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Compendio di procedura penale Conso, Grevi, Bargis, Appunti di Diritto Processuale Penale

Riassunto del quinto capitolo del libro "Compendio di procedura penale" (autori: Conso, Grevi, Bargis)

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 14/01/2019

Antonietta.M
Antonietta.M 🇮🇹

4.2

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Scarica Compendio di procedura penale Conso, Grevi, Bargis e più Appunti in PDF di Diritto Processuale Penale solo su Docsity! 1 CAPITOLO V - INDAGINI PRELIMINARI E UDIENZA PRELIMINARE 1. Le indagini preliminari: finalità e caratteri essenziali Il libro V intitolato “indagini preliminari e udienza preliminare” introduce la parte “dinamica” del codice, disciplinando la fase del procedimento penale prodromica al giudizio. La locuzione indagini preliminari allude ad un’attività di individuazione e di raccolta di dati utili a stabilire se il processo debba o meno essere instaurato. I rapporti tra fase preliminare e giudizio rappresentano il nodo cruciale nell’architettura di un modello processuale. In apertura del libro V, il legislatore del 1988 chiarisce la finalità delle indagini preliminari: l’art. 326 c.p.p. dispone infatti che “Il pubblico ministero e la polizia giudiziaria svolgono, nell'ambito delle rispettive attribuzioni, le indagini necessarie per le determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale.” à le indagini preliminari sono dunque finalizzate al reperimento di elementi necessari per l’esercizio dell’azione penale; ma sono privi di valore probatorio per il giudizio. A sottolineare l’idea di una netta separazione tra le fasi del procedimento, assumendosi l’esercizio dell’azione penale quale linea di confine tra indagine e giudizio, il legislatore ha impiegato anche una precisa terminologia nel distinguere il prima e dopo: si parla quindi di processo relativamente alla parte del procedimento connotata dalla giurisdizione ed introdotta dall’imputazione; si parla di procedimento con riguardo alla fase delle indagini (o, più onnicomprensivamente, all’intera sequenza composta da indagini e giudizio); la persona sottoposta alle indagini (c.d. indagato) viene designata come protagonista del primo scenario accusatorio, mentre nell’imputato è individuato il soggetto destinatario dell’imputazione. Tale modello, però, ponendo il PM al centro di un’azione investigativa caratterizzata da una forte unilateralità dell’attività di indagine, disegnava degli squilibri deleteri per il diritto di difesa. Una tale presa d’atto ha, quindi, condotto ad una sostanziale giurisdizionalizzazione della fase di indagine, esigendo un rafforzamento delle garanzie e maggiori spazi difensivi. Tutto ciò ha comportato una perdita di centralità del dibattimento, dovuta per altro alle rilevanti modifiche apportate alla disciplina dell’udienza preliminare e al giudizio abbreviato. Infatti, tenuto comunque a svolgere “ogni attività necessaria”, il PM è ora richiamato a irrobustire del quadro probatorio per passare il vaglio dell’udienza preliminare; inoltre, l’organo dell’accusa è ora tenuto a svolgere indagini complete al fine di ottenere una piattaforma probatoria sufficientemente convincente, in vista di una possibile richiesta dell’imputato di essere giudicato allo stato degli atti in sede di giudizio abbreviato. Eliminata la necessità del consenso del PM e del vaglio di ammissibilità da parte del giudice, quel rito consente all’imputato, se solo lo richiede, di essere giudicato esclusivamente sul materiale conoscitivo raccolto nella fase preliminare; se tale materiale fosse insufficiente o contraddittorio, l’imputato otterrebbe una facile impunità. Da ciò si evince che l’art. 326 ha rappresentato fin dal principio una sineddoche normativa, illustrando, cioè, solo parte degli usi dei risultati dell’indagine à infatti tale dizione normativa lascia in ombra che gli elementi di prova raccolti nelle indagini sono in realtà idonei a supportare una serie di rilevanti decisioni da adottare all’interno della stessa fase o successivamente: basti pensare a quelle decisioni suscettibili di incidere sui diritti fondamentali, sulla scorta di elementi acquisiti in sede di indagine: a cominciare dalle ordinanze restrittive della libertà personale di natura cautelare, le quali, pur adottabili in ogni fase del processo, sono più di frequente assunte nel contesto preprocessuale. 2 Per di più, quegli stessi elementi erano suscettibili fin dal principio di assumere valore probatorio nei giudizi speciali caratterizzati dall’essere privi di dibattimento (giudizio abbreviato, applicazione della pena su richiesta e decreto penale), ed anche nel dibattimento, nelle ipotesi specificatamente regolate dalle legge, oggi riconducibili ai tre ambiti di deroga al contraddittorio nella formazione della prova, ex art. 111 co.5 Cost. (la formazione della prova non ha luogo in contraddittorio per consenso dell'imputato o per accertata impossibilità di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita). 2. I protagonisti dell’attività investigativa. I protagonisti dell’attività di indagine preliminare sono il pubblico ministero e la polizia giudiziaria. Sul PM, titolare dell’obbligo di esercitare l’azione penale, ricade la direzione delle indagini: egli compie personalmente “ogni attività necessaria ai fini indicati nell’art. 326”. Il carattere di obiettività necessariamente caratterizzante la sua natura di organo pubblico, impone altresì di compiere “accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini”: si configura un potere sostitutivo dell’attività difensiva, strettamente collegato alle disposizioni che pongono al pm l’alternativa tra la richiesta di archiviazione e l’esercizio dell’azione penale. Infatti, il principio di obbligatorietà dell’azione penale non comporta l’obbligo di esercitare l’azione ogniqualvolta pervenga al pm una notizia di reato, ma deve essere razionalmente contemperato con il fine di evitare l’instaurazione di un processo superfluo. Per quanto riguarda la PG, questa affianca il PM in un ruolo subordinato, che si colloca nel solco dell’art. 109 Cost. stando al quale l’autorità giudiziaria (da intendersi in questo caso il PM) dispone direttamente della PG. In particolare l’art. 327 dispone, poi, che il PM dirige le indagini e dispone direttamente della polizia giudiziaria => al solo organo d’accusa, e non anche al giudice, viene affidata la disponibilità degli organi di polizia nel corso delle indagini. Va tuttavia segnalato che la subordinazione dell’una all’altro risulta ora in parte attenuata a seguito di interventi normativi che hanno concesso alla polizia giudiziaria margini di maggiore autonomia. L’allentamento del vincolo di dipendenza funzionale che lega i due organi trova un primo riscontro già nelle disposizioni generali introduttive della disciplina della fase preliminare. Infatti nell’art. 327 si prevede che la PG, anche dopo la comunicazione della notizia di reato, continua a svolgere attività di propria iniziativa secondo le modalità indicate nei successivi articoli. Alle indagini della polizia giudiziaria e del pubblico ministero sono dedicati i titoli IV e V del libro V. 3. Il segreto sugli atti di indagine. Per impedire che la conoscenza degli atti compiuti dal pm e dalla pg possa pregiudicare l’attività di individuazione e di raccolta degli elementi necessari per l’esercizio dell’azione penale, si impone ai soggetti che partecipano e che concorrono alla formazione degli atti siano tenuti all’obbligo del segreto. L’art. 329 co.1 c.p.p. prevede che gli atti d'indagine compiuti dal PM e dalla PG siano coperti dal segreto (penalmente sanzionato in diverse sfaccettature del codice penale) fino a quando l'imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari. Tuttavia nonostante teli esigenze, è chiaro che il segreto sugli atti di indagine – nella sua dimensione 5 reato ed esclusivamente nei “casi previsti dalla legge”. Tra i suoi compiti principali vi sono, in primo luogo, poteri di controllo in ordine a decisioni incidenti sulla libertà fondamentali, sui diritti alla proprietà o alla disponibilità dei beni. In particolare, egli può essere chiamato: a) ad emettere provvedimenti di natura cautelare concernenti la libertà personale ovvero analoghi provvedimenti di natura reale; b) a disporre la convalida delle misure cautelari adottate dal PM o dalla PG; c) a disporre l’accompagnamento coattivo; d) ad autorizzare atti che incidono sulla inviolabilità delle comunicazioni e sul domicilio, come l’intercettazione di comunicazioni o conversazioni; e) a pronunciare provvedimenti concernenti prelievi coattivi di campioni biologici; ed ancora f) a decidere sulla restituzione di cose sequestrate, anche in sede di opposizione al diniego di sequestro da parte del PM nonché sulla richiesta di sequestro presentata da una parte privata e rispetto alla quale il PM non abbia ritenuto di disporre il sequestro. Su un differente versante, il giudice interviene allorché sia necessario tutelare diritti strettamente collegati alla dinamica processuale. A tutela del diritto di difesa, egli è chiamato a: a) compiere accertamenti sulla capacità dell’imputato di partecipare coscientemente al processo; b) decidere sulla dilazione del diritto dell’imputato privato della libertà di conferire immediatamente con il proprio difensore; in particolare, poi, allorché sia necessario compensare lo squilibrio tra parte pubblica e parte privata può: c) autorizzare il difensore a conferire, ricevere dichiarazioni o assumere informazioni da persona detenuta nel corso delle indagini difensive; d) decidere sulla richiesta di un difensore di ottenere documenti dalla PA in caso di rifiuto di quest’ultima; e) autorizzare il difensore all’accesso ai luoghi privati o non aperti al pubblico. Infine, allorché sia necessario anticipare l’acquisizione della prova, egli interviene per assicurare la formazione in contraddittorio, con il potere di emettere e dirigere l’incidente probatorio. Vi sono poi alcune ulteriori ipotesi di intervento dell’organo giurisdizionale. Di rilevanza vi sono i poteri di controllo attribuiti al giudice: a) sui tempi di svolgimento delle indagini; b) sui presupposti per il loro ulteriore sviluppo; c) nonché sulle determinazioni in materia del pubblico ministero, essendo demandata all’organo giurisdizionale tanto la delibazione della scelta di non procedere all’articolo quanto la verifica sull’esercizio dell’azione esercitata tramite richiesta di rinvio a giudizio. Infine, il medesimo giudice diviene organo del giudizio, allorché le parti si orientano verso una procedura alternativa al dibattimento à egli accede, infatti, in questi casi alla dimensione tipica della giurisdizione essendo chiamato a definire il processo quando: a) il PM abbia richiesto il decreto penale di condanna; b) le parti si siano accordate per l’applicazione della pena su richiesta; c) l’imputato abbia avanzato richiesta di giudizio abbreviato, nell’udienza preliminare o in seguito a conversione del giudizio immediato; d) lo stesso imputato abbia richiesto la sospensione della pena con messa alla prova. Le funzioni di GIP sono svolte, di regola, da un magistrato del tribunale nel cui circondario è stato commesso il reato. Regole peculiari riguardano la competenza del GIP nel caso di procedimenti per alcuni gravi delitti: ex 328 co.1-bis quando si tratta di procedimenti per i delitti indicati nell'art. 51 commi 3-bis e 3- quater le funzioni di GIP sono esercitate, salve specifiche disposizioni di legge, da un magistrato del tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente; ex 328 co.1- quater quando si tratta di procedimenti per i delitti indicati nell’art. 51 co.3-quinquies, le funzioni di GIP sono esercitate, salve specifiche disposizioni di legge, da un magistrato del tribunale del 6 capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente. Infine si precisa che ex art. 7-ter co.1 ord. giu. le funzioni di GIP vanno attribuite ad un medesimo magistrato à infatti si prevede che nel determinare i criteri per l’assegnazione degli affari penali deve stabilirsi la concentrazione, ove possibile, in capo allo stesso giudice del provvedimenti relativi al medesimo procedimento. La stessa disposizione impone, inoltre, la designazione di un giudice diverso per lo svolgimento delle funzioni di giudice dell’udienza preliminare (GUP): il magistrato che ha svolto le funzioni di GIP non potrà cioè svolgere, di regola, le funzioni di GUP. 6. L’avvio del procedimento: la notizia di reato. II procedimento prende avvio a seguito dell’acquisizione di una notizia di reato, da intendersi ogni informazione attendibile circa la commissione di un reato da parte di una o più persone non identificate (notizia generica) o identificate (notizia specifica). L’art. 330 stabilisce che il PM e la PG prendono notizia dei reati di propria iniziativa e ricevono le notizie di reato presentate o trasmesse a norma degli articoli seguenti. Il codice segna una duplice modalità di acquisizione e detta le forme tipiche attraverso le quali le notizie di reato sono ricevute dagli organi inquirenti: la denuncia da parte di pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio, quella da parte di privati e il referto, sono notizie qualificate, cioè definite dal codice e come tali disciplinate dagli artt. 331-334-bis. Accanto a queste ultime, allorché la legge prevede come necessaria una condizione di procedibilità, le dichiarazioni di querela, istanza, richiesta, nell’esprimere la volontà di rimuovere l’ostacolo alla procedibilità, possono fungere altresì da veicolo per la notizia di reato, sempre che la stessa non sia già nella disponibilità degli organi inquirenti. Fuori da queste ipotesi, la notizia di reato può derivare da qualsiasi fonte che si palesa alle autorità inquirenti, anche nell’attività loro riconosciuta di prendere notizia dei reati di propria iniziativa. Ricadono nel novero delle c.d. notizie non qualificate tutti gli eventi fenomenici idonei a prospettare la possibilità di commissione di un reato, come ad esempio le notizie di fonte giornalistica, la contestazione diretta di un fatto, eventualmente accompagnata dall’arresto in flagranza, o anche una informazione confidenziale, rilasciata ex art. 2031 ovvero nel corso di colloqui investigativi ex art. 18-bis ord.pen. È importante notare come la simmetria istituita dall’art. 330 fra PM e PG sia solo apparente: infatti rientra nelle attribuzioni degli ufficiali e degli agenti di PG il dovere di prendere notizia dei reati e di riferirne all’AG (55 co.1). L’agente o l’ufficiale di PG che abbia avuto comunque notizia di un reato e non abbia comunicato l’apposita informativa nei casi in cui fosse obbligatorio è sanzionato penalmente (361 co.2 cp). Al contrario, il singolo magistrato non sembra gravato da analoghi obblighi à l’art. 70 co.5 ord. giu., prevede che allorché un magistrato addetto all’ufficio della procura, fuori dall’esercizio delle sue funzioni, venga a conoscenza di fatti che possano determinare l’inizio dell’azione penale o di indagini preliminari, può segnalarli (mera facoltà) per iscritto al titolare dell’ufficio. Spetterà a quest’ultimo se informato, adottare provvedimenti di natura formale 1 Art. 203. Informatori della polizia giudiziaria e dei servizi di sicurezza. 1. Il giudice non può obbligare gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria nonché il personale dipendente dai servizi per le informazioni e la sicurezza militare o democratica a rivelare i nomi dei loro informatori. Se questi non sono esaminati come testimoni, le informazioni da essi fornite non possono essere acquisite né utilizzate. 7 conseguenti a quella segnalazione: quest’ultimo quando non sussistono i presupposti per la richiesta di archiviazione e non intende procedere personalmente, provvede a designare per la trattazione uno o più magistrati dell’ufficio. In linea generale, poi, l’attività che conduce ad individuare la notizia di reato non è priva di profili problematici. Il profilo principiale è quello concernente la liceità nonché l’estensione dell’attività investigativa che venga compiuta prima dell’acquisizione della notizia di reato à attività pre- investigative di procacciamento della notizia di reato. Secondo un’opinione giurisprudenziale consolidata, si tratta di attività lecita in quanto preordinata ad acquisire e precisare gli estremi della notizia di reato, fino a che non incida su valori costituzionalmente protetti: devono ritenersi quindi non consentiti, oltre ai provvedimenti di natura cautelare incidenti sulla libertà, tutti gli atti di indagine di natura invasiva, quali perquisizioni e sequestri, ispezioni o intercettazioni di conversazioni o comunicazioni. 7. Segue: l’iscrizione della notizia di reato nel registro previsto dall’art. 335 La notizia di reato non è essa stessa un atto di indagine e non è assoggettata alla disciplina propria di quegli atti. La notizia di reato rappresenta il presupposto dello sviluppo procedimentale; essa deve venire scritta in un apposito registro (c.d. modello 21_notizie di reato contro persone note) non appena acquisita dal PM o a quest’ultimo sia comunicata dalla PG. Spetta infatti al PM iscrivere immediatamente, nell’apposito registro custodito presso l’ufficio, ogni notizia di reato che gli perviene o che ha acquisito di propria iniziativa, anche quando ancora sia non soggettivamente determinata (in tal caso andrà iscritta nell’apposito registro per le notizie contro ignoti: c.d. modello 44); contestualmente o dal momento in cui risulta, andrà inserito altresì il nome della persona alla quale il reato stesso è attribuito (335 co.12). Spetta ancora al PM aggiornare l’iscrizione, qualora muti la qualificazione giuridica del fatto ovvero questo risulti diversamente circostanziato, senza procedere a nuove iscrizioni (335 co.23). È da quest’adempimento – di regola a partire della iscrizione nominativa – che devono essere computati il termine di durata delle indagini: l’art. 405 co. 2, che definisce anche il momento per l’esercizio dell’azione penale, dispone che “salvo quanto previsto dall'articolo 415-bis, il pubblico ministero richiede il rinvio a giudizio entro sei mesi dalla data in cui il nome della persona alla quale è attribuito il reato è iscritto nel registro delle notizie di reato. Il termine è di un anno se si procede per taluno dei delitti indicati nell'articolo 407 comma 2 lettera a)”. Scaduto tale termine, ogni atto investigativo dovrà intendersi inutilmente compiuto, nonché il termine per la richiesta del giudizio immediato, del decreto penale di condanna e del giudizio direttissimo nei confronti dell’indagato che ha reso confessione. 2 Art. 335_Registro delle notizie di reato. 1. Il pubblico ministero iscrive immediatamente, nell'apposito registro custodito presso l'ufficio, ogni notizia di reato che gli perviene o che ha acquisito di propria iniziativa nonché, contestualmente o dal momento in cui risulta, il nome della persona alla quale il reato stesso è attribuito. 3 Art. 335 comma 2. Se nel corso delle indagini preliminari muta la qualificazione giuridica del fatto ovvero questo risulta diversamente circostanziato, il pubblico ministero cura l'aggiornamento delle iscrizioni previste dal comma 1 senza procedere a nuove iscrizioni. 10 salvo quanto disposto dall’art. 2405”. Esse non valgono come notitia criminis e non devono, pertanto, essere iscritte nel registro previsto dall’art. 335. Tuttavia dalle denunce anonime, delle quali è prevista l’iscrizione in un apposito registro (c.d. modello 46) non è escluso che il PM o la PG – fermi restando i limiti della attività preprocedimentale – possano trarre spunto per la loro attività, attivandosi per verificare se dall’atto anonimo possano ricavarsi gli estremi utili per l’individuazione di una notitia criminis. Il referto, invece, è la denuncia cui sono obbligati gli esercenti una professione sanitaria che abbiano prestato la propria opera in un caso che possa presentare i caratteri di un delitto per il quale si debba procedere d'ufficio (365 co.1 c.p.6). Vi sono tenuti coloro che svolgono una professione sanitaria principale (medici, farmacisti, veterinari) o secondaria (infermieri, assistenti diplomati), non coloro che svolgono mestieri espressione della c.d. arte medica (ottici, odontotecnici). In quanto pubblici ufficiali, i medici che svolgono la propria professione in strutture pubbliche non rientrano tra i soggetti obbligati al referto, ma sono sottoposti alla disciplina dettata dall’art. 331. L’obbligo di referto viene meno, e così la sanzione penale, allorché la notizia di reato esporrebbe la persona assistita a conseguenze di carattere penalistico (365 co.2 c.p.), nel qual caso essi hanno solo la facoltà di presentare il referto à ciò per evitare che il soggetto bisognoso di cure sia messo nella scomoda alternativa tra il precludersi l’accesso all’assistenza sanitaria ovvero il sottoporsi alle cure con il rischio di essere incriminato. Il referto - eventualmente sottoscritto da tutti coloro che, avendo prestato la loro esistenza nella medesima occasione, ne sono tenuti – deve essere presentato entro 48 ore dall’acquisizione della notizia o, se vi è pericolo nel ritardo, immediatamente al PM o ad un ufficiale di polizia del luogo in cui l’assistenza è stata prestata o, in loro mancanza, all’ufficiale di polizia più vicino. Il referto (che nel silenzio della legge si presume abbia forma scritta, dato il contenuto dettagliato) indica la persona che è stata assistita, se è possibile le sue generalità, il luogo dove essa attualmente si trova e quant’altro valga ad identificarla, nonchè il tempo, il luogo e le altre circostanze dell’intervento del sanitario. Inoltre, dà le notizie che servono a stabilire le circostanze del fatto, i mezzi con cui questo è stato commesso e gli effetti che esso ha causato o può causare. Infine, per garantire la massima esplicazione del diritto di difesa nel processo penale, il legislatore precisa all’art. 334-bis che “i difensori e gli altri soggetti di cui all’art. 391-bis non hanno obbligo di denuncia neppure relativamente ai reati dei quali abbiano avuto notizia nel corso dell’attività investigativa da essi svolte”. Il difensore opera nel processo penale per far valere interessi di parte, sicchè non potrebbe essere gravato da obblighi suscetitbili di confliggere con il ruolo difensivo. 9. Gli ostacoli alla progressione: le condizioni di procedibilità 5 Art. 240 c.p.p._Documenti anonimi ed atti relativi ad intercettazioni illegali. I documenti che contengono dichiarazioni anonime non possono essere acquisiti nè in alcun modo utilizzati, salvo che costituiscano corpo del reato o provengano comunque dall'imputato 6 Art. 365 c.p._Omissione di referto. Chiunque, avendo nell'esercizio di una professione sanitaria prestato la propria assistenza od opera in casi che possono presentare i caratteri di un delitto per il quale si debba procedere d'ufficio, omette o ritarda di riferirne all'autorità indicata nell'articolo 361 è punito con la multa fino a euro 516. Questa disposizione non si applica quando il referto esporrebbe la persona assistita a procedimento penale. 