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Compendio di procedura penale conso grevi, Sintesi del corso di Diritto Processuale Penale

tutto su procedura penale

Tipologia: Sintesi del corso

2015/2016

Caricato il 02/11/2016

fedesss
fedesss 🇮🇹

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Scarica Compendio di procedura penale conso grevi e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Processuale Penale solo su Docsity! CAPITOLO 1 – SOGGETTI 1. PREMESSA Il libro I del codice, relativo ai “soggetti”, si apre con un titolo dedicato algiudice. Negli altri 6 titoli vengono presi in considerazione: il PM, la polizia giudiziaria, l’imputato, la parte civile con il responsabile civile e il civilmente obbligato per la pena pecuniaria, la persona offesa e il difensore. Si deve poi distinguere tra soggetto e parte, in quanto quest’ultima qualifica spetta solo a chi vanta il diritto ad una decisione giurisdizionale in relazione ad una pretesa fatta valere nel processo, e quindi solo al PM, l’imputato e la parte civile. 2. LA GIURISDIZIONE PENALE Solamente il giudice può essere titolare di funzioni giurisdizionali penali. Il valido esercizio della funzione giurisdizionale è condizionato dalla ritualità dell’investitura a giudice; infatti, l’art. 178 cpp stabilisce che, a pena di nullità, è sempre prescritta l’osservanza delle disposizioni riguardanti: 0 F F F 0 F F F 0 F F F (29 5 D E C 1 C 6 9 0 F F F 0 F F F 0 F F F 0 F F F 0 F F F 0 F F F 0 F F F 0 F F F 0 F F F )Le condizioni di capacità del giudice; 0 F F F 0 F F F 0 F F F (30 5 D E C 1 C 6 9 0 F F F 0 F F F 0 F F F 0 F F F 0 F F F 0 F F F 0 F F F 0 F F F 0 F F F )Il numero dei giudici necessario per costituire i collegi stabilito dalle leggi di ordinamento giudiziario. Non sono considerate attinenti alla capacità del giudice le disposizioni sulla sua destinazione agli uffici, sulla formazione dei collegi e sulla assegnazione dei processi a sezioni, collegi e giudici. L’ultima di queste 3 categorie tratta di una questione inerente alla distribuzione delle cause tra giudici parimenti legittimati all’esercizio della funzione giurisdizionale. L’assegnazione degli affari è operata dal dirigente dell’ufficio alle singole sezioni, e dal presidente della sezione ai singoli collegi o giudicisulla base di criteri predeterminati indicati dal CSM. Le disposizioni sulla formazione dei collegi riguardano: Le disposizioni che regolano la composizione dell’organo giudicante nel caso di assegnazione di un numero di giudici superiore a quello necessario per la costituzione dell’ufficio; Le disposizioni sulle supplenze e applicazioni. Infine, per quanto attiene alle disposizioni sulla destinazione del giudice all’ufficio, esse sono riconducibili al concetto di capacità. L’unico attributo rilevante ai fini di un’eventuale incapacità del giudice è quellodella qualifica richiesto per l’esercizio delle funzioni giudiziarie che è chiamato a svolgere, la mancanza della quale da origine ad una nullità assoluta. La soppressione dell’ufficio del pretore è stata compensata dalla possibilità per il tribunale di giudicare in 2 diverse composizioni: collegiale (cioè con 3 componenti) oppure monocratica. 3. PROFILI ORDINAMENTALI Importante è la distinzione tra giudici ordinari, giudici speciali e giudici straordinari. La Cost. vieta l’istituzione di giudici straordinari o speciali, mentre ammette l’istituzione di giudici specializzati (ad es. il tribunale dei minorenni) in ragione dello specifico oggetto della loro giurisdizione. Sono esclusi dal divieto solo 2 giudici speciali: I tribunali militari, riguardo ai reati militari commessi da appartenenti alle forze armate; La Corte Costituzionale, nella particolare composizione che risulta dall’art. 135.7 Cost., riguardo alle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica per alto tradimento o per attentato alla Costituzione. La categoria dei giudici ordinari comprende: Giudice di pace: onorario e monocratico; Giudice per le indagini preliminari: monocratico; Giudice dell’udienza preliminare: monocratico. Con riguardo ad esso, per evitare condizionamenti derivanti dalle attività compiute nel corso delle indagini preliminari, è previsto che debba essere diverso da quello che ha svolto le funzioni di gip. Al fine di assicurare un’elevata qualificazione professionale dei gup e l’intento di creare le premesse per la loroterzietà, è stata fissata la regola della temporaneità delle funzioni. Qualora dopo 6 anni sia in corso il compimento di un atto, Con riguardo alla competenza per materia, bisogna anzitutto dire che il codice ha operato la suddivisione tenendo conto sia del tipo di reato (criterio qualitativo), sia del livello della pena edittale (criterio quantitativo). L’art. 4 dispone che bisogna tener conto del massimo della pena stabilito dalla legge per ogni reato consumato o tentato, mentre bisogna escludere l’incidenza della continuazione, della recidiva e delle circostanze del reato, salvo si tratti delle aggravanti per le quali la legge prevede una pena di specie diversa o di quelle ad effetto speciale. Alla corte d’assise sono affidati: I delitti puniti con l’ergastolo o con la reclusione non inferiore nel massimo a 24 anni, eccezion fatta per i delitti di tentato omicidio, di rapina e di estorsione, nonché i delitti di sequestro di persona a scopo di estorsione; I delitti consumati di omicidio del consenziente, istigazione o aiuto al suicidio, omicidio preterintenzionale; Ogni delitto doloso da cui sia derivata la morte di una o più persone, escluse le ipotesi di morte come conseguenza non voluta di altro reato, di morte avvenuta in seguito a rissa e di morte derivante da omissione di soccorso; I delitti di riorganizzazione del partito fascista, di genocidio e quelli contro la personalità dello Stato puniti con pena non inferiore nel massimo a 10 anni. Per quanto riguarda il tribunale, la sua competenza si ricava per sottrazione rispetto ai reati di competenza della corte d’assise o del giudice di pace. Nella competenza per territorio la regola fondamentale è quella del luogo in cui il reato è statoconsumato. Ad essa il legislatore fa seguire: Altre regole di carattere generale che derogano al criterio del locus commissi delicti in ragione della particolare configurazione della fattispecie delittuosa. Tali ipotesi sono quelle del reato che abbia cagionato la morte di una o più persone, del reato permanente e del delitto tentato. Nel primo caso si è preferito radicare la competenza nel luogo in cui è avvenuta l’azione o omissione. Nelle altre 2 ipotesi si è optato, rispettivamente, per il criterio del luogo in cui ha avuto inizio la consumazione anche se dal fatto è derivata la morte di una o più persone, e per il criterio del luogo in cuiè stato compiuto l’ultimo atto diretto a commettere il reato; Talune regole suppletive che consentono di individuare il giudice territorialmente competente quando non sia possibile ricorrere alle regole generali. Prioritario è il criterio del luogo in cui è avvenuta una parte dell’azione o omissione; seguono il criterio della residenza, dela dimora e del domicilio dell’imputato; ed infine quello del luogo in cui ha sede l’ufficio del PM che ha provveduto per primo ad iscrivere la notizia di reato. In 2 casi il codice stesso ha creato regole ad hoc: Una prima deroga riguarda i procedimenti relativi ai delitti di mafia, schiavitù, tratta di persone e sequestro per estorsione. In tal caso le funzioni di gip, nonché quelle di gup, sono esercitate da un magistrato appartenente al tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente; La seconda deroga nasce dal presupposto dell’esistenza di un procedimento in cui un magistrato assuma il ruolo di imputato o di persona offesa, e che sia di competenza di un ufficio giudiziario ricompreso nel distretto di corte d’appello in cui lo stesso magistrato esercita le proprie funzione o le esercitava al momento del fatto. In questi casi la competenza spetta al giudice, ugualmente competente per materia, che ha sede nel capoluogo del distretto di corte d’appello determinato dalla legge, sulla base di una tabella incentrata sul criterio della circolarità. La competenza per connessione comporta il confluire davanti ad un unico giudice di procedimenti riservati a giudici diversi. La connessione si ha: a. Se il reato per il quale si procede è stato commesso da più persone in concorso o in cooperazione tra loro, ovvero se più persone, con condotte indipendenti, hanno determinato l’evento; Se una persona è imputata di più reati commessi con una sola azione od omissione concorso( formale) ovvero con più azioni od omissioni esecutive di uno stesso disegno criminoso reato( continuato); Se dei reati per cui si procede taluni sono stati commessi per eseguire o per occultare gli altri. Per la determinazione del giudice competente nel caso di procedimenti connessi prioritario è il criterio del giudice superiore, per cui i procedimenti di competenza del tribunale sono attribuiti alla corte d’assise; quando invece ci si muove solo sul pianodella competenza territoriale prevale il giudice competente per il reato più grave o, in caso di pari gravità, quello competente per ilprimo reato. 6. LA C.D. COMPETENZA FUNZIONALE Riguardo alla suddivisione per gradi, è possibile distinguere tra giudici di pace, tribunale ordinario e corte d’assise (giudici di primo grado), tribunale monocratico, corte d’appello e corte d’assise d’appello (giudici di secondo grado), corte di cassazione, cui è demandato il controllo di legittimità sulle decisioni assunte nei gradi precedenti. La suddivisione si articola poi in 3 fasi: Fase anteriore al giudizio, nella quale si collocano l’attività del gip e, successivamente, quella del gup; Fase del giudizio, dove sono competenti il tribunale, la corte d’appello, la corte d’assise, la corte d’appello d’assise e la corte di cassazione; Fase dell’esecuzione, dove sono distinte le funzioni del giudice di esecuzione da quelle della magistratura di sorveglianza. 7. LE “ATTRIBUZIONI” DEL TRIBUNALE Appurato che riguardo ad un certo reato deve giudicare il tribunale, occorre stabilire se è richiesta la composizione monocratica ovvero quella collegiale, ed in questo caso il criterio di ripartizione è basato sul concetto di attribuzione. Innanzitutto va rilevato che alla soppressione dell’ufficio del pretore e alla conseguente possibilità per il tribunale di funzionare sia nella sua tradizionale composizione, sia in quella monocratica, ha fatto seguito una valorizzazione di questa sua seconda dimensione, eletta a regola. In secondo luogo, il concetto di attribuzione va rapportato alla nuova articolazione degli uffici sul territorio: la soppressione delle 165 preture circondariali ha comportato la chiusura di 421 sezioni distaccate di pretura, compensata dalla trasformazione di 218 di esse in sezioni distaccate di tribunale. Giudica in composizione monocratica il tribunale dellasezione distaccata, quando il luogo in base al quale si determina la competenza per territorio rientra nellacircoscrizione della sezione. La riformulazione degli artt. 33- ‐bis e 33- ‐ter è stata determinata dall’intento di ridimensionare le attribuzioni originariamente previste per il giudice monocratico, come si ricava dalla correzione apportata al criterio quantitativo, che attualmente consente di devolvere al tribunale collegiale i delitti puniti con la reclusione superiore nel massimo a 10 anni, anche nell’ipotesi del tentativo. Il criterio quantitativo va tuttavia coordinato con quello qualitativo, il ché implica importanti deroghe: Per un verso, sono sottratti al tribunale collegiale taluni delitti puniti con la reclusione superiore a 10 anni; Per un altro verso, gli vengono attribuiti reati che dovrebbero essere giudicati dal tribunale in composizione monocratica. Per quanto attiene alle attribuzioni del tribunale in composizione monocratica, vale la regola della complementarietà: oltre che sui delitti riguardanti la produzione , il traffico e la detenzione di sostanze stupefacenti o psicotrope, il tribunale monocratico giudica sui reati non attribuiti al tribunalecollegiale. A quest’ultimo, infine, sono attribuiti tutti i procedimenticonnessi. La seconda concerne l’ipotesi dell’incompetenza per materia derivante da connessione, che deve essere rilevata o eccepita, a pena di decadenza, entro gli stessi termini stabiliti per l’incompetenza per territorio. Gli artt. 22- ‐25 definiscono la forma e gli effetti del provvedimento con cui viene dichiarata l’incompetenza: Nel corso delle indagini preliminari, il giudice pronuncia ordinanza e dispone la restituzione degli atti al PM; Dopo la chiusura delle indagini preliminari e in sede di dibattimento di primo grado, il giudice pronuncia sentenza e ordina la trasmissione degli atti al PM presso il giudice competente; In grado d’appello, se il giudice rileva che su un reato di competenza della corte d’assise ha giudicato il tribunale, oppure che su un reato di competenza del tribunale ha giudicato il giudice di pace, pronuncia sentenza di annullamento e ordina la trasmissione degli attial PM presso il giudice di primo grado; nell’ipotesi inversa, pronuncia invece nel merito, anche quando l’eccezione di incompetenza sia stata riproposta con i motivi d’appello. Con riferimento all’incompetenza per territorio o per connessione, è prevista la pronuncia di una sentenza di annullamento da parte del giudice d’appello e la trasmissione degli atti, rispettivamente, al PM presso il giudice di primo grado e direttamente a quest’ultimo; Nel giudizio innanzi alla corte di cassazione, quest’ultima è tenuta a dichiarare, anche d’ufficio, l’incompetenza per materia derivante dall’avere un tribunale giudicato un reato di competenza della corte d’assise; può essere eventualmente dichiarata anche l’incompetenza per territorio o per connessione, purché la relativa eccezione sia stata riproposta nei motivi del ricorso per cassazione. La decisione della corte di cassazione sulla giurisdizione o sulla competenza èvincolante nel corso del processo, ma può essere superata solo quando risultano nuovi fatti che implicano la modificazione della giurisdizione o della competenza del giudice superiore. Il mancato rispetto delle norme sulla competenza non determina l’inefficacia delle prove acquisite (principio della conservazione degli atti), con la sola parziale eccezione delle dichiarazioni rese al giudice incompetente per materia che, se ripetibili, possono essere usate solo in sede di udienza preliminare. Le misure cautelari disposte da un giudice incompetente cessano di avere efficacia se entro 20 gg. dall’ordinanza di trasmissione degli atti al giudice competente non sono confermate da quest’ultimo. Il conflitto tra giudici si determina quando 2 o più giudici contemporaneamente prendono (conflitto positivo) o rifiutano di prendere (conflitto negativo) cognizione del medesimo fatto attribuito alla stessa persona. Si può avere: Conflitto di giurisdizione, quando il contrasto intercorre tra uno o più giudici ordinari e uno o più giudici speciali; Oppure conflitto di competenza, quando sono coinvolti due o più giudici ordinari. Di fronte all’impossibilità di stabilire preventivamente un elenco esaustivo delle varie ipotesi di conflitto, il legislatore ha fatto ricorso alla categoria dei conflitti “analoghi”. Il procedimento di conflitto nasce in seguito ad una “denuncia” di parte, privata o pubblica, o ad una “rilevazione” d’ufficio del giudice. Esso non comporta la sospensione del processo in corso ed è risolto dalla corte di cassazione con sentenza in camera di consiglio. Quindi, il conflitto cessa: O per effetto dell’iniziativa di uno dei giudici che dichiari la propria competenza, in caso di conflitto negativo, o la propria incompetenza, in caso di conflitto positivo; Oppure bisogna attendere la sentenza vincolante della corte di cassazione. IL CONTROLLO SUL CORRETTO RIPARTO DI “ATTRIBUZIONI” FRA TRIBUNALE MONOCRATICO E TRIBUNALE COLLEGIALE L’inosservanza delle disposizioni sull’attribuzioni di un reato ad una determinata composizione del tribunale deve essere rilevata o eccepita, a pena di decadenza, prima della conclusione dell’udienza preliminare ovvero, nei processi in cui si prescinde da tale udienza, entro il termine previsto dall’art. 491.1. la relativa regolamentazione ricalca quella sull’incompetenza per territorio e per connessione. La diversificazione riguarda la forma del provvedimento giudiziale con cui viene dichiarata l’erronea attribuzione del reato. In sede di udienza preliminare, bisogna prendere in considerazione l’ipotesi in cui il giudice ritenga che si debba prescindere dall’udienza de qua, in quanto il reato rientra tra quelli rispetto ai quali è prevista la citazione diretta a giudizio da parte del PM. In alt caso, il gup dispone che gli atti vengano trasmessi al PM, affinché questi provveda ad emettere il decreto di citazione a giudizio. Qualora, invece, l’inosservanza delle regole sull’attribuzione del reato viene rilevata neldibattimento di primo grado, il giudice procede diversamente a seconda che il dibattimento sia stato instaurato in seguito ad udienza preliminare oppure a decreto di citazione diretta a giudizio: Nel primo caso è sufficiente trasmettere gli atti, con ordinanza, al giudice competente; Nel secondo, essendo stato l’imputato indebitamente privato dell’udienza preliminare, occorre una regressione del processo; deve essere quindi disposta, con ordinanza, la trasmissione degli atti al PM, per consentirgli di esercitare l’azione penale tramitela richiesta di rinvio a giudizio. La questione sulla violazione delle regole sulle attribuzioni può essere affrontata anche nel giudizio d’appello e in quello di cassazione: Quanto al giudice di appello, qualora questi ritenga che dovesse giudicare il tribunale in composizione collegiale, pronuncia sentenza di annullamento e ordina la trasmissione degli atti al sentenza fino a che non sia intervenuta l’ordinanza di inammissibilità o di rigetto della dichiarazione stessa. Il tribunale, o la corte, competente a decidere sulla ricusazione pronuncia ordinanza d’inammissibilità, oltre che per mancanza di legittimazione soggettiva e per inosservanza di forme e termini, anche per manifesta infondatezza dei motivi addotti. Su tale ordinanza è ammesso il ricorso per cassazione. Superata la fase dell’ammissibilità, la corte decide, in camera di consiglio, sul merito della ricusazione e può disporre che il giudice ricusato sospenda temporaneamente ogni attività processuale o si limiti al compimento degli atti urgenti. L’unico divieto posto a carico del giudice ricusato è quello di pronunciare sentenza. Il giudice chiamato a decidere sull’astensione o sulla ricusazione ha il potere di dichiarare quali atti precedentemente compiuti dal giudice astenutosi o ricusatoconservino efficacia. Con l’ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la dichiarazione di ricusazione, la parte privata che l’ha proposta può essere condannata al pagamento di una pena pecuniaria a favore della cassa delle ammende. 