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Compendio di Procedura Penale, Conso - Grevi, Appunti di Diritto Processuale Penale

Riassunto completo dell'ottava edizione

Tipologia: Appunti

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Scarica Compendio di Procedura Penale, Conso - Grevi e più Appunti in PDF di Diritto Processuale Penale solo su Docsity! COMPENDIO DI PROCEDURA PENALE – G. Conso e V. Grevi Cap. 1 – I SOGGETTI Il codice odierno è suddiviso in una parte statica (libri I – IV) e in una dinamica (V – XI) che si occupa dello sviluppo del processo dal momento di acquisizione della notizia di reato. E’ opportuno distinguere tra: • Soggetto • Parte: chi vanta il diritto ad una decisione giurisdizionale in rapporto ad una pretesa da fare valere nel processo. Non a tutti i soggetti spetta tale qualifica di parte (non il giudice, la polizia giudiziaria…) IL GIUDICE La giurisdizione penale: Art. 102 C.: attribuisce la funzione giurisdizionale a magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario. Art. 1 c.p.p.: La giurisdizione penale è esercitata dai giudici previsti dalle leggi di ordinamento giudiziario secondo le norme di questo codice. Quindi soltanto il giudice (non qualsiasi magistrato, quindi non il p.m.), può essere titolare di funzioni giurisdizionali penali. La qualità di giudice viene assunta con un atto di investitura che è regolato dalla legge. Le disposizioni su capacità e numero dei giudici: - Art. 178, comma 1, lett. a c.p.p.: devono essere rispettate, a pena di nullità, le disposizioni circa le condizioni di capacità del giudice e il numero di giudici per costituire un collegio stabilito dalle leggi. All’art. 33 c.p.p.: si stabilisce semplicemente che le condizioni e il numero sono decisi dalle leggi. Nei commi successivi si individuano ipotesi che sono irrilevanti e quindi che non rientrano nel raggio d’azione dell’art. 178, 1, lett. a. Non si considerano attinenti alla capacità del giudice (comma 2), le disposizioni sulla: destinazioni agli uffici, formazione del collegio, assegnazione dei processi a collegi, sezioni, giudici. Con riguardo all’assegnazione, essa più che la capacità, riguarda la distribuzione delle cause, e le leggi prevedono risultati di trasparenza: è operata dal dirigente dell’ufficio alle singole sezioni, e dal presidente di queste ai collegi o giudici sulla base di criteri obiettivi e predeterminati. In caso di revoca dell’assegnazione, copia motivata di tale atto deve essere consegnata al giudice interessato e al presidente della sezione. Si considerano riguardanti la capacità del giudice: - Il caso in cui il soggetto non sia investito del potere giurisdizionale. Gli atti in sostanza sono inesistenti perché posti in essere da un non-iudex. - La qualifica richiesta per l’esercizio delle funzioni che è chiamato a svolgere (es: la corte d’assise deve essere presieduta da un magistrato che abbia qualifica NON inferiore ad uno d’appello). Per la formazione dei collegi: il mancato rispetto del numero, genera una nullità assoluta. Lo stesso trattamento per le regole relative alle supplenze e applicazioni. - Il caso in cui il soggetto non sia investito del potere giurisdizionale (es: mancato conferimento delle funzioni giudiziarie). Gli atti in sostanza sono inesistenti perché posti in essere da un non-iudex. - La qualifica richiesta per l’esercizio delle funzioni giurisdizionali che è chiamato a svolgere (es: la corte d’assise deve essere presieduta da un magistrato che abbia qualifica NON inferiore ad uno d’appello). (comma 3): Non si considerano riguardanti la capacità del giudice o il numero necessario per costituire l’organo giudicante, le disposizioni sull’attribuzione degli affari al tribunale collegiale o monocratico. L’ufficio del pretore è stato soppresso, mentre al tribunale è data possibilità di giudicare in due diverse composizioni: COMPOSIZIONE MONOCRATICA COMPOSIZIONE COLLEGIALE La figura del giudice e le sue sottocategorie: • GIUDICI STRAORDINARI (istituiti dopo il fatto da giudicare) • GIUDICI SPECIALI (figure estranee alla legge di ord. Giud.) • GIUDICI ORDINARI (traggono legittimazione dalla legge di ord. Giud.) La LEGGE VIETA l’istituzione di giudici straordinari e speciali ma ammette quella di GIUDICI SPECIALIZZATI (es: tribunale per i minorenni). Solo due giudici speciali sono esclusi dal divieto: i tribunali militari e la Corte Costituzionale nella sua particolare composizione con riferimento alle accuse contro il P.d.R. IL GIUDICE ORDINARIO RICOMPRENDE: • Giudice di pace: giudice onorario e monocratico. Si contrappone a quello professionale. • Giudice per le indagini preliminari (G.i.p.): monocratico. • Giudice dell’udienza preliminare (G.u.p.): monocratico. Dopo talune innovazioni, questi deve essere diverso da colui che ha svolto le funzioni di G.i.p. Sia per il G.i.p. che il G.u.p., per elevare la loro qualificazione professionale, è previsto che essi debbano avere svolto per almeno due anni la funzione di giudice del dibattimento o quella di g.u.p. Al fine di creare le condizioni per la loro terzietà, è stata fissata la regola della temporaneità delle funzioni: periodo prorogabile se alla scadenza, il giudice stia compiendo un atto, fino alla fine della attività. Le regole viste possono essere derogate solamente per: imprescindibili e prevalenti esigenze di servizio. • Tribunale ordinario: a seconda della gravità del reato o della sue caratteristiche giudice in composizione monocratica oppure collegiale. • Corte d’assise: giudice collegiale, composto da otto magistrati, di cui due togati (professionali, appartenenti all’ord. Giud. come magistrati di carriera) e sei laici (c.d. giudici popolari, che solo temporaneamente fanno parte dell’ord. Giud. e sono scelti tra i cittadini in possesso di determinati requisiti). • Corte d’appello: giudice collegiale, composto da tre magistrati. • Corte d’assise d’appello: composizione mista (due togati, sei laici). • Magistrato di sorveglianza: monocratico. • Tribunale di sorveglianza: collegiale, 4 magistrati (due laici, due togati). • Al vertice di questa piramide: la CORTE DI CASSAZIONE, anche detta giudice di legittimità. Divisa in sette sezioni, composte di cinque componenti, che diventano nove quando essa decide a Sezioni Unite. Sono chiamati all’ufficio di consigliere di tale corte: per meriti insigni, professori universitari in materie giuridiche e avvocati con almeno 15 anni d’esercizio e iscritti agli albi speciali per le giurisdizioni superiori. • Giudici minorili: giudici ordinari specializzati. La giurisdizione penale: AUTOSUFFICIENTE (ha cognizione autonoma su tutte le questioni strumentali alla pronuncia finale). Il giudice ha il dovere di risolvere ogni questione che sia antecedente logico-giuridico della decisione di cui è investito. Quella con cui viene risolta tale questione è una pronuncia incidentale: che può avere natura civile, amministrativa o penale. E’ stata prevista una clausola di salvezza: salvo che sia diversamente stabilito, per prevedere delle eccezioni alla regola. Tali deroghe sono: • Controversia sulla proprietà di cose sequestrate o confiscate: si devolve la questione al giudice civile. • Le questioni pregiudiziali relative allo stato di famiglia o cittadinanza. Il giudice penale può sospendere il processo se ricorrono tre condizioni: - Deve sussistere un rapporto di pregiudizialità tra tale questione e la decisione penale - La questione pregiudiziale deve essere seria e non manifestatamente infondata o artificiosa - Deve essere già stata proposta l’azione a norma delle leggi civili (o amministrative) La sospensione è disposta con ordinanza, ricorribile in Cassazione. Finchè dura è ammesso solo il compimento di atti urgenti. Alla sentenza intervenuta è riconosciuta efficacia di giudicato. Se poi la decisione extrapenale arriva dopo la chiusura del processo penale, ed esso sconfessi il risultato della decisione penale, si potrà intraprendere la strada della revisione. • Art. 479 c.p.p.: la controversia verte su una qualsiasi altra questione di competenza del giudice civile o amministrativo. La sospensione sembrerebbe poter intervenire solo nel dibattimento, e lo si desume dai requisiti: - La risoluzione deve condizionare la decisione sull’esistenza del reato - La controversia deve risultare di particolare complessità - Deve essere già in corso il procedimento presso il giudice civile o amministrativo - La legge civile o amministrativa non deve porre limitazioni alla prova della situazione soggettiva controversa Anche qui la sospensione è disposta con ordinanza ricorribile (come sopra). L’impugnazione NON ha effetto sospensivo. Oggi al tribunale collegiale sono devoluti i delitti puniti con la reclusione superiore nel massimo a 10 anni (anche nelle ipotesi di tentativo). Il limite dei 10 anni va calcolato secondo le regole dell’art. 4. • Criterio qualitativo: implica alcune deroghe… - sono sottratti al tribunale collegiale alcuni delitti puniti con la reclusione superiore a 10 anni: (t.u. sui) delitti in materia di stupefacenti (salvo quando siano contestate alcune specifiche aggravanti: come la destinazione delle sostanze psicotrope ad un minore). - gli vengono attribuiti delitti che in base al criterio quantitativo sarebbero di competenza del tribunale monocratico: l’elenco è previsto all’art. 33 bis. Esempi: associazione per delinquere, associazione di stampo mafioso, alterazioni o contraffazioni di sostanze alimentari, illecita concorrenza con minaccia o violenza, pornografia minorile, prostituzione minorile, atti sessuali con minorenne…). • Le attribuzioni al tribunale in composizione monocratica: vale la regola della COMPLEMENTARIETA’: oltre che sui delitti previsti dal t.u. in materia di stupefacenti, giudica sui reati che non sono attribuiti al tribunale collegiale (es: guida in stato di ebbrezza). Nel caso ci sia una connessione: si applicano le disposizioni relative al procedimento davanti giudice collegiale, a cui sono attribuiti i procedimenti connessi. LA RIUNIONE e la SEPARAZIONE: sono adottati con un’ordinanza. Istituiti che operano a partire dal momento in cui il procedimento si è evoluto in processo. La riunione dei processi produce la trattazione congiunta di processi che prima pendevano davanti a dei giudici diversi. I presupposti della riunione: - pendenza davanti al medesimo ufficio dei processi da riunire - sviluppo omogeneo dei processi (stesso stato e grado) - prognosi negativa circa un possibile ritardo nella definizione delle singole vicende processuali - sussistenza di uno dei casi tassativamente indicati dalla legge: > quando siano connessi a norma dell’art. 12 > relativi a reati dei quali taluni sono stati commessi in occasione di altri, o per conseguirne/assicurarne al colpevole o altri il profitto, prezzo, prodotto o l’impunità > sono commessi da più persone in danno reciproco le une delle altre > la prova di un reato o una sua circostanza influisce sulla prova di un altro reato o circostanza Qualora venga esclusa la sussistenza di un pregiudizio in termini di ritardo per la definizione dei processi, LA RIUNIONE E’ UN ATTO DOVUTO. Negli stessi casi e alle stesse condizioni per cui si procede alla riunione, si stabilisce che se alcuni processi pendono davanti alle due diverse composizioni dello stesso tribunale: si dispone l’accorpamento in capo al tribunale collegiale. Speculare è l’istituto della SEPARAZIONE: - ipotesi accomunate dal fatto che per alcuni imputati o imputazioni si è in una situazione di attesa, mentre per altri è possibile l’immediata trattazione. - se è disposta la sospensione del procedimento - in seguito “all’incolpevole” assenza nel dibattimento di un imputato o del difensore, bisogna rinnovare a favore dell’uno o l‘altro la citazione - il processo ha come protagonisti uno o più imputati chiamati a rispondere per reati di particolare gravità: se essi sono prossimi ad essere rimessi in libertà per la scadenza dei termini massimi di custodia cautelare. La separazione è esclusa se il giudice ritiene che la riunione sia assolutamente necessaria. Al di fuori, essa può essere disposta da un accordo delle parti, sempre che il giudice lo ritenga utile per la speditezza. LA VERIFICA DELLA GIURIDIZIONE E COMPETENZA: artt. 20 e 21 1) Difetto di giurisdizione: rilevato, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del procedimento. Se è rilevato durante le indagini preliminari, si provvede con ordinanza e il giudice dispone la restituzione degli atti al p.m. Dopo la chiusura delle indagini preliminari, il giudice decide con sentenza e ordina che gli atti siano trasmessi all’autorità competente. 2) Incompetenza: > per materia: è la più grave. Può essere rilevata, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del processo. Due deroghe a tale regime: 1) incompetenza per eccesso (un giudice conosce di una questione che compete a quella del giudice inferiore): l’incompetenza va rilevata o eccepita entro il termine dell’art. 491, comma 1. 2) Incompetenza per materia derivante da connessione: deve essere rilevata o eccepita entro i termini dell’art. 491, comma 1. Questa ipotesi deve essere riferita alla situazione in cui ritenuta erroneamente sussistente una connessione, la corte d’assise giudichi anche in merito ad un reato di competenza del tribunale (nel caso contrario vige la normale previsione priva di deroghe). >per territorio e per connessione: deve essere eccepita, a pena di decadenza, prima della conclusione dell’udienza preliminare o se manca o l’eccezione viene respinta, entro il termine previsto dall’art. 491, comma 1 (cioè subito dopo compiuto per la prima volta l’accertamento della costituzione delle parti). Forma ed effetti del provvedimento con cui si dichiara l’incompetenza (artt. 22-25): > indagini preliminari: ordinanza > dopo la chiusura delle indagini – sede di dibattimento di primo grado: appello > grado d’appello: se si rileva che su un reato di competenza della corte d’assise ha giudicato il tribunale o in uno del tribunale il giudice di pace, pronuncia l‘annullamento e ordina la trasmissione degli atti al p.m. presso il giudice di primo grado. Nell’ipotesi inversa il giudice pronuncia nel merito. In caso di incompetenza per territorio o connessione: pronuncia di annullamento del giudice d’appello e trasmissione degli atti al p.m. presso il giudice di primo grado e al giudice. Serve però in questo caso che l’incompetenza sia stata denunciata con i motivi d’appello, altrimenti il giudice d’appelli pronuncia nel merito. > Nel giudizio davanti alla Cassazione: deve dichiarare anche d’ufficio l’incompetenza per materia se il tribunale ha giudicato al posto della corte d’assise. Può decidere anche dell’incompetenza per territorio o connessione: se l’eccezione è stata sollevata in primo grado, proposta nei motivi d’appello e anche in quelli del ricorso. La decisione sulla competenza e sulla giurisdizione della cassazione è vincolante e può essere superare nella sola ipotesi in cui risultino fatti nuovi che incidendo nel nomen delicti implichino la modificazione della giurisdizione o la competenza del giudice superiore. Il principio della conservazione degli atti assunti dal giudice incompetente: • Art. 26: Il mancato rispetto delle norme sulla competenza NON determina l’inefficacia delle prove acquisite (tranne le dichiarazioni rese al giudice incompetente per materia che, se ripetibili, possono essere utilizzare solo in sede di udienza preliminare e per le contestazioni). • Art. 27: Le misure cautelari disposte dal giudice incompetente cessano di avere efficacia se entro 20 giorni dalla trasmissione degli atti non sono conformate dal giudice competente. CONFLITTI TRA GIUDICI: artt. 28-32 Comma 1°: Situazione in cui due o più giudici contemporaneamente prendono (o rifiutano di prendere) Cognizione del medesimo fatto, attribuito alla stessa persona. Tale conflitto può essere di giurisdizione o di competenza. Escluso il conflitto tra g.u.p. e g. del dibattimento: prevale sempre la decisione dell’ultimo. Non era possibile stabilire un elenco esaustivo dei conflitti, quindi il legislatore ha usato la categoria dei conflitti analoghi. NON si può fare rientrare tra i conflitti analoghi quelli tra il giudice e il p.m. Di regola il conflitto nasce in ogni stato e grado: NELLE INDAGINI PRELIMINARI NON può nascere un conflitto positivo per ragione di competenza territoriale determinata dalla connessione – il P.M. per il reato meno grave può svolgere le indagini su tale reato oppure trasmettere gli atti al p.m. presso il giudice competente. Cosa origina il procedimento di conflitto: una denuncia di parte privata o pubblica oppure una rilevazione d’ufficio del giudice. L’elevazione non sospende il processo. Il procedimento incidentale è disciplinato dagli artt. 30, 31 e 32: è competente la Cassazione che decide in camera di consiglio secondo la procedura ex art. 127.1 Il conflitto cessa se uno dei giudici dichiara la propria incompetenza (o competenza), altrimenti si deve attendere la sentenza della Cassazione che è vincolante. Per gli atti già compiuti dal giudice incompetente: valgono gli artt. 26 e 27 con un solo adeguamento: il termine di 20 giorni per i provvedimenti cautelari decorre dalla comunicazione della sentenza della corte al giudice che ha disposto la misura. IL RIPARTO DI ATTRIBUZIONI TRA TRIBUNALE COLLEGIALE E MONOCRATICO: non è un problema di competenza. L’inosservanza deve essere rilevata o eccepita, a pena di decadenza, prima dell’udienza preliminare oppure (se non è celebrata) entro il termine dell’art. 491, comma 1 (termine entro cui va anche eventualmente riproposta l’eccezione respinta in precedenza). La decisione di erronea attribuzione di reato e i suoi effetti:                                                                                                                 1  Vedi  la  procedura  ex  art.  127  c.p.p.   > in sede di udienza preliminare: ipotesi del giudice che si accorge che in realtà è un reato a citazione diretta in giudizio – dispone con ordinanza che gli atti siano trasmessi al p.m. > nel dibattimento a seguito di udienza preliminare: trasmissione degli atti, con ordinanza, al giudice competente. > dibattimento senza previa udienza preliminare: il processo deve regredire per correggere l’errore, si dispone, con ordinanza, allora la trasmissione degli atti al p.m. > nel giudizio d’appello: quando il giudice d’appello ritenga che dovesse giudicare il tribunale collegiale, pronuncia sentenza di annullamento e la trasmissione degli atti al p.m. di 1° grado. Pronuncia nel merito se ritiene appartenesse alla cognizione del tribunale monocratico. > la Cassazione: se l’attribuzione è viziata per difetto, agisce come il giudice d’appello (purché fosse stata eccepita la questione in primo grado, proposta coi motivi in appello e cassazione). In caso di attribuzione per eccesso, vale la stessa regola solo se si tratta di sentenza inappellabile o ricorso per saltum – altrimenti l’errore è irrilevante. Le prove acquisite dal giudice incompetente: sono pienamente utilizzabili, nemmeno gli atti compiuti sono inficiati (salvo quando è disposto diversamente). I criteri di ripartizione territoriale tra SEDE PRINCIPALE e SEZIONI DISTACCATE: nel 2012 sono state soppresse tutte le 220 sezioni distaccate del tribunale, solo una minima parte è rimasta funzionante fino al 31 dicembre 2016: talune insulari. Il presidente del tribunale si pronunciava con ordinanza inoppugnabile (è una questione interna/organizzativa). ASTENSIONE E RICUSAZIONE DEL GIUDICE: • Astensione: giudice ha l’obbligo di non esercitare la sua finzione • Ricusazione: le parti hanno diritto a chiedere l’estromissione del giudice >> Le cause di incompatibilità: artt. 34-35 c.p.p, e 18 e 19 ord. Giud. • Le incompatibilità delle leggi di ord. Giud: attengono alla costituzione dell’organo giudicante, prefigurano delle condizioni dirette ad assicurare che il giudice non solo sia ma anche APPAIA imparziale (ES: non possono fare parte della stessa corte, tribunale o ufficio i magistrati legati da parentela). • Le incompatibilità del codice: > art. 35: ragioni di parentela, affinità, coniugio. > art. 34: determinata da atti compiuti nel procedimento. comma 1) il giudice che ha pronunciato sentenza in un grado, non può partecipare agli altri o a quello di rinvio. comma 2) non può partecipare al “giudizio”: il giudice che ha pronunciato il provvedimento conclusivo dell’udienza preliminare; che ha disposto giudizio immediato;… Le ipotesi di tale articolo sono aumentata a seguito di alcune sentenze della Corte Costituzionale: per esempio non può partecipare al giudizio abbreviato, il g.i.p. presso il tribunale che ha emesso l’ordinanza. comma 2 bis) il giudice che ha esercitato le funzioni di g.i,p. non può emettere nello stesso procedimento il decreto penale di condanna o partecipare al giudizio. Non c’è incompatibilità, se il g.i.p. si è limitato ad adottare uno di questi provvedimenti: provvedimento di autorizzazione il trasferimento in luogo esterno di cura dell’indagato sottoposto a custodia cautelare in carcere o lo si autorizza ad essere visitato da un sanitario di fiducia;… Tale comma 2 bis risulta innovativo: sancendo un’incondizionata incompatibilità al giudice assorbe il comma 2 e anche le sentenze della Corte; escludendo che il g.i.p. possa tenere l’udienza preliminare, capovolge l’originaria impostazione (!!!), legata alla carenza di risorse. comma 3) non può essere giudice in un procedimento chi ha esercitato funzioni di p.m., svolto atti di polizia giudiziaria o altro luogo (difensore, c.t…) che ne compromette l’imparzialità. E’ inidoneo anche chi ha proposto la notizia di reato e ha deliberato l’autorizzazione a procedere. >> Le cause di astensione e ricusazione, artt. 36 e 37: sono disciplinate unitariamente ma non c’è totale coincidenza (“gravi ragioni di convenienza” non è motivo di ricusazione, “manifestazione indebita da parte del giudice del proprio convincimento su fatti dell’imputazione” non è motivo di astensione). “Indebita manifestazione”: le S.U. ritengono che essa si configuri quando ci si trovi davanti ad una anticipazione nel merito della imputazione, operata sia in un procedimento che ha ad oggetto tale imputazione, sia in uno diverso: purchè essa sia GRATUITA, priva di qualsiasi nesso funzionale con l’atto che l’ha causata. Quando concorrono ricusazione e astensione, la prima si considera non proposta se viene accolta l’astensione. IL CATALOGO E’ TASSATIVO e riguarda: In linea generale i rapporti del giudice con le parti o con la situazione dedotta. 2 Il procedimento:                                                                                                                 2  Vedi  pag.  41.     Art. 50, co.1 c.p.p.: l’azione penale è obbligatoria. Essa è doverosa, e l’unico limite è la richiesta di archiviazione. Comma 2: principio dell’officialità dell’azione penale: l’azione penale è esercitata d’ufficio tranne in caso di… querela, richiesta, istanza e autorizzazione a procedere. Tali condizioni sono in grado di collidere con il principio di obbligatorietà: fanno dipendere da una volontà esterna, quell’attivazione obbligatoria per il p.m. La questione è agevole quando i soggetti sono liberi o meno di avvalersi della protezione offerta dalla legge (querela) ma lo è di meno quando l’opzione spetti agli organi pubblici. Ecco perché la dottrina sostiene che le condizioni siano poste a tutela di interessi costituzionalmente rilevanti, così da poter fare un bilanciamento con il principio di obbligatorietà. Non trova posto nel codice un altro principio consueto: quello della pubblicità dell’azione penale (perché la sua enunciazione è parsa superflua). comma terzo: principio di irretrattabilità dell’azione penale; se esercitata, comporta un dovere decisorio in capo al giudice. Ecco perché le condizioni di sospensione o di interruzione dell’azione penale sono tassative.6 Sono stati introdotti altri due casi di sospensione: 1) Quando non sia certa o non sia presumibile la conoscenza del processo da parte dell’imputato: il giudice dispone la sospensione del processo nei confronti dell’imputato assente. Esso vale un anno, al termine valgono le cadenza previste per la sospensione del processo per incapacità dell’imputato a parteciparvi coscientemente. 2) Istituto della messa alla prova. Esistono cause di sospensione del procedimento (fase delle indagini preliminari): • Figura facoltativa della ricusazione del giudice (41 comma 2) • Obbligatoria: accertata incapacità della persona sottoposta alle indagini di partecipare coscientemente (71 comma 5) • Sospensione dopo l’insorgere di indizi del reato di false informazioni rese al p.m. o di false dichiarazioni rese al difensore Organizzazione tra gli uffici del P.M. Criterio funzionale: i criteri di distribuzione del lavoro tra gli uffici del p.m. sono improntati ad evitare sfere di concorrenza. • Art. 51 comma 1: le funzioni di p.m. nelle indagini preliminari e nei procedimenti di primo grado – magistrati della procura della Repubblica presso il Tribunale. Alle procure presso i tribunali ordinari possono essere addetti magistrati onorari in qualità di vice procuratori. Il Procuratore della Repubblica può stabilire che i vice procuratori esercitino le funzioni di p.m. presso la sede del tribunale, presso una sezione distaccata o presso la sede principale. • Si prevede anche che il procuratore della Repubblica presso il tribunale possa delegare le proprie funzioni a: magistrati ordinari in tirocinio, vice procuratori onorari addetti d’ufficio, personale in quiescenza da non più di due anni, che nei 5 precedenti abbia svolto funzioni di polizia, laureati in giurisprudenza che frequentano il secondo anno della scuola biennale di specializzazione per le professioni legali. Le funzioni di p.m. delegabili sono, di solito, circoscritte ai procedimento di competenza del tribunale monocratico con “citazione diretta a giudizio”. • I magistrati della procura generale della Repubblica presso la corte d’appello esercitano le funzioni di p.m. nei soli giudizi di impugnazione, così come per gli stessi presso la corte di cassazione. La partecipazione al giudizio d’appello del rappresentante dell’ufficio presso il giudice di primo grado che abbia presentato le conclusioni, non si configura come una deroga: la sostituzione è disposto sulla base di una valutazione di mera opportunità e il potere di proporre ricorso avverso sentenze di appello (S.U.). Il procuratore generale presso la corte d’appello risulta privo del potere di svolgere indagini preliminari anche nel caso in cui la notizia di reato pervenga al suo ufficio (c.d. potere di autosostituzione). • Il procuratore generale non ha i mezzi per controllare la mancata attivazione dei procuratori della repubblica del suo distretto nei riguardi di informazioni che non assurgano al rango di notizia di reato: esse non impongono di chiedere l’archiviazione, se non sono state iscritte, per la loro indeterminatezza o irrilevanza. Nei confronti di informazioni che non integrano notizia di reato, nulla impedisce al procuratore generale di svolgere indagini amministrative. • Durante le indagini preliminari si aprono canali informativi tra le procure della repubblica e le relative procure generali presso la corte d’appello: per esempio il procuratore presso la corte d’appello può riunire quelli della repubblica che procedono ad indagini collegate. La segreteria, poi, trasmette ogni settimana al procuratore generale l’elenco delle notizie di reato contro persone note, quando non sia stata esercitata l’azione penale, né richiesta archiviazione. • Il procuratore generale presso la corte d’appello esercita la sorveglianza sui magistrati requirenti del suo distretto. Lo strumento con cui il procuratore presso la corte d’appello subentra a quello della repubblica è l’avocazione: non è un potere generalizzato, ma subordinato a tassative previsioni. • Scatta automaticamente quando:                                                                                                                 6  Artt.  3,  41  comma  2,  47  comma  2,  71,  344  comma  3,  479.     - Impossibilità di provvedere, nell’ufficio della procura della repubblica, alla tempestiva sostituzione del magistrato designato a seguito di astensione o incompatibilità. - Omessa tempestiva sostituzione. - Omessa richiesta di archiviazione o omesso esercizio dell’azione penale. - Il procuratore dispone l’avocazione delle indagini preliminari per una serie di delitti di criminalità organizzata - ma diversi da quelli dell’art. 51 comma 3-bis ove è prevista l’avocazione esercitabile dal procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo – quando trattandosi di indagini collegate, non risulti effettivo il coordinamento prescritto e non abbiano dato esito le riunioni disposte dal procuratore generale con gli altri procuratori generali interessati. • Facoltativa: - Quando il giudice per le indagini preliminari fissa udienza in camera di consiglio, non avendo accolto la richiesta di archiviazione. - Quando ritiene ammissibile l’opposizione all’archiviazione proposta dalla persona offesa. - Quando il g.u.p. abbia indicato al p.m. le ulteriori indagini da compiere per integrare quelle svolte incomplete. Copia del provvedimento con cui il procuratore dispone l’avocazione delle indagini è sempre trasmessa al Consiglio superiore della magistratura e ai procuratori della Repubblica interessati: essi possono proporre reclamo al procuratore generale presso la corte di cassazione. Gli effetti dell’avocazione intervenuta nelle indagini, perdurano anche nell’udienza preliminare e durante l’intero processo di primo grado. Il p.m. trae la propria legittimazione in modo rifletto rispetto alla competenza del giudice del dibattimento presso il quale è istituito. La sfera di competenza territoriale della corte d’assise è talora più ampia di quella del tribunale, si introduce un’eccezione: nel corso delle indagini e nel processo di primo grado, la legittimazione (=titolarità delle funzioni) spetta al procuratore della repubblica territorialmente competente, se nel circondario non abbia sede la corte d’assise. Se il g.i.p. rifiuta di emettere il provvedimento richiesto – sostenendo la sua incompetenza – restituisce gli atti all’ufficio del p.m. e l’ordinanza produce effetti solo per il provvedimento richiesto. Simile determinazione non può che indurre il p.m. a trasmettere, a sua volta, gli atti al p.m. presso il giudice competente, risultandogli precluso di avvalersi, per la fase delle indagini preliminari di provvedimento adottabili dal giudice del suo tribunale. Contrasti positivi o negativi tra i diversi uffici (artt. 54 e 54 bis): • Se ritiene che la competenza sia di altro giudice: il p.m. trasmette gli atti all’ufficio del p.m. presso il giudice competente: se l’ufficio ricevente dissente, domanda la risoluzione del contrasto (trasmettendo tutti gli atti del procedimento) al procuratore presso la corte d’appello o cassazione se appartiene a diverso distretto. Il procuratore potrà anche designare un ufficio diverso rispetto a quelli in contrasto. La statuizione del procuratore estrinseca la sua portata solamente all’interno della fase delle indagini preliminari e solo per gli appartenenti all’ufficio del p.m. Data la natura investigativa degli atti della polizia e del p.m., si è ritenuto di conservare per gli atti compiuti prima della trasmissione l’efficacia loro propria, e anche le misure cautelari non cessano di avere effetto. Il contrasto positivo: > indagini con oggetto il medesimo fatto storico > indagini a carico della stessa persona Il p.m. procedente inoltra la richiesta di trasmissione degli atti a quello ricevente. Questi se non vi aderisce, ne informa il procuratore presso la corte d’appello o cassazione: il procuratore determina con decreto motivato quale ufficio deve procedere. Si disciplina anche la risoluzione anticipata (rispetto alla decisione del procuratore) se uno dei due uffici desista. Quando due g.i.p. sono investiti contemporaneamente su una richiesta relativa al medesimo fatto si verifica un conflitto positivo che viene risolto dalla Cassazione. Tuttavia l'art. 28 com. 3 nega l'ammissibilità nel corso delle indagini preliminari di un conflitto positivo di competenza per territorio generato da connessione: contrasti positivi del genere non sarebbero configurabili tra P.M., anche se la parte della giurisprudenza è incline ad ammetterli. L'art. 54-quater prevede un controllo sulla legittimazione del P.M. a svolgere le indagini preliminari riguardo alla competenza per territorio e per connessione. Possono promuovere tale controllo: • Persona sottoposta alle indagini che ha avuto conoscenza delle indagini a suo carico tramite comunicazione dell'iscrizione del suo nominativo nel registro delle notizie di reato o l'invio dell'informazione di garanzia. • La persona offesa • I rispettivi difensori. La richiesta di trasmettere gli atti al corrispondente ufficio istituito presso il giudice competente è depositata presso la segreteria del P.M. procedente, a pena di inammissibilità, indicando le ragioni che hanno determinato l’individuazione di un diverso giudice. Entro 10 gg il P.M. deve decidere se accogliere la richiesta, trasmettendo gli atti al P.M. presso il giudice ritenuto competente, o rigettarla: in questo caso (oppure se non decide nulla nei 10 gg), nei 10 gg successivi il richiedente può investire della questione il procuratore generale presso la corte d’appello o la corte di cass. Entro 20 gg dal deposito della richiesta il procuratore generale provvede con decreto motivato non impugnabile dandone comunicazione al richiedente e agli uffici interessati. Quando il contrasto riguarda uno dei reati indicati nell'art. 51, commi 3-bis e 3-quater il procuratore generale osserva le regole in materia di criminalità organizzata. La richiesta non può essere riproposta, salvo che si fondi su fatti nuovi o diversi. Gli atti compiuti prima della trasmissione degli atti sono utilizzabili nei casi e nei modi stabiliti dalla legge. Per quanto riguarda le misure cautelari applicate dal giudice incompetente, la legge non dice nulla ma, applicando l’art. 27, è preferibile la soluzione negativa (cioè cessano di avere effetto). Astensione – Art. 52 Il magistrato del P.M. ha la facoltà di astenersi quando esistono gravi ragioni di convenienza. Sulla dichiarazione di astensione motivata decidono, il capo dell’ufficio o il procuratore generale presso la corte d’appello o cassazione. La sostituzione è effettuata con un magistrato appartenente allo stesso ufficio, ma se si tratta del capo ufficio la regola è derogabile e può esser nominato alla sostituzione un altro magistrato del P.M. appartenente ad un diverso ufficio, egualmente legittimato per materia, individuato secondo i parametri all'art. 11. Il p.m. non può essere ricusato perché è parte nel processo. La disciplina dell’art. 52 si applica anche al magistrato ordinario in tirocinio e al v.p.o. ai quali il P.M. abbia delegato l’esercizio delle funzioni requirenti; mentre, nel caso in cui la delega sia stata fatta a favore dell’ufficiale di polizia giudiziaria e del laureato in giurisprudenza, non si parla di astensione ma di revoca della delega. Rapporti all’interno dell’ufficio: Ogni ufficio del P.M. si compone del titolare (procuratore generale presso corte d’appello o corte di Cass. e procuratore della Rep. presso il tribunale ordinario) e di 1 o più magistrati addetti all’ufficio che sono i sostituti procuratori. Presso i tribunali ordinari possono essere istituti posti di procuratore aggiunto in proporzione all’organico dell’ufficio. Alle procure collocate presso le sezioni distaccate delle corti d’appello sono preposti avvocati generali alla dipendenza del procuratore generale. I titolari dirigono l’ufficio ne organizzano l’attività secondo criteri di imparzialità e buon andamento; saranno loro stessi ad esercitare le funzioni di P.M. quando non designano un altro magistrato. I magistrati designati possono essere anche più di uno (pool