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COMPENDIO PROCEDURA PENALE CONSO-GREVI, Dispense di Diritto Processuale Penale

Aggiornato alla Riforma Orlando 2017. SOGGETTI-ATTI-PROVE-INDAGINI PRELIMINARI E UDIENZA PRELIMINARE- PROCEDIMENTI SPECIALI- GIUDIZIO

Tipologia: Dispense

2018/2019

In vendita dal 04/06/2019

charlotte88
charlotte88 🇮🇹

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Scarica COMPENDIO PROCEDURA PENALE CONSO-GREVI e più Dispense in PDF di Diritto Processuale Penale solo su Docsity! PROCEDURA PENALE Il codice di procedura penale è una raccolta sistematica delle norme che regolano il processo penale. L’attuale codice di procedura penale italiano è il codice Vassalli. Il codice di procedura penale attuale si divide in due parti. La parte prima va dal 1-4 libro (parte statica), e la parte seconda va dal 5-11 (parte dinamica) e si occupa dello sviluppo della vicenda processuale a partire dal momento in cui viene acquisita una notizia di reato. I caratteri generali del processo penale sono: - strumentalità -> è strumentale nei confronti dei diritto penale. Questo perché l’attuazione della norma penale è applicata solo a seguito del processo penale (requisito indifettibile, ossia che non può venire meno). - formalità -> riguarda la ritualità, la veste e le formule attraverso cui le attività si manifestano. E’ necessario il rispetto della formalità processuali, garantite dalle sanzioni processuali della nullità, decadenza, inammissibilità, inutilizzabilità. - giurisdizionalità -> giurisdizione penale : ha per oggetto l’accertamento della responsabilità per la commissione di un fatto costituente reato, con la conseguente applicazione delle sanzioni penali. Stabilisce l’art. 1 cpp che la giurisdizione penale è esercitata dai giudici previsti dalle leggi di ordinamento giudiziario. Pertanto di regola sono i giudici ordinari ad esercitare la giurisdizione penale. Sono previsti però casi di giurisdizionale speciale (la Cost. vieta l’istituzione di giudici straordinari o speciali(art 102 c.2) I MODELLI PROCESSUALI I sistemi sono accusatorio, inquisitorio e misto. I due grandi modelli astratti/teorici sono: - accusatorio (triangolo) - inquisitorio (segmento) I parametri che determinano l’uno o l’altro tipo si incentrano sempre sulla minore o maggiore valorizzazione del ruolo riconosciuto a taluno dei soggetti che compongono la triade processuale: giudice, PM e imputato. Sistema accusatorio Per il sistema accusatorio immaginiamo un triangolo he vede al vertice -> il giudice e ai due lati -> accusa e difesa, in posizione contrapposta ma su un piano di parità di facoltà e diritti. Il processo è pubblico sin dall’inizio, si svolge davanti al giudice, spettatore e arbitro imparziale che vigila sul rispetto delle regole processuali. Vi è una completa equidistanza del giudice rispetto ad accusa e difesa. La decisione del giudice si fonda sulle prove fornite dalle parti. Il giudice non ricerca né forma la prova: ma si limita a valutarla. Le prove sono fornite dall’accusa (organo pubblico PM), e vengono raccolte nella fase pre- processuale in quanto incombe su di essa l’onere della prova. L’accusato, oltre a beneficiale della presunzione di innocenza, ha il diritto di sindacare le prove di accusa, soprattutto mediante il c.d. controinterrogatorio. il sistema accusatorio privilegiando una sostanziale parità tra le parti può considerarsi tipica espressione dello stato liberal-democratico. Sistema inquisitorio Nel sistema inquisitorio immaginiamo come figura geometrica un segmento -> che vede da un lato giudice/accusa e dall’altro la difesa. il giudice qui assorbe le due funzioni di accusa e giudizio facendo capo ad esso la ricerca, acquisizione e valutazione delle prove. E’ quindi esterno ad una sola delle parti. Il processo è scritto e segreto, mancano pubblicità e oralità. Di fronte al giudice-accusatore non è concepibile una parità tra accusa e difesa. Differenze tra accusatorio e inquisitorio Nel rito accusatorio le indagini sono svolte dal PM e dalla polizia giudiziaria, il giudice ha il solo compito di giudicare, invece nel rito inquisitorio il giudice istruttore svolge le indagini più complesse e raccoglie le prove. Nel rito accusatorio le prove si raccolgono nella dialettica e nel dibattimento e non sono utilizzabili le dichiarazioni e gli accertamenti raccolti nel corso delle investigazioni (es. se un teste ha dichiarato nelle indagini di aver riconosciuto un rapinatore, se non ripete ciò in dibattimento, non si forma la prova per giungere alla condanna. In ciò consiste il principio dell’oralità. Invece nel rito inquisitorio le prove si raccolgono nel corso delle indagini senza contraddittorio. Nel rito accusatorio la parità tra accusa e difesa è accentuata, mentre nel sistema inquisitorio non vi è parità tra le due parti, svolgendo il giudice il ruolo di accusa e giudizio. Sistema misto E’ un sistema caratterizzato dalla combinazione dei caratteri dell’accusatorio e di quelli dell’inquisitorio nello sforzo di conciliare le esigenze di repressione dei reati (privilegiate nell’inquisitorio) con quelle di libertà dell’accusato (favorite dall’accusatorio). Il sistema in vigore è ispirato al rito accusatorio, con alcuni temperamenti ecco perché viene definito di natura prevalentemente accusatoria. i caratteri del rito accusatorio sono: - massima semplificazione e celerità nello svolgimento del processo - metodo orale - parità dell’accusa e della difesa in ogni stato e grado del processo - garanzie per la libertà del difensore - garanzie e diritti per l’imputato. Le fonti del diritto processuale penale - La costituzione Il primo grande punto di riferimento del giusto processo è la Costituzione, perché al suo interno prevede una serie di principi che hanno una diretta interferenza con il modello processuale nel senso che indicano dei momenti che devono vivere nel processo penale. Le norme della Costituzione sono vincolanti a tutti gli effetti e la loro inosservanza nella redazione di una norma processuale penale comporta l'illegittimità costituzionale di quest'ultima (art. 136,1 Cost.). Tra i principi fondamentali il primo è l'art.2 che tutela i diritti inviolabili dell'individuo. L'art.2 dà una chiave di lettura del sistema processuale. Prevede la tutela dei diritti inderogabili ed impone l'adempimento di doveri di solidarietà sociale. Per esempio l'obbligo di testimoniare - è un imposizione "devi testimoniare" e devi testimoniare il vero, se non lo fai, vai in galera; si dispone l'accompagnamento coattivo come coercizione alla volontà. Altri principi fondamentali che asseriscono a specifici settori in particolare alla giurisdizione: indipendenza ed imparzialità (art.101 comma 2 e art.111) -fonti internazionali Le fonti internazionali nella procedura penale sono 3: 1 - Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo 2 - Patto internazionale dei diritti civili e politici Inoltre La decisione del giudice penale che risolve incidentalmente questa questione di carattere civile, amministrativa o penale non ha efficacia vincolante in nessun altro processo. (es. nel caso della ricettazione non può decidere se prima non accerta la provenienza delittuosa del denaro o della cosa che si assumono ricettati). Questo meccanismo ha lo scopo di scongiurare un’eventuale interruzione del processo (investendo della questione un altro giudice), consentendo di accelerare i tempi necessari per giungere alla decisione definitiva. A tale regola sono state previste delle eccezioni (come si ricava dalla clausola “salvo che sia diversamente stabilito”) contenuta nell’art. 2 comma 1 che possono essere suddivise in 2 categorie: - (1) quando si tratti di questioni inerenti lo stato di famiglia o di cittadinanza (art. 3); - (2) quando si tratti di questioni pregiudiziali di natura civile o amministrativa di particolare complessità (art. 479). Si tratta quindi di due sole ipotesi in cui è opportuno che intervenga una vera e propria decisione, e non un accertamento incidentale. In questi casi è quindi previsto che il giudice possa (ma non è un obbligo) sospendere il processo con ordinanza impugnabile mediante ricorso per cassazione, attendendo la risoluzione della questione da parte del competente organo giudicante, Durante la sospensione possono essere compiuti solo gli atti urgenti, purché ovviamente si tratti di atti non riguardanti la questione che ha determinato la sospensione. Nel caso dell’art 3 cpp: in questi casi il giudice può sospendere il processo quando ricorrono 3 condizioni: 1. deve effettivamente sussistere un rapporto di pregiudizialità tra la risoluzione della controversia sullo stato di famiglia o di cittadinanza e la decisione del giudizio penale; 2. La questione pregiudiziale deve essere seria (quindi non manifestamente infondata o artificiosa); 3. Deve essere già stata proposta l’azione a norma delle leggi civili. Se manca una di tali condizioni il giudice deve decidere in via incidentale senza sospendere il processo penale. La sentenza intervenuta in sede extrapenale avrà efficacia di giudicato. Nella seconda ipotesi ex art 479 cpp la sospensione può essere disposta solo nel corso del dibattimento, quando: (a) la risoluzione della controversia deve condizionare la decisione sull’esistenza del reato; (b) la questione appaia non solo seria, ma anche di particolare complessità; (c) che sia già in corso il relativo procedimento presso il giudice civile o amministrativo. La sentenza extrapenale non sarà in questo caso dotata di efficacia di giudicato, ma entrerà semplicemente a far parte del materiale probatorio sul quale dovrà fondarsi il convincimento del giudice(che potrà disattenderla con l’unico limite di esporre le sue ragioni) e qualora la decisione in sede civile o amministrativa non intervenga entro il termine di un anno, il giudice potrà revocare l’ordinanza di sospensione. Una particolare ipotesi di sospensione del processo legata alle qualità della persona dell’imputato è quella prevista dall’art. 1 legge 124/2008 in base alla quale i processi penali nei confronti dei soggetti che rivestono la qualità di Presidente della Repubblica, del Presidente della Camera o del Senato e del Presidente del Consiglio dei ministri sono sospesi dalla data di assunzione e fino alla cessazione della carica o della funzione, anche se relativi a fatti antecedenti l’assunzione della carica o funzione. (La norma in questione è stata però dichiarata incostituzionale dalla Corte, in virtù del fatto che essa genera un intollerabile disparità di trattamento di fronte alla giurisdizione). La competenza: per materia, per territorio, per connessione La disciplina della competenza consta di una serie di norme che consentono di individuare, ancora prima del compimento di un determinato fatto reato, quale sia l’organo giudicante al quale spetta la cognizione in merito al relativo procedimento. In ambito penale è possibile parlare di competenza per materia, per territorio e per connessione. Competenza per materia = Con riguardo alla competenza per materia, bisogna anzitutto dire che il codice ha operato la suddivisione tenendo conto sia del tipo di reato (criterio qualitativo), sia del livello della pena edittale (criterio quantitativo). Bisogna tenere conto allora del massimo della pena stabilita per ciascun reato consumato o tentato (riduzione di 1/3). mentre bisogna escludere l’incidenza della continuazione, recidiva, circostanze di reato salvo le aggravanti per le quali la legge prevede una pena di specie diversa o di quelle ad effetto speciale. Tenuto conto di questi parametri vengono attribuiti alla competenza della corte d’assise reati percepiti più gravemente puniti o percepiti di maggiore allarme sociale (ART 5) ossia: (a) tenendo conto di un criterio quantitativo, i reati punibili con l’ergastolo o con la reclusione non inferiore nel massimo a 24 anni, esclusi i delitti (comunque aggravati) di tentato omicidio, rapina, estorsione, associazione di tipo mafioso e i delitti concernenti sostanze stupefacenti; (b) tenendo conto di un criterio qualitativo, i delitti consumati di omicidio del consenziente, omicidio preterintenzionale, e ogni delitto doloso da cui derivi la morte di una o più persone escluse le ipotesi di morte come conseguenza non voluta di altro reato, di morte avvenuta in seguito a rissa, morte derivante da omissione di soccorso. (c) tenendo conto di un criterio qualitativo e quantitativo insieme, i delitti contro la personalità dello Stato e di riorganizzazione del partito fascista ovvero delitti (consumati o tentati) di associazione per delinquere finalizzata alla riduzione e al mantenimento in schiavitù, alla tratta di persone, all’acquisito e all’alienazione di schiavi, nonché i delitti con finalità di terrorismo, puniti con pena non inferiore nel massimo a 10 anni di reclusione. La competenza del tribunale è invece determinata automaticamente secondo un meccanismo residuale o di esclusione, nel senso che spetteranno a questo tutti i reati che non siano espressamente attribuiti alla competenza della corte di assise o del giudice di pace. Nella competenza per territorio la regola fondamentale è quella del locus commissi delicti, secondo cui la competenza spetta al giudice del luogo in cui il reato è stato consumato (art 8). Tuttavia, tale criterio subisce alcune deroghe in considerazione della particolare configurazione della fattispecie delittuosa: (a) nell’ipotesi in cui dal fatto sia derivata la morte di una o più persone, sarà competenza il giudice del luogo in cui è avvenuta l’azione o l’omissione (e non quello del luogo in cui la morte si è verificata); (b) se si tratta di un reato permanente, sarà competente il giudice del luogo in cui ha avuto inizio la consumazione; (c) se si tratta di un delitto tentato, sarà competente il giudice del luogo in cui è stato compiuto l’ultimo atto diretto a commettere il reato. Nell’ipotesi in cui alla luce delle regole generali ora richiamate non sia possibile individuare il giudice territorialmente competente, soccorrono talune regole suppletive: (1) prioritario è il criterio del luogo in cui è avvenuta una parte dell’azione o omissione; (2) seguono il criterio della residenza, della dimora e del domicilio dell’imputato; (3) e infine, quello del luogo in cui ha sede l’ufficio del pubblico ministero che ha provveduto per primo ad iscrivere la notizia di reato nell’apposito registro. In due peculiari ipotesi è lo stesso codice a creare regole ad hoc:  Nei procedimenti inerenti a delitti di mafia, riduzione in schiavitù, tratta di persone e sequestro di persona a scopo estorsivo, le funzioni di GIP e GUP sono esercitate da un magistrato appartenente al tribunale del capoluogo del distretto di corte d’appello nel cui ambito ha sede il giudice competente;  ( art 11) in un determinato procedimento un magistrato (o PM)se assume il ruolo di imputato o persona offesa, risulta competente un ufficio giudiziario ricompreso nel distretto di corte d’appello in cui egli esercita la propria funzione o la esercitava al momento del fatto. In passato il codice prevedeva che fosse investito della causa un giudice ugualmente competente per materia ubicato nel capoluogo del distretto di corte d'appello più vicino. Nel 98 questo meccanismo è stato perfezionato per evitare il rischio di competenze reciproche o incrociate tra uffici giudiziari vicini che potevano turbare la serenità di giudizio e la reale indipendenza del giudice: la competenza per i procedimenti previsti dall'art 11 spetta al giudice competente per materia che ha sede nel capoluogo di altro distretto di corte d'appello predeterminato dalla legge, sulla scorta di una tabella incentrata sul criterio della circolarità. Spostamenti comunque non troppo distanti per non creare disagi a parti e testimoni. Lo spostamento di competenza riguarda anche i procedimenti connessi a quello in cui è coinvolto il magistrato. Nella competenza per connessione , occorre chiarire innanzitutto che di connessione si suole parlare quando confluiscono davanti al medesimo giudice procedimenti destinati a giudici diversi. Ma considerato che la connessione si pone, per sua natura, in contrasto con le tanto richiamate esigenza di accelerazione e semplificazione processuale (in quanto è inevitabile che l’instaurazione di maxi processi provochi un intasamento della macchina giudiziaria e un allungamento dei tempi processuali), il legislatore ne ha limitato l’operatività ad ipotesi tassative. Secondo quanto disposto dall’art. 12 cpp, si ha connessione di procedimenti: (a) se il reato per il quale si procede è stato commesso da più persone in concorso o in cooperazione (qualora si tratti di delitti colposi) ovvero se più persone con condotte indipendenti hanno determinato l’evento. [in questo caso si registra la presenza di una pluralità di imputazioni tra loro connesse in ordine ai soggetti cui viene attribuito il medesimo fatto-reato, per cui si suole parlare di connessione soggettiva]; (b) se una persona è imputata di più reati commessi con una sola azione o omissione (concorso formale) ovvero con più azioni o omissioni esecutive del medesimo disegno criminoso (reato continuato); (c) se dei reati per cui si procede taluni sono stati commessi per eseguirne o occultarne altri. [in queste ultime due ipotesi si registra pluralità di reati addebitati al medesimo soggetto e si suole dunque parlare di connessione oggettiva]. Ciò premesso, quali sono i criteri per la determinazione del giudice competente in caso di connessione? Con riferimento alla competenza per materia, si attribuirà la cognizione di tutti i reati al giudice di cognizione superiore: per cui se, ad esempio, alcuni dei procedimenti connessi appartengono alla competenza per materia della corte d’assise e altri a quella del tribunale, sarà competente per tutti la corte d’assise. Per quanto riguarda, invece, la competenza per territorio, tra tutti i giudici ugualmente competenti per materia, la cognizione spetterà al giudice territorialmente competente per il reato più grave: nel caso in cui i reati siano di pari gravità, soccorrerà il criterio cronologico, il quale vuole che la cognizione sia attribuita al giudice territorialmente competente per il primo reato. Potrebbe anche verificarsi, infine, un’ipotesi di connessione tra procedimenti di competenza del giudice ordinario e del giudice speciale; cosa accade in questi casi (ove la connessione influisce non solo sulla competenza, ma addirittura sulla giurisdizione)? a. Quanto al giudice di appello, qualora questi ritenga che dovesse giudicare il tribunale in composizione collegiale, pronuncia sentenza di annullamento e ordina la trasmissione degli atti al PM presso il giudice di primo grado. Pronuncia, invece, nel merito, qualora ritenga che il reato appartenesse alla cognizione del tribunale in composizione monocratica; b. Quanto alla corte di cassazione, bisogna distinguere tra attribuzione viziata per difetto o per eccesso: .nel primo caso, pronuncia sentenza di annullamento e ordina la trasmissione degli atti al PM; .nel secondo caso vale la stessa regola, purché il ricorso riguardi una sentenza inappellabile o si tratti di un ricorso per saltum. Al di fuori di queste ipotesi, l’errore di attribuzione è irrilevante. Le prove e gli atti compiuti dal tribunale con difetto di attribuzione rimangono pienamente utilizzabili. Difetto di giurisdizione e incompetenza Gli art 20 e 21 indicano i momenti in cui è possibile sollevare la relativa questione. Queste norme perseguono un duplice obiettivo: non distogliere il procedimento dal suo vero oggetto e scongiurare l’eventuale regressione di procedimenti ormai giunti a stadi avanzati. Per quanto riguarda il difetto di giurisdizione (art 20 cpp) è ravvisabile sia quando un giudice ordinario si ritiene competente in ordine ad un reato su cui dovrebbe pronunciarsi un giudice speciale e viceversa, sia