11 In alcuni casi, l’instaurazione del processo o il suo ulteriore incedere (andare avanti) sono subordinati all’integrazione di una c.d. condizione di procedibilità, cioè eventi riconducibili di regola a manifestazioni di volontà di un soggetto pubblico o privato o, più raramente, ad accadimenti oggettivi. L’art. 50, nel definire caratteri e titolarità dell’azione penale, circoscrive l’obbligo di agire in capo al PM ai casi in cui non è necessaria la querela, la richiesta, l’istanza o l’autorizzazione a procedere à sono dei temperamenti dell’obbligo di esercizio dell’azione penale, la cui ratio risiede nella tutela di interessi di varia natura. In realtà l'art. 112 Cost. impone al PM di instaurare il processo solo al ricorrere dei presupposti a cui la legge ordinaria subordina l'insorgere dell'obbligo di agire à bilanciamento tra interessi suddetti e principio costituzionale. Le condizioni di procedibilità specificatamente disciplinate nel titolo III del libro V sono: querela (336-340), istanza (341), richiesta (342) e autorizzazione a procedere (343-344). Tuttavia dal testo dell’art. 345 co.2 si presume l’esistenza di condizioni di procedibilità “diverse” da quelle che trovano collocazione nel medesimo titolo: si tratta delle c.d. condizioni di procedibilità atipiche. Ascrivibili al novero di tali condizione di procedibilità di carattere atipico (di fonte codicistica o extracodicistica) vi sono: - il segreto di Stato che risulti confermato e copra fatti essenziali per la definizione del processo à il giudice dichiara di “non doversi procedere per l’esistenza del segreto di Stato”; - la clausola di specialità nell’estradizione (=divieto di adottare misure restrittive della libertà o di procedere nei confronti dell’estradato per fatti anteriori e diversi da quelli per i quali è stata concessa l’estradizione.) - l’esistenza di un precedente giudicato sulla medesima imputazione; - l’azione penale esercitata successivamente ad un provvedimento di archiviazione concernente i medesimi fatti e la medesima persona; - lo stato di flagranza per i reati di cui agli artt 260, 688, 707 e 720 c.p.; la presenza del reo nel territorio dello Stato per i reati ex artt. 8-10 c.p.; ed infine nella situazione individuata dall’art. 13 co.3-quater d.lgs. 286/1988 in tema di espulsione dello straniero irregolare. 10.Segue: gli effetti sul procedimento e sul processo della mancanza della condizione di procedibilità La mancanza di una condizione di procedibilità ha effetti sull’attività di indagine e sul processo eventualmente avviato. Quanto alla fase preliminare, la stessa mancanza non impedisce ogni attività, ma si tratta tuttavia di indagini fortemente caratterizzate dall’evento impeditivo dell’azione. Ad un immediato epilogo definitivo si perverrà, attraverso una decisione di archiviazione ex art. 411, solo nell’ipotesi in cui sia evidente che la condizione di procedibilità non potrà più sopravvenire: ad es. nel caso di remissione della querela. Nelle altre ipotesi, la mancanza della condizione avrà un effetto sostanzialmente paralizzante: il termine per le indagini comincerà a decorrere solo dal momento in cui l’ostacolo sarà rimosso e, più precisamente, dal momento in cui querela, richiesta e istanza pervengono al PM; se necessaria l’autorizzazione a procedere, il decorso di quello stesso termine resta sospeso dalla richiesta al momento in cui l’autorizzazione viene concessa. Prima di quel momento, eventuali attività di indagine potranno essere esperite esclusivamente nei limiti previsti dall’art. 346, stando al quale (salve le limitazioni disposte dall’art. 343 per il caso di autorizzazione a procedere), in mancanza di una condizione di procedibilità che può ancora sopravvenire, possono 12 essere compiuti gli atti di indagine preliminare necessari ad assicurare le fonti di prova e, quando vi è pericolo nel ritardo, possono essere assunte le prove previste dall’articolo 392. L’assenza della condizione di procedibilità non impedisce l’instaurazione del processo, tuttavia, l’azione promossa in difetto della prescritta condizione è destinata ad un esito abortivo à non appena realizza la sussistenza dell’ostacolo alla prosecuzione, il giudice, non potendo accedere al merito, dovrà pronunciarsi in ogni fase del processo con una decisione di non doversi procedere (perché l’azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere proseguita). Quest’ultima decisione sarà suscettibile di passare in giudicato, ma ciò non impedirà un nuovo processo per il medesimo fatto: se la condizione sopravvenga in un secondo momento, o diventi superflua (per essere venuta meno la condizione personale che rendeva necessaria l’autorizzazione), l’azione penale può essere nuovamente esercitata nei confronti della medesima persona per il medesimo fatto. A maggior ragione, lo stesso avviene anche nei casi in cui il non doversi procedere per difetto di una condizione di procedibilità sia stato dichiarato con archiviazione o con sentenza di non luogo a procedere, come impone l’art. 345 co.2, equiparando al riguardo le condizioni atipiche e quelle espressamente nominate nel comma 1. 11. Segue: querela, istanza e richiesta di procedimento La querela, secondo quanto disposto dall’art. 336 c.p.p., è una dichiarazione con la quale la persona offesa dal reato, in quanto titolare dell’interesse leso, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, manifesta la volontà che si proceda in ordine a un fatto previsto dalla legge come reato. La querela trova gran parte della sua disciplina nel codice penale che agli artt. 120-126 e 152-156, regola gli aspetti costitutivi del diritto, i relativi effetti e le cause estintive. Il codice di procedura penale si limita invece a dettare le formalità di presentazione della querela (339) e quelle relative alle vicende estintive dello stesso diritto, ovvero rinuncia e remissione espressa. La titolarità del diritto spetta ad ogni persona offesa dal reato per il quale non debba procedersi d’ufficio, o su istanza o richiesta, eventualmente rappresentata da un tutore o da un curatore speciale; va presentata, di regola, entro tre mesi dal giorno della notizia del fatto che costituisce il reato, con le modalità previste per la denuncia e alle medesime autorità alle quali può essere presentata denuncia ovvero a un agente consolare all’estero. Dato che il diritto di querela è riservato al querelante o a un suo procuratore speciale, l’identificazione del proponente è essenziale: infatti se recapitata da un incaricato o spedita per posta in piego raccomandato, essa deve recare la sottoscrizione autentica del proponente (337 co.1); se proposta oralmente, il verbale in cui è ricevuta deve essere sottoscritto dal querelante o dal procuratore speciale (337 co.2); la dichiarazione di querela proposta dal legale rappresentante di una persona giuridica, di un ente o di un’associazione deve contenere l’indicazione specifica della fonte dei poteri di rappresentanza (337 co.3). In ogni caso l’autorità che riceve la querela provvede all’attestazione della data e del luogo della presentazione, all’identificazione della persona che la propone e alla trasmissione degli atti all’ufficio del PM (337 co.4). Il diritto non può più essere esercitato, e quindi la querela non può essere promossa, se l’avente diritto vi abbia rinunciato: la rinuncia può essere tacita, dimostrata attraverso atti incompatibili con 15 cui agli artt. 344, 345 e 346”. In effetti, la tutela prestata per i soggetti titolari di prerogative funzionali dalle disposizioni sovraordinate rende sostanzialmente priva di applicazione la normativa codicistica nei confronti di quegli stessi soggetti. Particolari autorizzazioni ad acta concorrono con la richiesta di autorizzazione a procedere per i membri della corte costituzionale e per i ministri. Nel primo caso, alla Corte deve essere rivolta la richiesta di autorizzazione se un suo giudice ordinario o aggregato deve essere arrestato, o altrimenti privato della libertà personale, o sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, salvo che sia colto nell’atto di commettere un delitto per il quale è obbligatorio il mandato o l’ordine di cattura. Alla camera di appartenenza o al Senato (se non sono parlamentari) va richiesta invece autorizzazione per sottoporre il Presidente del Consiglio dei ministri o un ministro, nonché gli altri inquisiti che siano membri del Senato o della Camera, a misure limitative della libertà personale, a intercettazioni telefoniche o sequestro o violazione di corrispondenza ovvero a perquisizione personali o domiciliari, salvo che siano colti nell’atto di commettere uno dei delitti indicati nell’art. 380 commi 1 e 2. Caduta la necessità di autorizzazione a procedere nei confronti dei parlamentari, è prevista solo la necessità di autorizzazioni ad acta per il compimento di singoli atti che si riflettono sui diritti fondamentali di un membro del parlamento. Più precisamente, alla Camera di appartenenza va richiesta autorizzazione per sottoporre i membri del parlamento a perquisizione personale o domiciliare o a ispezione personale; per arrestarli o privarli altrimenti della libertà personale, o mantenerli in detenzione, salvo che si tratti di dare esecuzione a sentenza irrevocabile di condanna o il parlamentare sia colto nell’atto di commettere un delitto per il quale è prevista l’arresto obbligatorio in flagranza; per sottoporli a intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni, ad acquisizione di tabulati telefonici e a sequestro di corrispondenza. L’autorizzazione è richiesta dall’autorità che ha emesso il provvedimento da eseguire (PM o giudice): in attesa dell’autorizzazione, l’esecuzione del provvedimento rimane sospesa. Al componente del parlamento italiano è equiparato il membro italiano del Parlamento europeo. 13. L’attività di indagine della polizia giudiziaria: l’obbligo di riferire la notizia di reato. Entrambi individuati come titolari del potere di prendere notizia dei reati anche di propria iniziativa, PM e PG non hanno, rispetto alla stessa notizia acquisita, i medesimi doveri e poteri. Il destinatario ultimo è infatti solo il magistrato, il quale, gravato dall’obbligo dell’azione penale, deve immediatamente attivarsi, procedendo all’iscrizione della notizia nell’apposito registro, in vista dei successivi adempimenti; sulla PG grava, invece, l’obbligo di informare il PM di ogni notizia che rechi il fumus di un illecito penale, previa una essenziale attività di accertamento. La disciplina attuale, in particolare l’art. 347 prevede che, “acquisita la notizia di reato, la polizia giudiziaria, senza ritardo, riferisce al pubblico ministero, per iscritto, gli elementi essenziali del fatto e gli altri elementi sino ad allora raccolti, indicando le fonti di prova e le attività compiute, delle quali trasmette la relativa documentazione (comma 1). Comunica, inoltre, quando è possibile, le generalità, il domicilio e quanto altro valga alla identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, della persona offesa e di coloro che siano in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti (comma 2)”. La nuova normativa vuole evitare tempi troppo rigidi e ristretti, per permettere alla PG di svolgere 16 ogni attività necessaria a definire la notizia di reato. Inoltre, “con la comunicazione, la PG indica anche il giorno e l'ora in cui ha acquisito la notizia” (art. 347 co.4): si tratta di un adempimento da ritenersi funzionale all’accertamento, da parte del giudice, di una responsabilità disciplinare. Rispetto al limite temporale del comma 1 (“senza ritardo”) sono previste due deroghe ai commi successivi. Infatti, il comma 2-bis dell’art. 347 prevede che “qualora siano stati compiuti atti per i quali è prevista l'assistenza del difensore (sia gli atti in cui è necessaria la presenza del difensore, sia gli atti cui lo stesso ha diritto di assistere) della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, la comunicazione della notizia di reato è trasmessa al più tardi entro 48 ore dal compimento dell'atto, salve le disposizioni di legge che prevedono termini particolari”. In secondo luogo, il comma 3 dell’art. 347 prevede, poi, che “se si tratta di taluno dei delitti indicati nell'art. 407 co.2 lett. a, numeri 1-6 e, in ogni caso, quando sussistono ragioni di urgenza, la comunicazione della notizia di reato è data immediatamente anche in forma orale. Alla comunicazione orale deve seguire senza ritardo quella scritta con le indicazioni e la documentazione previste dai commi 1 e 2”. • “Senza ritardo” à a discrezione della polizia, purché si tratti di un tempo ragionevole. • Entro 48h e per iscritto à quando ci sono atti per i quali è prevista l’assistenza del difensore • Immediatamente e per iscritto à quando vengano rilevati reati di particolare gravità. Una regola speciale armonizza con l’obbligo imposto dall’art. 347 gli adempimenti conseguenti ad una notizia di reato non perseguibile d’ufficio quando ancora non sia sopravvenuta la condizione di procedibilità: la PG riferisce senza ritardo – o immediatamente in forma orale se sussistono ragioni di urgenza o si tratta di reati ex 407,2 lett. a nn. 1-6 – al PM “l’attività di indagine prevista dall’art. 346”, trasmettendo altresì la relativa documentazione ove detto organo ne faccia richiesta (art. 122. disp. att.). Una deroga al regime informativo di cui all’art. 347, funzionale all’archiviazione delle notizie di reato cumulativa ex art. 415 co.4, è quella di cui all’art. 107-bis disp. att., il quale prevede che le denunce a carico di ignoti, unitamente agli eventuali atti di indagine svolti per l’identificazione dell’autore del reato, siano trasmesse all’ufficio di procura competente con elenchi mensili. 14. Segue: le attività investigative tipiche e atipiche. I compiti della polizia giudiziaria e i suoi rapporti con il PM sono esposti nell’art. 55 c.p.p.. Nel comma 1 troviamo la tradizionale tripartizione delle sue funzioni. Art. 55 c.p.p. - Funzioni della polizia giudiziaria. 1. La polizia giudiziaria deve, anche di propria iniziativa, prendere notizia dei reati, impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori, ricercarne gli autori, compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale. 2. Svolge ogni indagine e attività disposta o delegata dall'autorità giudiziaria. 3. Le funzioni indicate nei commi 1 e 2 sono svolte dagli ufficiali e dagli agenti di polizia giudiziaria. Per quanto riguarda il comma 1, le diverse attività hanno un proprio carattere: a. prendere notizia dei reati = attività di carattere informativo; b. impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori = intervento in chiave preventiva; c. ricercarne gli autori = attività di carattere investigativo; 17 d. compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale = attività di assicurazione della prova. Al comma 2 con la previsione “svolge ogni indagine e attività disposta o delegata dall'AG” si pongono le basi per il rapporto di dipendenza dal PM. Il combinato disposto degli artt. 347 e 348 scandisce in tre tempi l’azione investigativa di polizia: investita del potere-dovere di prendere notizia dei reati di propria iniziativa (art. 330), è libera di agire lungo le direttrici fissate dall’articolo 55 co.1, finché non ne riferisca al PM nei tempi prescritti. Subito dopo, l’art. 348 indica un duplice scenario che si sussegue in rapporto alla solerzia operativa del titolare delle indagini. L’articolo 348 co.1 ribadisce che, anche successivamente alla comunicazione della notizia di reato, la PG continua a svolgere le funzioni indicate nell'art. 55 raccogliendo in specie ogni elemento utile alla ricostruzione del fatto e alla individuazione del colpevole, potendo procedere fra l’altro al fine indicato: a) alla ricerca delle cose e delle tracce pertinenti al reato nonché alla conservazione di esse e dello stato dei luoghi; b) alla ricerca delle persone in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti; c) al compimento degli atti indicati negli articoli seguenti (348 co.2). Dopo l'intervento del PM, la polizia deve compiere gli atti ad essa specificamente delegati a norma dell'art. 370 (1° modulo - attività delegata d’indagine), ed eseguire le direttive del PM (2° modulo - attività guidata d’indagine). Inoltre, anche dopo l’intervento del PM permangono argini di autonomia in quanto la polizia svolge di propria iniziativa, informandone prontamente il PM (unico limite nello svolgimento di attività di indagine parallela – 3° modulo), tutte le altre attività di indagine per accertare i reati ovvero richieste da elementi successivamente emersi e assicura le nuove fonti di prova. Una serie di atti di indagine sono, poi, espressamente disciplinati dagli artt. 349-357 (attività investigative tipiche): oltre a procedere alla identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini o di altre persone (349), la PG può raccogliere informazioni dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini (350), da persone informate sui fatti (351) ovvero da imputati in procedimento connesso (351,1bis). Inoltre in situazioni di mercata urgenza, la PG può procedere ad atti di indagine suscettibili di incidere sulla libertà e su altri diritti fondamentali della persona: perquisizioni (352), acquisizione di plichi o di corrispondenza (353), accertamenti urgenti sui luoghi o sulle persone (354) e sequestro del corpo del reato e delle cose a questo pertinenti (355) à attività il cui svolgimento è legittimato dal pericolo di dispersione della prova. Nell’ambito delle medesime funzioni, la PG può svolgere anche operazioni non predeterminabili con una tipizzazione normativa (attività investigative atipiche): ad esempio, le operazioni di osservazione, controllo e pedinamento, svolte dalla polizia anche tramite metodi di rilevamento satellitare, nonché le videoregistrazioni in luoghi pubblici ovvero aperti o esposti al pubblico. Sono altresì considerati “soggettivamente” atipici quegli atti che la legge attribuisce al PM: il riconoscimento attraverso una fotografia, ovvero la richiesta rivolta all’indiziato, nella fase delle indagini preliminari, di pronunciare delle espressioni verbali, al fine di consentire il riconoscimento della voce da parte della persona offesa costituisce atto atipico d’indagine della PG (mentre sarebbe un’individuazione ex art. 361, se fosse compiuto dal PM). 20 Comma 6: di tali notizie e indicazioni assunte senza l'assistenza del difensore sul luogo o nell'immediatezza del fatto è vietata ogni documentazione e utilizzazione. Infine, comma 7: la polizia giudiziaria (in questo caso anche gli agenti e non solo gli ufficiali) può altresì ricevere dichiarazioni spontanee dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, ma di esse non è consentita la utilizzazione nel dibattimento, salvo quanto previsto dall'articolo 503 comma 38. Tuttavia, tali spontanee dichiarazioni sono utilizzabili in tutti i procedimenti speciali prvi di dibattimento. La polizia giudiziaria può assumere il contributo conoscitivo della persona sottoposta alle indagini anche essendo delegata dal PM a svolgere l’interrogatorio ai sensi dell’art. 370. In tale ultimo caso, l’atto può essere assunto solo da persona non sottoposta a restrizione della libertà e con l’assistenza necessaria del difensore. Le garanzie apprestate per l’interrogatorio delegato hanno un preciso riflesso sulla utilizzabilità dibattimentale dell’atto: il relativo verbale potrà essere allegato al fascicolo dibattimentale, finendo per fornire elementi di natura pienamente probatoria. Ufficiali e agenti della polizia possono, altresì, assumere informazioni da soggetti informati sui fatti, con le stesse garanzie che presidiano l’assunzione della prova testimoniale. Il legislatore è intervenuto sul comma 1 dell’art. 351, stabilendo che nell’assunzione di tali informazioni si applicano le disposizioni del secondo e terzo periodo del comma 1 dell'art. 362 per l’assunzione di informazioni da parte del PM à in particolare tramite il rinvio al terzo periodo si rendono applicabili a tale disciplina le disposizioni di cui agli artt. 197, 197-bis, 198, 199, 200, 201, 202 e 203. In forza di tale rinvio, ferme restando le garanzie assicurate dall’articolo 63, nell’espletamento dell’atto devono trovare luogo le forme previste per la testimonianza con la conseguenza che: non possono essere sentiti soggetti che si trovino nei casi di incompatibilità previsti dall’art. 197; i soggetti chiamati a rilasciare informazioni hanno obbligo di presentarsi e di rispondere secondo verità, ma non possono essere costretti a deporre su fatti dai quali potrebbe emergere una responsabilità penale (198); se si tratti di prossimi congiunti dell’indagato devono essere avvertiti, a pena di nullità, della facoltà di astenersi dal rendere dichiarazioni (199); i soggetti dai quali si assumono informazioni possono astenersi dal rispondere nel rispetto delle norme sui segreti (200, 201 e 202); sono applicabili le garanzie previste per gli informatori della PG e dei servizi di sicurezza (203). La simmetria tra atti di polizia atti compiuti dal PM realizzata attraverso il richiamo alla corrispondente disciplina della prova testimoniale si rompe, con riguardo ai profili della responsabilità penale del dichiarante, in ragione delle minori garanzie assicurate dall’organo investigativo. Il potenziale testimone, infatti, pur tenuto a rispondere secondo verità, non potrà essere penalmente sanzionato per la falsità di eventuali dichiarazioni, salvo che essi siano tali da integrare gli estremi del reato di favoreggiamento personale o di calunnia: non è infatti applicabile all’atto assunto dalla PG l’art. 371- bis c.p., che punisce chi rilasci false dichiarazioni al PM o al procuratore della Corte penale internazionale. In ogni caso, in funzione di tutela del dichiarante e della genuinità delle sue 8 Art. 503 comma 3. Fermi i divieti di lettura e di allegazione, il pubblico ministero e i difensori, per contestare in tutto o in parte il contenuto della deposizione, possono servirsi delle dichiarazioni precedentemente rese dalla parte esaminata e contenute nel fascicolo del pubblico ministero. Tale facoltà può essere esercitata solo se sui fatti e sulle circostanze da contestare la parte abbia già deposto. 21 dichiarazioni, l’art. 381 co. 4-bis vieta l’arresto in flagranza della persona richiesta di fornire informazioni dalla PG (così come dal PM) per reati concernenti il contenuto delle informazioni o il rifiuto di fornirle. Inoltre, il rinvio al secondo periodo del comma 1 dell’art. 362 esclude che alle persone già sentite dal difensore o dal suo sostituto possano essere richieste informazioni sulle domande formulate e sulle risposte date: si tratta di un divieto che mira ad evitare interferenze tra l’attività investigativa pubblica e quella privata. La progressiva estensione di garanzie all’istituto in esame, iniziata attraverso il richiamo alle disposizioni in tema di testimonianza, si è anche incanalata nella direttrice di matrice europea che tende alla tutela dei soggetti deboli. Per questo l’art. 351 co.1-ter stabilisce che nei procedimenti per il delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi, per taluni delitti contro la libertà individuale e contro la libertà personale nonché per il delitto di atti persecutori, la PG, quando deve assumere sommarie informazioni da persone minori, si avvale dell'ausilio di un esperto in psicologia o in psichiatria infantile, nominato dal PM. Il d.lgs. n. 212 del 2015 ha esteso analoghe garanzie anche quando la polizia giudiziaria assuma sommarie informazioni da una persona offesa, anche maggiorenne, in condizione di particolare vulnerabilità, assicurando che la persona offesa particolarmente vulnerabile, non abbia contatti con la persona sottoposta ad indagini e non sia chiamata più volte a rendere sommarie informazioni, salva l'assoluta necessità per le indagini. Nell’art. 351 al comma 1-bis trova luogo anche una scarna previsione concernente l’assunzione di informazioni da imputati in un procedimento connesso o da imputati di un reato collegato a quello per cui si procede nel caso previsto dall’art. 371 co.2 lett. b. Riservato l’atto ai soli ufficiali di PG, è stato previsto che, prima di procedere all’audizione, il soggetto debba essere avvisato di essere assistito da un difensore d’ufficio e della facoltà di nominare uno di fiducia, il quale, tempestivamente avvisato, ha diritto di assistere all’atto (ma la cui partecipazione non è prevista come necessaria). Il rinvio contenuto nell’art. 351 co. 1 alle disposizioni dell’art. 362 recepisce a sua volta, tra le altre regole applicabili alle sommarie informazioni, l’art. 197-bis: quest’ultima disposizione assume rilievo rispetto a coloro che già sono sentiti come imputati o indagati, i quali dovranno essere destinatari dell’avviso di cui all’art. 64 co.3 lett. c e, nei casi ivi considerati, potranno assumere, nel successivo dibattimento, la veste di testimoni “assistiti”. 