12. LA RIMESSIONE DEL PROCESSO La rimessione del processo consiste nel suo spostamento da una sede ad un’altra in presenza di turbative ambientali che possono comprometterne il regolare svolgimento, al fine di salvaguardare l’imparzialità di chi giudica. La l. n. 248/2002 ha ampliato i casi di rimessione, infatti: Per un verso, è rimasta invariata la previgente normativa incentrata sul nesso causale che deve intercorrere tra le gravi turbative locali e il conseguente pregiudizio alla libera determinazione delle persone che partecipano al processo, ovvero alla sicurezza o all’incolumità pubblica; Per un altro verso, si è ampliata la precedente casistica, ammettendo la rimessione del processo anche nell’ipotesi in cui le gravi turbative determininomotivi di legittimo sospetto. Dall’art. 45 si ricava che la rimessione può essere richiesta in ogni stato e grado del processo di merito dall’imputato, dal procuratore generale presso la corte d’appello e dal PM presso il giudice procedente. La richiesta di rimessione proveniente dall’imputato deve essere, a pena di inammissibilità, sottoscritta da lui personalmente o da un suo procuratore speciale e, dopo essere stata depositata nella cancelleria del giudice unitamente ai documenti che la giustificano, va notificata, entro 7 gg., a cura del richiedente alle altre parti. Dopo il deposito, la richiesta e la relativa documentazione sono immediatamente trasmesse alla corte di cassazione ad opera del giudice procedente, il quale può anche formulare proprie osservazioni aggiuntive. In seguito alla presentazione della richiesta, il giudice procedente può disporre la sospensione del processo fino a che non sia intervenuta l’ordinanza di inammissibilità o di rigetto. Lo stesso può fare la corte di cassazione. Qualora l’iter del processo non sia stato interrotto, è prevista comunque la sua sospensione obbligatoria, rispetto alla quale funge da necessaria premessa la comunicazione, da parte della corte di cassazione, che, non avendo il presidente della corte rilevato alcuna causa di inammissibilità, è avvenuta l’assegnazione della richiesta ad una delle altre sezioni della corte, oppure alle sezioni unite. In seguito a tale comunicazione, il giudice procedente deve sospendere il processo prima delle conclusioni (in sede di udienza preliminare) o della discussione ( in sede dibattimentale), ed è preclusa sia la pronuncia del decreto che dispone il giudizio, sia della sentenza. Tale sospensione dura sino a quando non viene pronunciata l’ordinanza della corte che dichiara inammissibile o rigetta la richiesta. Durante la sospensione, restano sospesi i termini della prescrizione del reato e, se la richiesta proviene dall’imputato, anche i termini di durata massima della custodia cautelare. La corte di cassazione decide con ordinanza, che può essere di inammissibilità, di rigetto o di accoglimento: in quest’ultima ipotesi l’ordinanza, che contiene l’indicazione del nuovo giudice, è immediatamente comunicata al giudice designato e al giudice originariamente competente, il quale è tenutoa trasmettere al primo gli atti del processo. Inoltre, quando la corte rigetta, può condannare l’imputato al pagamento di una somma a favore della cassa ammende. Il giudice designato procede alla rinnovazione degli atti quando una delle parti ne faccia richiesta con due sole eccezioni: a. Da un lato, l’ipotesi che si tratti di atti irripetibili; Dall’altro, l’eventualità che si tratti di processi per delitti di mafia, schiavitù o sequestro a scopo di estorsione. Una nuova richiesta di rimessione può essere formulata sia quando essa miri ad ottenere un nuovo spostamento del processo, sia quando sia volta ad ottenere per la prima volta il provvedimento, già negato da un’ordinanza di inammissibilità o di rigetto. L’ulteriore spostamento del processo può essere richiesto quando nella sede designata si ripresenta una situazione riconducibile all’art. 45, ovvero quando si creano le premesse per una revoca del provvedimento di rimessione. Qualora invece sia già intervenuto un provvedimento negativo della corte di cassazione, bisogna distinguere: In presenza di un’ordinanza che abbia rigettato la precedente richiesta o abbia dichiarato l’inammissibilità della stessa per manifesta infondatezza, l’ulteriore richiesta deve essere fondata su elementi nuovi; La richiesta dichiarata inammissibile per motivi diversi, invece, può sempre essere riproposta. 13. LA POSIZIONE DI PARTE DEL PM E LA SUA FUNZIONE TIPICA Il PM, pur rivestendo la qualità di parte nel processo, costituisce, al tempo stesso, un organo dell’apparato statale incaricato di vegliare sull’osservanza delle leggi e sulla pronta e regolare amministrazione della giustizia, nonché di iniziare ad esercitare l’azione penale. L’art. 50.1 conferisce al PM la titolarità dell’azione penale ed enuncia il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale, il quale unico limite è rappresentato dalla richiesta di archiviazione. Il comma 2 ribadisce poi il tradizionale principio dell’officialità dell’azione penale, circoscrivendo l’efficacia delle condizioni di procedibilità alle figure ivi richiamate (querela, richiesta, istanza e autorizzazione a procedere). Tale elenco non è però esaustivo, in quanto sono ritenute condizioni di procedibilità anche la presenza del reo nel territorio dello Stato per i delitti comuni del cittadinoe dello straniero commessi all’estero, ovvero l’assenza di una sentenza o di un decreto penale irrevocabili pronunciati nei confronti della medesima persona per il medesimo fatto. Il comma 3 esprime il principio dell’irretrattabilità dell’azione penale, la quale, quindi, una volta esercitata, comporta l’insorgere di un dovere decisorio in capo al giudice. L’ORGANIZZAZIONE E LA DISTRIBUZIONE DEL LAVORO TRA GLI UFFICI: LORO RAPPORTI Le funzioni di PM nelle indagini preliminari e nei procedimenti di primo grado sono esercitate dai magistrati della procura della Repubblica presso il tribunale. A tali procure possono essere addetti anche magistrati onorari in qualità di vice procuratori. Il procuratore della Repubblica può poi stabilire che i vice procuratori addetti al suo ufficio esercitino le funzioni di PM soltanto presso la sede del tribunale o presso una o più sezioni distaccate, ovvero presso la sede principale e una o più sezioni distaccate. Sempre il procuratore della Repubblica presso il tribunale puòanche delegare nominativamente determinate funzioni a magistrati ordinari in tirocinio, a vice procuratori onorari addetti all’ufficio, a personale in quiescenza da non più di 2 anni che nei 5 anni precedenti abbia svolto le funzioni di polizia giudiziaria, ovvero a laureati in giurisprudenza che frequentano il secondo anno della scuola biennale di specializzazione per le professioni legali. al medesimo ufficio, ma tale regole è derogabile quando si tratta del capo dell’ufficio, nel qual caso può essere designato un altro magistrato del pubblico ministero appartenente ad un diverso ufficio, ugualmente legittimato per materia. 16. I RAPPORTI ALL’INTERNO DELL’UFFICIO Ogni ufficio del pubblico ministero si compone del titolare e di uno o più magistrati addetti all’ufficio (sostituti procuratori). Nelle procure della Repubblica presso i tribunali ordinari possono essere istituiti posti di procuratore aggiunto in proporzione all’organico dell’ufficio. Alle procure presso le sezioni distaccate delle corti d’appello sono poi preposti avvocati generali alla dipendenza del procuratore generale. I titolari dirigono gli uffici e ne organizzano l’attività, secondo i criteri di buon andamento ed imparzialità che ispirano il funzionamento della PA. Esercitano poi essi stessi le funzioni di PM, quando non designano uno o più tra gli altri magistrati dell’ufficio; inoltre può anche procedere ad unadesignazione congiunta in considerazione del numero degli imputati o della complessità delle indagini o del dibattimento. Il PM esercita le sue funzioni in piena autonomia nell’udienza, anche se ciò non toglie che il capo dell’ufficio può impartire direttive sulle premesse dell’udienza. Tale autonomia comporta che le cause di sostituzione sono circoscritte, le quali possono essere ricondotte a 3 distinti gruppi: Un primo gruppo comprende le cause che consentono una valutazione discrezionale da parte del capo dell’’ufficio; Un secondo concerne alcune situazioni in presenza delle quali il giudice sarebbe obbligato ad astenersi; Un terzo riguarda la sostituzione effettuata col consenso del magistrato interessato. nella fase delle indagini preliminari, il PM gode di una certa autonomia, tuttavia il capo dell’ufficio può fissare regole generali per la miglior efficienza dell’ufficio, nonché dettare singole direttive. Il magistrato che non si adegui a tale disposizioni può essere sostituito con un provvedimento motivato, salvo il potere dello stesso magistrato di chiedere di essere sostituito. Infine, solo il procuratore della Repubblica può intrattenere, personalmente o per il tramite di un magistrato dell’ufficio appositamente delegato, rapporti con i mass- ‐ media. 17. UFFICI DEL PM DISTRETTUALE Sono stati introdotti una serie di deroghe alladivisione del lavoro e sui rapporti tra gli uffici del PM al fine di creare una sorta di procedimento speciale per i reati di associazione mafiosa, di sequestro di persona a scopo estorsivo e di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. Il proposito di potenziare l’ufficio del PM con riguardo a tali reati si è concretizzato nell’art. 3 d.l. n. 90/2008, contenente misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza rifiuti in Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile. In particolare, il comma 1 di tale art. assegna le funzioni di PM nelle indagini preliminari e nei procedimenti di primo grado al procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli, con riferimento ai reati sulla gestione rifiuti e in materia ambientale in Campania, nonché a quelli ad essi connessi. Nei casi in cui tali procedimenti concernono la criminalità organizzata, il comma 3 attribuisce al procuratore generale presso la corte d’appello di Napoli poteri di designazione del PM per le udienze dibattimentali. Per tutti i reati indicati dall’art. 51 commi 3- ‐bis, 3- ‐quater e 3- ‐quinquies le funzioni di PM nelle indagini preliminari e nei procedimenti di primo grado sono attribuite all’ufficio sito presso il tribunale del capoluogo del distretto di corte d’appello. Il procuratore della Repubblica presso quest’ultimo costituisce una direzione distrettuale antimafia per la trattazione dei procedimenti relativi ai reati di associazione mafiosa, designando i magistrati che devono farne parte per almeno 2 anni, inoltre, può anche essere istituito un posto di procuratore aggiunto per ragioni riguardanti lo svolgimento dei compiti della direzione distrettuale. Il procuratore distrettuale designa per l’esercizio delle funzioni di PM nei procedimenti in discorso i magistrati addetti alla direzione, ma, su richiesta del procuratore distrettuale, il procuratore generale presso la corte d’appello, per giustificati motivi, può disporre che le funzioni di PM per il dibattimento siano esercitate da un magistrato designato dal procuratore della Repubblica presso il giudice competente. Nonostante tutto, possono sempre sorgere contrasti, positivi o negativi, trai i diversi uffici del PM sulla relativa legittimazione a procedere: Se il contrasto si verifica tra diverse direzioni distrettuali, la risoluzione è affidata al procuratore generale presso al corte di cassazione, ma il procuratore nazionale antimafia ha una funzione consultiva; Se, invece, il contrasto insorge all’interno del medesimo distretto, il compito spetta al procuratore generale presso al corte d’appello. Alla direzione nazionale antimafia è preposto un magistrato di cassazione (il procuratore nazionale antimafia), nominato con delibera del CSM di concerto col Ministro della giustizia; tale incarico dura 4 anni e può essere rinnovato una sola volta. Alla direzione sono addetti, quali sostituti, 20 magistrati con funzioni di magistrati di corte d’appello, anch’essi nominati dal CSM, sentito il procuratore nazionale antimafia, sulla base di specifiche attitudini ed esperienze. Anche se tutte le funzioni di polizia giudiziaria sono sempre svolte alla dipendenza e sotto la direzione dell’autorità giudiziaria, il legame che si instaura con la medesima è variabile. L’art. 56 individua una triplice struttura: La prima concerne i servizi di polizia giudiziaria previsti dalla legge, la quale prevede la loro istituzione e organizzazione da parte del dipartimento di pubblica sicurezza. In determinate regioni e per particolari esigenze, tali strutture possono poi essere costituite in servizi interforze. Infine sono state introdotte unità antiterrorismo per le indagini sui delitti di terrorismo di rilevante gravità; La seconda riguarda le sezioni di polizia giudiziaria, istituite presso ogni procura della Repubblica per garantire uno stretto rapporto con l’organo che dirige le indagini preliminari. Le sezioni sono composte da ufficiali ed agenti della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza. Il personale delle sezioni non deve poi essere inferiore al doppio dei magistrati della procura della Repubblica presso il tribunale, ed il rapporto numerico tra ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria è stabilito in due terzi; La terza riguarda, infine, i restanti ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, tenuti per legge a compiere indagini a seguito di una notizia di reato. 