quando nessun giudice penale (ordinario o speciale) è fornito della potestà giurisdizionale relativamente ad una determinata fattispecie (difetto assoluto o relativo di giurisdizione). Può essere rilevato in ogni stato e grado del procedimento (quindi a cominciare dalla fase delle indagini preliminari). Se il difetto viene rilevato nel corso delle indagini preliminari, il giudice provvede con ordinanza e dispone la restituzione degli atti al pubblico ministero, fermo restando che l’ordinanza non chiuda la questione. Se è rilevato dopo la chiusura delle indagini preliminari e in ogni stato e grado del processo, il giudice pronuncia sentenza e ordina che gli atti vengano trasmessi all’autorità competente. Per quanto riguarda il difetto di competenza (art 21 cpp) occorre preliminarmente distinguere tra incompetenza per materia da un lato e incompetenza per territorio e connessione dall'altro, poiché secondo quanto disposto dall’art. 21: - l’incompetenza per materia , considerata più grave rispetto alle altre, può essere rilevata, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del processo (solo la formazione del giudicato sana il difetto); Vi sono due deroghe all’incompetenza per materia: (1)il reato appartenga alla cognizione di un giudice di competenza inferiore (incompetenza per eccesso)-> in tal caso l’incompetenza deve essere rilevata d’ufficio o eccepita a pena di decadenza, subito dopo compiuti per la prima volta gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti. (art 491 comma 1 cpp). Se nel termine predetto l'incompetenza non è né dichiarata né eccepita rimane ferma la competenza del giudice di grado superiore. (es. giudizio avanti alla Corte d'assise per un reato di competenza del tribunale). (2)nel caso di incompetenza per materia derivante da connessione (es. un procedimento di competenza del tribunale ma connesso ad un procedimento di competenza della Corte d'assise, il quale anziché essere attribuito alla cognizione della Corte d'assise si effettua avanti al tribunale). Pure in questa situazione l'incompetenza per materia deve essere rilevata o eccepita, a pena di decadenza, prima della conclusione dell'udienza preliminare o, se questa manchi, subito dopo compiuti per la prima volta gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti. Decorso tale limite cronologico la competenza rimane fissata in capo al giudice. - mentre l’incompetenza per territorio e per connessione, deve essere rilevata o eccepita, entro tempi brevi, a pena di decadenza, prima della conclusione dell’udienza preliminare e, nei procedimenti in cui tale udienza manchi, entro la data di prima costituzione delle parti (art 491 comma 1). Qualsiasi tipo di incompetenza è rilevabile dal giudice ed eccepibile dalle parti. Per quanto riguarda la forma e gli effetti del provvedimento con cui viene dichiarata l’incompetenza, in rapporto ai vari stati e gradi del processo: (a) nel corso delle indagini preliminari, il giudice che riconosce la propria incompetenza pronuncia ordinanza e dispone la restituzione degli atti al pubblico ministero; (b) dopo la chiusura delle indagini preliminari e in sede di dibattimento di primo grado, il giudice pronuncia sentenza e ordina la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice ritenuto competente; (c) in grado d’appello, (se il giudice rileva che su un reato di competenza della corte d’assise ha giudicato il tribunale, oppure che su un reato di competenza del tribunale ha giudicato il giudice di pace) pronuncia sentenza di annullamento e ordina la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice di primo grado, purché l’incompetenza sia stata denunciata nei motivi di appello, mentre negli altri casi pronuncia nel merito. (d) quando la pronuncia deriva dalla corte di cassazione, la decisione è vincolante e definitiva. La sentenza che dichiara l’incompetenza non è in alcun modo impugnabile ma anzi è vincolante nel corso del processo, il suo essere vincolante può essere superato solo nell'ipotesi in cui risultino nuovi fatti che implicano una modificazione di giurisdizione o competenza del giudice superiore. Circa l'incompetenza si parla anche di: a) principio di conservazione degli atti assunti dal giudice incompetente . Le prove acquisite non sono inefficaci, però le dichiarazioni rese al giudice incompetente per materia che se ripetibili possono essere utilizzate solo in sede di udienza preliminare e per le contestazioni. b) le misure cautelari personali e reali disposte da un giudice incompetente durante o dopo la loro pronuncia, cessano di avere efficacia qualora entro 20 giorni dall'ordinanza di trasmissione degli atti al giudice competente non siano confermate da questo. Il conflitto -> ex art. 28 – è la situazione che si determina quando, in qualsiasi stato e grado del processo, due o più giudici contemporaneamente prendono (conflitto positivo) o rifiutano di prendere (conflitto negativo) cognizione del medesimo fatto attribuito alla stessa persona. La pluralità di organi giurisdizionali può comportare contrasti fra gli stessi sia in ordine alla giurisdizione sia in ordine alla competenza. Si distingue, appunto, tra conflitti di giurisdizione e conflitti di competenza. I conflitti di giurisdizione sussistono quando il contrasto è tra uno o più giudici ordinari e uno o più giudici speciali dall'altro. Es: un contrasto fra tribunale ordinario e tribunale militare in ordine al problema se un determinato fatto imputato ad un determinato soggetto spetti alla cognizione del tribunale ordinario oppure alla cognizione del tribunale militare. Il conflitto di competenza si ha, invece, quando il contrasto riguardi due o più giudici ordinari. Es: un contrasto fra tribunale e Corte d'assise in ordine al problema se un determinato fatto imputato ad un determinato soggetto spetti alla competenza del tribunale o della Corte d'assise (conflitto di competenza per materia) oppure al contrasto fra due tribunali in ordine al problema se l fatto predetto spetti alla competenza del tribunale di Torino oppure alla competenza del tribunale di Milano (conflitto di competenza per territorio). In entrambi i casi il conflitto è qualificabile come positivo, se gli uffici giurisdizionali coinvolti affermano la propria potestà decisionale sulla stessa controversia; negativo, se tali uffici negano o rifiutano la propria cognizione sul medesimo procedimento. Il conflitto può essere rilevato d’ufficio dal giudice, denunciato dal pubblico ministero o dalle parti private. L’elevazione del conflitto non ha effetti sospensivi sul processo in corso. Il conflitto cessa anzitutto per effetto dell’iniziativa di uno dei giudici che dichiari la propria competenza o la propria incompetenza (art. 29 c.p.p.). Se ciò non avviene bisogna attendere la decisione della Corte di cassazione. I conflitti sono decisi dalla Corte di cassazione con sentenza vincolante pronunciata in camera di consiglio; l’estratto della sentenza è immediatamente comunicato ai giudici in conflitto e al pubblico ministero ed è notificato alle parti. Per quello che riguarda la conservazione degli atti e la validità delle misure cautelari vale quanto già detto salvo per un adeguamento: relativamente ai provvedimenti cautelari il termine di 20 giorni decorre dalla comunicazione della sentenza della corte al giudice che ha disposto la mc. Le cause personali di estromissione del giudice: incompatibilità, astensione e ricusazione Le cause di incompatibilità sono previste dagli artt. 34 e 35, e negli artt. 18 e 19 dell’ordinamento giudiziario, ma risultano ricomprese nella stessa disciplina delle ipotesi di astensione e ricusazione. Le cause previste dall’ordinamento giudiziario riguardano solo la costituzione dell’organo giudicante e prefigurano alcune condizioni dirette ad assicurare che il giudice sia imparziale. L’incompatibilità comporta la sostituzione della persona fisica del giudice con un altro appartenente allo stesso ufficio. Il provvedimento giurisdizionale adottato da un giudice “incompatibile” non è però affetto da nullità, in quanto la presenza di incompatibilità legittima solo a chiedere la ricusazione del giudice. Per quanto riguarda le cause previste dal codice bisogna distingue tra le incompatibilità per ragioni di parentela, affinità o coniugo (art. 35), e le incompatibilità dovute da atti compiuti nel procedimento (art. 34). L’incompatibilità dovuta a parentela, affinità o coniugo-> non possono svolgere nello stesso processo, funzioni anche se separate o diverse, giudici che sono tra loro coniugi o parenti o affini fino al secondo grado. Es. un magistrato non può giudicare in appello una sentenza emanata in primo grado dal coniuge. L’incompatibilità dovuta ad atti compiuti nel procedimento, sono divise in 4 gruppi di situazioni: (a) il giudice che ha pronunciato sentenza in un grado del procedimento non può esercitare le funzioni di giudice negli altri gradi o nel corso del giudizio di rinvio (a seguito dell’annullamento da parte della Corte di Cassazione); (b) non può partecipare al giudizio il giudice che ha pronunciato il provvedimento conclusivo dell’udienza preliminare o colui che ha disposto il giudizio immediato o ha emesso decreto penale di condanna o ha deciso sull'impugnazione avverso la sentenza di non luogo a procedere; (c) il giudice che abbia svolto le funzioni di GIP non può nel corso dello stesso processo emettere decreto penale di condanna, ne tenere l’udienza preliminare o partecipare al giudizio ed inoltre incompatibile alla funzione di GUP. Si esclude l’incompatibilità allorché il GIP si sia limitato ad adottare nel corso del medesimo procedimento taluni dei seguenti provvedimenti: autorizzazioni sanitarie per il trasferimento dell’indagato sottoposto a custodia in un luogo esterno di cura; permessi di colloquio o di La richiesta di rimessione può essere avanzata in ogni stato e grado del processo di merito, da: - imputato (in questo caso la richiesta deve essere sottoscritta da lui personalmente o da suo procuratore speciale) - procuratore generale presso la corte d’appello - pubblico ministero presso il giudice procedente ; Essa deve essere depositata nella cancelleria del giudice (insieme ai documenti che a essa si riferiscono) e notificata, entro 7 giorni, alle altre parti a cura del richiedente. In seguito al deposito, la richiesta e la relativa documentazione sono immediatamente trasmesse alla Corte di Cassazione (giudice competente a pronunciarsi sulla richiesta di rimessione) ad opera del giudice procedente. Il giudice ex art 47 dopo la presentazione della richiesta può disporre la sospensione del processo fino a che non sia intervenuta l’ordinanza di inammissibilità o di rigetto della richiesta. Lo stesso può fare la corte di cassazione quando il processo non viene sospeso, con una comunicazione di sospensione obbligatoria qualora la richiesta non infondata sia stata assegnata alle sezioni della corte. In seguito a tale comunicazione il giudice procedente deve sospendere il processo prima delle conclusioni in sede di udienza preliminare o della discussione in sede dibattimentale. Tale sospensione dura finchè non viene pronunciata l’ordinanza della corte che dichiara inammissibile o rigetta la richiesta. Durante la sospensione, restano sospesi i termini di prescrizione del reato e, se la richiesta proviene dall’imputato, anche i termini di durata massima della custodia cautelare: essi riprendono il loro corso dal giorno in cui la corte dichiara inammissibile o rigetta la richiesta di rimessione o nell’ipotesi di un suo accoglimento. La corte di cassazione decide con ordinanza, che può essere di inammissibilità, di rigetto o di accoglimento: in quest’ultima ipotesi l’ordinanza, che contiene l’indicazione del nuovo giudice, è immediatamente comunicata al giudice designato e al giudice originariamente competente, il quale è tenuto a trasmettere al primo gli atti del processo e a disporre che l'ordinanza della corte venga comunicata al PM e notificata alle parti private. Il nuovo giudice dovrà provvedere al rinnovo degli atti, solo se vi è esplicita richiesta di una delle parti, ad esclusione degli atti divenuti irripetibili. Inoltre, quando la corte rigetta, può condannare l’imputato al pagamento di una somma a favore della cassa ammende. RIFORMA 2016: ART 48 comma 6 in cui la corte di cassazione rigetta o dichiara inammissibile la richiesta di rimessione presentata dalle parti private: da un lato la somma delle ammende da 1000 a 5000 euro può essere aumentata fino al doppio; ed è stato introdotto il comma 6 bis secondo cui gli importi delle ammende sono adeguati ogni due anni col decreto del ministro della giustizia in accordo col ministro dell'economia. Questo per scoraggiare la richiesta di rimessioni meramente dilatorie. È possibile reiterare la richiesta di rimessione? Si, quando la precedente richiesta sia stata rigettata o dichiarata inammissibile per manifesta infondatezza, ma è necessario che la nuova richiesta si fondi su elementi nuovi; quando, invece, l’inammissibilità sia stata pronunciata per cause diverse, la richiesta di rimessione può essere sempre riproposta (indipendentemente dalla ricorrenza di nuovi elementi). IL PUBBLICO MINISTERO Il pubblico ministero, pur rivestendo la qualità di parte nel processo, costituisce al tempo stesso un organo dell’apparato statale incaricato di vegliare < sull’osservanza delle leggi e sulla pronta e regolare amministrazione della giustizia >, nonché di iniziare ad < esercitare l’azione penale >. Il pubblico ministero gode anche di una posizione di indipendenza rispetto a tutti gli altri poteri costituzionali: così come la magistratura giudicante (giudice), anche quella requirente (pubblico ministero) gode delle garanzie stabilite dalle norme di ordinamento giudiziario: reclutamento tramite concorso pubblico (è previsto un concorso unitario per il conferimento di funzioni giudicanti e requirenti, ma sono contemplate diverse misure intese a rafforzare la distinzione tra le due funzioni: ad esempio, il passaggio dalle funzioni giudicante a quelle requirenti e viceversa, è disposto, successivamente al concorso, solo dopo aver partecipato ad un corso di qualificazione professionale e a seguito di giudizio di idoneità allo svolgimento delle diverse funzioni, espresso dal Consiglio superiore della magistratura) inamovibilità dalla sede, soggezione al potere di controllo del Consiglio superiore della magistratura. È un organo vero e proprio designato dallo Stato per garantire il rispetto della legge e per valutare le azioni penali di un individuo. Il pubblico ministero esercita l'azione penale vera e propria che condurrà poi al successivo processo, all'interno del quale sarà la controparte dell'imputato. Il pubblico ministero si occupa infatti di trovare le prove d'accusa nei confronti di coloro che commettono reati, violando le leggi. Le prove raccolte dal pubblico ministero vengono poi presentate in tribunale e utilizzate per accusare l'assistito di un determinato avvocato, che invece si occupa della difesa. art 50 cpp Il pubblico ministero esercita l'azione penale [112 cost.] quando non sussistono i presupposti per la richiesta di archiviazione. Quando non è necessaria la querela, la richiesta, l'istanza o l'autorizzazione a procedere l'azione penale è esercitata di ufficio. L'esercizio dell'azione penale può essere sospeso o interrotto soltanto nei casi espressamente previsti dalla legge. Il legislatore in apertura del titolo del nostro codice di rito dedicato a tale figura, ha voluto immediatamente segnalare la funzione tipica del pubblico ministero, statuendo nell’art. 50 che < il pubblico ministero esercita l’ azione penale , quando non sussistono i presupposti per la richiesta di archiviazione Per archiviazione si intende che il pubblico ministero, un volta espletate le indagini preliminari nei termini di cui agli artt. 405 c.p.p. e ss., se ritiene di aver conseguito degli elementi idonei a sostenere l'accusa in giudizio esercita l'azione penale, altrimenti presenta al giudice richiesta di archiviazione per infondatezza della notizia di reato. Le indagini sino ad allora espletate verranno conservate nell'archivio della procura. Pertanto nel nostro sistema codicistico non trova dunque spazio né l’azione penale privata, né l’azione popolare. La norma in questione sancisce, poi, due ulteriori principi (di fondamentale importanza), quello dell’officialità dell’azione penale, secondo cui l’azione penale è di regola esercitata d’ufficio, salvo l’ipotesi in cui sia necessaria la querela, la richiesta, l’istanza o l’autorizzazione a procedere (c.d. condizioni di procedibilità) e quello dell’irretrattabilità dell’azione penale, il quale vuole che una volta esercitata, l’azione penale esce dalla sfera del suo autore e comporta l’insorgere di un dovere decisorio in capo al giudice, per cui il suo esercizio potrà essere sospeso o interrotto soltanto nei casi espressamente previsti dalla legge. Funzioni del PM La classificazione delle funzioni del PM : - funzione inquirente nelle indagini preliminari - funzione di incriminazione - funzione di parte processuale Funzione inquirente nelle indagini preliminari L’attività di indagine è svolta personalmente dal PM, che può delegare il compimento di specifici atti alla polizia giudiziaria. Gli atti di indagine comprendono innanzitutto quelli acquisitivi della notizia di reato, sia di iniziativa, sia a seguito di denuncia, querela, richiesta, istanza e referto. Seguono gli atti investigativi per la ricostruzione del fatto-reato e per l’individuazione del colpevole (quali accertamenti tecnici, perquisizioni, ispezioni, sequestri, intercettazioni telefoniche…). Funzione di incriminazione Questa attiene al promuovere l’azione penale, che segna l’inizio del processo in senso stretto, con la formulazione dell’imputazione a carico di una specifica persona. Più precisamente basta la richiesta del PM per investire il giudice dell’udienza preliminare, o il giudice delle indagini preliminari quando es. viene richiesta l’emissione di un decreto penale (art 459). In alternativa all’esercizio di azione penale, è prevista la richiesta di archiviazione (considerata come forma di definizione delle indagini preliminari e quindi come una chiusura delle stesse, senza apertura di processo e senza incolpazione). L’archiviazione è quindi l’opposto dell’azione penale. L’archiviazione è consentita: - in caso di infondatezza della notizia di reato - quando manca una condizione di procedibilità - il reato è estinto - il fatto non è previsto dalla legge come reato o è di particolare tenuità - quando è ignoto l’autore del reato. (ossia in tutti quei casi nel quali la formulazione dell’imputazione non potrebbe sfociare nella pretesa punitiva verso un determinato soggetto). Funzione di parte processuale (requirente) Il pm in questa fase abbandona il compito di inquirente e assume un ruolo di parte, davanti al giudice-terzo, un ruolo propulsivo a sostegno della pretesa punitiva oggetto della sua azione penale. Perde quindi la preminenza del suo ruolo e assume una posizione di parità dialettica con la contro-parte imputato. In ogni caso la sua figura resta istituzionale, (parte pubblica) egli agisce sempre nell’interesse della giustizia, nell’interesse generale a garantire la pretesa punitiva dello stato in presenza della commissione di un reato. Chi esercita le funzioni di pubblico ministero? - nel corso delle indagini preliminari e dei procedimenti di primo grado, saranno competenti le procure della Repubblica presso i tribunali ordinari; - nei giudizi di impugnazione (appello e ricorso per cassazione), saranno rispettivamente investiti di tale funzione, le procure generali presso le corti d’appello e la procura generale presso la corte di cassazione. Il magistrato che fa parte dell’ufficio del pubblico ministero gode di una piena indipendenza di status