17. Segue: perquisizioni, accertamenti urgenti, acquisizione di plichi (guardare appunti 25.10.2018) Le perquisizioni sono un mezzo di ricerca della prova. Si tratta di mezzi irripetibili, particolari per il loro carattere ‘a sorpresa’, e solitamente producono prove direttamente utilizzabili. Le perquisizioni, a differenza delle ispezioni, cercano il corpo del reato e le cose pertinenti al reato stesso. NON SERVONO PER CERCARE NOTIZIE DI REATO! Deve già esserci un motivo di reato, un tema probatorio, un fatto configurabile come reato; solo quando la notizia di reato è emersa à PERQUISIZIONE. Per lo stesso motivo, una perquisizione non può muovere da denunce anonime poiché così facendo si andrebbero a ricercare notizie di reato. Gli ufficiali di polizia giudiziaria possono procedere a perquisizione personale o locale, in casi particolarmente connotati sotto il profilo dell’urgenza. Poiché si tratta di un’attività suscettibile di incidere sulla libertà della persona sottoposta alle indagini e sul suo domicilio, la disciplina è strutturata sulla scorta dell’art. 13 Cost., per il quale l’intervento degli organi di pubblica sicurezza 22 può essere legittimo solo in casi eccezionali di necessità e urgenza e attraverso provvedimenti sottoposti a convalida dell’autorità giudiziaria, nelle cadenze temporali costituzionalmente imposte. Autorità giudiziaria nelle perquisizioni è il giudice e il pm (nella maggior parte dei casi il pm). Il pm può svolgere la perquisizione personalmente o delegando la polizia giudiziaria. Ci sono casi in cui la polizia giudiziaria può perquisire di propria iniziativa à ipotesi eccezionali, previste da leggi speciali (es. armi da fuoco nell’abitazione); oltre a questi, vi sono anche dei casi non previsti da leggi speciali per i quali la PG può agire di propria iniziativa: 1. Flagranza di reato; 2. Misure restrittive della libertà personale; 3. Fondato motivo di arrestare un soggetto. La perquisizione deve essere disposta con decreto motivato, a pena di nullità. Nel decreto devono essere indicati gli oggetti che si vanno a cercare; se non sono indicati, la perquisizione può avere luogo ugualmente ma sarà poi necessaria una convalida dal momento che non si possono fare perquisizioni generiche. L’art. 352 comma 1 dispone che, “nella flagranza del reato o nel caso di evasione, gli ufficiali di polizia giudiziaria procedano a perquisizione personale o locale quando hanno fondato motivo di ritenere che sulla persona si trovino occultate cose o tracce pertinenti al reato che possono essere cancellate o disperse ovvero che tali cose o tracce si trovino in un determinato luogo o che ivi si trovi la persona sottoposta alle indagini o l'evaso”. I casi eccezionali di necessità e urgenza sono rappresentati dalla flagranza di reato e dalla evasione. Il comma 2 dell’art. 352 prevede invece che gli ufficiali potranno compiere una perquisizione personale o locale nel caso in cui si debba procedere all’esecuzione di un'ordinanza che dispone la custodia cautelare o di un ordine che dispone la carcerazione nei confronti di persona imputata o condannata per uno dei delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza ai sensi dell’art. 380, ovvero al fermo di una persona indiziata di delitto; tuttavia gli ufficiali potranno procedere solo se sussistano, oltre ai presupposti indicati nel comma 1, anche particolari motivi di urgenza che non consentono l’emissione di un tempestivo decreto di perquisizione. PERQUISIZIONE INFORMATICA à La L. n. 48 del 2008 ha inserito il comma 1-bis nell’art. 247 per disciplinare la peculiare ipotesi della perquisizione informatica; esso dispone che “nella flagranza del reato, ovvero nei casi di cui al comma 2 quando sussistono i presupposti e le altre condizioni ivi previsti, gli ufficiali di PG, adottando misure tecniche dirette ad assicurare la conservazione dei dati originali e ad impedirne l’alterazione, procedono altresì alla perquisizione di sistemi informatici o telematici, ancorché protetti da misure di sicurezza, quando hanno fondato motivo di ritenere che in questi si trovino occultati dati, informazioni, programmi informatici o tracce comunque pertinenti al reato che possono essere cancellati o dispersi”. La definizione di perquisizione informatica si avvicina molto all’ispezione. La perquisizione informatica può essere effettuata anche su sistemi informatici protetti da sistemi di sicurezza (password). Non sono ammesse perquisizioni esplorative (vietato!). La perquisizione informatica può riguardare solo dati già esistenti, non si possono monitorare in diretta, in tempo reale dati da trovare; le perquisizioni in diretta vengono considerate illegittime o prove atipiche. Di regola, sono legittimati alla perquisizione i soli ufficiali di PG, ma nei casi di particolare necessità e urgenza, ex art.113 disp. att possono procedervi anche gli agenti. Con riguardo alle modalità di esecuzione, pur in assenza di un esplicito richiamo, ci si deve rifare alla normativa contenuta nel libro III sulle prove, in particolare all’art. 251 c.p.p. - Perquisizioni nel 25 L’art. 371 c.p.p., sotto la rubrica “rapporti tra diversi uffici del pubblico ministero”, prevede uno strumento di coordinamento, al quale è apparentemente impressa una caratterizzazione di maggiore cogenza. Vi si stabilisce che uffici diversi del pubblico ministero che procedono ad indagini collegate, al fine di favorire la speditezza, l’economia e l’efficacia delle indagini medesime, sono tenuti a coordinarsi fra di loro e a tali fini provvedono allo scambio di atti e di informazioni (obbligo di informazione reciproca), alla comunicazione delle direttive rispettivamente impartite alla PG, nonché possono procedere congiuntamente al compimento di specifici atti (facoltà di cooperazione) à 371 co.1. L’istituto del coordinamento è applicabile nei casi in cui le indagini siano collegate; ai sensi del comma 2 dell’art. 371, le indagini si considerano tali: a) se i procedimenti sono connessi a norma dell'articolo 129; b) se si tratta di reati dei quali gli uni sono stati commessi in occasione degli altri, o per conseguirne o assicurarne al colpevole o ad altri il profitto, il prezzo, il prodotto o l'impunità, o che sono stati commessi da più persone in danno reciproco le une delle altre, ovvero se la prova di un reato o di una sua circostanza influisce sulla prova di un altro reato o di un'altra circostanza; c) se la prova di più reati deriva, anche in parte, dalla stessa fonte. L’ipotesi della lett. a, facendo riferimento a procedimenti connessi, sembra individuare reati per i quali le indagini dovrebbero essere accentrate presso un unico ufficio del pubblico ministero (quello del giudice competente ex art. 16) e, dunque, essere oggetto di una indagine unica. Tuttavia, dall’art. 371 co. 2 lett. A possiamo desumere, che gli organi di indagine, prima del momento di esercizio dell’azione penale, saranno liberi di optare per la concentrazione dei procedimenti presso lo stesso ufficio ovvero di trascurare i vincoli che legano i reati e di indagare sugli stessi separatamente, accedendo, se del caso, al meccanismo del coordinamento investigativo. Tale disciplina che regola i rapporti tra i diversi uffici del pubblico ministero nel caso di indagini collegate ha, fin dal principio, trovato scarsa applicazione di fronte alle resistenze collaborative degli organi di indagine. Di qui l’introduzione di taluni correttivi. A tal proposito l’istituto introdotto nell’art. 118-bis disp. att. ha attribuito al procuratore generale presso la corte d’appello, da solo o d’intesa con altri procuratori generali, il compito di promuovere il coordinamento delle indagini per i delitti di cui all’art. 407 co.2 lett. a, nonché per i delitti di cui agli artt. 452-bis, 452-quater, 452-sexies e 452-octies del cp. Al riguardo occorre poi esaminare il comma 1-bis dell’art. 372 il quale prevede che il procuratore generale presso la corte di appello, assunte le necessarie informazioni, dispone altresì con decreto motivato l'avocazione delle indagini preliminari relative ai delitti previsti dagli artt. 270-bis, 280, 285, 286, 289-bis, 305, 306, 416 nei casi in cui è obbligatorio l'arresto in flagranza e 422 cp quando, “trattandosi di indagini collegate, non risulta effettivo il coordinamento delle indagini previste dall'articolo 371 co.1 e non hanno dato esito le riunioni per il coordinamento disposte o promosse dal procuratore generale anche d'intesa con altri procuratori generali interessati”. Ad un obiettivo 9 Art. 12. Casi di connessione. 1. Si ha connessione di procedimenti: a) se il reato per cui si procede è stato commesso da più persone in concorso o cooperazione fra loro, o se più persone con condotte indipendenti hanno determinato l'evento; b) se una persona è imputata di più reati commessi con una sola azione od omissione ovvero con più azioni od omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso; c) se dei reati per cui si procede gli uni sono stati commessi per eseguire o per occultare gli altri. 26 analogo, ma attraverso un sistema più articolato, che individua una struttura verticistica a livello nazionale, è indirizzato l’apparato normativo che incentra in capo al procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo i poteri di impulso e coordinamento (e, se del caso, di avocazione) nei confronti dei procuratori distrettuali, per i reati di cui all’art. 51 commi 3bis e 3quater. 20. Segue: attività i indagine tipica e atipica Anche l'attività del PM comprende atti tipici ed atti atipici, come per la PG. Quanto ai primi, nel titolo dedicato alla “attività del PM” trova luogo solo la disciplina di alcuni tra gli strumenti legislativamente previsti. Si tratta di una serie di atti investigativi, largamente corrispondente ai mezzi di prova disciplinati nel titolo II del libro III, diversamente denominati per rimarcare la differenza di natura e di regime che intercorre tra gli atti probatori compiuti davanti al giudice e quelli compiuti dal PM ad uso esclusivamente endofasico (perizia→ accertamento tecnico; ricognizione→ individuazione; testimonianza→ assunzione di informazioni; esame dell'imputato di un reato connesso→ interrogatorio di persone imputate in un procedimento connesso). Essi sono stati concepiti come atti caratterizzati da tendenziale fluidità delle forme in funzione della natura processuale delle indagini preliminari e della loro inconsistenza probatoria. Non sono stati specificatamente disciplinati i confronti, i quali nondimeno possono essere compiuti, quali espressioni di attività libera; mentre l’interrogatorio della persona sottoposta a indagini, potrà essere assunto nel rispetto delle forme dettate dagli artt. 64 e 65. Il PM può procedere inoltre a ispezioni, perquisizioni, sequestri, intercettazioni, mezzi di ricerca della prova che trovano la loro disciplina nel titolo III del libro III. Quest’ultimi sono strumenti tipici della fase di indagine, la cui titolarità è posta in capo all’autorità giudiziaria (dizione comprensiva sia della figura del giudice che del PM), se non esclusivamente al PM (su autorizzazione del giudice). Risulta evidente che tra le attività “necessarie” rispetto agli scopi perseguiti ai sensi dell’art. 358, possano rientrare attività non disciplinate dalla legge: nei medesimi limiti già denunciati con riguardo alle attività di PG – limiti che riguardano i diritti fondamentali e il rispetto della legalità probatoria – il PM può svolgere attività di indagine innominata o atipica. 21. Gli accertamenti tecnici Nell'ipotesi in cui il PM intenda procedere ad accertamenti o a rilievi (i rilievi sono operazioni di osservazione e descrizione che non suppongono alcun tipo di valutazione, né di elaborazione critica che costituiscono invece la peculiarità degli accertamenti) segnaletici, descrittivi o fotografici, ovvero a ogni altra operazione tecnica per la quale siano necessarie specifiche competenze, può nominare ed avvalersi di uno o più consulenti tecnici, i quali non possono rifiutare la loro opera e possono essere autorizzati dal PM ad assistere a singoli atti di indagine (359). La regola è che il PM si serva di persone iscritte negli albi dei periti. Concretando in operazioni sempre ripetibili, la consulenza tecnica (utilizzabile nella fase delle indagini e nei riti alternativi) non produce risultati probatori spendibili in dibattimento: per tale motivo il PM può procedervi senza obbligo di coinvolgere la persona sottoposta alle indagini e la persona offesa dal reato. 27 L’articolo 36010 prevede invece accertamenti che, date le loro caratteristiche, non possono essere rinviati o ripetuti al dibattimento, c.d. accertamenti tecnici irripetibili; proprio per la loro irripetibilità, acquistano valore di prova à tale consulenza tecnica è destinata ad essere inserita nel fascicolo per il dibattimento (431 co.1 lett. c) e potrà essere acquisita e utilizzata dal giudice, a norma degli artt. 511 e 526. Si tratta di una forma di anticipazione della prova la cui acquisizione, essendo demandata al PM, è circondata da un duplice livello di garanzie. In particolare si prevede che quando gli accertamenti previsti dall'art. 359 riguardino persone, cose o luoghi il cui stato è soggetto a modificazione (e nei casi in cui sia la stessa attività accertativa che determina modificazioni delle cose, dei luoghi e delle persone, per cui l'atto non è più ripetibile), il PM avvisa, senza ritardo, la persona sottoposta alle indagini, la persona offesa dal reato e i difensori del giorno, dell'ora e del luogo fissati per il conferimento dell'incarico e della facoltà di nominare consulenti tecnici (360 co.1), in modo da poter creare le premesse per un contraddittorio (prima garanzia). Se la persona sottoposta alle indagini ne sia priva, è avvisata che è assistita da un difensore di ufficio, ma che può nominarne uno di fiducia (360 co.2). L’avviso è prodromico al contraddittorio acefalo (perché senza giudice): i difensori nonché i consulenti tecnici eventualmente nominati hanno diritto di assistere al conferimento dell'incarico, di partecipare agli accertamenti e di formulare osservazioni e riserve (360 co.3). Tuttavia al comma 4 dell’art. 360 si prevede che, in alternativa al contraddittorio ex comma 3, la persona sottoposta alle indagini (non la persona offesa) prima del conferimento dell'incarico, possa formulare riserva di promuovere incidente probatorio (quindi che l’accertamento sia condotto davanti al giudice - seconda garanzia). In tal caso, il PM non può far altro che disporre che non si proceda agli accertamenti salvo che questi, se differiti, non possano più essere utilmente compiuti à la valutazione sulla reale indifferibilità dell’acquisizione della prova spetta al PM, ma un eventuale comportamento sleale non è privo di conseguenze: se il PM procedesse fuori dai casi consentiti, i relativi risultati non potrebbero essere utilizzati nel dibattimento (360 co.5). Si tratta di una inutilizzabilità di carattere relativo, la quale non osta alla spendibilità dei risultati nei giudizi speciali privi di dibattimento e nelle decisioni incidentali. 10 Art. 360. Accertamenti tecnici non ripetibili. 1. Quando gli accertamenti previsti dall'articolo 359 riguardano persone, cose o luoghi il cui stato è soggetto a modificazione, il pubblico ministero avvisa, senza ritardo, la persona sottoposta alle indagini, la persona offesa dal reato e i difensori del giorno, dell'ora e del luogo fissati per il conferimento dell'incarico e della facoltà di nominare consulenti tecnici. 2. Si applicano le disposizioni dell'articolo 364 comma 2. 3. I difensori nonché i consulenti tecnici eventualmente nominati hanno diritto di assistere al conferimento dell'incarico, di partecipare agli accertamenti e di formulare osservazioni e riserve. 4. Qualora, prima del conferimento dell'incarico, la persona sottoposta alle indagini formuli riserva di promuovere incidente probatorio [c.p.p. 392], il pubblico ministero dispone che non si proceda agli accertamenti salvo che questi, se differiti, non possano più essere utilmente compiuti. 4-bis. La riserva di cui al comma 4 perde efficacia e non può essere ulteriormente formulata se la richiesta di incidente probatorio non è proposta entro il termine di dieci giorni dalla formulazione della riserva stessa. 5. Fuori del caso di inefficacia della riserva di incidente probatorio previsto dal comma 4-bis, se il pubblico ministero, malgrado l'espressa riserva formulata dalla persona sottoposta alle indagini e pur non sussistendo le condizioni indicate nell'ultima parte del comma 4, ha ugualmente disposto di procedere agli accertamenti, i relativi risultati non possono essere utilizzati nel dibattimento. 30 Come visto, la legge si preoccupa soprattutto di tipizzare le modalità di acquisizione dei campioni da persona non consenziente, disciplinando i casi e modi del prelievo forzoso, in ottemperanza alla tutela costituzionale della libertà personale. Nessuna disciplina viene invece prevista per il prelievo consensuale, ma non c’è dubbio che il prelievo di materiale biologico possa avvenire con il consenso della persona, ma sempre nel rispetto delle cautele e dei divieti ex 224 bis commi 4 e 5. Una volta eseguito il prelievo, il procedimento di estrazione del profilo genetico è adempimento da svolgersi tramite un accertamento condotto dal PM ex 359. Il dato conoscitivo così ottenuto deve essere comparato con altro profilo (tramite un’operazione sempre ripetibile) da compiersi, avvalendosi di elementi emessi nell’ambito del medesimo procedimento (si pensi al confronto del profilo genetico del soggetto indiziato con quello ricavato da un mozzicone di sigaretta ritrovato sul luogo in cui è stato commesso il fatto) ovvero ricorrendo alle risorse della banca dati nazionale del DNA istituita dalla l. 85/2009. Compito della banca è quello di raccogliere i profili del DNA di un vasto numero di soggetti individuati tra le persone che siano state sottoposte a misure precautelari e cautelari, ovvero tra quelle che siano detenute o internate a vario titolo (art. 9 l. 85/2009); nonché i profili del DNA relativi a reperti biologici12 acquisiti nel corso di procedimenti penali e quelle di persone scomparse o loro consanguinei o estratti da resti cadaverici non identificati. Alla banca dati è affiancato il Laboratorio centrale per la banca dati del DNA, istituito presso il Ministero della giustizia, Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, che è l’organo appositamente incaricato dell’elaborazione dei profili genetici, da custodirsi presso la medesima banca. Ragioni di tutela della privacy impongono la conservazione solo temporanea dei campioni e dei relativi profili genetici, sia che essi siano acquisiti nel corso di un procedimento penale, sia che pervengano alla banca dati. Per i primi, è disposto che essi vadano comunque distrutti alla chiusura del procedimento (con archiviazione) o del processo (con sentenza non più impugnabile, qualunque ne sia il contenuto). Per le stesse ragioni si prevedono i tempi di conservazione dei campioni biologici (8 anni) e dei profili di DNA ottenuti dai soggetti di cui all’art. 9 (di regola, 30 anni; 40 anni, per i più gravi reati o in caso di recidiva). Un peculiare regime di prelievo forzoso d’urgenza, da ultimo regolato dalla L. n. 41 del 2016 tramite l’introduzione del comma 3-bis nell’art. 359-bis, nell’ambito delle indagini in materia per i reati di omicidio stradale (art. 589-bis c.p.) e di lesioni personali stradali gravi o gravissime (art. 590-bis c.p.). Qualora il conducente rifiuti di sottoporsi agli accertamenti dello stato di ebbrezza alcolica ovvero di alterazione correlata all'uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, se vi è fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave o irreparabile pregiudizio alle indagini, gli ufficiali di polizia giudiziaria procedono all'accompagnamento dell'interessato presso il più vicino presidio ospedaliero al fine di sottoporlo al necessario prelievo o accertamento e si procede all'esecuzione coattiva delle operazioni se la persona rifiuta di sottoporvisi. Le operazioni devono sempre svolgersi nel rispetto delle condizioni previste dai commi 4 e 5 dell'articolo 224- bis. 12 Differenza tra reperto e campione biologico: il primo è ciò che viene rinvenuto sul luogo del crimine, che va solo raccolto per cui non è necessario alcun consenso dal momento che riguarda un luogo o un corpo (morto); il secondo invece riguarda un essere vivente, il quale può essere consenziente o non consenziente al prelievo del suo materiale biologico. 