investigativo) considerando il numero degli imputati o la complessità delle indagini o del dibattimento (c.d. designazione congiunta). L’art. 53 tutela l’autonomia del magistrato del P.M. rispetto al titolare dell’ufficio, infatti afferma: “Nell'udienza, il magistrato del P.M. esercita le sue funzioni con piena autonomia”. Il magistrato del P.M. ha il potere di rinunciare all'impugnazione, anche se è stata proposta da altro P.M. Per quanto riguarda le udienze anteriori all’esercizio dell’azione penale, si ritiene che non ci sia una piena autonomia. Nella fase delle indagini la sostituzione operata dal titolare dell’ufficio non incontra i limiti rigorosi stabiliti dall’art. 53, 2° com: questo per consentire al p.m. di adeguarsi all’oralità dell’udienza, anche se questo non significa che il titolare dell’ufficio non possa impartire delle direttive. Data questa autonomia, le cause di sostituzione sono circoscritte perché altrimenti potrebbero essere utilizzate per aggirare il principio dell’autonomia. I commi 2 e 3 dell’art. 53 individuano vari gruppi di cause: 1. Cause che consentono una valutazione discrezionale da parte del capo dell’ufficio come “grave impedimento” e “rilevanti esigenze di servizio”; 2. Situazioni in cui il giudice sarebbe obbligato ad astenersi (si rinvia all’art. 36 - escluse le gravi ragioni di convenienza); 3. Sostituzione effettuata col consenso del magistrato interessato: le cause possono essere svariate (in questo gruppo possiamo trovare le “gravi ragioni di convenienza”). Se la sostituzione per una delle cause di cui all’art 36 non avviene, l’art. 53 com. 3 prevede una sorta di avocazione: cioè il procuratore generale presso la corte di appello designa per l'udienza un magistrato appartenente al suo ufficio. Le differenze rispetto all’avocazione vera e propria sono diverse: Art. 57: la qualità di ufficiale o agente di polizia giudiziaria; la distinzione rileva perché alcuni atti sono riservati solo agli ufficiali (es: ricezione della denuncia e della querela). • Ufficiali: dirigenti, commissari, ispettori, sovraintendenti, altri appartenenti alla polizia di stato ai quali l’ordinamento dell’amministrazione della pubblica sicurezza riconosce tale qualità; ufficiali, superiori e inferiori, il personale dei ruoli di ispettore e sovraintendente dell’arma dei Carabinieri, della guardia di finanza e del corpo di polizia penitenziaria. Altri appartenenti alle suddette forze a cui l’ordinamento riconosce tale qualità. Per quanto riguarda il corpo forestale dello stato: il Governo è investito della riorganizzazione e del suo assorbimento in altra forza dei polizia, fatte salve le loro competenze. Il sindaco dei comuni ove non ha sede un ufficio della polizia di stato o un comando dei carabinieri o guardia di finanza. • Agenti: personale della polizia di stato con tale qualità, carabinieri, guardie di finanza, corpo della polizia penitenziaria e guardie forestali. • Per quanto riguarda l’inquadramento della polizia municipale: tali soggetti rivestono la qualifica di agente di polizia giudiziaria in via generale, solo nell’ambito territoriale dell’ente di appartenenza e solo per il tempo in cui sono in servizio. Le guardie delle province e dei comuni sono in posizione intermedia tra ufficiali e agenti: a questi continuano ad essere attribuiti compiti di polizia giudiziaria per l’accertamento di determinate fattispecie di reato o determinati settori. L’elenco è vastissimo, alcuni esempi: ispettori del lavoro, dirigenti degli uffici di cancelleria, personale direttivo, ufficiali e sottoufficiali del Corpo dei vigili del fuoco… • Posizione particolare è assunta dalla Dia: il relativo personale, attinto in via primaria da polizia di stato, carabinieri e guardia di finanza, è investito di funzioni di investigazione preventiva attinente alla criminalità organizzata: con il compito di effettuare indagini relative esclusivamente a delitti di associazione di tipo mafioso o comunque ricollegabili ad essa. L’organizzazione della polizia: Il Costituente aveva approvato un ordine del giorno che auspicava l’istituzione di una vera e propria polizia giudiziaria (al fine di garantire l’indipendenza da ogni agente esterno): in realtà la norma prevista è piuttosto debole. A sua volta la Corte Costituzionale ha stabilito che l’esistenza di un corpo di polizia alle sole dipendenze della magistratura NON discenda dal dettato costituzionale, perché occorre distinguere tra: • Dipendenza funzionale: dall’autorità giudiziaria • Dipendenza burocratica: dalla pubblica amministrazione Il codice ha rafforzato la dipendenza funzionale dall’autorità giudiziaria (specie il p.m.), più di quella gerarchica: pur non avendo mai troncato del tutto la relazione burocratica che lega la polizia giudiziaria all’esecutivo. Tutte le funzioni della polizia giudiziaria sono svolte alla dipendenza e sotto la direzione dell’autorità giudiziaria: il legame è però variabile perché costruito in relazione a diversi apparati amministrativi à l’art. 56 individua una triplice struttura: 1. Servizi di polizia giudiziaria come previsti dalla legge: istituzione e organizzazione di simili unità da parte del Dipartimento di pubblica sicurezza nei contingenti necessari, determinati dal Ministro dell’interno, di concerto con quello della Giustizia. Non è stata fornita esecuzione a tale dettato ma è stato imposto alle amministrazioni interessate di costituire servizi centrali ed interprovinciali della polizia di stato, dell’Arma dei carabinieri e del corpo della guardia di finanza (ES: Reparto investigazioni scientifiche – RIS). Per determinate esigenze, queste strutture possono essere costituite in servizi interforze. Nella stessa prospettiva si colloca l’istituzione di un’unità antiterrorismo. Fanno parte dei servizi tutti gli uffici e le unità cui sono affidate funzioni di polizia giudiziaria. I capi dei servizi sono destinati dai dirigenti dell’ente, si vede così un certo sbilanciamento di poteri verso l’autorità amministrativa, piuttosto che giudiziaria. 2. Sezioni di polizia giudiziaria (grado massimo di dipendenza organizzativa con l’autorità giudiziaria): sono istituite solo presso ogni procura della Repubblica, per garantire uno stretto rapporto con l’organo che dirige le indagini preliminari. La composizione è di chi fa già parte dei servizi di polizia giudiziaria. Le sezioni sono composte da: ufficiali ed agenti appartenenti alla Polizia, ai Carabinieri, alla guardia di finanza e anche al corpo della forestale. Il personale non deve essere inferiore al doppio del numero dei magistrati della Repubblica e il rapporto numerico tra ufficiali ed agenti deve essere di 2/3. 3. I restanti ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria (grado minimo di dipendenza): tenuti a compiere indagini a seguito di una notizia di reato. La categoria è eterogenea e quindi i profili organizzativi sono demandati agli enti di appartenenza. La disponibilità della polizia giudiziaria è conferita al magistrato titolare delle indagini preliminari o del processo, benché al procuratore della Repubblica sia sempre consentito sostituirsi al magistrato designato per poter impartire ordini alla polizia. Tale disponibilità è diretta ed immediata (ogni procura della Repubblica dispone della sua sezione). Le attività di polizia per i giudici del distretto sono svolte dalle sezioni presso le corrispondenti procure: qui quindi non è immediata. Una disponibilità di natura meno intensa è attribuita a qualsiasi autorità giudiziaria nei confronti delle sezioni, servizi e restanti organi di attività giudiziaria. In termini generali spetta al procuratore generale presso la corte d’appello, la sorveglianza sul rispetto delle norme in ordine alla disponibilità della polizia da parte dell’autorità giudiziaria. Rapporti di subordinazione: anche se gli ufficiali e agenti restano subordinati agli enti amministrativi di appartenenza, l’autorità giudiziaria risulta investita di poteri di natura gerarchica. • Le sezioni (come unità organiche) sono in un rapporto di subordinazione rispetto al procuratore della Repubblica che dirige l’ufficio ove sono istituite. Per evitare che l’amministrazione di appartenenza crei delle interferenze: è fatto il divieto di distogliere gli ufficiali e agenti dalla loro attività se non per disposizione del magistrato. L’esclusiva destinazione a compiti di polizia giudiziaria può essere derogata solo in casi eccezionali o per necessità di istruzione o addestramento (resta ferma la necessità del previo consenso del capo dell’ufficio della procura). • I servizi: il rapporto di subordinazione si attenua – gli ordini dell’autorità giudiziaria sono mediati dalle gerarchie amministrative. La responsabilità personale investe solo l’ufficiale preposto al servizio. Ne sono oggetto: adeguata organizzazione del servizio, sorveglianza sullo svolgimento dell’attività della polizia. Trattandosi di responsabilità per fatto proprio, la condotta degli altri ufficiali e agenti è valutata in sede disciplinare (ed eventualmente penale). Dal punto di vista del potere disciplinare – la responsabilità si pone solo nei confronti del procuratore della repubblica presso il tribunale. Per i servizi costituiti per attività che travalicano l’ambito del circondario, è presente una deroga: l’ufficiale preposto è responsabile verso il procuratore generale del distretto ove ha sede il servizio. Il rapporto di subordinazione è rafforzato dall’obbligo per le singole amministrazioni di ottenere il consenso del procuratore della repubblica o di quello generale presso la corte d’appello per allontanare dalla sede o assegnare ad altri uffici i dirigenti del servizio, e di vincolare le promozioni dei dirigenti al parere favorevole di tali magistrati. In ordine al potere disciplinare in sede attuativa: si sono individuate le singole fattispecie di illecito e le loro sanzioni e si è introdotto un regolamento del rito. Gli ufficiali e agenti sono tenuti ad eseguire i compiti loro attribuiti in quanto inerenti alle funzioni: la previsione si metta in relazione con l’intento di distinguere l’ambito delle attività sussidiarie, svolte dalla polizia giudiziaria, ma esulanti dalle loro funzioni istituzionali (la notificazione di atti del pubblico ministero è ora demandata solo in circoscritte ipotesi alla polizia). L’IMPUTATO E LA PERSONA SOTTOPOSTA ALLE INDAGINI: Quando una persona diventa imputato? Dobbiamo distinguere tra la fase delle indagini preliminari (procedimento) e la fase successiva all’esercizio dell’azione penale (processo). Nella prima fase, l’attribuzione del reato (c.d. imputazione preliminare – ipotesi di imputazione – addebito provvisorio) presenta carattere precario, connaturato dallo stato fluido delle indagini. In sede processuale l’addebito si cristallizza nella formulazione dell’imputazione. L’ASSUNZIONE DELLA QUALITA’ DI IMPUTATO: coincide con l’atto che contiene la formale individuazione della persona a cui un determinato fatto penalmente rilevante è attribuito. L’art. 60 individua gli atti tipici da cui scaturisce tale assunzione: 1. DOMANDE DELL’ORGANO DELL’ACCUSA: richiesta di rinvio a giudizio, di giudizio immediato e di decreto penale di condanna; 2. INCONTRO DI VOLONTA’ TRA LE PARTI: richiesta di applicazione della pena nel corso delle indagini preliminari; 3. ATTI D’IMPULSO: decreto di citazione diretta nel giudizio davanti al tribunale in composizione monocratica emesso dal P.M. o, nel giudizio direttissimo, la contestazione orale dell'imputazione in dibattimento o il decreto di citazione a giudizio se l'imputato è libero; 4. ALTRI: contestazione del reato connesso o del fatto nuovo nell'udienza preliminare o nel dibattimento; formulazione coatta dell'imputazione quando la richiesta di archiviazione non sia stata accolta dal GIP; consenso prestato dal P.M. alla richiesta di sospensione con messa alla prova, presentata nel corso delle indagini preliminari dalla persona sottoposta alle indagini preliminari. Prima dell’inizio del processo, le indagini preliminari possono concludersi con un provvedimento di archiviazione. Ma, a volte, può esserci stata una custodia cautelare in carcere il fatto che non ci sia una sentenza ma solo un provvedimento non è molto conveniente perché una sentenza di non luogo a procedere ha un’efficacia preclusiva ed è soggetta ad un regime di pubblica conoscenza, cose che mancano al provvedimento. La qualità di imputato può perdersi solo a seguito di sentenza o provvedimento assimilabile (art. 60, 2° com.): • Sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione, • Sentenza di proscioglimento o di condanna irrevocabili, • Decreto penale divenuto esecutivo, • Ordinanza che dichiara l'inammissibilità dell'impugnazione, • Sentenze che dichiarano il difetto di giurisdizione o di competenza (in questo caso gli atti saranno trasmessi al P.M. presso il giudice competente). Art. 60, 3° com.: la qualità di imputato risorge a seguito di: • Revoca della sentenza di non luogo a procedere e in questo caso il prosciolto riacquista la qualità di imputato con l’ordinanza che fissa l’udienza preliminare se il P.M. ha richiesto il rinvio a giudizio, essendo state acquisite nuove fonti di prova; se, invece, tali fonti devono ancora essere acquisite, il prosciolto riassume la qualità di imputato solo quando il P.M., a seguito delle indagini, formuli l'imputazione. • Emissione del decreto di citazione a dibattimento per il giudizio di revisione (se la richiesta è ammissibile e non manifestamente infondata); • Rescissione del giudicato ex art. 625-ter: mezzo straordinario di impugnazione scatta quando viene emessa una sentenza di condanna o applicativa di una misura di sicurezza, passata in giudicata e pronunciata all’esito di un processo celebrato interamente senza l’imputato. A tal fine, il soggetto deve dimostrare che l’assenza è stata causata da un’incolpevole mancata conoscenza del processo. I diritti e le garanzie dell’imputato si estendono anche alla persona sottoposta alle indagini preliminari, alla quale si estende ogni altra disposizione relativa all'imputato, salvo che sia diversamente stabilito (art. 61) à quindi non vale la relazione contraria, mentre l’equiparazione si riferisce agli effetti di carattere neutro o in malam partem. Si acquista tale qualità a seguito della ricezione da parte della polizia giudiziaria o del P.M. di una notizia qualificata di reato che contiene un’incolpazione nei confronti di una determinata persona (ad es. denuncia, querela,…); oppure a seguito di una notizia non qualificata (voci correnti nel pubblico) di reato ma valutata come attendibile dall’ufficiale o agente di polizia giudiziaria o dal P.M. Se è valutata attendibile, il personale della polizia deve comunicarlo al P.M. che deve iscriverla nel registro delle notizie di reato. Quando si parla di indagato sono fondamentali due nozioni: Indizio: risultato conoscitivo indispensabile per adottare alcune misure nel corso delle indagini preliminari o per farne scaturire determinati effetti. Prove indiziarie: c.d. prove critiche – assoggettate ad apposita regola di giudizio al momento della valutazione probatoria. In tale prospettiva conta il fatto obiettivo dell’arresto in flagranza (che permette di assumere la qualità di imputato), mentre non rileva quella del fermo o della richiesta di misure cautelari personali. Le dichiarazioni rese dall’imputato (artt. 62-65) ART. Le dichiarazioni comunque rese nel corso del procedimento dall'imputato o dalla persona sottoposta alle indagini non possono formare oggetto di testimonianza. • Si riferisce sia alle dichiarazioni spontanee, sia a quelle sollecitate. • E così anche a coloro a carico dei quali, per effetto delle dichiarazioni rese emergano indizi di reità, e colo che fin dall’inizio dovevano essere sentiti come persona sottoposta alle indagini/imputati. • Sono coperte: dichiarazioni rese davanti all’autorità giudiziaria, alla polizia giudiziaria e alle altre persone abilitate a riceverle. • In forza dell’interpretazione codicistica estensiva della Corte Costituzionale: il divieto vale anche nei confronti di ogni altra persona che abbia inteso le dichiarazioni che siano rese dall’imputato nel corso di un atto collocato nella sequenza del procedimento (escluse quindi quelle rilasciate prima del procedimento o al di fuori: c.d. res gestae). - la persona non assume l’ufficio di testimone - le dichiarazioni non saranno utilizzabili nei confronti dei terzi ma verso il dichiarante sì (inutilizzabilità relativa) Oggi si impone di somministrare l’avviso della facoltà di non risponde subito dopo l’esecuzione delle più severe restrizioni della libertà personale. Si prescrive agli agenti – quando eseguono l’ordinanza applicativa della custodia cautelare – di consegnare una comunicazione scritta con cui lo si avvisa anche di tale facoltà. Il giudice in sede di interrogatorio verifica che tale comunicazione sia stata dato o sia stato informato e procede a completare le informazioni indicate. Gli agenti devono procedere allo stesso avviso anche per l’arrestato e il fermato, salvo che nell’immediatezza lo avvertono oralmente: anche qui il giudice fa la stessa verifica. L’avviso tiene conto delle condizioni di stress in cui si può trovare in quel momento l’arrestato o il fermato, tanto da spingerlo a rendere dichiarazioni avventate con l’intendo di discolparsi – l’avviso riecheggia le c.d. Miranda warnings che la polizia nord americana deve dare. Le dichiarazioni che la polizia riceve spontaneamente dall’indagato possono essere utilizzate sia a fini contestativi sia in chiave probatoria. Dall’esercizio della facoltà di non rispondere – l’organo non può ricavare conseguenza alcuna (!!!). Se dichiara di rispondere -----------> Art. 65 – prescrizioni dettate per l’interrogatorio nel merito. - operano solo per l’atto assunto dall’autorità giudiziaria - obbligo di contestare in forma chiara e precisa il fatto attribuito alla persona – renderle noti gli elementi di prova a suo carico e comunicargli le fonti -------> subiscono degli adattamenti in rapporto allo sviluppo del processo. Infatti per l’interrogatorio dell’arrestato o fermato l’invito a presentarsi deve già contenere la sommaria enunciazione del fatto e se il P.M. vuole presentare la richiesta di giudizio immediato deve anche indicare gli elementi di prova. - invito ad esporre quanto la persona ritiene utile per discolparsi (ma non serve che indichi gli elementi di prova a proprio favore) - non è obbligata a dire la verità, salvo i limiti delle norme che incriminano la calunnia, l’autocalunnia o il favoreggiamento personale - la tecnica utilizzata: domande poste in via diretta dall’organo procedente. • Identificazione e esistenza in vita dell’imputato: Identità dell’imputato - art. 66 - Nel primo atto del procedimento in cui è presente l'imputato, l'autorità giudiziaria lo invita a dichiarare le proprie generalità e quant'altro può valere a identificarlo, ammonendolo circa le conseguenze cui si espone chi si rifiuta di dare le proprie generalità o le dà false. Stessa cosa fa la polizia giudiziaria nei confronti della persona sottoposta alle indagini. Si riferisce all’autorità giudiziaria la norma per cui - devono essere chieste all’imputato, o alla persona sottoposta alle indagini, nel 1° atto cui sono presenti, una serie di informazioni relative all’identità personale, alla vita di relazione, alla situazione patrimoniale, agli eventuali ruoli pubblici ricoperti e ai precedenti penali. • Se è impossibile attribuire all’imputato le sue esatte generalità, ciò non pregiudica il compimento degli atti da parte della polizia o dell’autorità giudiziaria, l’importante è che sia certa l’identità fisica della persona. • Attribuzione di generalità erronee: mero errore materiale – fa luogo a rettificazione (la norma trova spazio anche nella fase delle indagini preliminari). • Caso di incompleta identificazione della persona o dei suoi precedenti: per ridurre gli errori di applicazione dei c.d. benefici penali, si prevede che l’autorità debba comunicare a quella competente ai fini dell’applicazione della legge penale la circostanza che l’indagato o imputato è già stato segnalato, magari con diverso nome all’autorità quale autore di un reato antecedente o successivo. • Diversa dall’identità personale è quella fisica: per l’imputato si sostanzia nella coincidenza tra la persona nei cui confronti è esercitata l’azione penale e quella che è assoggettata a processo (difetta per esempio nel caso di omonimia). • Tocca al P.M. nelle indagini preliminari disporre gli accertamenti del caso; nel processo tocca al GUP o al giudice del dibattimento. • Il codice non affronta il tema dell’errore sull’identità fisica (cioè l’errore di persona) ma si applica, nelle indagini preliminari, la formula generica per cui il P.M. chiederà il decreto di archiviazione. Se l’errore di persona è evidente, il fermato o l’arrestato in flagranza deve essere immediatamente rilasciato. • Se l’errore di persona risulta nel processo, il giudice, sentiti il P.M. e l’imputato, pronuncia sentenza ex art. 129, ma una sentenza meramente processuale anche se irrevocabile, comunque non ha efficacia preclusiva e la persona estromessa può sempre essere assoggettata nuovamente al processo, qualora risulti essere il vero imputato. • Se l’autorità giudiziaria ha dei dubbi sull’età dell’imputato o persona sottoposta alle indagini, trasmette gli atti al procuratore della Rep. presso il tribunale minorile. • L’incertezza sull’esistenza in vita dell’imputato, non conta la dichiarazione di morte presunta pronunciata dal giudice civile. In caso di incertezza, se si ritiene che l’imputato o indagato sia morto, nelle indagini preliminari, il P.M. chiede l’archiviazione per estinzione del reato; mentre, nel corso del giudizio, il giudice proscioglie. • Nel caso di morte dell’imputato, l’art. 69 afferma che, il giudice, sentiti il P.M. e il difensore, pronuncia sentenza a norma dell'art. 129. Si dovrebbe trattare di una sentenza meramente processuale con la quale si dichiara l’estinzione del reato; se risulta evidente che il fatto non sussiste o che l’imputato non l’ha commesso o che il fatto non costituisce reato, il giudice può pronunciare sentenza di merito. Questa sentenza di assoluzione avrà efficacia nel giudizio civile per il danno intentabile contro gli eredi. • Infine, il 2° com. dell’art. 69 precisa che “La sentenza non impedisce l'esercizio dell'azione penale per il medesimo fatto e contro la medesima persona, qualora si accerti che la morte dell'imputato è stata erroneamente dichiarata”. Infermità mentale e partecipazione cosciente Ogni persona fisica può assumere la qualità di imputato, cioè sono titolari della capacità di essere parte nel processo (=giuridica) penale. Tuttavia, questa capacità manca negli infanti e negli immuni, da distinguersi in assoluti e relativi (a seconda che valga per tutte le imputazioni o solo alcune). Per quella relativa – il processo può instaurarsi anche solo per verificare se l’imputazione è protetta dal privilegio. Diversa è la capacità processuale (=di agire): idoneità ad esercitare nel processo i diritti e le facoltà ricollegate all’assunzione della qualità di imputato. In genere le 2 capacità coesistono, ma ci sono delle ipotesi in cui ciò non avviene: ad es. nel giudizio di Cass. l’imputato non ha capacità processuale, sta in giudizio a mezzo del difensore. Ma l’esempio principale è costituito dall’infermità mentale dell’imputato (sia antecedente sia sopravvenuta al fatto). L’infermità non è più commisurata al parametro dell’incapacità di intendere e di volere ma all’inidoneità del soggetto a partecipare coscientemente al processo. E questo sia che l’infermità sia sopravvenuta al fatto, sia che l’infermità sia risalente ma perdurante al tempo del processo. Perché si applichi l’art. 70 è sufficiente anche solo una diminuzione della sanità mentale dell’imputato; invece, è irrilevante l’infermità fisica sopravvenuta per la quale si applicano altri istituti, quali la sospensione o il rinvio dell’udienza. La perizia sull’imputato per dichiarare l’infermità non è sempre necessaria perché il giudice potrebbe anche rilevare l’infermità da perizie appena espletate o da manifestazioni conclamate. Se si dovesse disporre la perizia psichiatrica, per il tempo occorrente per il suo svolgimento si ha una paralisi parziale del processo: il giudice può solo assumere, su richiesta del difensore, le prove che possono condurre al proscioglimento dell’imputato e, su richiesta delle parti, altre prove se c’è pericolo nel ritardo. Se la necessità di una perizia sorge nel corso delle indagini preliminari, sarà disposta dal giudice solo su richiesta delle parti e con le forme dell’incidente probatorio; nel frattempo restano sospesi i termini per l’indagine preliminare e il p.m. compie i soli atti che non richiedono la partecipazione cosciente della persona sottoposta alle indagini. Quando vi è pericolo nel ritardo, possono essere assunte le prove nei casi e forme previsti dall’incidente probatorio. Questa disciplina dell’art. 70 non si applica né nel giudizio di Cass., né nel procedimento di esecuzione e neppure nel procedimento di sorveglianza (valgono disposizioni apposite). In base all’art. 71, se dalla perizia risulta che l’imputato non può partecipare coscientemente al procedimento, il giudice emette un’ordinanza di sospensione, ricorribile in Cass., sempre che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere. Essa fa scattare l’obbligo di nominare un curatore speciale a favore dell’imputato, scegliendo, preferibilmente, il rappresentante legale. Il curatore speciale ha diversi diritti, in particolare gli è consentito sia di ricorrere in Cass. contro l’ordinanza, sia di assistere agli atti disposti sulla persona dell’imputato e agli atti cui potrebbe assistere lo stesso imputato (infatti, il giudice può sempre assumere le prove nei limiti dell’art. 70, 2° com.). Altri effetti dell’ordinanza sono: rendere obbligatoria la separazione del processo e disattivare l’operatività dell’art. 75, 3° com. sulla sospensione obbligatoria del processo civile. Durante la sospensione del procedimento o processo penale, rimane sospeso il corso della prescrizione. L’ordinanza di sospensione è efficace a tempo indeterminato, però, in base all’art. 72, almeno ogni 6 mesi (o anche prima se ne ravvisa l’esigenza) il giudice deve far verificare con perizie lo stato psichico dell’imputato. Si poneva un problema di legittimità costituzionale in ordine “all’eterno giudicabile”: la Corte ha emesso una sentenza monito sollecitando il legislatore, che è rimasto inoperoso, la Corte a quel punto ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo che disponeva la sospensione del corso della prescrizione, ma per i reati imprescrittibili la figura dell’eterno giudicabile non scompare. Potrebbe essere utile atteggiare tale incapacità come condizione di improcedibilità dell’azione. La sospensione è revocata con ordinanza non appena risulti che lo stato mentale dell'imputato ne consente la cosciente partecipazione al procedimento ovvero che nei confronti dell'imputato deve essere pronunciata sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere. Per quanto riguarda il trattamento terapeutico dell’infermo, il giudice non può disporre il ricovero in una struttura del servizio psichiatrico ospedaliero; piuttosto, in base all’art. 73, provvede il sindaco ad adottare le misure previste dalla normativa sul trattamento sanitario delle malattie mentali, sulla base di un’informativa del giudice. Solo in caso di pericolo di ritardo il giudice può ordinare, anche d’ufficio, il ricovero provvisorio (finché non interviene il sindaco). La parte civile E’ una parte eventuale del processo che interviene per ottenere le restituzioni o il risarcimento del danno ricollegabile al reato oggetto di accertamento. Nel codice previgente gli elementi caratterizzanti la regolamentazione erano: necessaria pregiudizialità del processo penale rispetto a quello civile, e le preclusioni e i vincoli che la pronuncia irrevocabile del giudice penale esercitava nei confronti dell’azione civile. Inoltre erano scarsi i poteri riconosciuti alla persona offesa dal reato. Nel nuovo contesto si è invece predisposta una normativa più in linea con il ruolo istituzionale della parte civile. La legitimatio ad causam spetta: • Soggetto che mira alle restituzioni o risarcimento del danno cagionato dal reato • Dai suoi successori universali - Il danneggiato si può costituire parte civile anche a mezzo di procuratore speciale: se essa è rilasciata al difensore tramite scrittura privata, la sottoscrizione può essere autenticata dallo stesso - Costituitosi, il danneggiato, in ossequio al principio della c.d. immanenza della costituzione di parte civile, partecipa al processo in tutti i gradi, senza ulteriori iniziative - se difetta la sua capacità processuale, deve essere rappresentato (minore non emancipato) o assistito (minore emancipato) o autorizzato (interdetto). Due correttivi: 1. Eventualità della nomina di un curatore speciale necessaria quando manchi la persona a cui spetterebbe la rappresentanza o assistenza e ricorrono ragioni di urgenza. 2. In caso di assoluta urgenza, viene consentito che il p.m. eserciti l’azione nell’interesse del minore o infermo di mente finchè non subentra un rappresentante o un curatore. - La parte civile sta nel giudizio solo con il ministero di un difensore munito di procura speciale: occorre, a pena di inammissibilità, la presentazione in cancelleria della dichiarazione contenente la sottoscrizione del difensore e l’esposizione delle ragioni che giustificano la domanda (deve emergere il fumus boni iuris che giustifica l’ingresso del danneggiato nel processo penale). Se la dichiarazione non è presentata in udienza, deve essere notificata a imputato e p.m. - Termini per costituirsi parte civile (art. 79): iniziale; “per l’udienza preliminare” (anche antecedentemente, basta che sia stata esercitata l’azione penale – e quindi a partire dal deposito della richiesta di rinvio a giudizio). Nel corso delle indagini preliminari la parte civile ha solo la qualifica di persona offesa dal reato. Finale; a pena di decadenza, coincide con l’effettuazione degli accertamenti circa la costituzione delle parti: salve le ipotesi di nuove contestazioni in dibattimento, risulta preclusa la costituzione una volta iniziata la trattazione delle questioni preliminari. - Non è possibile la restituzione in termini neppure se la egli dimostra che la mancata costituzione sia dovuta a caso fortuito o a forza maggiore (perché questa facoltà è riservata a chi abbia già la qualità di parte). - E se la costituzione avviene dopo la scadenza del termine perentorio previsto dall’art. 468 comma 1, la parte civile non può più presentare liste dei testimoni, periti o consulenti tecnici. - La parte civile non sempre permane per tutta la durata del processo: infatti può essere esclusa o può recedere spontaneamente. - Esclusione (art. 80): può essere richiesta dal P.M., dall’imputato e dal responsabile civile. In caso di costituzione di parte civile per l’udienza preliminare, la richiesta è proposta non oltre il momento degli accertamenti relativi alla costituzione delle parti nella udienza preliminare; se si è costituita nella fase degli atti preliminari del dibattimento, la richiesta deve essere avanzata in sede di trattazione delle questioni preliminari: “la proposizione è preclusa se non è proposta subito dopo che è compiuto “per la prima volta” l’accertamento della costituzione delle parti. Viene deciso con ordinanza inoppugnabile – il giudice verifica la solo la mancanza del fumus boni iuris. Il rigetto della richiesta di esclusione in sede di udienza preliminare non preclude la riproposizione tempestiva in dibattimento. Inoltre, se in sede di udienza preliminare la parte civile viene esclusa, può costituirsi nuovamente entro il termine finale. - L’art. 81 prevede poi una causa di esclusione disposta ex officio dal giudice che abbia accertato l’inesistenza dei requisiti stabiliti per la costituzione di parte civile. Questa è possibile fino all’apertura del dibattimento di 1° grado e anche quando la richiesta di esclusione è stata rigettata nell’udienza preliminare. Le ordinanze con cui la parte civile viene ammessa o esclusa dal processo penale hanno carattere meramente processuale e non incidono sul merito del diritto alle restituzioni e al risarcimento danni; l’eventuale ordinanza di esclusione non pregiudica l’esercizio dell’azione civile in sede civile. E’ titolare dell’interesse protetto dalla norma penale violata. Nel processo ha un ruolo marginale nonostante le fonti europee abbiano imposto agli Stati di assicurare un ruolo effettivo e appropriato alla vittima che intervenga nel processo penale, evitando il paradosso di un processo penale a cui consegua il fenomeno di vittimizzazione secondaria. Il legislatore italiano ha operato degli interventi legislativi considerando maggiormente gli interessi della vittima, dettando disposizioni per il “contrasto della violenza di genere” (da ricollegare alla Convenzione di Istanbul del 2011 sulla prevenzione della violenza contro le donne e la lotta alla violenza domestica). E’ stata introdotta una con la quale si consente di ricorrere all’incidente probatorio c.d. protetto quando tra i soggetti interessati all’assunzione della prova ci sia una persona offesa che si trovi in condizione di particolare vulnerabilità. Tale condizione viene commisurata secondo i criteri indicati in un d. lgs. del 2015; si deve prendere in considerazione: - età della vittima - eventuale stato di infermità o deficienza psichica - tipo di reato - modalità e circostanze del fatto per cui si procede Con riguardo agli ultimi due si accerti: se il fatto è stato commesso con violenza alla persona, odio razziale, è riconducibile ad ambiti di terrorismo o criminalità organizzata, o di tratta di essere umani, finalità di discriminazione, se la persona offesa è affettivamente, psichicamente o economicamente dipendente dall’autore del reato. Se tale stato viene riconosciuto, sono approntate diverse tutele che hanno lo scopo di rispettare la fragilità psico- emotiva di persone seriamente ferite dal reato commesso nei loro confronti. Viene stabilita nelle aziende sanitarie l’attivazione del protocollo “Percorso di tutela alle vittime di violenza” (c.d. codice rosa): finalizzato a garantire supporto medico, psicologico alle persone vulnerabile che hanno subito violenza (in particolare violenza sessuale, maltrattamenti e atti persecutori). E’ inoltre prevista dal 2016 una legge che attua una direttiva per cui è previsto un indennizzo da parte dello stato alle vittime di un reato internazionale violento, anche se commesso da SM diverso da quello in cui il richiedente risiede. Il reato deve essere commesso con violenza alla persona; oppure reato di cui all’art. 603 bis c.p. (intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro). L’indennizzo mira alla rifusione delle spese mediche e assistenziali – tranne nelle ipotesi di omicidio e violenza sessuale (qui viene elargito anche in assenza di tali spese). I presupposti: - titolarità di un reddito annuo non superiore a quello previsto per l’ammissione al patrocinio a spese dello stato - infruttuoso esperimento dell’azione esecutiva nei confronti dell’autore del reato (salvo l’ipotesi in cui il giudice lo dichiari ignoto) - altri Vi è anche la possibilità per la persona offesa di richiedere l’emissione di un ordine di protezione europeo (qualora il giudice avesse disposto le prescrizioni di cui agli artt. 282 bis e ter): per estendere le misure disposte per la sua tutela anche nel territorio di altro SM in cui risieda o si voglia trasferire. Questi rimangono, però, interventi inadeguati a raggiungere l’obiettivo di una maggiore presenza nel processo della persona offesa. E’ importante, poi, distinguere la persona offesa dalla persona che si costituisce parte civile. Questa distinzione risulta abbastanza evidente nella fase delle indagini preliminari perché la persona offesa