e, pertanto, i provvedimenti disciplinari e le promozioni che lo riguardano sono deliberati dal Consiglio superiore della magistratura (art. 105 Cost.); è inamovibile nella sede (art. 107 Cost.); è nominato a seguito di concorso pubblico (art. 106, co. 1, Cost.). I rapporti all’interno dell’ufficio art 51. Ogni ufficio del pubblico ministero si compone del titolare (ossia il procuratore della Direzione distrettuale antimafia (DDA) >, cui sono assegnati magistrati (i quali devono farne parte per almeno due anni) scelti dal procuratore della Repubblica. Il collegamento e il coordinamento di tutte le direzioni distrettuali antimafia è affidato alla < Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo(DNA) >, costituita nell’ambito della Procura Generale presso la Corte di Cassazione, al cui vertice è posto un magistrato di cassazione, il Procuratore nazionale antimafia (il quale resta in carica per quattro anni), scelto dal Consiglio Superiore della Magistratura. Alla Direzione nazionale antimafia sono assegnati, in qualità di sostituti, 20 magistrati con qualifica non inferiore a quella di magistrato di corte d’appello, anch’essi nominati dal Consiglio superiore della magistratura, sentito il procuratore nazionale antimafia, sulla base di specifiche attitudini ed esperienze nella trattazione di procedimenti relativi alla criminalità organizzata. Il procuratore nazionale antimafia può poi avvalersi della direzione investigativa antimafia (DIA) e dei servizi centrali e interprovinciali delle forze di polizia, impartendo loro le direttive volte a regolarne l’impiego a fini investigativi. Il procuratore nazionale antimafia è investito di due funzioni: (1) quelle d’impulso al coordinamento (volte ad assicurare il collegamento investigativo tra le varie direzioni distrettuali, potendo anche impartire, ai procuratori distrettuali, specifiche direttive, cui essi devono attenersi nell’espletamento dell’attività d’indagine) (2) quelle d’impulso alle investigazioni; nell’espletamento di queste funzioni, il procuratore nazionale antimafia, può poi avvalersi della Direzione investigativa antimafia (DIA) e dei servizi centrali e interprovinciali delle forze di polizia. A seguito dell’istituzione della direzione distrettuale antimafia e la direzione nazionale antimafia e antiterrorismo è stata introdotta una nuova ipotesi di avocazione (art 371bis). In particolare è consentito al procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo avocare le indagini relative a delitti c.d mafiosi, quando non sono state con effettività ed efficienza coordinate dal PM competenti. Nonostante tutto, possono sempre sorgere contrasti, positivi o negativi, trai i diversi uffici del PM sulla relativa legittimazione a procedere: a. Se il contrasto si verifica tra diverse direzioni distrettuali, la risoluzione è affidata al procuratore generale presso al corte di cassazione, ma il procuratore nazionale antimafia ha una funzione consultiva; b. Se, invece, il contrasto insorge all’interno del medesimo distretto, il compito spetta al procuratore generale presso al corte d’appello. Al fine di soddisfare specifiche esigenze investigative o processuali, è attribuito al Procuratore nazionale antimafia il potere di curare la necessaria flessibilità e mobilità degli apparati del pubblico ministero, mediante l’applicazione temporanea di magistrati della direzione nazionale antimafia presso le procure distrettuali: l’applicazione è disposta con decreto motivato del procuratore nazionale antimafia, sentiti i procuratori generali e i procuratori della Repubblica interessati, per non più di un anno. Il decreto di applicazione è, quindi, trasmesso senza ritardo al Consiglio Superiore della Magistratura e al Ministro della giustizia, per approvazione. POLIZIA GIUDIZIARIA Il codice colloca la polizia giudiziaria tra i soggetti del procedimento, dedicandone il libro III del procedimento. La scelta sistematica è dovuta al carattere unitario dell’attività investigativa che è distribuita tra il pm e la polizia giudiziaria, che la vede seconda protagonista nel momento di inizio delle indagini preliminari (tanto da essere raffigurata come l’orecchio e il braccio del magistrato). La pg è un soggetto del procedimento ma non fa parte de processo. La polizia su ordine o delega ma anche di propria iniziativa, svolge 4 importanti attività: (art 55) - attività informativa, che si sostanzia nell’acquisire la notizia di reato e nel riferirla al PM; - attività investigativa, che consiste nel ricercare l’autore del reato mediante il compimento di atti tipici e atipici; - attività assicurativa, che è riferita alle fonti di prova; - ha l’obbligo di raccogliere quant’altro può servire per l’applicazione della legge penale e l’obbligo di impedire che i reati siano portati a conseguenze ulteriori. L’elenco di chi riveste le qualità di ufficiale o di agente di polizia g. è fornita dall’art. 57. La distinzione rileva, oltre che sul piano organizzativo anche dalla titolarità a compiere una serie di atti riservati solo al primo. Tra gli ufficiali che svolgono funzioni di polizia giudiziaria in via generale figurano: - I dirigenti, i commissari, gli ispettori, i sovraintendenti e gli altri appartenenti alla Polizia di Stato ai quali l’ordinamento dell’amministrazione della pubblica sicurezza riconosce la qualità di ufficiali di polizia giudiziaria; - Gli ufficiali, superiori ed inferiori, ed il personale dei ruoli ispettori e sovraintendenti dell’Arma dei Carabinieri; - Il sindaco dei comuni ove non vi sia un ufficio della Polizia di Stato, né un comando dell’Arma dei Carabinieri o della Guardia di Finanza. Tra gli agenti che svolgono funzioni di polizia giudiziaria in via generale vi sono: - Il personale della Polizia di Stato; - I carabinieri; - Le guardie di finanza; - Gli agenti di polizia penitenziaria; - le guardie forestali; - le guardie delle province e dei comuni, ma solo nell’ambito territoriale dell’ente di appartenenza e limitatamente al tempo nel quale sono in servizio. La distinzione rileva sulla maggiore qualifica professionale degli ufficiali rispetto agli agenti derivante da una superiorità di grado o livello. Altre distinzioni riguardano il piano organizzativo interno, e su gli atti che sono riservati solo agli ufficiali. Gli ufficiali esercitano un controllo di legalità sugli atti compiuti dagli agenti. In una posizione particolare sta il personale della direzione investigativa antimafia(DIA) che è investito, oltre che delle funzioni di investigazione preventiva attinente alla criminalità organizzata, anche del compito di effettuare indagini di polizia giudiziaria relative esclusivamente a delitti di associazione mafiosa e comunque ricollegabili all’associazione stessa. L’organizzazione della polizia giudiziaria e la sua dipendenza funzionale dall’attività giudiziaria Anche se tutte le funzioni di polizia giudiziaria sono sempre svolte alla dipendenza e sotto la direzione dell’autorità giudiziaria, il legame che si instaura con la medesima è variabile. L’art. 56 individua una triplice struttura: - La prima concerne i servizi di polizia giudiziaria previsti dalla legge, la quale prevede la loro istituzione e organizzazione da parte del dipartimento di pubblica sicurezza. Tra questi ricordiamo il servizio centrale operativo della polizia di stato (Sco), Raggruppamento operativo speciale (Ros), Reparto investigazioni scientifiche (Ris). In determinate regioni e per particolari esigenze, tali strutture possono poi essere costituite in servizi interforze (per i delitti di sequestro di persona). Infine sono state introdotte unità antiterrorismo per le indagini sui delitti di terrorismo di rilevante gravità; - La seconda riguarda le sezioni di polizia giudiziaria, istituite presso ogni procura della Repubblica per garantire uno stretto rapporto con l’organo che dirige le indagini preliminari. Le sezioni sono composte da ufficiali ed agenti della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza. Il personale delle sezioni non deve poi essere inferiore al doppio dei magistrati della procura della Repubblica presso il tribunale, ed il rapporto numerico tra ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria è stabilito in due terzi; - La terza riguarda, infine, i restanti ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, tenuti per legge a compiere indagini a seguito di una notizia di reato. Per cui le articolazioni con funzioni di polizia giudiziaria si suddividono in sezioni e servizi. L’autorità giudiziaria può avvalersi qualsiasi ufficiale o agente di PG. La subordinazione della polizia giudiziaria all’autorità giudiziaria è limitata alle funzioni di indagine. Le sezioni si pongono in un rapporto di subordinazione nei confronti del procuratore della Repubblica che dirige l’ufficio presso cui sono istituite. E’ fatto divieto di distogliere gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria dalla loro attività se non per disposizione del procuratore dal quale dipendono. Nei confronti dei servizi, non è prevista alcuna dipendenza, ne funzione di autorizzazione; è attribuito al procuratore della repubblica presso il tribunale soltanto un potere di sorveglianza e controllo sull’efficienza di tali servizi, e cioè sul modo di svolgimento dell’attività di polizia giudiziaria. L’IMPUTATO E LA PERSONA SOTTOPOSTA AD INDAGINI Nel sistema accusatorio vigente, per ragioni di carattere sistematico, si è fissato uno spartiacque tra la fase delle indagini preliminari (il procedimento) e quella successiva dell’esercizio dell’azione penale (ossia il processo). Proprio in virtù di questa impostazione si attribuisce al soggetto passivo una differente denominazione a seconda che ci si riferisca alla fase pre–processuale o alla fase processuale: utilizzeremo l’espressione < indagato > per riferirci alla situazione in cui versa il soggetto nel corso delle indagini preliminari e fino al momento dell’esercizio dell’azione penale, momento a partire dal quale il medesimo acquisirà la qualifica di < imputato >. Con specifico riferimento alla qualità di imputato, essa si acquista nel momento della formulazione dell’imputazione da parte del pubblico ministero e cioè con l'esercizio dell'azione penale. L’art. 60 elenca gli atti tipici dal quale si assume la qualità di imputato (richiesta di rinvio a giudizio, decreto penale di condanna…quando vi è un incontro di volontà tra le parti si fa riferimento all'applicazione della pena ecc. ). la soluzione adottata è apprezzata per la linearità ma ha anche degli effetti negativi per l'imputato in quanto situa l'assunzione della relativa qualifica in uno stadio del procedimento spesso molto inoltrato. Infatti l'averla fatta collimare con l'inizio del processo determina la conseguenza che le indagini anteriori potrebbero chiudersi con un provvedimento di archiviazione intervenuto dopo che è stata applicata la custodia cautelare in carcere. La qualità si conserva durante tutto l’arco del processo, in ogni fase e grado e si perde quando una sentenza o provvedimento ad essa assimilabile lo stabilisce. Si parla di sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione, sentenza di proscioglimento o anche di condanna irrevocabile, decreto penale esecutivo, ordinanza di inammissibilità dell'impugnazione e le sentenze che dichiarano difetto di giurisdizione o competenza. Per contro sempre secondo l’art. 60 la qualità di imputato si può riacquistare nel caso di revoca della sentenza di non luogo a procedere o emissione del decreto di citazione a dibattimento per il giudizio di revisione essendo la relativa richiesta apparsa inammissibile o manifestamente infondata. Alla persona sottoposta alle indagini preliminari sono estese tutte le garanzie e i diritti attribuiti a chi ha assunto la qualità d’imputato. Più precisamente, taluno diviene persona sottoposta alle indagini a seguito, anzitutto, del ricevimento di una notizia qualificata di reato contenente un’incolpazione nei confronti di un soggetto determinato. Se si tratta di notizie inqualificate, la persona può dirsi sottoposta alle indagini a seguito di una valutazione di erroneamente dichiarato Le dichiarazioni rese dall’imputato In base all’art. 62, le dichiarazioni rese nel corso del procedimento dall’imputato (e dalla persona sottoposta alle indagini )non possono formare oggetto di testimonianza. In merito operiamo alcune precisazioni: in primo luogo, la norma investe non solo le dichiarazioni sollecitate, ma anche quelle rilasciate dal soggetto di propria iniziativa; secondo poi, essa vale nei confronti di coloro a carico dei quali emergano indizi di reità (colpevolezza) e di coloro che, fin dall’inizio dovevano essere sentiti in qualità di imputati o indagati; in terzo luogo, sono coperte dalla disposizione in esame, le dichiarazioni rese nel contesto del procedimento (mentre sono escluse le dichiarazioni rilasciate prima dell’avvio del procedimento o al di fuori di esso) all’autorità giudiziaria, alla polizia giudiziaria e ad altre persone abilitate a riceverle (ad esempio, il perito); infine, è inibito(vietato in modo tassativo) l’ingresso alla testimonianza di chi riferisca, anche avendolo appreso da altri, il contenuto delle dichiarazioni dell’imputato o dei soggetti a lui assimilati. L'inosservanza del divieto posto dall'art 62 non è priva di sanzioni. Infatti acquisita illegittimamente la testimonianza risulterà inutilizzabile. Si parla del principio garantista del “nemo tenetur se detegere” (in forza del quale nessuno può essere obbligato ad affermare la propria responsabilità penale) – che trova svolgimento nell’art . 63 in materia di “dichiarazioni indizianti”(che costituiscono un'anticipazione della garanzia del diritto al silenzio operante in sede di interrogatorio). Qualora, infatti, davanti all’autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria una persona non imputata o non sottoposta alle indagini rende dichiarazioni dalle quali emergono indizi di reità a suo carico, gravano sull’autorità procedente tre distinti obblighi: (1) interrompere immediatamente l’esame; (2) avvertire la persona che a seguito di tali dichiarazioni potrebbero essere eseguite indagini nei suoi confronti; (3) invitarla a nominare un difensore. Le dichiarazioni rese dalla persona autoindiziatasi prima dell’avvertimento non potranno essere utilizzate nei suoi confronti, ma sono utilizzabili nei confronti di terzi; tuttavia, nel caso in cui la persona avrebbe dovuto essere sentita fin dall’inizio in qualità di imputato o persona sottoposta alle indagini, le sue dichiarazioni non possono essere in alcun modo utilizzate, né nei suoi riguardi né nei confronti di terze persone. L’interrogatorio il sistema distingue in maniera netta l'esame dell'imputato dall'interrogatorio dell'indagato e imputato. Quest'ultimo è disciplinato dagli art. 64 e 65. nella fase di indagini preliminari il PM procede all'interrogatorio del sottoposto a misura cautelare personale, o dell'arrestato o del fermato anche tramite delega al PG, o infine di chi si trova a piede libero mediante invito a presentarsi che se non si presenta può essere soggetto ad accompagnamento coattivo se il giudice lo ha autorizzato. Il titolare delle indagini è libero di scegliere il momento in cui assumere l'atto salvo che si tratti di una persona sottoposta a custodia cautelare e non già ad arresto in flagranza o a fermo indiziario, perchè l'interrogatorio del giudice deve precedere quello del pm. Deve essere sentito immediatamente e comunque non oltre 5giorni in caso di custodia cautelare in carcere; e non oltre 10 giorni in cado di altre misure cautelari. A meno che nella richiesta di misura cautelare il pm non abbia chiesto l'interrogatorio del giudice entro 48h. Il titolare dell'accusa è anche libero di non procedervi durante il corso delle indagini preliminari, ma l'art 415 bis obbliga il pm che non intende archiviare il caso, a notificare prima della scadenza del termine delle indagini preliminari, un avviso di conclusione delle stesse indirizzato all'indagato e al suo difensore. Tale avviso contiene l'invito l'avvertimento che l'indagato ha la facoltà entro 20g di presentarsi per rilasciare dichiarazioni o chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio e il pm è obbligato a procedervi pena la nullità della richiesta di rinvio a giudizio o del decreto di citazione a giudizio del pm. Dal punto di vista funzionale l'interrogatorio del pm ha un carattere investigativo perchè è finalizzato a ciò che permette l'esercizio dell'azione penale. ,entre quello del giudice ha un significato di controllo e di garanzia. Come si svolge? Innanzitutto il difensore ha diritto in tempi brevi ad essere avvisato del compimento dell'atto così da potervi assistere e talora la sua presenza è una condizione di validità dell'atto o del segmento processuale (udienza di convalida, udienza preliminare). Quanto alla difesa personale l'interrogatorio deve consentire la partecipazione libera e cosciente da parte del soggetto. Il comma 1 stabilisce che la persona assoggettata al regime di custodia cautelare o detenuta per altra causa deve intervenire libera all'interrogatorio salvo ciò che serve per evitare il pericolo di fuga o violenze. Si partecipa di fronte all'autorità giudiziaria con l'autorizzazione ad allontanarsi dal luogo dell'arresto o detenzione per il tempo strettamente necessario. Il comma 2 stabilisce il principio per cui nel corso dell'interrogatorio NON possono essere impiegati anche con il consenso della persona interrogata, metodi o tecniche idonee ad influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare le capacità mnemoniche. Quindi è vietato ogni condizionamento psicologico. Il 3 comma art 64 è il nucleo essenziale del diritto al silenzio di chi è sottoposto ad interrogatorio. prima che inizi l’interrogatorio l’organo procedente ha l’obbligo di rivolgere alla persona sottoposta all’interrogatorio un triplice avviso: - le dichiarazioni rese potranno sempre essere usate contro di lui; - ha facoltà di non rispondere, ma in ogni caso il procedimento seguirà il suo corso. - se renderà dichiarazioni su fatti che concernono la responsabilità di altri, in ordine a tali fatti, assumerà l’ufficio di testimone. L’omissione dei primi due avvertimenti comporta l’inutilizzabilità assoluta delle dichiarazioni rese, mentre l’omissione dell’ultimo avvertimento rende inutilizzabili le dichiarazioni nei confronti della persona accusata (inutilizzabilità relativa). Inoltre per evitare che le dichiarazioni rese da una persona contro se stessa siano utilizzate aggirando la formula dell’interrogatorio, si fa riferimento agli art. 62 e 63 (vedi sopra). Una volta che il soggetto abbia dichiarato di voler rispondere, entrano in gioco le prescrizioni dettate dall’art. 65 per l’interrogatorio nel merito, per cui: l’autorità giudiziaria deve contestare alla persona sottoposta alle indagini in forma chiara e precisa il fatto che le è attribuito, deve renderle noti gli elementi di prova a suo carico e comunicargli le fonti se non ne deriva pregiudizio per le indagini; in seguito, invita la persona ad esporre quanto ritiene utile per discolparsi (qui emerge chiaramente la funzione dell’interrogatorio quale strumento di difesa) e le pone direttamente le domande. Se la persona rifiuta di rispondere ne è fatta menzione nel verbale. Come si menzionano quando occorre, connotati fisici e segni particolari della persona. n.b: quando si procede a restrizioni della libertà personale l'informazione della facoltà di non rispondere è contestuale alle stesse. E inoltre gli ufficiali o agenti di pg nel momento in cui eseguono l'ordinanza di custodia cautelare devono consegnare all'interessato una comunicazione scritta redatta in forma chiara e precisa, e per l'imputato che non conosce la lingua italiana essa deve essere tradotta in una lingua a lui comprensibile. Nella comunicazione