31 Prima di procedere, gli ufficiali di polizia giudiziaria devono munirsi di un decreto di autorizzazione da parte del pubblico ministero che, come gli ulteriori provvedimenti conseguenti, può, nei casi di urgenza, essere adottato anche oralmente e successivamente confermato per iscritto. Del decreto e delle operazioni da compiersi è data tempestivamente notizia al difensore dell’interessato, che ha facoltà di assistervi, senza che ciò possa comportare pregiudizio al compimento delle operazioni. Si applicano le previsioni di cui ai commi 1 e 2 dell'art. 365. Entro le 48 ore successive, il PM richiede la convalida del decreto e degli eventuali ulteriori provvedimenti al GIP, che provvede al più presto e comunque entro le 48 ore successive, dandone immediato avviso al PM e al difensore. Le operazioni devono sempre svolgersi nel rispetto delle condizioni previste dai commi 4 e 5 dell'art. 224-bis. N.B. Non ci sono problemi per il prelievo che avviene con il consenso del soggetto o con l’inganno, per poca avvedutezza del soggetto (ti invito a prendere un caffè, prendo la tazzina da cui hai bevuto). Problemi sorgono con il prelievo forzato. Nei casi di soggetto sottoposto a misure cautelari, arrestato o detenuto, è previsto un prelievo a prescindere à non ci sono problemi di contrasto con le norme costituzionali poiché costoro hanno già subito una restrizione di libertà! Il problema riguarda i soggetti del procedimento. CONDIZIONI PER IL PRELIEVO COATTIVO o Riserva giurisdizionale (art. 224-bis) In indagini procede il pm, ma ha 48h (per la richiesta della convalida) + 48h (per ottenere la convalida). o Reati di un’adeguata gravità o Assoluta indispensabilità del prelievo per la prova dei fatti o Gli accertamenti devono essere ispirati al principio di offensività o Necessaria notificazione al soggetto (indagato/persona offesa/terzi) 23. Segue: l’assunzione di informazioni e l’individuazione di persone e di cose L’art. 362 c.p.p. prevede la possibilità per il PM di assumere informazioni dalle persone che possono riferire circostanze utili ai fini delle indagini (c.d. persone che possono riferire circostanze utili). Si tratta di un atto di indagine omologo alla testimonianza ma utilizzabile di regola ai soli fini previsti dall’art. 326 e, in dibattimento, nei casi di contestazione o di irripetibilità sopravvenuta. Quando deve procedere ad atti che richiedono la presenza della persona offesa e delle persone in grado di riferire su circostanze utili ai fini delle indagini, il PM la cita a comparire nelle forme dell’art. 377; nello stesso modo provvede alla citazione del consulente tecnico, dell’interprete e del custode delle cose sequestrate, attraverso un decreto che contiene : a) le generalità della persona; b) il giorno, l'ora e il luogo della comparizione nonché l'autorità davanti alla quale la persona deve presentarsi; c) l'avvertimento che il pubblico ministero potrà disporre l'accompagnamento coattivo in caso di mancata comparizione senza che sia stato addotto legittimo impedimento. Anche qui, così come per le assunzioni di informazioni da parte della PG, si richiama sia la disciplina di garanzia prevista per la testimonianza, sia la disciplina dei limiti imposti in funzione della tutela dell’attività difensiva, nonché la disciplina di tutela dei soggetti deboli. Infatti alle persone già sentite dal difensore o dal suo sostituto non possono essere chieste informazioni sulle domande formulate e sulle risposte date; si applicano le disposizioni degli artt. 197, 197bis, 198, 199, 200, 201, 202 e 203 (si applicano le norme stabilite in tema di incompatibilità a testimoniare, di obblighi del testimone 32 e di facoltà di costui di astenersi dal deporre); nei procedimenti per i delitti di cui all'art. 351,1ter (reati di maltrattamento contro familiari e conviventi, sfruttamento sessuale di minori, riduzione in schiavitù, ecc), il PM, quando deve assumere informazioni da persone minori, si avvale dell'ausilio di un esperto in psicologia o in psichiatria infantile. Allo stesso modo provvede quando deve assumere sommarie informazioni da una persona offesa, anche maggiorenne, in condizione di particolare vulnerabilità. In ogni caso assicura che la persona offesa particolarmente vulnerabile, in occasione della richiesta di sommarie informazioni, non abbia contatti con la persona sottoposta ad indagini e non sia chiamata più volte a rendere sommarie informazioni, salva l'assoluta necessità per le indagini. La simmetria con la testimonianza dell’atto compiuto dal PM si spinge anche sul versante delle conseguenze che raggiungono l’eventuale dichiarante renitente, reticente o mendace (profilo che interrompe la medesima simmetria con l’atto di PG previsto dall’art. 351) à il soggetto che, in sede di assunzione di informazioni davanti al PM rilascia dichiarazioni false, ovvero tace in tutto o in parte ciò che sa intorno ai fatti su cui viene sentito, è punibile ai sensi dell’art. 371-bis co.1 c.p. Un diverso trattamento riguarda però le due diverse condotte che configurano quel reato, in punto di procedibilità: si prevede l’immediata procedibilità per il solo caso di rifiuto mentre il procedimento per le false dichiarazioni resta sospeso fino a quando nel processo nel corso del quale sono state assunte le informazioni sia stata pronunciata sentenza di primo grado ovvero il procedimento sia stato anteriormente definito con archiviazione o con sentenza di non luogo a procedere (371-bis co.2). L’anomala ipotesi di sospensione si spiega alla luce della considerazione che la valutazione della falsità delle dichiarazioni potrebbe essere sconfessata dall’accertamento operato nel processo in cui le dichiarazioni sono rilasciate e inoltre dell’ulteriore circostanza che, ove il soggetto ritrattasse non oltre la chiusura del dibattimento, non sarebbe punibile (376 cp)à una sorta di ravvedimento operoso. La regola concernente tale sospensione contempla tuttavia una deroga: prevede ora l’art. 384-ter c.p. che la sospensione non operi se i fatti di cui all’art. 371-bis (la regola è estesa anche alle false informazioni al difensore ex art. 371-ter) sono commessi al fine di impedire, ostacolare o sviare un’indagine o un processo penale in relazione delitti di cui agli artt. 270, 270bis, 276, 280, 280bis, 283, 284, 285, 289bis, 304, 305, 306, 416bis, 416ter e 422 o ai reati previsti dall’art. 2 l. 17/1982 (in materia di associazioni segrete vietate ex art. 18 Cost.), ovvero ai reati concernenti il traffico illegale di armi o di materiale nucleare, chimico o biologico e comunque in relazione ai reati contemplati nell’art. 51 co.3-bis. Resta fermo, comunque, il divieto di arresto in flagranza ex art. 381 co. 4-bis à garanzia che tende ad evitare il pregiudizio all’autodeterminazione del potenziale testimone, il quale potrebbe essere intimidito dall’uso strumentale della precautela. Ai sensi dell’art. 363 il PM può interrogare le persone imputate in un procedimento connesso a norma dell'art. 12, nonché le persone imputate di un reato collegato a quello per cui si procede, nel caso previsto dall'art. 371 co.2 lett. b., nelle forme previste dall'art. 210 commi 2, 3, 4 e 6. L'interrogatorio di tali soggetti, si ritiene anche quando siano ancora sottoposti ad indagine e non abbiano ancora assunto la veste di imputati, deve essere condotto dal PM nelle forme previste dall'art. 210. Ciò significa che del dichiarante può essere disposto l'accompagnamento coattivo; che al dichiarante debba essere garantita l'assistenza di un difensore; che il dichiarante debba essere 35 La documentazione dell'attività di PG successivamente trova la sua collocazione ordinaria nel fascicolo delle indagini. Art. 373_Documentazione degli atti. Con riguardo agli atti d’indagine preliminare del PM, alla loro documentazione si procede, di norma, soltanto mediante la redazione del verbale in forma riassuntiva ovvero, quando si tratta di atti a contenuto semplice o di limitata rilevanza, mediante le annotazioni ritenute necessarie (comma 3). Anche qui, tuttavia, si procede alla redazione di verbale, redatto secondo le modalità previste nel titolo III del libro II per gli atti del giudice, per una serie di atti, ovvero: a) delle denunce, querele e istanze di procedimento presentate oralmente; b) degli interrogatori e dei confronti con la persona sottoposta alle indagini; c) delle ispezioni, delle perquisizioni e dei sequestri; d) delle sommarie informazioni assunte a norma dell'art. 362; d-bis) dell'interrogatorio assunto a norma dell'art. 363; e) degli accertamenti tecnici compiuti a norma dell'articolo 360 (comma 1). Quanto alle modalità operative, gli atti sono documentati nel corso del loro compimento ovvero immediatamente dopo quando ricorrono insuperabili circostanze, da indicarsi specificamente, che impediscono la documentazione contestuale (comma 4). L'atto contenente la notizia di reato e la documentazione relativa alle indagini sono conservati in apposito fascicolo presso l'ufficio del pubblico ministero assieme agli atti trasmessi dalla PG a norma dell'art. 357 (comma 5). Alla redazione del verbale e delle annotazioni provvede l'ufficiale di PG o l'ausiliario che assiste il PM (comma 6). E’ previsto che il verbale sia nullo se vi è incertezza assoluta sulle persone intervenute o se manca la sottoscrizione del pubblico ufficiale che lo ha redatto. 26. Le misure precautelari. Nel titolo VI del libro V del codice sono disciplinati arresto in flagranza, fermo e allontanamento urgente dalla casa familiare, istituti che consentono la provvisoria restrizione della libertà personale e che vengono denominati dalla dottrina misure precautelari, le quali si caratterizzano per particolari profili funzionali e strutturali. A caratterizzarne la portata sotto il profilo funzionale è la stretta connessione con i momenti significativi dell’attività d’indagine della PG del PM: si pensi ad esempio che l’arresto in flagranza tende a coincidere, per sua natura, con l’apprensione della notizia di reato, ponendo chi lo esegue di fronte ad immediate esigenze di assicurazione della prova. Sotto il profilo strutturale spicca l’attribuzione della titolarità ad adottare i relativi provvedimenti agli organi investigativi, anziché ad un organo imparziale quale è il GIP à il potere di arresto in flagranza è riservato alla PG; il potere di fermo, in linea di principio, al PM; il potere di allontanamento dalla casa familiare alla PG su autorizzazione del PM. Espressione di una deroga alla riserva di giurisdizione, tali provvedimenti – legittimi in quanto riconducibili ai “casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge” ex art. 13 Cost. – si connotano per la loro provvisorietà, essendo destinati a decadere se non convalidati attraverso una procedura assistita da rigide cadenze temporali. Unica la procedura di convalida, per la quale è competente solo il giudice, essi sono distinti quanto ai presupposti e alla titolarità. L’ambito applicativo dei singoli strumenti è circoscritto rispetto a diverse fasce di reati individuati, in parte, secondo un criterio qualitativo e, in parte, secondo un criterio quantitativo, a determinare 36 il quale valgono i criteri di computo della pena stabiliti dall’art. 278, in relazione all’applicazione delle misure cautelari (379). L’art. 385 detta poi una disciplina speculare a quella dell’art. 273 co.2, anticipando alle misure precautelari il divieto di limitare la libertà personale in quei casi nei quali difetti un elemento essenziale per la punibilità. Il testo della disposizione si limita a prevedere che l’arresto o il fermo non sono consentiti quando, tenuto conto delle circostanze del fatto, appare che questo è stato compiuto “nell’adempimento di un dovere o nell’esercizio di una facoltà legittima ovvero in presenza di una causa di non punibilità” à tuttavia l’interpretazione sistematica conduce la dottrina ad allineare le due disposizioni, ritenendo precluso l’intervento precautelare, ogniqualvolta sia interdetto quello cautelare. Deve ritenersi quindi illegittimo il provvedimento di arresto, fermo o di allontanamento ex art. 384-bis, eseguito in presenza di cause di giustificazione anche diverse da quelle menzionate dalla previsione nonché di cause di estinzione del reato o della pena. 27. L’arresto in flagranza Titolari del potere di arresto sono gli ufficiali e gli agenti di PG. Alla mancata menzione del pubblico ministero tra i soggetti legittimati a procedervi si rimedia in via interpretativa: sarebbe sistematicamente poco giustificabile negare al soggetto preposto alla conduzione delle indagini quanto è consentito a chi di regola deve eseguirne le direttive. La legge è inoltre esplicita in un caso: l’art. 476 comma 1 lo legittima a disporre l’arresto per i reati commessi in udienza. Il potere di arresto spetta anche a qualsiasi persona privata. à Art. 383_Facoltà di arresto da parte dei privati. 1. Nei soli casi dell’art. 38013 (ossia quando il suo esercizio da parte degli organi 13 Art. 380_Arresto obbligatorio in flagranza. 1. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria procedono all'arresto di chiunque è colto in flagranza di un delitto non colposo, consumato o tentato, per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni e nel massimo a venti anni. 2. Anche fuori dei casi previsti dal comma 1, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria procedono all'arresto di chiunque è colto in flagranza di uno dei seguenti delitti non colposi, consumati o tentati: a) delitti contro la personalità dello Stato previsti nel titolo I del libro II del codice penale per i quali è stabilita la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni; a-bis) delitto di violenza o minaccia ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario o ai suoi singoli componenti; b) delitto di devastazione e saccheggio; c) delitti contro l'incolumità pubblica per i quali è stabilita la pena della reclusione non inferiore nel minimo a tre anni o nel massimo a dieci anni; d) delitto di riduzione in schiavitù, delitto di prostituzione minorile, delitto di pornografia minorile, anche se relativo al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1, e delitto di iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile; d.1) delitti di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro; d-bis) delitto di violenza sessuale, e delitto di violenza sessuale di gruppo; d- ter) delitto di atti sessuali con minorenne; e) delitto di furto quando ricorre la circostanza aggravante prevista dall’articolo 4 della legge 8 agosto 1977, n. 533, o taluna delle circostanze aggravanti previste dall’articolo 625, primo comma, numeri 2), prima ipotesi, 3) e 5), nonché 7-bis); f) delitto di rapina e di estorsione; f-bis) delitto di ricettazione, nell'ipotesi aggravata di cui all'articolo 648, primo comma, secondo periodo, del codice penale; g) delitti di illegale fabbricazione, introduzione nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o tipo guerra o parti di esse, di esplosivi, di armi clandestine nonché di più armi comuni da sparo; h) delitti concernenti sostanze stupefacenti o psicotrope; i) delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a quattro anni o nel massimo a dieci anni; l) delitti di promozione, costituzione, direzione e 37 di polizia sarebbe obbligatorio) ogni persona è autorizzata a procedere all'arresto in flagranza, quando si tratta di delitti perseguibili di ufficio. 2. La persona che ha eseguito l’arresto deve consegnare senza ritardo l’arrestato e le cose costituenti il corpo del reato alla PG la quale redige il verbale della consegna e ne rilascia copia. La limitazione della libertà personale operata dal privato non deve protrarsi oltre il tempo strettamente necessario. Presupposto per procedere all’arresto è la flagranza di reato. à Art. 382. Stato di flagranza. 1. E' in stato di flagranza chi viene colto nell'atto di commettere il reato ovvero chi, subito dopo il reato, è inseguito dalla polizia giudiziaria, dalla persona offesa o da altre persone ovvero è sorpreso con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima. 2. Nel reato permanente lo stato di flagranza dura fino a quando non è cessata la permanenza. La prima parte del comma 1 si riferisce alla flagranza c.d. propria che suppone un rapporto di contestualità tra la commissione del reato e l’intervento della forza pubblica o dei privati. Le altre due situazioni cui si riferisce il primo comma, sono ricondotte al concetto di flagranza c.d. impropria o quasi-flagranza. Sia nell’ipotesi di chi, subito dopo il reato, è inseguito dalla polizia giudiziaria, dalla persona offesa o da altre persone, sia in quella di chi è sorpreso con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima, il carattere di contestualità tra reato e intervento dell’autorità che caratterizza l’arresto in flagranza si attenua. Rispetto a tali situazioni, sembra doveroso non ampliare oltre il ragionevole i confini temporali segnati dal “subito dopo” e dall’ “immediatamente prima”: dare ampio spazio a letture estensive delle locuzioni in esame, comporterebbe, infatti, un’eccessiva dilatazione dei “casi eccezionali di necessità ed urgenza” ex art. 13 comma 3 Cost. in virtù dei quali la restrizione della libertà risulta legittima. Come le SS.UU della Cassazione hanno ribadito, da un lato, è necessario che l’attività d’inseguimento venga posta in essere sulla base di una diretta ed autonoma percezione da parte del soggetto che procede e non solo in conseguenza di una denuncia fatta dalla persona offesa o da terzi presenti nel luogo del reato; dall’altro, occorre che non vi sia soluzione di continuità nell’attività d’inseguimento che si estende tra percezione del reato arresto. Analogamente, il requisito della sorpresa del reo con cose o tracce del reato richiede l’esistenza di una stretta contiguità fra la commissione del fatto e la successiva sorpresa del presunto autore di esso con le cose o le tracce organizzazione delle associazioni segrete, delle associazioni di carattere militare; l-bis) delitti di partecipazione, promozione, direzione e organizzazione della associazione di tipo mafioso; l-ter) delitti di maltrattamenti contro familiari e conviventi e di atti persecutori; m) delitti di promozione, direzione, costituzione e organizzazione della associazione per delinquere, se l'associazione è diretta alla commissione di più delitti; m-bis) delitti di fabbricazione, detenzione o uso di documento di identificazione falso; m-ter) delitti di promozione, direzione, organizzazione, finanziamento o effettuazione di trasporto di persone ai fini dell'ingresso illegale nel territorio dello Stato; m-quater) delitto di omicidio colposo stradale. 3. Se si tratta di delitto perseguibile a querela, l'arresto in flagranza è eseguito se la querela viene proposta, anche con dichiarazione resa oralmente all'ufficiale o all'agente di polizia giudiziaria presente nel luogo. Se l'avente diritto dichiara di rimettere la querela, l'arrestato è posto immediatamente in libertà. 40 Altra ipotesi di fermo, con caratteri peculiari, è quella prevista nei confronti di un soggetto scarcerato per decorrenza dei termini nelle ipotesi previste dall’art. 307 co.4. A tutti altri fini, è invece predisposto il cd. fermo di identificazione ex art. 349 co.4, esercitabile, oltre che nei confronti dell’indagato, anche nei confronti di potenziali testimoni. 29. Segue: l’allontanamento d’urgenza dalla casa familiare L’art. 384-bis, introdotto dalla L. n. 119 del 2013, disciplina un’autonoma misura, specificatamente preordinata ad anticipare la tutela cautelare rispetto ai reati commessi in ambito familiare, graduando l’afflittività dell’intervento precautelare. In particolare, gli ufficiali e gli agenti di PG hanno facoltà di disporre, previa autorizzazione del PM, scritta, oppure resa oralmente e confermata per iscritto, o per via telematica, l'allontanamento urgente dalla casa familiare della persona che sia colta in flagranza di uno dei delitti di cui all'art. 282-bis co.6, con il divieto di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa. Presupposto per la sua applicabilità è la sussistenza di fondati motivi per ritenere che le condotte criminose possano essere reiterate ponendo in grave ed attuale pericolo la vita o l'integrità fisica o psichica della persona offesa. La PG provvede senza ritardo all'adempimento degli obblighi di informazione previsti dall'art. 11 d.l. 11/2009 (384-bis co.1) à ovvero le informazioni relative ai centri antiviolenza presenti sul territorio, e in particolare nella sua zona di residenza e, qualora la persona offesa ne faccia richiesta, devono provvedere a metterla direttamente in contatto con tali strutture assistenziali. A livello procedurale è previsto che si applicano in quanto compatibili le disposizioni di cui agli artt. 385-391 (obblighi informativi e garanzie, cadenze temporali del procedimento di convalida e relativi esiti), nonché le disposizioni di cui all'art. 381 co.3 qualora si intervenga per reati procedibili a querela (384-bis co.2). 30. Segue: il procedimento di convalida. Una volta eseguito l’arresto o il fermo, gli agenti e gli ufficiali di PG sono tenuti ad operare contestualmente su un duplice fronte, dovendo assicurare immediate garanzie al soggetto privato della libertà e, nel contempo, compiere ogni atto doveroso per il passaggio di consegne al PM, al quale spetta rivolgere al giudice le richieste conseguenti all’esecuzione del provvedimento. L’art. 386 co.1 prevede quindi che gli ufficiali e gli agenti di PG che hanno eseguito l'arresto o il fermo o hanno avuto in consegna l'arrestato, ne danno immediata notizia al PM del luogo ove l'arresto o il fermo è stato eseguito, ed altresì consegnano all'arrestato o al fermato una comunicazione scritta, redatta in forma chiara e precisa e, se questi non conosce la lingua italiana, tradotta in una lingua a lui comprensibile, con cui lo informano: a) della facoltà di nominare un difensore di fiducia e di essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato nei casi previsti dalla legge; b) del diritto di ottenere informazioni in merito all'accusa; c) del diritto all'interprete ed alla traduzione di atti fondamentali; d) del diritto di avvalersi della facoltà di non rispondere; e) del diritto di accedere agli atti sui quali si fonda l'arresto o il fermo; f) del diritto di informare le autorità consolari e di dare avviso ai familiari; g) del diritto di accedere all'assistenza medica di urgenza; h) del diritto di essere condotto davanti all'autorità giudiziaria per la convalida entro novantasei ore dall'avvenuto arresto o fermo; i) del diritto di comparire dinanzi al giudice per rendere l'interrogatorio 41 e di proporre ricorso per cassazione contro l'ordinanza che decide sulla convalida dell'arresto o del fermo. Qualora, poi, tale comunicazione scritta non sia prontamente disponibile in una lingua comprensibile all'arrestato o al fermato, le informazioni sono fornite oralmente, salvo l'obbligo di dare comunque, senza ritardo, comunicazione scritta all'arrestato o al fermato (386 co.1-bis). Ai sensi dell’art. 387 la PG, con il consenso dell'arrestato o del fermato, deve senza ritardo dare notizia ai familiari dell'avvenuto arresto o fermo. Inoltre dell'avvenuto arresto o fermo gli ufficiali e gli agenti di PG devono informare immediatamente il difensore di fiducia eventualmente nominato ovvero quello di ufficio designato dal PM ex art. 97. Assolti tali obblighi, gli ufficiali e gli agenti di PG devono porre l'arrestato o il fermato a disposizione del PM al più presto e comunque non oltre 24 ore dall'arresto o dal fermo mediante la conduzione nella casa circondariale o mandamentale del luogo dove l'arresto o il fermo è stato eseguito. Il PM può disporre che l'arrestato o il fermato sia custodito, in uno dei luoghi indicati nel comma 1 dell'art. 284 ovvero, se ne possa derivare grave pregiudizio per le indagini, presso altra casa circondariale o mandamentale. Entro il medesimo termine deve essere trasmesso il relativo verbale, anche per via telematica, salvo che il PM autorizzi una dilazione maggiore. Il verbale – che deve essere trasmesso ex 386 co.6 anche al PM che lo ha disposto, se diverso da quello del luogo in cui è avvenuto – contiene l'eventuale nomina del difensore di fiducia, l'indicazione del giorno, dell'ora e del luogo in cui l'arresto o il fermo è stato eseguito e l'enunciazione delle ragioni che lo hanno determinato nonché la menzione dell'avvenuta consegna della comunicazione scritta o dell'informazione orale fornita ai sensi del comma 1-bis. Ex 386 co.7 l'arresto o il fermo diviene inefficace se non sono osservati i termini previsti dal comma 3. IL PM, entro 48 ore dall'arresto o dal fermo, qualora non ritenga che il soggetto debba essere immediatamente scarcerato (se risulta evidente che l'arresto o il fermo è stato eseguito per errore di persona o fuori dei casi previsti dalla legge o se la misura dell'arresto o del fermo è divenuta inefficace, il PM dispone con decreto motivato che l'arrestato o il fermato sia posto immediatamente in libertà), richiede la convalida al GIP competente in relazione al luogo dove l'arresto o il fermo è stato eseguito (390 co.1). La richiesta di convalida andrà comunque inoltrata, invece, nell’ipotesi di cui all’art. bis disp. att.: quando non intenda chiedere una misura cautelare personale, il PM deve disporre l’immediata liberazione dell’arrestato o del fermato ma, in questo caso, alla liberazione dell’arrestato o del fermato deve fare seguito l’udienza di convalida. Questa volta in funzione di garanzia, la giurisprudenza ritiene che il procedimento di convalida dell’arresto debba essere attivato in ogni caso, poiché è sempre configurabile l’interesse