20. I RAPPORTI DI SUBORDINAZIONE Anche l’autorità giudiziaria è investita di una serie di poteri di natura tipicamente gerarchica. Le sezioni si pongono in un rapporto di subordinazione nei confronti del procuratore della Repubblica che dirige l’ufficio presso cui sono istituite e, al fine di evitare interferenze con l’amministrazione di appartenenza, è fatto divieto di distogliere gli ufficiali e gli agenti dipolizia giudiziaria dalla loro attività se non per disposizione del magistrato dal quale dipendono. L’esclusiva destinazione a compiti di polizia giudiziaria può essere derogata solo in casi eccezionali o per necessità di istruzione o di addestramento, e sempre previo consenso del capo dell’ufficio. Nei confronti dei servizi, gli ordini dell’autorità giudiziaria sono mediati dalle gerarchie amministrative; pertanto, la responsabilità personale investe unicamente l’ufficiale preposto al servizio. La condottadegli altri ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria appartenenti al servizio che contrasti con i rispettivi doveri funzionali è, invece, valutata in sede disciplinare e, se ne ricorrono gli estremi, in quella penale. Vi è, infine, l’obbligo di ottenere il consenso del procuratore della Repubblica presso il tribunale o del procuratore generale presso la corte d’appello per allontanare dalla sede o assegnare ad altri uffici i dirigenti dei servizi e di vincolare le promozioni dei dirigenti degli uffici alparere favorevole dei predetti magistrati. 21. L’IMPUTATO E LA PERSONA SOTTOPOSTA AD INDAGINI L’assunzione della qualità di imputato coincide con l’atto che contiene la formale individuazione della persona a cui un determinato fatto storico viene attribuito. L’art. 60 enumera gliatti tipici dai quali tale assunzione scaturisce, dei quali alcuni si configurano come domande dell’organo dell’accusa, altri invece come atti di impulso. A questi si aggiungono sia la contestazione del reato connesso o del fatto nuovo nell’udienza preliminare o nel dibattimento, sia la formulazione coatta dell’imputazione quando non sia stata accolta la richiesta di archiviazione dal gip. La perdita della qualità d’imputato può derivare solo da una sentenza o da un provvedimento ad essa assimilabile; per contro, tale qualità risorge per effetto della revoca della sentenza di non luogo a procedere o dell’emissione del decreto di citazione a dibattimento per il giudizio di revisione. Alla persona sottoposta alle indagini preliminari sono estese tutte le garanzie e i diritti attribuiti a chi ha assunto la qualità d’imputato. Più precisamente, taluno diviene personasottoposta alle indagini a seguito, anzitutto, del ricevimento di una notizia qualificata di reato contenente un’incolpazione nei confronti di un soggetto determinato. Se si tratta di notizie inqualificate, la persona può dirsi sottoposta alle indagini a seguito di una valutazione di attendibilità delle medesime. Con la nozione di indizio, invece, ci si riferisce ad u risultato conoscitivo indispensabile per adottare alcune misure nel corso della fase delle indagini preliminari o per farne scaturire determinati effetti diversi dalla decisione sul dovere di punire. 22. LE DICHIARAZIONI RESE DALL’IMPUTATO In base all’art. 62, le dichiarazioni rese nel corso del procedimento dall’imputato e dalla persona sottoposta alle indagini non possono formare oggetto di testimonianza: In primo luogo, ciò non riguarda solo le dichiarazioni sollecitate, ma anche quelle che il soggetto rilascia di propria iniziativa; In secondo luogo, il divieto vale nei confronti di coloro a carico dei quali, per effetto delle dichiarazioni rese, emergano indizi di reità e di coloro che, fin dall’inizio, dovevano essere sentiti in qualità di imputato o di persona sottoposta alle indagini; In terzo luogo, sono coperte dall’art. 62 le dichiarazioni rese dinnanzi all’autorità giudiziaria, alla polizia giudiziaria e ad altre persone abilitate a riceverle; Infine, è anche inibito a testimoniare chi riferisca, anche avendolo appreso da altri, il contenuto delle dichiarazioni dell’imputato o dei soggetti a lui assimilati. L’acquisizione illegittima di tali testimonianze comporta la loro inutilizzabilità. La disciplina delle dichiarazioni indizianti (art. 63) completa la regola per cui nessuno può essere obbligato a deporre su fatti dai quali potrebbe emergere la propria responsabilità penale. Profilatis gli indizi, in capo all’autorità procedente, si determinano 3 obblighi distinti: Quello di interrompere l’esame come pure l’eventuale assunzione di informazioni; Quello di avvertire la persona che potranno essere svolte indagini nei suoi confronti pereffetto della mutata veste processuale; Quello di avvertire l’indiziato che le sue dichiarazioni potranno essere utilizzate nei suoi confronti. 23. L’INTERROGATORIO Nella fase delle indagini preliminari, il PM procede all’interrogatorio della persona sottoposta a misura cautelare, dell’arrestato o del fermato e di chi si trova a piede libero mediante invito a presentarsi. Il PM è libero di scegliere il momento in cui procedere all’interrogatorio, salvo si tratti di persona sottoposta a custodia cautelare, nel qual caso l’interrogatorio del giudice deve precedere quello del PM. Quest’ultimo, ove non intenda formulare richiesta di archiviazione, deve notificare, prima della scadenza del termine di durata delle indagini preliminari, un avviso di conclusione delle stesse indirizzandolo alla persona sottoposta ad indagini e al difensore. Tale avviso contiene l’avvertimento che l’indagato, entro 20 gg., può presentarsi per rilasciare dichiarazione o chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio. Al mancato invio dell’avviso consegue la nullità della richiesta di rinvio a giudizio o del decreto di citazione a giudizio del PM. Se il PM ne fa istanza nella richiesta di custodia cautelare, l’interrogatorio deve avvenire entro 48 ore. Esercitata l’azione penale, l’imputato è libero di sottoporsi ad interrogatorio in sede di udienza preliminare, così come nel giudizio abbreviato. All’interrogatorio del PM si suole attribuire un prevalente carattere investigativo perché finalizzato alle determinazioni inerenti all’esercizio dell’azione penale, mentre a quello condotto dal giudice si è soliti attribuire una finalità di controllo e di garanzia. Il difensore ha il diritto di essere avvisato del compimento dell’atto così da potervi assistere, anzi, la sua presenza diviene, talora, condizione di validità. Per quanto invece riguarda la difesa personale, l’interrogatorio è modellato in maniera idonea a garantire una partecipazione libera e cosciente da parte del soggetto. Ogni persona fisica è titolare della capacità ad essere parte nel processo penale. Essa difetta negli infanti e negli immuni, da distinguersi in assoluti o relativi, a seconda che l’esenzione dalla giurisdizione valga per tutte le imputazioni o solo per alcune. Nozione distinta è quella della capacità processuale dell’imputato, ossia dell’idoneità ad esercitare i diritti e le facoltà ricollegati all’assunzione di tale qualità. In genere, la capacità processuale dell’imputato coincide con la sua capacità di essere parte, ma esistono alcune eccezioni, la più vistosa delle quali è rappresentata dall’ipotesi dell’infermità mentale dell’imputato sia antecedente che sopravvenuta al fatto costituente reato, il cui presupposto è commisurato sulla inidoneità del soggetto a partecipare coscientemente al processo. La valutazione sull’esistenza dell’infermità mentale dell’imputato non è necessariamente subordinata all’esito di un’indagine peritale disponibile anche d’ufficio, in quanto il giudice può convincersene anche sulla base di elementi ricavabili da perizie appena espletate o da manifestazioni conclamate. Qualora venga disposta la perizia psichiatrica, nel tempo occorrente per il suo svolgimento l’attività giudicante subisce consistenti limitazioni. Il giudice, su richiesta del difensore, puòassumere solo le prove che possono condurre al proscioglimento dell’imputato. Se la necessità di provvedere sorge durante le indagini preliminari, la perizia è disposta dal giudice solo su richiesta delle parti con le forme dell’incidente probatorio, restando nel frattempo sospesi i termini per le indagini preliminari. Accertato che lo stato psichico dell’imputato ne impedisce la cosciente partecipazione al procedimento, il giudice emette ordinanza di sospensione del procedimento, la quale, ricorribile per cassazione, produce una pluralità di effetti: L’obbligo di nominare un curatore speciale a favore dell’imputato; La sospensione non impedisce al giudice di assumere prove, alle condizioni e nei limiti che valgono durante il tempo occorrente per l’espletamento della perizia nel processo, anche su richiesta del curatore speciale; Ulteriori effetti consistono nell’obbligatoria separazione del processo e nell’inoperatività della regola sulla sospensione obbligatoria del processo civile. L’ordinanza di sospensione è immediatamente revocata qualora vi siano i presupposti di una sentenza di non luogo a procedere o di proscioglimento, oppure sia acquisita la certezza che l’imputato è in grado di partecipare coscientemente al procedimento. L’art. 72.1 impone al giudice di verificare comunque periodicamente lo stato psichico dell’imputato con frequenze periodiche semestrali mediante appositi accertamenti peritali. Il potere di disporre il ricovero dell’imputato in una struttura del servizio psichiatrico ospedaliero è attribuito al sindaco, mentre solo se vi è pericolo nel ritardo, il giudice può ordinare il ricovero provvisorio. Se è già disposta o debba disporsi la custodia cautelare, il ricovero provvisorio è ordinato adottando i provvedimenti necessari per prevenire il pericolo di fuga. 26. LA PARTE CIVILE: LEGITTIMAZIONE, COSTITUZIONE ED ESODO DAL PROCESSO PENALE L’intervento della parte civile è finalizzato ad ottenere le restituzioni o il risarcimento del danno ricollegabili al reato oggetto di accertamento i sede penale. L’azione civile può essere esercitata dal soggetto che mira alle restituzioni o al risarcimento del danno cagionato dal reato, o dai suoi successori universali; ciascuno di loro può costituirsi parte civile anche per mezzo di un procuratore speciale. Una volta costituitosi, a meno di un’eventuale esclusione o di un suo esodo volontario, il danneggiato partecipa al processo intutti i suoi gradi, compreso l’eventuale giudizio di rinvio. Nel caso in cui sia impedito l’inserimento dell’azione civile nel processo penale sono previsti due diversi correttivi: Anzitutto, è prevista la nomina di un curatore speciale, quando manchi la persona cui spetterebbe la rappresentanza o l’assistenza e ricorrano ragioni d’urgenza, oppure quando sussista un conflitto di interessi tra l’incapace e il suo legale rappresentante; Secondariamente, ma solo in caso di assoluta urgenza, viene consentito che il PM eserciti l’azione civile nell’interesse del minore o dell’infermo di mente, finché non subentri il legale rappresentante o il curatore speciale. La parte civile può stare in giudizio solo attraverso il difensore munito di procura speciale. Per la sua costituzione occorre che, unitariamente alla procura, sia depositata nella cancelleria del giudice procedente o sia presentata in udienza, una dichiarazione contente: Le generalità della persona fisica o la denominazione dell’associazione o dell’ente che si costituisce parte civile, nonché del suo legale rappresentante; Le generalità dell’imputato; Il nome ed il cognome del difensore; L’esposizione delle ragioni che giustificano la domanda; La sottoscrizione del difensore. La costituzione della parte civile deve quindi avvenire a partire dal deposito della richiesta di rinvio a giudizio e fino all’effettuazione degli accertamenti sulla costituzione delle parti. L’esclusione può, innanzitutto, essere la conseguenza di una richiesta motivata, proveniente dal PM, dall’imputato e dal responsabile civile. Relativamente a tale richiesta il giudice procedente è tenuto a pronunciarsi senza ritardo con ordinanza. l’invito a costituirsi; l’indicazione della data e del luogo dell’udienza; la data e le sottoscrizioni del giudice e dell’ausiliario. La citazione è nulla qualora, per omissione o erronea indicazione di qualche elemento essenziale, il responsabile civile non sia stato in grado di esercitare i suoi diritti nell’udienza preliminare o nel giudizio, ovvero qualora risulti nulla la relativa notificazione. Il responsabile civile può anche decidere di non costituirsi, il che peraltro non impedisce al giudice di addebitargli, in sentenza, la responsabilità per il fatto dell’imputato; viceversa, può costituirsi, assumendo la qualità di parte e avvalendosi delle relative facoltà. La costituzione può avvenire in ogni stato e grado del processo, anche per mezzo di procuratore speciale, depositando nella cancelleria del giudice procedente o presentando in udienza una dichiarazione che deve contenere, a pena di inammissibilità: Le generalità della persona fisica o la denominazione dell’associazione o dell’ente e le generalità del suo legale rappresentante; Il nome e cognome del difensore e l’indicazione ella procura; La sottoscrizione del difensore. Il responsabile civile può anche intervenire volontariamente nel processo penale, sempre che vi sia stata costituzione di parte civile o il PM abbia agito come supplente, entro l’effettuazione, nel dibattimento di primo grado, degli accertamenti di costituzione delle parti. La parte civile può essere esclusa su richiesta di parte o di ufficio: Nel primo caso, legittimati a chiedere l’esclusione sono l’imputato, la parte civile, il PM e lo stesso responsabile civile, il quale ultimo può chiedere quindi la propria esclusione, oltre che per ragioni attinenti alla legittimazione, anche qualora gli elementi di prova raccolti prima della citazione possano recare pregiudizio alla sua difesa. La richiesta di esclusione, sulla quale decide il giudice con ordinanza, deve essere proposta non oltre gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti nell’udienza preliminare o nel dibattimento; Nel secondo caso, l’esclusione è disposta, con ordinanza non impugnabile, sia qualora venga accertata la mancanza dei requisiti per la citazione o per l’intervento del responsabile, sia qualora venga accolta dal giudice la richiesta di giudizio abbreviato. IL CIVILMENTE OBBLIGATO PER LA PENA PECUNIARIA E L’ENTE RESPONSABILE PER L’ILLECITO AMMINISTRATIVO DIPENDENTE DA REATO Una persona (fisica o giuridica) può essere assoggettata, in via sussidiaria ed eventuale, ad un’obbligazione civile pecuniaria pari all’importo della multa o dell’ammenda inflitta al condannato, qualora quest’ultimo risulti insolvibile. La persona civilmente obbligata può essere citata, per l’udienza preliminare o per il giudizio, su richiesta del PM o dell’imputato. Per quanto riguarda la citazione, la costituzione e l’esclusione della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria, si rinvia alla normativa prevista per il responsabile civile. Il d. lgs. n. 231/2001 prevede l’irrogazione di sanzioni amministrative a carico degli enti forniti di personalità giuridica, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, qualora vengano accertati reati commessi nel loro interesse o a loro vantaggio da parte di persone che rivestano funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente, nonché di persone che ne esercitino la gestione e il controllo, ed infine di persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza dei soggetti precedentemente menzionati. Se intende partecipare al procedimento penale con il proprio rappresentante legale, l’ente deve costituirsi depositando in cancelleria una dichiarazione contenente, a pena di inammissibilità, oltre alla denominazione e alle generalità del legale rappresentante, il nome del difensore, la sua sottoscrizione e la dichiarazione o l’elezione di domicilio. 30. LA PERSONA OFFESA DAL REATO La persona offesa dal reato è il titolare dell’interesse protetto dalla norma penale che si assume violata, ma ad essa non è attribuita la qualità di parte, bensì quella disoggetto. 31. I DIRITTI E LE FACOLTA’ DELLA PERSONA OFFESA La persona offesa è, anzitutto, legittimata a presentare memorie, ossia elaborati scritti attraverso i quali avanzare istanze, illustrare questioni o toccare temi rilevanti per il processo. A seconda dei casi, le memorie saranno indirizzate al PM o al giudice procedente. Inoltre, la persona offesa puòindicare elementi di prova, sia per spingere il PM a verificare meglio una certa ipotesi accusatoria, sia per indurre il giudice ad intraprendere quelle iniziative che la legge gli consente in materia di prova. In tema di capacità processuale, i minori infraquattordicenni e gli interdetti per infermità mentale devono essere rappresentati dai genitori e dal tutore, mentre, trattandosi di ultraquattordicenne o di inabilitato, la legittimazione ad esercitare i loro diritti spetta sia ad essi stessi che ai genitori, al tutore,al curatore. La persona offesa può inoltre nominare un difensore, il quale è legittimato a svolgere anche le investigazioni difensive. Deceduta la persona offesa in conseguenza del reato, i suoi diritti e facoltà sono attribuiti ai prossimi congiunti. Quando invece la morte non si può ritenere collegata al reato di cui è stata vittima, i prossimi congiunti possono entrare nel processo penale solo attraverso la costituzione di parte civile. 