lo si informa della facoltà di non rispondere. Il giudice poi in sede di interrogatorio verificherà che gli sia stata data la comunicazione o che sia stato informato oralmente. LA PARTE CIVILE Tra le parti c.d. eventuali, potendo il processo svolgersi a prescindere dalla loro presenza, va collocata in primo piano la parte civile, il cui intervento è finalizzato a ottenere le restituzioni o il risarcimento del danno (patrimoniale e non patrimoniale) cagionato dal reato oggetto di accertamento in sede penale. Legittimati all’esercizio dell’azione civile (nel processo penale) sono il soggetto che sia stato direttamente danneggiato dal reato (che mira alle opportune restituzioni o al risarcimento del danno sofferto), nonché i suoi successori universali, che possono costituirsi parte civile anche a mezzo di procuratore speciale. Una volta costituitosi, a meno di un’eventuale esclusione o di un suo esodo volontario, il danneggiato partecipa al processo in tutti i suoi gradi, compreso l’eventuale giudizio di rinvio, senza dover assumere ulteriori iniziative. Qualora la capacità processuale del danneggiato sia carente, questo deve essere rappresentato (es. minore non emancipato), assistito (es. minore emancipato o inabilitato) o autorizzato (es. interdetto, rispetto al quale è necessaria la preventiva autorizzazione del giudice). Inoltre sono previsti due correttivi nel caso in cui: - quando manchi la persona cui spetterebbe la rappresentanza o l’assistenza e ricorrano ragioni d’urgenza, oppure quando sussista un conflitto di interessi tra l’incapace e il suo legale rappresentante -> è prevista la nomina di un curatore speciale, - Secondariamente, ma solo in caso di assoluta urgenza, viene consentito che il PM eserciti l’azione civile nell’interesse del minore o dell’infermo di mente, finché non subentri il legale rappresentante o il curatore speciale. La parte civile può stare in giudizio solo per il tramite di difensore munito di procura speciale e ai fini della regolare costituzione occorre che unitamente alla procura venga depositata nella cancelleria del giudice procedente o sia presentata in udienza, una dichiarazione contente, a pena di inammissibilità: (a) le generalità della persona fisica o la denominazione dell’ente che si costituisce parte civile, nonché del suo legale rappresentante; (b) le generalità dell’imputato; (c) il nome ed il cognome del difensore; (d) l’esposizione delle ragioni che giustificano la domanda; (e) la sottoscrizione del difensore. Il termine iniziale (art 79) previsto per la costituzione di parte civile è l’udienza preliminare (in verità, non soltanto nell’ambito di tale udienza, ma anche precedentemente alla stessa, purché il pubblico ministero abbia già esercitato l’azione penale attraverso art. 416 rinvio a giudizio, richiesta di giudizio immediato, presentazione dell’imputato in udienza, giudizio per direttissima), mentre il termine finale (art 79), stabilito a pena di decadenza, è quello che coincide con l’effettuazione da parte del giudice del dibattimento di primo grado, degli accertamenti relativi alla regolare costituzione delle parti. Per cui fatta salva l’ipotesi di nuove contestazioni, una volta iniziata la trattazione delle questioni preliminari risulta preclusa la costituzione della parte civile. Qualora la mancata costituzione sia imputabile a caso fortuito o a forza maggiore non è consentito invocare la restituzione in termini, essendo questo istituto riservato a coloro che già posseggono la qualità di parte. Inoltre si può aggiungere che se avviene costituzione in extremis, ossia dopo la scadenza del termine perentorio(che non ammette dilazione) art 468 -> [Le parti che intendono chiedere l'esame di testimoni, periti o consulenti tecnici nonché delle persone indicate nell'articolo 210 devono, a pena di inammissibilità, depositare in cancelleria, almeno sette giorni prima della data fissata per il dibattimento la lista con la indicazione delle circostanze su cui deve vertere l'esame] la parte NON può più avvalersi della facoltà di presentare liste di testimoni, perito o consulenti tecnici. sia stata costituzione di parte civile o il PM abbia agito come supplente della parte civile (vedi sopra). L’intervento volontario deve avvenire entro l’effettuazione degli accertamenti di costituzione delle parti nel dibattimento di primo grado. La parte civile può essere esclusa su richiesta di parte o di ufficio: .Nel primo caso, legittimati a chiedere l’esclusione sono l’imputato, la parte civile, il PM e lo stesso responsabile civile, il quale ultimo può chiedere quindi la propria esclusione, oltre che per ragioni attinenti alla legittimazione, anche qualora gli elementi di prova raccolti prima della citazione possano recare pregiudizio alla sua difesa. La richiesta motivata di esclusione, sulla quale decide il giudice con ordinanza, deve essere proposta non oltre gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti nell’udienza preliminare o nel dibattimento, a pena di decadenza. Occorre aggiungere che se l’esclusione del responsabile civile deliberata su richiesta della parte civile, VIENE MENO per il soggetto danneggiato dal reato la possibilità di esercitare l’azione riparatoria in sede propria. .Nel secondo caso, l’esclusione è disposta, con ordinanza non impugnabile, sia qualora venga accertata la mancanza dei requisiti per la citazione o per l’intervento del responsabile, sia qualora venga accolta dal giudice la richiesta di giudizio abbreviato. IL CIVILMENTE OBBLIGATO PER LA PENA PECUNIARIA E L’ENTE RESPONSABILE PER L’ILLECITO AMMINISTRATIVO DIPENDENTE DA REATO Una persona (fisica o giuridica) può essere assoggettata, in via sussidiaria ed eventuale, ad un’obbligazione civile pecuniaria pari all’importo della multa o dell’ammenda inflitta al condannato, qualora quest’ultimo risulti insolvibile. La persona civilmente obbligata può essere citata, per l’udienza preliminare o per il giudizio, su richiesta del PM o dell’imputato. Per quanto riguarda la citazione, la costituzione e l’esclusione della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria, si rinvia alla normativa prevista per il responsabile civile. Il d. lgs. n. 231/2001 prevede l’irrogazione di sanzioni amministrative a carico degli enti forniti di personalità giuridica, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, qualora vengano accertati reati commessi nel loro interesse o a loro vantaggio da parte di persone che rivestano funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente, nonché di persone che ne esercitino la gestione e il controllo, ed infine di persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza dei soggetti precedentemente menzionati. Se intende partecipare al procedimento penale con il proprio rappresentante legale, l’ente deve costituirsi depositando in cancelleria una dichiarazione contenente, a pena di inammissibilità, oltre alla denominazione e alle generalità del legale rappresentante, il nome del difensore, la sua sottoscrizione e la dichiarazione o l’elezione di domicilio. Ma si tratta di una partecipazione solo eventuale. LA PERSONA OFFESA DAL REATO La persona offesa dal reato altro non è che il titolare dell’interesse protetto dalla norma penale che si assume violata, in breve, la vittima del reato, cui non è attribuita la qualità di parte, bensì quella di soggetto: ciò, tuttavia, non sminuisce l’importanza del suo ruolo. Infatti, questa pur non essendo titolare di un’autonoma pretesa giuridica – poiché la pretesa punitiva fa capo esclusivamente al pubblico ministero – è comunque portatore di un interesse alla punizione del colpevole (autore dell’offesa) ed è per questo che il legislatore gli attribuisce una serie di diritti e facoltà. (che si badi bene sono distinti da quelli che potrebbero essere attribuiti allo stesso soggetto nella sua ulteriore ed eventuale qualità di soggetto danneggiato dal reato: infatti, mentre il danneggiato per poter esercitare in sede penale diritti e facoltà riconosciutegli dalla legge, deve necessariamente costituirsi parte civile, la vittima del reato può provvedervi anche prima che il processo abbia inizio e cioè anche nella fase delle indagini preliminari, senza però mai costituirsi come parte). La persona offesa va reputata come il titolare di uno degli interessi protetti ovvero il titolare di una particolare situazione rispetto all’unico bene tutelato. La persona offesa non va confusa con quella danneggiata dal reato, la quale ha sofferto un danno patrimoniale o morale e quindi ha diritto al risarcimento costituendosi parte civile. Normalmente le due figure coincidono ma possono anche essere persone diverse. Per quanto i diritti e le facoltà della persona offesa, l’art. 90 afferma che l’offeso dal reato è legittimato, in via generale, a presentare memorie al pubblico ministero (es. per prospettare una diversa ricostruzione del fatto criminoso) o al giudice procedente(es. per eccepire una nullità) e a indicare elementi di prova, in ogni stato e grado del processo, escluso il giudizio davanti alla corte di cassazione. Sotto il profilo della capacità processuale si prevede che qualora la persona offesa sia minore degli anni quattordici o interdetto per infermità di mente, debba essere rappresentato dai genitori o dal tutore, mentre trattandosi di soggetto ultraquattordicenne o inabilitato, la legittimazione a esercitare i diritti e le facoltà riconosciuti alla persona offesa spetta tanto al diretto interessato quanto ai genitori, al tutore, al curatore. La persona offesa può, ma non è un obbligo, nominare un difensore, il quale è legittimato a svolgere anche attività di investigazione difensiva. Nel caso in cui la persona offesa sia deceduta in conseguenza del reato, i diritti e le facoltà a questa riservati dalla legge sono attribuiti ai suoi prossimi congiunti (il decreto lgs 212 del 2005 sulle “norme in materia di diritti a seguito della morte del soggetto in conseguenza al reato, assistenza e protezione delle vittime”, ha allagato la sfera delle persone cui spettano diritti e facoltà e ha aggiunto oltre ai prossimi congiunti anche le persone che oltre ad essere legate da relazione affettiva, convivano stabilmente con il medesimo). Mentre nell’ipotesi in cui il decesso si sia verificato ma non sia in alcun modo correlato al reato di cui la persona offesa sia stata vittima, i prossimi congiunti potranno entrare nel processo penale solo attraverso la costituzione di parte civile. Il decreto 212 del 2005 oltre a modificare l’art. 90 ha introdotto gli art 90 bie e 90 ter. Con l’art. 90 bis il legislatore adeguandosi a direttive comunitarie, afferma che la persona offesa deve essere informata in una lingua a lei comprensibile e sin dal primo contatto con l’autorità procedente su una serie di informazioni di profili sulla vicenda processuale (modalità di presentazione degli atti, il ruolo che la persona offesa assume nel corso delle indagini e del processo, conoscenza della data e del luogo del processo, facoltà di essere informata della richiesta di’archiviazione…..). L’art. 90 ter è stato creato per informare la persona offesa che l’imputato, il condannato o l’internato non è più in vinculis: o perché c’è stata scarcerazione o cessazione della misura di sicurezza, o perché si è sottratto volontariamente all’esecuzione della misura di sicurezza, o in seguito all’evasione dell’imputato in stato di custodia cautelare. In questi casi affinché si proceda alla comunicazione in esame devono sussistere 3 condizioni: - il processo penale deve riguardare o avere riguardato un delitto commesso con violenza alla persona - la persona offesa abbia richiesto di essere informata - si deve escludere che dalla comunicazione alla persona offesa derivi un pericolo concreto di danno per l’imputato, condannato o internato (un danno ricollegabile ad eventuali condotte di carattere ritorsivo). Un dato importante è che la comunicazione delle informazioni elencate dall’art. 90 bis non sono previste a pena di nullità, per cui dalla loro eventuale omissione deriva solo una semplice irregolarità. Gli enti e le associazioni rappresentativi di interessi lesi dal reato Esistono reati che violano interessi collettivi o diffusi, per cui il nostro legislatore attribuisce agli enti (c.d. esponenziali) e alle associazioni non aventi scopo di lucro e alle quali siano riconosciute finalità di tutela di interessi lesi dal reato il potere di esercitare, in ogni stato e grado del procedimento, i medesimi diritti e le medesime facoltà attribuite alla persona offesa dal reato. Gli enti esponenziali possono essere considerate le associazioni per la tutela dell’ambiente e dell’ecologia o tutela di particolare categoria… Qualora tali enti risultino direttamente danneggiati dal reato, essi possono inserire la loro pretesa civilistica all’interno del processo penale mediante la costituzione di parte civile; al contrario, in mancanza di tale presupposto l’ente collettivo può partecipare al processo in veste di accusatore privato al fianco della persona offesa disposta ad accettare il suo intervento. Rispetto alla persona offesa, gli enti esponenziali versano in una posizione di subordinazione, essendo il loro interesse più generico rispetto a quello dell’offeso dal reato. Come la persona offesa, anche gli enti esponenziali possono attivarsi e intervenire nel procedimento, restando però soggetti, senza mai divenire parti, stimolando in veste di accusatori privati l’azione punitiva la cui titolarità spetta al pubblico ministero; ma affinché questo ruolo possa concretamente essere svolto, è necessario il consenso della persona offesa. Inoltre la permanenza dell’ente nel procedimento viene meno se la persona offesa revoca il proprio consenso. Si prevede difatti che il difensore dell’ente o dell’associazione debba presentare un atto d’intervento, da notificare alle altre parti (che possono presentare opposizione entro i successivi 3 giorni) e che, contestualmente, sia presentata la dichiarazione di consenso della persona offesa (prestata con atto pubblico o scrittura privata autenticata). L’intervento deve avvenire, a pena di decadenza, entro la fase dibattimentale dedicata alla verifica della regolare costituzione delle parti, a partire dalla fase investigativa; dopo l’intervento può verificarsi l’estromissione dell’ente, che può essere disposta ex officio ovvero su opposizione di parte. Il querelante Per una serie di reati espressamente indicati dal legislatore è previsto che l’esercizio dell’azione penale da parte del PM sia subordinato ad una esplicita voluntas persecutionis, che la persona offesa, o in sua vece altri soggetti, è tenuta ad esprimere attraverso la querela. La querela deve essere presentata entro 3 mesi dal giorno della notizia del fatto che costituisce il reato (termini raddoppiati per alcuni tipi di reato es. delitti di violenza sessuale…); tuttavia, qualora si debba procedere alla nomina di un curatore speciale tenuto a valutare l’opportunità di presentare querela, il termine decorre dal giorno in cui gli è notificato il decreto di nomina. Occorre poi che non vi sia stata rinuncia alla querela, la quale può essere espressa o tacita, desumibile da fatti incompatibili con la volontà di una posteriore iniziativa persecutoria. Altra peculiarità è rappresentata dalla regola della indivisibilità della querela, secondo la quale il reato commesso in danno di più soggetti è perseguibile anche quando la querela sia presentata da una sola delle persone offese e, reciprocamente, che, nel caso di concorso di persone nel reato, la querela contro una di esse si estende di diritto anche agli altri concorrenti. Il diritto di querela si estingue in seguito alla morte della persona offesa che non lo abbia ancora esercitato, mentre, in caso contrario, la morte è irrilevante ai fini dell’estinzione del reato. Se si verifica remissione della querela (art 155)(ossia la dichiarazione con cui si revoca la querela precedentemente presentata) il reato si estingue, sempre che il querelato non l’abbia espressamente o tacitamente ricusata. Se la querela è stata proposta da più persone, affinché si produca l’effetto estintivo, è necessaria la remissione di tutti i querelanti. Sa invece tra più persone offese una sola ha presentato querela, la sua remissione non pregiudica il diritto di querela degli altri soggetti legittimati. La remissione può essere espressa o tacita. IL DIFENSORE Circa l’inserimento nell’elenco, su richiesta dell’interessato, delibera il consiglio dell’ordine, il quale valuta una serie di requisiti in capo all’interessato: - l’esistenza di una esperienza professionale “specifica” (dovendosi a tal fine distinguere tra processi civili, penali, amministrativi, contabili, tributari ad affari di volontaria giurisdizione). - l’iscrizione all’albo degli avvocati da almeno 2 anni. In precedenza si era obbligati a scegliere un difensore presso uno dei consigli dell’ordine del distretto di corte d’appello in cui aveva sede il giudice procedente. Attualmente invece è possibile anche la nomina di un difensore extra districtum, ma in tal caso non sono dovute le spese e le indennità di trasferta previste dalla tariffa professionale. L’elenco dei nominativi è attualmente messo a disposizione degli utenti presso tutti gli uffici giudiziari situati nel territorio della provincia. Attualmente, la soglia che consente di usufruire di tale patrocinio è fissata in 11.528,41 €, soglia da aggiornare ogni due anni in base alle variazioni dell’indice ISTAT. L’ultimo aggiornamento risale a maggio 2015. Se l’interessato convive con il coniuge o altri familiari, l’importo viene innalzato di un tot (1032) per ogni convinvente. L’art. 76 inoltre stabilisce che nel caso in cui la persona offesa abbia subito uno del reati agli art. 572 (maltrattamenti contro familiari e conviventi), 609 bis (violenza sessuale), 612 bis cp (stalking) e altri, e anche nel caso in cui siano commessi a danno dei minori (art 600 mantenimento in schiavitù, 600 bis prostituzione…) si può usufruire del patrocinio statale anche se il reddito supera la soglia fissata dal legislatore. Per i soggetti già condannati con sentenza definitiva per taluni dei delitti elencati (associazione a delinquere di stampo mafioso, associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti..) il reddito si ritiene superiore ai limiti previsti. (art 76.4 bis). Ci si è poi preoccupati del rischio che vengano ammessi al patrocinio soggetti i quali in realtà non versino nella situazione di non abbienza: in questo caso, l’istanza di ammissione va respinta qualora il tenore di vita, le condizioni personali e familiari del richiedente nonché le attività economiche da lui eventualmente svolte, offrano al giudice fondati motivi per ritenere che il reddito da prendere in considerazione superi il tetto stabilito dalla legge. Il difensore del soggetto ammesso al patrocinio può sia nominare un sostituto, sia un investigatore privato autorizzato, mentre il soggetto ammesso al patrocinio può anche nominare un consulente tecnico di parte. Nel caso in cui l’imputato o il condannato partecipino al procedimento penale a distanza, è ammessa la nomina di un secondo difensore limitatamente agli atti che si compiono a distanza; al di fuori di tale ipotesi, la nomina di un secondo difensore implica che gli effetti dell’ammissione al patrocinio vengono a cessare. Il difensore delle parti eventuali, della persona offesa e degli enti rappresentativi di interessi lesi dal reato art 100 La parte civile, il responsabile civile e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria devono stare in giudizio col ministero di un solo difensore, munito di procura speciale (ossia relativa al processo in corso) da presumere conferita solo per un determinato grado a meno che nell’atto non sia espressa una volontà diversa. La procura può essere apposta in calce o a margine dei vari