dal reato ha diversi poteri e inoltre non è possibile costituirsi parte civile prima dell’esercizio dell’azione penale. Ma dal momento in cui viene esercitata l’azione penale si crea confusione tra le 2 figure e alla persona offesa dal reato vengono riconosciuti poteri molto ridotti. Tra l’altro, spesso le 2 figure coincidono e ciò fa sì che la persona offesa preferisca esercitare l’azione di danno in sede penale anziché civile. I diritti e le facoltà della persona offesa: Art. 90, comma 1: - rinvia a tali diritti - sancisce che egli può presentare memorie e, tranne in Cassazione, indicare elementi di prova Memorie: elaborati scritti di varia contenuto che sono indirizzate al p.m. o al giudice (che non sono obbligati a deliberare sulle medesime). Indiare elementi di prova: si ritiene che la sede naturale sia quella delle indagini preliminari. Un settore in cui il ruolo della persona offesa è particolarmente valorizzato è quello della sospensione del processo con messa alla prova. comma 2: La capacità processuale della persona offesa: - per il soggetto minorenne e interdetto per infermità di mente o inabilitato: si rinvia agli artt. 120 e 121 c.p. in tema di esercizio del diritto di querela. > i minori infraquattordicenni e gli interdetti devono essere rappresentati dal genitori o tutore, il minore ultraquattordicenne e l’inabilitato – la legittimazione spetta al soggetto e anche ai genitori, tutore o curatore. > In presenza di determinati presupposti si autorizza la nomina di un curatore speciale. La legge autorizza, NON obbliga la persona offesa a nominare un difensore. comma 2 bis: se c’è il dubbio circa la minore età: il giudice dispone una perizia, ma se il dubbio non si scioglie, si presume la minore età. La disposizione opera solo per le DISPOSIZIONI PROCESSUALI ma non trova utilizzo per l’applicazione delle leggi penali. comma 3: se la persona offesa è deceduta in conseguenza del reato, le facoltà e i diritti previsti dalla legge sono esercitati dai prossimi congiunti, da persona legata da relazione affettiva e con essa stabilmente convivente. Art. 90 bis7: diritto della persona offesa ad essere informata su alcuni profili della vicenda processuale, in una lingua comprensibile, e sin dal primo contatto con l’autorità. La scelta appare poco soddisfacente, perché nella prassi tutte queste informazioni confluiscono in un atto scritto, dal tono burocratico, che finisce per essere poco fruibile dalla maggior parte della persona offese. Sarebbe stata preferibile la soluzione, scartata, che prevedeva un apposito ufficio per le vittime del reato, che avrebbe collaborato con i servizi sociali e le ass. per la tutela della vittime dei reati, per soddisfare le esigenze di conoscenza di tale. art. 90 ter: informare la persona offesa che l’imputato, il condannato o internato non è più in vinculis: che sia per scarcerazione, cessazione della misura di sicurezza, evasione. Per procedere alla comunicazione, ci devono essere tre condizioni: > il processo deve riguardare un delitto commesso con violenza alla persona > la persona offesa deve avere richiesto di essere informata > escludere che dalla comunicazione derivi pericolo concreto di un danno per l’imputato, condannato, internato (danno collegato ad eventuali condotte ritorsive). Le mancate comunicazioni di cui al 90 bis e ter non costituiscono nullità, ma semplice irregolarità. Enti e associazioni rappresentativi di interessi lesi dal reato: Esistono reati che violano interessi collettivi o diffusi. L’art. 91 crea un soggetto processuale equiparato alla persona offesa dal reato: gli enti e le associazioni che tutelano interessi lesi dal reato, a determinate condizioni, possono esercitare i diritti e le facoltà della persona offesa dal reato. Se anche l’ente è stato danneggiato, potrà costituirsi parte civile e fare valere la sua pretesa in sede penale, altrimenti l’ente partecipa in veste di accusatore privato AL FIANCO della persona offesa che accetti il suo intervento. La coincidenza dei poteri di enti e persona offesa non è perfetta: soprattutto con riguardo alla loro diversa ampiezza. ES: l’informazione di garanzia viene inviata alla persona offesa, non all’ente. Art. 91 e 92 – REQUISITI perchè l’ente acquisti la qualifica di soggetto del processo: • Ente senza scopo di lucro • Che la legge gli abbia riconosciuto finalità di tutela degli interessi lesi dal reato • Il riconoscimento deve essere avvenuto prima della commissione del fatto • Costante consenso della persona offesa: che è prestato con atto pubblico o scrittura privata autenticata. E’ ammessa la revoca in qualsiasi momento dell’iter (dopo la revoca è esclusa la possibilità che la persona sia nuovamente fiancheggiata da uno di tali enti). • Il consenso va prestato ad un solo ente: pena la generale inefficacia dei consensi prestati. Il difensore dell’ente, perché esso svolga il suo ruolo, presenta un atto di intervento da notificare alle parti (se non avviene in udienza). Il contenuto è stabilito all’art. 93 a pena di inammissibilità. Va presentata anche la dichiarazione di consenso della persona offesa ed eventualmente la procura conferita al difensore con a.p. o s.p.a. L’ente non può intervenire dopo la fase del dibattimento della verifica della regolare costituzione delle parti. Si può collocare nella fase delle indagini preliminari. Estromissione dell’ente – disposta con ordinanza: • Opposizione di parte: se vi è stato un atto di intervento, l’opponente deve entro 3 giorni dalla notificazione far notificare la dichiarazione di opposizione al rappresentante dell’ente, in modo che questi entro 5 giorni possa presentare le sue controdeduzioni.                                                                                                                 7  Leggi  articolo.     • Ex officio: motivo di inammissibilità, vizio di capacità, mancanza dei requisiti in ogni stato e grado (quindi va atteso il processo, perciò nelle indagini l’estromissione si avrà solo su domanda di parte. Quale giudice decide? > intervento prima dell’esercizio dell’azione penale: gip > udienza preliminare: gup > Dibattimento: giudice del dibattimento Termini per presentare l’opposizione: > udienza preliminare: prima che sia dichiarata aperta la discussione > udienza dibattimentale: subito dopo il primo accertamento della costituzione delle parti Il querelante8 Per alcuni reati espressamente indicati, è previsto l’esercizio dell’azione penale subordinato ad una voluntas persecutionis che la persona offesa o i soggetti in sua vece (artt. 120 e 121), sono tenuti ad esprimere tramite la querela. Essa è notizia di reato ma anche condizione di procedibilità. Il querelante ha una posizione di maggiore rilievo rispetto ad altri autori di altri tipi di notitiae criminis (la sua mancata citazione è causa di nullità). • Limiti temporali della querela: - Di regola entro tre mesi dal giorno della notizia di fatto che costituisce reato. In alcuni casi è raddoppiato: delitti di violenza sessuale e atti sessuali con minorenne. Se bisogna procedere alla nomina di un curatore speciale, il termine decorre dal giorno in cui è notificato tale decreto di nomina. • Non deve esserci stata la rinuncia da parte del querelante, espressa o tacita. • Regola della c.d. indivisibilità della querela: il reato commesso in danno di più soggetti è perseguibile anche quando uno solo ha presentato querela, e nel caso di più persone in concorso nel reato, la querela contro uno si estende agli altri (sia dal lato passivo che attivo). • Il diritto si estingue con la morte della persona offesa che non lo ha esercitato, mentre in caso contrario, è irrilevante. • Estinzione: - remissione della querela: sempre che il querelato non l’abbia ricusata. Se la querela è proposta da più persone, tutti devono rimetterla. E se solo uno l’ha proposta, la sua rimessione, non pregiudica il diritto degli altri legittimati. Tale revoca deve essere fatte (se non esclusa dalla legge) prima che la sentenza di condanna sia diventata irrevocabile. La remissione può essere espressa o tacita, non può essere sottoposta a condizioni. E nell’ipotesi di concorso, si estende anche a tutti i concorrenti (salvo chi la ricusa). In tema di remissione tacita, le S.U. hanno chiarito che la non comparizione del querelante, nonostante la sollecitazione del giudice, nel processo non configura una remissione. La consapevole rinuncia a comparire, se avvisati in merito alle conseguenze della scelta, va considerata una remissione tacita. • Profili formali – art. 340. Le spese sono a carico del querelato. • Nei procedimenti per cui è prevista la citazione diretta davanti al tribunale, si ricordi la remissione conseguente al tentativo di conciliazione tra querelato e persona offesa esperito con successo dal giudice. Il difensore di fiducia dell’imputato: Principio costituzionale: art. 24, comma 2 -> diritto di difesa. Nel modello accusatorio il difensore ha un ruolo più importante e impegnativo: non solo dimostra la scarsità degli elementi di prova accusatori, ma individua anche elementi che alleggeriscono la posizione. E’ esclusa l’ipotesi di una esclusiva autodifesa dell’imputato (complesso di attività che pone in essere l’imputato personalmente per dimostrare l’inconsistenza dell’accusa a suo carico). L’imputato può nominare non più di due difensori di fiducia. Le modalità di nomina sono tre (non tassative- è un atto a forma libera): 1. Dichiarazione orale resa all’autorità procedente 2. Scritta e consegnata all’autorità dal difensore 3. Documento di nomina trasmesso all’autorità con raccomanda, senza che serva autenticazione del difensore La nomina può essere: • Preventiva: per l’eventualità che si instauri un procedimento penale. Il mandato difensivo la rilasciare dovrà poi contenere i fatti ai quali si riferisce, non potendo non adeguarsi alla specificità della situazione.                                                                                                                 8  Si  ricordi  che  il  legislatore  non  gli  ha  conferito  tale  qualifica.     - L’ammissione non è più ostacolata dalla natura contravvenzionale del reato. - E’ superato il disposto che consentiva la sostituzione del difensore solo per giustificato motivo e previa autorizzazione del giudice procedente. - E’ attenuato il divieto di nomina di un secondo difensore: è ammessa nei casi in cui l’imputato partecipa a distanza al procedimento, solo per gli atti che si compiono a distanza. Si ricordi che il difensore di regola ha le facoltà e i diritti spettanti all’imputato: non però per quelli che presuppongono l’imputato come solo soggetto adenti o quelli che postulano il conferimento di procura speciale. Prima che il giudice si pronunci sull’atto controverso, l’imputato può togliere effetti con espressa dichiarazione contraria a tale atto posto in essere dal difensore. Il difensore delle parti eventuali, della persona offesa e degli enti rappresentativi di interessi lesi dal reato. • Parte civile, responsabile civile e persona civilmente obbligata stanno in giudizio col ministero di un solo difensore, munito di procura speciale apposta anche in calce o a margine dei vari atti, o con atto pubblico o scrittura privata autenticata. • Il difensore può compiere e ricevere tutti gli atti – tranne quelli che la legge riserva espressamente al rappresentato, il cui domicilio si intende eletto automaticamente ad ogni effetto processuale presso il difensore. • Il difensore non può compiere atti implicanti la disposizione del diritto in contesa – a meno di speciale procura. • Tale normativa opera anche per gli enti. • Diverso il caso della persona offesa: nomina di un solo difensore con le modalità stesse dell’imputato (è solo facoltativa, anche se ci sono contesti processuali in cui è ammessa la sola partecipazione del difensore). • Il difensore: ha gli stessi diritti e facoltà della persona offesa, può presentare memorie e può svolgere investigazioni difensive. Il sostituto difensore: Il difensore può nominare un istituto (per garantire la continuità di esercizio). Spetta quindi al difensore farlo, salvo i casi in cui spetta al giudice o al p.m. Per essere efficace: la designazione deve essere portata a conoscenza dell’autorità procedente. Per la nomina rileva la sola volontà del difensore: non serve che adduca un impedimento. E la supplenza non è più circoscritta al solo impedimento. L’opportunità è quindi consentita anche per mere esigenze di organizzazione interna: tutto dipende ora dai limiti imposti dai canoni deontologici. Il rischio maggiore potrebbe essere per l’effettività nel caso di difensore d’ufficio (nel caso di difensore di fiducia il contratto è già di per sé una garanzia). Si pensi al caso limite in cui il difensore si faccia supplire per tutto il procedimento. Il sostituto esercita i diritti e assume i doveri del difensore: la traslazione non coinvolge le situazioni che hanno come fonte una procura speciale conferita a quello sostituito (es: è inammissibile la richiesta di patteggiamento richiesta dal sostituto se la procura speciale è stata conferita solo al sostituito). Le garanzie di libertà del difensore: • Ispezioni e perquisizioni negli uffici dei difensori: solo due ipotesi. 1. Il difensore o persone che svolgono stabilmente attività nel suo ufficio sono imputati 2. Rilevare tracce o effetti materiali del reato o ricercare cose o persone predeterminate. 3. Il materiale sequestrabile ai difensori, investigatori e c.t. è delimitato al negativo: I documenti circa la difesa possono essere sequestrati solo quando sono corpo di reato. Per le S.U. il divieto non riguarda solo il materiale difensivo dello stesso procedimento in cui si svolge l’attività ma si estende anche a quello che concerne un altro procedimento. 4. Le operazioni devono essere, a pena di nullità, comunicate al consiglio locale dell’ordine, per consentire al presidente o a un delegato di presenziare. 5. Legittimazione ad agire (in prima persona): giudice o p.m. durante le indagini preliminari • Corrispondenza e conversazioni del difensore: 1. Con l’imputato (anche detenuto): divieto di sequestro e altra forma di controllo (ma la corrispondenza deve essere riconoscibile grazie alla indicazioni nella busta e l’autorità non deve avere fondato motivo di ritenere che sia un corpo di reato. 2. Divieto di intercettazione di dialoghi e comunicazione che i difensori, investigatori, c.t. o ausiliari effettuano tra di loro o con gli assistiti. Le conversazioni devono riguardare l’esercizio della funzione difensiva ma non essere integranti un reato (es: favoreggiamento). Sanzioni: • I risultati delle operazioni in divieto non possono essere utilizzati Le garanzie viste si estendono anche agli assistenti sociali iscritti all’albo e ai dipendenti del servizio pubblico per le tossicodipendenze e coloro che opera presso enti, centri, associazioni, gruppi che hanno stipulato convenzioni con le unità sanitarie locali. Colloquio del difensore con l’imputato privo di libertà personale: L’imputato ha: “Diritto di conferire immediatamente e comunque non oltre sette giorni dal momento in cui è stato eseguito il provvedimento limitativo della libertà personale”. Il soggetto sottoposto a custodia cautelare, la persona in stato di fermo o di arresto hanno il diritto di conferire con il difensore subito dopo essere stati privati della libertà personale. Il difensore va avvertito dell’esecuzione della misura e gli si dà il diritto di accedere ai luoghi ove si trovi l’assistito. Qualora non parlino la lingua italiana, gli indagati in vinculis hanno il diritto ad un interprete gratuito che consenta loro di conferire proficuamente con il proprio difensore. Per specifiche ragioni di cautela, il colloquio può essere dilazionato per un termine non superiore a 5 gg. L’eccezione opera solamente nella fase delle indagini preliminari. La privazione della libertà è effetto E’ effetto di misura pre-cautelare: di un’ordinanza cautelare ----> ----> provvede direttamente il p.m. che la decisione sul differimento spetta può dilazionarlo finché l’arrestato è posto a al gip con decreto motivato, richiesta del g.p. disposizione del giudice (max 48 ore se non ci sono più ostacoli al colloquio, salvo proroga disposta dal gip per massimo 5 gg). Anche se il decreto con cui si dispone la dilazione è inoppugnabile, al difetto o insufficienza di motivazione è ricollegabile una nullità. Abbandono della difesa e rifiuto della difesa d’ufficio: Caposaldo: assoluta autonomia del procedimento disciplinare di esclusiva competenza del consiglio dell’ordine forense. • Abbandono della difesa e rifiuto della difesa: procedimento disciplinare di sola competenza del consiglio dell’ordine forense. Trattandosi di abbandoni o rifiuto motivati dalla violazione dei diritti di difesa, se il consiglio ritiene che vi sia una giustificazione al comportamento, non applica la sentenza neppure in caso di sentenza irrevocabile che escluda la violazione dei diritti di difesa. • L’autorità giudiziaria ha solo compiti di informativa: comunica al consiglio l’abbandono o il rifiuto e i comportamenti integranti violazione dei doveri dei difensori di lealtà e proibità. • Dopo l’abbandono del difensore dell’imputato: momento di stasi fino alla nuova nomina. • Abbandono delle altre parti private, persona offesa o enti/associazioni: non è ostacolata la prosecuzione. Tranne la persona offesa, gli altri soggetti sen non provvedono alla nuova nomina perdono la possibilità di essere attivi in sede processuale. Incompatibilità, non accettazione, rinuncia e revoca del difensore DI FIDUCIA: • Incompatibilità: premessa ----> difensore che assiste più imputati. La possibilità è ammessa salvo che gli assistiti siano tra loro incompatibili (= inconciliabilità delle loro posizioni: uno deve avere interesse a sostenere tesi pregiudizievoli all’altro). Se uno degli imputati non revoca la nomina, interviene il giudice, o nel corso delle indagini il p.m., che indicata l’incompatibilità ed esposti i motivi, stabilisce il termine per la rimozione da parte degli interessati. Se questi non si attivano, il giudice con ordinanza dichiara l’incompatibilità, e sentite le parti, procede alla designazione di difensori d’ufficio. • Altra situazione, equiparata dal punto di vista processuale: preclusa la difesa da parte dello stesso difensore a più imputati, che, pur trovandosi in posizioni da cui non scaturisce conflitto, abbiano reso dichiarazioni accusatorie nei confronti di altro soggetto imputato nello stesso o connesso procedimento (processo). L’inosservanza della regola non causa nullità o inutilizzabilità ma solo una verifica circa l’attendibilità delle dichiarazioni. • Non accettazione: del difensore, ha effetto dal momento in cui perviene la comunicazione all’autorità. Con l’eventualità di possibili vuoti di copertura difensiva medio tempore. • Rinuncia e revoca: prive di effetti finché la parte non è assistita da un nuovo difensore. Se il nuovo difensore, a fini di una difesa informata, ottiene un termine a difesa (anche nel caso di incompatibilità o abbandono il nuovo difensore lo può chiedere), esse diventano efficaci solo da quel momento. Il termine era di norma non inferiore a tre giorni: spesso erano stati concessi termini ad horas. Ora ha diritto ad un termine non inferiore a sette giorni. Si può scendere sotto tale termine (limite minimo è di 24 ore) se ricorre una delle tre situazioni: 1. Consenso dell’imputato o del suo difensore 2. Specifiche esigenze processuali che possono determinare scarcerazione dell’imputato 3. Specifiche esigenze processuali che possono determinare la prescrizione del reato Ausiliari del giudice e del p.m.: Carattere strumentale rispetto alla funzione della figura cui ineriscono. Due i possibili significati: SENSO LATO= chi collabora (custode delle cose sequestrate) SENSO STRETTO= coadiutore istituzionali ---> la sua presenza è contrassegnata da continuità e ordinarietà. Aderendo alla seconda impostazione: • Cancellerie: assistenza agli atti del giudice, attività di documentazione (redazione del processo verbale), autenticazione di atti e provvedimenti emessi dal giudice, custodia delle cose sequestrate, rilascio di copie, notificazione dell’atto di impugnazione. • Segretario: funzioni analoghe al cancelliere ma nell’ambito della segreteria del p.m. • Ufficiale giudiziario: principale funzione – eseguire le notificazioni (è ausiliare quindi sia del giudice che p.m.). Egli deve occuparsi anche della relazione alla notificazione – documenta l’attività svolta; compiti funzionali al corretto svolgimento dell’udienza (impedire che i testimoni da esaminare comunichino con quelli già esaminati). • Direttore degli istituti penitenziari: ausiliario di tutti e due. Riceve e inoltra l’atto di impugnazione e altri atti contenenti dichiarazioni e richieste destinate all’autorità, da parte del soggetto detenuto o internato.   Cap. II – GLI ATTI Il libro II contiene un complesso di norme valido per l’intero procedimento – questo non significa però che in rapporto alla progressione del rito, non si pongano anche delle regole speciali. La disciplina si riferisce agli atti che si formano nel contesto del medesimo procedimento (fatta eccezione per il rilascio, la richiesta di copie, estratti, certificati o informazioni di atti ESTERNI al procedimento). --- la normativa dei documenti, come prodotto di un’attività che si è svolta fuori dal procedimento è stata collocata nel libro dedicato alle prove. • Fatto giuridico: accadimento consistente tanto in un fenomeno naturale quanto in un comportamento umano. I comportamenti possono essere: - Positivi - Negativi (es: l’irrevocabilità della sentenza che può nascere dalla mancata impugnazione della stessa). • Atto giuridico: esso si distingue dal fatto (di cui è species) a causa di una componente psichica minima – la volontarietà. • Comportamenti omissivi: se si pensa alla restituzione nel termine, si vede come il legislatore talora esiga un’indagine sulla effettiva volontarietà dell’omissione. Essi in tali ipotesi andranno trattati come degli atti giuridici. Dal punto di vista della condotta, i comportamenti si risolvono in dichiarazioni (di volontà o scienza) esternate verbalmente, per iscritto o in maniera gestuale oppure in operazioni, come gli esperimenti giuridici e le ispezioni. Se il nucleo naturalistico dell’atto, è la condotta -----> si dovrebbe parlare di atto in senso proprio solo avuto riguardo all’accezione dinamica --- invece il legislatore spesso impiega lo stesso termine “atto” per designare il risultato di un’attività – quello che ne resta documentato (es: si pensi all’uso dell’art. 431 in tema di fascicolo per il dibattimento). Da qui la cura ad utilizzare il termine documenti -----> solamente per gli atti formati al di fuori del procedimento di cui si tratta. E’ necessario anche distinguere a proposito di atti (come dichiarazioni verbali o operazioni) in: • Attività diretta a confezionare l’atto • Attività diretta a documentare l’atto L’atto processuale penale: • Piano soggettivo: solo tali quelli posti in essere da soggetti del procedimento, anche privati. • Piano oggettivo: due sono le caratteristiche; 1. Attitudine a produrre effetti giuridici dotati di rilevanza processuale penale 2. Il suo realizzarsi nel contesto del processo penale – all’interno di una fattispecie a formazione progressiva Tale impostazione oggi non appare più accoglibile – visto che il codice ha distinto due sequenze “procedimento” e “processo”, la prima delle quali più ampia e comprensiva anche della seconda. Lo spartiacque si ritrova nel compimento da parte del p.m. di uno dei vari possibili atti di esercizio dell’azione penale (tipizzati nell’art. 405). Quello che precede all’esercizio dell’azione penale ---> l’intera fase delle indagini preliminari – compone la sequenza degli atti del procedimento, mentre ciò che segue fa parte del processo. 1° e 7° comma, art. 114 -----> due tipi di divieto di pubblicazione con il mezzo della stampa o altro mezzo di diffusione: 1. Riproduzione totale o parziale dell’atto: “pubblicazione di atti”. 2. Pubblicazione di quanto l’atto esprime dal punto di vista concettuale. Rileva quindi anche la pubblicazione in modo riassuntivo o informativo: “contenuto dell’atto”. Il comma 1, correla il divieto di pubblicazione agli atti coperti dal segreto. Qui il divieto è assoluto, investendo sia la riproduzione, sia il contenuto. Il divieto in discorso opera per tutta la durata delle indagini preliminari, finché restano ignoti gli autori del reato. Esso cade con la chiusura di tale fase ----> il divieto in parola NON investe le indagini difensive. Quando viene individuata la persona sottoposta alle indagini, il divieto si modella in funzione del regime di conoscenza di ogni atto: a parte quelli a cui ha partecipato la persona o abbia assistito il difensore – tale divieto viene meno con i depositi ex art. 366 – 409, comma 2 – 415 bis comma 2. Esistono atti, come l’informazione di garanzia, che sorgono SENZA il presidio del DIVIETO assoluto di pubblicazione ex art. 114, comma 1. L’area del divieto subisce una variazione per effetto dei decreti motivati del p.m. relativi alla “desegretazione” o alla “segretazione” di singoli atti e all’imposizione di un autonomo divieto di pubblicazione con riguardo ad atti o notizie. La tutela della riservatezza della persona sottoposta alle stesse non assume in materia alcun rilievo: significativo il trattamento dell’informazione di garanzia che non è coperta dal segreto. La stessa notazione vale per i c.d. brogliacci delle conversazioni o comunicazioni intercettate in costanza della fase delle indagini preliminari, prima di ogni eventuale operazione di stralcio. Gli esiti dell’attività captativa sono liberamente pubblicabili nel loro contenuto, in quanto siano già stati resi conoscibili alla difesa. Gli atti delle indagini preliminari che non sono stati mai coperti dal segreto o per i quali è caduto, non divengono per ciò solo pubblicabili -----> ci sono una serie di divieti fissati dall’art. 114, commi 2 e 3. L’interdizione concerne la sola pubblicazione, quindi il legislatore fa leva sulla durata dei divieti modulata con riguardo alla funzione dell’atto: à se non si procede a dibattimento (art. 114 comma 2) fa cadere il divieto in discorso con la conclusione delle indagini preliminari o con il termine dell’udienza preliminare à se si procede a dibattimento ---- si distingue tra 3 categorie di atti: 1. Gli atti che al termine del dibattimento risultavano inserito nel suo fascicolo – divieto di pubblicazione destinato a cadere con la pronuncia della sentenza. Una declaratoria di illegittimità ha modificato tale termine à ora possono essere pubblicati già durante la loro formazione. Se l’atto viene trasferito dal fascicolo del dibattimento a quello del p.m. à il divieto non può che ripristinarsi automaticamente, e lo stesso nel caso in cui l’atto sia poi letto in una porzione di dibattimento tenuto a porte chiuse. 2. Gli atti che risultano collocati nel fascicolo del p.m. à sono pubblicabili subito dopo la pronuncia della sentenza di secondo grado. 3. Sono immediatamente pubblicabili gli atti nel fascicolo del p.m., in quanto utilizzati per le contestazioni. La diversa estensione dei divieti: 1. Preserva la neutralità psicologica del giudice che sarà investito del procedimento (lo stesso obiettivo è tutelato con la previsione di un doppio fascicolo in caso di dibattimento). Gli atti delle indagini preliminari nel fascicolo del p.m., la mancata acquisizione in sede di giudizio d’appello funge da presupposto per la caduta del divieto ----> si consente un controllo dell’opinione pubblica sull’operato dell’accusa – sennò non effettuabile fino alla scadenza, stabilita dalle norme sugli archivi dello stato, a meno che la pubblicazione non sia autorizzata dal ministro della giustizia – trascorsi 10 anni dall’irrevocabilità della sentenza. La diversa tipologia dei divieti: Essi si riferiscono alla sola riproduzione ---> il legislatore ha escluso che un effettivo pregiudizio derivi dalla pubblicazione di riassunti o informazioni. Per gli atti compiuti in sede di udienza dibattimentale ---> la regola è quella della libera pubblicazione: salvo eccezioni introdotte per il dibattimento tenuto a porte chiuse (nei casi dell’art. 472 commi 1 e 2). Comma 4 e 5, art. 114: due divieti di pubblicazione, disposti dal giudice, sentite le parti à • Gli atti già utilizzati per le contestazioni ---> se è scattato il divieto di pubblicazione degli atti del dibattimento, essendosi svolto a porte chiuse. • Riproduzione pubblica degli atti non segreti dei procedimenti speciali privi della fase dibattimentale, che sarebbero risultati di per sé pubblicabili con la chiusura delle indagini preliminari. -----> preoccupazione di evitare difese al buon costume, la diffusione di notizie che per legge devono rimanere segrete nell’interesse dello stato, emerge anche l’esigenza di tutela per la privacy dei testimoni e delle parti private. Comma 6 bis: prospettiva di tutela della dignità della persona Il divieto investe l’immagine di chi si trova sottoposto a restrizione della libertà personale, purché ripresa mentre si trova sottoposta all’uso di manette ai polsi o altro mezzo di coercizione fisica. La formula comprende anche chi è ripreso in stato di arresti domiciliari, o chi è tenuto saldamente a braccetto da due agenti di polizia mentre è condotto all’udienza di convalida dell’arresto. Essa è anche idonea a sopportare l’evoluzione normativa: la mente corre ovviamente all’uso dei c.d. braccialetti elettronici. Il divieto cade se la persona presta il consenso alla ripresa. Oltre le considerazioni che le forme degradanti di giustizia-spettacolo devono essere proscritte, viene qui anche in gioco regole dell’ordinamento penitenziario che vogliono il soggetto tradotto protetto dalla curiosità del pubblico e da ogni specie di pubblicità. La norma però è fornita di scarsa efficacia sul piano sanzionatorio ---> si ripiega sulla responsabilità disciplinare. 6 comma: esigenza di impedire la pubblicazione di dati che possono pregiudicare la personalità del minore, perché ne consentirebbero l’identificazione ---> il divieto si riferisce alla sola pubblicazione delle generalità o dell’immagine del minore, che assume la qualità di testimone, persona offesa o danneggiato. Il piano sanzionatorio: • Il giudice non ha inasprito le blande pene previste nell’art. 684 c.p. • Art. 734 bis c.p.: fattispecie contravvenzionale per chi divulga, senza il suo consenso, le generalità o le immagini di persona offesa da atti di violenza sessuale. • Art. 115: previsione di un apposito titolo di responsabilità disciplinare a carico degli impiegati di stato o altri enti pubblici o degli esercenti una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello stato. La categoria non include solo i giornalisti ma anche i c.d. operatori di giustizia (a testimonianza della consapevolezza del malcostume invalso in passato). Di regola la sanzione disciplinare concorre con quella penale. Vi sono ipotesi in cui la prima ha carattere esclusivo, data l’irrilevanza penale dei divieti di pubblicazione conseguenti ad un ordine di segretazione impartito dal p.m. o giudice. L’art. 682 c.p. pone infatti una riserva assoluta di legge. La circolazione di atti e informazioni sul procedimento (artt. 116-117-118) • Chiunque ne abbia interesse, può ottenere, a proprie spese, il rilascio di copie, estratti o certificati di singoli atti. La norma non chiarisce le condizioni richieste ma corre in aiuto il raffronto con gli articoli successivi. Il rilascio non può essere ottenuto se si tratta di atti ancora coperti dal segreto. Nessun ostacolo discende dall’esistenza di un mero divieto di pubblicazione sganciato da un sottostante segreto --- per la giurisprudenza consolidata il diniego dell’autorizzazione non è impugnabile à si tratta di atto amministrativo discrezionale. Nessuna autorizzazione è dovuta nei casi in cui è riconosciuto espressamente al richiedente il diritto al rilascio di copie, estratti o certificati di atti. Questo vale nei confronti della generalità delle sentenze in quanto emanate in nome del popolo, di persone o uffici coinvolti nel procedimento e delle parti private o dei loro difensori. ES: quando il diritto al rilascio di copie segue al deposito dell’atto nella segreteria del p.m. o nella cancelleria. Dopo una sentenza costituzionale del 1997, la Corte ha dichiarato illegittimo (per contrasto con il diritto di difesa) l’art. 293 comma 3, nella parte in cui non prevede la facoltà del difensore di estrarre copia, insieme all’ordinanza che ha disposta la misura cautelare, della richiesta del p.m. e degli atti presentati con la stessa. Il difensore che presenta all’autorità atti o documenti ha il diritto al rilascio dell’attestazione dell’avvenuto deposito. La norma si pone in stretto rapporto con l’esigenza di individuare con certezza la data del deposito. ----> l’esclusivo legame con la norma del 391 octies non persuade, la norma assume portata più vasta. • Rispetto all’art. 116, gli artt. 117 e 118, sulla trasmissione di copie e di informazioni da parte del p.m. o del ministro dell’interno assumono natura speciale, atteso il potere di penetrare nella sfera del segreto investigativo al fine di agevolare l’attività di investigazione e di prevenzione dei reati. - Per quanto riguarda l’attività investigativa – la trasmissione di informazioni svolge un compito essenziale stante il circoscritto ambito assegnato al processo cumulativo. Ai sensi dell’art. 117, anche se la stessa autorità procedente possa disporre la trasmissione – organo legittimato a presentare la richiesta è solo il p.m. che procede. Nessun potere per i difensori ----> che si possono avvalere dell’art. 116 o 367. A norma dell’art. 118: il ministro dell’interno, può accedere alle fonti informative, anche se gli è consentito di avvalersi con una delega, di un ufficiale di polizia giudiziaria o del personale della Dia per formulare la richiesta. Analogo potere di accesso spetta al presidente del consiglio che si può avvalere anche del direttore generale del dipartimento delle informazioni per la sicurezza. Oggetto e scopo della richiesta sono LEGISLATIVAMENTE PREDETERMINATI: - Richiesta del p.m. ----> finalizzata al compimento delle proprie indagini. È menzionata una clausola di salvezza per l’art. 371 in quanto preferito dal legislatore perché dà vita ad un rapporto più incisivo tra i diversi uffici del p.m. La circolazione di copie e informazioni quindi trova spazio quando mancano i presupposti del coordinamento informativo e investigativo o vi sia dissenso tra gli uffici del p.m. (salvo che si tratti di procedimenti per i reati di criminalità organizzata o delitti contro l’ambiente) o quando le indagini non risultano collegate. - Richiesta del ministro dell’interno ---> adempimento di un fine istituzionale – la prevenzione dei reati, con riferimento ai soli delitti che impongono l’adozione dell’arresto obbligatorio in flagranza. L’autorità giudiziaria, per lo stesso fine, può autorizzare il ministro ad accedere al registro delle notizie di reato. - Richiesta del consiglio dei ministri ----> ricevere notizie indispensabili per lo svolgimento delle attività connesse alle esigenze del sistema di informazione per la sicurezza della repubblica. Verificata la sua competenza e quella dell’organo da cui proviene la richiesta, l’autorità versa in un’alternativa secca: - RIGETTARLA: per ragioni rituali o per preservare il segreto. C’è l’obbligo di motivarla congruamente ma non è sanzionato dalla legge processuale. - ACCOGLIERLA Utilizzabilità delle copie e degli atti o delle informazioni trasmesse (art. 117) ----> la trasmissione vale solo per il compimento delle indagini da parte del p.m. Escluso ogni impiego in chiave probatoria ---> le copie valgono almeno a sorreggere la motivazione di atti compiuti autonomamente del p.m. per i quali essa è prescritta? In rapporto agli atti coperti dal segreto nel procedimento a quo, non è ammissibile tale forma di impiego nel procedimento ad quem. • Art. 