti e ai difensori, che entro 5 gg possono presentare delle memorie. Il giudice potrà qui attivarsi per l’integrazione della piattaforma probatoria necessaria: può chiedere alle autorità competenti tutti i documenti di cui abbia bisogno. Può assumere delle prove ex officio, procedendo in udienza nel rispetto del contradditorio. Anche le parti possono attivarsi sul terreno probatorio. La decisione viene resa con ordinanza, contro la quale può essere proposto ricorso. Ma tale impugnazione non sospende l’esecuzione dell’ordinanza, a meno che il giudice disponga diversamente. • SEMPLIFICATO: giudice definisce de plano, il contradditorio è solo eventuale e differito. Solo per alcune ipotesi 1. Art. 667: dubbio sull’identità fisica della persona detenuta: il giudice interroga la persona e compie indagini per identificarla, anche a mezzo della polizia, ordinando la liberazione quando riconosce che non si tratta del destinatario del titolo, la sospensione dell’esecuzione e il compimento di nuove indagini se l’identità rimane incerta oppure l’esecuzione in caso di accertamento positivo della identità. Se l’errore sia evidente, alla liberazione può provvedere anche il pm, che subito trasmette gli atti al giudice. 2. Art. 672: applicazione dell’amnistia o dell’indulto: quando i provvedimenti intervengono dopo il passaggio in giudicato la sentenza; disponendo la trasmissione al magistrato di sorveglianza se serva applicare o modificare una misura di sicurezza. Alla provvisoria liberazione può provvedere il pm. 3. Art. 676: altre competenze in ordine all’estinzione del reato dopo la condanna, all’estinzione della pena, alle pene accessorie, alla confisca o restituzione delle cose sequestrate. Il giudice definisce la questione con ordinanza comunicata al pm e notificata all’interessato: contro la decisione essi possono proporre entro 15 gg opposizione davanti allo stesso giudice che allora prosegue con il rito ordinario. • Con il procedimento camerale (sembra ex art. 127 e non 666), il giudice provvede alla correzione della sentenza che ha condannato una persona in luogo di un’altra per errore di nome: si deve trattare di un mero errore sulle generalità, ove la persona da processare sia stata effettivamente citata come imputato, anche se con un nome diverso, e abbia potuto difendersi. Se invece è stata processata una persona diversa, il rimedio è la revisione. • Risolve il conflitto pratico tra giudicati. • Il giudice si occupa anche delle questioni circa il titolo esecutivo: se accerta che manca o non è divenuto esecutivo il provvedimento, lo dichiara e sospende l’esecuzione, provvedendo, se serve, alla liberazione dell’interessato e trasmettendo gli atti al giudice competente per l’impugnazione che risulti pendente, e al riguardo della restituzione nel termine per impugnare eventualmente richiestagli. • L’organo giurisdizionale ha anche attribuzione circa l’applicazione della disciplina del concorso formale e della continuazione tra reati. Se i giudici di cognizione non hanno tenuto conto del parametro fissato per queste evenienze dalla norma sostanziale (applicazione della pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave aumentata sino al triplo e l’aumento minimo di un terzo della pena prevista per il reato più grave, se i reati sono commessi da persona cui sia stata applicata la recidiva reiterata), il condannato o il pm possono chiedere al giudice di rideterminare la pena. La norma è applicabile anche quando i provvedimenti sono costituiti da sentenze di applicazione della pena su richiesta delle parti: occorre qui l’accordo dell’interessato e del pm sull’entità della pena ricalcolata, che deve essere contenuto entro il tetto stabilito per il patteggiamento. In occasione della decisione sull’unificazione dei reati, il giudice può anche concedere la sospensione condizionale della pena e la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, quando ciò consegue al riconoscimento del concorso formale o della continuazione. • Nel caso di abrogazione o dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma incriminatrice: il giudice revoca la sentenza di condanna. Ci si chiede se possa destare tale effetto anche un mutamento della giurisprudenza avallato dalle S.U: la corte cost. ha riconosciuto che no, non operi, poiché tale overrulling in Italia non ha carattere di vincolatività e stabilità tale da travolgere il principio di intangibilità della res iudicata. Se la declaratoria di incostituzionalità non investe direttamente la norma ma altra disposizione che incide sulla sanzione: il giudice ha il potere di sostituire la pena, rideterminandola. • Il giudice dell’esecuzione ha anche il potere di revocare la sospensione condizionale della pena, su domanda del pm; della grazia o amnistia o dell’indulto condizionati e del beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, se non è stata disposta con sentenza di condanna per altro reato. • Al giudice si può rivolgere chiunque vi abbia interesse per chiedere la dichiarazione di falsità di un atto o di un documento, accertata ma non dichiarata nel dispositivo della sentenza del giudice di cognizione. La magistratura di sorveglianza: è la giurisdizione specializzata articolata in • Magistrato di sorveglianza: organo monocratico • Tribunale di sorveglianza: organo collegiale (due magistrati ordinari di sorveglianza, due esperti in psicologia, psichiatria, servizi sociali o scienze criminalistiche nominati dal CsM) Essa ha importanti funzioni di controllo sull’esecuzione della pena, mirate a verificare la coerenza e l’efficacia del trattamento rispetto allo specifico fine della rieducazione del condannato. Le disposizioni circa tale organo opera in funzione complementare rispetto a quelle dettate dalle leggi sull’ord. Penit.: la normativa codicistica sostituisce quella corrispondente in tema di sorveglianza, mentre per le restanti materia si continuano ad osservare le previsioni extracodicistiche. Competenza per territorio art. 677: • Locus custodiae: per i soggetti detenuti competente il magistrato che ha giurisdizione sull’istituto di prevenzione o pena in cui si trova l’interessato. • Locus domicilii: per i soggetti liberi. Se residenza o domicilio non sono noti giudice del luogo dove la sentenza di condanna, proscioglimento o non luogo a procedere è stata pronunciata. La magistratura penitenziaria è anche detta dalla dottrina “rieducativa”. Ambiti di cognizione: • Ipotesi artt. 445, 1 e 460, 5: tema di applicazione della pena su richiesta di parte e di decreto penale di condanna l’esenzione dal pagamento è tra i benefici previsti: si procede solo al recupero delle spese circa la custodia delle cose sequestrate e mantenimento dei detenuti • Procedimenti di prevenzione, esecuzione e sorveglianza si procede al recupero solo in caso di condanna alle spese da parte della cassazione Competente a riscuotere è l’ufficio presso l’organo giudiziario il cui provvedimento è passato in giudicato: al condannato destinatario di un atto esecutivo è consentito proporre opposizione alla procedura con gli strumenti offerti dal c.c. (si tratta di un qualunque credito vantato dall’amm. finanziaria). E’ stata abrogata la norma per cui sulle questioni si occupasse il giudice dell’esecuzione: si rischiava di creare una sovrapposizione di competenze con il giudice civile.
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