atti attraverso i quali avviene l’ingresso della parte nel processo penale; al di fuori di tale ipotesi, la procura si può conferire con atto pubblico o scrittura privata autenticata. Il difensore può compiere e ricevere tutti gli atti del procedimento tranne quelli che la legge riserva espressamente al rappresentato, il cui domicilio si intende eletto presso il difensore. Inoltre, in assenza di una procura ad hoc, quest’ultimo non può compiere atti implicanti disposizioni del diritto in contesa. Tale normativa opera anche nei confronti degli enti rappresentativi degli interessi lesi dal reato, mentre lo stesso non vale per la persona offesa, rispetto al quale la nomina di un solo difensore è solo facoltativa. Il sostituto del difensore Il difensore, sia di fiducia che d’ufficio, può nominare un sostituto. Affinché sia efficace, la designazione deve essere portata a conoscenza dell’autorità procedente con le stesse forme indicate per la nomina del difensore dell’imputato. Quindi, spetta al difensore nominare il sostituto, fatta eccezione per le ipotesi in cui è previsto che alla designazione provveda il giudice oppure il PM o la polizia giudiziaria, ma solo nei casi di urgenza e previa adozione di un provvedimento motivato che indichi le ragioni dell’urgenza. Il difensore sussidiario esercita i diritti e assume i doveri del difensore impedito, tranne quelle situazioni soggettive processuali aventi come fonte una procura speciale conferita solo al difensore sostituito (es. la richiesta di patteggiamento). La nomina di un sostituto può essere dovuta anche a mere esigenze di organizzazione interna. Le garanzie di liberta’ del difensore Il diritto di difesa necessita, a vantaggio del difensore, di precisi limiti ai poteri investigativi degli organi inquirenti. L’art. 103 con una serie di previsioni si fa carico del problema mediante la “previsione di garanzie per la libertà del difensore in ogni stato e grado del procedimento”. Per quanto riguarda le ispezioni e le perquisizioni, se effettuate negli uffici dei difensori, sono consentite in sole 2 ipotesi: - quando il difensore o altre persone che svolgono stabilmente la loro attività nel suo ufficio sono imputati, o anche solo indagati; fermo restando che gli atti in questione devono essere esclusivamente finalizzati all'accertamento del reato attribuito a tali soggetti. - quando si tratta di rilevare tracce o altri effetti materiali del reato, a prescindere ovvero di ricercare cose o persone specificamente predeterminate, a prescindere da chi sia l’imputato. Questo primo nucleo di garanzie è completato dalla previsione che delimita in negativo il materiale sequestrabile presso i difensori, gli investigatori privati autorizzati, i consulenti tecnici, salvaguardando le carte e i documenti relativi all’oggetto della difesa, sottoponibili a sequestro solo quando costituiscano corpo di reato.e vale sia nell'ambito dello stesso procedimento in cui si svolge l'attività difensiva, sia in relazione ad attività difensiva di un diverso procedimento. Vanno poi evidenziate talune regole di carattere procedurale sempre in merito alle perquisizioni, ai sequestri e alle ispezioni negli uffici dei difensori. Innanzitutto, va ricordato l’ avviso , che a pena di nullità l’autorità giudiziaria deve comunicare al consiglio dell’ordine locale per consentire al presidente o ad un suo delegato di presenziare alle operazioni; nel qual caso, su richiesta dell’intervenuto, deve essergli consegnata copia del provvedimento. I soggetti legittimati a procedere che possono agire in prima persona sono : - il giudice - il PM, durante le indagini preliminari (solo a seguito di un decreto motivato del giudice). Quindi NO DELEGA A PG. Inoltre la corrispondenza e le conversazioni del difensore sono oggetto di regole dirette ad immunizzarle da intrusioni. Per ciò che riguarda la corrispondenza tra imputato anche detenuto e difensore vale il divieto di sequestro o di ogni altra forma di controllo, sempre che da un lato la corrispondenza sia riconoscibile grazie alle indicazioni apposte sulla busta e sempre che l'autorità giudiziaria non abbia fondato motivo di ritenere che si tratti di corpo del reato. È altresì vietata l’intercettazione delle conversazioni e delle comunicazioni che difensori, investigatori privati autorizzati, consulenti tecnici e loro ausiliari effettuino tra di loro, al pari di quelle tra gli stessi e i loro assistiti. Nel caso di inosservanza di tali disposizioni, i risultati delle operazioni compiute non possono essere utilizzati. Il colloquio del difensore con l’imputato privato della libertà personale la previgente disciplina prevedeva che l'imputato potesse conferire col difensore solo dopo la conclusione degli interrogatori. Adesso invece All’imputato è riconosciuto il diritto di conferire immediatamente col proprio difensore, o comunque non oltre 7 gg. dal momento in cui è stato eseguito il provvedimento limitativo della libertà personale. Il difensore deve essere immediatamente avvisato dell’esecuzione della misura restrittiva e deve poter accedere al luogo in cui la persona fermata, arrestata o sottoposta a custodia cautelare si trova detenuta. Nel caso in cui gli indagati in vinculis (o perché arrestati in flagranza di reato o fermati) non conoscano la lingua italiana hanno diritto all’assistenza gratuita di un interprete per essere posti in grado di conferire proficuamente con il proprio difensore. In presenza di specifiche ed eccezionali ragioni di cautela, il colloquio può essere dilazionato per un termine non superiore ai 5 gg. In tal caso occorre distinguere l’ipotesi in cui la privazione della libertà sia : - l’effetto di un’ordinanza cautelare -> la decisione sul differimento del colloquio spetta al gip, che deve provvedere con decreto motivato su richiesta del PM; - consegua ad una misura pre-cautelare -> provvede direttamente il PM, che può dilazionare il colloquio fino al momento in cui l’arrestato o il fermato è posto a disposizione del giudice. Sola la presenza di specifiche ed eccezionali ragioni di cautela può comportare la deviazione dalla regola generale secondo cui il diritto al colloquio dell'imputato in vinculis deve essere immediato. Tale ragioni devono necessariamente essere esposte nel decreto, non impugnabile, emesso dal G.I.P. o dal P.M, viceversa si avrebbe una violazione del diritto di difesa che porterebbe ad una nullità (intermedia) suscettibile di estendersi agli atti successivi. L’abbandono della difesa e il rifiuto della difesa d’ufficio Con riferimento all’abbandono della difesa(d’ufficio o di fiducia) e al rifiuto dell’incarico da parte del difensore d’ufficio(compreso il sostituito) si dispone che il relativo procedimento disciplinare sia di competenza esclusiva del consiglio d’ordine forense. Qualora il consiglio ritenga giustificato il comportamento del difensore (abbandono o rifiuto motivati dalla violazione dei diritti alla difesa), non applica la sanzione disciplinare, neppure in presenza di una sentenza irrevocabile che escluda la violazione dei diritti di difesa. L’autorità giudiziaria, invece, è tenuta a comunicare al consiglio dell’ordine sia i casi di abbandono e di rifiuto della difesa d’ufficio, sia i comportamenti integranti violazioni dei doveri di lealtà e probità, sia la violazione del disposto art. 106.4 bis concernente il divieto, per uno stesso difensore, di assumere la la difesa di più imputati che abbiano reso dichiarazioni accusatorie concernenti la responsabilità di altro imputato nel medesimo procedimento o in procedimento connesso o collegato. A seguito dell’abbandono della difesa da parte del difensore di fiducia si determina una stasi processuale, finché non si procede alla nomina di un nuovo difensore di fiducia, ovvero, in mancanza, di uno d’ufficio. Invece l’abbandono della difesa delle altre parti private, della persona offesa e degli enti o associazioni non ostacola la prosecuzione del procedimento, in quanto tali soggetti, ove non provvedano ad una nuova nomina, perdono la possibilità di essere attivi in sede processuale. Incompatibilità, non accettazione, rinuncia e revoca del difensore di fiducia Il codice di rito ammette che un difensore possa assistere una pluralità d’imputati, purché le Fino a cinque giorni prima dell’udienza gli interessati possono presentare memorie presso la cancelleria del giudice. Appena compiuti gli atti introduttivi e, quindi, accertata la regolare costituzione delle parti, la relazione orale della causa è svolta da una dei componenti il collegio. Il pubblico ministero, gli altri destinatari dell’avviso e i difensori sono sentiti, a pena di nullità, se compaiono (quindi il giudice in tal caso ha l’obbligo di ascoltarli): da ciò si ricava che non è prevista la partecipazione necessaria di questi, ad eccezione delle ipotesi in cui sia la legge a prevederlo. Qualora l’interessato che ne ha fatto richiesta(di partecipare) sia detenuto o internato in un luogo fuori della circoscrizione, deve essere sentito prima del giorno dell’udienza dal magistrato di sorveglianza del luogo; mentre nel caso in cui sussista legittimo impedimento dell’imputato che abbia chiesto di essere sentito personalmente (e questi non sia detenuto o internato), il giudice dovrà rinviare l’udienza preventivamente fissata. Il provvedimento finale ha la forma in genere dell’ordinanza, che dovrà essere comunicata al pubblico ministero e notificata alle altre parti private, alle persone interessate e ai difensori, i quali potranno proporre ricorso per cassazione, il quale non sospende l’esecuzione dell’ordinanza, salvo che il giudice disponga diversamente con decreto motivato. L’immediata declaratoria di cause di non punibilità --- RIVEDERE PAG. 187 A 192 Allo scopo di rendere effettivo il principio di semplificazione e accelerazione massima del processo, il quale impone l’eliminazione di ogni atto o attività non essenziale, il giudice ha l’obbligo di arrestare lo svolgimento del processo e di far cadere la qualità di imputato, non appena maturi la possibilità di pronunciare una sentenza di proscioglimento. Viene in rilievo in tal senso il disposto dell’art. 129 del codice di rito, che disciplina la declaratoria immediata delle cause non punibilità e il quale dispone che in ogni stato e grado del processo, il giudice è tenuto a dichiarare con sentenza, immediatamente dopo il loro rilevamento, la sussistenza di cause di non punibilità, che si delineano quando: - il fatto non sussiste - l’imputato non lo ha commesso - il fatto non costituisce reato, - il reato è estinto (es. prescrizione) Alla sussistenza di una delle seguenti cause è poi equiparata la mancanza di una condizione di procedibilità. Poiché nella fase delle indagini preliminari non esiste un giudice che procedere, l’immediata declaratoria di cui all’art. 129 c.p.p. è destinata ad operare in ogni stato e grado del processo, e non già del procedimento. Quindi la norma riferendosi al processo, significa che opera quando l’azione penale è già stata esercitata. Prima di questa fase, quindi nelle indagini preliminari, se il pm dovesse riscontrare una delle circostanze art. 129, deve presentare richiesta di dell’archiviazione della notizia di reato, non potendo esercitare l’azione penale per difetto dei presupposti. Secondo quanto disposto dal 2° comma art 129, anche quando ricorra una causa di estinzione del reato (es. prescrizione, amnistia), ma dagli atti risulta evidente che il fatto non sussiste o che l’imputato non l’ha commesso o che il fatto non costituisce reato, l’imputato deve essere prosciolto nel merito con la formula a lui più favorevole, per cui il giudice pronuncerà sentenza di assoluzione. Mentre il primo comma svolge una funzione di economia processuale, imponendo la conclusione del processo in presenza di cause di proscioglimento, il secondo comma svolge una funzione di garanzia per l’imputato, imponendo di scegliere sempre la formula di proscioglimento più favorevole (quindi es. non viene prosciolto per amnistia ma perché es. il fatto non sussiste). Le regole generali in materia di termini La scansione temporale del procedimento è affidata dal legislatore all’esistenza di termini processuali entro i quali o dopo i quali possono prodursi determinati effetti o compiersi determinati atti. Possiamo distinguere: - termini dilatori –> fanno si che un determinato atto non possa compiersi o produrre effetti prima che il relativo termine sia decorso, determinando quindi un effetto inibitorio dell’attività processuale; (es. termine di comparizione art. 429.3). Se l’atto viene ugualmente compiuto risulterà affetto da nullità speciale o generale. - termini acceleratori –> stabiliscono un periodo di tempo entro il quale l’atto deve essere compiuto. A loro volta i termini acceleratori si distinguono in: (a) ordinatori (o comminatori), servono per regolare il processo, la cui violazione non comporta sanzioni, salvi restando eventuali riflessi disciplinari; (b) perentori (o finali), ossia tassativamente previsto dalla legge, quelli la cui scadenza comporta la perdita del potere di compiere l’atto al quale si riferiscono, oppure la cessazione degli effetti del medesimo. Di regola l’inosservanza di questi termini provoca la c.d. decadenza, salva restituzione del termine scaduto. I termini processuali sono stabiliti a ore, giorni, mesi o anni e computati secondo il calendario comune; la scadenza del termine in un giorno festivo comporta una proroga ex lege al giorno successivo: di regola, nel termine non si computa né l’ora e né il giorno iniziale. I termini stabiliti a pena di decadenza (perentori) nelle ipotesi tassativamente indicate dalla legge; non possono essere prorogati, a meno di espresse previsioni legislative di segno diverso (si pensi alla proroga dei termini delle indagini preliminari e della custodia cautelare). Può invece essere richiesta, dalla parte a favore della quale il termine è stabilito, l’abbreviazione del termine. Diversa dalla proroga(che presuppone un termine già in corso) è il prolungamento dei termini di comparizione, che scatta fin dal momento della fissazione del termine dilatorio ordinatorio, indipendentemente dal fatto che quest’ultimo sia o meno prorogabile, perché presuppone la non coincidenza tra il luogo di residenza o del domicilio eletto o dichiarato e il luogo dove è situato l’ufficio dell’autorità giudiziaria che procede. Il decorso dei termini resta sospeso nel periodo feriale, ossia nel periodo che va dal 1° agosto al 15 settembre di ogni anno: preordinato allo scopo di consentire alla classe forense di godere delle ferie estive. L’istituto si estende anche al procedimento di esecuzione e di sorveglianza, non tocca invece del tutto l’attività del giudice (infatti es. nel periodo feriale può essere depositata la motivazione di un provvedimento anche se il magistrato sia in ferie, ma il dies a quo per impugnarlo decorre dalla cessazione del periodo feriale). La restituzione nel termine (art 175) Essa costituisce un rimedio eccezionale rispetto a situazioni in cui un impedimento ha determinato l’estinzione di un potere, essendo decorso il termine perentorio stabilito per il suo esercizio. Legittimati a ottenere la restituzione nel termine sono non solo le parti, ma anche i difensori; mentre è da escludere che l’istituto possa essere invocato dal querelante, considerato che questo non è parte e la querela non rientra tra gli atti del procedimento, essendo atto anteriore al suo inizio. Presupposto indefettibile è che non si siano potuti osservare i termini, stabiliti dalla legge a pena di decadenza, per motivi di caso fortuito o forza maggiore. Il termine per proporre la richiesta di restituzione è di 10 giorni, che decorrono da quello nel quale è cessato il fatto costituente caso fortuito o forza maggiore. Un’ipotesi particolare è prevista dall’art. 175 comma 2, nel caso di restituzione del termine per l’poter proporre opposizione contro un decreto penale. L’art. 175 cpp prevede come condizione positiva per poter rimettere in termini il condannato con decreto, che questi non abbia avuto tempestiva conoscenza del provvedimento. E’ consentito al giudice, per accertare questa conoscenza, di svolgere ogni necessaria verifica. La condizione ostativa è la volontaria rinuncia all’opposizione, nonostante la conoscenza del provvedimento. La richiesta di restituzione del termine deve essere proposta entro 30 giorni dal momento in cui ha acquisito effettiva conoscenza del provvedimento. La restituzione non può essere concessa più di una volta per ciascuna parte in ciascun grado. Competente a pronunciarsi sulla richiesta di restituzione, per la fase anteriore all’esercizio dell’azione penale è il GIP; mentre esercitata l’azione, decide il giudice procedente oppure, se è stata pronunciata sentenza di condanna, il giudice che sarebbe competente sull’impugnazione o sull’opposizione a decreto penale. Se la richiesta è respinta può essere proposto ricorso per cassazione. L’invalidità degli atti A differenza del processo civile dove vige il principio della libertà delle forme, nel processo penale, nella maggior parte dei casi, gli atti sono a forma vincolata. In linea di principio la mancanza anche di un solo elemento della fattispecie non dovrebbe consentire la produzione dei relativi effetti; ma in realtà l’ordinamento non decreta l’invalidità in presenza di ogni difformità: in alcuni casi infatti si è in presenza di una mera irregolarità (si tratta di qualsiasi vizio formale dell’atto, non sanzionato dalla legge con la nullità, quindi che non invalida l’atto e non ne compromettE gli effetti. Al cui verificarsi di una irregolarità il giudice deve provvedere all’eliminazione dell’errore, facendo ricorso alla correzione degli errori materiali). Il legislatore si avvale del principio di conservazione degli atti imperfetti, per cui l’atto diviene così idoneo a produrre effetti, anche se questi assumono carattere precario, in attesa di trovare uno dei seguenti sbocchi: (a) sanatoria del vizio -> fenomeno che estingue il vizio, mediante le cause di sanatoria, che danno vita ad altra fattispecie equivalente negli effetti ma integrata di più fatti e consolidano ex tunc gli effetti dell'atto. (b) declaratoria di invalidità dell’atto, che dichiarata dal giudice, provoca l’eliminazione ex tunc degli effetti dell’atto. Sono correttamente ritenute specie di invalidità : - l’inesistenza [ricorre quando non sussistono nemmeno i presupposti minimi per inquadrare l’atto compiuto come un atto processuale: essa non solo è rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, ma anche oltre, in quanto la gravità del vizio è talmente grave, da impedire la formazione del giudicato; non è sanabile. (ad esempio la sentenza emessa da un soggetto che non è giudice, costituisce atto inesistente)] - l’inammissibilità [si tratta di un vizio che si determina quando gli atti di parte siano compiuti nonostante la scadenza del relativo termine, oppure quando si riscontrino vizi nella forma della domanda o l’omissione di taluni contenuti della stessa: è rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche d’ufficio] - l’inutilizzabilità [consiste nella inidoneità dell’atto ad essere usato probatoriamente. (si fa riferimento quindi agli atti probatori). L’art. 191 cpp dispone infatti che la prova acquisita in violazione dei divieti stabiliti dalla legge non possa essere utilizzata: può essere rilevata in ogni stato e grado del giudizio, anche d’ufficio. (es. la notizie assunte dagli ufficiali di polizia giudiziaria nei confronti della persona sottoposta alle indagini senza l’assistenza del difensore, sul luogo e nell’immediatezza del fatto sono inutilizzabili). Si tratta di una categoria invalidante codificata per la prima volta con il codice del 1988, su suggerimento della Corte Costituzionale, che aveva più volte segnalato il rischio connesso L’area delle nullità intermedie