117 comma 2 bis – penetrazione del segreto investigativo del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo; art. 118 bis comma 3 – dei funzionari delegati dal direttore generale del dipartimento delle informazioni per la sicurezza. Nell’ambito delle loro funzioni ---- i due soggetti possono accedere al registro delle notizie di reato presso ogni procura della repubblica – e il procuratore nazionale antimafia e terrorismo anche ai registri delle misure di prevenzione e alle banche dati logiche dedicate alle procure distrettuali nell’ambito della banca dati condivisa dalla direzione nazionale antimafia e antiterrorismo. MEMORIE, RICHIESTE E DICHIARAZIONI DELLE PARTI Le parti e i loro difensori possono presentare memorie o richieste scritte al giudice in ogni stato e grado del procedimento. Tale possibilità è estesa alla persona sottoposta alle indagini e la persona offesa. Il giudice deve provvedere entro 15 gg., ma l’obbligo scatta solo in dipendenza di una richiesta ritualmente formulata: non sono tali quelle del soggetto sfornito del diritto a presentarle o che non ha provveduto a depositarle in cancelleria, ne quelle precluse da decadenze ormai verificatesi. L’imputato detenuto o internato può presentare impugnazioni, dichiarazioni o richieste con atto ricevuto dal direttore dell’istituto. Esse, dopo l’iscrizione nell’apposito registro, sono comunicate all’autorità competente immediatamente. Le impugnazioni, le richieste e le altre dichiarazioni sono comunicate, nel giorno stesso o al più tardi in quello successivo, all’autorità giudiziaria competente mediante estratto, copia autentica o raccomandata, ma, nei casi urgenti, è possibile usare mezzi più celeri (telegramma). LA GARANZIA DELLA LEGALITA’ L’intervento del testimone – sono enunciate tassativamente le cause di incapacità (art. 120) distinte in: • Naturali: minori di anni 14; persone palesemente affette da infermità di mente o in stato di manifesta ubriachezza o intossicazione di sostanze stupefacenti o psicotrope. • Giuridiche (c.d. morali): persone sottoposte a misure di sicurezza detentive o misure di prevenzione. La collocazione di tale norma nella disciplina degli atti si intende anche come riconoscimento delle altre funzioni svolte dai testimoni: assistenza e rappresentanza a favore di soggetti implicati nel procedimento. Richiami all’art. 120 si ritrovano infatti in tema di ispezione personale, perquisizione personale e locale. Se l’imputato o le altre parti private non sono avvisate della facoltà loro concessa o ne è precluso l’esercizio ----> nullità a regime intermedio. Se le stesse ipotesi riguardano altro soggetto ----> mera irregolarità. Art. 124 – importante norma di chiusura in un sistema che adotta il principio di tassatività delle nullità. Indipendentemente dalla comminatoria di sanzioni, le norme del codice devono essere osservate dai magistrati, dai cancellieri e dagli altri organi ausiliari del giudice, compresa la polizia giudiziaria. Sebbene di obbligo si possa parlare solo con riguardo alla sussistenza di una ipotesi di responsabilità disciplinare. LE FORME DEI PROVVEDIMENTI L’art. 127 – il procedimento in camera di consiglio (c.d. rito camerale). L’articolo realizza una funzione di economia normativa (dispensando dal compito di predisporre per ogni ipotesi di procedimento in camera di consiglio le forme) e assicura anche il contradditorio (e il diritto di difesa). Ci sono casi in cui il rinvio all’art. 127 è integrale; altre norme invece introducono adattamenti talora sensibili. Tale procedimento può essere usato anche per l’emissione di una sentenza potenzialmente suscettibile di definire il procedimento (non luogo a procedere). Ci sono due diversi modi di discostarsi dal modello, e dipendono dal modo di realizzazione del contradditorio: • Modello c.d. forte (garanzia più intensa di quella dell’art. 127) – quando è imposta la partecipazione necessaria del difensore e del p.m. (udienza preliminare, udienza di incidente probatorio….). La sola indefettibile presenza del difensore è imposta per l’udienza di convalida dell’arresto in flagranza e del fermo di indiziato di delitto. • Modello c.d. debole (livello di contradditorio inferiore a quello dell’art. 127): procedimento con cui il giudice autorizza la proroga delle indagini preliminari. Il modello dell’art. 127 non deve essere sempre adottato se il giudice assume una deliberazione in camera di consiglio. Lo stesso articolo mette in evidenza l’esistenza di due categorie, quando contrappone, alle forme da seguire nel caso di procedura in camera di consiglio, l’adozione di un provvedimento anche “senza formalità di procedura”. La previsione sembra riferibile al caso in cui la causa di inammissibilità emerga prima dell’inizio dell’udienza camerale. Quando bisogna procedere in camera di consiglio, il giudice o il presidente del collegio fissa la data dell’udienza e ne dà avviso alle parti, alle altre persone interessate e ai difensori (a pena di nullità). Tale avviso deve essere comunicato o notificato almeno 10 gg. prima della data fissata e se l’imputato è privo di difensore, l’avviso è dato a quello di ufficio. L’espressa comminatoria di nullità per mancata notificazione dell’avviso opera a favore della persona a reato in tutti i procedimenti in cui non vale la previsione ex art. 178, lett. c. Fino a 5 gg prima dell’udienza possono presentarsi in cancelleria delle memorie. Il procedimento si svolge nel contesto dell’udienza senza la partecipazione del pubblico (il verbale prescritto, dopo l’intervento della Corte Cost. può oggi essere redatto anche in forma integrale). Accertata la costituzione delle parti, nei procedimenti davanti ai collegi la relazione orale è svolta da uno dei componenti, previa designazione del presidente. Il PM, gli altri destinatari dell’avviso e i difensori sono sentiti se compaiono (a pena di nullità) à da qui si ricava che non è necessaria la partecipazione di p.m. e difensore della persona sottoposta alle indagini, imputato o interessato, eccetto solo i casi richiamati. Se l’interessato ne fa richiesta ed è detenuto o internato in un luogo fuori della circoscrizione, deve essere sentito (a pena di nullità) prima del giorno dell’udienza dal magistrato di sorveglianza del luogo. Per il procedimento di riesame di misura coercitiva: la corte costituzionale ha dichiarato che la norma non vieti di disporre la comparizione dell’imputato se questi ne faccia richiesta o se il giudice lo ritenga opportuno ex officio. All’imputato che abbia chiesto, con la presentazione del riesame, di comparire personalmente è ora riconosciuto per tabulas tale diritto. L’udienza è rinviata se sussiste un legittimo impedimento dell’imputato o del condannato che ha chiesto di essere sentito. Anche in tali procedimenti, la violazione del principio di immutabilità del giudice nel corso della trattazione o deliberazione è causa di nullità assoluta. Il provvedimento finale ha la forma in genere dell’ordinanza, e deve essere comunicato al PM e notificato alle parti private, alle persone interessate e ai difensori, i quali possono proporre ricorso per cassazione. Tale ricorso non sospende l’esecuzione dell’ordinanza, salvo che il giudice disponga diversamente con decreto motivato. Tramite il deposito, i provvedimenti emessi a seguito di procedimento in camera di consiglio o de plano (senza formalità!) entrano a fare parte dell’ordinamento. Nell’ipotesi in cui il provvedimento sia suscettibile di impugnazione, l’avviso di deposito (in cui è contenuto SOLO il dispositivo) deve essere comunicato al p.m. e a tutti i titolari del diritto di impugnazione. Immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità e procedura per la correzione di errori materiali -----> manifestazioni di un potere di iniziativa ufficiosa del giudice. 1. Esigenze di economia processuale e l’attuazione del principio del favor rei impongono di arrestare lo svolgimento del processo e di far cadere la qualità do imputato appena vi sia la possibilità di pronunciare sentenza di proscioglimento. Ampia è la gamma delle formule terminative ex art. 129 e sono disposte secondo un ordine di priorità improntato alla tutela dell’innocenza dell’imputato. Si è conferita autonomia alle formule per cui “il fatto non costituisce reato” o “non è previsto dalla legge come reato”. Il riferimento alla mancanza di una condizione di procedibilità deve essere interpretato in senso estensivo, così da comprendere anche la mancanza di una causa di proseguibilità. La stessa cosa in caso di violazione del “ne bis in idem”. Poiché nel corso delle indagini preliminari non esiste ancora un giudice che procede, si è dovuto prevedere che questa immediata declaratoria operi solo nel contesto del processo. Nella fase delle indagini, compito equivalente, è svolto dall’istituto della archiviazione: • Archiviazione della notizia infondata (art. 408) à formula in iure • Mancanza di condizione di procedibilità – estinzione del reato – l’essere il fatto non previsto come reato (art. 411) à in facto La norma non viene in gioco neanche nel corso dei procedimenti incidentali. L’art. 129 subisce dei limiti applicativi per quanto riguarda le sentenze di non luogo a procedere emesse all’esito dell’udienza preliminare ----> le relative formule non coincidono con quelle qui in discorso. Residuano, nell’art. 425, le sentenze che dichiarano trattarsi di persona non punibile per una qualsiasi causa. Il giudice può emettere tale sentenza anche quando “gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contradditori o comunque non idonei a sostenere l’accusa in giudizio”. Il potere del giudice, di pronunciare ex officio declaratoria di non punibilità, trova i suoi limiti nella funzione adempiuta dall’udienza preliminare ----> se in tale sede la prova risulta insufficiente o contradditoria – la sentenza di non luogo a procedere verrà pronunciata “nelle sole ipotesi in cui è fondato prevedere che l’eventuale istruzione dibattimentale non possa fornire utili apporti” – diversamente si deve disporre il rinvio a giudizio. Per i procedimenti speciali – l’applicabilità concreta dell’art. 129, impedisce l’accoglimento della richiesta di applicazione della pena – di emissione del decreto penale e di richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova. Il silenzio serbato non pone problemi per il giudizio abbreviato e direttissimo, ma non si può dire lo stesso per il giudizio immediato, dato che la lettera della norma sembrerebbe escludere l’operatività dell’art. 129. Negli atti preliminari al dibattimento (in ragione degli scopi solo organizzativi): il proscioglimento anticipato è oggetto di apposita regolamentazione. Era ammessa la declaratoria con le SOLE formule di: • Improcedibilità dell’azione • Estinzione del reato Sempre che per accertarne l’esistenza non fosse necessario procedere a dibattimento: diversamente, il giudizio prosegue. Oggi opera in questa sede anche il non doversi procedere per: • Particolare tenuità del fatto I gradi di impugnazione: ----> l’applicabilità ex officio dell’art. 129 configura una deroga all’effetto parzialmente devolutivo dell’appello ed al carattere del giudizio in cassazione come controllo di legittimità vincolato ai motivi. In cassazione, la declaratoria per: - il fatto non è previsto dalla legge come reato ANNULLAMENTO SENZA RINVIO - il reato è estinto - l’azione penale non doveva essere iniziata o proseguita. La cassazione può anche adottare le formule: il fatto non sussiste; l’imputato non lo ha commesso. Art. 129 comma 2 ----> dispone il proscioglimento nel merito, anche in presenza di una causa estintiva del reato, con esclusivo riferimento alle sentenze di assoluzione o di non luogo procedere. La norma contiene la regola della prevalenza (c.d. priorità) della formula di merito su quella estintiva --- tale prevalenza deve risultare evidente dagli atti ----> la prova dei presupposti per la pronuncia di tale formula deve essere già stata acquisita, in termini tali da poter essere facilmente constatata. Per le sentenze di assoluzione ---> la prevalenza del merito vale anche quando manca, è insufficiente o contradditoria la prova che il fatto sussista o che l’imputato l’abbia commesso, che il fatto costituisca reato o il rato sia stato commesso da persona non imputabile. Per le sentenze di non luogo a procedere ----> stessa conclusione. Anche la morte dell’imputato non impedisce l’emissione di sentenza assolutoria o di non luogo a procedere nel merito. Negli atti preliminari al dibattimento ----> il proscioglimento anticipato NEL MERITO non trova spazio: si impone il passaggio a giudizio anche se dagli atti già risulta evidente l’innocenza dell’imputato. Nel dibattimento ----> il problema si pone quando l’imputato voglia esercitare il suo diritto alla prova. Il giudice, davanti ad una causa estintiva, altro non potrebbe fare che dichiararla --> l’imputato si vedrebbe sottratta la possibilità di ottenere tramite acquisizione della prova, la pronuncia di una formula assolutoria. Per chi ritenga operabile l’art. 129 comma 2 in tale sede, residua che l’imputato ha diritto a rinunciare all’amnistia sopravvenuta, alla prescrizione maturata, rendendo così inoperante l’obbligo di immediata declaratoria. Giudizio di cassazione: si può pronunciare la formula di merito quando il giudice di 1° o 2° grado abbia applicato una causa estintiva. L’assenza dell’imputato – i richiami all’art. 129: • Ipotesi del giudice che deve prendere atto che la notifica personale all’imputato, assente all’udienza preliminare o dibattimentale, non sia risultata possibile: prima di emettere ordinanza di sospensione del processo, deve valutare se possa essere pronunciata sentenza ex art. 129. Cadono quindi i limiti sia della pronuncia nell’udienza preliminare sia nella fase predibattimentale, si deve ritenere derogata anche la regola per cui le sentenze predibattimentali di proscioglimento non possono essere pronunciate nel merito. • Colloca tra le cause di revoca dell’ordinanza sospensiva del processo per la riscontrata non reperibilità dell’imputato, l’ipotesi in cui debba “essere pronunciata sentenza a norma dell’art. 129”. Il legislatore ha ricollegato alla sospensione del processo per non reperibilità, anche la sospensione del corso della prescrizione del reato – allo scopo di scongiurare gli espedienti a volte praticati dagli imputati per rendersi irreperibili e sottrarsi alla giustizia. Nel caso di sospensione del procedimento, però, la durata della sospensione della prescrizione non può superare i termini previsti dall’art. 161 comma 2 c.p. Tenendo presente l’esistenza di delitti imprescrittibili, la norma ha costruito un sistema di tetti massimi, da cui sono sottratti i reati espressione della criminalità organizzata. Ne discende che, revocata la sospensione del processo, l’art. 129 è destinato a sfociare nella declaratoria di estinzione del reato per sopravvenuta prescrizione. Per i reati imprescrittibili – per l’apposizione di termini massimi di durata, si configurata, una situazione assimilabile a quella tipica dei c.d. eterni giudicabili – cioè imputati che sono in permanenza non in grado di partecipare coscientemente al processo. Quanto alla messa alla prova: il giudice se ritiene che sussistano prove sufficienti per prosciogliere l’imputato, applica una delle formule dell’art. 129. Sentenza di proscioglimento per particolare tenuità del fatto ----> non menzionata tra le formule del 129. Tale sentenza implica infatti che siano svolte delle valutazioni in ordine all’accertamento del reato, valutazione incompatibile con il carattere dell’art. 129. Per la sentenza predibattimentale e per quanto riguarda le sentenze assolutorie emesse all’esito del dibattimento – si trae che in questi contesti la sentenza in esame trova spazio. Per la sentenza di non luogo a procedere dove si parla di “persona non punibile per qualsiasi causa” (art. 425 comma 1) ---> orienterebbe verso una risposta positiva. Bisogna però tenere conto che la non punibilità per particolare tenuità del fatto nei contesti dove è stata disciplinata la sua applicazione (indagini preliminari e predibattimento) presuppone la richiesta dell’interessato o il suo consenso. Riti speciali che amputano il dibattimento --> apparte i richiami già visti, la giurisprudenza elaborerà dei criteri in funzione di obiettivi di economia processuale. La correzione di errori materiali: mette in riparo da deviazioni non gravi dell’atto dal suo schema tipico. 3 i presupposti per la procedura: 1. Oggetto: solo gli atti del giudice riportabili al modello delle sentenze, ordinanze o decreti 2. All’errore materiale NON deve essere ricollegata una previsione di nullità. L’errore si deve sostanziare in una difformità tra il pensiero del giudice e la sua formulazione, mentre l’omissione deve riguardare un comando che discenda, in maniera automatica, dalla legge. 3. L’eliminazione dell’errore o omissione non deve comportare una modifica essenziale dell’atto (è consentito correggere un provvedimento dove compaia il nome di un magistrato diverso da quello che era parte del collegio). Competente a procedere: il giudice autore dell’atto, ma quando è stata proposta impugnazione, tocca al giudice ad quem, salvo che la dichiari inammissibile. Il procedimento si svolge ex art. 127 e l’ordinanza conclusiva deve essere notificata per intero ed essa è ricorribile per cassazione (anche se è stata rigettata o dichiarata inammissibile la richiesta di correzione). Per il principio di specialità, le condizioni dell’art. 130 possono essere travalicate, e infatti sono tante le ipotesi in cui è resa esplicitamente applicabile tale procedura: erronea attribuzione di generalità all’imputato, omessa condanna alle spese, condanna di persona in luogo di un’altra per errore di nome… La procedura non è applicabile se la cassazione ha omesso di dichiarare nel dispositivo di annullamento parziale, quali parti diventano irrevocabili: all’omissione pone qui rimedio una procedura de plano, tramite ordinanza pronunciata ex • Contenuto: referenti topografici e cronologici, generalità delle persone intervenute, cause della mancata presenza di coloro che dovevano intervenire. L’ausiliario indica quanto ha fatto o constatato, quanto è avvenuto in sua presenza (-> profilo descrittivo), le dichiarazioni ricevute (-> profilo dichiarativo), tutti quegli elementi che possono influire sulla credibilità delle dichiarazioni stesse (es: la loro spontaneità). • Sottoscrizione: la firma deve essere apposta alla fine di ogni foglio da parte del pubblico ufficiale, del giudice o delle persone intervenute. Se qualcuno degli intervenuti non vuole o non è in grado di sottoscrivere ----> ne è fatta menzione indicandone i motivi: l’atto resta allora pienamente valido. La regola è semplificata per il verbale del dibattimento e dell’incidente probatorio e per ragioni tecniche, tutte le volte in cui sia impiegato uno strumento meccanico che non comporta l’immediata impressione dei caratteri comuni della scrittura. Trascrizioni e riproduzioni: • I nastri impressi con i caratteri della stenotipia sono trascritti in caratteri comuni, non oltre il giorno successivo a quello in cui sono stati formati (art. 138). Ma la prescrizione risulta tecnologicamente tardiva, vista la possibilità di procedere ad una trascrizione simultanea mediante il computer. Il termine è comunque derogati da una clausola di salvezza per il verbale del dibattimento (non oltre tre giorni dalla sua formazione). Se chi ha impresso i nastri è impedito ----> il giudice dispone che la trascrizione sia affidata ad una persona idonea. • Le riproduzioni fonografiche e audiovisive sono in seguito trascritte – senza limiti di tempo – a cura del personale giudiziario. La mancata previsione di un termine va collegata al fatto che, se le parti vi consentono, il giudice può disporne l’omissione. • Il giudice può sospendere la deliberazione della sentenza per procedere alle operazioni necessarie per la lettura del verbale d’udienza redatto con la stenotipia, o per l’ascolto o la visione di riproduzioni fonografiche o audiovisive di atti del dibattimento. • Le registrazioni fonografiche e audiovisive e le loro trascrizioni sono poi incluse nel fascicolo del dibattimento. • Rapporti tra riproduzione e verbale ----> affrontati solo per la fonoregistrazione. Tutte le volte in cui è effettuata la riproduzione fonografica, nel verbale è indicato il momento di inizio e di cessazione delle operazioni di riproduzione. Essendo tale norma riferibile solo al verbale redato in forma riassuntiva ---> bisogna chiedersi se queste indicazioni si risolvano davvero nel contenuto minimo del verbale in discorso. In questo senso disponeva il progetto iniziale ma la prassi è orientata in senso diverso. • Art. 139 comma 3 ----> se una parte della riproduzione, non abbia avuto esito o non sia chiaramente intelligibile, fa prova il verbale redatto in forma riassuntiva. Così si conferisce anche alla fonoregistrazione una funzione probatoria in senso proprio. • Art. 140 ----> modalità di documentazione in casi particolari. Essa è riportabile al verbale riassuntivo ma si differenzia in quanto ai modi, risolvendosi nella sola redazione manuale e contestuale e quindi sintetica del verbale, senza la riproduzione fonografica. I presupposti: - Contenuto semplice dell’atto - Limitata rilevanza dell’atto - Situazione di contingente indisponibilità di strumenti di riproduzione o ausiliari tecnici • Comma 2: se è redatto solo il verbale in forma riassuntiva, al giudice spetta l’obbligo di vigilare perché sia riprodotta nell’originaria, genuina espressione la parte essenziale delle dichiarazioni e siano descritte le circostanze in cui sono rese. • Cause di nullità del verbale (art. 142): - Incertezza assoluta sulle persone intervenute: le S.U. hanno precisato che per integrarla, è necessario che l’identità del soggetto non solo non sia documentata nella parte del verbale ad essa riservata, ma neppure sia desumibile da altri dati. - Mancata sottoscrizione da parte del pubblico ufficiale che l’ha redatto. La clausola di salvezza di tale articolo ---> si riferisce alle ricognizioni, da cui si apprende che la mancata menzione del verbale di determinati adempimenti e dichiarazioni e delle modalità di svolgimento, determina nullità del mezzo di prova. LA DOCUMENTAZIONE DELL’INTERROGATORIO DEL DETENUTO: si intende la disciplina di quello svolto fuori dall’udienza. “Questo atto deve essere documentato integralmente con mezzi di riproduzione fonografica e audiovisiva”. Tre le condizioni perché scatti la speciale disciplina; 1. Il riferimento all’interrogatorio include varie ipotesi: interrogatorio della persona sottoposta ad indagine o dell’imputato, dell’imputato in procedimento per reato connesso o collegato. Non include per esempio le informazioni assunte da persone informate dei fatti per cui si procede, anche se “pentiti”. 2. L’interrogato deve essere a qualsiasi titolo, in stato di detenzione. La norma prescinde dallo status rivestito nel processo (opera anche nei confronti di chi sia sottoposto a custodia cautelare per un altro procedimento (1) o sta espiando una pena detentiva per un altro reato (2)). (1) - assoggettati alla custodia in carcere, a custodia in luoghi diversi dagli istituti penitenziari, quanti sono agli arresti domiciliari, coloro a disposizione della polizia in attesa che il tribunale fissi l’udienza di convalida. (2) - coloro ristretti in espiazione della pena. Per chi è in stato di arresti domiciliari ----> la circostanza che si tratti di “misura alternativa alla detenzione”, spingerebbe a determinare che la norma non operi, ma l’interpretazione sistematica suggerisce il contrario. Ma le S.U. hanno accolto l’impostazione restrittiva, per cui per non contano: persona assoggettata agli arresti domiciliari, il minorenne obbligato alla permanenza in casa, l’affidato in prova al servizio sociale, il semilibero, il condannato in licenza o in permesso premio. 3. La norma non vale per gli interrogatori assunti nel contesto spaziale e temporale dell’udienza. E nel contesto dell’udienza è indefettibile la presenza del difensore. Art. 141 bis: previsione per rafforzare la determinazione della persona sottoposta ad interrogatorio ad avvalersi della facoltà di non rispondere, in situazioni in cui il suo esercizio, già indebolito per l’accresciuta soggezione psicologica che consegue alla compressione della libertà personale, potrebbe essere posto a sollecitazioni quando il difensore non sia presente. > L’incidente probatorio nell’ambito di procedimenti concernenti determinate ipotesi di reato in materia di violenza sessuale ----> le testimonianze assunte, quando tra le persone interessate all’assunzione della prova vi siano minori di 16 anni, devono essere sempre documentate con modalità analoghe di quelle dell’art. 141 bis. > il verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione à va redatto secondo le modalità del 141 bis (legge del 2001). Sussistendo tali presupposti ---> nasce il vincolo a disporre la riproduzione fonografica o audiovisiva integrale, laddove l’aggettivo significa qui: per intero e senza interruzioni. Il giudice o il p.m. possono anche provvedere alla nomina di un perito o c.t. (qualora la riproduzione sia impossibilitata dalla indisponibilità di strumenti o di personale idoneo). La trascrizione non è obbligatoria – ma solo su richiesta di ciascuna parte. Ma si deve ritenere che essa rientri tra i poteri officiosi del giudice. La previsione di inutilizzabilità per mancata documentazione integrale ex art. 141 bis copre, per il suo carattere oggettivo e assoluto, ogni impiego dell’interrogatorio. Parte degli interpreti ritiene però che tale inutilizzabilità sia solo a fini probatori e non invece ad altri. La risposta dipende dal modo di operare della sanzione collegata ---> scatta quando in motivazione si faccia significativo impiego probatorio dell’atto viziato e non quando funga da mero antecedente storico di un altro atto del provvedimento. Quindi non si impedisce all’interrogatorio documentato in difformità dell’art. 141 bis di valere alla stregua di atto giuridicamente rilevante – e non determina l’effetto estintivo della custodia cautelare (per esempio). Se il legislatore avesse voluto così, avrebbe dovuto ricorrere allo schema della nullità. La declaratoria di nullità infatti opera con effetto ex tunc – l’interrogatorio dovrebbe ritenersi come mai avvenuto. PARTECIPAZIONE A DISTANZA: grazie alle innovazioni tecnologiche – collegamento a distanza realizzato tramite connessione video con una postazione remota. Gli istituti della: partecipazione al dibattimento a distanza e esame delle persone che collaborano con la giustizia e degli imputati di reato connesso ---> danno vita a problematiche distinte. - La partecipazione a distanza: vuole realizzare obiettivi di economia processuale riducendo le traduzioni dei detenuti e i tempi del dibattimento (si usa parlare di videoconferenza o teleconferenza) - L’esame a distanza: vuole garantire la sicurezza personale del dichiarante (si usa parlare di telesame) All’inizio ci si è avvalsi di un collegamento via rete telefonica ISDN – i suoi limiti intrinseci (come la qualità non perfetta del segnale video e l’apprezzabile intervallo temporale tra il momento in cui la domanda è formulata e quello in cui viene percepita) sono oggi superati dall’impiego delle reti IP per la realizzazione sia della multiconferenza, sia del collegamento fonico riservato. Per alcune sale è stata impiegata la tecnologia della “Telepresenza” che produce un alto grado di fedeltà rappresentativa. Si deve escludere che la videoconferenza o il telesame siano la stessa cosa dell’assistenza personale o della dichiarazione tipiche del contesto della pubblica udienza. E’ assolutamente affermativa la risposta circa l’interrogativo se gli istituti diano vita ad una realtà fenomenica diversa da quelle prese in considerazione della disciplina del codice: resta impossibile ridurre a zero la differenza tra il processo virtuale e quello attuale. Se il virtuale comporta una trasformazione dell’identità dell’essere – la mutazione consente di riconoscere tale entità sotto la nuova forma assunta? In altre parole – sono o meno la partecipazione e l’esame a distanza giuridicamente riconoscibili nei corrispondenti istituti? La partecipazione a distanza – PRESUPPOSTI: 1. Che si tratta di un dibattimento relativo ai reati indicati dall’art. 51 comma 3 bis o 407 comma 2 lett. a ----> l’istituto è collocato nella prospettiva del doppio binario 2. L’imputato deve trovarsi in stato di detenzione in carcere (a qualsiasi titolo) A questo punto nasce l’obbligo per il giudice di valutare se sia integrata una delle due ipotesi dell’art. 146 bis comma 1 disp. att.: a) Rimanda a parametri aperti quali “gravi ragioni di sicurezza o di ordine pubblico” (le ragioni di sicurezza non riguardano la dimensione pubblica, ma possono anche riguardare un soggetto chiamato a partecipare al dibattimento). b) Parametro oggettivo: esigenza di economia processuale sottostante al disegno di evitare il c.d. turismo giudiziario – particolare complessità del dibattimento e che la partecipazione a distanza sia necessaria (es: non è attivabile per le sole difficoltà organizzative ma valgono per esempio il numero di imputati o imputazioni, il fatto che l’imputato lo sia contemporaneamente in diversi processi presso diverse sedi…). c) Una terza ipotesi di partecipazione a distanza si delinea con esclusivo riferimento alla sottoposizione alle misure cautelari di cui all’art. 41 bis comma 2 ord. Penit. ---> qui il turismo giudiziario è impedito per evitare che sia usato dall’imputato per mantenere contatti con le organizzazioni criminali. L’istituto travalica quindi l’ambito della prospettiva del c.d. doppio binario ----> si dovrà farvi ricorso anche nei dibattimenti per reati di lieve entità. Il regime del 41 bis è disposto a seguito di provvedimento del ministro della giustizia ----> l’istituto finisce per dipendere dall’adozione di un provvedimento non giurisdizionale, in contrasto con l’assunto che vuole il giudice sottoposto solo alla legge. Si è replicato che l’adozione di tale regime carcerario dipende da dei presupposti specifici ed è anche sottoposto a controllo giurisdizionale tramite apposito reclamo al tribunale di sorveglianza. E’ stata apportata una integrazione all’art. 146 bis “la partecipazione al dibattimento avviene a distanza, ove possibile, quando si deve udire, in qualità di testimone, persona a qualunque titolo in stato di detenzione presso un istituto penitenziario, salvo diversa motivata disposizione del giudice”. La videoconferenza può interrompersi, con il conseguente ripristino della partecipazione fisica dell’imputato: se occorre procedere a confronto o ricognizione dell’imputato o altro atto che implichi l’osservanza della sua persona, sempre che il giudice ritenga indispensabile la sua presenza. La partecipazione a distanza va disposta prima dell’inizio della prima udienza dibattimentale con decreto motivato, che deve essere comunicato al p.m. e notificato alle parti almeno 10 gg prima la data dell’udienza. Essa può essere disposta anche nel corso dello svolgimento dell’udienza dibattimentale con ordinanza, concedendo un termine alla difesa per fronteggiare il nuovo scenario. Solo l’ordinanza potrà essere appellata. Si impone l’adozione di uno standard tecnico più elevato di quello necessario per l’esame a distanza dove non è imposta la reciprocità: qui il collegamento deve essere contestuale, reciproco ed effettivo. L’equiparazione della postazione remota all’aula di udienza estende le regole dettate per il contesto dell’udienza. Al presidente del collegio ----> resta affidato il potere di direzione del dibattimento, e quello di decidere sulle modalità del collegamento e il potere di disciplina dell’udienza. Qualifica della persona incaricata di stare nella postazione remota ----> ausiliario abilitato ad assistere il giudice in udienza e designato dal giudice stesso (o dal presidente in caso di urgenza). Solo durante il tempo in cui non si procede all’esame ----> può essere designato un ufficiale di polizia giudiziaria scelto tra coloro che non svolgono o hanno svolto attività di investigazione o protezione con riferimento all’imputato. La scelta dipende anche dalla natura delle funzioni demandate all’ausiliario: deve non solo attestare l’identità dell’imputato, dare atto dell’osservanza delle norme circa le modalità del collegamento, della riservatezza delle consultazioni tra imputato e difensori ma anche dare atto delle “cautele adottare per assicurarne la regolarità”, potendo interpellare se occorre anche l’imputato o il suo difensore. Accanto al verbale del dibattimento redatto dall’ausiliario del giudice che siede nell’aula – si avranno tanti verbali quante sono le postazioni remote. La documentazione delle dichiarazioni, richieste, eccezioni e quant’altro provenga dalle persone presenti nella postazione remota, confluirà necessariamente nel verbale tenuto dall’ausiliario del giudice che siede nell’aula di udienza. L’indagato, l’imputato o il condannato può nominare anche un secondo difensore per la partecipazione a distanza al processo penale, limitatamente agli atti che si compiono a distanza. Tale è una particolare figura di sostituto, che aveva sollevato dei dubbi di legittimità, specie per quanto riguarda l’ammissione dei non abbienti al patrocinio. Oggi apposita norma permette all’imputato di nominare il secondo difensore in questi casi, per tali esigenze di garanzia. Inoltre, il difensore il suo sostituto presenti nell’aula di udienza e l’imputato possono consultarsi riservatamente attraverso l’installazione di apposite linee telefoniche non intercettabili. indagini venga informata del diritto all’interprete e alla traduzione di atti fondamentali. Art. 143: comma 1. L’imputato (e la persona sottoposta alle indagini) che non conosce, perché non parla o non comprende, la lingua italiana. L’imputato ha infatti il diritto di farsi assistere gratuitamente da un interprete per comprendere l’accusa formulata contro di lui, in modo tale da essere messo nelle condizioni di seguire il compimento degli atti cui partecipa. Egli ha anche il diritto di essere assistito dall’interprete nei suoi colloqui con il difensore. comma 2 ----> la traduzione va effettuata entro un termine congruo (che tuttavia non investe la validità dell’atto). L’elenco è assai esteso: informazione di garanzia, informazione sul diritto di difesa… La novità sono i provvedimenti finali: secondo la giurisprudenza la traduzione delle sentenze non era dovuta salvo se espressamente richiesta. Oggi è stata introdotta obbligatoriamente anche per il decreto penale di condanna (ricollegato alla possibilità per l’imputato di impugnare personalmente) – quindi la sentenza non va tradotta quando manchi l’interesse all’impugnazione. Allo straniero che non conosce la lingua italiana non è consentito proporre impugnazione in altra lingua ---> questione di illegittimità respinta. Per particolari ragioni di urgenza, l’autorità dispone, la traduzione orale, anche in forma riassuntiva, con redazione contestuale del vernale. L’imputato può espressamente rinunciare alla traduzione scritta per quella orale ma il legislatore precisa che vale solo “se l’imputato ha consapevolezza delle conseguenze che da essa derivano”. In entrambi i casi ---> si fa anche la riproduzione fonografica della tradizione orale. Art. 143 comma 3: prevede la traduzione degli atti che siano essenziali per conoscere le accuse a carico dell’imputato. L’istanza per ottenere la traduzione è sempre gratuita e il giudice la dispone con atto motivato (anche in caso di diniego perché il provvedimento è impugnabile). L’accertamento della conoscenza della lingua italiana ----> compiuto dall’autorità giudiziaria: non è contemplata nessuna presunzione di mancata conoscenza della lingua da parte dello straniero. Conta la padronanza della lingua à una conoscenza media esclude la necessità dell’interprete. La garanzia va però coordinata