32. GLI ENTI E LE ASSOCIAZIONI RAPPRESENTATIVI DI INTERESSI LESI DAL REATO In presenta di taluni requisiti, gli enti e le associazioni rappresentativi di interessi lesi dal reatopossono esercitare, in ogni stato e grado del procedimento, i diritti e le facoltà attribuiti alla persona offesa dal reato. Qualora tali enti risultino direttamente danneggiati dal reato, essi possono inserire la loro pretesa civilistica all’interno del processo penale mediante la costituzione di parte civile; al contrario, in mancanza di tale presupposto l’ente collettivo può partecipare al processo in veste di accusatore privato al fianco della persona offesa disposta ad accettare il suo intervento. Affinché l’ente collettivo possa assumere la qualifica di accusatore privato sussidiario si richiede non solo che esso non abbia scopo di lucro, ma anche che gli siano state riconosciute finalità di tutela degli interessi lesi dal reato. Come ulteriore garanzia di affidabilità si esige che il riconoscimento avvenga anteriormente alla commissione del fatto per cui si procede. È stato poi ritenuto necessario il consenso della persona offesa (ad un solo ente), da prestare con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, e si è ammessa la possibilità di una revoca in qualsiasi momento dell’iter processuale, con le stesse forme previste per la prestazione del consenso: dopo l’eventuale revoca è esclusa, per la persona offesa, la possibilità di essere nuovamente fiancheggiata da tali enti. Affinché l’ente collettivo possa svolgere il ruolo che gli compete, è necessario che il suo difensore, munito di procura speciale, presenti un atto di intervento, da notificare alle parti quando la presentazione non avviene in udienza. Occorre inoltre che venga presentata la dichiarazione di consenso della persona offesa, nonché la procura del difensore. L’intervento non può avvenire dopo che si è conclusa la fase del dibattimento dedicata alla verifica della costituzione delle parti. Dopo l’intervento, può verificarsi un’estromissione dell’ente collettivo, disposta dal giudice con ordinanza inoppugnabile, in seguito ad un’opposizione di parte o d’ufficio, quando venga riscontrato un motivo di inammissibilità o un vizio riguardante la capacità processuale del soggetto intervenuto. Per quanto attiene, in particolare, La sua presenza è da correlare all’imputato; Il suo ruolo è sussidiario rispetto a quello del difensore di fiducia, tant’è che cessa le sue funzioni non appena l’imputato procede alla nomina di quest’ultimo; Egli ha l’obbligo di prestare il patrocinio salvo che in presenza di un giustificato motivo. I requisiti necessari per poter essere iscritti nell’elenco alfabetico dei difensori d’ufficio, predisposto da ciascun consiglio dell’ordine forense, consistono: Nell’aver conseguito un’attestazione di idoneità, rilasciata dall’ordine forense di appartenenza; Nell’essere in grado di dimostrare, attraverso un’adeguata documentazione, di aver esercitato la professione nel settore penale per almeno 2 anni consecutivi. Il perno del nuovo sistema è rappresentato da un apposito ufficio, con recapito centralizzato, istituito presso l’ordine forense del capoluogo di ogni corte d’appello, il quale fornisce, sulla base di una selezione automatica, il nominativo del difensore d’ufficio, ogniqualvolta gli pervenga la relativa richiesta da parte dell’autorità giudiziaria o della polizia giudiziaria. I vari consigli dell’ordine forense sono tenuti a predisporre l’elenco dei difensori d’ufficio e a stabilire i criteri per la nomina di chi vi figura iscritto sulla base delle competenze specifiche, della prossimità della sede del procedimento e della reperibilità. Qualora bisogni compiere un atto per il quale è richiesta la presenza del difensore, ma quest’ultimo non sia stato reperito, o non sia comparso o abbia abbandonato la difesa, è prevista l’attivazione della procedura prevista per la prima nomina del difensore d’ufficio da parte del PM o della polizia giudiziaria. Nei casi d’urgenza è tuttavia consentita la designazione di un difensore che sia immediatamente reperibile, con l’obbligo di adottare un provvedimento motivato ce indichi i motivi dell’urgenza. Quando invece tale situazione si stallo deve essere affrontata dal giudice, egli può designare come sostituto un altro difensore immediatamente reperibile, salvo che la necessità non si appalesi nel corso del giudizio, nel qual caso può essere nominato sostituto solo un difensore che risulti iscritto nell’elenco dei difensori d’ufficio. Con riguardo alla retribuzione del difensore d’ufficio, si possono menzionare 3 regole: Il difensore d’ufficio si deve far carico della procedura esecutiva per il recupero del credito professionale nei confronti dell’assistito inadempiente, usufruendo dell’esenzione da bolli, imposte e spese; Qualora dimostri l’infruttuosità della procedura di cui sopra, il difensore viene retribuito dallo Stato; A meno che l’assistito non chieda ed ottenga l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, quest’ultimo surroga il difensore nel suo credito verso il soggetto assistito. 36. PATROCINIO DEI NON ABBIENTI E POTERI DEL DIFENSORE Lo Stato deve assicurare ai non abbienti i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione, per cui il soggetto ammesso al patrocinio sceglie quale difensore un libero professionista, il cui compenso viene poi liquidato dall’autorità giudiziaria ed è a carico dello Stato. Attualmente la materia è disciplinata nel T.U. delle disposizioni legislative e regolamentari sulle spese di giustizia. Il suo art. 81 prevede l’istituzione presso ogni consiglio dell’ordine di un elenco degli avvocati idonei ad essere nominati difensori da colui che è ammesso al patrocinio a spese dello Stato. Sull’inserimento, su richiesta dell’interessato, in tale elenco delibera il consiglio dell’ordine, ilquale valuta l’esistenza in capo all’interessato di una esperienza professionale “specifica”, nonché l’iscrizione all’albo degli avvocati da almeno 2 anni. Attualmente è possibile anche la nomina di un difensoreextra districtum, ma in tal caso non sono dovute le spese e le indennità di trasferta previste dalla tariffa professionale. Attualmente, la soglia che consente di usufruire di tale patrocinio è fissata in 9.723,84 €, soglia da aggiornare ogni due anni in base alle variazioni dell’indice ISTAT. Ci si è poi preoccupati del rischio che vengano ammessi al patrocinio soggetti i quali in realtà non versino nella situazione di non abbienza: in questo caso, l’istanza di ammissione va respinta qualora il tenore di vita, le condizioni personali e familiari del richiedente nonché le attività economiche da lui eventualmente svolte, offrano al giudice fondati motivi per ritenere che il reddito da prendere in considerazione superi il tetto stabilito dalla legge. Il difensore del soggetto ammesso al patrocinio può sia nominare un sostituto, sia un investigatore privato autorizzato, mentre il soggetto può anche nominare un consulente tecnico di parte. Nel caso in cui l’imputato o il condannato partecipino al procedimento penale a distanza, è ammessa la nomina di un secondo difensore limitatamente agli atti che si compiono a distanza; al di fuori di tale ipotesi, la nomina di un secondo difensore implica che gli effetti dell’ammissione al patrocinio vengono a cessare. 37. IL DIFENSORE DELLE PARTI EVENTUALI, DELLA PERSONA OFFESA E DEGLI ENTI RAPPRESENTATIVI DI INTERESSI LESI DAL REATO La parte civile, il responsabile civile e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria devono stare in giudizio col ministero di un solo difensore, munito di procura speciale, da presumere conferita solo per un determinato grado a meno che nell’atto non sia espressa una volontà diversa. La procura può essere apposta in calce o a margine dei vari atti attraverso i quali avviene l’ingresso della parte nel processo penale; al di fuori di tale ipotesi, la procura si può conferire con atto pubblico o scrittura privata autenticata. Il difensore può compiere e ricevere tutti gli atti del procedimento tranne quelli che la legge riserva espressamente al rappresentato, il cui domicilio si intende eletto presso il difensore. Inoltre, in assenza di una procura ad hoc, quest’ultimo non può compiere atti implicanti disposizioni del diritto in contesa. comportamenti integranti violazioni dei doveri di lealtà e probità, sia la violazione del divieto, per uno stesso difensore, di assumere la difesa di più mputati che abbiano reso dichiarazioni accusatorie nei confronti di un altro imputato. A seguito dell’abbandono della difesa da parte del difensore di fiducia si determina una stasi processuale, finché non si procede alla nomina di un nuovo difensore di fiducia, ovvero, in mancanza, di uno d’ufficio. L’abbandono della difesa delle altre parti private, della persona offesa e degli enti o associazioni non ostacola la prosecuzione del procedimento, in quanto tali soggetti, ove non provvedano ad una nuova nomina, perdono la possibilità di essere attivi in sede processuale. 42. INCOMPATIBILITA’, NON ACCETTAZIONE, RINUNCIA E REVOCA DEL DIFENSORE Il codice ammette che un difensore possa assistere una pluralità d’imputati, purché le diverse posizioni degli assistiti non siano tra loro incompatibili. Incompatibilità si ha quando siano inconciliabili le posizioni degli imputati, ossia l’uno deve avere interesse a sostenere tesi pregiudizievoli all’altro. Una spontanea rimozione dell’incompatibilità si può avere quando l’imputato o gli imputati interessati revochino la nomina del difensore, oppure quest’ultimo rinunci alla difesa. Qualora ciò non avvenga, è previsto un intervento del giudice o, nel corso delle indagini preliminari, del PM, con il quale viene fissato un termine per la sua rimozione da parte dei diretti interessati. L’extrema ratio è rappresentata da un’ordinanza del giudice con la quale viene dichiarata l’incompatibilità e, sentite le parti interessate, si procede alle designazioni dei difensori d’ufficio. Mentre nel caso della revoca il soggetto agente è l’assistito, la non accettazione e la rinuncia sono iniziative del difensore. Questi ultimi sono atti alternativi che, come la revoca, non necessitano di motivazione. Fermo l’obbligo per il difensore che non accetti l’incarico o vi rinunci di darne subito comunicazione all’autorità procedente e a chi lo ha nominato, occorredistinguere tra: Non accettazione, che ha effetto dal momento in cui perviene la relativa comunicazione all’autorità procedente; Rinuncia e revoca, che sono prive di effetto fino a che la parte non risulta assistita da un nuovo difensore. Anzi, se ai fini di una difesa informata il nuovo difensore si avvale del diritto di ottenere un termine a difesa, la rinuncia e la revoca diventano efficaci solo a partire dalla sua scadenza. A proposito di tale termine a difesa, il difensore ha diritto ad un termine che, di regola, non può essere inferiore a 7 gg. Al di sotto di tale termine si può scendere, fermo restando il limite minimo delle 24 ore, solo se ricorre una di queste 3 situazioni: Se vi è il consenso dell’imputato o del suo difensore; Se vi sono specifiche esigenze processuali che possono determinare la scarcerazione dell’imputato; Se ricorrono specifiche esigenze processuali che possono determinare la prescrizione. 43. GLI AUSILIARI DEL GIUDICE E DEL PM Gli ausiliari sono coloro che affiancano il giudice o il PM svolgendo vari compiti. Per ausiliare in senso stretto si deve intendere il coadiutore istituzionale, cioè quello la cui presenza è contrassegnata dalla continuità e ordinari età (cancelliere, segretario, ufficiale giudiziario, direttore degli istituti penitenziari). L’assistenza del cancelliere è prevista per tutti gli atti posti in essere dal giudice, salvo che la legge disponga altrimenti. Importante è anche l’attività di documentazione, per la quale è prevista la redazione del processo verbale. Tra gli altri compiti che svolge vi sono l’autentificazione degli atti e dei provvedimenti del giudice, la custodia delle cose sequestrate, ilrilascio di copie, la notificazione dell’atto d’impugnazione. Anche presso l’ufficio del PM opera un ausiliario che svolge funzioni analoghe a quelle del cancelliere. L’ufficiale giudiziario svolge un’attività ausiliaria nei confronti sia del giudice che del PM, in quanto sua principale funzione è quella di curare l’esecuzione delle notificazioni. Corollario di tale funzione è la relazione di notificazione, che documenta l’attività svolta con riferimento all’atto da notificare. Anche il direttore dell’istituto penitenziario opera come ausiliario sia del giudice che del PM, essendo tenuto a ricevere e ad inoltrare, dopo aver proceduto alla loro iscrizione in apposito registro, l’atto di impugnazione e gli altri atti contenenti dichiarazioni e richieste destinate all’autorità giudiziaria. CAPITOLO 2 – ATTI 1. PREMESSA Per fatto giuridico si intende un accadimento consistente tanto in un fenomeno naturale quanto in un comportamento umano. L’atto giuridico si distingue dal fatto per la volontarietà. Dal punto di vista della condotta, i comportamenti umani si risolvono in dichiarazioni esternate verbalmente, per iscritto o in maniera gestuale, oppure in operazioni. Occorre poi distinguere, a proposito degli atti consistenti in dichiarazioni verbali o in operazioni, l’attività direta a confezionare l’atto da quella diretta a documentarlo. Premesso ciò, occorre definire l’atto processuale penale: Sul piano soggettivo, sono tali quelli posti in essere dai soggetti del procedimento; Sul piano oggettivo, 2 sono le caratteristiche dell’atto processuale penale: la sua attitudine a produrre effetti giuridici dotati di rilevanza processuale penale, ed il suo realizzarsi nel contesto del processo penale. 2. LA LINGUA DEGLI ATTI Normalmente, gli atti del procedimento sono compiuti inlingua italiana, che è la lingua ufficiale. Limitatamente al territorio dove è insediata una minoranza linguistica riconosciuta, altre lingue sono elevate al rango di lingue del procedimento, in modo tale da assicurare al cittadino appartenente alla minoranza il diritto di impiegare, nei rapporti con l’autorità giudiziaria, la propria madrelingua. Ciò vale non solo per l’imputato e le altre parti private, ma anche per i testimoni, i periti, i consulenti tecnici e quanti altri vengono in contatto con il procedimento penale. L’uso di una lingua diversa dall’italiano è subordinato alla sussistenza di 3 requisiti: Deve trattarsi di una lingua di cui una legge riconosce la qualità di lingua minoritaria. Tale legge demanda ai consigli provinciali l’individuazione delle aree d’insediamento e a prevedere l’uso della lingua minoritaria nei rapporti con le amministrazioni locali e davanti all’autorità giudiziaria; La tutela deve essere circoscritta ai soli procedimenti che si svolgono davanti ad un’autorità avente competenza di primo o secondo grado sul territorio dov’è insediata la minoranza linguistica; Il soggetto alloglotto deve sempre richiedere l’uso della lingua minoritaria, e l’opzione, espressa in forma scritta o orale, è revocabile. Tutte le volte che un muto, un sordo o un sordomuto vogliano o debbano fare dichiarazioni, sono previste particolari modalità di comunicazione che si avvalgono della parola o dello scritto. In tali ipotesi, indipendentemente dal fatto che le persona in discorso sappiano leggere o scrivere, l’autorità procedente provvede alla nomina di uno o piùinterpreti scelti di preferenza fra le persone abituate a trattare con lui. 3. LA SOTTOSCRIZIONE E LA DATA In materia di sottoscrizione degli atti, permane l’interdizione all’impiego di mezzi meccanici o di segni diversi dalla scrittura, equiparati ad una mancata sottoscrizione. Il raggiungimento del fine della sottoscrizione può essere conseguito per altra via solo se chi deve firmare non è in grado di scrivere. Talvolta, il codice impone che gli atti dei soggetti privati siano muniti di un’attestazione relativa all’autenticità della firma, la quale può essere rilasciata, oltre che dal funzionario di cancelleria, dal notaio, difensore, sindaco, funzionario delegato dal sindaco, segretario comunale, giudicedi pace, presidente del consiglio dell’ordine forense o da un consigliere da lui delegato. 