all’accertamento giurisdizionale della legalità dell’arresto, essendo il giudizio di convalida finalizzato alla verifica dei requisiti di legittimità dei provvedimenti sulla libertà personale, adottabili dalla autorità di pubblica sicurezza solo nei casi eccezionali di necessità ed urgenza tassativamente indicati dalla legge. Ex art. 388 c.p.p., il pubblico ministero può procedere all'interrogatorio dell'arrestato o del fermato, dandone tempestivo avviso al difensore di fiducia ovvero, in mancanza, al difensore di ufficio (co. 1); durante l'interrogatorio, osservate le forme previste dall'articolo 64, il pubblico ministero informa l'arrestato o il fermato del fatto per cui si procede e delle ragioni che hanno determinato il 42 provvedimento comunicandogli inoltre gli elementi a suo carico e, se non può derivarne pregiudizio per le indagini, le fonti (co. 2). Con la richiesta il PM trasmette al giudice il verbale di arresto o di fermo e copia della documentazione attestante che l’arrestato o il fermato è stato tempestivamente condotto nel luogo di custodia; trasmette altresì il decreto di fermo emesso a norma dell’art. 384 co.1 (122 disp. att.). Il giudice fissa l'udienza di convalida al più presto e comunque entro le 48 ore successive dandone avviso, senza ritardo, al PM e al difensore (390 co.2). L’udienza di convalida si svolge nel luogo in cui l’arrestato o il fermato si trova custodito, salvo che nel caso di custodia nel proprio domicilio o altro luogo di privata dimora. Tuttavia, quando sussistono eccezionali motivi di necessità ed urgenza, il giudice con decreto motivato può disporre il trasferimento dell’arrestato o del fermato per la comparizione davanti a sé (123 disp. att.). L'udienza di convalida si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria del difensore dell'arrestato o del fermato (391 co.1), il quale ha diritto di consultare ed estrarre copia dei documenti presentati per la convalida. Se il difensore di fiducia o di ufficio non è stato reperito o non è comparso, il giudice provvede a norma dell'art. 97 co.4 (391 co.2). Non è invece previsto come necessaria la presenza del PM, infatti ex 390 co. 3-bis se non ritiene di comparire, trasmette al giudice le sue richieste in ordine alla libertà personale con gli elementi su cui le stesse si fondano; tuttavia se vi compare, indica i motivi dell’arresto o del fermo e illustra le richieste in ordine alla libertà personale (391 co.3) Dopo aver verificato, anche d'ufficio, che all'arrestato o al fermato sia stata data la comunicazione scritta di cui all'art. 386 co.1, o la comunicazione orale, e dopo aver provveduto, se del caso, a dare o a completare la comunicazione o l'informazione (391 co.2), il giudice procede all'interrogatorio dell'arrestato o del fermato, salvo che questi non abbia potuto o si sia rifiutato di comparire; sente in ogni caso il suo difensore (391 co.3). Il giudice, quando risulta che l'arresto o il fermo è stato legittimamente eseguito e sono stati osservati i termini previsti, provvede alla convalida con ordinanza, avverso la quale il PM e l'arrestato o il fermato possono proporre ricorso per cassazione (391 co.4). In caso di mancata convalida, una decisione negativa potrebbe preludere a conseguenze di natura disciplinare, nonché ad una eventuale riparazione per ingiusta detenzione. L'arresto o il fermo cessa di avere efficacia se l'ordinanza di convalida non è pronunciata o depositata nelle 48 ore successive al momento in cui l'arrestato o il fermato - a seguito della trasmissione della richiesta di convalida – è stato posto a disposizione del giudice (391 co.7). Se il PM abbia richiesto l’applicazione di una misura cautelare il giudice – in presenza delle condizioni di applicabilità previste dall'art. 273 e di almeno una delle esigenze cautelari previste dall'art. 274 – dispone l'applicazione di una misura coercitiva a norma dell'art. 291 (391 co.5). Quando l'arresto è stato eseguito per uno dei delitti indicati nell'art. 381 co.2, ovvero per uno dei delitti per i quali è consentito anche fuori dai casi di flagranza, l'applicazione della misura è disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dagli art. 274 co.1 lett. c e 280. Se non emette il provvedimento restrittivo ex comma 5, il giudice dispone con ordinanza la immediata liberazione dell'arrestato o del fermato (391 co.6). Se pronunciate in udienza, le ordinanze conclusive dell’udienza di convalida sono comunicate al PM e notificate all'arrestato o al fermato, se non comparsi; se non sono pronunciate in udienza, le 45 con il relativo avvertimento): l’art. 335 co.3 prevede infatti che l’iscrizione della notizia di reato e gli eventuali aggiornamenti della stessa di cui ai commi 1 e 2, siano comunicati alla persona alla quale il reato è attribuito, alla persona offesa e ai rispettivi difensori, ove ne facciano richiesta. La comunicazione è esclusa quando si procede per uno dei delitti di cui all'art. 407 co.2 lett. a. In risposta alla richiesta dell’avente diritto, ogni qualvolta l’iscrizione non risulti o non possa essere comunicata, la segreteria della procura della Repubblica risponderà con la formula: “non risultano iscrizioni suscettibili di essere comunicate” (110-bis disp. att.). Anche l’accesso a tale canale informativo, per giunta riconosciuto solo ad alcuni imputati e negato ad altri, può subire restrizioni di carattere temporaneo: se sussistono specifiche esigenze attinenti all’attività d’indagine, il PM, nel decidere sulla richiesta, può disporre, con decreto motivato, il segreto sulle iscrizioni per un periodo non superiore a 3 mesi e non rinnovabile (335 co. 3-bis). 32. Segue: la nomina del difensore e il ruolo della difesa tecnica Il diritto alla difesa tecnica è irrinunciabile: se l’imputato non abbia già provveduto a nominare un difensore di fiducia – e per il caso in cui non intenda procedervi – gli sarà nominato un difensore d’ufficio. Al riguardo, una particolare informativa è prevista dall’art. 369-bis il quale dispone che al compimento del primo atto a cui il difensore ha diritto di assistere e, comunque, prima dell'invito a presentarsi per rendere l'interrogatorio ai sensi del combinato disposto degli artt. 375 co.3, e 416, ovvero, al più tardi, contestualmente all'avviso della conclusione delle indagini preliminari ai sensi dell'art. 415-bis, il PM, a pena di nullità degli atti successivi, notifica alla persona sottoposta alle indagini la comunicazione della nomina del difensore d'ufficio. Tale comunicazione sul diritto di difesa deve contenere: a) l'informazione della obbligatorietà della difesa tecnica nel processo penale, con l'indicazione della facoltà e dei diritti attribuiti dalla legge alla persona sottoposta alle indagini; b) il nominativo del difensore d'ufficio e il suo indirizzo e recapito telefonico; c) l'indicazione della facoltà di nominare un difensore di fiducia con l'avvertimento che, in mancanza, l'indagato sarà assistito da quello nominato d'ufficio; d) l'indicazione dell'obbligo di retribuire il difensore d'ufficio ove non sussistano le condizioni per accedere al beneficio di cui alla lettera e), e l'avvertimento che, in caso di insolvenza, si procederà ad esecuzione forzata; d-bis) l'informazione del diritto all'interprete ed alla traduzione di atti fondamentali; e) l'indicazione delle condizioni per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Il diritto alla difesa tecnica nel corso delle indagini preliminari si concretizza in 3 modi: a) assistenza del difensore agli atti investigativi della PG e del PM à il difensore è un comprimario della scena investigativa pubblica a tutela dei diritti fondamentali della persona e della genuinità degli esiti probatori: ove la legge lo preveda assiste al compimento degli atti di iniziativa altrui, presentando al PM “richieste, osservazioni e riserve delle quali è fatta menzione nel verbale” (364 co.7). Non ha, nella stessa occasione, il potere però di indirizzare il contributo del proprio assistito, né, comunque, gli è concesso influenzare i partecipanti: come ogni altra persona che intervenga all’atto, gli è vietato fare segni di approvazione o disapprovazione (364 co.7). b) presentazione di memorie o richieste al PM à anche al di fuori delle ipotesi in cui la legge tipizza il suo intervento, il difensore ha un generale potere di interlocuzione con il PM; l’art. 367 prevede che nel corso delle indagini “i difensori hanno facoltà di presentare memorie e richieste scritte al PM”. Nessuna risposta sembra dovuta difensore al richiedente; tuttavia in funzione 46 specificativa, l’art. 368 stabilisce che il PM, non ritenendo di disporre il sequestro richiesto dall’interessato, debba trasmettere la richiesta con il suo parere al GIP . c) svolgimento di investigazioni difensive à il difensore può compiere a sua volta una serie di atti investigativi per la ricerca di elementi utili per la difesa del proprio assistito. 33. Segue: l'assistenza del difensore agli atti di indagine del PM e della PG Con riguardo all'assistenza del difensore agli atti di indagine della PG e del PM, la disciplina codicistica prevede un triplice regime in correlazione alla potenziale proiezione dibattimentale delle conseguenti acquisizioni. La legge processuale distingue tra: 1. atti a cui il difensore ha diritto di assistere essendo stato preavvisato del loro compimento; 2. atti a cui egli ha diritto di assistere senza essere stato preavvisato del loro compimento; e 3. atti cui il difensore non ha alcun diritto di assistere. 1. In primo luogo, il difensore ha facoltà di assistere all’atto con diritto di essere preavvertito, allorché la PG proceda all’assunzione di sommarie informazioni dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, ex art. 350 commi 1-4: in questo caso le sommarie informazioni sono assunte con la necessaria presenza del difensore, a pena di nullità assoluta ex art. 179 co.1. Nell’ambito dell’attività condotta dal PM, il diritto all’avviso è dovuto al difensore nel caso di accertamenti tecnici urgenti, in relazione ai quali, il difensore deve essere avvisato senza ritardo dell’ora e del luogo fissati per il conferimento dell’incarico della facoltà di nominare consulenti tecnici (360 co.1); ai sensi dell’art. 364, inoltre, allorché si debba precedere ad interrogatorio, ispezione o confronto al quale debba intervenire la persona sottoposta alle indagini, il difensore deve essere avvisato con le cadenze temporali ivi previste. In linea di principio, al difensore d’ufficio, o quello di fiducia in precedenza nominato, è dato avviso almeno 24 ore prima del compimento degli atti di cui all’art. 364 co.1, nonché delle ispezioni a cui non deve partecipare la persona sottoposta alle indagini. È prevista tuttavia una duplice deroga: nei casi di assoluta urgenza, quando vi è fondato motivo di ritenere che il ritardo possa pregiudicare la ricerca o l’assicurazione delle fonti di prova, il PM può procedere all’interrogatorio, a ispezione o a confronto anche prima del termine fissato, dandone avviso al difensore senza ritardo e comunque tempestivamente (364 co.5). L’avviso può essere invece del tutto omesso quando il PM procede a ispezione e vi è fondato motivo di ritenere che le tracce e gli altri effetti materiali del reato possano essere alterati: anche in questo caso, resta salva la facoltà del difensore di intervenire all’atto. Quando procede nei modi previsti dal comma 5, il PM deve specificatamente indicare, a pena di nullità, i motivi della deroga e le modalità dell’avviso. 2. In secondo luogo, allorché si tratti di atti a sorpresa, la cui efficacia potrebbe essere posta a rischio ove se ne fornisse una preventiva conoscenza, è prevista la facoltà del difensore di assistere all’atto senza diritto di essere preavvisato. Tale ambito è regolato dagli art. 356 e 365 con riguardo rispettivamente agli atti della PG e del PM. Tra gli atti ad iniziativa della PG vi rientrano le perquisizioni (352), gli accertamenti urgenti sui luoghi, sulle cose e sulle persone e i sequestri (354), nonché l’apertura immediata del plico di cui all’art. 353 co.2 (art. 356). Quando procede agli atti indicati nell’art. 356, la PG deve avvertire la persona sottoposta alle indagini della facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia. Ove l’indagato non si avvalga di tale facoltà, la PG non ha nessun obbligo di affidare all'indagato un difensore d'ufficio e compie l'atto in assenza del difensore. 47 Nell'ambito delle indagini condotte dal PM, il diritto all'assistenza senza preavviso è conferito al difensore per i soli atti di perquisizione o sequestro. Nel corso dell'esecuzione di tali atti, il PM deve chiedere all'indagato se sia già assistito da un difensore di fiducia e qualora ne sia privo dev’essere designato un difensore d'ufficio ex 97 co.3. Il difensore, a questo punto, ha facoltà di assistere al compimento dell'atto, ferma la facoltà per l’indagato di farsi assistere da persona di sua fiducia (365). In entrambi i casi finora illustrati, ove il difensore – legittimato ad assistere con o senza preavviso – non si presenti, gli atti possono essere validamente compiuti, salvo la sua presenza sia espressamente prevista dalla legge come necessaria come, ad esempio, avviene, per l'interrogatorio di garanzia o per il prelievo coattivo di campioni biologici. Quindi, salvo tali ultimi casi, diritto di assistere e diritto di essere preavvisato non equivalgono ad obbligatoria presenza del difensore. 3. In terzo luogo, la legge non prevede alcun diritto di assistere all'individuazione (361), all’assunzione di informazioni da persone a conoscenza di notizie utili e al relativo confronto fra esse (362) all'interrogatorio di persona imputata in un procedimento connesso (363): almeno per tabulas, i contenuti di quegli atti non sono suscettibili di assumere valore probatorio in dibattimento, ma sappiamo, tuttavia, che essi possono finire per trapelare, realizzandosene le condizioni, tramite gli istituti delle contestazioni e delle letture. E così può dirsi altresì per l’assunzione di sommarie informazione ex art. 351 co.1-bis che la PG può assumere con la presenza del difensore del dichiarante, ma senza che la persona sottoposta a indagine sia assistita. Il difensore che, avendone o non avendone facoltà, non abbia assistito all’atto può comunque accedere alla sua documentazione subito dopo il suo compimento: salvo quanto previsto da specifiche disposizioni, i verbali degli atti compiuti dal PM e dalla PG ai quali il difensore ha diritto di assistere, sono depositati entro 3 giorni dal compimento nella segreteria del PM, dove restano per 5 gg a disposizione del difensore, che può esaminarli ed estrarne copia. Costui, se non ha avuto avviso del compimento dell'atto, riceve immediatamente avviso del deposito (366 co.1). In ogni caso il difensore ha anche facoltà di esaminare le cose sequestrate nel luogo in cui esse si trovano e, se si tratta di documenti, può estrarne copia. Il PM, con decreto motivato, può disporre, per gravi motivi, che il deposito dei verbali e l'esercizio delle conseguenti facoltà difensive siano ritardati per non oltre 30 giorni. Contro tale decreto può essere proposta, dalla persona sottoposta alle indagini e dal suo difensore, opposizione al GIP, che provvede in camera di consiglio ex 127 (366 co.2). 34. Segue: le investigazioni difensive Un altro modo in cui si esplica l'attività difensiva nel corso delle indagini preliminari è rappresentata dall'attività di indagine difensiva da parte del difensore dell'indagato. La figura del difensore- investigatore è emersa nel nuovo codice, il quale all'art. 38 delle disp. att., oggi abrogato, consentiva ai difensori di svolgere investigazioni e di conferire con le persone in grado di fornire informazioni, sia personalmente che a mezzo di sostituti, di consulenti tecnici e anche di investigatori privati. Tuttavia non era chiaro se questa attività doveva essere documentata e come, se esisteva un dovere di collaborazione dei soggetti contattati dall'avvocato, se l'esito delle indagini poteva essere portato a conoscenza del giudice, e se gli atti del difensore erano atti del processo e, come tali, assoggettati alla relativa disciplina. Su tale quadro normativo ha influito la modifica dell'art. 111 Cost. 50 parte della persona non imputata ovvero della persona non sottoposta ad indagini, e le precedenti dichiarazioni non possono essere utilizzate contro la persona che le ha rese. Infine, il comma 4 dell’art. 391-bis preclude al difensore e a chi lo affianchi nelle indagini, di richiedere alle persone già sentite dalla PG o dal PM, notizie sulle domande formulate o sulle risposte date. Per evitare, poi, che le indagini vengano pregiudicate da notizie che appare opportuno non siano divulgate l’art. 391-quinquies prevede un potere di segregazione del PM à se sussistono specifiche esigenze attinenti all'attività di indagine, il PM può, con decreto motivato, vietare alle persone sentite di comunicare i fatti e le circostanze oggetto dell'indagine di cui hanno conoscenza. Il divieto non può avere una durata superiore a 2 mesi. Il PM, inoltre, nel comunicare tale divieto alle persone che hanno rilasciato le dichiarazioni, le avverte delle responsabilità penali conseguenti all'indebita rivelazione delle notizie à l’art. 379-bis c.p. punisce con la pena della reclusione fino a 1 anno. La persona informata sui fatti, se accetta di rendere dichiarazioni, è obbligata a dire la verità, come davanti al PM e al giudice, e risponde penalmente dell'eventuale falsità ex 371-ter c-p- - “false dichiarazioni al difensore”. In alternativa, la persona informata sui fatti (che deve essere avvertita al riguardo) può avvalersi della facoltà di non rispondere o non rendere dichiarazioni al difensore. In tal caso, il difensore ha due possibilità, di cui la prima consiste nel chiedere al PM di disporre l'audizione della persona informata sui fatti renitente, sempre che non si tratti di persone sottoposte a indagini nello stesso o in altro procedimento nelle ipotesi previste dall’articolo 210 (391-bis co.10). L’audizione tramuta l’atto del difensore in un atto del PM: essa si svolgerà alla presenza del difensore che per primo formula le domande, con le forme previste dall’articolo 362 per l’assunzione di informazioni davanti all’organo di accusa. Compiuto con queste forme, l’atto confluirà nel fascicolo del PM, restando inderogabilmente inserito nel materiale probatorio: il difensore, scegliendo questa via, otterrà la dichiarazione ma perderà la discrezionalità di non ostendere l’atto che non sia favorevole alla propria strategia difensiva. In alternativa a tale audizione – o allorchè si tratti di persona sottoposta a indagini o imputata in altro procedimento ex 210 - il difensore (si ritiene sia quello della persona sottoposta a indagini sia quello della persona offesa) può chiedere che si proceda con incidente probatorio all'assunzione della testimonianza o all'esame della persona che abbia esercitato la facoltà di cui alla lettera d) del comma 3, anche al di fuori delle ipotesi previste dall'articolo 392 co1 (391-bis co.11). 36. Segue: la richiesta di documenti alla pubblica amministrazione e l’accesso ai luoghi Le investigazioni difensive possono tendere anche ad acquisire elementi probatori di carattere reale. In primo luogo, l’articolo 391-quater attribuisce al difensore la possibilità di rivolgersi, per iscritto, alla PA per prendere visione o acquisire copia, a sue spese, di documenti formati o detenuti stabilmente dall’amministrazione stessa. Il difensore risulta essere l’unico soggetto legittimato. L’art. 391-quater prevede che il difensore presenti tale richiesta ai fini delle indagini difensive, anche se non è previsto uno specifico obbligo di esplicitazione delle finalità perseguite; tuttavia è lecito ritenere che il difensore debba indicare le circostanze che rendono il documento rilevante ai fini dell’attività investigativa in quanto la consegna del documento non è un atto dovuto dato che la PA può rifiutare l’accesso agli atti. 51 Il soggetto destinatario è la pubblica amministrazione, ed in particolare, quella che “ha formato il documento o che lo detiene stabilmente”; quindi la richiesta non può essere rivolta alla PA che detiene il documento temporaneamente o in modo occasionale. Nel caso in cui la PA abbia rifiutato, differito, limitato l’accesso ai documenti, o in caso di mancata risposta nel termine di 30 gg dalla presentazione della richiesta, si prevede l’applicabilità degli art. 367 e 368: il difensore non potrà rivolgersi direttamente al giudice ma ha la possibilità di sollecitare il PM attraverso una richieste scritta ex art. 367 con cui il difensore potrà prospettare al PM la necessità di un provvedimento finalizzato al raggiungimento dello scopo. Qualora il PM, però, non intenda dar corso alla richiesta, dovrà trasmettere la richiesta stessa, insieme ad un suo parere, al GIP, il quale dovrà valutare se la richiesta sia fondata e se il mancato accoglimento da parte del PM possa pregiudicare la difesa; tale valutazione verrà svolta in assenza del contraddittorio tra le parti secondo lo schema procedurale previsto dall’art. 368. In base a quanto previsto dagli articoli 391-sexies e 391-septies, il difensore, il sostituto e i suoi ausiliari possono effettuare anche un accesso ai luoghi: tale facoltà, (una volta riservata solo al PM e alla PG) consente di osservare direttamente l’ambiente in cui si sono svolti i fatti. Più precisamente il difensore, il sostituto e gli ausiliari (in assenza di espliciti divieti si ritiene legittimato a partecipare anche la persona imputata o sottoposta alle indagini) una volta effettuato l’accesso hanno la facoltà di prendere visione dello stato dei luoghi e delle cose che potrebbero risultare rilevanti ai fini delle indagini difensive, e procedere alla loro descrizione, anche servendosi di ogni mezzo tecnologico per eseguire rilievi tecnici, grafici, planimetrici, fotografici o audiovisivi (391-sexies co.1). Tale attività è un’attività meramente ricognitiva e non può causare modificazioni dello stato delle cose poiché non deve interferire con l’attività degli organi dell’accusa. Una specifica disciplina è dedicata all’accesso ai luoghi privati o non aperti al pubblico e ai luoghi adibiti a privata abitazione e alle relative pertinenze dall’art. 391septies. Per poter accedere ai luoghi privati o non aperti al pubblico al fine di svolgere le attività indicate all’art. 391-sexies, i soggetti della difesa devono ottenere il consenso del soggetto che ha la disponibilità della cosa o del luogo. Ove tale consenso difetti, l’accesso deve essere autorizzato dal giudice, su richiesta del difensore, con decreto motivato che ne specifichi le concrete modalità (391-septies co.1) à in presenza di tale autorizzazione la persona che ha la disponibilità del luogo non potrà impedire l’accesso al difensore e ai suoi ausiliari, in base a quanto stabilito dall’art. 650 cp. Inoltre, la persona che ha la disponibilità del luogo, qualora sia presente al momento dell’accesso, deve essere informata della possibilità di farsi assistere da una persona di fiducia, prontamente reperibile ai sensi dell’art. 120. È inoltre previsto che i soggetti della difesa debbano anche avvertire la persona che ha la disponibilità del luogo della propria qualità, della natura dell’atto da compiere e della possibilità che, nel caso in cui non sia prestato il consenso, l’atto sia autorizzato dal giudice à tali avvertimenti devono essere documentati almeno mediante annotazione. Ai sensi dell’art. 391-septies co.3, per eseguire i rilievi di cui all’art. precedente, i soggetti della difesa potranno accedere ai luoghi di abitazione e alle loro pertinenze. In assenza del consenso del soggetto privato che ha la disponibilità del bene, l’autorizzazione del giudice sarà concessa solo nel caso in cui vi sia la necessità di accertare le tracce e gli altri effetti materiali del reato à ovvero i segni esteriori lasciati dalla condotta delittuosa, i quali potrebbero avere un peso concludente nella valutazione del quadro indiziario. 