con quelle predisposte per gli appartenenti ad una minoranza linguistica riconosciuta. Al cittadino italiano imputato che non comprenda la lingua è assicurata una posizione di parità con quello straniero anche se per lui opera una presunzione relativa di conoscenza della lingua italiana. L’imputato straniero che si trovi all’estero ---> obbligo di redigere nella lingua dello stato dove è nato l’invito a dichiarare o eleggere domicilio nel territorio dello stato. L’interprete deve essere nominato anche quando il giudice, il PM o l’ufficiale di polizia giudiziaria hanno personale conoscenza della lingua o del dialetto da interpretare, la prestazione del relativo ufficio assume carattere obbligatorio e si può quindi disporre l’accompagnamento coattivo dell’interprete. L’art. 143 si riferisce solo all’imputato ---> per le vittime di reato è stata introdotto una norma apposita. Art. 143 bis: comma 1: formula generica (per non imputato o persona offesa) ---> l’autorità nomina un interprete quando occorre procedere alla traduzione di uno scritto in lingua straniera o in un dialetto non facilmente intellegibile o quando la persona che vuole o deve fare dichiarazioni non conosca la lingua italiana. La persona offesa ---> va informata in una lingua a lei comprensibile delle modalità di esercizio del diritto all’interpretazione e alla traduzione. L’autorità nomina un interprete quando occorre procedere o all’audizione della persona offesa che non conosca la lingua oppure la stessa intenda partecipare ad un’udienza e abbia richiesto tale assistenza. Per ridurre i costi è disposto che: l’assistenza è assicurata anche mediante l’utilizzo di tecnologie di comunicazione a distanza; salvo che possa derivarne concreto pregiudizio ai diritti della persona offesa. Sul versante della traduzione – la persona offesa che ne ha diritto gratuitamente con riguardo a tutti gli atti (o parte di essi), che contengono informazioni utili per l’esercizio dei suoi diritti. La traduzione può essere anche orale. Dal 2015 è consentito presentare denuncia o proporre querela davanti alla procura della repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto di corte d’appello nella lingua conosciuta dalla persona offesa. Per elevare le qualità professionali di interpreti e traduttori essi sono stati collocati nell’elenco dei periti, ma oggi le persone in discorso non sono inquadrate in un ordine o collegio professionale. Quindi quando il comitato competente nel decidere sull’iscrizione o cancellazione dall’albo, è chiamato a deliberare per periti e traduttori, sono stati inclusi anche gli esponenti delle associazioni rappresentative a livello nazionale delle professioni non regolamentate (la norma è più formale che sostanziale: il legislatore non ha esteso all’interprete la norma dettata per i periti sulla nomina preferenziale di chi sia scritto agli appositi albi). E’ stato istituito un elenco nazionale di interpreti e traduttori in formato elettronico: l’autorità deve avvalersi di tale elenco, potendo nominarne di diversi solo in presenza di specifiche e particolari esigenze. Alcuni non possono svolgere la funzione di interprete – a pena di nullità. Il regime dipende dal soggetto a favore del quale l’interprete opera: se interviene per l’imputato, si configura una nullità a regime intermedio. I requisiti di capacità e le situazioni di incompatibilità dell’interprete sono costruiti sulla falsariga di quelli del perito. Non possono fungere da interprete il minorenne, l’interdetto, l’inabilitato, l’affetto da infermità mentale, l’interdetto da uffici pubblici, l’interdetto o il sospeso da una professione o da un’arte e il sottoposto a misure di sicurezza personali o a misure di prevenzione. È poi incompatibile la persona esclusa dalla testimonianza o che gode della facoltà di astenersi , nonché chi è chiamato all’ufficio di testimone od i perito, ovvero chi è nominato consulente tecnico nello stesso procedimento o in un procedimento connesso. Secondo le S.U.: incompatibilità con l’ufficio di interprete per chi abbia svolto (nello stesso procedimento) il compito di trascrivere le registrazioni delle comunicazioni intercettate. L’interprete incapace o incompatibile è ricusabile dalle parti private e, per i soli atti compiuti o disposti dal giudice, è ricusabile anche dal PM. Se esiste un motivo di ricusazione oppure gravi ragioni di convenienza per astenersi, l’interprete deve dichiararle, e sulla dichiarazione di ricusazione o di astensione decide il giudice con ordinanza inoppugnabile. Con la nomina, l’interprete è citato a comparire con notificazione e, in situazioni di urgenza, anche oralmente attraverso l’ufficiale giudiziario o la polizia giudiziaria. Il conferimento avviene senza il giuramento ma si mantiene l’obbligo di serbare il segreto (che cade con la chiusura delle indagini preliminari). Si consente all’autorità, se non ritiene di convocare l’interprete davanti a sé o il traduttore, di richiedere al gip del luogo di residenza di procedere, con rogatoria, agli adempimenti previsti nei commi che precedono il conferimento dell’incarico. Se le traduzioni scritte richiedono un lavoro di lunga durata, l’autorità procedente può prorogare, per giusta causa, il termine fissato per una sola volta. L’interprete che non ha presentato la traduzione nel termine può essere sostituito; in quest’ultimo caso, dopo essere stato citato a comparire per discolparsi, può essere condannato al pagamento di una somma a favore della cassa delle ammende. LE LINEE DI FONDO DEL REGIME DELLE NOTIFICAZIONI L’istituto delle notificazioni serve per portare a conoscenza degli atti processuali i soggetti diversi dal loro autore. Occorre osservare che la tradizionale dicotomia tra conoscenza legale, conseguente al solo rispetto delle forme stabilite dall’ordinamento, e conoscenza effettiva, per la quale è sufficiente la conoscenza effettiva anche procurata in assenza delle formalità prescritte, è stata erosa a favore della seconda. L’obiettivo di una tutela effettiva è imposto da numerose pronunce della Corte europea dei diritti dell’uomo che avevano elevato delle censure in ordine al regime della contumacia. Per questo il processo in contumacia è stato soppresso – al di fuori dei casi di assenza, di impedimento a comparire o nullità dell’avviso, il giudice debba rinviare l’udienza e disporre che il relativo avviso sia notificato personalmente all’imputato tramite polizia giudiziaria e che, se tale notifica non riesce, il processo venga sospeso. Dal punto di vista strutturale, il procedimento di notificazione è distinto in 3 fasi: c. L’impulso, consistente nell’ordine o nella richiesta di eseguire la notificazione e nella consegna materiale dell’atto all’organo esecutivo; d. L’esecuzione, cioè la predisposizione dell’atto da notificare, l’attività di ricerca del destinatario e la consegna dell’atto alla persona abilitata a riceverlo; e. La documentazione dell’attività svolta dall’organo esecutivo. GLI ORGANI E LE FORME DELLE NOTIFICAZIONI DISPOSTE DAL GIUDICE O RICHIESTE DALLE PARTI: Dovendosi tenere distinte le notificazioni disposte dal giudice, da quelle richieste dalle parti, l’art. 148 disciplina gli organi e le forme delle prime. L’organo investito in via principale dell’attività di notifica è l’ufficiale giudiziario, a cui si affiancano “chi ne esercita le funzioni” come i messi di conciliazione. Inoltre, nei procedimenti con detenuti e in quelli dinanzi al tribunale del riesame, in presenza del requisito dell’urgenza, il giudice può disporre che le notificazione siano eseguite dagli organi di polizia penitenziaria del luogo in cui i destinatari sono detenuti. Il legislatore aveva inteso sottrarre alla polizia giudiziaria il compito di provvedere alla notificazione degli atti perché estraneo a quelli istituzionalmente ad essa demandati e perché contrastante con il maggior impegno preteso dai reati più gravi (tipici del terrorismo internazionale). Allora si comprende perché infine, nei procedimenti per i delitti di strage, terrorismo e associazione mafiosa (art. 407 comma 2 lett. a nn. 1,3 e 4), al giudice è consentito avvalersi anche della polizia giudiziaria. L’indicata linea di tendenza è stata disattesa dalla norma che ha abrogato la contumacia ed introdotto l’esigenza che l’avviso sia notificato personalmente da parte della POLIZIA GIUDIZIARIA. Per le notificazione e gli avvisi ai difensori: l’autorità può disporre che essi siano eseguiti con “mezzi idonei” – unico vincolo: attestazione di avere trasmesso il testo originale. Qui sta l’intenzione del legislatore di adeguarsi ai nuovi mezzi di comunicazione (come il telefax). Oggetto della notificazione è l’atto nella sua interezza, ma ragioni di economia, tempestività o riserbo hanno indotto, in casi tassativi, a prevedere la notificazione per estratto, cioè la riproduzione della sola parte essenziale dell’atto. L’ufficiale giudiziario provvede a formare un numero di copie dell’atto uguale a quello dei destinatari della notificazione. Stesso valore dell’originale hanno le copie dell’atto quando l’ufficio che lo ha emesso attesta, in calce ad esso, di aver trasmesso il testo originale. A tutela della riservatezza, se la notifica non può essere eseguita a mani proprie del destinatario, l’ufficiale giudiziario e la polizia giudiziaria consegnano la copia dell’atto dopo averla inserita in una busta sigillata; tale prescrizione non vale però per le notificazioni al difensore o al domiciliatario. Acquista valore di notificazione la consegna di copia dell’atto all’interessato da parte della cancelleria, purché sull’originale sia annotata l’avvenuta consegna e la relativa data. Così si è codificata una prassi che parifica alla conoscenza legale quella effettiva, il che renderebbe la notificazione superflua per avvenuto raggiungimento dello scopo. Il codice ha deciso di compiere un passo verso l’obiettivo tendenziale della conoscenza effettiva. La lettura dei provvedimenti alle persone presenti e gli avvisi dati verbalmente dal giudice, o dal PM, agli interessati in loro presenza sostituiscono le notificazioni, purché ne venga fatta menzione nel verbale. Infine, sempre a protezione della riservatezza, le comunicazioni, gli avvisi ed ogni altro biglietto o invito consegnati non in busta chiusa ad una persona diversa dal destinatario devono recare solo le indicazioni strettamente necessarie. La ricerca di nuovi mezzi di comunicazione va condotta con cautela. Questo vale per le notificazioni a mezzo del telefono: nei casi d’urgenza, il giudice può disporre, anche su richiesta di parte, che le persone diverse dall’imputato siano convocate o avvisate a mezzo del telefono e a cura della cancelleria. Sull’originale dell’avviso o della convocazione sono annotati il numero telefonico chiamato, il nome, le funzioni o le mansioni svolte dalla persona che riceve la comunicazione, il suo rapporto col destinatario, il giorno e l’ora della telefonata. Alla comunicazione si procede poi chiamando il numero telefonico corrispondente all’abitazione, alla sede del lavoro abituale, alla dimora o al recapito della persona interessata; essa non ha effetto se non è ricevuta dal destinatario ovvero da persona che convive anche temporaneamente col medesimo (ha effetto invece se la comunicazione è rilasciata sulla segreteria telefonica, così come hanno statuito le S.U., anche se il difensore non la riceve per difetto dell’apparecchiatura o non ascolta). La successiva comunicazione telegrafica per estratto integra poi una forma costitutiva di questo procedimento di notifica (non una mera conferma): quando, per qualunque causa, non è possibile far luogo alla notificazione a mezzo del telefono, soccorre quella eseguita per telegramma. Secondo le S.U. l’invio del telegramma è indispensabile solo quando la legge imponga che l’avviso debba essere notificato e non quanto si limita a prevedere che debba essere dato un semplice avviso. Inedita nel sistema penale ma non in quello civile è la forma notificativa innominata a persona diversa dall’imputato, che si realizza ricorrendo a mezzi di comunicazione non tradizionali, purché, nell’apposito decreto motivato posto in calce all’atto, siano indicati il mezzo tecnico prescelto e le modalità ritenute necessarie per far conoscere l’atto al destinatario. Essa si pone in rapporto con il diffondersi sociale dell’impiego di nuovi mezzi di comunicazione ma non ne nomina opportunamente neanche uno, per un naturale adeguamento all’evoluzione (come avviene per la c.d. posta elettronica). Le notifiche di atti del PM, nel corso delle indagini preliminari (quelle RICHIESTE, non ordinate), sono anzitutto eseguite dall’ufficiale giudiziario, mentre la polizia giudiziaria può provvedere nei soli casi di atti d’indagine o provvedimenti che la stessa è delegata a compiere o è tenuta ad eseguire. Scontata è la valenza delle forme previste per le notificazioni per equipollenti, compresa quella con il rito degli irreperibili. Si applicano le forme dell’art. 149 ma non dell’art. 150. Nel caso delle notificazioni richieste dalle parti è consentito sostituire alle forme ordinarie l’invio di copia dell’atto effettuato dal difensore mediante raccomandata con ricevuta di ritorno, nel qual caso la notificazione può dirsi perfezionata con la ricezione della raccomandata secondo le regole fissate dall’ordinamento postale. Il difensore deve poi documentare la spedizione con il deposito in cancelleria della copia dell’atto inviato, l’attestazione della conformità all’originale e l’avviso di ricevimento. LE NOTIFICAZIONI ALL’IMPUTATO considera avvenuta con il deposito in cancelleria (sempreché l’offeso, dall’estero, non abbia dichiarato o eletto domicilio nel territorio dello Stato). Qualora la persona offesa si avvalga di un difensore, quest’ultimo, per ragioni di economia e di celerità, assume la funzione di domiciliata rio ex lege. Quando, per il numero elevato delle persone offese ovvero per l’impossibilità di identificarne alcune, questo tipo di notificazione risulta difficile, l’autorità giudiziaria può disporre, con decreto esteso in calce all’atto, la notificazione per pubblici annunzi. Copia dell’atto è depositato nella casa comunale del luogo ove si trova l’autorità procedente ed un estratto del medesimo è inserito nella Gazzetta Ufficiale. La notificazione si ha per avvenuta dal momento in cui l’ufficiale giudiziario deposita una copia dell’atto nella segreteria o nella cancelleria dell’autorità procedente, insieme con la relazione di notifica ed i documenti giustificativi. Per quanto riguarda la parte civile, le notificazioni sono eseguite presso il difensore nominato all’atto della costituzione, e la stessa regola vale per il responsabile civile ed il civilmente obbligato costituiti. Se costoro, invece, non si sono costituiti, permane l’obbligo di dichiarare o eleggere domicilio nel luogo in cui si procede, altrimenti le notificazioni sono eseguite mediante deposito in cancelleria. Se i destinatari sono le p.a., le persone giuridiche, o enti senza personalità giuridica, le notificazioni seguono le regole del rito civile. Nei confronti dei soggetti considerati finora (difensori, testimoni, periti, interpreti, c.t., custodi, procuratori e curatori speciali), l’art. 167 mantiene il richiamo alla disciplina della prima notificazione dell’imputato non detenuto ma non operano le regole della riservatezza e per il doppio accesso. L’espressa salvezza, nei casi di urgenza, dell’art. 149, prospetta molte questioni: appare pretestuoso il ricorso all’argomento a contrario per escludere l’operatività delle forme innominate ex art. 150. La soluzione estensiva si impone, considerando che tra i destinatari della norma ci sono i difensori delle parti ai quali gli atti debbono essere notificati, talora con ritmi serratissimi come quelli dell’incidente probatorio. Dal 2010 si possono anche eseguire notificazioni e comunicazioni a mezzo p.e.c.: ai difensori, periti, c.t., parti civili, responsabili civili… purché presenti nel Registro generale degli indirizzi elettronici. Gli avvocati devono munirsi di indirizzo da comunicarsi al consiglio dell’ordine locale. E gli ordini professionali devono pubblicare un elenco degli indirizzi che sia consultabile dalle p.a., dal suo canto, il professionista dovrà controllare tempestivamente i messaggi ricevuti (lo stesso per le comunicazioni a mezzo telefax). Il periodi di sperimentazione della posta elettronica certificata (nel tribunale di Torino) è finito e dal 2014, le notificazioni telematiche a persone diverse dall’imputato, acquistano piena efficacia nei procedimenti davanti ai tribunali e alle corti d’appello. Per gli uffici giudiziari diversi, il ministro della giustizia, deve provvedere ad individuare, gli uffici a cui applicare la nuova disciplina con apposito decreto (sono già stati inclusi i giudici di pace, il tribunale per i minorenni). Ove non sia possibile procedere per via telematica (per causa non imputabile al destinatario) ----> norme artt. 148 e ss. LA RELAZIONE DI NOTIFICAZIONE (art. 168) E LE CAUSE DI NULLITA’: Nella relazione, scritta in calce all’originale ed alle singole copie notificate, l’ufficiale giudiziario indica il richiedente, le richieste effettuate, le generalità della persona a cui è stata consegnata la copia e, se la notificazione non è avvenuta a mani proprie, i rapporti tra destinatario e consegnatario, le funzioni svolte da quest’ultimo, il luogo e la data della consegna (che se non apposta può dare luogo a responsabilità disciplinare), infine, appone la propria sottoscrizione per attestare la paternità dell’atto. La relazione non fa fede, sino a querela di falso, di quanto l’ufficiale attesti di aver fatto o di essere avvenuto in sua presenza: il giudice ne valuta liberamente il contenuto. Qualora vi sia un contrasto tra la relazione scritta sulla copia consegnata e quella sull’originale, per ciascun interessato valgono le attestazione contenute nella copia notificata. La notificazione produce effetto dal giorno della sua esecuzione, ma vi sono eccezioni: se il termine per impugnare decorre diversamente per l’imputato e per il suo difensore, vale per entrambi quello che scade per ultimo. Sul terreno dei mezzi rilevano le notificazioni effettuate con l’ausilio degli uffici postali, quale alternativa ammessa “nei modi stabiliti dalle relative leggi speciali”. Se l’ufficio restituisce il piego per irreperibilità, all’ufficiale spetta provvedere secondo le forme ordinarie. Sono cause di nullità (artt. 171 e 178)9: - L’atto notificato in modo incompleto, salvo sia consentito l’estratto; - L’incertezza assoluta circa il richiedente e il destinatario; - Il difetto della sottoscrizione di chi ha eseguito la notificazione; - La violazione delle disposizioni sulla persona a cui la copia deve essere consegnata, secondo l’ordine prescritto;                                                                                                                 9  LEGGERLI.   - La mancanza dell’avvertimento, da parte del giudice o del direttore dell’istituto, nei casi previsti dall’art. 161 commi 1, 2 e 3, sempre che la notificazione sia stata eseguita mediante consegna al difensore; - Dopo il deposito nella casa comunale, l’omessa affissione sulla porta dell’imputato o il mancato avviso di avvenuta notificazione con raccomandata con ricevuta di ritorno; - La mancanza, sull’originale dell’atto notificato, della sottoscrizione del portiere; - L’inosservanza delle modalità fissate dal giudice nel decreto con cui è stata disposta una forma particolare di notificazione, purché l’atto non sia giunto a conoscenza del destinatario. I termini: il legislatore fissa delle prescrizioni cronologiche per diverse ragioni à speditezza del rito, razionalità della progressione degli atti… I termini processuali assegnano dei limiti cronologici all’attività dei soggetti o determinano la cessazione degli effetti dell’atto (c.d. caducazione). • Dilatori: un atto non si può compiere prima che il termine sia decorso (es: termine di comparizione). Se l’atto è comunque compiuto è affetto da nullità speciale o generale. • Acceleratori: predeterminano un tempo utile per compiere l’atto (es: proposizione della querela). Si distinguono in: - Ordinatori: le loro conseguenze sono prive di rilevanza di natura processuale (es: deposito della sentenza) - Perentori (finali): la loro scadenza comporta la perdita del potere di compiere l’atto. Di regola ad essi è riportata la sanzione della decadenza. A volte il termine può assumere l’una o l’altra connotazione in funzione dell’attività del soggetti. L’elenco delle unità su cui si effettua il computo dei termini è formato da ore, giorni, mesi ed anni. Se la scadenza avviene in un giorno festivo ---> proroga ex lege al giorno successivo non festivo. NON ha rilievo l’esistenza di giorni festivi durante il decorso del termine. “Dies seu hora a quibus non computantur in termino”: regola per cui nel computare i termini stabiliti ad ore o giorni, non si ha riguardo alla frazione di ora o giorno immediatamente successiva all’avvenimento considerato, mentre si deve conteggiare l’ultima ora e giorno designato ----> è DEROGABILE. Per esempio: nel computo dei termini di custodia cautelare, secondo la giurisprudenza, si conto anche il giorno di inizio della restrizione. Se è stabilito solo il momento finale: le unità di tempo si computano intere e libere ---> non si tiene conto né del dies a quo, né del dies ad quem. Il termine per fare dichiarazioni, depositare documenti, compiere altri atti ----> si considera scaduto nel momento in cui l’ufficio medesimo viene chiuso al pubblico, a prescindere dall’orario di servizio del personale. La regola concerne solo gli atti da compiere personalmente. Per quelli a mezzo raccomandata o telegramma ---> neutralizza il tempo occorrente per la ricezione, stabilendo che l’impugnazione si considera proposta nella data di spedizione. In materia vige il PRINCIPIO DI TASSATIVITA’ – ma sono a ricondurre alla decadenza le fattispecie caratterizzate da identico trattamento. Anche se situata tra i motivi di ricorso in cassazione ---> la sanzione in parola non si risolve in una specie di invalidità degli atti. A volte il legislatore ricollega la decadenza alla: - inammissibilità dell’atto - altre volte l’inammissibilità si sostanzia in un vizio dell’atto Secondo la dottrina, tra la previsione a pena di decadenza e quella a pena di inammissibilità non corre differenza quanto alla loro natura: sono due aspetti dello stesso fenomeno, con la sola variante; • Nel primo caso: si guarda alla vicenda estintiva del potere • Nel secondo: all’invalidità dell’atto compiuto Da questo si ricollega agli atti inammissibili la disciplina della decadenza (anche la restituzione in termini). I termini sono improrogabili ---> a meno di: • Espresse previsioni legislative • Proroghe del ministro della giustizia in rapporto a eventi di carattere eccezionale • Proroga dei termini per le indagini preliminari (art. 406) • Proroga dei termini per la custodia cautelare (art. 305): nel secondo caso, essendo il potere affidato al solo organo giurisdizionale, si dovrebbe parlare di “autoproroga” L’abbreviazione del termine: chiesa o consentita dalla parte a favore della quale il termine è stabilito, mediante dichiarazione ricevuta un cancelleria. Il termine deve essere PERENTORIO. ES: termine concesso dal giudice alla difesa nel caso di modifica dell’imputazione. Il sistema conosce anche ipotesi in cui il termine è ridotto dall’autorità senza il consenso dell’interessato: es; art. 364 comma 5. Diverso dalla proroga, è il prolungamento dei termini di comparizione (art. 174). • La proroga presuppone la pendenza di un termine già in corso • Il secondo scatta dal momento della fissazione del termine dilatorio ordinario --> presuppone la non coincidenza tra il luogo di residenza o domicilio dichiarato o eletto e il comune dove è situato l’ufficio dell’autorità che procede. Sospensione dei termini: non è preso in considerazione dal titolo VI. • Nelle indagini preliminari: ipotesi di sospensione art. 70 comma 3, per l’espletamento della perizia volta a stabilire se la persona sottoposta alle indagini possa partecipare coscientemente al processo Portata generale ha la sospensione dei termini in materia penale nel PERIODO FERIALE (dal 1 al 31 agosto): l’istituto si estende anche al procedimento di esecuzione e sorveglianza (per concedere alla classe forense di godere delle ferie estive). Non investe propriamente l’attività del giudice ---> può essere depositata in tale periodo la motivazione di un provvedimento anche se il magistrato è in ferie ma il dies a quo per impugnarlo decorre dalla cessazione del periodo. La sospensione dei termini procedurali (compresi quelli per la fase delle indagini preliminari) non opera nei procedimenti relativi ad imputati in stato di custodia cautelare, se i loro difensori rinuncino inequivocabilmente ad avvalersene. La sospensione dei termini di durata delle indagini preliminari non scatta nei procedimenti per i reati di criminalità organizzata, investendo, secondo la giurisprudenza anche i termini concernenti le impugnazioni in materia di misure cautelari personali e secondo le S.U. anche quelli inerenti alle procedure incidentali in materia di misure cautelari reali. Se si tratta di procedimenti per reati la cui prescrizione matura durante la sospensione feriale, o nei successivi 45 giorni o se durante il medesimo periodo scadono o sono prossimi a scadere i termini della custodia cautelare ---> il giudice procede anche d’ufficio a pronunciare l’ordinanza inoppugnabile con cui è specificatamente modificata e dichiarata l’urgenza del processo. In questi casi i termini decorrono anche nel periodo feriale, dalla data di notificazione dell’ordinanza. La sospensione non opera nelle ipotesi ex art. 467, ossia di atti non rinviabili al dibattimento. Se nel corso del dibattimento c’è la necessità di assumere prove nel periodo feriale, il presidente procede a norma dell’art. 467. Nel caso in cui la prova non fosse stata ammessa, il giudice vi provvede nella prima udienza successiva. Se nel corso delle indagini preliminari occorre procedere nel periodo feriale al compimento di atti per i quali operi tale sospensione dei termini, il gip pronuncia ordinanza nella quale sono enunciate le ragioni di urgenza e la natura degli atti da compiere. Allo stesso modo procede il p.m. quando deve procedere a compiere accertamenti tecnici non ripetibili. LA RESTITUZIONE NEL TERMINE: rimedio eccezionale per situazioni in cui un impedimento abbia determinato l’estinzione del potere. Alla base sta l’interesse a fare in modo che tutte le parti possano effettivamente esercitare i loro diritti. La disciplina è distribuita tra: artt. 175 e 670 comma 3 ---> tramite l’instaurazione di un incidente di esecuzione, il • Vari L’inammissibilità si dichiara d’ufficio, in ogni stato e grado, senza altra causa di sanatoria se non quella di giudicato: a meno che no siano espressamente previsti limiti temporali alla sua rilevazione (es: per la costituzione di parte civile: le cause di inammissibilità non possono essere rilevate dopo la dichiarazione di apertura del dibattimento). Ad essa non si estende il principio di inammissibilità. Neanche l’inutilizzabilità è inclusa nella disciplina del libro II: e questo non può essere ricondotto al fatto che riguardi non tuti gli atti ma solo quelli PROBATORI. A dire il vero può investire non solo le prove ma anche gli atti delle indagini preliminari (es: informazioni raccolte dalla polizia nei confronti della persona sottoposta alle indagini, senza l’assistenza del difensore, sul luogo o immediatezza del fatto). In linea generale ogni inutilizzabilità appare funzionale all’esigenza di tutela della legalità della prova. Quello che rende arduo una teoria unitaria dell’inutilizzabilità, è la varietà delle ipotesi ad essa riconducibili. Questo contribuisce a spiegare perché non si sia previsto per essa il principio di tassatività; anche se alcuni sostengono che le ipotesi siano un numero chiuso. L’inutilizzabilità ha per lo più natura assoluta: divieto di ammissione e acquisizione nei confronti di chiunque, e solo talora relativa (se riferita a determinate categorie di soggetti). Le S.U. hanno ritenuto che operi nel procedimento per ottenere la riparazione per ingiusta detenzione: inutilizzabilità dichiarata nel procedimento di cognizione, comporta il divieto di trarre dalla stessa elementi circa il dolo o la colpa grave che possano impedire il riconoscimento al prosciolto di equa riparazione. Essa può essere rilevata d’ufficio, in ogni stato e grado. Profili di interferenza possono nascere con la nullità, laddove sia ricollegata ad alcune violazioni del procedimento di assunzione della prova (non è nemmeno da escludere che un atto possa essere plurisanzionato). S.U. hanno affrontato il tema di abuso del processo: che si risolve in un vizio, per sviamento, della funzione o in una frode della funzione. NULLITA’: opera il PRINCIPIO DI TASSATIVITA’. L’art. 177 ricollega il principio all’inosservanza delle disposizioni stabilite per gli atti del procedimento (comprese quelle delle indagini preliminari). Dal principio discendono dei corollari: • L’interprete non può ricorrere all’integrazione analogica, facendo leva su disposizioni che creino ipotesi di nullità e nemmeno valutare, una volta accertata, se sussista un pregiudizio effettivo. Risposte della dottrina alla luce del principio di tassatività: • I vizi della volontà considerati nel c.c. non sono riferibili agli atti processuali penali, data l’autosufficienza del relativo sistema delle nullità • Tra le nullità non si possono inquadrare allora nemmeno gli errores in iudicando, cioè i vizi sostanziali dei provvedimenti del giudice che sono autonomo motivo di ricorso in cassazione. Nonostante questo, data la loro sanabilità e i loro effetti, entrano a fare parte della teoria dell’invalidità. Le restanti difformità (escluse le ipotesi di inammissibilità e inutilizzabilità) si riportano alla mera irregolarità, produttiva di conseguenze disciplinari o ricavabili da altri rami dell’ordinamento (salvo che si ricada nell’errore materiale, cui pone rimedio, se si tratta di sentenze, ordinanze o decreti del giudice, un’apposita disciplina). A meno che non si debba ricondurre alla specie più grave di invalidità: l’inesistenza > i vizi tanto macroscopici da indurre il legislatore a non ipotizzarne nemmeno l’eventualità e l’interprete a negarne la collocazione tra gli atti giuridici. Essa è rilevabile in ogni stato e grado, ma anche oltre.10 Su un piano diverso si colloca l’abnormità dei provvedimenti del giudice: qui l’atto è idoneo a integrare lo schema normativo minimo, anche se si caratterizza per il suo contenuto del tutto estemporaneo (o sul piano funzionale o su quello strutturale). L’inesistenza pone rimedio alla tassatività delle cause di nullità, l’abnormità alla tassatività oggettiva delle impugnazioni, rendendo ammissibile un autonomo ricorso per cassazione o la rilevazione officiosa del giudice dell’impugnazione. L’abnormità è però assoggettata agli ordinari termini ad impugnandum, quindi perde rilevanza dopo la formazione del giudicato.                                                                                                                 10  Nel  linguaggio  civilistico  inesistenti  e  nulli  corrisponde  a  >  nulli  e  annullabili.     Non contrasta con il principio di tassatività ---> talune nullità sono ricavabili da una disposizione generale che rinvia a fattispecie altrove disciplinate. Art. 178: Nullità di ordine generale ---> inosservanza di una serie di disposizioni che concernono il giudice, il p.m., l’imputato, le parti private, i difensori e la citazione a giudizio della persona offesa e del querelante. All’interno di tali nullità si distinguono due sottocategorie (gli artt. 179 e 180). Alle nullità di ordine generale si contrappongono quelle speciali perché stabilite in apposita previsione legislativa: con la precisazione però che non sempre la previsione in maniera specifica comporta il regime consueto delle nullità speciali. Quando si allude a quelle generali o speciali, si allude alla differente tecnica di previsione adottata dal legislatore. Quando invece si parla di assolute o intermedie o relative si allude al regime di trattamento previsto dalla legge. LE NULLITA’ ASSOLUTE: ART. 179. Si caratterizzano per la loro insanabilità. Esse sono sottoposte all’irrevocabilità della sentenza. Anzi, nel caso ex art. 627 comma 4 si apprende che non sono rilevabili nel giudizio di rinvio le nullità assolute verificatesi anteriormente, in forza del c.d. giudicato implicito. Quindi quello che distingue le nullità assolute è il normale regime di insanabilità fino all’irrevocabilità del giudicato. Sono rilevabili ex officio in ogni stato e grado del procedimento (come quelle a regime intermedio e una sottoclasse di quelle relative). Per quanto riguarda la figura del giudice, l’area delle nullità assolute si sovrappone per intere a quella delle corrispondenti nullità di ordine generale (visto il rinvio operato all’art. 178 comma 1 lett.a). E’ quindi causa di nullità assoluta l’inosservanza delle disposizioni che concernono la capacità del giudice e il numero dei giudice necessari a costituire il collegio. NON lo sono i vizi concernenti la nomina del giudice. In proposito, art. 33: sfera di capacità del giudice: - condizioni - numero di giudici necessari per costituire i collegi Ma nega nel 2 e 3 comma che si considerino attinenti a tale ambito le disposizioni sulla destinazione del giudice ad uffici e sezioni, sulla formazione dei collegi e assegnazione dei processi a sezioni, collegi e giudici e anche le disposizioni sulla attribuzione degli affari penali al tribunale collegiale o monocratico. Per la sfera del p.m., tra le nullità in ordine generale, sono assolute solo quelle che concernono l’iniziativa dello stesso nell’esercizio dell’azione penale. ESEMPIO: Si configura una nullità assoluta quando il giudice decide sul fatto nuovo emerso nell’u.p. o nel corso dell’istruzione dibattimentale senza che lo stesso sia stato formalmente contestato dal p.m. oppure quando il fatto storico descritto nell’imputazione viene sostituito. Si collocano anche le violazioni delle disposizioni sulla capacità e sulla legittimazione del rappresentante del p.m., purchè si riflettano sulla sua iniziativa. Per l’imputato e il suo difensore – la disciplina mira a presidiare le sedi del contradditorio indefettibile. L’intervento dell’imputato è garantito nei confronti delle nullità che derivano dall’omessa citazione al dibattimento di primo grado, anche se tenuto a seguito di giudizio direttissimo, di giudizio immediato e al dibattimento di secondo grado. La proiezione della vocatio in iudicium investe tutti gli atti che compongono tale fattispecie complessa. Le S.U. ravvisano una nullità assoluta nell’omesso avviso dell’u.p. Difensore – nullità assoluta nel caso di assenza del dibattimento di primo e secondo grado, ma anche ogni altra ipotesi rispetto alla quale ne sia dichiarata obbligatoria la presenza: come assenza dall’interrogatorio di persona sottoposta a misura cautelare personale; dall’udienza di convalida dell’arresto in flagranza o del fermo di indiziati… Rispetto a tali ipotesi, anche l’incapacità o incompatibilità del difensore genera una nullità assoluta. Art. 179 comma 2: riconosce l’esistenza di nullità a previsione speciale definite come assolute. ES: con riguardo al principio di immediatezza del giudizio, che alla deliberazione della sentenza devono concorrere gli stessi giudici che hanno partecipato al dibattimento. NULLITA’ INTERMEDIE: art. 180. Esse sono in posizione mediana tra quelle assolute e quelle relative. Sono rilevabili ex officio (come le prime), e risultano sanabili in un momento anteriore all’irrevocabilità della sentenza (come le seconde). Non possono essere né rilevate, né dedotte dopo la deliberazione della sentenza di primo grado, o se verificatesi nel giudizio, dopo la deliberazione della sentenza di grado successivo. I tempi di rilevazione risultano distinti e più ampi rispetto a quelli di deduzione. In camera di consiglio, al momento della deliberazione, il giudice può rilevare una nullità la cui deduzione invece non è più consentita alle parti. Un limite di maggior portata per la deduzione deriva dalla lettura coordinata con l’art. 182 commi 1 e 2. Le S.U.: hanno espresso il principio secondo cui il termine ultimo per dedurre tali nullità, conseguente all’omessa notifica dell’avviso dell’udienza camerale di appello ad uno dei 2 difensori dell’imputato, coincide con la deliberazione della sentenza nel medesimo grado, anche se fossero stati assenti anche l’altro difensore e l’imputato pur avvisati. Per tali nullità: vale il principio per cui risulta automaticamente devoluta al giudice dell’impugnazione senza che debba formare oggetto dei motivi (c.d. perpetuatio nullitatis)? Il silenzio induce ad una risposta positiva, e ragioni sistematiche inducono a fare lo stesso anche per il ricorso in cassazione (anche se ad essa andrebbero solo devoluti i motivi e le questioni rilevabili in ogni stato e grado). L’area delle nullità intermedie si ricava per sottrazione dall’area di quelle assolute (tranne quelle del giudice che sono per intero assorbite in quelle assolute): • Inosservanza delle disposizioni circa la partecipazione del p.m. al procedimento (cioè attività di prosecuzione dell’azione penale) • Tutti quegli interventi in cui si risolve il contributo dialettico del p.m. al procedimento (es: le sue conclusioni nell’u.p.) • Le richieste del p.m. in ordine alle misure cautelari E’ facile cogliere la diversa posizione del p.m. rispetto a quella del difensore dell’imputato: la sua assenza genera una nullità a regime intermedio (non assoluta come nel caso del difensore). • Ipotesi di intervento, assistenza e rappresentanza dell’imputato: 1) ipotesi di diretta e personale partecipazione al procedimento 2) le attività svolte dal difensore e c.t. 3) serie di fattispecie eterogenee • Le disposizioni circa l’intervento, assistenza o rappresentanza delle altre parti private sono sempre tutelate da nullità a regime intermedio: l’omessa citazione di tali soggetti è sottoposta a un regime più blando di quello previsto per l’imputato. In ordine all’inosservanza delle disposizioni che concernono la sola citazione della persona offesa e del querelante: l’inserimento di tale avviso nell’ambito delle nullità a regime intermedio suona come un riconoscimento dell’esigenza che tali nullità siano rilevabili anche ex officio, a differenza di quelle relative. NULLITA’ RELATIVE: ricavabili dall’art. 181 (per esclusione). Sono le nullità generali o quelle non definite come assolute da specifiche disposizioni di legge (sono residuali). Non vale il contrario: una nullità a previsione speciale può essere riconducibile allo schema di quelle generali e così seguire il regime di quelle assolute o intermedie. L’interprete posto di fronte ad una nullità a previsione speciale, è chiamato ad individuare il trattamento mercé una serie di operazioni successive. 