5. LA CIRCOLAZIONE DI COPIE E DI INFORMAZIONI Chiunque vi ha interesse, può ottenere, a proprie spese, ilrilascio di copie, estratti o certificati di singoli atti, compresi quelli incorporati su supporti non cartacei. Il rilascio non può essere ottenuto se si tratta di atti ancora coperti dal segreto sulle indagini o diventati oggetto di un decreto di segretazione. Il diniego dell’autorizzazione non è impugnabile. Il difensore (o un suo sostituto) che presenti all’autorità giudiziaria atti o documenti ha il diritto al rilascio di attestazione dell’avvenuto deposito. Le disposizioni sulla trasmissione di copie e di informazioni da parte del PM o del Ministro dell’interno hanno il fine di agevolare l’attività di investigazione e l’attività di prevenzione dei reati. Benché la stessa autorità giudiziaria procedente può disporre, di propria iniziativa, la trasmissione, organo legittimato a presentare la richiesta è solo il Pm che procede, mentre nessun potere d’iniziativa spetta ai difensori delle parti. In forza dell’art. 118, il Ministro dell’interno può accedere alle fonti informative, anche se può avvalersi di un ufficiale di polizia giudiziaria o del personale della DIA per formulare materialmente la richiesta. Analogo potere di accesso spetta, infine, al presidente del Consiglio dei ministri. La richiesta del PM deve essere finalizzata al compimento delle proprie indagini, circoscrivendone l’ambito sul piano temporale. La circolazione di copie e di informazioni trova spazio quando mancano i presupposti del coordinamento informativo ed investigativo, ovvero quando vi è dissenso tra gli uffici del PM sulla gestione delle indagini, salvo si tratti di procedimenti per reati di criminalità organizzata, o quando le indagini non risultano collegate. La richiesta del Ministero dell’interno è, invece, indirizzata alla prevenzione dei reati, con riferimento, però, ai soli delitti che impongono l’adozione dell’arresto obbligatorio in flagranza. Verificate la propria competenza e quella dell’organo da cui proviene la richiesta motivata, l’autorità giudiziaria può rigettarla o accoglierla. La prima soluzione sarà adottata, oltre che per ragioni di ordine rituale, per l’esigenza di preservare il segreto. L’obbligo di motivare il rigetto non è comunque sanzionato dalla legge processuale. 6. MEMORIE, RICHIESTE E DICHIARAZIONI DELLE PARTI Le parti e i loro difensori possono presentarememorie o richieste scritte al giudice in ogni stato e grado del procedimento. Tale possibilità è estesa alla persona sottoposta alle indagini e la persona offesa. Il giudice deve provvedere entro 15 gg., ma l’obbligo scatta solo in dipendenza di una richiesta ritualmente formulata: non sono tali quelle del soggetto sfornito del diritto a presentarle o che non ha provveduto a depositarle in cancelleria, ne quelle precluse da decadenze ormai verificatesi. L’imputato detenuto o internato può presentare impugnazioni, dichiarazioni o richieste con atto ricevuto dal direttore dell’istituto. Esse, dopo l’iscrizione nell’apposito registro, sono comunicate all’autorità competente immediatamente. Le impugnazioni, le richieste e le altre dichiarazioni sono comunicate, nel giorno stesso o al più tardi in quello successivo, all’autorità giudiziaria competente mediante estratto, copia autentica o raccomandata, ma, nei casi urgenti, è possibile usare mezzi più celeri. 7. LA GARANZIA DELLA LEGALITA’ Indipendentemente dalla comminatoria di sanzioni, le norme del codice devono essere osservate dai magistrati, dai cancellieri e dagli altri organi ausiliari del giudice, compresa la polizia giudiziaria. 8. LE FORME DEI PROVVEDIMENTI Guardando alla forma degli atti, il codice contrappone: Gli atti compiuti nel procedimento, inteso come fase delle indagini preliminari, caratterizzati da forme libere, nelle quali prevale la tensione al raggiungimento dello scopo, fino a contemplare atti privi di forma. Tuttavia, tale affermazione risulta essere più di facciata che un effettivo principio normativo; Gli atti posti in essere nel processo, caratterizzata daforme vincolate in quanto non ammettono equivalenti. Una disciplina unitaria della forma è prevista solo per quegli atti del giudice che si traducono in provvedimenti, ovvero le sentenze, le ordinanze e i decreti. Le sentenze si caratterizzano per l’idoneità a chiudere uno stato o un grado del procedimento, in quanto contengono una decisione sulla regiudicanda. Per quanto riguarda il loro contenuto, fondamentale è la distinzione tra sentenze di condanna e sentenze di proscioglimento. Le sentenze di proscioglimento costituiscono una categoria molto ampia che comprende: Le sentenze di assoluzione pronunciate all’esito del dibattimento con le formule per cui: il fatto non sussiste, l’imputato non l’ha commesso, il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, il reato è stato commesso da persona non imputabile o non punibile per altra ragione. Tali sentenze acquistano l’autorità di cosa giudicata; L’immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità consiste nell’obbligo di arrestare il processo e di far cadere la qualità di imputato appena maturi la possibilità di pronunciare una sentenza di proscioglimento. Nella fase delle indagini preliminari un compito equivalente è svolto dall’archiviazione. L’art. 129.2 sancisce l’obbligo del proscioglimento nel merito, quando ne ricorrono gli estremi, anche in presenza di una causa estintiva del reato, con esclusivo riferimento alle sentenze di assoluzione o di non luogo a procedere. Per le sentenze di assoluzione, la prevalenza della formula di merito vale anche quando manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova che il fatto sussista o che l’imputato l’abbia commesso, che il fatto costituisca reato o che il reato sia stato commesso da persona non imputabile. Per lesentenze di non luogo a procedere, dovrebbe valere la stessa conclusione. La correzione degli errori materiali soccorre a deviazioni non gravi dell’atto dal suo schema tipico. La procedura opera in presenza di 3 presupposti: Anzitutto, ne sono oggetto solo le sentenze, le ordinanze e i decretidel giudice; L’errore deve consistere in una difformità tra il pensiero del giudice e la sua formulazione, mentre l’omissione deve riguardare un comando che discenda dalla legge; Infine, l’eliminazione dell’errore o dell’omissione non deve comportare una modificazione essenziale dell’atto. Competente a procedere alla correzione, anche d’ufficio, è il giudice autore dell’atto ma, quando viene proposta impugnazione, tocca al giudice ad quem, salvo dichiari inammissibile l’impugnazione stessa. Il procedimento si svolge in camera di consiglio, quindi l’ordinanza conclusiva del procedimento deve essere notificata per intero ed è ricorribile per cassazione, anche quando sia stata rigettata o dichiarata inammissibile la richiesta di correzione. L’ordinanza che dispone la correzione è poi annotata sull’originale dell’atto. Tale procedura non si applica quando la corte di cassazione omette di dichiarare nel dispositivo di annullamento parziale quali parti della sentenza diventano irrevocabili. In tal caso, all’omissione pone rimedio una ordinanza pronunciata d’ufficio, ovvero a seguito di domanda del giudice competente per il rinvio, del PM presso quel giudice o della parte privata interessata. La correzione degli errori materiali opera anche nel giudizio di cassazione. 11. I POTERI COERCITIVI Il giudice deve avvalersi innanzitutto della polizia giudiziaria e, solo se quest’ultima non sia in grado di provvedere, ricorrere alla forza pubblica. Tra gli atti che sono manifestazione del potere coercitivo, si colloca in una particolare posizione l’accompagnamento coattivo, che consiste in una restrizione della libertà personale ma che, allo stesso tempo, impone sempre una tempestiva restituzione della libertà personale medesima. L’accompagnamento coattivo deve essere preceduto, a seconda dei casi, da un avviso notificato o da un decreto di citazione rimasti senza effetto; esso può essere disposto in sede di incidente probatorio o nel dibattimento (con esclusione, pertanto, dell’udienza preliminare); suoi destinatari sono la persona sottoposta alle indagini, l’imputato e gli imputati in un procedimento connesso; suo scopo è l’assunzione di prove diverse dall’esame. L’accompagnamento coattivo è disposto con decreto motivato, la cui efficacia è limitata a 24 ore. L’accompagnamento coattivo può riguardare anche testimoni, periti, consulenti tecnici, interpreti e custodi di cose sequestrate, ma solo se omettono di comparire nel luogo e nel tempo stabiliti senza addurre un legittimo impedimento. Tali soggetti possono poi essere condannate ad una sanzione pecuniaria. 12. I PRINCIPI IN MATERIA DI DOCUMENTAZIONE DEGLI ATTI La documentazione consiste nel meccanismo attraverso il quale un atto viene inserito e conservato nella sequenza procedimentale, affinché giudice e parti possano controllarne la regolarità ed averne memoria ai fini delle decisioni che si dovranno adottare in primo grado. L’autore dell’atto documentato, di regola, non coincide con l’autore della documentazione. Infine, l’attività di documentazione produce come risultato un atto. 13. LE MODALITA’ DELLA DOCUMENTAZIONE L’art. 134.1 enuncia il principio generale per cui la documentazione degli atti del giudice si effettua mediante verbale, il quale ha una funzione rappresentativa e conservativa degli atti che si compiono nel procedimento. Al verbale redatto in forma riassuntiva si affianca quello redatto in forma integrale, la cui scelta è, di regola e salvi alcuni casi, rimessa al giudice. La scelta è indirizzata dal legislatore alla forma riassuntiva quando gli atti da verbalizzare hanno contenuto semplice o limitativa rilevanza, ovvero quando siano indisponibili strumenti di riproduzione o ausiliari tecnici. Nell’udienza preliminare, di regola, il verbale è redatto in forma riassuntiva, salvo che, su richiesta di parte, il giudice disponga la riproduzione fonografica o audiovisiva ovvero la redazione del verbale con la stenotipia. Nel dibattimento innanzi al tribunale monocratico, l’adozione del verbale in forma riassuntiva è rimessa alla concorde volontà delle parti, sempreche il giudice non ritenga necessaria la redazione in forma integrale. Tra i mezzi di riproduzione, il codice pone sullo stesso piano la stenotipia e ogni altro strumento meccanico e, in posizione subordinata, la scrittura manuale. Se tali modalità di documentazioni appaiono insufficienti, può essere aggiunta la riproduzione audiovisiva se assolutamente indispensabile. Nel redigere il verbale con la stenotipia o con altri mezzi meccanici, l’ausiliare del giudice, se sfornito delle necessarie competenze, può essere autorizzato a farsi assistere sia dal personale tecnico dell’amministrazione sia da personale esterno. Il contenuto dell’atto si sostanzia nella normale indicazione del giorno e del luogo, nonché nella menzione delle generalità delle persone intervenute e nell’indicazione delle cause della mancata presenza di coloro che sarebbero dovuti intervenire. L’ausiliario deve indicare quanto ha fatto o constatato, nonché quanto è avvenuto in sua presenza. Sotto il profilo dichiarativo, il pubblico ufficiale non solo deve menzionare le dichiarazioni da lui ricevute o da altro pubblico ufficiale che lo assiste, ma deve anche indicare in modo analitico tutti quegli elementi che possono influire sulla credibilità delle dichiarazioni stesse. La firma deve essere apposta alla fine di ogni foglio del verbale da parte del pubblico ufficiale che l’ha redatto, dal giudice e dalle persone intervenute. Se qualcuno degli intervenuti non vuole o non può sottoscrivere, deve esserne fatta menzione nel verbale indicandone imotivi. 14. LE TRASCRIZIONI E LE RIPRODUZIONI I nastri impressi con i caratteri della stenotipia sono trascritti in caratteri comuni non oltre il giorno successivo a quello in cui sono stati formati, ma ad oggi vi è la possibilità di procedere ad una trascrizione simultanea mediante computer. Tale termine è derogato per il verbale del dibattimento, che deve essere trascritto non oltre 3 gg. dalla sua formazione. Se chi ha impresso i nastri è impedito a svolgere l’operazione, il giudice affida latrascrizione ad altra persona idonea anche estranea all’amministrazione dello Stato. Le riproduzioni fonografiche e audiovisive sono trascritte a cura del personale tecnico giudiziario, ed anche tale compito può essere affidato a persone idonee estranee all’amministrazione dello Stato. Inoltre, se le parti vi consentono, il giudice può disporne l’omissione. Le registrazioni fonografiche e audiovisive, nonché le relative trascrizioni, sono poi incluse nel fascicolo del procedimento. partecipazione fisica dell’imputato, e sempreché il giudice, sentite le parti, lo ritenga opportuno. La partecipazione a distanza va disposta anteriormente all’inizio della prima udienza dibattimentale per evitare che essa si tenga con l’imputato presente e, al contempo, per rendere più agevole l’opera della difesa. In assenza del contraddittorio, il provvedimento assume forma di decreto motivato (non impugnabile) che deve essere comunicato al PM e notificato alle parti almeno 10 gg. prima della data fissata per l’udienza. Tale partecipazione può essere disposta anche nel corso dello svolgimento dell’udienza dibattimentale, ed in tal caso il provvedimento assume forma di ordinanza (impugnabile congiuntamente alla sentenza). L’equiparazione della postazione remota all’aula di udienza comporta che al presidente del collegio resta affidato il potere di direzione del dibattimento, ivi compreso quello di decidere sulle questioni relative alle modalità del collegamento audiovisivo, nonché il potere di disciplina dell’udienza. Incaricato di stare nella postazione remota è, di regola, un ausiliare abilitato ad assistere il giudice in udienza e designato dal giudice stesso o, in caso d’urgenza, dal presidente. Solo quando non si procede all’esame dell’imputato può essere designato un ufficiale della polizia giudiziaria, scelto tra coloro che non svolgono, ne hanno svolto attività d’investigazione o di protezione nei confronti dell’imputato. La scelta dipende anche dalle funzioni demandate all’ausiliario: infatti, egli è chiamato non solo ad ttestare l’identità dell’imputato, a dare atto dell’osservanza delle norme relative alle modalità del collegamento a distanza nonché della riservatezza delle consultazioni tra l’imputato ed i suoi difensori, ma anche a dare atto delle cautele adottate per assicurare la regolarità dell’esame con riferimento al luogo ove si trova. La documentazione delle dichiarazioni, richieste, eccezioni e quant’altro provenga dalle persone presenti nella postazione remota, confluirà necessariamente nel verbale tenuto dall’ausiliario del giudice che siede nell’aula di udienza. L’indagato, l’imputato o il condannato può nominare anche un secondo difensore per la partecipazione a distanza al processo penale, limitatamente agli atti che si compiono a distanza. Inoltre, il difensore il suo sostituto presenti nell’aula di udienza e l’imputato possono consultarsi riservatamente attraverso l’installazione di apposite linee telefoniche non intercettabili. La partecipazione a distanza dell’imputato è stata estesa anche ai procediment che si svolgono in camera di consiglio. 17. L’ESAME A DISTANZA Poiché spesso si registravano attentati all’incolumità dei testimoni, il legislatore ha introdotto l’esame a distanza. Il 1° comma dell’art. 147- ‐bis disp. att. Si occupa dell’esame di persone ammesse a programmi o a misure di protezione, anche di tipo urgente e provvisorio, riferendosi alle sole udienze dibattimentali, ma tale disciplina può ben essere estesa anche all’incidente probatorio. Per quanto riguarda il telesame, vi sono ipotesi in cuila sua adozione è discrezionale, ed altre in cui essa è tendenzialmente obbligatoria: Quella discrezionale, subordinata alla disponibilità di strumenti tecnici idonei, scatta a seguito di una determinazione che il giudice o il presidente del collegiopossono assumere anche d’ufficio, ma solo dopo aver sentito le parti. Qui l’adozione del telesame mira a realizzare obiettivi di semplificazione processuali rimessi ad una richiesta delle parti; Il telesame obbligatorio non può dirsi davvero tale; è cmq fatto salvo il caso in cui il giudice ritenga assolutamente necessaria la presenza della persona da esaminare. Tale ipotesi è riferita essenzialmente alla mancata disponibilità o al cattivo funzionamento momentaneo delle apparecchiature tecniche. Vi sono poi due regole speciali che valgono nel caso in cui nei confronti della persona sottoposta ad esame stato emesso il provvedimento di cambiamento delle generalità: Il telesame deve essere condotto sotto le precedenti generalità quando si procede per fatti anteriori al provvedimento che le ha cambiate; Inoltre, devono essere disposte le cautele idonee ad evitare che il volto della persona sia visibile. Per quanto attiene alle modalità di conduzione del telesame, il collegamento audiovisivo deve garantire la contestuale visibilità delle persone presenti nel luogo dove la persona sottoposta ad esame si trova. L’ausiliare del giudice ha il compito di documentare le operazioni effettuate, tra le quali spicca quella di dare atto delle cautele adottate per assicurare la regolarità dell’esame. Il telesame si converte in videoconferenza se la persona da esaminare deve essere assistita da un difensore. La partecipazione all’udienza dell’imputato detenuto all’estero, sempreché non possa essere trasferito in Italia, avviene tramite collegamento audiovisivo, in quanto previsto da accordi internazionali; inoltre, la partecipazione all’udienza di un testimone o di un perito che si trova all’estero, può avvenire a distanza secondo le modalità e i presupposti stabiliti in fonti internazionali. 