si ricava per sottrazione e vi si ricomprendono tutte le residue ipotesi di nullità di ordine generale contemplate dall’art. 178, ossia quelle derivanti dalla violazione delle disposizioni inerenti : - la partecipazione del pubblico ministero al procedimento che non riguarda l'esercizio dell'azione penale. Quindi sono nullità intermedie quelle che interessano la prosecuzione dell'azione. È nullità intermedia l'inosservanza delle disposizioni circa la modifica dell'imputazione nell'udienza preliminare o nel dibattimento o circa l'applicazione della pena richiesta. Oppure in ambito di conclusioni che gli competono in udienza preliminare o in primo o in secondo grado o in cassazione. - l’intervento (ossia l’ipotesi di diretta e personale partecipazione dell’imputato al procedimento), l’assistenza (ossia le attività svolte dal difensore per far valere i diritti e gli interessi dell’imputato) e la rappresentanza dell’imputato. - Intervento, assistenza,rappresentanza delle altre parti private ma sanzionate con regime più blando rispetto all'imputato. - citazione in giudizio della persona offesa e del querelante . Nullità relative (art. 181) Si caratterizzano per il fatto di essere destinate a sanzionare vizi di minore gravità (che si pongono al confine con l’area della mera irregolarità. Il contenuto della categoria delle nullità relative è ricavabile per esclusione: sono quelle non generali, oppure non definite come assolute da specifiche disposizioni di legge. In ogni caso previste da specifiche disposizioni normativa, nel rispetto del principio di tassatività. Ciò significa che le nullità relative sono speciali. La peculiarità delle nullità relative sta nel fatto che esse devono essere dichiarate dal giudice solo su eccezione della parte interessata. Per questo si differenziano dalle nullità assolute e intermedie che invece possono essere anche rilevate d’ufficio. L’eccezione di parte può essere proposta: - per le nullità riguardanti le indagini preliminari o l’incidente probatorio o gli atti dell’udienza preliminare -> prima che venga pronunciato il provvedimento conclusivo dell’udienza preliminare (ovvero, se manca l’udienza preliminare, entro il termine previsto per l’accertamento della regolare costituzione delle parti); - per le nullità che riguardano il decreto che dispone il giudizio o gli atti preliminari al dibattimento -> entro il termine previsto per l’accertamento della regolare costituzione delle parti in giudizio - le nullità relative verificatesi nel corso del giudizio ->devono essere eccepite tramite l’impugnazione della sentenza. Con la l. n°332/1995 sono state poi introdotte due fattispecie di nullità rilevabili anche d’ufficio, con specifico riferimento alla disciplina delle misure cautelari: - La prima nullità la troviamo nell’ art 274.1 lett. a -> quando viene adottata una misura cautelare per specifiche esigenze di indagine, nel caso in cui vi sia il pericolo concreto e attuale per l'acquisizione o la genuinità della prova, a pena di nullità queste esigenze devono essere indicate nel provvedimento. - La seconda nullità la troviamo nell’art. 292 comma 2 -> riguarda il contenuto dell’ordinanza che dispone la misura cautelare : è prevista la nullità della misura adottata quando nell’ordinanza che dispone la misura cautelare, non siano indicate le generalità dell’imputato, la descrizione sommaria del fatto e delle norme di legge che si assumono violate, l’esposizione delle specifiche esigenze cautelari e degli indizi che giustificano l’adozione della misura, data e sottoscrizione dell’atto. I termini per rilevare o eccepire le nullità sono stabiliti a pena di decadenza. Rilevabilità (attiene all’iniziativa del giudice, d’ufficio) Nullità assoluta -> in ogni stato e grado del procedimento Nullità intermedia -> non possono più essere rilevate o dedotte dopo la deliberazione della sentenza di primo grado. e se verificatesi nel corso del giudizio, dopo la deliberazione della sentenza del grado successivo. Nullità relativa -> non sono mai rilevabili d’ufficio. La deducibilità (attiene alle parti) Nullità assoluta -> senza limiti temporali. Nullità intermedia -> se precedente, fino alla deliberazione della sentenza di primo grado. Se verificatesi nel corso del giudizio, fino alla sentenza di grado successivo. Nullità relativa -> vari sbarramenti temporali (vedi sopra) -> il provvedimento conclusivo dell’udienza preliminare, gli atti introduttivo del dibattimento e l’impugnazione della sentenza. Ai sensi dell’art. 182, 1° comma, la deducibilità delle nullità relative e di quelle a regime intermedio (ma non di quelle assolute), trova un duplice limite soggettivo, non può essere dedotta o eccepita: (a) né da chi vi ha dato causa (o concorso a darvi causa) (b) né da chi non ha interesse all’osservanza della disposizione violata. Il 2 comma stabilisce poi che la nullità deve poi essere eccepita prima del compimento dell’atto oppure, se ciò non è possibile, immediatamente dopo. Questa disposizione fa si che la parte prevenga il verificarsi nella nullità, e che se la nullità si è già verificata, con la tempestiva deduzione si impedisce che il vizio si ripercuota sugli atti successivi. Si sono dovute però anche considerare le ipotesi in cui la parte non abbia assistito al compimento dell’atto, in tal caso il termine per dedurre la nullità coincide con quelli di sanatoria stabiliti per le nullità relative ed intermedie. Le sanatorie Per quanto riguarda la disciplina della sanatoria che, ispirata al principio della conservazione degli effetti precari prodotti dall’atto imperfetto, comporta l’estinzione del vizio, e s’incentra su due figure: (1) alla prima – definitiva correttamente come acquiescenza – si ascrivono la rinuncia espressa della parte interessata a eccepire la nullità e l’accettazione degli effetti dell’atto, ossia del suo risultato pratico; (2) alla seconda figura di sanatoria si riferiscono, invece, i casi si è giunti al raggiungimento dello scopo di tutti gli interessati. È escluso che la sanatoria possa operare nei confronti delle nullità assolute, che sono dichiarate espressamente insanabili, mentre è possibile per gli due tipi di nullità. La sanatoria prevista dall’art. 184 vede il caso della nullità di una citazione o di un avviso ovvero delle relative comunicazioni e notificazioni. Si ritiene sanata se l’atto ha cmq raggiunto i suoi effetti quindi se la parte interessata è comparsa (la comparizione deve essere personale e volontaria) o ha rinunciato a comparire. La norma si applica nei confronti del pm, delle parti private, nonché dei loro difensori. La parte che invece dichiari di essere comparsa solo per far rilevare l’irregolarità non impedisce il verificarsi della sanatoria, ma ha diritto a un termine a difesa non inferiore a 5 giorni. Quali sono le conseguenze e gli effetti della dichiarazione di nullità? Gli effetti della dichiarazione di nullità sono disciplinati dall’art. 185 cpp. Innanzitutto, la nullità di un atto rende invalidi gli atti consecutivi che dipendono da quello dichiarato nullo. (c.d. nullità derivata). Si deve trattare di una successione cronologia tra gli atti, che si traduca in un nesso di causalità sul piano logico o giuridico. (es. la sentenza è viziata da nullità se si è fondata in via esclusiva su una prova nulla). Da questo si desume che al contrario un atto nullo non travolge quelli successivi se questi ultimi non dipendono da esso (es. se una perizia è nulla, non determinerà la nullità della successiva sentenza se questa non ha tenuto conto di detto elemento probatorio). In tali casi la giurisprudenza parla di nullità innocua. Il giudice che dichiara la nullità dispone la rinnovazione dell’atto nullo soltanto qualora essa sia: - necessaria (il che non accade se l’atto ha già raggiunto il suo scopo) - possibile (deve trattarsi di atti reiterabili). Quando si procede alla rinnovazione le spese sono poste a carico di chi ha dato causa alla nullità per dolo o colpa grave (art 185 comma 2). La dichiarazione di nullità comporta la regressione del procedimento allo stato o grado in cui è stato compiuto l’atto nullo, purché si tratti di un atto di natura non probatoria. Se invece la nullità riguardi le prove, il giudice non può avvalersi della regressione ma dovrà provvedere alla rinnovazione di queste (se ripetibili), sempre che ciò sia necessario per la decisione. CAPITOLO 3 – LE PROVE Il codice dedica il libro terzo alle prove. Il titolo I è dedicato alle disposizioni generali, che contengono una specie di catalogo dei principi guida da osservarsi in materia probatoria, mentre il titolo II comprende la disciplina dei “mezzi di prova” e il titolo III quella dei “mezzi di ricerca della prova”. le prove costituiscono gli elementi sui quali deve basarsi il convincimento del giudice, frutto di una valutazione di cui dovrà dare atto nella motivazione del provvedimento giurisdizionale. Le prove sono le circostanze che dimostrano un fatto sostanziale utile ad una parte per dimostrare la fondatezza delle sue affermazioni (es. colpevolezza per il pm, innocenza per la difesa). Mezzi di prova = sono gli strumenti attraverso i quali la prova viene ad esistenza. (es. lo strumento della testimonianza(mezzo di prova)). Mezzi di ricerca delle prove = sono quegli strumenti volti all’acquisizione di fonti di prova e cioè di cose materiali, tracce o dichiarazioni da cui il giudice potrà trarre il suo convincimento (ispezioni, perquisizioni, sequestri, intercettazioni). Questi preesistono rispetto al dibattimento. Nell’ambito di un sistema processuale di stampo accusatorio come il nostro, che valorizza la dialettica e il contraddittorio tra le parti, la sede naturale di acquisizione delle prove non può che essere il dibattimento: è in quest’ambito che le fonti e gli elementi di prova raccolti dalla polizia giudiziaria e dal pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari, dovranno essere offerte al giudice affinché si convertano in prove. L’art. 190, non esita ad affermare con chiarezza il principio – di matrice tipicamente accusatoria – secondo cui “le prove sono ammesse su richiesta delle parti” e, su tale base, impone al giudice di provvedere “senza ritardo con ordinanza”, escludendo: - le prove vietate dalle legge (ossia relativamente alle quali esista un espresso divieto in ordine all’oggetto o al soggetto della prova ovvero in ordine alla procedura di acquisizione probatoria) - le prove che appaiono manifestamente superflue (perché non pertinenti o non decisive rispetto al thema decidendum) o irrilevanti (ossia un giudizio sull’utilità della stessa). - indiretta (che si contrappone, dunque, alla prova diretta: es.: la testimonianza), e consiste in un fatto certo dal quale, mediante uno percorso logico basato su regole di esperienza consolidate ed affidabili, si perviene alla dimostrazione del fatto incerto), a meno che essi siano < gravi, precisi e concordanti > (secondo la formula delle presunzioni); (b) le dichiarazioni rese da coimputati del medesimo reato o da imputati in un procedimento connesso o collegato, possono essere utilizzate solo se corredate da altri elementi di prova che ne confermino l’attendibilità; (quindi è come se il codice prevede una sorta di presunzione di inattendibilità di tali dichiarazioni, ammettendole solo se vengono acquisiti altri elementi probatori idonei a comprovare l’attendibilità). [c.d chiamata di correità]. (c) non possono essere utilizzate le dichiarazioni di chi, per libera scelta, si è sempre sottratto all’esame da parte dell’imputato o del suo difensore.(art 526.1bis) (tale comma è stato previsto al fine di dare concreta rilevanza anche processuale al principio contraddittorio di cui all'art. 111 della Cost). Mezzi di prova (si caratterizzano per la loro attitudine ad offrire al giudice risultati direttamente utilizzabili ai fini della decisione). Qui la prova si forma in sede processuale. Costituiscono mezzi di prova: - testimonianza - esame delle parti - confronti, ricognizioni, esprimenti giudiziali - perizie - prova documentale L’art. 189 fissa il principio di non tassatività dei mezzi di prova. Saranno quindi ammissibili anche mezzi di prova non disciplinati dalla legge, se sono idonei ad assicurare l’accertamento dei fatti (es. nastro registrato dalla vittima). TESTIMONIANZA (art 194-207) La testimonianza è tipico mezzo di prova, il cui oggetto sono fatti determinati e specifici. Si tratta della narrazione di un’esperienza, un ricordo di un fatto da parte di un soggetto terzo. La testimonianza ha ad oggetto la formazione della prova in ordine a fatti utilizzabili dal giudice ai fini della sua deliberazione. Essa trova la sua naturale sede di assunzione nella fase di istruzione dibattimentale (art 497- 500), nonché in quel particolare ambito di formazione anticipata della prova che è l’incidente probatorio (art. 392). Non si può parlare, invece, di testimonianza nel corso delle indagini preliminari e dell’udienza preliminare, entrambe non finalizzate alla formazione della prova: in queste sedi, infatti, la persona informata sui fatti rende delle < informazioni > utili ai fini dell’attività investigativa e della decisione del giudice per l’udienza preliminare, ma non già testimonianza. Particolare attenzione la disciplina della c.d. testimonianza indiretta, che si verifica quando il teste abbia tratto la conoscenza dei fatti, da lui affermati, da terzi. (ossia il testimone riferisce fatti o circostanze che ha appreso da terzi, quindi non li ha conosciuti in prima persona). In questo caso l’art. 195 del codice di rito prevede che il giudice, su richiesta di parte o in caso di loro inerzia anche d’ufficio, deve disporre che questi terzi siano chiamati a deporre, a pena di inutilizzabilità delle dichiarazioni de relato , salvo che l’esame di questi non sia possibile per morte, infermità o irreperibilità. Risulta per converso che se nessuna richiesta è stata avanzata per ottenere l'esame del testimone-fonte, le dichiarazioni rese dal testimone indiretto saranno utilizzabili perchè operante una sorta di tacito consenso delle parti alla utilizzabilità dei contenuti della deposizione resa dal testimone per sentito dire. La sanzione dell’inutilizzabilità è prevista anche per l’ipotesi in cui il testimone de relato non voglia o non possa indicare la fonte da cui ha appreso la notizia. Il tutto in applicazione del principio che vieta le testimonianze di provenienza anonima. Anche le informazioni provenienti da informatori o confidenti e fornite alla polizia giudiziaria non possono essere oggetto di testimonianza, se gli organi interessati non abbiano rivelato i nomi, essendo espressamente facoltizzati a tacerli anche di fronte al giudice. In questo quadro si colloca, poi, (art 195 comma 4). in passato era stato stabilito il divieto nei confronti di ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria di deporre sul contenuto delle dichiarazioni acquisite da testimoni. Deroga questa motivata per garantire il principio di oralità della prova, privilegiando come mezzo di acquisizione di tali dichiarazioni, l'esame testimoniale dei loro autori. Ad oggi il divieto per la polizia giudiziaria di deporre sul contenuto di dichiarazioni rese da testimoni, vale solo quando le dichiarazioni sono state assunte con queste modalità: - sommarie informazioni ricevute dall’indagato (art 357 lett b) - informazioni ricevute con denunce e querele (art 357 lett a) - deposizioni delle persone informate dei fatti. (art 351) In ogni caso, i testimoni (indiretti) non possono essere esaminati su fatti comunque appresi da persone titolari di segreto professionale o d’ufficio, sempre che le medesime persone non abbiano deposto sugli stessi fatti o non li abbiano in altro modo divulgati, manifestando un comportamento incompatibile con il mantenimento del vincolo di segretezza. Chi può testimoniare? Per quanto concerne la capacità processuale di testimoniare, di regola, chiunque sia portatore di conoscenze utili ai fini del processo è idoneo ad assumere il ruolo di teste. Secondo l'art 196 ogni persona ha la capacità di testimoniare. Qualora al fine di valutare le dichiarazioni del testimone sia necessario verificarne l'idoneità fisica o mentale a rendere testimonianza, il giudice anche d'ufficio può ordinare gli accertamenti opportuni. Il codice di procedura penale prevede però diverse situazioni in cui vi è incompatibilità a testimoniare rispetto ad un determinato procedimento penale. Si prevede, circa l'incompatibilità a testimoniare dell'imputato che non possano essere assunti come testimoni (art 197)  i coimputati nel medesimo reato o le persone imputate in un procedimento connesso a norma dell’ art. 12, 1° comma lett. a) [per reato commesso in concorso o cooperazione oppure cagionato dalle condotte indipendenti di più persone], salvo che nei loro confronti sia stata pronunciata sentenza irrevocabile di proscioglimento, di condanna o di patteggiamento; (quindi se la sentenza c’è stata possono testimoniare)  gli imputati in un procedimento connesso a norma dell’ art. 12, 1° comma lett. c) [per reati commessi per eseguirne od occultarne altri] o di un reato collegato ai sensi dell’art. 371 , c2 lett. B [per reati commessi in occasione di altri; per conseguirne profitto o l’impunità di altro reato; in danno reciproco,ovvero se la prova di un reato o di una sua circostanza influisce sulla prova di altro reato o altra circostanza] prima che nei loro confronti sia stata pronunciata sentenza irrevocabile di proscioglimento , di condanna o applicazione della pena; salvo che sia stato loro dato l’avvertimento di cui all’art. 64, 3° comma lett. c); cioè che prima dell’inizio dell’interrogatorio tali soggetti siano stati avvertiti del fatto che rendendo dichiarazioni concernenti la responsabilità penale di altri, in ordine a tali fatti assumerà l’ufficio di testimone. (quindi se l’avvertimento è stato dato possono testimoniare)  il responsabile civile e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria;  coloro che nel procedimento svolgono le funzioni di giudice, pubblico ministero o loro ausiliario, nonchè il difensore che abbia svolto attività di investigazione difensiva; tutto ciò trova conferma nel nuovo 197 bis destinato a disciplinare la posizione delle persone che rivestendo la qualifica di imputato in un procedimento connesso o collegato possono anche ricoprire l'ufficio di testimone nel caso in cui nei suoi confronti sia stata pronunciata sentenza irrevocabile di proscioglimento, condanna o patteggiamento. L’imputato in un procedimento connesso ai sensi dell’art. 12, 1° comma lett. c) può essere sentito in qualità di testimone, anche prima della pronuncia della sentenza irrevocabile, quando all’atto dell’interrogatorio gli è stato fatto l’avvertimento di cui all’art. 64, 3° comma lett. c), ossia l’avviso che rendendo dichiarazioni concernenti la responsabilità altrui, in ordine ai fatti che ne sono oggetto assumerà l’ufficio di testimone. In entrambe le ipotesi si tratta di un testimone particolare dal punto di vista delle garanzie, in ragione della possibilità che dall'adempimento del dovere di deporre gli possa derivare qualche pregiudizio sul terreno dell'accertamento delle proprie eventuali responsabilità. l’imputato è assistito dal proprio difensore di fiducia (in mancanza sarà nominato un difensore d’ufficio), può legittimamene rifiutarsi di rispondere, non potendo essere obbligato a deporre sui fatti concernenti la propria responsabilità, nel senso che è esonerato dall'obbligo di deporre sui fatti per i quali in giudizio sia stata pronunciata a suo carico sentenza irrevocabile di condanna e nel procedimento egli aveva negato la propria responsabilità o non aveva reso alcuna dichiarazione. e le dichiarazioni eventualmente rese non potranno essere contro di lui utilizzate né nell’eventuale procedimento ancora in corso, né in qualsiasi altro