1. Si deve impegnare a ricondurre la fattispecie tra le nullità generali 2. Andata a buon fine, deve accertare se essa rientri nell’ambito di quelle assolute 3. Se questa dà esito negativo, la deve inserire tra le nullità a regime intermedi 4. Solo se la sua collocazione nell’ambito delle nullità generali NON sia riuscita, è autorizzato a concludere che la nullità vada assoggettata a quello delle nullità relative Ma questo non significa che il p.m. non debba almeno osservare i princìpi di fondo in tema: • Vi sono determinati atti del p.m. e della polizia destinati a confluire nel fascicolo per il dibattimento e quindi ad essere acquisiti con valore di prova in tale sede • Atti che il medesimo valore possono assumere per effetto di determinate circostanze o in conseguenza del loro impiego per le contestazioni dibattimentali, o a seguito della lettura dei relativi verbali o in forza di accordo • Inoltre nella disciplina dei procedimenti speciali “senza dibattimento”, dipende dal consenso delle parti che tutti gli atti del p.m. possano essere utilizzati come prove alla base di una sentenza di merito idonea a definire il procedimento prima del dibattimento (giudizio abbreviato) Quindi, in forza di queste ragioni, la disciplina delle prove deve operare anche con riguardo alle indagini preliminari del p.m. nella misura di una sua oggettiva compatibilità – fermo il principio che esclude l’ordinaria utilizzabilità degli atti compiuti nelle fasi preliminari ai fini della sentenza dibattimentale (!!!). Il discorso sembra distinguersi per: • Mezzi di ricerca delle prove: non è dubbio che debba essere osservata dal p.m. e dalla polizia la relativa disciplina. Se si esamina il dato formale si vede che tali norme sono riferite per lo più “all’autorità giudiziaria” (non al giudice!). Inoltre, se non fossero rispettate da tali soggetti, non si capirebbe la loro ragione di essere – che lascerebbe all’arbitrio degli organi inquirenti i casi e modi di svolgimento delle attività. Inoltre si aggiunga che di regola queste attività sono caratterizzate dalla dimensione della “sorpresa”, che corrisponde a quella degli “atti non ripetibili” e quindi da includersi nel fascicolo per il dibattimento. • Mezzi di prova: qui il riferimento è al giudice. In quanto si tratta di solito di atti destinati a sfociare in prove formate nel processo. Nel codice la regolamentazione delle stesse attività da parte del p.m. nelle indagini preliminari ha specifica autonomia – tale che fa pensare che il legislatore l’abbia separata da quella del libro III. E’ stata utilizzata anche una diversa nomenclatura per quelli del p.m.: operazioni e accertamenti tecnici e non perizie; individuazione di cose e persone e non ricognizioni; assunzione di formazioni e non testimonianze; interrogatorio di persona imputata in un procedimento connesso e non esame. Questo evidenzierebbe tra l’altro, anche la maggiore snellezza formale. Sembra da concludersi che le norme del libro III non si applichino alla disciplina dei mezzi di prova nel corso delle indagini preliminari da parte del p.m. Inoltre il legislatore ha espressamente previsto l’operatività di talune norme con riguardo a queste attività. Questo non significa che non si possa (ove non sia espresso) giungere alla loro applicazione per via interpretativa (per esempio non si vede come nella nomina dei c.t., il p.m. e gli altri soggetti possano esimersi dal rispettare la prescrizione di cui all’art. 225, comma 3). Tali operazioni sono delicate: quando il silenzio è una lacuna o quando è una scelta legislativa? Si potrebbe guardare al che le norme siano state dettate per stabilire idonee garanzie minime per il procedimento, senza le quali esso sarebbe deficitario di princìpi fondamentali del sistema. Oggetto della prova (art. 187): Per evitare che l’attività probatoria si orienti verso qualunque obiettivo di ricostruzione della verità – se ne circoscrive la destinazione verso temi coessenziali all’oggetto del procedimento stesso, nella sua complessità. Oggetto della prova -----> si fa riferimento al tema della decisione. Il criterio guida dell’attività probatoria è la PERTINENZA, che ne fissa anche i confini. Dal comma 1 emergono i fatti suscettibili di essere oggetto di accertamento (il c.d. thema probandum): • Fatti che si riferiscono all’imputazione • Quelli concernenti la punibilità dell’imputato • Concernenti la determinazione della pena o misura di sicurezza • Esercizio azione civile – responsabilità civile da reato – danni prodotti dal reato (se la parte civile si sia costituita) • C.D. fatti processuali (disposizione del tutto nuova): fatti dai quali dipende l’applicazione di norme processuali. La pertinenza è il parametro per la verifica circa la rilevanza della prova. • Prove dirette: si riferiscono immediatamente al thema probandum – hanno per oggetto direttamente il fatto da provare • Prove indirette: non immediatamente riferite ad esso – non hanno ad oggetto il fatto da provare ma un altro, dal quale il giudice potrà risalire a quello da provare con un’operazione di tipo induttivo, fondata sulle regole di logica o massime di esperienza. Queste sono anche dette prove indiziarie – per indicarne la struttura inferenziale (tali sono gli indizi).11 • Prove storiche: “rappresentative”. Il fatto viene riprodotto immediatamente davanti al giudice. • Prove critiche: “logiche”. E’ necessario l’intervento di inferenza del giudice sulla base di un itinerario logico- critico. Esse possono riferirsi all’una o all’altra delle precedenti categorie, assumendo la connotazione di una prova diretta (quelle critiche) o indiretta (quelle storiche). Le prove atipiche: Il codice non ha dettato alcuna aprioristica preclusione nei confronti delle prove non disciplinate dalla legge. Il giudice ha il compito di operare un vaglio preliminare circa l’ammissibilità di tali prove. Le valutazioni che deve fare sono due: 1. Se risulta idonea ad assicurare l’accertamento dei fatti 2. Non pregiudica la libertà morale della persona: tale tutela ha ruolo determinante. Si tratta di un’applicazione del principio per cui non possono essere utilizzati, nemmeno con il consenso della persona, tecniche e metodi probatori idonei a influire sulla libertà di autodeterminazione o tali da alterare le capacità di ricordare o valutare i fatti (sieri della verità, lie detector, ipnosi). Qualora la ritenga ammissibile, il giudice fissa le modalità della sua assunzione, dopo aver sentito le parti. Le modalità di ammissione della prova: l’assunto di fondo è che il giudice decide iuxta alligata et probata partium. -------> riconoscimento di un vero e proprio diritto alla prova in capo alle parti. art. 190: le prove sono ammesse a richiesta di parte (!!!) e il giudice provvede senza ritardo con ordinanza alla delibazione di ammissibilità. Emerge che il diritto alla prova delle parti si articola in due livelli: • Diritto a richiedere l’ammissione – salve le ipotesi (comma 2) in cui il giudice può intervenire ex officio • Diritto ad ottenere la prova richiesta (entro i limiti in cui possa venire ammessa), o comunque diritto ad avere tempestiva risposta Si ricordi che l’imputato: • Ha il diritto di ottenere l’ammissione delle prove a discarico sui fatti costituenti oggetto delle prove a carico. Specularmente riconosciuto al p.m. per le prove a carico, sui fatti costituenti oggetto delle prove a discarico. DIRITTO DI CONTROPROVA. Ammissibilità della prova – due parametri: 1. Il giudice esclude le prove vietate dalla legge 2. Esclude le prove che risultano in concreto o manifestatamente superflue o irrilevanti. La rilevanza si riferisce alla pertinenza al thema probandum; mentre la non superfluità comporta un giudizio sulla sua potenziale utilità (idoneità ad arricchire la piattaforma di formazione di convincimento del giudice). Agli stessi parametri il giudice provvede anche sull’eventuale revoca dell’ammissibilità (sentite le parti nel contradditorio). Carattere derogatorio – art. 190 bis: soli procedimenti per i delitti di criminalità organizzata (art. 51 comma 3 bis). Nel corso di tali procedimenti, quando sia richiesto l’esame di un testimone (o di uno dei soggetti dell’art. 210), i quali abbiano già reso dichiarazioni in sede di incidente probatorio o dibattimento, purché nel contradditorio con la persona nei cui confronti le dichiarazioni saranno usate, o se all’interno di altro procedimento abbiano reso dichiarazioni i cui verbali sono stati acquisiti, l’esame è ammesso solo se riguarda fatti o circostanze diversi da quelli oggetto delle precedenti dichiarazioni o se il giudice lo ritenga necessario sulla base di specifiche esigenze. La norma è estesa anche ai delitti dell’art. 190 bis comma 1-bis, con riferimento all’esame di un testimone < 16 anni o quando l’esame riguarda una persona offesa in condizioni di particolare vulnerabilità. I prìncipi dell’art. 190 si applicano nel corso del procedimento (anche prima del dibattimento): non sorgono dubbi per l’incidente probatorio, e nemmeno nell’udienza preliminare – tenendo qui conto delle modalità di assunzione delle prove che sono stabilite e anche del criterio di ammissione imperniato sul parametro della “decisività” delle prove in vista della pronuncia di sentenza di non luogo a procedere. Nella fase dibattimentale i prìncipi sono destinati a trovare la loro maggiore esplicazione: specie quelli della controprova, dell’esame diretto e incrociato. E proprio in tale sede ci sono le maggiori eccezioni al principio dell’iniziativa di parte sul terreno probatorio.                                                                                                                 11  Da  non  confondere  con  gli  indizi  richiesti  come  presupposto  per  l’adozione  di  una  misura  cautelare  personale:   il  legislatore  qui  parla  di  indizi  come  elementi  conoscitivi  di  varia  natura,  idonei  a  garantire  una  situazione  di   fumus  commissi  delicti  (non  necessariamente  dotati  di  efficacia  probatoria  piena).     Poteri ex officio - del giudice o del presidente del collegio. LE PROVE ILLEGITTIMAMENTE ACQUISITE (ammesse o assunte in violazione dei divieti di legge): NON UTILIZZABILITA’ (art. 191). E’ sia un vizio che una sanzione. Tale vizio è rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento e non ammette sanatorie, essendo modellato sullo schema delle nullità assolute. La sanzione opera per ogni inosservanza di un divieto di ammissione o di acquisizione probatoria. Essa è destinata a combinarsi con tutte le disposizioni che pur sancendo un divieto probatorio non prevedono anche una sanzione relativa alla trasgressione. L’art. trova applicazione ogni volta che si parli di “inutilizzabilità” o quando ad esso si rimandi esplicitamente. La valutazione della prova ----> art. 192. E’ ribadito il principio del libero convincimento del giudice: esso si riferisce SOLO al momento della valutazione della prova, non anche prima. La valutazione avrà ad oggetto solo le prove legittimamente ammesse ed acquisite (quindi utilizzabili). L’obbligo della motivazione dei provvedimenti: • È limite alla libertà di convincimento del giudice • È premessa logica imprescindibile per il successivo controllo delle linee di formazione del convincimento. Attraverso il passaggi argomentativi – imperniati sulla esplicitazione delle risultanze probatorie e sui criteri di valutazione utilizzati – il giudice deve ricostruire il percorso logico-conoscitivo che lo abbia condotto ad apprezzare le prove disponibili ed a trarne le conclusioni. Egli deve enunciare le prove a base della decisione e anche le ragioni per cui non ritiene attendibili le prove contrarie. Il principio del libero convincimento incontra anche dei limiti normativi (art. 192) • Per la prova di un fatto non possono essere utilizzati elementi indiziari a meno che non siano gravi, precisi e concordanti. Gli indizi assumono così valenza di prova. • Con riferimento alla situazione dei coimputati nel medesimo reato o in un procedimento connesso: le dichiarazioni provenienti da una non possono essere valutate ex se, ma devono esserlo unitariamente agli altri elementi di prova che ne confermano l’attendibilità. • La stessa cosa per le dichiarazioni dell’imputato per un reato collegato a quello per cui si procede e dell’imputato che abbia assunto l’ufficio di testimone (per effetto di un rinvio a tale norma). Quindi il giudice sembra avere fondato una sorta di presunzione relativa di inattendibilità di tali dichiarazioni (tra cui anche la “chiamata di correità”). In ordine a tale chiamata, la giurisprudenza maggioritaria stabilisce l’esigenza del riscontro probatorio estrinseco (le dichiarazioni sono subordinate al concreto vaglio di elementi di riscontro esterni). Tutto dipenderà quindi dagli sforzi del giudice per vagliare la sussistenza di ulteriori elementi probatori. La motivazione sarà suscettibile di ricorso in Cassazione, non solo se le prove sono state utilizzate senza i necessari riscontri, ma anche se non sono state utilizzate quando la possibilità di arrivare ai riscontri c’era (si vuole evitare di rendere inutilizzabili dichiarazioni che spesso sono preziose). • Divieto di cui all’art. 516 comma 1 bis: si escludere che la prova della colpevolezza dell’imputato possa essere ottenuta sulla base di dichiarazioni di chi per libera scelta si è sempre sottratto all’esame da parte dell’imputato o del suo difensore. I MEZZI DI PROVA: Si caratterizzano per il fatto di offrire al giudice risultati utilizzabili per la sua decisione.12 Essi si caratterizzano per la loro funzionalità ad assicurare la formazione della prova nel processo. L’attenzione è riservata specialmente alle modalità di assunzione. I singoli mezzi di prova: 1. TESTIMONIANZA                                                                                                                 12  I  mezzi  di  ricerca  della  prova  sono  diretti  a  permettere  l’acquisizione  di  cose,  tracce,  notizie,   dichiarazioni  idonee  ad  assumere  rilevanza  probatoria.  Si  caratterizzano  in  quanto  diretti  a   propiziare  l’acquisizione  (attraverso  di  solito  la  sorpresa)  di  elementi  probatori  precostituiti   rispetto  al  processo.     Assume  rilevanza  la  modalità  di  individuazione  e  di  ingresso  nel  processo  di  tali  elementi.     E’ eventuale: esperibile su richiesta delle parti. Le quali sono sottoposte all’esame se ne fanno richiesta o consentono alla richiesta formulata dall’altra parte (anche il p.m.). Una volta accettato, la parte non può più esercitare senza pregiudizio la strategia del silenzio. Tuttavia il rifiuto da parte dell’imputato non è del tutto libero – causa l’onere che ne fa discendere l’art. 513 comma 1. Non è data la possibilità di rifiutarsi di rispondere: anzi tale atteggiamento ha valore anche sul piano probatorio – sia ai fini della valutazione di altre risposte fornite che di altre prove. Rimane fermo il principio però volto ad evitare la self-incrimination. Le regole sulla testimonianza indiretta sono richiamate solamente per l’esame di PARTI DIVERSE dall’imputato (per questi si preferisce che il giudice acquisti tutte le informazioni che egli conosca, salvo poi valutarne la credibilità). Apposita regolamentazione risulta dall’art. 210 con riferimento all’esame di persone imputate in procedimento connesso, nei confronti di cui si procede o che comunque non possono assumere ufficio di testimone. Si stabilisce per essi che nei dibattimenti relativi a processi diversi da quello in cui rivestono la qualità di imputati, essi sono di regola esaminati a richiesta di parte, ma possono anche d’ufficio se sia stato fatto riferimento ai medesimi nell’ambito di una testimonianza o di un esame di natura indiretta. Si applicano le disposizioni dell’art. 195 e anche 194. Quanto alle forme di svolgimento dell’esame: l’art. 210 fa riferimento agli artt. 498, 499 e 500, assumendo come modello di base quello dell’esame dei testimoni. Per il resto la disciplina dell’esame di tali soggetti è costruita sulla base di un assetto intermedio tra quello di testimone e di imputato: riconoscendo loro il diritto al silenzio. Inoltre nel procedimento cumulativo il coimputato può decidere di sottrarsi a tale esame, ma non nel caso si proceda separatamente – salva la facoltà di non rispondere. Ovviamente l’area di soggetti a cui applicare l’art. 210 è oggi quella di coloro che non sono da ricomprendere nell’area degli imputati che a norma dell’art. 197 bis rivestono la qualifica di testimone. • Persone imputate in procedimento connesso a norma dell’art. 12 comma 1 lett. a • Per quelli riguardo alla lettera c) o di un reato collegato ---- la disciplina si applica solo quando i medesimi non abbiano reso in precedenza dichiarazioni concernenti la responsabilità dell’imputato. Sembra anche nel caso in cui esse abbiano reso dichiarazioni senza essere stati avvertiti ex art. 64 comma 3, con la conseguenza delle inutilizzabilità di tali dichiarazioni. Anche a tali soggetti però va dato l’avvertimento (art. 64, comma 3 lett c.) per cui se non si avvalgono della facoltà di non rispondere assumono l’ufficio di testimone: a questi andranno allora applicate non solo le disposizioni dell’art. 210, comma 5 ma anche degli artt. 197 e 197 bis (compreso l’avvertimento dell’obbligo di dire la verità). 3. CONFRONTI, RICOGNIZIONI ED ESPERIMENTI GIUDIZIALI (artt. 211-212; 213-217; 218-219) • Confronti: esclusivamente tra persone già esaminate o interrogate nel caso di dichiarazioni in contrasto su fatti e circostanze importanti. Dovrebbe trovare largo impiego anche nel corso delle indagini preliminari. Il giudice ha funzione propulsiva: - richiama le precedenti dichiarazioni - li invita alle reciproche contestazioni • Ricognizioni: possono avere ad oggetto persone o cose. Si caratterizza per l’accuratezza della descrizione degli adempimenti preliminari e dei modi di svolgimento dell’atto. E’ causa di nullità, anche solo la mancata menzione (nel verbale) dell’osservanza delle forme prescritte per la procedura. L’atto è compiuto senza che la persona sottoposta all’atto possa vedere quella chiamata ad effettuare la ricognizione (questo per evitare intimidazioni). La ricognizione di voci, suoni o di quanto altro può essere oggetto di percezione sensoriale: sono ammesse, anche se per il loro oggetto si discostano da quelle disciplinate ex lege. Il codice delinea (art. 216) una figura probatoria riconducibile nell’ambito delle prove “non del tutto disciplinate dalla legge”, per cui dovranno valere i princìpi ex art. 819. Sia nell’ambito dei confronti che delle dichiarazioni, la persona chiamata a compiere l’atto è nella condizione di dover rilasciare delle dichiarazioni assimilabili, per il loro contenuto informativo, a quelle rese dall’imputato in sede di interrogatorio o del testimone in sede di audizione. Per cui quando si tratta di IMPUTATO operano le garanzie ispirate al principio del “nemo tenetur se detegere”: quindi diritto a non collaborare all’atto e facoltà di non rispondere. Lo stesso per i coimputati dello stesso reato, o imputati in procedimento connesso o di un reato collegato. • Esperimenti giudiziali: si accerta se un fatto sia o possa essere avvenuto in un determinato modo attraverso la riproduzione della situazione. La disciplina del legislatore si è ispirata ad una semplificazione delle forme per dare luogo alla procedura: sia nei confronti dell’ordinanza che dispone l’esperimento, sia dei poteri che il giudice ha per assicurare un corretto svolgimento. Il giudice ha l’obbligo provvedere a che l’esperimento si svolga senza offendere i sentimenti di coscienza e senza esporre a pericolo l’incolumità delle persone o la sicurezza pubblica. 4. PERIZIA: la sua disciplina ha lo scopo di assicurare la più idonea competenza tecnica e scientifica dei periti, e nei congrui casi, l’interdisciplinarietà della ricerca peritale e la collegialità dell’organo a cui è affidata. Oggetto della perizia: art. 220 -----> definizione del presupposto di ammissibilità della prova peritale -----> situazioni in cui occorre svolgere delle indagini o acquisire dati o valutazioni, i quali riguardano specifiche competenze tecniche, scientifiche o artistiche. Si ricordi che: se nel corso di un’autopsia emerga il sospetto che la morte sia dovuta a reato, il medico deve sospendere le operazioni a darne immediata comunicazione all’autorità giudiziaria (perché essa possa disporre gli accertamenti peritali del caso). Ipotesi particolare di perizia: l’imputato per uno dei gravi delitti di cui quelli contro la personalità dello stato o contro la libertà sessuale, deve essere sottoposto con perizia ad accertamenti per l’individuazione di patologie sessualmente trasmissibili, tutte le volte in cui le modalità del fatto possano prospettare un rischio di trasmissione delle patologie medesime. Se il giudice ravvisa le necessità ex art. 220 comma 1, sarà obbligato, anche d’ufficio, a disporre la perizia. Prevedendo anche il contenuto dell’ordinanza che dovrà contenere il nome del perito e recare la somma enunciazione dell’oggetto delle indagini. L’ammissibilità è esclusa in rapporto a determinati oggetti ------> sono VIETATE le perizie concernenti il CARATTERE, la PERSONALITA’ dell’imputato, le forme qualificate di PERICOLOSITA’ sociale, e le sue QUALITA’ PSICHICHE indipendenti da causa patologiche: non è consentita quindi la PERIZIA PSICOLOGICA E CRIMINOLOGICA al di fuori della fase esecutiva. La nomina del perito: deve essere assicurato un adeguato livello di specifica qualificazione delle persone a cui la perizia viene affidata. Il criterio principale è l’iscrizione in appositi albi professionali ---- ma non è escluso il ricorso ad altri esperti di “particolare competenza”. Il giudice dispone una perizia collegiale quando le indagini e le valutazioni risultano di notevole complessità o quando le stesse richiedono distinte conoscenza da differenti discipline. Il giudice ha il potere di adottare ogni altro provvedimento necessario per l’esecuzione delle operazioni (escluse quelle che incidono sulla libertà personale delle persone ---- salvo se disposte dalla legge). Originariamente l’art. 224 comma 2 era stato ritenuto illegittimo proprio perché si desumeva la possibilità per il giudice di disporre prelievi coattivi di sangue o di altri tessuti/materiali organici necessari per esempio in vista del test del DNA. OGGI al giudice è permesso procedere coattivamente al prelievo di capelli o di saliva nelle forme e con le garanzie previste. -----> art. 224 bis: disciplina le perizie che richiedono il compimenti di atti idonei ad incidere sulla libertà personale. Quando si procede per uno dei gravi delitti di cui al comma 1, oltre che nei casi previsti dalla legge, se per l’esecuzione di una perizia è necessario compiere atti idonei ad incidere sulla libertà personale (come prelievo di capelli, peli….) e manchi il consenso della persona interessata, il giudice può disporre anche ex officio con ordinanza l’esecuzione coattiva sempreché essa risulti assolutamente indispensabile per la prova dei fatti. Contenuto di tale ordinanza: generalità della persona, indicazione delle ragioni di “assoluta indispensabilità”, avviso della facoltà della persona di farsi assistere da un difensore o da una persona di fiducia. Le operazioni peritali: • Non possono contrastare con divieti di legge • Non possono mettere in pericolo la vita, l’integrità fisica o la salute della persona o del nascituro • Non possono essere tali da provocare sofferenze di NON lieve entità • Devono rispettare la dignità e il pudore di chi vi è sottoposto Se la persona chiamata non compare ---- il giudice può disporre l’accompagnamento coattivo. Se la persona compare ma non presta il proprio consenso ---- il giudice dispone l’esecuzione in forma coattiva, con i necessari mezzi di coercizione fisica da impiegarsi in misura proporzionata allo scopo e per il solo tempo strettamente necessario all’esecuzione. L’atto peritale è nullo se svolto senza il difensore --- qualora la persona l’avesse nominato. Si ritorna alla disciplina generale della perizia: Il giudice conferisce l’incarico con la formulazione dei quesiti (art. 226) ---- il perito potrà essere autorizzato dal giudice ad assistere all’esame delle parti e all’assunzione di altre prove, potrà prendere visione degli atti e delle cose prodotte dalle parti solo nei limiti in cui i medesimo siano acquisibili al fascicolo del dibattimento. Il perito può raccogliere notizie dall’imputato, dall’offeso o anche da altre persone ma gli elementi così acquisiti possono essere utilizzati solo ai fini dell’accertamento peritale. Relazione finale della perizia --- il perito risponde immediatamente ai quesiti proposti e in forma orale, mediante parere raccolto nel verbale – salvo il potere del giudice di autorizzare anche la presentazione di una relazione scritta se essa è indispensabile. Se il perito non è in grado di fornire una risposta immediata, gli viene fornito un termine (non superiore a 90 gg ma prorogabile fino a 6 mesi per casi di particolare complessità). La presumibile durata della perizia assume rilievo quale presupposto di ammissibilità dell’incidente probatorio: in tale sede si può fare la perizia quando la stessa, se fosse disposta nel dibattimento, ne potrebbe determinare una sospensione > 60 gg. I consulenti tecnici (possono essere nominati in numero non superiore ai periti) sia dal p.m. che dalle parti private, lungo l’intero arco della perizia. I periti e i c.t. possono essere sottoposti ad esame secondo le disposizioni dettate per i TESTIMONI. I c.t. sono autorizzati a partecipare a tutte le operazioni peritali, formulando osservazioni e riserve ma anche proponendo al perito specifiche indagini. Possono sempre prendere visione delle relazioni, ed essere autorizzati dal giudice ad esaminare persone, cose, luoghi oggetto della perizia, purché non ne derivi ritardo all’esecuzione della perizia o al compimento di altre attività processuali. E’ possibile la nomina e l’intervento di c.t. delle parti anche quando la perizia non sia stata disposta ---- essi presentano al giudice il proprio parere su singole questioni anche attraverso delle memorie. Si realizza così un importante presupposto per l’attuazione del diritto alla prova. Se poi dopo la nomina del c.t., il giudice decide di nominare un perito, al c.t. restano gli stessi poteri esaminati prima. Se la perizia non è nominata, il c.t. si ritiene possa di sua iniziativa svolgere le indagini e gli accertamenti consentitogli dalla oggettiva disponibilità delle persone, cose, luoghi: fornendo alla parte i necessari apporti tecnici ma anche di porre il giudice nella condizione di non poter prescindere dal contenuto del parere e delle memorie presentategli. Anche il c.t. può essere sottoposto ad esame nel corso del dibattimento per consentire l’acquisizione probatoria dei suoi esiti. 5. LA PROVA DOCUMENTALE (artt. 234 – 243) • Documenti in senso stretto: formatisi fuori dall’ambito processuale • Atti: formati nel procedimento e rappresentativo di quanto vi sia accaduto (tipici sono i verbali) La disciplina in discorso si riferisce solo ai PRIMI, per cui si intendono: • Gli scritti • Ogni altra cosa idonea a rappresentare fatti, persone o cose attraverso la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo Ammessa l’acquisizione di documenti necessari al giudizio sulla personalità dell’imputato, della persona offesa, compresi anche quelli esistenti presso gli uffici pubblici di servizio sociale e di sorveglianza (- esclusi i documenti concernenti “le voci correnti nel pubblico intorno ai fatti” o “la moralità in generale”). Per i certificati del casellario giudiziale e le sentenze irrevocabili – possono venire acquisiti anche per valutare la credibilità dei testimoni. E’ consentita anche l’acquisizione di documenti e dati informatici conservati all’estero (anche se non disponibili al pubblico (-previo consenso del titolare). REGIME DIFFERENZIATO PER: • Documenti come ordinario mezzo di prova • Documenti costituenti il corpo del reato ---> questi vanno acquisiti, qualsiasi sia la persona che li abbia formati o li detenga, anche d’ufficio. Anche per i documenti provenienti dall’imputato è consentita l’acquisizione anche d’ufficio. sequestro – art. 252). E se la perquisizione è avvenuta contro la legge, il sequestro è illegittimo? Le S.U. hanno ritenuto che l’inutilizzabilità non operi quando si tratti di sequestro del corpo del reato do delle cose pertinenti al reato. Modalità del sequestro: • Necessità di decreto motivato • L’autorità può procedere di persona, sia a mezzo di ufficiale di polizia delegato col decreto Il codice esamina alcune fattispecie peculiari si sequestro: a) Sequestro di corrispondenza (art. 254): § Permessa la sequestrabilità negli uffici postali di lettere, pieghi, pacchi e ogni altro oggetto presumibilmente spedito dall’imputato o a lui diretto o che possa avere relazione con il reato. • Se al sequestro procede un ufficiale, egli ha l’obbligo di consegnare il materiale al magistrato senza aprirlo o alterarlo e senza prendere in altro modo conoscenza del loro contenuto. • Se si accerta ex post la loro estraneità dall’ambito della corrispondenza suscettibile di sequestro: il materiale va immediatamente restituito all’avente diritto. § Sequestro presso i fornitori di servizi informatici, telematici o di telecomunicazione, dei dati detenuti: • L’autorità stabilisce che la loro acquisizione avvenga mediante copia di essi su un adeguato supporto attraverso una procedura che assicuri la conformità dei dati acquisiti a quelli originali e la loro immodificabilità. b) Sequestro presso istituti bancari (art. 255): non ci sono grandi peculiarità, se non che l’esecuzione dell’atto può essere delegata agli organi di polizia giudiziaria. • Possono venire sequestrati documenti (anche quelli bancari), titoli, valori, somme e ogni altra cosa, anche se depositata o contenuta in cassetta di sicurezza, quando si abbia fondato motivo di ritenere la loro pertinenza al reato. E’ ribadita allora la insussistenza di qualsiasi segreto bancario di fronte al sequestro penale. c) Il sequestro di atti e documenti coperti dal segreto: E’ stata ricalcata la disciplina già vista per il rapporto tra testimonianza e segreto. • Le persone (degli artt. 200 e 201) hanno un generale dovere di esibizione se viene loro richiesto dall’autorità giudiziaria la consegna di atti, documenti e ogni altra cosa di cui abbiano disponibilità in ragione del loro ufficio, incarico, ministero o professione. A meno che le stesse vi si oppongano dichiarando per iscritto il vincolo derivante dal segreto professionale, d’ufficio o di stato. Se si tratta di segreto professionale o d’ufficio --- se l’autorità ne dubita la sussienza dispone accertamenti. In caso di segreto giornalistico ---- il sequestro deve essere ordinato, prescindendo dalla fondatezza, se le notizie fornite dalla fonte fiduciaria, risultano indispensabili ai fini della prova del reato e la loro veridicità possa essere accertata solo con l’identificazione di tale fonte. Non possono essere sottoposti a sequestro gli atti o documenti contenenti i nomi degli informatori confidenziali, dei quali gli organi di polizia dichiarino di non volere rivelare l’identità (tutelando anche qui, come nella testimonianza il c.d. segreto di polizia). In caso di Segreto di stato: gli adempimenti dell’autorità sono gli stessi previsti per la testimonianza. Anche qui si prevede l’operatività dell’art. 204. • Acquisizione di documenti, atti o cose presso le sedi dei servizi di informazione per la sicurezza nell’eventualità in cui i responsabili degli uffici non eccepiscano il segreto di stato: l’autorità – dopo aver proceduto con un ordine di esibizione all’esame sul posto dei suddetti documenti, e dopo avere acquisito solo quelli strettamente indispensabili – si può rivolgere al P. del Consiglio, sollecitandone una decisione se ritenga che i documenti esibiti non siano quelli richiesti o siano incompleti. L’autorità gli si deve rivolgere anche quando intende acquisire un documento originato da un organismo informativo estero e trasmetto con vincolo di non divulgazione ---- il Presidente o autorizza l’acquisizione o oppone il segreto di stato. Se il responsabile eccepisce il segreto --- l’esame e la consegna dei documenti deve venire sospesa per fare luogo alla trasmissione al P. del Consiglio, il quale o autorizza l’acquisizione o conferma il segreto – salva la precisazione che se il presidente non si pronuncia entro 30 gg, l’autorità può procedere. Vicende estintive del sequestro: E’ possibile impugnare il decreto di sequestro con la richiesta di riesame. Estinzione del vincolo ------> la restituzione delle cose – dipendono dal venire meno delle esigenze probatorie (ecco perché la collocazione di tali regole è stata spostata nel codice dall’ambito dell’esecuzione civile in materia penale a quello della regolamentazione del sequestro come mezzo di ricerca della prova). “Quando non è necessario mantenere il sequestro ai fini della prova, le cose sequestrate devono essere restituite a chi ne abbia diritto anche prima della sentenza”. C’è la possibilità che il sequestro con finalità probatoria si converta in uno con finalità cautelare: la conversione NON è automatica ---- opera solo una saldatura tra il momento estintivo del sequestro penale e quello eventuale dell’adozione della cautela. --- Venuta meno l’esigenza probatoria, il giudice può mantenere il vincolo a tiolo di sequestro conservativo o preventivo solo quando abbia verificato la sussistenza dei presupposti cautelari richiesti per l’una o l’altra misura. Se esistono più esemplari identici della stessa cosa sequestrata e questa presenti interesse ai fini della prova --- il giudice dispone il sequestro per un solo esemplare. Art. 263: il provvedimento per la restituzione è pronunciato de plano se non ci sono dubbi sulla loro appartenenza --- se sorgono controversie sulla loro proprietà, la risoluzione è RIMESSA al giudice civile fermo il vincolo del sequestro. Competenza --- normalmente il giudice procedente, ma nel corso delle indagini preliminari, sulla restituzione provvede il p.m. con decreto motivato. Contro il decreto che ha disposto la restituzione o che ha rigettato la relativa richiesta --- le persone interessate possono proporre opposizione, su cui decide il gip ai sensi dell’art. 127. 