18. LA TRADUZIONE DEGLI ATTI Per interprete si intende sia la persona che riproduce in lingua italiana o in lingua diversa dichiarazioni orali, sia la persona che svolge il medesimo compito nei confronti di atti o documenti scritti. Le ipotesi in cui bisogna ricorrere ad un interprete sono tipicizzate dall’art. 143 mediante una tripartizione: Infine, nei procedimenti per i delitti di strage, terrorismo e associazione mafiosa, al giudice è consentito avvalersi anche della polizia giudiziaria. Oggetto della notificazione è l’atto nella sua interezza, ma ragioni di economia, tempestività o riserbo hanno indotto, in casi tassativi, a prevedere la notificazione per estratto, cioè la riproduzione della sola parte essenziale dell’atto. L’ufficiale giudiziario provvede a formare un numero di copie dell’atto uguale a quello dei destinatari della notificazione. Stesso valore dell’originale hanno le copie dell’atto quando l’ufficio che lo ha emesso attesta, in calce ad esso, di aver trasmesso il testo originale. A tutela della riservatezza, se la notifica nonpuò essere eseguita a mani proprie del destinatario, l’ufficiale giudiziario e la polizia giudiziaria consegnano la copia dell’atto dopo averla inserita in una busta sigillata; tale prescrizione non vale però per le notificazioni al difensore o al domiciliatario. Acquista valore di notificazione la consegna di copia dell’atto all’interessato da parte della cancelleria, purché sull’originale sia annotata l’avvenuta consegna e la relativa data. Lalettura dei provvedimenti alle persone presenti e gli avvisi dati verbalmente dal giudice, o dal PM, agli interessati in loro presenza sostituiscono le notificazioni, purché ne venga fatta menzione nel verbale. Infine, sempre a protezione della riservatezza, le comunicazioni, gli avvisi ed ogni altro biglietto o invito consegnati non in busta chiusa ad una persona diversa dal destinatario devono recare solo le indicazioni strettamente necessarie. Nei casi d’urgenza, il giudice può disporre, anche su richiesta di parte, che le persone diverse dall’imputato siano convocate o avvisate a mezzo del telefono e a cura della cancelleria. Sull’originale dell’avviso o della convocazione sono annotati il numero telefonico chiamato, il nome, le funzioni o le mansioni svolte dalla persona che riceve la comunicazione, il suo rapporto col destinatario, il giorno e l’ora della telefonata. Alla comunicazione si procede poi chiamando il numero telefonico corrispondente all’abitazione, alla sede del lavoro abituale, alla dimora o al recapito della persona interessata; essa non ha effettose non è ricevuta dal destinatario ovvero da persona che convive anche temporaneamente col medesimo (ha effetto invece se la comunicazione è rilasciata sulla segreteria telefonica). La successiva comunicazione telegrafica per estratto integra poi una forma costitutiva di questo procedimento di notifica: quando, per qualunque causa, non è possibile far luogo alla notificazione a mezzo del telefono, soccorre quella eseguita per telegramma. In presenza di particolari circostanze è poi possibile ricorrere alla forma notificativa innominata a persona diversa dall’imputato, che si realizza ricorrendo a mezzi di comunicazione non tradizionali, purché, nell’apposito decreto motivato posto in calce all’atto, siano indicati il mezzo tecnico prescelto e le modalità ritenute necessarie per far conoscere l’atto al destinatario. Le notifiche di atti del PM, nel corso delle indagini preliminari, sono anzitutto eseguite dall’ufficiale giudiziario, mentre la polizia giudiziaria può provvedere nei soli casi di atti d’indagineo provvedimenti che la stessa è delegata a compiere o è tenuta ad eseguire. Nel caso delle notificazioni richieste dalle parti è consentito sostituire alle forme ordinarie l’invio di copia dell’atto effettuato dal difensore mediante raccomandata con ricevuta di ritorno, nel qual caso la notificazione può dirsi perfezionata con la ricezione della raccomandata secondo le regole fissate dall’ordinamento postale. Il difensore deve poi documentare la spedizione con il deposito in cancelleria della copia dell’atto inviato, l’attestazione della conformità all’originale e l’avviso di ricevimento. 21. LE NOTIFICAZIONI ALL’IMPUTATO Le notificazioni all’imputato detenuto in Italia devono essere eseguite preferibilmente mediante consegna a mani proprie nel luogo di detenzione, anche attraverso l’agente di custodia; modalità particolari sono invece predisposte per l’imputato legittimamente assente perché usufruisce del regime di semilibertà, semidetenzione, ecc.. Per quanto riguarda invece la prima notifica all’imputato libero, anch’essa deve essere preferibilmente eseguita mediante consegna di copia dell’atto a mani proprie, dovunque l’imputato si trovi. Se ciò non è possibile, la notificazione viene eseguita nell’abitazione o nel luogo in cui il soggetto esercita abitualmente la professione, consegnando la copia ad un convivente o al portiere. Qualora tali luoghi non siano conosciuti, la notificazione è eseguita dove l’imputato ha temporanea dimora o recapito. Il portiere sottoscrive l’originale dell’atto notificato, mentre l’ufficiale giudiziario dà notizia al destinatario dell’avvenuta notifica mediante raccomandata con ricevuta di ritorno. Copia dell’atto non può essere consegnata ad un minore di 14 anni o ad un incapace di intendere o di volere. La notificazione va poi rinnovata quando la copia viene consegnata alla persona offesa e risulta, o è probabile, che l’imputato non ha avuto effettiva conoscenza dell’atto notificato. Per tutelare la riservatezza, si prevede che, se la consegna è fatta nelle mani di persona diversa dal destinatario, il plico deve essere consegnato chiuso. Le notificazioni all’imputato militare in servizio attivo sono effettuate con consegna a mani proprie, altrimenti l’atto è notificato presso l’ufficio del comandante del corpo, il quale provvederà ad informare l’interessato annotando la data, l’ora e le modalità in apposito registro. Se la prima notificazione non va a buon fine, occorre unsecondo accesso per cercare l’imputato presso l’abitazione, la dimora, il recapito, ecc. Nella relazione di notifica vanno poi indicate le ore dei due accessi, il secondo dei quali deve avvenire in un giorno successivo e ad un orario diverso rispetto al primo. Come estrema ratio, l’atto viene depositato nella casa comunale dove abita l’imputato o, in subordine, o dove esercita abitualmente la sua attività lavorativa; allo stesso tempo, un avviso di deposito viene affisso sulla porta dell’abitazione o del luogo in cui esercita la professione. Del deposito l’ufficiale giudiziario dà comunicazione all’imputato mediante raccomandata con ricevuta di ritorno. Per le notificazioni all’imputato libero successive alla prima, se l’imputato ha nominato un difensore di fiducia, esse possono essere effettuate mediante consegna al suddetto, sempreché l’imputato non abbia dichiarato o eletto domicilio, ovvero il difensore non abbia dichiarato immediatamente all’autorità procedente di non accettare la notificazione. Per quanto riguarda le notificazioni all’imputato residente o dimorante all’estero vi sono 2 ipotesi: Se dagli atti risulta il luogo di residenza o di dimora all’estero, occorre inviare una raccomandata con ricevuta di ritorno contenente una sorta di informazione di garanzia, nonché l’invito a dichiarare o eleggere domicilio nel territorio dello Stato.Ove risulti che l’imputato non conosce la lingua italiana, l’invito deve essere tradotto nella lingua ufficiale dello Stato in cui l’imputato risulta essere nato. Se entro 30 gg. il soggetto non risponde all’invito, le notificazioni sono eseguite mediante consegna al difensore. La stessa disciplina vale anche nel caso in cui l’imputato si sia trasferito all’estero successivamente all’emissione del decreto di irreperibilità. Se, invece, il giudice o il PM non conoscono il luogo di residenza all’estero, devono disporre ricerche sia nel territorio dello Stato sia all’estero, nei limiti consentiti dalle Convenzioni internazionali. 22. L’IRREPERIBILITA’ ED I SUOI EFFETTI Condizione necessaria della dichiarazione di irreperibilità è l’impossibilità di eseguire la notificazione con le forme dettate per la prima notifica all’imputato non detenuto. In questo caso sorge, in capo al giudice o al PM, l’obbligo di disporre nuove ricerche, a cui provvede la polizia giudiziaria, che investono il luogo di nascita, l’ultima residenza anagrafica, l’ultima dimora, il luogo in cui il soggetto esercita la sua professione, nonché l’amministrazione carceraria centrale (ma tale elenco non è tassativo). copia dell’atto nella segreteria o nella cancelleria dell’autorità procedente, insieme con la relazione di notifica ed i documenti giustificativi. Per quanto riguarda la parte civile, le notificazioni sono eseguite presso il difensore nominato all’atto della costituzione, e la stessa regola vale per il responsabile civile ed il civilmente obbligato costituiti. Se costoro, invece, non si sono costituiti, permane l’obbligo di dichiarare o eleggere domicilio nel luogo in cui si procede, altrimenti le notificazioni sono eseguite mediante deposito in cancelleria. 25. LA RELAZIONE DI NOTIFICAZIONE E LE CAUSE DI NULLITA’ Nella relazione, scritta in calce all’originale ed alle singole copie notificate, l’ufficiale giudiziario indica il richiedente, le richieste effettuate, le generalità della persona a cui è stata consegnata la copia e, se la notificazione non è avvenuta a mani proprie, i rapporti tra destinatario e consegnatario, le funzioni svolte da quest’ultimo, il luogo e la data della consegna (la mancanza di tale requisito può dar luogo a responsabilità disciplinare); infine, appone la propria sottoscrizione per attestare la paternità dell’atto. La relazione non fa fede, sino a querela di falso, di quanto l’ufficiale attesti di aver fatto o di essere avvenuto in sua presenza: il giudice ne valuta liberamente il contenuto. Qualora vi sia un contrasto tra la relazione scritta sulla copia consegnata e quella sull’originale, per ciascun interessato valgono le attestazione contenute nella copia notificata. La notificazione produce effetto dal giorno della sua esecuzione, ma vi sono eccezioni: se il termine per impugnare decorre diversamente per l’imputato e per il suo difensore, vale per entrambi quello che scade per ultimo. Sono cause di nullità: L’atto notificato in modo incompleto, salvo sia consentito l’estratto; L’incertezza assoluta circa il richiedente e il destinatario; Il difetto della sottoscrizione di chi ha eseguito la notificazione; La violazione delle disposizioni sulla persona a cui la copia deve essere consegnata, secondo l’ordine prescritto; La mancanza dell’avvertimento, da parte del giudice o del direttore dell’istituto, nei casi previsti dall’art. 161 commi 1, 2 e 3, sempre che la notificazione sia stata eseguita mediante consegna al difensore; Dopo il deposito nella casa comunale, l’omessa affissione sulla porta dell’imputato o il mancato avviso di avvenuta notificazione con raccomandata con ricevuta di ritorno; La mancanza, sull’originale dell’atto notificato, della sottoscrizione del portiere; L’inosservanza delle modalità fissate dal giudice nel decreto con cui è stata disposta una forma particolare di notificazione, purché l’atto non sia giunto a conoscenza del destinatario. 26. LE REGOLE GENERALI IN MATERIA DI TERMINI I termini processuali assegnano dei limiti cronologici all’attività dei soggetti del procedimento o determinano la cessazione degli effetti dell’atto. Tra le varie classificazioni, importante è quella tra termini dilatori e acceleratori: I primi fanno sì che un atto non possa compiersi (o produrre effetti) prima che il relativo termine sia decorso; I secondi, invece, stabiliscono un termine per il compimento dell’atto o per il mantenimento della sua efficacia. I termini acceleratori, a loro volta, si distinguono in 2 classi: Sono ordinatori quelli le cui conseguenze sono prove di rilevanza di natura processuale, salvi eventuali riflessi disciplinari; Sono perentori quelli la cui scadenza comporta la perdita del potere di compiere l’atto al quale si riferiscono, oppure la cessazione degli effetti del medesimo. Di regola, l’inosservanza di tali termini è riportata alla sanzione della decadenza dal corrispondente potere, salva la restituzione nel termine scaduto. I termini sono computati a ore, giorni, mesi ed anni; la scadenza del termine in un giorno festivo comporta una proroga ex lege al giorno successivo. Talora il legislatore ricollega alla decadenza l’inammissibilità dell’atto realizzato a termine scaduto; talaltra l’inammissibilità si sostanzia in un vizio dell’atto, integrando una species del genus dell’invalidità. I termini stabiliti a pena di decadenza sono improrogabili, a meno di espresse previsioni legislative in senso diverso. Oltre alle proroghe che il Ministro della giustizia può accordare per eventi di carattere eccezionale, vanno menzionate la proroga dei termini delle indagini preliminari e la proroga dei termini della custodia cautelare, richieste dal PM al giudice. Tradizionale è poi l’abbreviazione del termine, chiesta o consentita dalla parte a favore della quale esso è stabilito, mediante dichiarazione ricevuta in cancelleria o nella segreteria dell’autorità procedente. Diversa dalla proroga è il prolungamento dei termini di comparizione, che scatta fin dal momento della fissazione del termine dilatorio ordinatorio, indipendentemente dal fatto che quest’ultimo sia o meno prorogabile. La mancanza anche di un solo elemento della fattispecie non dovrebbe consentire, in linea di principio, la produzione dei relativi effetti; tuttavia l’atto, anche quando le difformità sono rilevanti, quasi mai può dirsi del tutto inefficace. Infatti, ragioni di economia inducono il legislatore ad avvalersi del principio di conservazione degli atti imperfetti, per cui l’atto diviene idoneo a produrre effetti, anche se precari, in attesa di uno dei seguenti sbocchi: La sanatoria del vizio, che da vita ad un’altra fattispecie equivalente, dal punto di vista degli effetti, a quella viziata, ma integrata da uno o più fatti ulteriori, ai quali si da il nome dicause di sanatoria; La declaratoria d’invalidità dell’atto, che viene dichiarata dal giudice, la quale provoca l’eliminazione degli effetti dell’atto. Il titolo VII disciplina solo la nullità, salvo un unico riferimento all’inammissibilità, che riguarda gli atti di parte o di chi si fa parte. Oltre ai casi in cui l’inammissibilità discende dal compimento dell’atto nonostante la scadenza del relativo termine, spesso il vizio riguarda la forma della domanda o l’omissione di taluni contenuti della stessa. Essa, oggetto di autonomo motivo di ricorso per cassazione, è dichiarabile d’ufficio, in ogni stato e grado del procedimento. L’inutilizzabilità è, invece, talora richiamata con riferimento alla sanzione che consegue all’impiego dibattimentale di un atto delle indagini preliminari in sede probatoria, talvolta con riferimento aicasi di difformità rispetto ai criteri di ammissione oppure di assunzione della prova. Essa può essere rilevata in ogni stato e grado del giudizio, anche d’ufficio. 