52 L’art. 391-sexies co.1, prevede che le il difensore, il sostituto e i loro ausiliari possono redigere il verbale, nel quale sono riportati la data e il luogo dell’accesso, le proprie generalità e quelle delle persone intervenute, la descrizione dello stato dei luoghi e delle cose e l’indicazione degli eventuali rilievi eseguiti, che costituiscono parte integrante dell’atto e sono allegati ad esso. Tale atto, che deve essere sottoscritto dall’autore e dalle persone intervenute, non costituisce adempimento obbligatorio à rappresenta un onere per il difensore che intenda utilizzare i risultati dell’indagine in chiave probatoria nel procedimento (391-decies co.2). 37. Segue: gli atti irripetibili Ex 391-decies si ricava che in occasione dell'accesso ai luoghi, il difensore ed i suoi collaboratori possono compiere anche rilievi irripetibili: si tratta di atti ricognitivi che non comportano un’attività invasiva o valutazioni proprie degli accertamenti tecnici e che hanno ad oggetto cose o luoghi soggetti a modificazioni, i quali devono essere svolti tempestivamente, al fine di evitare la dispersione degli elementi di prova. L’art. 391-decies comma 2, disciplina l’utilizzabilità di quegli atti: fuori dei casi in cui è applicabile l’art. 234 (in tema di prova documentale), la relativa documentazione, presentata nel corso delle indagini preliminari o nell’udienza preliminare, è inserita nel fascicolo del dibattimento. Il PM, in base a quanto stabilito dal comma 3 secondo periodo, ha la possibilità di assistere al compimento di tali atti personalmente o per mezzo di una delega alla PG (la legge non dice se debba esserne preavvertito); in tal caso, il verbale sarà inserito nel fascicolo del difensore e in quello del PM e confluirà, in seguito, nel fascicolo del dibattimento (391-decies co.4), seguendo lo stesso percorso del verbale degli accertamenti tecnici non ripetibili non ripetibili (391-decies co.3), di cui sotto. Anche in occasioni diverse dall’accesso ai luoghi, il difensore può inoltre svolgere accertamenti tecnici ripetibili e non à lo si ricava dall’art. 327-bis co.3 che consente al difensore di avvalersi dell’aiuto di consulenti tecnici nel caso in cui sia necessario svolgere attività investigative che richiedano particolari conoscenze di tipo tecnico, e dall’art. 391-decies co.3, che si riferisce agli accertamenti tecnici irripetibili, per disciplinarne procedura e valore probatorio, ancora una volta sulla falsariga del corrispondente atto del PM. L’art. 391-decies co.3 prevede, infatti, che il difensore, nel caso in cui decida di svolgere accertamenti tecnici irripetibili, debba “darne avviso, senza ritardo al PM per l’esercizio delle facoltà previste, in quanto compatibili, dall’art. 360”. Per tale via, il PM diviene destinatario di garanzie analoghe a quelle attribuite al difensore, in caso di accertamenti tecnici irripetibili compiuti dalla parte pubblica à saranno ad esempio compatibili e quindi applicabili al PM le disposizioni inerenti al diritto di partecipare al conferimento dell’incarico e agli accertamenti, nonché il potere di formulare riserva di incidente probatorio. Il tenore letterale della disposizione sembra escludere che l’avviso sia dovuto anche alla persona offesa; tuttavia l’art. 15 delle Regole di comportamento del penalista prevede che nel caso in cui si proceda ad accertamenti tecnici irripetibili il difensore o il suo sostituto debbano dare avviso senza ritardo “a tutti coloro nei confronti dei quali l’atto può avere effetto e dei quali si abbia conoscenza”. Si noti però che trattandosi di una regola di tipo deontologico, l’eventuale omissione non riceverebbe alcuna sanzione. 55 Un doppio regime connota tuttavia il percorso intermedio dei relativi verbali. In ogni caso, se si tratta di accertamenti, ovvero solo ove il PM vi abbia assistito, se si tratti di altri atti, prima di accedere alla destinazione finale (fascicolo del dibattimento), in base a quanto previsto dall’art. 431 co.1 lett. c essi sono inseriti nel fascicolo del difensore ed in quello del PM (391-decies co.4). Questa duplice custodia consente che tali atti, per la loro rilevanza, restino a disposizione anche dell’organo di accusa, il quale in assenza della detta puntualizzazione normativa, non avendo libero accesso al fascicolo difensivo, non potrebbe disporne al momento di sciogliere l’alternativa che lo attende nella fase conclusiva delle indagini. 39. L’intervento del giudice per la prova: l’ambito applicativo dell’incidente probatorio Il legislatore ha introdotto nel nostro ordinamento l'istituto dell'incidente probatorio all’art. 392, nell'eventualità che nel corso delle indagini preliminari si prospetti la necessità o l'opportunità di anticipare l'attività di acquisizione probatoria. Quindi, l'incidente probatorio è l’istituto attraverso il quale le parti possono assumere elementi conoscitivi, cristallizzandone il valore probatorio, durante le indagini preliminari: esso offre alle parti una sede per l’acquisizione della prova davanti ad un giudice e in contraddittorio. L’incidente probatorio si svolge al cospetto di un giudice che è diverso da quello che sarà chiamato alla decisione finale; inoltre, la formazione della prova avviene in un contesto idoneo a garantire il contraddittorio, ma il confronto si svolge in una fase arretrata e, di regola, sulla scorta di una conoscenza limitata dei risultati delle indagini. Di qui il carattere eccezionale dell’istituto, che risponde all’esigenza di conferire dignità di prova, in una fase non giurisdizionale, ad atti il cui compimento non fosse rinviabile. I primi due commi dell’art. 392, individuano le attività che possono essere compiute. Il comma 1 contiene il catalogo dei casi suscettibili di dar luogo all’acquisizione anticipata della prova in quanto non rinviabile, perché indifferibile ovvero suscettibile di essere inquinata, ovvero soggetta a deteriorabilità, o comunque urgente. Il comma in questione prevede che, nel corso delle indagini preliminari, il PM e la persona sottoposta alle indagini possono chiedere al giudice che si proceda con incidente probatorio: a) all'assunzione della testimonianza di una persona, quando vi è fondato motivo di ritenere che la stessa non potrà essere esaminata nel dibattimento per infermità o altro grave impedimento; b) all'assunzione di una testimonianza quando, per elementi concreti e specifici, vi è fondato motivo di ritenere che la persona sia esposta a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilità affinché non deponga o deponga il falso; c) all'esame della persona sottoposta alle indagini su fatti concernenti la responsabilità di altri; d) all'esame delle persone indicate nell'art. 210 à per i soggetti sub c)↑ e d) si ha una presunzione legislativa di non rinviabilità, in quanto tali soggetti, per il ruolo rivestito, avvalendosi della facoltà di non rispondere loro riconosciuta, potrebbero essere indotti a non ripetere in dibattimento le dichiarazioni che erano disposti a rilasciare nel corso delle indagini; e) al confronto tra persone che in altro incidente probatorio o al PM hanno reso dichiarazioni discordanti, quando ricorre una delle circostanze previste dalle lettere a) e b); f) a una perizia o a un esperimento giudiziale, se la prova riguarda una persona, una cosa o un luogo il cui stato è soggetto a modificazione non evitabile; 56 g) a una ricognizione, quando particolari ragioni di urgenza non consentono di rinviare l'atto al dibattimento. Tra le ipotesi inedite nella stesura originaria, due sono riconducibili alla necessità dell’intervento del giudice per l’acquisizione di prove che richiedano l’esercizio di poteri coercitivi. à Può farsi ricorso all’incidente probatorio quando: 1. si debba assumere una perizia che comporti l’esecuzione di accertamenti o prelievi su persona vivente; 2. si debba supplire alla mancanza di poteri coercitivi del difensore nell’acquisire il sapere di persone in grado di riferire elementi utili ai fini difensivi. Una disciplina formatasi in progress e tale da scagliare l’incidente probatorio al di fuori della sua orbita di eccezionalità, concerne la testimonianza dei minori e delle persone offese maggiorenni coinvolte in particolari reati ovvero in situazione di particolare vulnerabilità. Vi si prevede, in particolare, che nei procedimenti per i delitti di cui agli artt. 572, 600, 600-bis, 600-ter e 600-quater, anche se relativi al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1, 600-quinquies, 601, 602, 609-bis, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies, 609-undecies e 612-bis c.p. il PM, anche su richiesta della persona offesa, o la persona sottoposta alle indagini possono chiedere che si proceda con incidente probatorio all'assunzione della testimonianza di persona minorenne ovvero della persona offesa maggiorenne, anche al di fuori delle ipotesi previste dal comma 1. In ogni caso, quando la persona offesa versa in condizione di particolare vulnerabilità, il PM, anche su richiesta della stessa, o la persona sottoposta alle indagini possono chiedere che si proceda con incidente probatorio all'assunzione della sua testimonianza à questo comma è mosso dalla ratio di offrire a tali soggetti l’opportunità di deporre in un contesto protetto, sottraendoli alla pubblicità dibattimentale. Va però osservato che, nonostante le previsioni in discorso consentano di assumere tali dichiarazioni conferendogli pieno valore probatorio, non c’è una garanzia assoluta che il soggetto già sentito in quella sede non sia nuovamente citato in dibattimento: vi è una discrezionalità in tal senso in capo al giudice. Il comma 2, invece, prevede delle ipotesi peculiari, collocate in posizione autonoma per sottolinearne la particolare finalità à ovvero di evitare il sacrificio della concentrazione dibattimentale: si tratta dell’ipotesi di una perizia che, se fosse disposta nel dibattimento, potrebbe determinare una sospensione superiore a 60 giorni del PM o della persona sottoposta alle indagini. 40. Segue: il procedimento Legittimati a chiedere l'incidente probatorio sono il PM e la persona sottoposta alle indagini. Salvo che nel caso di cui all’art. 391-bis co.11, la persona offesa può soltanto chiedere al PM di promuovere l'incidente; se non accoglie la richiesta, il PM pronuncia decreto motivato e lo fa notificare alla persona offesa (art.394). Secondo l’art. 393 la richiesta deve essere presentata entro i termini per la conclusione delle indagini preliminari e comunque in tempo sufficiente per l'assunzione della prova prima della scadenza dei medesimi termini, salva la possibilità di richiederne la proroga finalizzata all’esecuzione dell’incidente (393 co.4). Tuttavia, tali limiti sono ormai solo apparenti à a seguito di una declaratoria di illegittimità degli artt. 392 e 393 l’incidente probatorio può essere richiesto anche in udienza preliminare; inoltre, in successive occasioni, la Corte ha precisato che la richiesta può essere 57 avanzata anche nel tempo che intercorre tra la conclusione delle indagini e l’udienza, per lo meno ove vi sia un concreto ed effettivo pericolo di dispersione del materiale conoscitivo. Quanto ai contenuti la richiesta deve indicare a pena di inammissibilità (393 co.3): a) la prova da assumere, i fatti che ne costituiscono l'oggetto e le ragioni della sua rilevanza per la decisione dibattimentale; b) le persone nei confronti delle quali si procede per i fatti oggetto della prova; c) le circostanze che, a norma dell'art. 392, giustificano l’incidente probatorio, nonché, quando è proposta dal PM, anche i difensori delle persone interessate a norma del comma 1 lett. b), la persona offesa e il suo difensore. La richiesta di incidente probatorio è depositata nella cancelleria del GIP, unitamente a eventuali cose o documenti, ed è notificata a cura di chi l'ha proposta, secondo i casi, al PM e alle persone nei cui confronti si procede per i fatti oggetto di prova; la prova della notificazione è depositata nella stessa cancelleria (395). Tale notificazione costituisce la premessa per un contraddittorio, cartolare e a tempi ridottissimi, intorno all’ammissibilità della richiesta: entro 2 gg dalla notificazione della richiesta, il PM ovvero la persona sottoposta alle indagini possono presentare deduzioni sull'ammissibilità e sulla fondatezza della richiesta, depositare cose, produrre documenti nonché indicare altri fatti che debbano costituire oggetto della prova e altre persone interessate alla prova stessa (art. 396). La persona sottoposta alle indagini deve depositare le proprie deduzioni anche nella segreteria del PM. Venuto a conoscenza della richiesta presentata dalla persona sottoposta alle indagini, entro il medesimo termine di 2 giorni dalla notifica della richiesta, il PM può chiedere al giudice il differimento dell’incidente probatorio con le forme previste dall’art. 397, quando la sua esecuzione pregiudicherebbe uno o più atti di indagini preliminari. In ogni caso il differimento non è consentito quando pregiudicherebbe l'assunzione della prova. La richiesta di differimento deve indicare: a) l'atto o gli atti di indagine preliminare che l'incidente probatorio pregiudicherebbe e le cause del pregiudizio; b) il termine del differimento richiesto. Se invece accoglie la richiesta di differimento il giudice fissa l'udienza per l'incidente probatorio, non oltre il termine strettamente necessario al compimento dell'atto o degli atti di indagine preliminare che hanno giustificato il differimento. L'ordinanza è immediatamente comunicata al PM e notificata per estratto alle persone indicate nell'art. 393 co.1 lett. b). Scaduto il termine previsto dall’art. 396 per le deduzioni o quello successivo conseguente al differimento dell’incidente probatorio (397), il giudice decide sulla richiesta con ordinanza non impugnabile: si tratterà di un’ordinanza di inammissibilità, quando la richiesta non permette di capire quale sia la prova e la sua rilevanza, quali siano le ragioni di urgenza, quali le persone interessate, compresi i difensori; di rigetto, per mancanza delle condizioni di merito; di accoglimento negli altri casi. L'ordinanza di inammissibilità o di rigetto è immediatamente comunicata al PM e notificata alle persone interessate (398 co.1). Con l'ordinanza che accoglie la richiesta il giudice stabilisce: a) l'oggetto della prova nei limiti della richiesta e delle deduzioni; b) le persone interessate all'assunzione della prova individuate sulla base della richiesta e delle deduzioni; c) la data dell'udienza, che non può essere disposta ad oltre 10 gg dal provvedimento. 60 dall’indagato, l’interrogatorio del medesimo ed i nuovi atti di indagine del PM, previsti dai commi 3 e 4, sono utilizzabili se compiuti entro il termine stabilito dal comma 4, ancorchè sia decorso il termine stabilito dalla legge o prorogato dal giudice per l’esercizio dell’azione penale o per la richiesta di archiviazione. Qualora scaduto il termine, originario o prorogato, l’agenda investigativa indicasse la necessità di ulteriori accertamenti, questi non potranno che essere rinviati. I possibili scenari sono due. - Se gli elementi raccolti lo hanno comunque condotto a formulare l’imputazione, il PM potrà svolgere dopo la richiesta di rinvio a giudizio, attività di indagine suppletiva. Dopo il decreto che dispone il giudizio potrà compiere le indagini integrative ex 430 e continuare a indagare, anche nel corso del giudizio, con i limiti previsti dall’art 430-bis. - se, al contrario, il tempo non sarà stato sufficiente a consentirgli di individuare, entro il termine di chiusura delle indagini, elementi idonei a giustificare una richiesta di rinvio a giudizio, ci potrà comunque essere un seguito: pur costretto all’inazione egli potrà ancora indagare, ma dovrà richiedere al giudice un decreto di autorizzazione alla riapertura delle indagini ex 414. Inoltre, quale che sia la direzione imboccata dal PM, la incompletezza delle indagini è monitorata nel corso delle procedure giurisdizionali che seguono la richiesta del PM. Poteri di controllo e di impulso da parte del giudice presidiano correttezza ed efficacia delle investigazioni, preludendo, se del caso, ad un supplemento di indagini, tanto nel corso del procedimento camerale, instaurato dalla richiesta di archiviazione, quanto nell’udienza preliminare, incardinata a seguito della richiesta di rinvio a giudizio. Nel primo, ove l’impianto accusatorio appaia carente per difetto di impegno investigativo, il giudice “se ritiene necessarie ulteriori indagini può indicarle con ordinanza al PM” (409 co.4); similmente, nella seconda, il giudice “se le indagini preliminari sono incomplete, indica le ulteriori indagini” (421-bis co.1). In entrambe le procedure è presente anche un controllo gerarchico: avvertito da apposita comunicazione (409 co.3 e 421-bis co.1) il procuratore generale può intervenire, se del caso, avocando le indagini (412 co.2 e 421-bis co.2). 42. Segue: i termini di durata massima delle indagini e il procedimento di proroga Secondo l’art. 405 co.2 l’azione deve essere esercitata, tramite richiesta di rinvio a giudizio entro 6 mesi dall’iscrizione del nome della persona alla quale il reato è attribuito nelle notizie di reato. Il termine è di 1 anno se si procede per uno dei reati ex art. 407 co.2 lett.a (associazione a delinquere, mafia, terrorismo, ecc). Entro lo stesso termine dettato dall’art. 405 o in quello individuato successivamente dalle proroghe, deve essere richiesta l’archiviazione (408 co.1). Nel caso in cui il PM intenda esercitare l’azione, basta che, prima dello scadere del termine, venga inviato l’avviso di conclusione delle indagini. A richiesta del PM – da avanzarsi prima della scadenza del termine e contenente l’indicazione della notizia di reato e l’esposizione dei motivi che ne giustificano la presentazione – il giudice può concedere una proroga del termine di indagine. Per ottenere più tempo, al PM, in prima battuta, basta esibire una “giusta causa”, mentre ulteriori proroghe potranno essere richieste “nei casi di particolare complessità delle indagini ovvero di oggettiva impossibilità di concludere entro il termine prorogato” (406 co.2). Ciascuna proroga non può essere eccedente i 6 mesi (406 co.2-bis). Tuttavia, allo scopo di accelerare le indagini, nei procedimenti per maltrattamenti contro familiari e conviventi, nei reati di omicidio colposo e di lesioni 61 personali colpose per violazione delle norme stradali o di sicurezza sul lavoro, atti persecutori ecc, la proroga può essere concessa una sola volta. In ogni caso ex 407 co.1 la durata delle indagini preliminari non può superare i 18 mesi. Tuttavia, ex 407 co.2 la durata massima è di 2 anni se le indagini preliminari riguardano: a) i gravi delitti ivi indicati (tra cui alcune delle più gravi fattispecie di delitti di stampo mafioso o terroristico; omicidio, rapina ed estorsione, sequestro di persona; delitti concernenti armi ed stupefacenti; delitti contro la libertà individuale e contro la libertà personale); b) notizie di reato che rendono particolarmente complesse le indagini per la molteplicità di fatti tra loro collegati ovvero per l'elevato numero di persone sottoposte alle indagini o di persone offese; c) indagini che richiedono il compimento di atti all'estero; d) indagini collegate ex art 371. Un contraddittorio esclusivamente cartolare prelude, di regola, alla ordinanza con cui il giudice concede la proroga: la richiesta di proroga è notificata a cura del giudice, alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa che, nella notizia di reato o anche successivamente, abbia chiesto di essere informata, con l’avviso della facoltà di presentare memorie entro 5 gg dalla notificazione. Entro 10 gg dalla scadenza del termine per la presentazione delle memorie il giudice decide: se accoglie la richiesta, autorizza l’estensione delle indagini con ordinanza emessa in camera di consiglio senza intervento del PM e dei difensori (406 co.4). Se invece il giudice ritiene, allo stato degli atti, di non concedere l’estensione, il giudice deve far luogo ad un procedimento camerale nelle forme dell’art. 127: in tal caso, entro il termine di 10 gg, deve fissare un’udienza, della quale fa notificare avviso al PM, all’indagato e all’offeso che ne ha fatto richiesta. Al termine di quel procedimento può autorizzare il PM a proseguire le indagini (406 co.6) ovvero respingere la richiesta di proroga, fissando un termine non superiore a 10 gg per la formulazione delle richieste conclusive delle indagini (406 co.7) (quindi o chiedere l’archiviazione o esercitare l’azione penale). Nessun tipo di contraddittorio (406 co.5-bis) si realizza nel caso in cui si proceda per i delitti indicati negli artt. 51 co.3-bis e 407 co.2 lett.a nn.4-7-bis (reati di schiavitù, associazione a delinquere, associazione mafiosa, ecc) à il giudice decide de plano entro 10 gg dalla presentazione della richiesta, dandone notizia al PM. Gli atti compiuti nelle more del procedimento di proroga sono utilizzabili, salvo che, in ipotesi di diniego, gli stessi siano compiuti oltre lo spirare del termine originariamente previsto per le indagini (in ossequio all’art. 407 co.3) (406 co.8). 43. Le determinazioni inerenti all’esercizio dell’azione penale Al termine delle indagini preliminari, l’art. 405 co.1 dispone che il PM, “quando non deve chiedere l’archiviazione, esercita l’azione penale”. Con la richiesta di archiviazione il PM manifesta la propria volontà a non esercitare l'azione penale con riferimento ad una determinata notizia di reato → il principio di obbligatorietà dell'azione penale (art. 112 Cost), infatti, non impone di esercitare sempre l'azione penale, ma di farlo dopo una preliminare valutazione di fondatezza della notitia criminis. Un’azione azzardata sarebbe anche controproducente perché quell’esito sarebbe presidiato da effetti preclusivi più robusti di quelli sprigionati dal provvedimento di archiviazione. 62 Al riguardo spetta al PM decidere se ricorrono i presupposti: la sua valutazione è una tipica espressione di discrezionalità tecnica. Al ricorrere delle condizioni indicate dalla legge – in positivo o in negativo – deve conseguire una scelta di carattere vincolato. Quando non sussistono quei presupposti che impongono di deflettere l’azione, il PM dovrà procedere, formulando l’imputazione nei modi previsti dalla legge. L’art. 405 li enumera, individuandoli con un richiamo agli atti introduttivi dei riti speciali considerati nei titoli II-VI del libro VI e con la richiesta di rinvio a giudizio. Il catalogo è incompleto e non aggiornato: non contempla accanto alla principale forma ordinaria di esercizio dell’azione penale, la citazione diretta a giudizio (specificatamente disciplinata nel libro VIII con riguardo al procedimento monocratico privo di udienza preliminare – art. 552); non vengono considerate nemmeno le forme di esercizio dell’azione penale che si insinuano in un procedimento già avviato, le quali, rappresentando una deviazione rispetto all’ordinario iter processuale, sono regolate nella sede propria (423 e 516 ss). Quanto alle modalità di avvio del processo nei riti alternativi, sono richiamate le disposizioni concernenti l’applicazione della pena su richiesta delle parti (titolo II), il giudizio direttissimo (titolo III), il giudizio immediato (titolo IV), il decreto penale (titolo V). Per un difetto di coordinamento non è richiamato il titolo V-bis del libro VI relativo alla sospensione del procedimento con messa alla prova. 