giudizio, anche civile o amministrativo, o di revisione della sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti. L'ultimo comma dell'art 197 bis prevede che le suddette dichiarazioni per essere pienamente probanti devono essere corroborate da altri elementi di prova che ne confermano l'attendibilità. Facoltà di astensione (art 199) Possono deporre, ma non sono obbligati ad assumere la veste di testimone i prossimi congiunti (ascendenti, discendenti, coniuge, fratelli, sorelle, affini nello stesso grado, zii, nipoti, affini se il coniuge non è morto e vi è prole). A pena di nullità, il giudice deve avvisare questi soggetti della facoltà di astenersi, chiedendo loro se intendono avvalersene. Saranno invece tenuti a testimoniare quando hanno presentato denuncia, querela o istanza oppure se hanno assunto la veste di offesi dal reato. In linea generale, il soggetto che assume le vesti di testimone, pur essendo obbligato a comparire innanzi al giudice e rispondere secondo verità alle domande che gli sono rivolte, non può, invece, in alcun modo essere obbligato a deporre su fatti che siano coperti da segreto. Si fa riferimento al segreto professione, segreto d’ufficio e segreto di stato. - segreto professionale (art. 200) – non possono essere obbligati a deporre(quindi hanno facoltà di astenersi) su quanto hanno conosciuto per ragioni del loro ministero, ufficio o professione, salvi i casi in cui hanno l'obbligo di riferirne all'autorità giudiziaria: o i ministri di confessioni religiose o gli esercenti la professione forense (avvocati, come anche gli investigatori privati e i consulenti tecnici), sanitaria e notarile o i giornalisti professionisti. intermedio tra quello del testimone e quello dell’imputato. Quindi sì all'accompagnamento coattivo della parte, nomina del difensore d'ufficio se manca quello di fiducia, il difensore partecipa all'esame della parte, sì la diritto al silenzio per domande che possono far emergere una sua responsabilità penale e sì al diritto al silenzio perchè avvertito della facoltà di non rispondere. Lo speciale meccanismo dell’art. 210 è oggi riservato soprattutto alle persone imputate in un procedimento connesso che non possono assumere l’ufficio di testimone, mentre, per quanto riguarda le persone imputate per un procedimento connesso ex art 12 c1 lett c) di un reato collegato ex 371 c2 lett b), occorre distinguere sulla base della loro precedente condotta processuale. Si applica a loro l'art 210 quando non hanno reso dichiarazioni in precedenza concernenti la responsabilità dell'imputato. Perchè? Perchè magari dovevano essere sentiti dall'autorità interrogante e così non è stato. O sono stati interrogato ma non hanno reso nessuna dichiarazione. O magari ancora hanno reso la dichiarazione di altrui responsabilità ma non erano stati avvertiti del loro diritto ex art 64c3 e allora le loro dichiarazioni non sono utilizzabili. A tali soggetti tuttavia va dato l'avvertimento che ove non si avvalgano della facoltà di non rispondere essi assumeranno l'ufficio di testimone sui fatti che concernono la responsabilità altrui. CONFRONTI, RICOGNIZIONI ED ESPERIMENTI GIUDIZIALI Il confronto è un mezzo di prova a partecipazione plurima che consiste nell’esame di più parti o più testimoni oppure di una parte e di un testimone che siano già stati esaminati o interrogati singolarmente. Consiste nell’esame di più soggetti eseguito congiuntamente e nel loro contraddittorio, qualora tra esse vi sia disaccordo su fatti o circostanze, desumibile dall’evidente contrasto ricavabile dalle dichiarazioni fornite in precedenza. Trattandosi di un mezzo di prova può avere luogo solo davanti al giudice, in sede dibattimentale o di incidente probatorio (il confronto può essere disposto anche nel corso delle indagini preliminari dal pubblico ministero, ma in questo caso non si tratterà come è ovvio di un mezzo di prova, ma di un mero strumento utile ai fini delle investigazioni). Per quanto riguarda le modalità di svolgimento dell’atto, spetta al giudice un’importante funzione propulsiva. Questi, infatti, deve richiamare le precedenti dichiarazioni sulle quali le parti siano risultate in disaccordo invitarli alle reciproche contestazioni: si tratta, dunque, di un procedimento dialettico a più voci, che dovrà essere documentato mediante apposito verbale. La ricognizione è un mezzo di prova tipico, diretto all’individuazione o meglio al riconoscimento di persone (c.d. ricognizione personale art 213), cose (c.d. ricognizione di cose art 215), voci, suoni e di quant’altro può essere oggetto di percezione sensoriale da parte di un determinato soggetto, ossia quello chiamato a eseguire la ricognizione. Può aver luogo solo in dibattimento e nell’incidente probatorio (la corrispondente attività svolta nel corso delle indagini preliminari è definita come < individuazione di cose e persone > innanzi al pubblico ministero). L’esigenza di assicurare attendibilità e obiettività alle ricognizioni si traduce in una disciplina assai accurata e minuziosa, presidiata a pena di nullità (quindi il rispetto delle regole è a pena di nullità): le modalità di svolgimento sono regolate dall'art 214. anzitutto nel verbale deve essere fatta menzione, a pena di nullità, delle modalità di svolgimento della ricognizione; secondo poi, il giudice, nel caso di ricognizione personale, ha il potere di adottare le necessarie cautele per impedire che la persona chiamata ad effettuare la ricognizione possa subire intimidazioni da parte della persona che deve essere riconosciuta (es. vetri speciali che permettono la visione solo a chi deve effettuare il riconoscimento e non a coloro che a tale esame sono sottoposti). Sia nel caso dei confronti, che in quello delle ricognizioni, la persona chiamata a compiere l’atto viene a trovarsi nella condizione di dover rilasciare dichiarazioni che sono assimilabili per il loro contenuto informativo a quelle rese dall’imputato (in sede d’interrogatorio o di esame) e dal testimone (in sede di audizione o di esame); pertanto, quando si tratta dell’imputato, gli è riconosciuto il diritto di rifiutarsi al compimento dell’atto e la facoltà di non rispondere alle domande rivoltegli: le stesse garanzie devono valere nei confronti dei coimputati dello stesso reato, nonché degli imputati in un procedimento connesso o di un reato collegato. L’esperimento giudiziale è un mezzo di prova volto a dimostrare la veridicità o la verosimiglianza di un accadimento, attraverso la riproduzione della situazione in questione e le stesse modalità relative al suo presumibile svolgimento (nel corso delle indagini preliminari si parla di accertamento tecnico, se disposto dal pubblico ministero e di atti o operazioni tecniche se eseguiti dalla polizia giudiziaria). Il legislatore si è preoccupato di specificare più che possibile le forme da osservare per fare luogo alla relativa procedura, di qui la dettagliata previsione sia dei contenuti dell’ordinanza che abbia disposto l’esperimento, sia dei poteri del giudice diretti ad assicurare un efficace e corretto svolgimento dell’atto: in particolare, rimane confermato l’obbligo del giudice di fare in modo che l’esperimento, diretto da quest’ultimo, si svolga senza offendere sentimenti di coscienza e senza pericolo per la sicurezza pubblica. Come si svolge? Allontanato colui che deve eseguire la ricognizione, il giudice procura la presenza di almeno due persone somiglianti a quella sottoposta alla ricognizione. Invita quest'ultima a scegliere il suo posto rispetto alle altre, curando che si presenti nelle stesse condizioni nelle quali sarebbe stata vista dalla persona chiamata alla ricognizione. Nuovamente introdotta quest'ultima il giudice le chiede se riconosca qualcuno e in caso affermativo la invita a indicare chi avvia riconosciuto e se ne sia certa. Se vi è ragione di ritenere che la persona chiamata alla ricognizione possa subire intimidazione o altra influenza dalla persona sottoposta a ricognizione il giudice dispone che quest'ultima non possa vedere la prima. L'art 215 riguarda la ricognizione di cose che possono essere oggetto del reato o cose pertinenti al reato. Il giudice procura almeno due oggetti simili e chiede alla persona di riconoscere taluno tra essi e in caso di risposta affermativa la invita a dichiarare quale abbia riconosciuto e se ne è certa. L’esperimento si distingue dalla perizia, perché esso implica la ripetizione delle modalità di svolgimento del fatto in questione e le risultanze dell’esperimento per essere apprezzate e valutate non richiedono l’intervento di non esperto. PERIZIA art 220 La perizia è un mezzo di prova che può essere disposto sia in sede dibattimentale che nel corso dell’incidente probatorio, cui si provvede nelle ipotesi in cui : - < occorra svolgere indagini > - < acquisire dati o valutazioni > - le quali richiedano < specifiche competenze tecniche, scientifiche o artistiche >, che ovviamente il giudice non possiede. Al ricorrere di una delle suddette condizioni, il giudice dovrà disporre obbligatoriamente la perizia (anche d’ufficio, in caso di inerzia delle parti) con ordinanza, la quale contenga la nomina del perito e la sommaria enunciazione dell’oggetto delle indagini. Sono vietate le perizie che riguardano il carattere e la personalità dell’imputato, le forme qualificate di pericolosità sociale e le sue qualità psichiche indipendenti da cause patologiche. Per quanto riguarda il perito, il legislatore si è preoccupato di assicurare un adeguato livello di specifica qualificazione; ciò si è realizzato, - da un lato prevedendo l’iscrizione in appositi albi professionali - dall’altro, imponendo al giudice di disporre una perizia collegiale, quando le indagini e le valutazioni risultano di particolare complessità ovvero quando le medesime richiedono distinte conoscenze in diverse discipline. Nell’esecuzione della perizia il giudice non può disporre o consentire che vengano adottate misure che incidano sulla libertà personale dell’individuo, salvo che la legge ne specifichi i casi e le modalità (è stata infatti dichiarato dalla corte illegittimo il comma 2 art 224 che prevedeva la possibilità per il giudice di disporre eventuale prelievi coattivi di sangue o altri tessuti o materiali organici). Salvo che la legge ne specifichi i casi e le modalità -> Al riguardo è stato introdotto l’art. 224-bis in merito alla tematica del prelievo di materiale biologico. La norma, infatti, dispone che con riferimento ai procedimenti per delitti di una certa gravità, qualora per l’esecuzione della perizia sia necessario compiere atti idonei ad incidere sulla libertà personale, quali prelievo di capelli, peli, saliva su persone viventi, ai fini della determinazione del profilo del DNA o accertamenti medici, e non vi è il consenso dell’interessato, il giudice può disporne con ordinanza motivata l’esecuzione coattiva, soltanto se essa risulta assolutamente indispensabile per la prova dei fatti. L’ordinanza dovrà quindi contenere oltre alle generalità della persona da sottoporre all’esame anche le ragioni che rendono assolutamente indispensabile sul terreno probatorio l’esame. La perizia deve in ogni caso essere compiuta nel rispetto della dignità e del pudore di chi vi è sottoposto e, a pena di nullità dell’accertamento compiuto, si richiede la presenza del difensore del soggetto. Non si può nemmeno mettere in pericolo la vita, l'integrità fisica o la salute della persona interessata o del nascituro. Quando la persona invitata a presentarsi non compare senza addurre un legittimo impedimento, il giudice può disporne l'accompagnamento coattivo. Tornando alla disciplina più generale: Una volta nominato, il perito deve presentarsi davanti al giudice per ricevere l’incarico con la formulazione dei quesiti cui è chiamato a rispondere. Per rispondere ai quesiti il perito può assistere all'esame delle parti e all'assunzione di prove, e potrà visionare atti e cose prodotte della parti solo nei limiti della loro acquisibilità al fascicolo dibattimentale. Una volta conclusi tutti i necessari accertamenti, il perito potrà rispondere ai quesiti propostigli, anche in forma orale, mediante parere che viene raccolto nel verbale; tuttavia, se il perito ritiene di non poter dare immediata risposta, può chiedere un termine al giudice, il quale può concederlo (il termine non potrà eccedere i 90 giorni, salvo che si tratti di accertamenti di particolare complessità, prorogabile fino ad un massimo di 6 mesi). (art 227) In caso di negligenza il perito può essere sostituito e condannato dal giudice al pagamento di una somma, con segnalazione al collegio o ordine professione ai fini disciplinari. Il perito ha l’obbligo di prestare l’opera e il rifiuto di essa, cui è assimilabile all’ingiustificato ritardo, è punibile come reato (rifiuto di uffici legalmente dovuti). Nell’esercizio attività il perito è pubblico ufficiale, essendo investito di una funzione pubblica ad opera del giudice che lo ha nominato. Le parti possono anche ricusare il perito che versa in una situazione di non imparzialità, che lo avrebbero dovuto indurre ad astenersi. Durante l’arco di svolgimento della perizia, sia il pubblico ministero che le parti private, possono procedere alla nomina di consulenti tecnici (in numero non superiore a quello dei periti), i quali sono autorizzati a partecipare a tutte le operazioni peritali, non solo formulando osservazioni e riserve, ma anche proponendo al perito lo svolgimento di specifiche indagini e sottoponendo ad esame (se autorizzati e in quanto ciò non comporti ritardo nell’esecuzione della perizia) le persone, le cose o i luoghi oggetto della stessa. Qualora sia necessario rintracciare cose da sottoporre a sequestro oppure di accertare altre circostanze utili ai fini delle indagini presso le banche ( atti, documenti e corrispondenza ) si prevede che l’autorità giudiziaria possa delegare la polizia giudiziaria, ma nel caso in cui la banca rifiuti l’esibizione di tali atti o documenti, il giudice dovrà necessariamente disporre la perquisizione. Devono, infine, ricordarsi alcune particolari figure di perquisizione consentite agli organi di polizia giudiziaria da leggi speciali quando nel corso di operazioni dirette alla prevenzione o alla repressione di determinati delitti, si verificano situazioni di necessità e di urgenza tali da non permettere un tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria. Così ad esempio nell’ambito di operazioni riguardanti il traffico di stupefacenti, dove la polizia abbia fondato motivo di ritenere che possano essere rinvenute sostanze stupefacenti ovvero nel caso in cui, questa ritenga assolutamente necessario procedere all’immediata perquisizione di persone, mezzi di trasporto ed edifici, supponendo che al loro interno siano custoditi armi, esplosivi o soggetti in stato di latitanza o evasione. Si tenga presente che in tutte le suddette ipotesi di perquisizione da parte della polizia, delle operazioni compiute è data tempestiva notizia al procuratore della Repubblica in vista della convalida delle stesse, che dovrà avvenire entro le successive 48 ore. La differenza tra ispezioni e perquisizione Con le ispezioni si ricercano le tracce o effetti materiali del reato (es. tracce di sangue, segni lasciati da proiettili, impronte…) mentre con le perquisizioni vengono ricercati il corpo del reato, le cose pertinenti il reato o persone (es. la pistola, l’assassino...). Nel caso in cui l’ispezione o la perquisizione venga disposta presso l’ufficio del difensore, sono previste particolari cautele e garanzie: anzitutto, dovrà procedere personalmente il giudice o il pubblico ministero (con decreto motivano di autorizzazione del giudice); in secondo luogo, sarà necessario avvisare il locale consiglio dell’ordine forense, affinché il presidente o un suo consigliere delegato possa assistere alle operazioni. Non possono in ogni caso essere sequestrate carte e documenti inerenti l’oggetto della difesa (salvo che costituiscano corpo del reato), la corrispondenza tra l’imputato e il suo difensore e sono inoltre vietate le intercettazioni di conversazioni e di comunicazioni tra il difensore e il suo assistito. I risultati delle ispezioni, delle perquisizioni, dei sequestri e delle intercettazioni che siano state eseguite in violazione di tali disposizioni (art 103), NON potranno essere utilizzati -> con l’unica eccezione nell’ipotesi che costituiscano corpo del reato. SEQUESTRO art 253 a 265 Il sequestro costituisce un particolare mezzo di acquisizione della prova avente ad oggetto il < corpo del reato > (ossia le cose sulle quali o mediante le quali è stato commesso il reato, nonché quelle che ne costituiscono il profitto, il prodotto o il prezzo) e le < cose pertinenti al reato >(quelle che servono anche indirettamente ad accertare l’illecito e il suo autore), necessarie per l’accertamento dei fatti. (Deve pertanto essere distinto dalle diverse figure di sequestro che ubbidiscono invece a un’esigenza di natura cautelare, con finalità conservativa o preventiva). L’acquisizione tramite sequestro può essere consequenziale alla ricerca (mediante perquisizione) ovvero non consequenziale, a seconda che l’oggetto debba o meno di essere preventivamente rintracciato. In ogni caso, anche quando il sequestro sia effettuato dopo una perquisizione, esso mantiene una propria autonomia tanto che, dopo lunghi contrasti giurisprudenziali, le Sezioni unite della Corte di Cassazione hanno affermato che se la perquisizione è stata disposta o svolta in modo illegittimo, il susseguente sequestro del corpo del reato manterrà egualmente la sua validità. Il sequestro mira sempre e solo a cose, mentre la perquisizione anche al rintraccio di persone. La motivazione è un requisito essenziale nel decreto di sequestro, tanto è vero la sua mancanza è causa di nullità del provvedimento. Il sequestro, per il quale occorre un decreto motivato, può essere disposto : - dal giudice in sede dibattimentale (egli potrà anche delegare la polizia giudiziaria), - nel corso delle indagini preliminari dal pubblico ministero o, su delega di questo, da un ufficiale di polizia giudiziaria (che in casi di estrema necessità e urgenza potrà anche agire anche in assenza di un decreto motivato del pubblico ministero, fatta salva la necessità di una successiva convalida da parte di quest’ultimo). Nell’ipotesi in cui avessero a venir meno le esigenze probatorie che avevano determinato il provvedimento, il vincolo imposto attraverso il sequestro si estingue, per cui dovrà darsi luogo alla restituzione delle cose ad esso assoggettate a chi abbia il diritto, anche prima della sentenza. A ciò provvede il giudice mediante ordinanza (nel corso delle indagini preliminari vi provvede il pubblico ministero) se non vi è dubbio sulla loro appartenenza; mentre, in caso di controversia sulla proprietà della cosa sequestrata, il giudice ne rimette la risoluzione al giudice civile del luogo competente in primo grado, mantenendo nel frattempo il sequestro. È, tuttavia, possibile che il giudice disponga il mantenimento del vincolo a titolo di sequestro conservativo o preventivo, qualora sussistano i presupposti cautelari richiesti per l’una o per l’altra misura: si realizza così la conversione del sequestro da misura con finalità probatoria a misura con finalità cautelare. Il codice di rito disciplina alcune peculiari ipotesi di sequestro, tra cui: (a) sequestro di corrispondenza –> presso gli uffici postali, possono essere sequestrati lettere, pieghi, pacchi e ogni altro oggetto presumibilmente spedito dall’imputato o a lui diretto (esclusa la corrispondenza tra imputato e difensore), o che comunque possa avere relazione con il reato; laddove ex post si accerti l’estraneità delle carte e dei documenti sequestrati all’ambito della corrispondenza suscettibile di sequestro, se ne impone l’immediata restituzione all’avente diritto; il