29. IL PRINCIPIO DI TASSATIVITA’ DELLE NULLITA’ E LA TECNICA DI PREVISIONE Le disposizioni in tema di nullità sono dominate dal principio di tassatività, dal quale discende una serie di corollari. All’interprete non solo non è consentito ricorrere all’integrazione analogica, ma neppure, una volta accertata la causa di nullità, valutare l’esistenzadi un conseguente pregiudizio effettivo. Un atto, anche se inficiato da violenza o minaccia è comunque processualmente valido; al massimo, gli interrogatori dell’imputato e le prove affette da vizi della volontà rientrano nell’ambito dell’inutilizzabilità. L’inesistenza giuridica comprende quei vizi tanto macroscopici da indurre il legislatore a non ipotizzarne neppure l’eventualità e all’interprete a negarne la collocazione tra gli atti giuridici. Essa genera un vizio non solo rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, ma anche oltre, in quanto la gravità del vizio è tale da impedire la formazione del giudicato. Nel caso dell’abnormità dei provvedimenti del giudice, l’atto è idoneo ad integrare lo schema normativo minimo, ma si caratterizza per il suo contenuto del tutto stemporaneo, sia sul piano strutturale che su quello funzionale. È soggetta agli ordinari termini di impugnazione e perde rilevanza a seguito della formazione del giudicato. Tra le nullità generali rientrano l’inosservanza di una serie di disposizioni riguardanti il giudice, il PM, l’imputato, le altre parti private, i loro difensori e rappresentanti, nonché la citazione a giudizio della persona offesa dal reato e del querelante. Infine vi sono le nullità speciali, stabilite da un’apposita previsione legislativa. 30. LE NULLITA’ ASSOLUTE Le nullità assolute si caratterizzano perché caratterizzate dall’insanabilità e dall’irrevocabilità del giudicato. Per quanto riguarda il giudice, è causa di nullità assoluta l’inosservanza delle disposizioni riguardanti le condizioni di capacità del giudice ed il numero dei giudici del collegio giudicante. Per quanto riguarda il PM, sono assolute le nullità relative all’iniziativa del medesimo nell’esercizio dell’azione penale. A tale ipotesi devono poi aggiungersi quelle dell’imputazione coatta e della contestazione in udienza del reato connesso o del fatto nuovo. Pertanto, si ha una nullità assoluta quando il giudice decide sul fatto nuovo emerso nell’udienza preliminare o nel corso dell’istruzione dibattimentale senza che lo stesso sia stato formalmente contestato dal PM, oppure quando il fatto descritto nell’imputazione viene sostituito con un altro fatto. Tra le nullità assolute si collocano anche le violazioni delle disposizioni sulla capacità e sulla legittimazione del rappresentante del PM, purché si riflettano sulla sua iniziativa nell’esercizio dell’azione penale. Per quanto attiene all’imputato, una nullità assoluta deriva dall’omessa o invalida citazione al dibattimento di primo grado, oppure tenuto a seguito di giudizio direttissimo instaurato nei confronti di imputato libero o di giudizio immediato, e al dibattimento di secondo grado. Quanto al difensore dell’imputato, è causa di nullità assoluta non solo la sua assenza dal dibattimento di primo e secondo grado, ma pure in ogni altro caso in cui è obbligatoria la sua presenza. 31. LE NULLITA’ INTERMEDIE Le nullità relative sono, al pari di quelle assolute, rilevabili anche d’ufficio, e, al pari di quelle generali, sanabili in un momento anteriore all’irrevocabilità della sentenza. Tali nullità non possono essere rilevate né dedotte se verificatesi prima del giudizio, dopo la deliberazione della sentenza di primo grado, o, se verificatesi nel giudizio, dopo la deliberazione della sentenza del grado successivo. Tra le nullità intermedie figura anzitutto l’inosservanza delle disposizioni sulla partecipazione del PM al procedimento, sempre che tale attività non riguardi l’iniziativa ad esercitare l’azione penale. Essa può poi riguardare l’inosservanza delle disposizioni circa: l’intervento, cioè le ipotesi di diretta e personale partecipazione dell’imputato al procedimento; l’assistenza, che riguarda le attività svolte dal difensore per far valere i diritti e gli interessi dell’imputato; la rappresentanza dell’imputato. 32. LE NULLITA’ RELATIVE Le nullità relative sono quelle non generali, oppure non definite come assolute da specifiche disposizioni di legge. L’interprete, posto innanzi ad una nullità a previsione speciale, dovrà innanzitutto ricondurre la fattispecie tra le nullità generali; andata bene l’operazione, dovrà accertare se essa rientra nell’ambito delle nullità assolute; qualora l’indagine dia esito negativo, dovrà inserire tale ipotesi tra le nullità intermedie. La peculiarità delle nullità relative sta poi nel fatto che esse devono essere dichiarate dal giudice solo su eccezione della parte interessata. Le nullità riguardanti le indagini preliminari o l’incidente probatorio o gli atti dell’udienza preliminare devono essere eccepite in termini distinti a secondache si tenga o meno l’udienza preliminare: Nel primo caso, devono essere eccepite anteriormente alla pronuncia del provvedimento conclusivo dell’udienza; Nel secondo, subito dopo aver compiuto per la prima volta l’accertamento della costituzione della parti in giudizio. Quest’ultimo termine vale anche per le nullità che riguardanti il decreto che dispone il giudizio o gli atti preliminari al dibattimento. Gli artt. 3 comma 1 e 9 comma 1 della l. n. 332/1995 hanno introdotto due fattispecie dinullità rilevabili anche d’ufficio: La prima riguarda l’indicazione delle esigenze cautelari quando vi sia pericolo per l’acquisizione delle prove; La seconda riguarda il contenuto dell’ordinanza che dispone la misura cautelare. 33. LA DEDUCIBILITA’ E LE SANATORIE a. Incominciando col far riferimento all’attività del giudice in sede di udienza preliminare, si dovranno osservare le disposizioni generali in tema di ammissione delle prove; La conclusione non è diversa anche con riguardo alle ipotesi in cui il giudice è chiamato ad intervenire nel corso delle indagini preliminari, nell’adempimento del suo compito di garanzia dei diritti e delle libertà fondamentali. Molto più delicato è il problema per quanto riguarda l’operatività delle disposizioni sulle prove rispetto alle indagini preliminari svolte dal PM. Se è vero che esse sono suscettibili, in alcuni casi, ad assurgere al livello di prova, non è pensabile che possano svolgersi al di fuori di ogni riferimento alla disciplina dettata in materia di attività probatoria, ovviamente entro i limiti consentiti dalla natura e dalla finalità delle stesse. Per quel che riguarda la disciplina dei mezzi di ricerca delle prove, non vi è dubbio che essa debba venire osservata dal PM; infatti, se le stesse non dovessero trovare applicazione nella fase preliminare al dibattimento, si lascerebbero all’arbitrio degli organi inquirenti i “casi” ed i “modi” di svolgimento delle corrispondenti attività. Lo stesso non può dirsi per la disciplina dei mezzi di prova dettata con riferimento al giudice, trattandosi di atti normalmente affidati alla sua gestione, in quanto destinati a sfociare in prove “formate” nel processo. Per sottolineare tali aspetti, nel codice la regolamentazione delle omologhe attività da parte del PM, all’interno delle indagini preliminari, presenta una sua specifica autonomia, tant’è vero che gli atti del PM corrispondenti a tali mezzi di prova sono stati definiti e regolati usando anche una differente nomenclatura. Sembra doversi concludere quindi che le norme relative ai diversi mezzi di prova non devono in linea di massima applicarsi nel corso delle indagini preliminari del PM, salvo che in alcune ipotesi da enuclearsi caso per caso. 3. L’OGGETTO DELLA PROVA Oggetto della prova sono, da un lato, i fatti che si riferiscono all’imputazione, dall’altro quelli concernenti la punibilità dell’imputato, nonché la determinazione della pena o della misura di sicurezza. Quando poi vi è costituzione di parte civile, il tema probatorio si allarga fino ad includere le questioni derivanti dall’esercizio dell’azione civile in sede penale. L’oggetto della prova è infine esteso ai fatti dai quali dipende l’applicazione di norme processuali. Occorre distinguere tra: Prove dirette, aventi per oggetto il fatto da provare; Prove indirette o prove indiziarie, che non hanno direttamente ad oggetto il fatto da provare, ma un altro fatto, dal quale il giudice potrà risalire al primo solo attraverso un’operazione mentale di tipo induttivo, fondata sulla logica o su massime di esperienza. Alla distinzione tra prove dirette e prove indirettea volte si fa corrispondere quella tra: Prove storiche, se il fatto da provare viene descritto o riprodotto immediatamente davanti al giudice; Prove critiche, se è necessario l’intervento di inferenza del giudice, sulla base di un itinerario logico- ‐critico. 4. PROVE ATIPICHE E GARANZIE PER LA LIBERTA’ MORALE DELLA PERSONA Quando si ha a che fare con una prova atipica, cioè non riconducibile a nessuna delle figure probatorie legislativamente predeterminate, spetta al giudice decidere, di volta in volta, se la medesima può entrare in sede processuale, in base ad una verifica subordinata a due distinte valutazioni: Da un lato, deve essere idonea ad assicurare l’accertamento deifatti; Dall’altro, non deve pregiudicare la libertà morale della persona, in quanto non possono essere utilizzati, neppure col consenso dell’interessato, tecniche o metodi probatori idonei ad influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare la capacità di ricordare e di valutare i fatti. Qualora tale tipo di prova venga ammessa, sarà ancora compito del giudice definire le modalità della sua assunzione, dopo aver sentito le parti. 5. DIRITTO ALLA PROVA E CRITERI DI AMMISSIONE L’art. 190 afferma il principio per cui le prove sono ammesse a richiesta di parte, imponendo al giudice di provvedere senza ritardo con ordinanza alla delibazione di ammissibilità. Si evince quindi che ildiritto alla prova riconosciuto alle parti si articola su 2 livelli: In primo luogo, come diritto a richiedere l’ammissione di talune prove, salve le ipotesi in cui è consentito al giudice un intervento d’ufficio; In secondo luogo, una volta adempiuto tale onere, come diritto ad ottenere la prova richiesta o, comunque, ad ottenere una tempestiva pronuncia sulla richiesta formulata. Tra le specificazioni del diritto alla prova, occorre ricordare il diritto dell’imputato ad ottenere l’ammissione delle prove a discarico sui fatti costituenti oggetto delle prove a carico, nonché quello del PM di ottenere l’ammissione delle prove a carico sui fatti costituenti oggetto delle prove a discarico (c.d. diritto di controprova). I mezzi di prova offrono al giudice dei risultati direttamente utilizzabili per la decisione; I mezzi di ricerca della provasono invece diretti a permette l’acquisizione di cose, tracce, notizie o dichiarazioni idonee ad assumere rilevanza probatoria. Incominciando dall’area dei mezzi di prova, occorre richiamare l’attenzione in primis sulla testimonianza. L’art. 195 riguardante la testimonianza indiretta: da un lato, sancisce l’inutilizzabilità della deposizione di chi non può o non vuole indicare la persona o la fonte da cui ha appreso la notizia al centro dell’esame testimoniale. Di qui deriva il divieto di acquisizione e di impiego delle notizie provenienti dagli informatori confidenziali, dei quali gli organi di polizia e dei servizi di sicurezza non hanno rivelato i nomi; dall’altro, prevede che, quando il testimone riferisce fatti o circostanze apprese da persone diverse, queste ultime non solo possono essere chiamate a deporre d’ufficio dal giudice, ma devono comunque esserlo su richiesta di parte, a pena di inutilizzabilità delle dichiarazioni. Qualora non venga avanzata alcuna richiesta, le dichiarazioni rese dal testimone indiretto saranno utilizzabili come una sorta di tacito consenso delle parti alla utilizzabilità dei contenuti della deposizione resa dal testimone “per sentito dire”. In capo agli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria vi è il divieto di deporre sul contenuto di dichiarazioni rese da testimoni, ma limitatamente alle dichiarazioni acquisite tramite sommarie informazioni, verbale di denuncia, querela e istanze presentate oralmente. Quindi, tale divieto opera quando, pur ricorrendone le condizioni, gli organi di polizia non hanno provveduto alla redazione del verbale. Al fine di assicurare sempre un controllo sulla fonte delle deposizioni di “seconda mano”, è esclusa la testimonianza dei soggetti che fanno riferimento a fatti conosciuti da persone titolari di un segreto professionale o d’ufficio, sempreché le medesime persone non abbiano deposto sugli stessi fatti, o non li abbiano divulgati in altro modo, manifestando in tal modo un comportamento incompatibile col mantenimento del vincolo di segretezza. Per quanto riguarda l’area dell’incompatibilità a testimoniare dell’imputato, essa è circoscritta in termini assoluti a chi è coimputato del medesimo reato o imputato in un procedimento connesso, sempreché nei suoi confronti non è già stata pronunciata sentenza irrevocabile di proscioglimento, ovvero di condanna o di applicazione della pena. A questa incompatibilità assoluta se ne affianca un’altra riferita alla situazione di chi è imputato per un reato commesso per eseguirne o occultarne altri, salvo che nei suoi confronti non è stata pronunciata sentenza irrevocabile di condanna, di proscioglimento o di applicazione della pena. Quest’ultima causa di incompatibilità non opera invece qualora l’imputato rende dichiarazioni su fatti che concernono la responsabilità di altri, nel qual caso assumerà, in ordine a tali fatti, l’ufficio di testimone. Le persone che, rivestendo la qualifica di imputato in un procedimento connesso o collegato, possono ricoprire l’ufficio di testimone, devono essere assistite da un difensore (di qui la formula di testimone assistito) che ha il diritto di presenziare all’esame dei testimoni, di formulare richieste osservazioni e riserve. Vi sono poi 2 ipotesi per le quali tale testimoneè esonerato dall’obbligo di deporre: sui fatti per i quali in giudizio è stata pronunciata a suo carico sentenza irrevocabile di condanna, allorché nello stesso procedimento egli aveva negato la propria responsabilità ovvero non aveva reso alcuna dichiarazione; b. sui fatti concernenti la propria responsabilità in ordine al reato per cui si procede o si è preceduto nei suoi confronti. Accanto a queste garanzie operanti ex ante ve n’è un’altra destinata ad operare ex post: tali dichiarazioni non possono essere utilizzate contro la persona da cui provengono non solo nel procedimento a suo carico, ove ancora in corso, ma nemmeno nell’eventuale procedimento di revisione della sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti. Infine, ai testimoni assistiti viene estesa la regola per cui le loro dichiarazioni , per assumere pieno valore probatorio, devono essere corroborate da altri elementi di prova che ne confermino l’attendibilità. Il testimone ha l’obbligo di presentarsi al giudice, di attenersi alle prescrizioni e di rispondere veridicamente; tuttavia, egli non può essere obbligato a deporre su fatti dai quali potrebbe emergere una sua responsabilità penale. Per quanto attiene alle deroghe all’obbligo di rispondere secondo verità, oltre alla possibilità per i prossimi congiunti di astenersi dal deporre, esse sono perlopiù riconducibili alla sfera dei segreti. Innanzitutto, gli esercenti taluni uffici o professioni possono astenersi dal deporre invocando il segreto professionale, salvo i casi in cui tali soggetti sono obbligati a riferire all’autorità giudiziaria le notizie conosciute per ragione del proprio ministero, ufficio o professione. Fermo restando che il giudice può ordinare che il testimone deponga tutte le volte in cui sia convinto dell’infondatezza della dichiarazione di segretezza opposta per esimersi dal deporre, unregime particolare è previsto per i giornalisti professionisti iscritti all’albo, relativamente ai nomi delle persone che abbiano fornito loro notizie in via fiduciaria. Entro tali limiti ad essi è estesa la normativa sul segreto professionale, ma il giudice può sempre obbligarli a rivelare l’identità di tali persone, qualora le suddette notizia siano indispensabili per la prova del reato, e la loro veridicità possa venire accertata solo attraverso l’identificazione della fonte fiduciaria. Disciplina analoga è estesa anche ai pubblici ufficiali, ai pubblici impiegati e agli incaricati di un pubblico servizio con riguardo al tema del segreto d’ufficio, anche se con la variante che ad essi compete l’obbligo di astenersi dal deporre su fatti conosciuti in ragione del loro ufficio che devono rimanere segreti. Un aspetto peculiare del segreto d’ufficio è rappresentato dalla prerogativa riconosciuta agli ufficiali e agli agenti di polizia giudiziaria, nonché agli appartenenti ai servizi di sicurezza, di non rivelare i nomi dei propri informatori confidenziali, senza alcuna possibilità per il giudice di obbligarli a fornire le relative indicazioni, fermo restando il divieto di acquisizione e di utilizzo processuale delle informazioni così pervenute. Qualora invece venga apposto un segreto di Stato, l’autorità giudiziaria ha l’obbligo