3. INTERCETTAZIONI DI CONVERSAZIONI E COMUNICAZIONI (artt. 266-271) Art. 15 Cost.: la libertà e la segretezza delle comunicazioni “inviolabili” possono venire limitate soltanto per atto motivato dall’autorità giudiziaria e con le garanzie stabilite dalla legge. art. 266 - Limiti oggettivi di ammissibilità delle intercettazioni di conversazioni, anche i colloqui tra presenti (anche nei luoghi di domicilio previa introduzione di appositi strumenti di ascolto da autorizzarsi e purché vi sia in corso l’attività criminosa) e le comunicazioni di qualunque specie. art. 266 bis – è sempre consentita anche l’intercettazione del flusso di comunicazioni relativo a sistemi informatici o telematici tutte le volte in cui si proceda per uno dei reati indicati dall’art. 166 e per i reati commessi mediante l’impiego di tecnologie informatiche o telematiche. Art. 267 – l’intercettazione può venire disposta dal p.m. solo a seguito di autorizzazione da parte del gip, che vi provvede con decreto motivato, quando in presenza di gravi indizi di reato, l’intercettazione risulti assolutamente indispensabile. Nei casi di urgenza ---- si ammette che l’iniziativa possa essere assunta dal p.m. con decreto motivato da convalidarsi entro 48 ore da parte del gip con un proprio decreto. Se manca la convalida, l’intercettazione non può continuare e i risultati non possono essere utilizzati. Per quanto riguarda l’acquisizione dei tabulati del traffico telefonico ---- le S.U. hanno ribaltato l’originaria impostazione escludendo la necessità di estendere a questa acquisizione le garanzie dettate per le intercettazioni, sostenendo che qui ci si limita ad acquisire la documentazione del fatto storico che consiste nelle conversazioni tra determinati soggetti in determinate circostanze ---- basta un provvedimento motivato dell’autorità giudiziaria (il p.m.). I dati di tale traffico devono essere conservati dal forniture del servizio per 24 mesi dalla data della comunicazione “per finalità di accertamento e repressione dei reati” – il termine è di 12 mesi rispetto ai dati concernenti il traffico telematico – 30 gg per i fati concernenti le “chiamate senza risposta”. Entro tali termini possono venire acquisiti dal p.m. anche su istanza dei difensori delle parti. Il difensore dell’imputato --- potere, in sede di indagini difensive, di richiedere direttamente a tali fornitori i dati relative alle utenze del proprio assistito. Nell’ambito della lotta al terrorismo --- previsti tempi di conservazione più lunghi per tali dati telefonici o telematici. Intercettazioni – modalità: • Decreto: deve indicare le modalità, la durata delle operazioni. Queste non possono prolungarsi oltre 15 gg, prorogabili dal giudice con decreto motivato e in permanenza dei presupposti richiesti ab origine e devono venire eseguite personalmente dal p.m. o tramite ufficiale di polizia. Disciplina particolare – i delitti di criminalità organizzata (e il delitto di minaccia col mezzo del telefono, quelli di natura terroristica o eversiva e altri come riduzione e mantenimento in schiavitù): quando l’intercettazione risulti necessaria per svolgere le indagini, può essere autorizzata dal giudice anche solo in presenza di sufficienti indizi di reato, nella valutazione dei quali si deve applicare l’art. 203. La durata delle operazioni di regola non può superare i 40 gg – salvo proroga motivata, previa verifica della permanenza dei presupposti per periodi successivi di 20 gg. Se si tratta di intercettazione tra persone presenti (c.d. intercettazione ambientale) – nell’ambito dei procedimenti di criminalità organizzata e altri gravi delitti – si stabilisce che l’operazione possa essere stabilita (anche nel domicilio) pur quando non vi sia motivo di ritenere che nei luoghi si svolga l’attività criminosa. Lo stesso vale per le intercettazioni ambientali consentite allo scopo di agevolare le ricerche dei latitanti per tali delitti. Le S.U. hanno chiarito che nei medesimi casi, è legittima la captazione di conversazioni (anche nel domicilio) mediante l’installazione del dispositivo portatile appartenente ad un interlocutore di un “captatore informatico” (c.d. trojan virus). Le garanzie: • Il p.m. deve annotare su apposito registro tutti i decreti che abbiano disposto, autorizzato, convalidato o prorogato intercettazioni – i tempi di inizio e di conclusione delle operazioni. • Le operazioni vanno compiute esclusivamente per mezzo di impianti installati dalla procura della repubblica – si consente che il p.m. possa con decreto autorizzare l’uso di impianti di pubblico servizio, o quelli in dotazione alla polizia giudiziaria, quando sussistono eccezionali ragioni di urgenza. Nel caso di intercettazioni di comunicazioni informatiche o telematiche – si può autorizzare l’impiego di impianti appartenenti ai privati. • Le comunicazione intercettate vanno sempre registrate e nel relativo verbale deve essere trascritto sommariamente il loro contenuto. Art. 268 successivi adempimenti: • Immediata trasmissione dei verbali e delle registrazioni al p.m. • Deposito degli stessi in segreteria entro 5 gg dalla conclusione delle operazioni ---- salva la possibilità di ritardo se potrebbe derivarne grave pregiudizio • I difensori delle parti sono avvisati della facoltà di esaminare gli atti, di prendere conoscenza delle registrazioni (anche ascoltandole) entro il termine fissato dal p.m. --- così si apre la via per il contradditorio tra p.m. e difensori che è momento essenziale del procedimento incidentale, diretto alla cernita e selezione del materiale. Tale procedimento si dovrebbe svolgere entro la chiusura delle indagini preliminari, nell’ambito di una apposita udienza camerale (per ragioni di privacy). Si ricordi però che a seguito del deposito e dell’avviso ai difensori, il segreto sugli atti è caduto e così anche il divieto di pubblicazione del loro contenuto. Quindi tale disciplina è carente sotto il profilo della riservatezza ---- meglio sarebbe se le intercettazioni fossero segrete almeno finchè non si selezionano quelle da acquisire. • Scaduto il termine per i difensori, il giudice dispone – su richiesta delle parti – l’acquisizione delle conversazioni e comunicazioni indicate dalle parti stesse che non appaiano manifestatamente irrilevanti. Il giudice procede anche d’ufficio, con la possibilità di partecipazione del p.m. e dei difensori, allo stralcio delle registrazioni e dei verbali di cui sia vietata l’utilizzazione. Provvede poi alla trascrizione integrale delle registrazioni destinate ad essere acquisite – nel rispetto delle forme e delle garanzie dettate per le perizie – salva la facoltà dei difensori di estrarre copia delle trascrizioni e di trasporre le registrazioni su dei nastri. Le trascrizioni – espressione di atti non ripetibili – sono inserite nel fascicolo del dibattimento. • I verbali e le registrazioni vanno conservati integralmente nell’ufficio del p.m. che le ha disposte fino al passaggio in giudicato della sentenza – quando però la documentazione non sia necessaria per il procedimento, si ammette che gli interessati (quando tutela la loro riservatezza) possano chiederne la distruzione. • Art. 270: disciplina dell’utilizzabilità probatoria di intercettazioni in procedimenti diversi: - Le notizie di reato possono essere assunte anche da queste - Le intercettazioni, in questi contesti, possono essere utilizzate solo se risultano indispensabili per l’accertamento dei delitti per cui è obbligatorio l’arresto in flagranza. - Si è stabilito che una volta trasmetti le registrazioni e i verbali, in tale procedimento si debba assicurare il contradditorio in ordine a questa documentazione. - Per evitare i rischi di una trasmissione soltanto parziale: il p.m. e i difensori possono esaminare l’intera documentazione (compresa quella oggetto di stralcio). - S.U. ----- l’intercettazione è sempre utilizzabile qualora costituisca corpo del reato, anche quando non sia indispensabile per accertare delitti per cui è disposto l’obbligo di arresto in flagranza. Se l’autorità con le intercettazioni acquista comunicazioni di servizio di appartenenti al sistema dei servizi di sicurezza ----- la documentazione va secretata e custodita in luogo protetto – l’autorità deve anche trasmettere al presidente del Consiglio copia della documentazione nella parte che contiene le informazioni di cui intende avvalersi nel processo per accertare l’eventuale presenza di un segreto di stato. Trascorsi 60 gg senza che il Presidente opponga il segreto – l’autorità può acquisire la documentazione. Se invece il segreto è opposto – l’utilizzazione è inibita. Art. 270 bis: lascia intendere come – prima che sopraggiunga la risposa del presidente – le informazioni inviategli possono venire utilizzate, ma solo nei limiti di una prospettiva cautelare ----> pericolo di inquinamento delle prove, o di fuga / quando sia necessario intervenire per prevenire o interrompere la commissione di un delitto. Art. 271 – i divieti di utilizzabilità delle intercettazioni contra legem ----> i risultati non possono essere utilizzati sul piano probatorio (non come fonte di notizia di reato) quando siano state effettuate senza rispettare gli artt. 267 e 268 comma 1 e 3 o fuori dai casi consentiti dalla legge (---> il riferimento è ai “limiti di ammissibilità” sanciti dall’art. 266) o di altre specifiche disposizioni ---> come l’art. 103 comma 5 circa le comunicazioni dei difensori o c.t. art. 68, comma 3 C: necessità di autorizzazione da parte della camera di appartenenza per poter sottoporre i membri del parlamento ad intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni. La richiesta deve essere effettuata dall’autorità che ha emesso il provvedimento da eseguire --- nel frattempo l’esecuzione rimane sospesa. Stessa disciplina nel caso di acquisizione di tabulati di comunicazione nei riguardi di un parlamentare. Anzi si prevede un onere motivazionale nel caso di adozione della misura carceraria circa l’inidoneità della detenzione domiciliare a fronteggiare il pericolo. Le esigenze cautelari (art. 274): a) sussistenza di specifiche ed inderogabili esigenze attinenti alle indagini in rapporto a situazioni di concreto ed attuale pericolo per l’acquisizione o la genuinità della prova. Esse devono essere fondate su circostanze di fatto espressamente indicate nel provvedimento, a pena di nullità rilevabile anche d’ufficio. Le situazioni di concreto e attuale pericolo non possono essere individuate nel rifiuto della persona sottoposta ad indagini o dell’indagato di rendere dichiarazioni, né nella mancata ammissione degli addebiti (dal 1995) – la collocazione infelice nella sola lett. a di tale precisazione, potrebbe indurre a pensare che non operi lo stesso principio per le lett. b e c, in realtà si deve desumere dal sistema che l’esercizio del diritto al silenzio non è mai fondamento (sul terreno del periculum libertatis) di una misura cautelare. Il proposito è quello di evitare il c.d. pericolo di inquinamento della prova. Di solito gli si affianca un preciso intento di escludere qualunque possibilità di impiego delle misure in questione allo scopo di assicurare il compimento di atti determinati.   b) Ipotesi di fuga o di pericolo di fuga dell’imputato – ma per le sole imputazioni per cui il giudice preveda che possa venire irrogata una pena superiore a due anni di reclusione. Il pericolo deve essere concreto e attuale e le situazioni di concreto e attuale pericolo non possono essere desunte esclusivamente dalla gravità del titolo di reato per cui si procede.   c) Qui si tratta dell’esigenza cautelare di tutela della collettività. Il parametro di valutazione dell’esigenza cautelare in questione sono gli elementi ricavabili da specifiche modalità e circostanze del fatto, dalla personalità dell’imputato e riconoscendole rilevanza ogniqualvolta ne risulti il concreto e attuale pericolo che il medesimo imputato possa commettere gravi delitti con uso di armi o altri mezzi di violenza personale o diretti contro l’ordine costituzionale, o di criminalità organizzata, o della stessa specie di quello per cui si procede. Le misure potranno essere disposte solo quando tale pericolo si riferisca alla commissione di delitti per cui sia comminata la pena detentiva non inferiore nel massimo a 4 anni, o a 5 anni di reclusione (in carcere), fatta eccezione per il delitto di finanziamento illecito dei partiti. Le situazioni di concreto e attuale pericolo non possono essere desunte solo dalla gravità del titolo di reato per cui si procede.       Una volta accertata una di queste esigenze, l’art. 275 fissa alcuni “criteri”: • Principio di adeguatezza: il giudice nell’individuare la misura deve tenere conto della specifica idoneità di ciascuna, rapportandola alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto ----> deve essere fatta la scelta meno gravosa per l’imputato, tra quelle idonee a fronteggiare le esigenze. • Principio di proporzionalità: ogni misura deve essere proporzionata all’entità del fatto e alla sanzione che sia stata o si ritiene possa essere irrogata. Il giudice dovrà qui tenere conto della congruità della misura, sotto il profilo della deminutio libertatis che ne deriva dall’imputato: sia rispetto alla gravità del fatto addebitato, sia rispetto al quantum di pena che possa essere irrogata. • (Dal 1995) – esplicito divieto di disporre sia la custodia cautelare in carcere, sia gli arresti domiciliari quando il medesimo ritenga che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena --- il divieto opera anche quando il giudice ritiene che la pena detentiva irrogata non sarà superiore a tre anni. Limiti a tale divieto: 1. la custodia in carcere può essere disposta in sostituzione della misura non carceraria quando siano violate le connesse prescrizioni 2. si può fare ricorso ad essa se, rilevata l’inadeguatezza di ogni altra misura, gli arresti domiciliari non possono essere disposti per mancanza di luogo idoneo 3. il divieto non opera quando si procede per una serie di delitti indicati: stalking, maltrattamenti in famiglia… L’opzione a favore della catalogazione risulta però discutibile: si espone al rischio di censure di illegittimità ---- meglio sarebbe stato assegnare al giudice il compito di stimare anche la possibile “meritevolezza” di future alternative al carcere utilizzando i parametri previsti per la fase esecutiva. Art. 275 comma 1 bis e 2 ter --- I criteri della scelta delle misure cautelari da disporre contestualmente ad una sentenza di condanna. • (criterio generico): contestualmente ad una sentenza di condanna, l’esame delle esigenze cautelari va condotto tenendo conto dell’esito del procedimento, modalità del fatto, elementi sopravvenuti, da cui possa anche emergere che a seguito della sentenza risulta qualcuna delle esigenze ex art. 274 comma 1 lett. b e c. • (criterio solo per il grado di appello): se la sentenza è pronunciata in grado di appello, le misure cautelari devono sempre essere disposte, contestualmente alla sentenza, quando, all’esito dell’esame condotta ex art. 1 bis, risultano sussistere esigenze cautelari previste dall’art. 274 e la condanna riguarda uno dei delitti previsti dall’art. 380 comma 1 e risulta commesso da soggetto condannato nei 5 anni precedenti per delitti di stessa indole. In deroga al principio per cui il giudice decide delle misure cautelari su richiesta del p.m., qui egli deve obbligatoriamente svolgere la valutazione e sempre applicare le misure qualora essa dia esito positivo. Art. 275 comma 3: la custodia in carcere può essere disposta solo quando le altre misure coercitive o interdittive, anche se applicate cumulativamente, risultano inadeguate --- si individua quindi nella misura della carcerazione una extrema ratio, da usare solo quando non possano essere utilizzate altre forme di limitazione della libertà, anche cumulativamente. La possibilità di utilizzare cumulativamente misure coercitive e interdittive è prevista dal 2015. Eccezioni (diverse applicazioni del principio di adeguatezza) 1. Quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti indicati nel 3° comma (associazione sovversiva, terroristica o di tipo mafioso….), ma misura applicabile è sempre quella carceraria, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari. ---- si configura così in capo all’indiziato di tali suddetti una forte presunzione relativa del periculum libertatis ed una vera e propria presunzione assoluta di adeguatezza della misura carceraria ----> ne deriva un vero e proprio onere di motivazione negativa circa la (non) sussistenza in concreto di esigenze cautelari, tutte le volte in cui ritenga di non dover disporre di quest’ultima misura. Questo dovrebbe essere una sorta di “scudo normativo” per il giudice di fronte al rischio di minacce o condizionamenti a cui potrebbe essere sottoposto, specie per i delitti di criminalità organizzata. Anche se tale meccanismo si colloca ai limiti della compatibilità con l’art. 13, comma 2 Cost. Quindi, una volta che si tratti di tali delitti ----> o il giudice esclude qualsiasi esigenza cautelare ---- oppure deve applicare la custodia carceraria. Inoltre l’art. 299 comma 2 ----> sostituzione in melius della misura contiene l’inciso “salvo quanto previsto dall’art. 275 comma 3”. A seguito di pronunce della Corte Costituzionale --- il meccanismo di assolutezza della misura carceraria, è rimasto confinato in un ambito più ridotto di quello tracciato dal legislatore --- infatti con riferimento alle fattispecie oggetto di scrutinio dalla Corte, la presunzione si configurava come relativa, essendo stata dichiarata l’incompatibilità della norma laddove non permetteva al giudice di ricorrere a strumenti cautelari non carcerari quando avesse accertato al sussistenza di elementi da cui desumere la sufficienza di altre misure. E’ poi intervenuta la modifica del 2015, per cui: - La regola è mantenuta ferma per i delitti di mafia – di matrice sovversiva e terroristica - Quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine agli altri delitti (corruzione di minorenne) – è applicata la custodia in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari o che possono essere soddisfatte con altre misure. 2. Art. 275 comma 4 – sorta di presunzione di non necessità dell’impiego della custodia in carcere, con riferimento a diverse ipotesi: - Donna incinta - Madre di prole, di età non superiore a sei anni, con la stessa convivente - Padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole - Persona che abbia superato i settanta anni Si prevede che nei confronti di questi soggetti, ricorrendone i presupposti, debba venire applicata una misura diversa dalla custodia --- salva l’eccezione rappresentata dall’eventualità che “sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza”. 3. Se si tratta di imputati tossicodipendenti o alcooldipendenti sottoposti a programma terapeutico di recupero --- si stabilisce che debba essere disposta la misura degli arresti domiciliari, allorché l’interruzione del programma potrebbe pregiudicare il loro recupero (---il giudice ha l’obbligo di verificare l’effettiva prosecuzione del programma). La stessa si applica agli stessi imputati, già sottoposti a misura cautelare, che intendano sottoporsi al programma di recupero (è prevista qui la sostituzione). Quando si procede per i delitti di rapina aggravata, estorsione aggravata o quando sussistono particolari esigenze cautelari --- il provvedimento applicativo degli arresti domiciliari è subordinato alla individuazione di una struttura residenziale per lo svolgimento del programma di recupero. L’applicabilità è esclusa con riferimento agli imputati per diversi delitti – come la violenza sessuale o la corruzione di minore. 4. Divieto di custodia cautelare (art. 275 comma 4 bis) per gli imputati affetti da Aids conclamata o da grave deficienza immunitaria, o da un’altra malattia particolarmente grave, a causa della quale le loro condizioni di salute risultino incompatibili con lo stato di detenzione e siano tali da non consentire adeguate cure in caso di detenzione carceraria. Deroghe: se sussistono esigenze cautelari di eccezionale rilevanza --- si dovrà fare luogo a custodia cautelare presso idonee strutture sanitarie penitenziarie, a meno che l’adozione non risulti possibile senza pregiudizio per la salute dell’imputato o quella di altri detenuti – in questi ultimi casi il giudice dovrà disporre la custodia degli arresti domiciliari presso un luogo di cura o assistenza, o trattandosi di imputati affetti da Aids o grave deficienza immunitaria, presso le unità operative o gli altri luoghi indicati nello stesso comma (4 ter). Pur ricorrendo tali situazioni, se il soggetto risulti imputato, o sia stato sottoposto ad altra misura, per uno dei delitti di cui all’art. 380 (riduzione in schiavitù, prostituzione minorile…) – il giudice potrà disporre comunque la custodia cautelare ---- se così avviene, l’imputato deve essere condotto in un istituto dotato di un reparto attrezzato per la cura e l’assistenza necessaria – la custodia cautelare è in ogni caso esclusa se la malattia di cui è affetto si trovi in fase così avanzata da non rispondere più a trattamenti e terapie. 5. Art. 276 comma 1- ipotesi di condotte dell’imputato contrastanti con le prescrizioni inerenti alle singole misure cautelari --- principio per cui il giudice può ordinare la sostituzione della misura già disposta, o il suo cumulo con altra più grave: di regola dietro richiesta del p.m. e senza previo contradditorio. Il codice quindi dispone una sorta di potere discrezionale al giudice, che si configura quale una sorta di proiezione del potere attribuitogli in tema di scelta della misura. I criteri di tale scelta: • Art. 275 • Imperniati sulla entità, motivi e circostanze della violazione Non ogni trasgressione dell’imputato alle prescrizione imposte darà luogo ad una sostituzione o ad un’aggiunta, ma solo le trasgressioni che siano tali da fare ritenere non più sufficiente l’originaria misura. Se la trasgressione riguarda le prescrizioni relative ad una misura interdittiva --- il giudice potrà anche disporre la sostituzione o il cumulo con una coercitiva. Deroga: in caso di condotta che riguardasse le prescrizioni degli arresti domiciliari concernenti il divieto di non allontanarsi dalla propria abitazione o altro luogo di privata dimora --- una volta accertata la trasgressione, il giudice doveva disporre la revoca della misura domiciliare sostituendola con quella carceraria. La disposizione è stata sostituita nel 2015 --- il testo vi ha aggiunto “salvo che il fatto sia di lieve entità” – superando così il precedente automatismo. In caso di imputato nelle condizioni di salute dell’art. 275 comma 4-bis sottoposto a misura diversa dal carcere --- se l’imputato ha trasgredito si prevede che il giudice possa disporre a suo carico anche la custodia cautelare in carcere, salva la prescrizione che egli sia condotto in strutture attrezzate per la cura e l’assistenza. La salvaguardia dei diritti della persona sottoposta a misura cautelare: • Art. 277: le modalità esecutive delle misure cautelari devono salvaguardare i diritti della persona ad esse sottoposta, il cui esercizio non sia incompatibile con le esigenze cautelari del caso concreto. La norma è diretta a garantire l’esercizio dei diritti che competono all’indiziato come persona – la sussistenza di una “incompatibilità” dovrebbe configurarsi come un’eccezionalità. In quanto riferibile anche ai detenuti, la disposizione si deve raccordare con quella più generica dell’art. 285 comma 2: “la persona sottoposta a custodia carceraria non può subire limitazione della libertà prima del trasferimento in istituto se non per il tempo e con le modalità strettamente necessarie alla sua traduzione”. Art. 278 – determinazione della pena agli effetti dell’applicazione delle misure • Si deve tenere conto della pena stabilita dalla legge senza tenere conto della continuazione, della recidiva (anche reiterata) e secondo le S.U. nemmeno delle circostanze. - L’art. non fa riferimento alla minore età --- ma essa è disciplinata in sede di legislazione processuale penale minorile. - S.U.: si tenga conto, nel caso di più circostanze aggravanti ad effetto speciale, oltre che della pena stabilita per la circostanza più grave, anche dell’aumento complessivo di un terzo previsto per quelle omologhe meno gravi. I criteri dell’art. 278 sono ripresi nel testo dell’art. 379 ---- determinazione della pena ai fini dell’arresto in flagranza o del fermo. Nel testo originario dell’art. 380 comma 2 lett h --- quando si trattava di delitti concernenti le sostanze stupefacenti --- si dovesse tenere conto della diminuzione della pena stabilita per quelli di lieve entità. L’odierno testo prevede che per una parte di quei delitti è escluso l’arresto in flagranza --- configurando autonoma fattispecie di reato per i casi di lieve entità. LE MISURE COERCITIVE: Criterio oggettivo: le une e le altre possono applicarsi soltanto quando si procede per i delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a 3 anni. – art. 280 e 287. Tale regola ha delle eccezioni: 1. Art. 280 comma 1 – “salvo quanto disposto dai commi 2 e 3” – si riferisce alla custodia cautelare in carcere. Essa può essere applicata solo quando si procede per delitti consumati o tentati per cui è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a 5 anni o la pena dell’ergastolo (si deve ritenere nonostante il silenzio). I criteri per la loro scelta: • Principio di adeguatezza • Principio di proporzionalità Il giudice può anche decidere di applicare solo parzialmente la misura scelta (esempio: limitata ad una certa potestà o ad un settore o parte dell’attività inerenti alla professione). Ogni ordinanza che applica tali misure deve essere trasmessa in copia all’organo competente a disporre l’interdizione. Misure cautelari personali: art. 291: netta separazione di ruoli – il p.m. organo richiedente e il giudice organo decidente. Una iniziativa ex officio è prevista dall’art. 299 comma 3: solo in materia di revoca o sostituzione di misure già adottate. Il p.m. nella richiesta dovrà fornire gli elementi su cui si fonda la richiesta, gli elementi a favore dell’imputato e le eventuali deduzioni e memorie difensive già depositate. Comma 2: ipotesi in cui il giudice destinatario della richiesta riconosca la propria incompetenza – se il giudice però accerta l’urgenza a provvedere, dovrà disporre la misura richiesta con il medesimo provvedimento declinatorio di competenza – salva la caducazione della misura se entro 20 gg il giudice competente non la confermi. La richiesta di applicazione di misure cautelari personali ad opera del magistrato del p.m. – deve essere accompagnata da assenso scritto del procuratore della repubblica o di altro magistrato da lui delegato. Ma secondo le S.U. l’eventuale mancanza non incide sulla validità dell’ordinanza poi emessa dal giudice. La richiesta del p.m. non è vincolante per quel che concerne la tipologia della misure oggetto della richiesta: il giudice può disporre anche una misura meno grave di quella richiesta MA NON PIU’ GRAVE. comma 2 bis: il p.m. – in caso di necessità e urgenza – può chiedere al giudice, nell’interesse della persona offesa, l’applicazione di una delle misure patrimoniali provvisorie. E’ un tipico atto a sorpresa – quindi il procedimento di azione non prevede l’instaurazione del contradditorio con l’imputato ---- si procede inaudita altera parte. Unica eccezione: la sospensione dall’esercizio di un pubblico servizio o ufficio – il giudice prima di provvedere, procede all’interrogatorio dell’indagato di un delitto contro la p.a. La corte costituzionale ha escluso la sussistenza di una illegittimità per contrasto con il principio di eguaglianza – dando valore all’esigenza di verificare che la sospensione non rechi pregiudizio senza necessità alla continuità della funzione o del servizio pubblico. In realtà sembra essere discriminatoria nel senso che la regola non opera ogni qualvolta nel procedimento sia coinvolto un pubblico funzionario. Art. 292: il giudice decide con ordinanza. Che deve contenere i seguenti elementi: • Ipotesi di imputazione ---- descrizione sommaria del fatto • MOTIVAZIONE: esposizione che il legislatore ha voluto modellata in modo da ricoprire i presupposti ex artt. 273 e 274 per l’applicazione delle misure cautelari: sia sotto il profilo del bonus commissi delicti anche in rapporto al grado della sua consistenza (indicando gli elementi da cui sono desunti e i motivi per cui assumono rilevanza, tenendo conto del tempo trascorso dalla commissione del fatto); sia sotto quello del periculum libertatis. Con riguardo a quest’ultimo punto si prescrive la predeterminazione della durata della misura (esattamente della sua data di scadenza) quando sia stata disposta in vista dell’esigenza cautelare di cui all’art. 274 lett. a. E la disposizione è funzionale alla disciplina della estinzione delle misure disposte per esigenze probatorie e della loro rinnovazione. • Nel 1995 sono stati introdotti due ulteriori adempimenti: - Esposizione delle ragioni per le quali siano stati ritenuti non rilevanti gli elementi forniti dalla difesa - Quando venga applicata la misura carceraria – esposizione delle concrete e specifiche ragioni per cui si sia ritenuto che le esigenze cautelari del caso non possono essere soddisfatte con altre misure. Tali potevano essere già ricavata dall’obbligo di motivazione e la loro formalizzazione potrebbe appesantire il ruolo del giudice. • Il giudice deve tenere conto anche dei canoni della adeguatezza e della proporzionalità nel rapportare le esigenze cautelari riscontrate alla specifica idoneità della misura applicata. • Il giudice non può solo limitarsi all’esposizione degli elementi sopra richiesti ma deve anche fornire la sua autonoma valutazione ---- si escludono pratiche di “copia incolla” --- anche se condivide la posizione della procura, il giudice deve esplicitare l’iter logico che l’ha portato a condividere tale posizione. Il giudice secondo le S.U. potrà però ricorrere alla motivazione per relationem – la richiesta potrà essere ripresa nell’ordinanza, quando il giudice dimostri di avere preso cognizione del contenuto sostanziale. • Dal 2015, in rapporto alla misura carceraria ---- il giudice deve indicare le ragioni per cui ritiene inidonea la misura degli arresti domiciliari. Tutti i requisiti sono stabiliti a pena di nullità – rilevabile anche d’ufficio e quindi assoggettata alle regole generali di deducibilità e sanatoria ex art. 181 – 183. Non è sancita la rilevabilità d’ufficio per quella nullità che derivi dall’ordinanza che non contiene la valutazione degli elementi a carico e a favore dell’imputato. Art. 293 – altri adempimenti diretti a dare esecuzione alle ordinanze di una misura cautelare --- questi riguardano l’esercizio della difesa, non solo personale ma anche tecnica: • Obbligo per l’ufficiale o l’agente incaricato di eseguire l’ordinanza di consegnare all’imputato copia del provvedimento e una comunicazione scritta con cui lo informa dei suoi diritti difensivi.18 Se la comunicazione non è prontamente disponibile in una lingua comprensibile dall’imputato ---- le informazioni sono rese oralmente, salvo l’obbligo di dare comunque, senza ritardo, comunicazione scritta. L’incaricato ha anche l’obbligo di informare immediatamente il difensore e di redigere il verbale delle operazioni compiute. Tutte le ordinanze – una volta notificate o eseguite – vanno depositate in cancelleria, e del deposito deve essere notificato avviso al difensore dell’imputato. Insieme all’ordinanza va anche presentata la richiesta del p.m. e anche gli atti da questo presentati. Il difensore potrà prenderne visione ma anche estrarne copia, sia dell’ordinanza, che della richiesta che degli atti, e anche di ottenere copia delle registrazioni di conversazioni intercettate, poste alla base del provvedimento cautelare, anche se non depositate. • Esecuzione della custodia cautelare: consegna all’imputato di copia del provvedimento e immediato trasferimento (anche manu militari ---- cattura) in un istituto di custodia. L’organo di polizia qui deve informare l’imputato della sua possibilità di nominare un difensore di fiducia e subito dopo avvertire quello nominato oppure quello assegnato d’ufficio. • Esecuzione delle misure non custodiali: notificate all’imputato. Art. 295: se il destinatario della misura non viene rintracciato ----> redazione di un verbale di vane ricerche ----> dichiarazione dello stato di latitanza. Art. 296: la latitanza opera i suoi effetti solo nel procedimento penale in cui è stata dichiarata. Il giudice e il p.m. sono autorizzati ad utilizzare le intercettazioni di conversazioni o comunicazioni – ed anche altre forme di telecomunicazioni – allo scopo di agevolare le ricerche del latitante. Per taluni delitti – criminalità mafiosa – è possibile anche l’intercettazione di comunicazioni tra persone presenti (senza il limite ex art. 266 comma 2). Si può procedere, allo stesso scopo, alla perquisizione locale di interi edifici o blocchi dove vi sia il fondato motivo di ritenere che vi siano rifugiati dei latitanti in relazione ad uno dei suddetti delitti di criminalità mafiosa o commesso con finalità di terrorismo – salvo successivo controllo dell’autorità giudiziaria che deve essere informata entro 12 ore dall’operazione. Le operazioni “sotto copertura”: • L’autorità può ritardare l’esecuzione dei provvedimenti applicativi di misura cautelare quando sia necessario per acquisire rilevanti elementi probatori o per l’individuazione o la cattura dei responsabili di alcuni delitti (tra cui i più gravi di criminalità organizzata). La traduzione di persone in stato detentivo: deve essere adottata ogni cautela per proteggere tali persone dalla curiosità del pubblico e da ogni pubblicità, ed evitare ad essi inutili disagi (es: non voluta ripresa televisiva). Allo stesso scopo di tutelare la dignità della persona si prevede che l’uso delle manette si polsi sia obbligatorio soltanto quando lo richiedano la pericolosità del soggetto, il pericolo di fuga o circostanze di ambiente che rendano difficile la traduzione – altrimenti esso è vietato. L’interrogatorio dell’indiziato ----> uno degli adempimenti successivi all’esecuzione della misura della custodia cautelare in carcere --- da parte del giudice competente per la fase che ha deciso dell’applicazione della misura. L’effettuazione è immediata – e non oltre 5 giorni – dall’inizio dell’esecuzione, a meno che l’indiziato non sia assolutamente impedito. Questo soggiace a chiare esigenze di GARANZIA. Analogo interrogatorio è previsto nei confronti di qualunque persona sottoposta a misura cautelare (sia coercitiva che interdittiva) – diversa dalla custodia in carcere – non oltre 10 giorni dall’esecuzione del provvedimento. L’interrogatorio della persona in stato di custodia:                                                                                                                 18  Leggere  art.  293.     