44. L’archiviazione della notizia di reato: i presupposti L’art. 408 co.1 stabilisce che il PM debba presentare richiesta di archiviazione al giudice se la notizia di reato è infondata. In particolare, ex 125 disp. att, il PM presenta al giudice richiesta di archiviazione quando ritiene l’infondatezza della notizia di reato perché gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non sono idonei a sostenere l’accusa in giudizio. Proprio su quella regola, volta a fornire il canone orientativo, idoneo a regolare la condotta dell’organo incaricato dell’iniziativa nell’esercizio dell’azione, si sarebbero scaricate più pesantemente le difficoltà di individuazione e di comprensione dei nuovi equilibri processuali: all’indomani dell’entrata in vigore del codice, essa sembrò incentrata su una prognosi probabilistica assai ardua e del tutto incerta circa l’idoneità degli elementi di indagine a sostenere l’accusa, mal conciliantesi con il necessario tasso di determinatezza della fattispecie costituzionalmente imposto. La Corte costituzionale tuttavia smentì immediatamente e risolutamente ogni dubbio, chiarendo come, in quella regola, dovesse leggersi la traduzione in chiave accusatoria del principio di non superfluità del processo: la Corte cost. ha spiegato come la scelta del PM debba passare per un apprezzamento degli elementi raccolti nelle indagini, postulando una prognosi da compiersi non nell’ottica del risultato dell’azione, ma in quella della superfluità o no dell’accertamento; non dunque una prognosi di condanna, bensì la sussistenza di un quadro probatorio articolato seppur non univoco, avrebbe dovuto convincere il PM ad agire. In particolare nei casi dubbi il PM avrebbe dovuto tener conto, di fronte ad una piattaforma cognitiva incerta o contraddittoria, della possibilità di acquisire nuovi elementi dopo la richiesta di rinvio a giudizio o dopo la pronuncia del decreto che dispone il giudizio ovvero nel corso dell’udienza preliminare, oltrechè dell’attività probatoria esperibile nel contesto della dialettica dibattimentale. Senonché oggi il PM deve agire con maggiore cautela. Non può non tener conto del mutato assetto, ad esempio, del riformulato assetto del giudizio abbreviato à sarebbe suicida la scelta di un PM 65 concordi prima facie con la richiesta del PM: in tal caso dispone l’archiviazione con decreto motivato e restituisce gli atti al PM (409 co.1). La necessità di notificare tale provvedimento anche alla persona sottoposta alle indagini che sia stata sottoposta a custodia cautelare è da ricollegarsi al diritto alla riparazione per ingiusta detenzione (409 co.1). Nel caso in cui il giudice – o perché non sia convinto della sussistenza dei presupposti per l’inazione o perché la persona offesa dal reato abbia presentato un atto di opposizione ammissibile – non accolga immediatamente la richiesta di archiviazione, è tenuto a fissare l’udienza camerale di cui all’art. 409 co.2. In questa udienza, che si svolge nelle forme dell’art. 127, si realizza il contraddittorio tra i soggetti interessati: della data dell’udienza dev’essere dato avviso al PM, all’indagato, al suo difensore e alla persona offesa, e comunicazione al Procuratore generale presso la corte d’appello affinché questi possa eventuale disporre l’avocazione. Sino al giorno dell’udienza, gli atti restano depositati in cancelleria a disposizione delle parti, con facoltà del difensore di estrarne copia. Al termine del procedimento camerale il giudice pronuncia ordinanza con la quale: - se ritiene le indagini incomplete, indica al PM le ulteriori indagini che reputa necessarie (c.d. indagini coatte) fissando il termine entro il quale lo stesso deve compierle, anche oltre la scadenza del termine di durata delle indagini preliminari (409 co.4). Compiute le indagini, il PM potrà esercitare l’azione penale o chiedere nuovamente l’archiviazione; - qualora non siano necessarie le ulteriori indagini (coatte), e dopo una più matura riflessione ritiene che la richiesta di archiviazione sia fondata, il giudice pronuncia ordinanza di archiviazione restituendo gli atti al PM à tale ordinanza è ricorribile per cassazione per i vizi relativi alla violazione del contraddittorio, con riferimento alle sole ipotesi di nullità previste dall’art. 127 co.5. Situazione che ricorre in caso di omesso avviso dell’udienza prevista dall’art. 409 co.2 al PM, all’indagato e alla persona offesa, oltrechè quando sia stato omesso l’avviso della stessa richiesta di archiviazione alla persona offesa, che abbia fatto richiesta di esserne informata della notizia di reato o successivamente alla sua presentazione; difetto di contraddittorio e conseguente nullità si determina anche quando l’udienza camerale sia stata fissata senza informare il procuratore generale presso la corte di appello ex 409 co.3. - in caso di richiesta d’archiviazione per essere ignoti gli autori del reato, se ritiene che in realtà le indagini hanno fatto emergere un possibile autore, dispone che il nome di costui sia iscritto nel registro; - se ritiene che le indagini preliminari hanno fatto emergere elementi idonei a sostenere un’accusa in giudizio, ordina che entro 10 gg il PM formuli l’imputazione (imputazione coatta). Conosciuta l’imputazione, il giudice entro 2 gg fissa l’udienza preliminare con un decreto che indica le generalità dell’imputato e dell’offeso, l’imputazione e le fonti di prova acquisite ed è notificato all’imputato e all’offeso medesimi. Il decreto di archiviazione è notificato all’indagato sottoposto a custodia cautelare affinché possa chiedere la riparazione dell’ingiusta detenzione entro 2 anni da tale notifica. 47. Segue: l’opposizione dell’offeso dal reato e il potere di avocazione del procuratore generale. Altri due soggetti partecipano al procedimento di controllo sull’inazione. A. Un potere significativo è affidato alla persona offesa dal reato cui spetta il potere di opporsi alla richiesta di archiviazione (410). Al riguardo quando la persona offesa dichiara al PM di voler 66 essere informata dell’eventuale richiesta di archiviazione (408 co.2), il PM che intende concludere le indagini con tale richiesta gli notifica un avviso della richiesta stessa con l’avvertimento che nei 10 gg successivi alla notificazione può prendere visione del fascicolo delle indagini e presentare un atto di opposizione contenente la richiesta motivata di prosecuzione delle indagini preliminari (408 co.3) con l’indicazione, a pena di inammissibilità, dell’oggetto dell’investigazione suppletiva e dei relativi elementi di prova. Per i delitti commessi con violenza alla persona (inclusi gli atti persecutori e i maltrattamenti contro familiari e conviventi) l’avviso della richiesta di archiviazione è in ogni caso notificato alla persona offesa ed il termine di cui al comma 3 è elevato a 20 gg (408 co.3-bis). Dopo 10 gg dalla notificazione dell’avviso il PM trasmette al giudice la richiesta di archiviazione, il fascicolo delle indagini e l’opposizione eventualmente proposta dall’offeso. Il giudice può disporre l’archiviazione senza dar luogo all’udienza in camera di consiglio (quindi de plano) solo se l’opposizione risulti inammissibile e la richiesta di archiviazione fondata. Se l’opposizione, invece, non è inammissibile, il giudice deve fissare l’udienza in camera di consiglio ex 409 co.2 dandone avviso al PM, all’indagato e all’offeso che ha proposto l’opposizione (410 co.3). Al termine dell’udienza il giudice pronuncia l’ordinanza avente i 4 contenuti possibili menzionati nel paragrafo precedente. B. un controllo della gestione dell’attività investigativa è affidato, in via gerarchica, al procuratore generale presso la corte d’appello al quale spetta il potere di avocare le indagini. Egli vigila sulla eventuale inerzia del PM: la segreteria della procura della Repubblica deve informarlo di eventuali situazioni di stallo, trasmettendogli ogni settimana l’elenco delle notizie di reato a carico di persone note in rapporto alle quali il PM non ha richiesto l’archiviazione o esercitato l’azione penale entro il termine previsto dalla legge o prorogato dal giudice (127 disp. att.). Informato per questa via (quindi d’ufficio), o su istanza dell’indagato ovvero della persona offesa (413 co.1), il procuratore generale può disporre con decreto motivato, l’avocazione delle indagini preliminari se il PM non esercita l’azione penale o non richiede l’archiviazione nel termine stabilito dalla legge o prorogato dal giudice (412 co.1). Quando l’ablazione avvenga, deve svolgere le indagini preliminari indispensabili a formulare le sue richieste entro 30 gg dal decreto di avocazione (412 co.1 e 413 co.2). Obbligatorio il suo intervento nel caso appena illustrato, solo facoltativo nell’ulteriore fattispecie prevista dall’art. 412 co.2: il potere di avocazione delle indagini preliminari può essere esercitato, a seguito della comunicazione ex 409 co.3, in tutti i casi in cui il giudice non accolga de plano la richiesta di archiviazione e fissi l’udienza camerale. Qui, tuttavia, la premessa non è quella di una acclarata disfunzione, oggettivamente constatabile, quale l’inutile decorso del tempo delle indagini. Il procuratore generale potrà avocare allorchè ritenga negligente, insufficiente, o comunque malcondotta, l’azione investigativa o non concordi sulla richiesta di archiviazione del PM (richiesta che egli può revocare). 48. Segue: la riapertura delle indagini Tanto il decreto quanto l’ordinanza di archiviazione possono essere revocati con decreto motivato dal gip in seguito a richiesta di riapertura delle indagini preliminari del PM che presenta l’esigenza 67 di nuove investigazioni (414 co.1). Autorizzata dal giudice la riapertura delle indagini, il PM iscrive di nuovo la notizia di reato nel registro delle notizie di reato a norma dell’art. 335 (414 co.2) con conseguente nuova decorrenza dei termini di durata delle indagini preliminari. Prima di quel provvedimento il PM non potrà compiere alcun atto di indagine, né provvedere ad applicare una misura cautelare personale. Per quanto riguarda le esigenze di nuove investigazioni c’è chi suppone una rilettura degli atti già acquisiti e chi ritiene che la preclusione sia superata soltanto dalla emersione della necessità di assumere nuovi elementi. Criticabile la tesi accolta in giurisprudenza con riguardo alla portata degli effetti preclusivi: secondo la Corte cost. e le SS.UU., la mancata autorizzazione alla riapertura delle indagini “determina non solo la inutilizzabilità degli atti di indagine eventualmente compiuti dopo il provvedimento di archiviazione, ma anche la preclusione all’esercizio dell’azione penale per quello stesso fatto-reato, oggettivamente e soggettivamente considerato” à una soluzione fin troppo drastica. 49. Segue: l’archiviazione per essere ignoto l’autore del reato Art. 415 c.p.p. à 1. Quando è ignoto l'autore del reato, il pubblico ministero, entro 6 mesi dalla data della registrazione della notizia di reato, presenta al giudice richiesta di archiviazione (allorchè esperito ogni mezzo utile per individuare l’autore del reato, non abbia ottenuto alcun risultato) ovvero di autorizzazione a proseguire le indagini (ove reputi che ulteriori indagini potrebbero consentirgli di pervenire a risultati utili). 2. Quando accoglie la richiesta di archiviazione ovvero di autorizzazione a proseguire le indagini, il giudice pronuncia decreto motivato e restituisce gli atti al PM. Se ritiene che il reato sia da attribuire a persona già individuata ordina che il nome di questa sia iscritto nel registro delle notizie di reato. Il comma 3 stabilisce che si osservano, in quanto applicabili, le altre disposizioni del titolo VIII del libro V (405-414) à deve ritenersi che la procedura di archiviazione conseguente a tale richiesta non differisca da quella ordinaria: se il giudice dissente o la persona offesa si oppone, la decisione va adottata all’esito dell’udienza camerale ex 409. Sono salvi i diritti dell’offeso del reato (408 e 410). Si applicano anche i termini di indagine ordinari (405-407): secondo interpretazione diffusa e confermata dalle SS.UU., quando indaghi nell’ambito di un procedimento contro ignoti, il PM dovrà non solo chiedere l’autorizzazione a proseguire le indagini prevista dall’art. 415, ma anche, nel momento in cui se ne presenti la necessità, la proroga ordinaria dei termini di indagine. Poco coerentemente però le SS.UU. escludono, tuttavia, che, una volta disposta l’archiviazione per essere ignoto l’autore del reato, ove il PM voglia tornare a indagare, debba chiedere la relativa autorizzazione ex 414 di riapertura delle indagini. Il comma 4 dell’art. 415 si occupa invece dell’ipotesi di una richiesta di archiviazione e del conseguente decreto emanati contestualmente per più reati. Infatti, si dispone che nell'ipotesi di cui all'art. 107-bis disp. att. (che consente agli organi di polizia di trasmettere agli uffici della procura le denunce dei reati commessi da persone ignote, unitamente agli atti di investigazione compiuti, elencate in apposito indice mensile) la richiesta di archiviazione ed il decreto del giudice che accoglie la richiesta sono pronunciati cumulativamente con riferimento agli elenchi trasmessi dagli organi di polizia con l'eventuale indicazione delle denunce che il PM o il giudice intendono escludere, 70 (419 co.1). Ex 419 co.4 gli avvisi sono notificati e comunicati almeno 10 gg prima della data dell'udienza. Entro lo stesso termine è notificata la citazione del responsabile civile e della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria. Le disposizioni dei commi 1 e 4 sono previste a pena di nullità (419,7). L’omessa o erronea citazione dell’imputato, nonché la mancata indicazione della data e del luogo dell’udienza, comporta, secondo le SS.UU. una nullità generale a regime assoluto, riconducibile all’art. 179 co.1, poiché l’adempimento in discorso ha natura sostanziale di citazione. Nello stesso termine previsto dall’art. 419 co.4 l'avviso è altresì comunicato al PM e notificato al difensore dell'imputato con alcuni contenuti aggiuntivi, ovvero con l'avvertimento della facoltà di prendere visione degli atti e delle cose trasmessi a norma dell'articolo 416 co.2 e di presentare memorie e produrre documenti (419 co.2). L'avviso rivolto a tali ultimi soggetti contiene, inoltre, l'invito a trasmettere la documentazione relativa alle indagini eventualmente espletate dopo la richiesta di rinvio a giudizio (419 co.3) (l’invito riguarda un atto doveroso per il solo PM; i difensori infatti hanno un mero onere di depositare la documentazione degli atti di investigazione in funzione del loro interesse all’utilizzo di questi atti). I contenuti dell’avviso dovuto al difensore dell’imputato tendono a favorire la conoscenza degli atti, depositati dal PM ex 416 co.2. La portata di quest’ultima disposizione sembra più che ridimensionata: l’adempimento di cui all’art. 415-bis anticipa infatti la discovery ad un momento anteriore, costituendo tra l’altro necessario preludio alla presentazione della richiesta di rinvio a giudizio: quest’ultima infatti è nulla se non è preceduta dall'avviso previsto dall'art. 415-bis, nonché dall'invito a presentarsi per rendere l'interrogatorio ai sensi dell'art. 375 co.3, qualora la persona sottoposta alle indagini abbia chiesto di essere sottoposta ad interrogatorio entro il termine di cui all'art. 415-bis co.3 (416 co.1). Tuttavia, l’ostensione degli atti, imposta al PM dall’art. 416 co.2, è più ampia perché comprende anche le indagini eventualmente espletate ai sensi dell’art. 415-bis, e può comunque giovare a quanti non fossero stati tra i destinatari dell’avviso di conclusione delle indagini: a tal fine l’art. 131 disp. att. dispone che durante il termine per comparire e fino alla conclusione dell’udienza preliminare, le parti, la persona offesa e i difensori hanno facoltà di prendere visione, nel luogo dove si trovano, degli atti e delle cose indicati dall’art. 419 commi 2 e 3 e di estrarne copia. Per contro, l’invito a depositare l’ulteriore attività di indagine (c.d. indagini suppletive), compiuta a seguito della richiesta di rinvio a giudizio (419 co.3), prelude a futuri ampliamenti della discovery: sarà sulla scorta di questi e di altri possibili approfondimenti della piattaforma costituita dal fascicolo delle indagini e dell’ulteriore materiale depositato ex 419 co.2 che le parti e il giudice perverranno nell’udienza alle rispettive determinazioni. In particolare, l’imputato soppesati gli elementi di accusa, potrà scegliere se accedere ad un rito premiale che si svolga nell’udienza preliminare: egli può aver interesse a richiedere il giudizio abbreviato, in vista della significativa riduzione di pena che esso comporta, allorchè il materiale di accusa sia a tal punto inequivocabile da poter essere difficilmente contrastato in dibattimento o, in prospettiva del tutto opposta, quando l’impianto accusatorio sia così labile da sconsigliare qualsiasi seguito che possa irrobustirne le premesse. Ragioni di uguale tenore potranno orientarlo verso l’applicazione della pena, ovvero la sospensione del processo con messa alla prova. 71 Nel momento, poi, nevralgico che precede l’udienza, all’imputato si apre una ulteriore via, pure deviante rispetto all’iter ordinario: ex 419 co.5 l'imputato può rinunciare all'udienza preliminare e richiedere il giudizio immediato con dichiarazione presentata in cancelleria, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, almeno 3 gg prima della data dell'udienza e notificata al PM e alla persona offesa dal reato a cura dell'imputato. Preso atto della rinuncia di cui si è appena detto, il giudice emette decreto di giudizio immediato (419 co.6). Ci si potrebbe domandare quale interesse possa muovere l’imputato a rinunciare all’udienza, ove interloquendo con argomenti adeguati – se ne avesse – potrebbe evitare il giudizio. Tuttavia, ad un imputato sicuro di essere assolto, potrebbe apparire preferibile essere destinatario di una sentenza emessa in seguito a dibattimento, per la diversa stabilità della medesima e per gli effetti dei relativi esiti nel giudizio civile o amministrativo. Se non vi avrà rinunciato per accedere immediatamente al dibattimento e se nessuno dei riti alternativi gli apparirà appetibile, assistito dal suo difensore, l’imputato potrà interloquire con le altre parti e con il giudice nella prospettiva dell’epilogo per lui più favorevole. 52. Segue: gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti L’udienza preliminare si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria del PM e del difensore dell’imputato (420 co.1) à se il difensore dell’imputato non è presente il giudice provvede a norma dell’art. 97 co.4 (420 co.3). Il verbale è redatto di regola in forma riassuntiva a norma dell’art. 140, salvo che il giudice, su richiesta di parte, dispone la riproduzione fonografica o audiovisiva dell’udienza oppure la redazione del verbale con la stenotipia (420,4). Originariamente caratterizzata da una procedura snella, la fase introduttiva dell’udienza preliminare è ora gravata da una articolata procedura che interessa le formalità di verifica dell’instaurazione del rapporto processuale: vi trovano infatti luogo regole tipiche della fase dibattimentale concernenti il controllo sulla regolare costituzione delle parti. Ex 420, 2 in apertura d’udienza il giudice procede agli accertamenti relativi alla costituzione delle parti ordinando la rinnovazione degli avvisi, delle citazioni, delle comunicazioni e delle notificazioni di cui dichiara la nullitàà con riguardo alle parti private diverse dall’imputato la verifica concerne la parte civile, che può costituirsi per l’udienza preliminare; il responsabile civile, e il civilmente obbligato. Per l’imputato, tuttavia il dato formale della correttezza della citazione e della relativa notifica non esaurisce le verifiche da compiersi per accertare le regolarità della sua costituzione. Come sappiamo con la l. 67/2014 il legislatore è intervenuto estirpando radicalmente dal cpp l’istituto della contumacia, per impedire che il processo si possa svolgere in assenza dell’imputato anche quando egli potrebbenon esserne a conoscenza. In tale prospettiva, verificata la correttezza della notificazione è necessario accertare se l’assenza dell’imputato possa essere la conseguenza di un impedimento, di una mancata conoscenza dell’addebito ovvero se derivi da un suo disinteresse: solo in quest’ultimo caso il giudice potrà procedere. Nelle altre ipotesi, l’ordinamento impone di accertare la sussistenza di cause ostative alla sua comparizione e, se del caso, attendere. Il giudice procederà senza la presenza dell’imputato quando questi, libero o detenuto, non è presente all’udienza e, anche se impedito, ha espressamente rinunciato ad assistervi (420bis,1). 