di rivolgersi al presidente del Consiglio per chiedere conferma della sussistenza del segreto, sospendendo nel contempo ogni iniziativa volta ad acquisire la notizia oggetto del segreto. Dopo di che, qualora entro 30 gg. venga fornita la conferma, all’autorità giudiziaria sarà vietata l’acquisizione e l’utilizzazione delle notizie coperte dal segreto. Ovviamente, il processo potrà proseguire qualora il presidente del Consiglio neghi la sussistenza del segreto, o comunque no dia conferma entro 30 gg. dalla notificazione della richiesta. Nel caso in cui, a seguito della conferma della sussistenza del segreto di Stato, l’autorità giudiziaria sollevi un conflitto di attribuzione di fronte alla Corte costituzionale (alla quale il segreto di Stato non è opponibile): se il conflitto viene risolto nel senso dell’insussistenza del segreto, il presidente del Consiglio non può più opporlo con riferimento al medesimo oggetto, sicché il procedimento potrà proseguire; se, invece, il conflitto viene risolto nel senso della sussistenza del segreto, l’autorità giudiziaria non può né acquisire, né utilizzare gli atti o i documenti rispetto ai quali è stato opposto il segreto. L’art. 204 vieta che possano opporsi il segreto d’ufficio o quello di Stato su fatti, notizie e documenti riguardanti reati diretti all’eversione dell’ordinamento costituzionale, nonché i delitti di strage e associazione mafiosa, riservando in caso di opposizione al giudiceil compito di definire la natura del reato. Del provvedimento di rigetto dell’eventuale eccezione deve essere data comunicazione la presidente del Consiglio affinché possa prendere le opportune iniziative. Nella caso della testimonianza falsa o reticente, qualora nel corso dell’esame un testimone rende dichiarazioni contraddittorie, incomplete o contrastanti con le prove già acquisite, il giudice glielo fa notare avvertendolo, se del caso, dell’obbligo di dire la verità. Con la decisione che definisce la asef processuale in cui il testimone ha prestato il suo ufficio, il giudice, se ravvisa indizi del reato di falsa testimonianza, ne informa il PM trasmettendogli i relativi atti. carattere e la personalità dell’imputato, le forme di pericolosità sociale e le sue qualità psichiche indipendenti da cause patologiche. Può essere nominato perito solo il soggetto iscritto in appositi albi professionali, anche se non è escluso il ricorso ad altri esperti di particolare competenza; inoltre, il giudice può disporre una perizia collegiale quando le indagini e le valutazioni risultano di particolare complessità, ovvero quando le medesime richiedono distinte conoscenze in diverse discipline. Sono inoltre vietati i prelievi coattivi di sangue, ovvero di altri tessuti o materiali organici, anche quando necessari per lo svolgimento di una perizia. Tale divieto è però superato dall’attribuzione agli organi di polizia giudiziaria del potere di procedere anche coattivamente al prelievo di capelli o di saliva ai fini dell’individuazione dell’indagato. Una volta conferito l’incarico, con la formulazione dei relativi quesiti, per espletare il suo compito il perito può essere autorizzato ad assistere all’esame delle parti e all’assunzione di altre prove, nonché prendere visione degli atti e delle cose prodotti dalle parti nei limiti in cui i medesimi siano acquisibili al fascicolo dibattimentale. Inoltre, è consentito al perito di raccogliere notizie dall’imputato, dall’offeso o anche da altre persone. Per quanto attiene alla relazione finale della perizia, una novità è rappresentata dalla previsione secondo la quale il perito deve rispondere immediatamente ai quesiti propostigli in forma orale, mediante parere raccolto nel verbale, salvo quando il giudice autorizzi la presentazione di una relazione scritta, quando la stessa risulta indispensabile ad illustrare tale parere. Qualora il perito non sia in grado di fornire una risposta immediata, e sempreché il giudice non ritenga di sostituirlo, è prevista la concessione di un termine, non superiore a 90 gg. (ma prorogabile fino a 6 mesi nei casi di accertamenti di particolare complessità) entro il quale dovrà essere fornito il prescritto parere. Sia il PM che le parti private possono poi nominare, in numero non superiore a quello dei periti, dei consulenti tecnici, che sono autorizzati a partecipare a tutte le operazioni peritali, non solo formulando osservazioni e riserve, ma anche proponendo al perito lo svolgimento di specifiche indagini. Essi possono sempre prendere visione delle relazioni ed essere autorizzati ad esaminare le persone, le cose o i luoghi oggetto della perizia, purché non ne derivi ritardo all’esecuzione della perizia. I consulenti possono essere nominati anche qualora non sia stata disposta perizia, nel qual caso essi possono esporre al giudice il proprio parere su singole questioni. Qualora successivamente alla nomina del consulente il giudice decidesse di disporre la perizia, al consulente sono riconosciuti i diritti e le facoltà ordinariamente previsti. Qualora, invece, la perizia non venisse disposta, il consulente tecnico può svolgere di sua iniziativa le indagini e gli accertamenti in base alla disponibilitàdelle persone, delle cose o dei luoghi oggetto della consulenza. 12. LA PROVA DOCUMENTALE Per prova documentale si intende ogni cosa idonea a rappresentare fatti, persone o cose attraverso la fotografia, la cinematografia, la fonografia e qualsiasi altro mezzo. Mentre è esclusa la possibilità di acquisire documenti concernenti le voci correnti nel pubblico intorno ai fatti, ovvero la moralità delle parti e dei testimoni, è invece ammessa l’acquisizione dei documenti necessari al giudizio sulla personalità dell’imputato e della persona offesa dal reato, compresi quelli esistenti presso gli uffici pubblici di servizio sociale e gli uffici di sorveglianza. I documenti costituenti corpo del reato devono essere acquisiti qualunque sia la persona che li ha formati o li detiene, mentre i documenti provenienti dall’imputato possono sempre essere acquisiti anche d’ufficio, anche se si tratta di documenti sequestrati presso altri o da altri prodotti. La provenienza dei documenti deve essere verificata sottoponendoli per il riconoscimento alle parti private e ai testimoni, mentre i documenti contenenti dichiarazioni anonime non possono essere acquisiti ne utilizzati, a meno che non si tratti di corpo del reato o provenienti dall’imputato. I documenti concernenti dati e contenuti di conversazioni o comunicazioni, relativi al traffico telefonico e telematico, illegalmente formati o acquisiti, nonché i documenti formati attraverso la raccolta illegale di informazioni, devono essere secretati e custoditi in un luogo protetto dal PM, e il loro contenuto non può essere utilizzato se non come notizia di reato. Inoltre, il PM deve chiedere al gip, in termini molto brevi, la distruzione di tale materiale. Per quanto riguarda l’ipotesi di falsità dei documenti, a parte il caso in cui la stessa venga accertata e dichiarata con la sentenza di condanna o di proscioglimento, il giudice, qualora ritenga falso uno dei documenti acquisiti, dopo la definizione del procedimento deve informare il PM, trasmettendogli copia del documento. L’acquisizione dei verbali di prove di altri procedimenti penali è ammessa solo quando si tratta di prove assunte nell’incidente probatorio o nel dibattimento; ove si tratti di verbali recanti dichiarazioni, essi sono utilizzabili soltanto contro gli imputati i cui difensori abbiano partecipato alla loro assunzione, ovvero nei cui confronti fa stato la sentenza civile. Inoltre, è sempre ammessa l’acquisizione della documentazione di atti compiuti nel corso di altri procedimenti penali, i quali, anche per cause sopravvenute,non sono ripetibili. 14. IL SEQUESTRO Oggetto del sequestro sono il corpo del reato (cioè le cose sulle quali o mediante le quali è stato commesso il reato, nonché quelle che ne costituiscono il profitto, il prodotto o il prezzo) e le cose pertinenti al reato necessarie per l’accertamento dei fatti. Si tratta delle stesse cose per la cui ricerca può essere disposta la perquisizione, per cui si instaura un rapporto di logica consequenzialità tra perquisizione e sequestro, pur potendo accadere che quest’ultimo non sia preceduto dal primo. Sotto il profilo procedurale, occorre un decreto motivato ad opera dell’autorità procedente, la quale può procedere all’atto sia di persona, sia per mezzo di un ufficiale di polizia delegato. Cominciando col sequestro di corrispondenza, presso gli uffici postali può essere sequestrato ogni oggetto presumibilmente spedito all’imputato, o a lui diretto (esclusa la corrispondenza tra imputato e difensore), o che comunque può avere relazione con il reato. Ove successivamente si accerti l’estraneità delle carte e dei documenti sequestrati all’ambito della corrispondenza suscettibile di sequestro, se ne impone l’immediata restituzione all’avente diritto. Passando al sequestro presso istituti bancari, possono essere sequestrati documenti, titoli, valori ed ogni altra cosa, quando si ha fondato motivo di ritenere la loro pertinenza al reato. La normativa dei rapporti tra sequestro e segreto ricalca quella dettata a proposito dei rapporti tra testimonianza e segreti, mentre una disciplina particolare è stata dettata per l’acquisizione di documenti presso le sedi dei servizi d’informazione per la sicurezza , nel caso in cui dai responsabili dei relativi uffici non venga eccepito il segreto di Stato. In tal caso si prevede che l’autorità giudiziaria, dopo aver proceduto all’esame sul posto dei suddetti documenti, e dopo aver acquisito solo quelli indispensabili alle indagini, possa rivolgersi al presidente del Consiglio ove ritenga che i documenti esibiti non siano quelli richiesti, o siano incompleti. Qualora, invece, il responsabile dell’ufficio eccepisca il segreto di Stato, l’esame e la consegna dei documenti deve essere sospesa, affinché gli stessi siano trasmessi al presidente del Consiglio. Quest’ultimo potrà poi autorizzare l’acquisizione dei documenti ovvero confermare il segreto. Qualora il presidente non si pronunci entro 30 gg. dalla trasmissione, l’autorità giudiziaria potrà procedere all’acquisizione. Allo stesso presidente dovrà invece necessariamente rivolgersi l’autorità giudiziaria quando intende acquisire un documento originato da un organismo informativo estero e trasmesso con vincolo di non divulgazione, essendo in tal caso prevista la sospensione dell’esame e della consegna, nell’attesa che il presidente del Consiglio autorizzi l’acquisizione del documento, ovvero opponga il segreto di Stato, entro 60 gg. L’estinzione del vincolo imposto col sequestro e, quindi, la restituzione delle cose ad esso assoggettate, dipendono dal venir meno delle esigenze probatorie che avevano determinato il provvedimento. In particolare, quando non è più necessario mantenere il sequestro ai fini della prova, le cose devono essere restituite a chi ne abbia il diritto, anche prima della sentenza. Tuttavia, il giudice può disporre il mantenimento del vincolo a titolo di sequestro conservativo o di sequestro preventivo, qualora sussistano i presupposti cautelari richiesti per l’una o per l’altra misura. 15. LE INTERCETTAZIONI DI CONVERSAZIONI O DI COMUNICAZIONI L’intercettazioni di conversazioni e di comunicazioni può essere disposta dal PM solo a seguito di autorizzazione da parte del gip, il quale vi provvederà con decreto motivato quando, in presenza digravi indizi di reato, l’intercettazione risulti assolutamente indispensabile per la prosecuzione delle indagini. Tuttavia, nei casi d’urgenza, l’iniziativa di disporre l’intercettazione può essere assunta direttamente dal PM con decreto motivato, da convalidarsi entro 48 ore ad opera del gip mediante un proprio decreto; nel caso di mancata tempestiva convalida, l’intercettazione non potrà essere eseguita,ed i risultati eventualmente già ottenuti non potranno essere utilizzati. Recentemente, le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno escluso la necessità di estendere all’acquisizione dei tabulati telefonici le garanzie dettate in tema di intercettazioni telefoniche, in quanto in quel caso ci si limita ad acquisire la documentazione del fatto storico consistente nelle conversazioni intercorse tra determinati soggetti in determinate circostanze. I dati relativi a tale traffico devono essere conservati dal fornitore del servizio per 24 mesi per finalità di accertamento e repressione dei reati, mentre, per le medesime finalità, il termine di conservazione dei dati relativi al traffico telematico è fissato in 12 mesi, e soltanto in 30 gg. per i dati concernenti le “chiamate senza risposta”. Entro tali termini, tali dati possono essere acquisiti dal PM, con decreto motivato, anche su istanza dei difensori delle parti private. Tuttavia, anche il difensore dell’imputato, in sede di indagini difensive, può richiedere direttamente al fornitore i dati relativi alle utenze intestate al proprio assistito. Per quanto riguarda gli aspetti esecutivi delle intercettazioni, il decreto del PM deve innanzitutto stabilire le modalità e la durata delle corrispondenti operazioni. A quest’ultimo proposito, esse non possono durare per oltre 15 gg. (prorogabili dal giudice, con decreto motivato, per periodi successivi di 15 gg.) e devono essere eseguite personalmente dal PM o da un ufficiale di polizia giudiziaria. Con riferimento alle indagini relative ai delitti di criminalità organizzata, di minaccia col telefono e di natura terroristica, si è stabilito che, quando l’intercettazione risulti necessaria, essa possa venire autorizzata dal giudice anche solo in presenza di sufficienti indizi di reato. Le operazioni così autorizzate non possono di regola superare i 40 gg. prorogabili, con decreto motivato, dal giudice (o, nei casi d’urgenza, direttamente dal PM), per periodi successivi di 20 gg. Tornando alla normativa ordinaria, il PM ha l’obbligo di annotare in un appositoregistro riservato, secondo il loro ordine cronologico, tutti i decreti che abbiano disposto, autorizzato, convalidato ovvero prorogato le intercettazioni, nonché i tempi di inizio e di conclusione delle operazioni. Inoltre, è previsto che queste ultime devono avvenire solamente attraverso degli impianti installati nella procura della Repubblica presso il tribunale, anche se, in caso di insufficienza o di inidoneità dei medesimi, il PM può autorizzare con decreto motivato l’uso degli impianti pubblico servizio, ovvero di quelli in dotazione alla polizia giudiziaria, qualora sussistano eccezionali ragioni d’urgenza. Nel caso invece di intercettazioni informatiche o telematiche, può essere autorizzato anche l’impiego di impianti appartenenti a privati. Le comunicazioni intercettate devono essere sempre registrate, e nel relativo verbale deve essere trascritto, anche sommariamente, il loro contenuto. I verbali e le registrazioni devono quindi essere immediatamente trasmesse al PM e poi depositate in segreteria entro 5 gg. dalla conclusione delle operazioni. Dopo tale deposito, i difensori delle parti devono essere avvisati della facoltà di esaminare gli atti, nonché di prendere conoscenza delle registrazioni depositate, entro il termine fissato dal PM ed eventualmente prorogato dal giudice. In tal modo, vengono poste le premesse per realizzare il contraddittorio tra il PM e i difensori e per la selezione del materiale, un procedimento quest’ultimo che dovrebbe svolgersi entro (o subito dopo) la chiusura delle indagini preliminari, e nell’ambito di un’apposita udienza camerale. Scaduto il termine riservato ai difensori per prendere conoscenza degli atti, il gip dispone, su richiesta di parte, l’acquisizione delle conversazioni e delle comunicazioni indicate dalle parti stesse, che non appaiano manifestamente irrilevanti. Lo stesso giudice procede poi allo stralcio delle registrazioni e dei verbali relativi alle intercettazioni di cui è vietata l’utilizzazione. A questo punto, il giudice provvede per la trascrizione integrale delle registrazioni destinate ad essere acquisite, salva la facoltà dei difensori di estrarre copia delle trascrizioni e di trasporre le medesime registrazioni su nastro: le trascrizioni così ottenute sono inserite nel fascicolo del dibattimento. I verbali e le registrazioni delle intercettazioni non acquisiti devono essere conservati integralmente presso il PM fino al passaggio in giudicato della sentenza. Tuttavia, quando la relativa documentazione non è necessaria per il procedimento, gli interessati possono chiederne al giudice ladistruzione, il quale provvede in camera di consiglio.
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