L’atto si svolge secondo le regole generali in materia (artt. 64 e 65) + prevista obbligatorietà della documentazione integrale dell’interrogatorio mediante strumenti di riproduzione fonografica e audiovisiva (a pena di inutilizzabilità probatoria dei risultati). Il p.m. ha facoltà di intervento ---- e correlativo obbligo del difensore (ai quali viene dato tempestivo avviso). La prescrizione potrà fare sorgere dei problemi per la concreta presenza del difensore – attesa la doverosa osservanza del termine di 5 giorni imposto al giudice. Un termine che risulta corrispondente a quello durante il quale il giudice, su richiesta del p.m., può dilazionare l’esercizio del diritto dell’indiziato di conferire col difensore: “sempre che sussistano specifiche ed eccezionali ragioni di cautela”. Il contenuto di garanzia dell’interrogatorio ---- deve essere preceduto dalla verifica che all’imputato in stato di custodia in carcere o agli arresti domiciliari sia stata data la comunicazione dei suoi diritti difensivi. Il giudice deve valutare se permangono le condizioni di applicabilità e le esigenze cautelari richieste: il senso è quello di una nuova valutazione dei presupposti (visto che li ha già valutati per disporla). Il giudice può provvedere – anche d’ufficio – alla revoca o sostituzione della misura. Le S.U. ritengono l’interrogatorio viziato da nullità --- quando non sia stato preceduto dal deposito in cancelleria dell’ordinanza cautelare e degli altri atti. L’interrogatorio ha una fisionomia difensiva ---- infatti la misura cautelare caduca se il giudice non provvede entro il termine previsto (questo vale anche per le altre misure nel termine di 10 gg). Liberato l’indiziato, potrà essere di nuovo sottoposto a custodia cautelare, su richiesta del p.m., se ricorrono i presupposti e soltanto dopo che sia stato interrogato in stato di libertà (la misura potrà essere ripristinata anche se questi si sottrae a tale interrogatorio “senza giustificato motivo”). Non è necessario il previo interrogatorio in caso di emissione di nuova misura cautelare, a seguito di dichiarazione di inefficacia di quella precedente, per mancato rispetto dei termini nel procedimento di riesame: l’imputato ha qui già avuto la chance dell’interrogatorio nel corso della procedura esecutiva del primo. Dal 1995 ---- (art. 294) - l’interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare da parte del p.m. NON può precedere l’interrogatorio del giudice. E’ difficile trovare una giustificazione razionale visto che hanno natura diversa – quello del p.m. ha carattere investigativo, quello del giudice ha dimensione di garanzia per la persona. Siccome è innegabile che ci siano situazioni in cui il p.m. avrà necessità di interrogare al più presto la persona --- art. 294 comma 1 ter --- se il p.m. ne fa istanza nel presentare la richiesta di custodia, il giudice è tenuto a effettuare l’interrogatorio entro 48 h dall’inizio della custodia. E’ da escludere però che qualora il giudice non riesca a farlo entro queste 48 h, la custodia caduchi. Art. 297 – IL COMPUTO DEI TERMINI DI DURATA DELLE MISURE • Gli effetti della custodia cautelare decorrono dal momento della cattura, dell’arresto o del fermo, mentre per le altre misure (anche gli arresti domiciliari) dal momento della notifica dell’ordinanza. • I casi di CUMULO: (comma 3) - Se i provvedimenti riguardano lo stesso fatto --- i termini decorrono dal giorno in cui è stato eseguito o notificato il primo provvedimento, ma sono commisurati in rapporto all’imputazione più grave tra le contestate. L’articolo non tiene però conto dell’eventualità, nel corso delle indagini, che l’originaria imputazione sia stata modificata in melius, con ovvie ripercussioni sui termini di durata della custodia e della alte misure. L’art. ha subito delle modifiche nel 1995 --- la regola della simultanea decorrenza dei termini di durata delle distinte (ma omogenee) misure cautelari applicate attraverso successive ordinanze è stata estesa anche alle ordinanze che fanno riferimento a fatti diversi sotto una duplice condizione: § Quando sussistano tra i fatti rapporti di connessione ex art. 12 lett. b o c § Che si tratti di fatti commessi anteriormente all’emissione della prima ordinanza La regola non si applica in rapporto alle ordinanze emesse per fatti non desumibili dagli atti prima del rinvio a giudizio disposto per il fatto con il quale sussiste la connessione. Quindi ne consegue che perché operi la regola, è sufficiente che i fatti diversi, risultassero desumibili dagli atti nel momento del rinvio a giudizio per i fatto contestato con l’originaria ordinanza cautelare. In questi casi quindi opera la regola di retrodatazione fittizia del giorno di computo dei termini di durata delle misure disposte con provvedimenti successivi al primo (come confermato dalle S.U.). Alla base c’è il proposito di contrastare la prassi giudiziaria delle c.d. contestazioni a catena --- spesso adottata per eludere la disciplina del computo dei termini. Tale prassi è volta a dilazionare nel tempo l’adozione delle misure di custodia riferite a distinti fatti criminosi connessi, attraverso un differimento a cascata in epoche successive dei relativi provvedimenti, per far decorrere da momenti diversi i corrispondenti termini, anche quando i fatti fossero già noti. Ma la reazione legislativa è andata fuori misura: correlando l’operatività della regola alla mera successione cronologica delle ordinanza, sulla base di una sorta di presunzione assoluta di “colpevole inerzia” o “artificioso ritardo” del p.m. Per il calcolo di quelli intermedi ---- si deve tenere conto anche dei periodi di custodia subiti dall’imputato all’estero a seguito della domanda di estradizione o in esecuzione al mandato d’arresto europeo. Comma 2: eventualità di regresso del procedimento ad una diversa fase o rinvio davanti ad un diverso giudice (dopo annullamento della cassazione) – i termini riprendono a decorrere ex novo con riguardo a ciascun stato e grado del procedimento. 4° comma – i termini massimi – sono individuati in tre livelli. (** leggere articolo**). Tali sono di solito insuscettibili di superamento – né per proroga, né per neutralizzazione dei giorni di udienza e di quelli utilizzati per la deliberazione della sentenza nella fase di giudizio. Si esclude che questi debbano valutarsi nel computo dei termini intermedi delle diverse fasi (è questo il c.d. congelamento) --- si specifica che di essi si tiene conto solo ai fini della determinazione della durata complessiva della custodia (salvo applicazione dell’art. 304 comma 2). Deroghe ai termini massimi di durata: • PROROGA (art. 305): 1. Compimento di perizia psichiatrica (ipotesi peculiare) 2. Essa opera nella sola fase delle indagini preliminari ---- i termini di custodia prossimi a scadere in tale fase possono venire prorogati solo in presenza di gravi esigenze cautelari, le quali rapportate ad accertamenti particolarmente complessi o a nuove indagini, rendano indispensabile la prosecuzione della custodia. La competenza è del gip – che sente il p.m., il difensore dell’indiziato nell’ambito di un contradditorio semplificato ma effettivo – la proroga potrà essere concessa e poi rinnovata una sola volta fino al limite della metà dei termini massimi previsti per la fase. • SOSPENSIONE: fenomeno idoneo anche a superare i termini massimi fissati dall’art. 303, comma 4. Le varie fattispecie (art. 304 comma 1): a) Sospensione o rinvio del dibattimento per impedimento dell’imputato o difensore o dietro richiesta dei medesimi – sempre che la sospensione o il rinvio non sia stato disposto per esigenze probatorie o a seguito di concessione di termini per la difesa. b) Mancata presentazione, allontanamento o mancata partecipazione di uno o più difensori --- se rimangono privi di assistenza uno o più imputati. c) Pendenza dei termini previsti dall’art. 544 commi 2 e 3 per la redazione differita dei motivi della sentenza. Il termine sospeso riprende a decorrere dalla scadenza di quello stabilito per il deposito della sentenza. d) Nelle situazioni prima descritte che si verifichino nell’ambito del giudizio abbreviato. Art. 304 comma 4: l’operatività dell’istituto della sospensione è stata allargata anche alla fase dell’udienza preliminare ---- i termini sono sospesi tutte le volte in cui la stessa udienza venga sospesa o rinviata per il verificarsi di uno dei casi di cui all’art. 304 comma 1 lett. a e b. Art. 303 comma 1: speciale figura di sospensione ---- prevista come conseguenza della sospensione del processo a seguito di richiesta di rimessione. Si osservano le disposizioni di cui all’art. 304: a cominciare dall’adozione della sospensione con ordinanza appellabile. Art. 304 comma 5: le ipotesi di sospensione ex art. 304 comma 1 lett. a e b e comma 4 non si applicano, all’interno del procedimento cumulativo, nei confronti dei coimputati cui le stesse NON si riferiscono, sempre che questi ultimi chiedano che nei loro confronti si proceda previa separazione dei processi. Art. 304 comma 2: nelle ipotesi di particolare complessità dei dibattimenti o giudizi abbreviati, relativi ai delitti elencati nell’art. 407 comma 2 lett.a, il regime di sospensione ex art. 304, può venire esteso anche ai periodi di tempo in cui sono tenute le udienza o si delibera la sentenza nelle fasi del giudizio. ----- secondo le S.U. in tali ipotesi la stessa disciplina si dovrà applicare anche ai coimputati per reati diversi e meno gravi. Si tratta di quei giorni per cui l’art. 297 comma 4 prevede invece solo il meccanismo della neutralizzazione automatica dei giorni corrispondenti, ai fini del computo dei termini intermedi. Comma 3: la sospensione non può (qualora sussistano i presupposti ex comma 2) non può essere disposta d’ufficio, ma solo su richiesta del p.m., con ordinanza appellabile e quando la richiesta manchi, si verificherà ex lege il menzionato effetto di congelamento del decorso dei termini. Perché è stata prevista la disciplina dei termini massimi? - Profilo costituzionale: tema di ragionevole durata della detenzione Art. 304 comma 6: è previsto un limite su due livelli con riferimento alla sospensione dei termini di custodia ex art. 304. • La durata delle diverse fasi del procedimento non può superare il doppio dei termini intermedi di fase sanciti dall’art. 303 commi 1-2-3 senza tenere comunque conto dell’ulteriore termine ex art. 303 comma 1 lett. b n. 3 bis (nel senso che, secondo le S.U., l’aumento di sei mesi non può valere a superare il limite del doppio del termine di fase). • La durata complessiva della custodia non può superare i termini sanciti dall’art. 303 comma 4 aumentati della metà o quando in concreto risulti più favorevole, il tradizionale limite commisurato ai 2/3 del massimo della pena temporanea prevista per il resto contestato o ritenuto in sentenza. Si è ottenuto così il risultato di ridurre molto il tetto massimo di potenziale prolungamento della durata della custodia cautelare ---- con evidenti pericoli di scarcerazioni automatiche. Il pericolo si pone in particolare nei casi di regresso del procedimento o di rinvio ---- una sentenza della corte costituzionale ha stabilito che l’intera durata della custodia cautelare presofferta deve essere computata ai fini dell’individuazione del tetto massimo di fase ex art. 304 comma 6. L’unica deroga a tale disciplina è il comma 7 ----> è previsto che “dei periodi di sospensione” di cui all’art. 304 comma 1 lett. b, si tenga conto solo del computo riguardante il limite relativo alla durata complessiva e non anche il limite delle diverse fasi operandosi così una sorta di neutralizzazione di tali periodi. Alle ipotesi di sospensione cui si riferisce questa ultima deroga sono riconducibili quelle del fenomeno della astensione collettiva dei difensori dalle udienze --- è lecito ritenere che il legislatore abbia posto un freno al rischio di uso pretestuoso dello sciopero degli avvocati. In analoga prospettiva la previsione (art. 159 comma 1 c.p.) per cui il corso della prescrizione rimane sospeso anche in ogni caso in cui la sospensione dei termini di custodia cautelare è imposta da una particolare disposizione di legge ---- a rigore sembra proprio richiamare il caso in cui venga effettivamente disposta la sospensione dei termini. Questo non significa che la previsione non operi nelle situazioni cui “una particolare disposizione di legge” ricollega la sospensione dei termini: la sospensione dovrebbe operare anche nei confronti degli imputati in stato di libertà ---- per evitare una disparità di trattamento tra imputati liberi e detenuti nel caso del c.d. sciopero degli avvocati. Le S.U. hanno sostenuto che l’art. deve essere interpretato nel senso che sospensione o rinvio del procedimento o dibattimento hanno effetti sospensivi della prescrizione, anche se l’imputato non è detenuto, in ogni caso in cui siano disposti per impedimento dell’imputato o del suo difensore o su loro richiesta, salvo quando siano disposti per esigenze di acquisizione probatoria o in seguito a riconoscimento di un termine a difesa. Art. 307 ------> la disciplina dei provvedimenti adottabili nei confronti dell’imputato scarcerato (liberato) per decorrenza dei termini massimi di custodia: • Il giudice dispone altre misure (con esclusione degli arresti domiciliari – equiparati alla custodia in carcere) se ricorrono i presupposti e le esigenze: le misure previste dagli artt. 281-282 e 283 possono essere disposte anche cumulativamente. • (comma 2) La custodia cautelare va rinnovata quando si verificano due situazioni: a) Imputato scarcerato che ha dolosamente trasgredito alle prescrizioni inerenti ad una delle misure cautelari applicate in luogo alla custodia b) Sopravvenienza a carico dell’imputato di una sentenza di condanna qualora egli si sia dato alla fuga o si accerti il concreto pericolo di fuga. Comma 3: regola della decorrenza ex novo dei termini relativi alla fase in cui il procedimento si trova (anche con riguardo all’imputato sottrattosi mediante evasione). Con riguardo all’ipotesi del comma 2 lett. b, il comma 4 prevede: che gli ufficiali e agenti possano procedere al suo fermo. Al più tardi entro 24 h deve essere data comunicazione al procuratore della repubblica. Segue poi una procedura di convalida del fermo. Termini di durata massima delle misure cautelari NON custodiali: art. 308: distingue tra coercitive e interdittive. • Comma 1: perdono efficacia le misure coercitiva (diverse dalla custodia cautelare) a seguito del corso di un periodo pari al doppio dei termini previsti dall’art. 303 in rapporto alla custodia. • Misure interdittive (comma 2): il termine è di 12 mesi non superabili nemmeno quando la misura sia rinnovabile ex art. 301 comma 2. Il termine era stato elevato per favorire l’utilizzo di quelle interdittive in luogo di quelle cautelari --- ma lo scopo è raggiunto solo in parte visto che il termine risulta non superabile – troppo rigido. Viene incontro allora il 3 comma: enunciando il principio secondo cui la sopravvenuta estinzione delle misure in discorso non può recare pregiudizio all’esercizio dei poteri attribuiti ex lege al giudice o ad altre autorità in materia di pene accessorie o di misure interdittive di diversa natura. Il procedimento di riesame dei provvedimenti coercitivi davanti al tribunale: I mezzi di riesame contro i provvedimenti applicativi delle misure cautelari sono riconducibili alla sfera delle impugnazioni. Le decisioni cautelari sono IMMEDIATAMENTE ESECUTIVE – e le impugnazioni contro tali provvedimenti NON hanno effetto sospensivo. • L’interesse dell’indagato permane anche nel caso di revoca della misura o di sostituzione di una meno grave: l’interesse sarà qui determinato dall’esigenza di poter ottenere una decisione irrevocabile. Art. 309 – il riesame anche nel merito è configurato come strumento utilizzabile solo contro le ordinanze che hanno disposto una misura coercitiva ---- salvo che si tratti di ordinanze emesse dietro appello proposto dal p.m. ai sensi del successivo art. 310; e delle ordinanze adottate nell’ambito del procedimento di estradizione o di esecuzione di un mandato di arresto europeo, trattandosi di ordinanze contro cui è ammesso il solo ricordo per cassazione. La titolarità è solo dell’imputato e del suo difensore – essi hanno però un regime differenziato di decorrenza del termine di dieci giorni fissato per la proposizione. • Dal computo di tale termine devono escludersi i giorni per i quali è stato disposto il differimento del colloquio tra il difensore e l’imputato detenuto in vista della strategia difensiva. Competenza a decidere ---- tribunale in composizione collegiale del capoluogo del distretto di corte d’appello in cui ha sede l’ufficio del giudice che ha emesso l’ordinanza. La richiesta deve essere direttamente proposta nella cancelleria di quel tribunale. Una volta presentata, il p.m. deve trasmettere al tribunale gli atti correlativi (quelli che aveva già trasmesso al giudice in vista della decisione da prendere e anche tutti gli elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta alle indagini) entro il giorno successivo all’avviso e comunque non oltre il quinto giorno. Quest’ultimo termine si deve ritenere decorrere non dal giorno della ricezione dell’avviso ma dal giorno stesso della presentazione della richiesta. La richiesta può (non deve!) enunciare i motivi, e il proponente ha la facoltà di enunciare nuovi motivi davanti al tribunale. Tra questi devono ritenersi compresi anche quelli diretti a contestare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. Con la richiesta, l’imputato può anche chiedere di comparire personalmente e se ha espresso tale intenzione --- ha diritto di presenziare di persona all’udienza -----> questo anche nel caso in cui sia detenuto o internato in luogo al di fuori dalla circoscrizione – secondo il comma 3 dell’art. 127 egli viene sentito dal magistrato di sorveglianza. Soccorreva la previsione per cui egli poteva comparire personalmente sulla base di una valutazione fatta dal tribunale. Oggi ci si chiede piuttosto se egli abbia diritto di essere personalmente sentito se la richiesta è pervenuta dopo l’impugnazione, ma comunque in tempo: la lettura letterale imporrebbe di sì ma è preferibile una meno rigida che considera tardiva la richiesta solo quando in concreto non vi sia più la possibilità pratica di assicurare la presenza in udienza. Il tribunale emette la decisione entro DIECI GIORNI dalla trasmissione degli atti (----- il procedimento è rapido) -----> la misura coercitiva disposta con l’ordinanza assoggettata a riesame deve ritenersi caducata se tale termine non viene rispettato (ecco un’ulteriore ipotesi di caducazione automatica). Quindi il procedimento si dovrebbe concludere sempre nel totale di 15 giorni: à DEROGA: su richiesta formulata dall’imputato entro 2 giorni dalla notificazione dell’avviso, il tribunale differisce la data dell’udienza da un min di 5 gg a un max di 10 gg se vi sono giustificati motivi. Il tribunale decide in camera di consiglio con le modalità ex art. 127 --- salva l’abbreviazione (da 10 a 3) del termine per l’avviso al p.m., imputato e difensore. Fino al giorno dell’udienza, gli atti trasmessi devono rimanere in cancelleria perché il difensore ha facoltà di visionarli e di estrarne copia. In forza dell’art. 127 ---- i destinatari hanno diritto di essere sentiti se compaiono in udienza. Il termine di 10 giorni per la decisione, va individuato al momento della deliberazione del provvedimento, attestata dal deposito in cancelleria del dispositivo e n0n dell’ordinanza contenente anche la motivazione. Per questo secondo adempimento è previsto un autonomo termine di 30 gg dalla decisione – o fino al 45° per la stesura di motivazione particolarmente complessa. Quando la trasmissione degli atti da parte dell’autorità giudiziaria non avviene nei termini – l’effetto di caducazione della misura si realizza non quando il termine sia scaduto senza che gli atti siano inoltrati, ma quando entro il suddetto termine essi non sono pervenuti al tribunale. La previsione è drastica e andrebbe quindi interpretata in modo restrittivo (cioè nei casi in cui non ha avuto luogo alcuna tempestiva trasmissione). L’art. 309 comma 10 dispone che, la misura caducata per il mancato tempestivo intervento del controllo non può essere rinnovata – a meno di eccezionali esigenze cautelari specificamente motivate. Secondo l’interpretazione, la decorrenza dei termini, non solo comportava la caducazione della misura ma anche la decadenza dal potere di decidere del tribunale e la possibilità di adozione di nuova ordinanza: il paradosso è macroscopico ----> le sanzioni per il mancato controllo diventano effimere e l’imputato perde il diritto alla verifica dell’atto. Proprio per questo, nel 2015 è stata disposta la ricordata norma. La delicatezza sta ora nelle “eccezionali esigenze”: pur se motivate, il ricorso alla misura limitativa della libertà personale deve sempre considerarsi eccezionale, col rischio che diventi fisiologica la rinnovazione. Art. 309 comma 9 – i provvedimenti che può adottare il tribunale: • Declaratoria di inammissibilità della richiesta • Annullamento: * Nel caso di annullamento per vizio della motivazione: la giurisprudenza ritiene si riferisca solo al caso limite della totale assenza. Sono escluse quindi le ipotesi di motivazione carente, illogica o lacunosa, dovendo in questi casi il giudice In tutte queste ipotesi il rapporto tra la natura della decisione e la restrizione sofferta, risulta sufficiente per stabilirne “l’ingiustizia”. Si affianca – per chi sia stato sottoposto a custodia carceraria o agli arresti domiciliari – il diritto ad essere reintegrato nel posto di lavoro, dal quale sia stato licenziato a seguito di tale ingiusta detenzione. 2. Imputato sottoposto a custodia cautelare, ove sia accertato che fosse stata emessa o mantenuta senza le condizioni di applicabilità ex art. 273 e 280. Qui risulta la sua illegittimità, non viene necessariamente in evidenza “l’ingiustizia”. L’istituto della riparazione opera anche nei casi di detenzione originata da arresto in flagranza o da fermo e nelle ipotesi di detenzione originata da provvedimento di arresto provvisorio o applicazione provvisoria di misura cautelare a carico dell’estradando, in assenza delle condizioni per una sentenza favorevole all’estradizione. Comma 4: escluso il diritto alla riparazione per quella parte di custodia che sia stata computata ai fini della determinazione della misura di una pena o per il periodo in cui le limitazioni sono state sofferte anche in forza in un altro titolo. La domanda di riparazione ----> da proporre entro 2 anni da quando le sentenze dei comma 1 e 2 sono diventate irrevocabile – o sia diventata inoppugnabile la sentenza di non luogo a procedere – o dal giorno in cui il provvedimento di archiviazione sia stato notificato. Legittimazione -----> soggetto interessato o in particolari casi anche gli eredi. Per il resto si rinvia alla disciplina dell’errore giudiziario (artt. 643 e 647). MISURE CAUTELARI REALI: Tipicamente il sequestro penale sottende un’esigenza di natura probatoria. Sequestro cautelare: Il codice individua due diverse specie di misure, accomunate da finalità cautelare, ma diverse sul terreno delle esigenze a cui si riferiscono: • Sequestro conservativo • Sequestro preventivo Entrambi affidati alla competenza del giudice di merito. • S. CONSERVATIVO: la sua funzione è di assicurare, con il vincolo su beni mobili o immobili dell’imputato, e sulle somme a lui dovuto, l’esecuzione della sentenza che potrebbe venire emessa, tutte le volte in cui vi sia fondata ragione di credere che manchino o si disperdano le garanzie. Sia sotto il profilo del pagamento della pena pecuniaria, delle spese processuali e altre somme dovute all’erario statale, sia sotto il profilo dell’adempimento delle obbligazioni civili da reato. E’ stato soppresso l’istituto dell’ipoteca legale. E’ stata maggiormente disciplinata la cauzione – in funzione alternativa ex ante o sostitutiva ex post – e della conversione del sequestro in pignoramento, come conseguenza del giudicato di condanna (tale conversione non estingue il carattere privilegiato dei crediti tutelati attraverso il sequestro – salva la priorità attribuita ai crediti della parte civile rispetto a quelli dello stato). • S. PREVENTIVO: spiccato finalismo cautelare. E’ richiesto come presupposto, che sia stata accertata la sussistenza di elementi idonei a suffragare la configurabilità in concreto della fattispecie di reato (c.d. fumus delicti in senso oggettivo), non è richiesta la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza. Si stabilisce che, anche prima dell’esercizio dell’azione penale, il giudice, su richiesta del p.m. “debba disporre con decreto motivato il sequestro delle cose pertinenti al reato, tutte le volte in cui la libera disponibilità possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato o agevolare la commissione di altri reati”. Al di fuori di tale ipotesi – il sequestro delle cose di cui è consentita la confisca – è rimesso alla discrezionalità del giudice. Diventa obbligatorio nel corso dei procedimenti per i delitti dei pubblici ufficiali contro la p.a. Le fattispecie del s. preventivo si applicano anche alla fattispecie di “sequestro dei beni” dei beni appartenenti alla persona vittima di sequestro estorsivo, al suo coniuge o altre persone indicate. Durante le indagini preliminari – il sequestro può essere disposto cin decreto dal p.m. e anche dagli ufficiali di polizia giudiziaria --- salva la trasmissione al medesimo p.m. del relativo verbale entro 48 h. il sequestro perde efficacia se entro le successive 48 h il p.m. non richiede al giudice la convalida, o quando il giudice non emette il decreto entro 10 gg dalla richiesta. La misura viene revocata dal giudice o, nel corso delle indagini, dallo stesso p.m. quando si accerta l’insussistenza delle esigenze di prevenzione che l’avevano giustificata. Perdita di efficacia del sequestro preventivo conseguente alla pronuncia di determinate sentenze: • Conversione del sequestro preventivo in sequestro probatorio: quando il primo, avendo avuto per oggetto più esemplari identici della cosa sequestrata (c.d. sequestro di massa), abbia perso efficacia a seguito di una sentenza di proscioglimento o non luogo a procedere impugnata dal p.m. Se la cosa presenta interesse sotto il profilo probatorio, il giudice ordina il mantenimento del sequestro su un solo esemplare. • Ipotesi di conversione dopo una sentenza di condanna: quando non sia stata disposta la confisca delle cose sequestrate in via preventiva. Al di fuori di tale eventualità, deve essere ordinata la restituzione delle cose, ma il giudice può disporre la conversione del sequestro preventivo in conservativo, ove vi siano i presupposti e (sulle sole cose appartenenti all’imputato o al responsabile civile) dietro richiesta del p.m. o della parte civile: sia nell’ipotesi di sentenza di condanna, sia di proscioglimento che di non luogo a procedere. • Altro fenomeno è quello della conversione del sequestro penale in una delle due figure di sequestro cautelare: quando vi siano i presupposti per l’uno o l’altro, si prevede che, maturate le premesse per la restituzione, essa non deve venire disposta se sussistono gli estremi per l’adozione di una misura cautelare reale (preventiva o conservativa). I rimedi contro i provvedimenti di sequestro: • Riesame: tipica impugnazione nel merito, di fronte al tribunale collegiale, contro l’ordinanza di s. conservativo e anche preventivo (anche per quello con finalità probatorie). • La richiesta non sospende l’esecuzione del provvedimento. • Procedimento di riesame ----> art. 324, sulla falsariga dell’art. 309. Con la particolarità della previsione del deposito degli atti nella cancelleria del tribunale collegiale competente su base provinciale, anche se senza l’esplicito riferimento al diritto del difensore di esaminarli o estrarre copia. • Nel caso di contestazione circa la proprietà delle cose sequestrate: il giudice rimette la decisione al giudice civile, mantenendo fermo il sequestro. • Sono richiamate le disposizioni dell’art. 309 commi 9 e 10: ma si riferiscono alla versione originaria o quella in oggetto dopo il varo del codice? Secondo le S.U. al comma 10 si deve ritenere alla formulazione originaria e non comporta l’applicazione del congegno caducatorio per omessa trasmissione degli atti, né del divieto di rinnovazione della misura. Mentre i commi 9 e 9 bis si devono ritenere riferiti al testo attuale (precisando che, quanto alla motivazione dell’ordinanza, gli elementi la cui mancata autonoma valutazione ha rilievo ai fini dell’annullamento non possono che essere quelli rilevanti in materia cautelare reale). Tutte le ordinanze emesse in sede di riesame sono suscettibili di ricorso in cassazione: esso può anche essere direttamente esperito, rendendo così inammissibile la richiesta di riesame. Fuori dai casi di riesame del decreto di sequestro preventivo, al p.m., imputati e alle altre persone interessate, è riconosciuto il diritto di proporre appello al tribunale contro le altre ordinanza in materia di sequestro preventivo (es: quelle che hanno respinto la richiesta di sequestro) e contro il decreto di revoca emesso dal p.m., ma nulla del genere si dice per i provvedimenti in materia di sequestri conservativi. Cap. V - LE INDAGINI PRELIMINARI Il codice previgente era incentrato su una istruzione, funzionale ad acquisire il materiale direttamente utilizzabile in giudizio. Il codice odierno, con l’obiettivo di sottolineare la centralità del dibattimento: ha dislocato l’istruzione nel cuore di queste fase, mentre “indagini preliminari” si riferisce all’attività di individuazione e raccolta di dati utili a stabilire se il processo debba o no essere instaurato. I rapporti tra fase preliminare e giudizio – rappresentano il nodo cruciale dell’architettura di un modello processuale. Finalità delle indagini preliminari (art. 326): esse devono essere finalizzate al reperimento di elementi necessari per le determinazioni inerenti all’esercizio dell’azione penale. Gli elementi sono necessari per l’azione ma privi di valore probatorio per il giudizio. Il dato normativo lascia in ombra il fatto che gli elementi di prova raccolti nelle indagini preliminari sono idonei a supportare delle decisioni suscettibili di incidere sui diritti fondamentali (come le ordinanze restrittive della libertà personale). La definizione di “processo” è riservata alla parte del procedimento connotata dalla giurisdizione e introdotta dalla imputazione. Mentre “procedimento” alla fase delle indagini preliminari. Il protagonista di questa ultima fase è la persona sottoposta alle indagini, mentre l’imputato è colui che è soggetto di una imputazione. Distinti sono anche gli atti di indagine del p.m. (c.d. atti omologhi) rispetto agli atti di prova. Il codice previgente poneva il p.m. al centro della scienza investigativa caratterizzata da forte unilateralità, inoltre dal 1992, tre pronunce della corte costituzionale hanno accentuato la permeabilità al dibattimento agli elementi delle investigazioni. La progressiva presa d’atto della pervasività degli atti compiuti dal p.m. ha portato ad una giurisdizionalizzazione della fase di indagine, esigendo maggiori spazi difensivi. Una spinta concorrente ha però portato la perdita di centralità del dibattimento, dovuta alle rilevanti modifiche della disciplina dell’udienza preliminare e del giudizio abbreviato. Il p.m. è oggi chiamato a irrobustire il quadro probatorio per passare il vaglio dell’udienza preliminare: è tenuto a svolgere indagini complete per ottenere una piattaforma probatoria convincente, in vista di una possibile richiesta dell’imputato di essere giudicato allo stato degli atti (e se tale materiale fosse insufficiente l’imputato potrebbe ottenere una facile impunità). Gli stessi atti di indagini erano suscettibili fin dall’inizio di assumere valore probatorio nei giudizi speciali (privi di dibattimento) e anche nel dibattimento, nelle ipotesi regolate dalla legge. L’ATTIVITA’ INVESTIGATIVA: i protagonisti sono il p.m. e la polizia giudiziaria. • P.m.: direzione delle indagini: compie personalmente ogni attività necessaria ai fini indicati nell’art. 326. Compie accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini (per il carattere di obiettività che caratterizza la sua natura di organo pubblico). Oggi tale potere è correlato alle disposizioni che pongono al p.m. l’alternativa tra la richiesta di archiviazione e l’esercizio dell’azione penale: il fine di evitare instaurazione di un processo superfluo, lo obbliga anche a svolgere accertamenti a favore di tale persona (Corte Cost.). • La polizia giudiziaria: “il pubblico ministero dirige le indagini e dispone direttamente della polizia giudiziaria” (art. 327). Solo all’organo di accusa viene affidata la disponibilità degli organi di polizia nel corso delle indagini. La polizia giudiziaria, anche dopo la comunicazione della notizia di reato, continua a svolgere attività di propria iniziativa secondo le modalità indicate… (prima lo poteva fare SOLO fino all’intervento del magistrato). Il pm è il solo obbligato ad attivarsi, iscrivendo la notizia di reato – la polizia invece ha l’obbligo di riferirgli di ogni notizia che rechi il fumus di illecito penale, previa ESSENZIALE attività di accertamento. Il segreto sugli atti di indagine: dei soggetti che partecipano e concorrono a tali atti. Art. 379 bis c.p.: punisce chiunque rivela indebitamente notizie segrete concernenti un procedimento penale, da lui apprese per avere partecipato o assistito ad un atto. • Segretezza interna: questo segreto rischia però di ripercuotersi con ricadute negative sulle chances difensive: quindi cede, per necessità di garantire il diritto di difesa, nei confronti della persona s.a.i. che ha diritto di essere informata circa la natura e i motivi dell’accusa a suo carico e di disporre del tempo e delle condizioni necessari per preparare la difesa. Di regola il segreto si estende lungo tutto l’arco delle indagini, cade quando l’imputato possa o debba avere conoscenza dell’atto: quando l’atto si forma necessariamente in sua presenza, lo contempla come protagonista, rientra tra quelli a cui può assistere…. • Segretezza esterna: si vuole impedire che la conoscenza dell’attività investigativa si diffonda presso soggetti non coinvolti nel processo penale à divieto di pubblicazione di carattere assoluto. Deroghe al segreto: • Circolazione di copie e informazioni tra autorità giudiziarie o tra queste e quelle amministrative • Il p.m. può derogare al regime di segretezza con la: “segretazione” e la “desegretazione” • Se serva per le indagini, il p.m. può pubblicare singoli atti o parte di essi (es: se serve per un identikit) Art. 329 comma 3: • se è necessario alla prosecuzione delle indagini, il p.m. può prorogare, con decreto motivato, il segreto su singoli atti quando l’imputato lo consente o la conoscenza dell’atto può ostacolare le indagini. • Può disporre un divieto di pubblicare il contenuto di singoli atti o notizie specifiche relative a determinate operazioni. L’esigenza di segretezza della fase delle indagini non si spinge, di regola, fino a impedire all’imputato di avere notizia della pendenza del procedimento nel suoi confronti. E proprio in questo senso si assiste ad un parziale disassamento a beneficio della posizione dell’interessato rispetto a quella del p.m. Dal 2000, tra i protagonisti di tale fase compaiono anche i difensori: che possono svolgere investigazioni per ricercare elementi di prova a favore del proprio assistito, “fin dal momento dell’incarico professionale”.
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