72 Allorchè non vi sia una rinuncia espressa, il giudice dovrà accertare se si versi nelle situazioni che provino o portino a presumere ex lege la conoscenza del processo elencate nell’art. 420bis,2. Stando a quest’ultima disposizione, si potrà procedere in assenza dell’imputato che nel corso del procedimento abbia dichiarato o eletto domicilio ovvero sia stato arrestato, fermato o sottoposto a misura cautelare ovvero abbia nominato un difensore di fiducia, nonché nel caso in cui l’imputato assente abbia ricevuto personalmente la notificazione dell’avviso dell’udienza ovvero risulti comunque con certezza che lo stesso è a conoscenza del procedimento o si è volontariamente sottratto alla conoscenza del procedimento o di atti del medesimo. L’art. 420bis,2 fa salvo, però, quanto previsto dall’art. 420ter: ciò significa che non sarà possibile procedere quando l’imputato, anche se detenuto, non si presenti alla prima udienza e risulti che l’assenza è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento (420ter,1): in tali ipotesi il giudice con ordinanza, anche d’ufficio, rinvia ad una nuova udienza e dispone che sia rinnovato l'avviso all'imputato, a norma dell'art. 419,1 (mentre la lettura dell'ordinanza che fissa la nuova udienza sostituisce la citazione e gli avvisi per tutti coloro che sono o devono considerarsi presenti [420ter,4]). Nello stesso modo il giudice deve provvedere quando appare probabile che l'assenza dell'imputato sia dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito o forza maggioreà tuttavia tale probabilità è liberamente valutata dal giudice e non può formare oggetto di discussione successiva né motivo di impugnazione (420ter,2): tuttavia l’imputato è ora ammesso a dimostrare che la prova dell'impedimento è pervenuta con ritardo senza sua colpa (420bis,4 ult. per.). Il giudice dovrà pure rinviare l'udienza, anche d'ufficio, allorchè ricorrono le condizioni previste dal comma 1 quando l'imputato, anche se detenuto, non si presenti alle successive udienze: in tal caso deve fissare con ordinanza la data della nuova udienza e disporne la notificazione all'imputato (420ter,3). Quando si procede in sua assenza, l'imputato è rappresentato dal difensore. È altresì rappresentato dal difensore ed è considerato presente l'imputato che, dopo essere comparso, si allontana dall'aula di udienza o che, presente ad una udienza, non compare ad udienze successive (420bis,3). Le ipotesi di assenza previste dall’art. 420bis,2 pongono una presunzione solo relativa del disinteresse dell’imputato a partecipare al proprio processo e non ne ostacolano il suo tardivo ingresso: se egli compaia prima della decisione, l'ordinanza che ha disposto di procedere in sua assenza è revocata anche d'ufficio (420bis,4 pr. per.). Ove l'imputato sia, poi, in grado di ribaltare la presunzione sulla quale l’ordinanza era fondata, fornendo la prova che – pur essendo a conoscenza del procedimento - l'assenza è stata dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo, viene rimesso in termine per esercitare il suo diritto alla provaà infatti, il giudice rinvia l'udienza e l'imputato può chiedere l'acquisizione di atti e documenti ai sensi dell'art. 421,3 (420bis,4 sec. per.). Nel corso del giudizio di primo grado, l'imputato ha diritto di formulare richiesta di prove ai sensi dell'art. 493 (420bis,4 ter. per.). Ferma restando in ogni caso la validità degli atti regolarmente compiuti in precedenza, l'imputato può altresì chiedere la rinnovazione di prove già assunte (420bis,4 qua. per); l’art. 489,2 lo rimette nel termine per formulare le richieste di cui ali artt. 438 e 444. La tutela si estende ai gradi di giudizio successivi: l’art. 604,5bis e l’art. 623,2 lett. b allestiscono altrettanti rimedi restitutori: quando l’imputato provi la sua incolpevole mancata conscenza, del processo dovrà essere nuovamente investito il giudice di primo grado, e dalla 75 elementi di prova che giustificano la richiesta di rinvio a giudizio. Conclusa l’esposizione introduttiva del PM e prima che prendano parola i difensori, l'imputato può rendere dichiarazioni spontanee e chiedere di essere sottoposto all'interrogatorio, per il quale si applicano le disposizioni degli artt. 64 e 65. Su richiesta di parte, il giudice dispone che l'interrogatorio sia reso nelle forme previste dagli art. 498 e 499 (ovvero nelle forme dell’esame incrociato)à tale richiesta è da mettersi in correlazione con l’art. 514,1 che vieta di dare lettura dei verbali compiuti nella fase preliminare “a meno che nell’udienza preliminare le dichiarazioni siano state rese nelle forme previste dagli artt. 498 e 499, alla presenza dell’imputato e del suo difensore”. Prendono poi la parola, nell'ordine, i difensori della parte civile, del responsabile civile, della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e dell'imputato che espongono le loro difese. Il PM e i difensori possono replicare una sola volta (421,2). Al termine degli interventi e delle repliche, il PM e i difensori formulano e illustrano le rispettive conclusioni utilizzando gli atti contenuti nel fascicolo trasmesso a norma dell'articolo 416,2 nonché gli atti e i documenti ammessi dal giudice prima dell'inizio della discussione (421,3)à si tratta dei documenti depositati ex 419,2; di eventuali atti di investigazione difensiva, che possono essere presentati direttamente al giudice (391octies,1); delle indagini suppletive svolte successivamente alla richiesta di rinvio a giudizio (419,3). Se il giudice ritiene di poter decidere allo stato degli atti, dichiara chiusa la discussione (419,4). Tuttavia, è possibile, che l’udienza preliminare diventi la scena per ulteriori momenti acquisitivi, sollecitati dalle parti – le quali possono chiedere l’incidente probatorio anche in questa sede – o dal giudice. Infatti, quando non provvede ex 421,4 (quindi decidendo allo stato degli atti), il giudice, se le indagini preliminari sono incomplete (quindi vi sono carenze investigative), indica le ulteriori indagini, fissando il termine per il loro compimento e la data della nuova udienza preliminare. Del provvedimento è data comunicazione al procuratore generale presso la corte d'appello (421bis,1) il quale può disporre con decreto motivato l'avocazione delle indagini (si applica, in quanto compatibile, la disposizione dell'art. 412,1) (421bis,2). Questo potere di impulso investigativo costruito sulla falsariga di quello che trova luogo nella procedura di archiviazione solleva non pochi problemi legati alla terzietà del giudice e del GUP in particolare: infatti mentre compito del Gip, in sede di archiviazione, è quello di evitare l’elusione dell’obbligatorietà dell’azione penale, il che giustifica il suo potere di individuare e imporre l’approfondimento di temi investigativi, il Gup, nell’udienza preliminare, è chiamato a vagliare la sostenibilità in giudizio di un’accusa già formulata dall’organo competente, impedendo il cammino di accuse processualmente infondate; il che, mal si concilia con ingerenze in chiave di sollecitazione probatoria contra reum. Qualora, poi, il giudice, (che evidentemente ritiene di non poter decidere allo stato degli atti) non ritenga di investire il PM del compito di nuove indagini – ovvero nonostante quelle indagini, ne ravvisi ancora l’esigenza – egli può disporre, anche d'ufficio, l'assunzione delle prove delle quali appare evidente la decisività ai fini della sentenza di non luogo a procedere (422,1)à tale attività di integrazione probatoria del giudice ex officio non potrebbe, quindi, riguardare né prove idonee a corroborare un eventuale rinvio a giudizio, né prove che, ictu oculi, non siano adeguate a indirizzarlo verso la sentenza di non luogo a procedereà si consideri però che, dato che anche 76 un quadro contraddittorio o insufficiente deve convincere il giudice ad interrompere la sequenza processuale alle soglie del giudizio, ogni elemento di prova suscettibile di inclinare la necessaria prognosi di resistenza dell’impianto probatorio rientra nel novero dell’art. 422. Il giudice, se non è possibile procedere immediatamente all'assunzione delle prove, fissa la data della nuova udienza e dispone la citazione dei testimoni, dei periti, dei consulenti tecnici e delle persone indicate nell'art. 210 di cui siano stati ammessi l'audizione o l'interrogatorio (422,2)à l'audizione e l'interrogatorio sono condotti dal giudice. Il PM e i difensori possono porre domande, a mezzo del giudice, nell'ordine previsto dall'art. 421,2; al termine il PM e i difensori formulano e illustrano le rispettive conclusioni (422,3). Anche nell’ambito dell’istruzione officiosa, l'imputato può chiedere di essere sottoposto all'interrogatorio, che si svolgerà con le stesse modalità appena viste: si applicano, di regola, le disposizioni degli artt. 64 e 65, ma, su richiesta di parte, il giudice dispone che l'interrogatorio sia reso nelle forme previste dagli artt. 498 e 499 (ovvero nelle forme dell’esame incrociato) (422,4). 54. Segue: la modifica dell’imputazione Da quanto visto non è iprobabile che nel corso dell’udienza preliminare risultino mutati i contorni dell’addebitoà in tal caso l’imputazione deve essere nuovamente calibrata alla luce delle nuove emergenze. L’art. 423 prevede quattro ipotesi di mutamento, le medesime scandite più dettagliatamente nella disciplina dibattimentale (516-518). In particolare, ex 423,1 se nel corso dell'udienza il fatto risulta diverso (presentando lo stesso nucleo storico ma qualche elemento dissimile) da come è descritto nell'imputazione ovvero emerge un reato connesso a norma dell'art. 12,1 lett. b, o una circostanza aggravante, il PM modifica l'imputazione e la contesta all'imputato presente o, se questi è assente, la comunica al suo difensore, il quale rappresenta l'imputato ai fini della contestazione (423,1). Ex 423,2 se, invece, risulta a carico dell'imputato un fatto nuovo (in quanto si aggiunge al precedente) non enunciato nella richiesta di rinvio a giudizio, per il quale si debba procedere di ufficio, il giudice ne autorizza la contestazione se il PM ne fa richiesta e vi è il consenso dell'imputato. Come visto la disciplina, seppur ordita sulla falsariga del più corposo rimedio dibattimentale, risulta piuttosto essenziale e non adeguatamente provvista di garanzie. Al riguardo, i numerosi silenzi devono essere colmati in via interpretativa: in particolare, pur in assenza di una norma analoga a quella espressa dall’art. 519 dovrebbe riconoscersi il diritto dell’imputato ad un termine a difesa; inoltre, secondo la Corte cost., sebbene il principio di correlazione tra imputazione e sentenza sia stato espressamente disciplinato soltanto con riferimento alla fase del giudizio, la disposizione prevista dall’art. 521 deve trovare applicazione, in via analogica, anche con riferimento al GUP. Sulla scorta di queste premesse viene riconosciuto al giudice il potere di dare al fatto una definizione giuridica diversa da quella enunciata nell’imputazione. Si pensa sia doveroso anche il contraddittorio sulla imputazione riqualificata che preceda l’epilogo della fase (vd. 521,1); applicabile anche il principio di cui all’art. 521,2: se accetta che il fatto è diverso da quello enunciato nella richiesta di rinvio a giudizio, il giudice deve disporre la trasmissione degli atti al PM perché eserciti ex novo l’azione penale: tuttavia, secondo le SS.UU., tanto può fare solo dopo una prima 77 sollecitazione di formulare l’imputazione che non sia stata raccolta dall’organo di accusa. 55. Segue: la sentenza di non luogo a procedere e la sua revoca Forme sintetiche ed essenziali e cadenze temporali ristrette regolano il momento deliberativo: il giudice procede alla deliberazione pronunciando sentenza di non luogo a procedere o decreto che dispone il giudizio subito dopo che è stata dichiarata chiusa la discussione (424,1). Il giudice dà immediata lettura del provvedimento, la quale equivale a notificazione per le parti presenti (424,2). Il provvedimento è, di regola, immediatamente depositato in cancelleria e le parti hanno diritto di ottenerne copia (424,3). AL riguardo, una deroga è però prevista nel caso di sentenza di non luogo a procedere; per questa, pur richiedendo la legge solo una sommaria esposizione dei motivi di fatto e di diritto che la giustificano (426,1 lett. d) potrebbe non essere possibile per il giudice fornire una motivazione immediataà infatti qualora non sia possibile procedere alla redazione immediata dei motivi della sentenza di non luogo a procedere, il giudice provvede non oltre il 30° giorno da quello della pronuncia (424,4). Come visto l’art. 424 definisce gli epiloghi ordinari dell’udienza preliminare: sentenza di non luogo a procedere o decreto che dispone il giudizio. È tuttavia ipotizzabile anche un diverso finale: ritenendo la propria incompetenza, il giudice dovrebbe dichiararla con sentenza, trasmettendo gli atti al PM, ai sensi dell’art. 22,3. Fuori da quest’ultima ipotesi, e salve le regressioni del procedimento dovute alla precisazione della contestazione il giudice dovrà optare per uno degli epiloghi ordinarià al riguardo è lo spettro di applicabilità della sentenza di non luogo a procedere, così come definito dall’art. 425, che delimita al rovescio il criterio-guida per la pronuncia del decreto che dispone il giudizio, segnando il confine fra i due esiti decisori. In particolare, ex 425,1, il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere, indicandone la causa nel dispositivo, se sussiste una causa che estingue il reato o per la quale l'azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere proseguita, se il fatto non è previsto dalla legge come reato ovvero quando risulta che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o che si tratta di persona non punibile per qualsiasi causa (quest’ultima può ricomprendere la nuova etichetta terminativa della non punibilità per particolare tenuità del fatto). Il catalogo anticipa in buna parte le formule della sentenza di assoluzione dibattimentale (530,1). Non è autonomamente prevista la formula terminativa che impone il proscioglimento nel caso in cui il reato è stato commesso da persona non imputabile. Si possono però desumere elementi per una soluzione affermativa al riguardo dall’art. 425,4, secondo cui il giudice non può pronunciare sentenza di non luogo a procedere “se ritiene che dal proscioglimento dovrebbe conseguire l’applicazione di una misura di sicurezza diversa dalla confisca” (425,4)à infatti ricorrendo ad una interpretazione a contrariis, che fuori dall’ipotesi interdetta, nei confronti del soggetto incapace di intendere e volere potrebbe essere pronunciata sentenza di non luogo a procedere, in quanto “persona non punibile”, a condizione che, ritenuto non socialmente pericoloso, non debba essergli applicata una misura di sicurezza personale. Stabilisce l’art. 425,2 che ai fini della pronuncia della sentenza di cui al comma 1, il giudice tiene conto delle circostanze attenuanti, potendo effettuare il bilanciamento delle circostanze di cui all’art. 69 cp: si tratta di una precisazione che introdotta per consentire la pronuncia di estinzione 80 acquisiti successivamente alla pronuncia della sentenza di non luogo a procedere, come hanno precisato le SS.UU., possono essere utilizzati ai fini della revoca della sentenza e della successiva applicazione di una misura cautelare personale nei confronti dell’imputato prosciolto, a condizione che essi siano stati acquisiti aliunde nel corso di indagini estranee al procedimento già definito o siano provenienti da altri procedimenti, ovvero reperiti in modo casuale o spontaneamente offerti, e comunque non siano il risultato di indagini finalizzate alla verifica e all’approfondimento degli elementi emersi. Il procedimento si svolge in camera di consiglio nelle forme previste dall’art. 127: il giudice, se non dichiara inammissibile la richiesta, designa un difensore all’imputato che ne sia privo, fissa la data dell'udienza in camera di consiglio e ne fa dare avviso al PM, all'imputato, al difensore e alla persona offesa (435,3). Sulla richiesta di revoca il giudice provvede con ordinanza (436,1); se non dichiara inammissibile o non rigetta la richiesta, i provvedimenti conseguenti variano a seconda dell’iter segnato dalla domanda del PM. Se il PM ha chiesto il rinvio a giudizio, il giudice fissa l'udienza preliminare, dandone avviso agli interessati presenti e disponendo per gli altri la notificazione; se la richiesta preludeva a nuove indagini in ordine alle fonti di prova ancora da acquisire il giudice ordina la riapertura delle indagini (436,2), stabilendo per il loro compimento un termine improrogabile non superiore a 6 mesi (436,3). In questo caso il soggetto, già imputato, tornerà ad essere indagato e la nuova vicenda potrà concludersi anche con una archiviazione (436,4). Qualora sulla base dei nuovi atti di indagine non debba chiedere l'archiviazione, entro la scadenza del termine, il PM, trasmette alla cancelleria del giudice la richiesta di rinvio a giudizio (436,4). Contro l'ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la richiesta di revoca il PM può proporre ricorso per cassazione solamente per i motivi indicati all'articolo 606,1, lett. b), d) ed e) (437). Nessun rimedio è invece previsto avverso l’ordinanza che ammette il seguito. 56. Segue: il decreto che dispone il giudizio e la formazione dei fascicoli Se il gup ritiene che a carico dell’imputato sussistono elementi idonei a sostenere un’accusa in giudizio, emette il decreto che dispone il giudizio. Tale provvedimento spiega due funzioni essenziali: cristallizza l’accusa, eventualmente ridefinita nel rispetto delle regole fissate nell’art. 423, offrendo al giudice del dibattimento il thema probandum, e contiene la vocatio in iudicium: è lo stesso GUP a fissare l’agenda del giudice dibattimentale, su sua indicazione (132,2 disp. att) e salvi i suoi possibili provvedimenti sul punto (465). In particolare, ex 429,1, il decreto che dispone il giudizio contiene: a) le generalità dell'imputato e le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo nonché le generalità delle altre parti private, con l'indicazione dei difensori; b) l'indicazione della persona offesa dal reato qualora risulti identificata; c) l'enunciazione, in forma chiara e precisa, del fatto, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l'applicazione di misure di sicurezza, con l'indicazione dei relativi articoli di legge; d) l'indicazione sommaria delle fonti di prova e dei fatti cui esse si riferisconoà questo requisito sembra prospettare una mera elencazione delle fonti di prova e dei fatti, senza richiedere alcuna elaborazione critica degli stessi, in modo da preservare la neutralità del giudice dibattimentale, 81 evitando il pregiudizio che deriverebbe da un provvedimento motivato; e) il dispositivo, con l'indicazione del giudice competente per il giudizio; f) l'indicazione del luogo, del giorno e dell'ora della comparizione, con l'avvertimento all'imputato che non comparendo sarà giudicato in contumacia (il riferimento alla contumacia è una svista del legislatoreà dovrebbe leggersi “non comparendo si applicheranno le disposizioni di cui agli artt. 420bis, 420ter, 420 quater e 420 quinquies); g) la data e la sottoscrizione del giudice e dell'ausiliario che l'assiste. Date le funzioni essenziali del decreto che dispone il giudizio (cristallizzare l’accusa e vocatio in iudicium), lo stesso ex 429,2 è nullo se l'imputato non è identificato in modo certo ovvero se manca o è insufficiente l'indicazione di uno dei requisiti previsti dal comma 1 lettere c) e f). Un termine dilatorio riguarda l’intervallo tra decreto e dibattimento: tra la data del decreto e la data fissata per il giudizio deve intercorrere un termine non inferiore a 20 gg (429,3). Per alcuni casi tuttavia si prevede un termine di carattere acceleratorio: qualora si proceda per i reati di cui agli artt. 589,2 (omicidio colposo commesso in violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro) e 589bis (omicidio stradale) cp, il termine di cui al comma 3 non può essere superiore a 60 gg (429,3bis) Il decreto letto in udienza per quanti sono o devono considerarsi presenti (424,2) deve essere notificato all’imputato contumace (leggasi assente), nonché all'imputato e alla persona offesa (e alle altre parti private 133 disp. att.) comunque non presenti alla lettura del provvedimento di cui al comma 1 dell'art. 424 almeno 20 gg prima della data fissata per il giudizio (429,4). Immediatamente dopo l'emissione del decreto che dispone il giudizio – o se una delle parti ne fa richiesta in apposita udienza fissata non oltre il termine di 15 gg – il giudice provvede nel contraddittorio delle parti alla formazione del fascicolo per il dibattimento (431,1)à si tratta quindi di individuare e separare il materiale che può essere conosciuto dal giudice dibattimentale da quello che, in quanto esito delle indagini di parte, deve restare fuori dal circuito processualeà il tutto è funzionale al sistema cd. del doppio fascicoloà tale attività è molto importante e delicata e per questo va condotta in contraddittorio, affinchè le parti possano vigilare sulla qualità degli atti che vi confluiscono. Nel fascicolo per il dibattimento sono raccolti: a) gli atti relativi alla procedibilità dell'azione penale e all'esercizio dell'azione civile; b) i verbali degli atti non ripetibili compiuti dalla PG; c) i verbali degli atti non ripetibili compiuti dal PM e dal difensore; d) i documenti acquisiti all'estero mediante rogatoria internazionale e i verbali degli atti non ripetibili assunti con le stesse modalità; e) i verbali degli atti assunti nell'incidente probatorio; f) i verbali degli atti, diversi da quelli previsti dalla lettera d), assunti all'estero a seguito di rogatoria internazionale ai quali i difensori sono stati posti in grado di assistere e di esercitare le facoltà loro consentite dalla legge italiana; g) il certificato generale del casellario giudiziario e gli altri documenti indicati nell'art. 236; h) il corpo del reato e le cose pertinenti al reato, qualora non debbano essere custoditi altrove. Le parti, inoltre, possono concordare l'acquisizione al fascicolo per il dibattimento di atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, nonché della documentazione relativa all'attività di investigazione difensiva (431,2). Il decreto che dispone il giudizio, insieme al fascicolo del dibattimento e ai provvedimenti applicativi 82 di misure cautelari in corso di esecuzione, è trasmesso alla cancelleria del giudice competente per il giudizio (432), dove le parti ed i difensori possono prenderne visione ed estrarne copia durante il predibattimento (vd 466,). Tutto gli atti che non rientrano nella tassativa elencazione dell’art. 431,1 sono trasmessi al PM con gli atti acquisiti all'udienza preliminare unitamente al verbale dell'udienza (433,1). I difensori hanno facoltà di prendere visione ed estrarre copia, nella segreteria del PM, degli atti raccolti nel fascicolo (del pubblico ministero) formato a norma del comma 1 (433,2). Nel fascicolo del pubblico ministero ed in quello del difensore è altresì inserita la documentazione dell'attività prevista dall'articolo 430 quando di essa le parti si sono servite per la formulazione di richieste al giudice del dibattimento e quest'ultimo le ha accolte (433,3). 57. L’attività integrativa d’indagine Come visto, nel corso dell’udienza preliminare, PM e difensori non sono tenuti ad interrompere la propria attività investigativa la quale si estende anche oltre l’emissione del decreto che dispone il giudizio. Al riguardo l’art. 430 dispone che “successivamente all'emissione del decreto che dispone il giudizio, il PM e il difensore possono, ai fini delle proprie richieste al giudice del dibattimento, compiere attività integrativa di indagine; tuttavia la ricerca della prova a processo instaurato conserva i crismi dell’eccezionalità, ragion per cui è “fatta eccezione degli atti per i quali è prevista la partecipazione dell'imputato o del difensore di questo” (430,1). La documentazione relativa all'attività indicata nel comma 1 è immediatamente depositata nella segreteria del pubblico ministero con facoltà delle parti di prenderne visione e di estrarne copia (430,2). A tal fine la segreteria del pubblico ministero deve dare avviso del deposito della documentazione, senza ritardo, ai difensori (18 reg. esec.). Proprio in quanto finalizzati a sostenere richieste indirizzate al giudice del dibattimento, gli atti delle indagini integrative non confluiscono nel fascicolo di parte, se non quando siano servite per formulare richieste al giudice e questo le abbia accolte (433,3)à in altre parole la documentazione dell’attività integrativa d’indagine è subito depositata nella segreteria del PM ed ai difensori è notificato avviso della facoltà di prenderne visione ed estrarne copia. Essa è conservata in un terzo fascicolo, dal quale viene trasferita in quello del PM solo dopo che in base ad essa le parti hanno fatto richieste di ammissione di prova al giudice e questi le ha accolte. Una volta inserita nel fascicolo del PM, tale documentazione può essere impiegata in dibattimento per tutti gli usi consentiti dalla legge agli atti propri di tale fascicolo. L’art. 430bis pone ulteriori limiti alla attività di indagine al fine di evitare che le parti possano porre in essere strategie sleali incrociate, cercando di sondare preventivamente le fonti di prova già citate a dibattimento dalle altre parti o dal giudice. In particolare, è vietato al PM, alla PG e al difensore assumere informazioni dalla persona ammessa ai sensi dell'art. 507 o indicata nella richiesta di incidente probatorio o ai sensi dell'art. 422,2, ovvero nella lista prevista dall'articolo 468 e presentata dalle altre parti processuali. Le informazioni assunte in violazione del divieto sono inutilizzabili (430bis,1). Il divieto di cui al comma 1 cessa dopo l'assunzione della testimonianza e nei casi in cui questa non sia ammessa o non abbia luogo (430bis,2).
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