sequestro può essere compiuto dalla PG che ha l'obbligo di consegnare al magistrato il materiale senza aprirlo né alterarlo e senza prendere conoscenza del contenuto in alcun modo. (b) sequestro presso istituti bancari –> possono essere sequestrati documenti, titoli, valori, somme e ogni altra cosa (anche quando depositata o custodita in cassette di sicurezza), quando si ha fondato motivo di ritenere la loro pertinenza al reato; non esiste, infatti, alcun segreto bancario di fronte al potere di sequestro dell’autorità giudiziaria in sede penale. Più delicata è la tematica dei rapporti tra sequestro e segreti: si ricalca la normativa dettata a proposito dei rapporti tra testimonianza e segreti. .Per cui le persone titolari di segreto professionale e di segreto di ufficio dovranno consegnare all’autorità giudiziaria atti, documenti, dati, informazioni di cui essi sono in possesso in ragione della loro professione, impiego o ufficio; a meno che non si oppongano per iscritto. In tali ipotesi nel caso di dubbi sulla fondatezza di tali dichiarazioni, l’autorità giudiziaria potrà disporre i necessari accertamenti, a conclusione dei quali se l’infondatezza viene accertata il sequestro dovrà essere ordinato. .Qualora, invece, si tratti di dichiarazioni concernenti un segreto di Stato, l’autorità giudiziaria informa il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che ne sia data conferma, se .il segreto è confermato entro 30 giorni il giudice dichiara di non doversi procedere per l’esistenza di un segreto di Stato .qualora il Presidente del Consiglio non dia conferma dell’esistenza del segreto o lasci decorrere il termine, l’autorità giudiziaria dispone il sequestro. INTERCETTAZIONI art 266 ss. Il settore dei mezzi di ricerca della prova si conclude con la disciplina delle intercettazioni di conversazioni e di comunicazioni che si scontra e incontra con l'art 15 cost sull'inviolabilità del domicilio. L'esigenza di tutela della riservatezza ha anche portato nel 2017 a delle modifiche importanti di tale disciplina per i soggetti terzi occasionalmente coinvolti ma anche per gli indagati almeno per le notizie non rilevanti per il procedimento. L'art 266 definisce con riferimento alla natura e alla gravità dei reati per i quali si procede ( elenco tassativo) i limiti oggettivi entro i quali è ammissibile l'intercettazione di conversazioni o comunicazioni di qualunque specie, non solo quelle telefoniche o telefoniche ma anche tutte le trasmissioni a distanza. In particolare l'effetto dell'art 266 bis stabilisce che è sempre consentita anche l'intercettazione di flusso di comunicazioni relativo a sistemi informatici o telematici tutte le volte in cui si procede per i reati ex art 266. negli stessi casi si può procedere anche ad intercettazione di colloqui tra persone presenti (intercettazioni ambientali) per mezzo di appositi strumenti. Nei luoghi di domicilio tuttavia tale intercettazione è consentita solo se vi risulti in corso di svolgimento l'attività criminosa. Particolarmente delicato è poi l'impiego a questi fini di captatori informatici che installati occultamente nel dispositivo con connessione ad internet consento di acquisire in tempo reale ogni sorta di dato, inclusa la registrazione di suoni e immagini con l'attivazione a distanza del microfono o della videocamera. L'uso di tali strumenti nelle intercettazioni ambientali è consentito in base ai presupposti ordinari per le conversazioni tra presenti che si svolgono fuori dal domicilio. Il problema che sorge riguarda il caso in cui un dispositivo portatile dotato di trojan virus può trovarsi in qualunque momento in un ambiente domiciliare. Allora le sezioni unite della cassazione già in precedenza avevano chiarito che per i delitti di criminalità organizzata era legittima l'intercettazione mediante captatore informatico tra i presenti nel domicilio a prescindere dallo svolgersi dell'attività criminosa senza necessità che venisse specificato nell'autorizzazione il luogo in cui l'operazione poteva essere compiuta. La riforma ha utilizzato tale ratio restringendo però il campo ai soli delitti di cui all'art 51 commi 3bis e 3 quater per i quali l'uso del captatore informatico è consentito senza limitazioni legate al domicilio (art 266 comma 2bis) negli altri casi invece occorre che nel decreto autorizzativo siano indicati i luoghi e il tempo in relazione ai quali è consentita l'attivazione del microfono, in modo da escludere l'intercettazione ambientale domiciliare. Inoltre quando si procede ad intercettazione tramite captatore, nell'art 267 si prescrive di indicare le ragioni che rendono necessaria tale modalità per lo svolgimento di indagini. Per quanto concerne i presupposti e le forme del provvedimento relativo alle operazioni di intercettazione, essi risultano dettati dall'art 267: di regola, l'intercettazione può essere disposta dal PM solo a seguito di autorizzazione da parte del GIP che provvederà con decreto motivato quando in presenza di gravi indizi di reato, non per forza orientati a carico di una determinata persona, l'intercettazione stessa risulti assolutamente indispensabile per la prosecuzione delle indagini. Nei casi di urgenza però, qualora vi siano fondate ragioni di ritenere che il ritardo provocherebbe gravi pregiudizi, si ammette che l'iniziativa di disporre l'intercettazione possa venire direttamente assunta dal pm con decreto motivato da convalidarsi entro 48 ore dal gip con proprio decreto. La conseguenza di mancata convalida comporta l'impossibilità di proseguire l'intercettazione e l'inutilizzabilità dei risultati già ottenuti. Sempre sulle stesse ragioni d'urgenza il pm può disporre l'uso di captatori su dispositivo portatile indicando le ragioni che rendono impossibile attendere il provvedimento del giudice ma solo per i reati dell'art 51 comma 3 bis e 3 quater. In passato si riteneva che alla stessa autorizzazione dovesse soggiacere l'acquisizione dei tabulati attestanti il flusso del traffico telefonico di una certa utenza, con la conseguente inutilizzabilità in caso di violazione dell'art 267. questa interpretazione è stata successivamente ribaltata escludendo la necessità di estendere all'acquisizione di tali tabulati le garanzie e i doveri in base di intercettazioni telefoniche. Questo perchè? Per solo l'intercettazione pregiudica sempre la segretezza del contenuto delle conversazioni intercettate, mentre L'art 270 prevede che in deroga alla regola generale della non utilizzabilità, in contesti del genere le suddette intercettazioni possano venire utilizzate soltanto quando le medesime risultino indispensabili per l'accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza. All'interno del diverso procedimento ci si è sforzati di circoscrivere il sacrificio delle garanzie difensive, prescrivendosi che una volta trasmessi le registrazioni e i verbali all'autorità giudiziaria competente, nell'ambito di tale procedimento debba assicurarsi il contraddittorio in ordine alla suddetta documentazione per evitare i rischi connessi ad una documentazione parziale dei verbali e delle registrazioni. Il pm e i difensori possono esaminare l'intera documentazione delle stesse pure i verbali e le registrazioni non acquisiti depositata nell'archivio riservato per il procedimento per il quale erano state disposte le intercettazioni. Dobbiamo ricordare che se la conversazione o o comunicazione intercettata è essa stessa corpo del reato è sempre utilizzabile anche i processi diversi da quello d'origine pure se non è indispensabile per l'accertamento dei delitti che prevedono l'obbligatorio arresto in flagranza. Art 270 bis: intercettazioni di appartenenti al sistema dei servizi di sicurezza: La relativa documentazione deve essere immediatamente secretata e custodita in luogo protetto prevedendo che l'autorità giudiziaria debba trasmettere al presidente del consiglio dei ministri copia della suddetta documentazione della parte di cui intende avvalersi nel processo per accertarsi che sia o meno coperta da segreto di stato. Dopo di che, qualora entro 60 giorni il presidente del consiglio non oppone nessun segreto, l'autorità giudiziaria potrà acquisire la documentazione trasmessa e provvedere per l'ulteriore corso del procedimento, mentre nel caso di opposizione le sarà inibita l'utilizzazione delle notizie coperte dal segreto. Le informazioni prima che risponda il presidente del consiglio, possono essere utilizzate solo in ottica cautelare (quando sia necessario intervenire per evitare l'inquinamento di prove o pericolo di fuga o evitare la commissione di un altro delitto). INTERCETTAZIONI CONTRA LEGEM: 271: vale il divieto di inutilizzabilità, se le intercettazioni sono state eseguite contro gli art. 267 e 268 o comunque fuori dai casi previsti dalla legge. Il comma 1 bis dell'art 271 prevede l'inutilizzabilità dei dati acquisiti tramite captatore informativo e di quelli acquisiti fuori dai limiti di tempo e di luogo indicati nel decreto di autorizzazione. Che fine fanno allora i verbali e le registrazioni delle intercettazioni riconosciute come inutilizzabili? Sicuramente sono destinati ad essere stralciati ( distrutti)dal giudice per un suo ordine che può essere disposto in ogni stato e grado del processo, salvo che i medesimi non costituiscano corpo del reato. INTERCETTAZIONI membri del parlamento: un problema particolare quello che sorge A proposito dei verbali e delle registrazioni di conversazioni o comunicazioni a cui abbiano preso parte membri del Parlamento e che sono state intercettate nel corso di procedimenti riguardanti terze persone o comunque non a seguito di operazioni compiute avendo di Mira il parlamentare. Innanzitutto nel caso di intercettazioni preordinata a carico di un parlamentare individuato ex ante come bersaglio delle stesse deve trovare applicazione la normativa ordinaria sia che si tratti di intercettazioni disposte su utenze o in luoghi rientranti nella sfera di appartenenza di disponibilità dello stesso membro del parlamento, sia che si tratti di intercettazioni disposte su utenti appartenenti a soggetti diversi o in luoghi diversi In quanto possono presumersi frequentati dal parlamentare. Invece per quanto riguarda le intercettazioni fortuite e cioè indirette occasionali e casuali bisogna distinguere a seconda del fatto che il giudice per le indagini preliminari le ritenga: -Irrilevanti ai fini del procedimento: allora le risultanze delle intercettazioni devono essere distrutte. -Rilevanti ai fini del procedimento: il giudice, per poter utilizzare le intercettazioni deve chiedere tempestivamente l’autorizzazione della camera di appartenenza del parlamentare le conversazioni siano state intercettate in modo casuale trasmettendo con la richiesta copia integrale dei verbali e delle registrazioni. Nessun problema sorge se l’autorizzazione viene concessa Al contrario nel caso in cui essa venga negata la documentazione delle intercettazioni deve immediatamente essere distrutta non oltre 10 giorni dalla comunicazione del diniego. Per quanto riguarda Infine le intercettazioni del Presidente della Repubblica la posizione è il presidente della repubblica non è assimilabile a quella del parlamentare è per via del ruolo istituzionale dagli ricoperto e per l’alto valore delle funzioni svolte si è ricavato il divieto assoluto di intercettazione delle conversazioni del Presidente della Repubblica con conseguente obbligo di distruzione immediata di siffatte registrazione anche se tu a te casualmente secondo quanto visto l'articolo 271 comma 3 trattandosi di intercettazione eseguito fuori dai casi consentiti dalla legge. CAPITOLO 5 – INDAGINI PRELIMINARI E UDIENZA PRELIMINARE Il libro V intitolato “Indagini preliminari e udienza preliminare” introduce la parte dinamica del codice. Nella sua attuale configurazione, dovuta al codice di rito del 1988, il procedimento penale italiano è strutturato secondo uno schema bifasico scandito da una fase preparatoria tendenzialmente segreta, nel corso della quale un magistrato inquirente (il pubblico ministero) svolge indagini finalizzate ad un primo sondaggio di fondatezza dell’ipotesi di accusa e da una fase pubblica (il dibattimento) che si svolge nel contraddittorio delle parti al cospetto di un giudice terzo e imparziale, nel corso del quale si procede all’acquisizione delle prove e viene emessa la sentenza di condanna o di proscioglimento dell’imputato: questa seconda fase si apre con l’esercizio dell’azione penale da parte del pubblico ministero, dopo che questi nel corso della fase procedimentale abbia verificato la fondatezza e la veridicità dell’ipotesi d’accusa. Le indagini preliminari sono l’attività di individuazione e raccolta di dati utili a stabilire se il processo debba meno essere instaurato. In passato nel codice poi abrogato il PM decideva se esercitare o meno l'azione penale dopo un primo sondaggio estremamente sommario in ordine alla fondatezza della notizia di reato. Se la notizia criminis si rilevava infondata il pm ne chiedeva l'archiviazione al giudice istruttore, altrimenti esercitava l'azione penale avviando la fase preliminare destinata a verificare se l'accusa fosse sostenibile in dibattimento. L'istruzione veniva svolta dal pm o dal giudice istruttore. Da tutto ciò ne derivava che questa fase preliminare non era procedimentale ma era propriamente processuale, che il soggetto destinatario dell'imputazione era già imputato, che si acquisivano prove, e che l'infondatezza dell'accusa portava all'emanazione di una sentenza fornita di efficacia preclusiva. Questo assetto presentava una grave controindicazione: se l'istruzione verificava la fondatezza dell'accusa e quindi si rinviava a giudizio l'imputato la successiva fase dibattimentale era condizionata pesantemente dai contenuti dell'attività preparatoria. L'istruttoria avrebbe dovuto tendenzialmente sparire dall'orizzonte cognitivo del giudice, perchè le prove si formano in dibattimento nel contraddittorio tra le parti, ma le cose in realtà non stavano così. Le prove acquisite nell'istruzione venivano recuperate nel dibattimento: ad es bastava che non vi fosse corrispondenza tra le dichiarazioni rese da un testimone in fase istruttoria e a dibattimento affinchè la testimonianza istruttoria venisse acquisita previa lettura in giudizio. Inoltre l'istruttoria che forniva un accertamento completo dei fatti rilevanti comportava dei tempi lunghi e il dibattimento veniva celebrato molto tempo dopo dall'episodio criminoso, e il ricordo dei fatti era meno vivido. Proprio per queste ragioni il legislatore dell'88 intervenne sulla struttura di indagini eliminando la figura del giudice inquirente, il pm doveva gestire tutta la fase investigativa da solo, si spostò al termine della fase preparatoria l'alternativa tra azione e archiviazione, si parla di procedimento e non si parla di imputato ma di indigato, non si acquisiscono prove ma elementi di prova , l'infondatezza dell'ipotesi di accusa non comporta l'emanazione di una sentenza di proscioglimento ma un provvedimento di archiviazione, si volevano dimezzare i tempi e dare centralità al dibattimento e per questo le indagini preliminari sono imbrigliate in termini perentori che il pm è tenuto a rispettare a pena di inutilizzabilità degli atti di investigazione tardiva. Concentrandoci sul provvedimento di archiviazione possiamo chiarire se il pm mutata opinione circa la sostenibilità dell'accusa in giudizio, dopo l'archiviazione, può esercitare l'azione penale o esiste un divieto di ne bis in idem analogo a quello che vieta di sottoporre a un nuovo processo penale per il medesimo fatto chi sia stato prosciolto con sentenza definitiva. Il codice a tal proposito rimane in silenzio. Tutto farebbe pensare all'inesistenza di preclusioni: non essendo mai stata mossa alcuna accusa all'indagato il pm conserverebbe intatto il suo potere. Ma vi sono ipotesi in cui il pm ha svolto una lunga e penetrante indagine e che il soggetto passivo dopo essere stato perquisito, intercettato, sottoposto a gravi restrizioni della libertà personale, sia riuscito a sostenere con successo le proprie tesi difensive e a ottenere un riconoscimento della sua estraneità ai fatti di causa. Ritenere che tale indago non abbia alcun diritto alla stabilità degli esiti investigativi è sbagliato. La corte costituzionale allora ha finito per riconoscere al provvedimento di archiviazione un'efficacia sostanzialmente preclusiva rispetto all'esercizio dell'azione penale per il medesimo fatto e nei confronti del medesimo soggetto. SOGGETTI COINVOLTI NELLE INDAGINI PRELIMINARI L’art. 326 chiamato proprio finalità delle indagini preliminari afferma che il pubblico ministero e la polizia giudiziaria svolgono, nell'ambito delle rispettive attribuzioni, le indagini necessarie per l’esercizio dell’azione penale. Protagonisti delle attività di investigazione sono: - pubblico ministero - polizia giudiziaria. Al pubblico ministero, titolare dell’obbligo di esercitare l’azione penale, è affidata la direzione delle indagini. Egli compie personalmente ogni attività necessaria ai fini indicati dall’art. 326. (art 358) Le indagini sono compiute con l’ausilio della polizia giudiziaria. L’art 327 afferma che il pubblico ministero dirige le indagini e dispone direttamente della polizia giudiziaria. Gli accertamenti effettuati dal pubblico ministero con l’ausilio della polizia giudiziaria servono, dunque, al primo per decidere se esercitare o meno l’azione penale. Se tali indagini fanno emergere elementi idonei per sostenere un’accusa in giudizio nei confronti della persona cui il reato è attribuito, al loro termine il PM formula l’imputazione ed esercita l’azione penale nei confronti dell’imputato. Se invece non emergono elementi idonei a sostenere un’accusa, il PM chiede al giudice l’archiviazione della notizia di reato e degli atti delle indagini preliminari. Il segreto sugli atti di indagine Gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria sono coperti dal segreto fino a quando l'imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari. (art 329) Le indagini preliminari sono segrete per evitare che chiunque, conoscendo la loro esistenza, possa ostacolare l’accertamento dei fatti. Per tale motivo il registro delle notizie di reato è segreto, nel senso che non può essere ispezionato da persone diverse da coloro che vi sono addetti e costoro non possono rivelare il suo contenuto a terzi estranei al procedimento. Quindi i soggetti che partecipano e concorrono alla formazione degli atti sono tenuti all’obbligo del segreto. Quando è necessario per la prosecuzione delle indagini, il pubblico ministero può, in deroga a quanto previsto dall'articolo 114 (ossia quello sul divieto di pubblicazione), consentire, con decreto motivato, la pubblicazione di singoli atti o di parti di essi (c.d desegretazione). (art 329 comma 2) Il referto può essere presentato al pubblico ministero o a un ufficiale di polizia giudiziaria, entro 48 ore., e se vi è pericolo di ritardo immediatamente. L’obbligo di referto viene meno quando la notizia di reato sia suscettibile di esporre la persona assistita a procedimento penale. (art 365 cp) b)INQUALIFICATE (o atipiche) –> si tratta delle notizie di reato non disciplinate dalla legge, che pervengono al pubblico ministero o alla polizia giudiziaria attraverso strumenti di conoscenza diversi da quelli tipizzati dal legislatore; Tra queste: le fonti confidenziali o giornalistiche, la voce pubblica e, secondo la giurisprudenza, andrebbero considerate tali anche le informative di reato acquisite mediante attività investigative illegittime. Le condizioni di procedibilità In alcuni casi il pubblico ministero – pur avendo acquisito o ricevuto la notizia di reato – non può esercitare l’azione penale d’ufficio, ma solo al realizzarsi di una delle c.d. condizioni di procedibilità, coincidenti usualmente con una dichiarazione di volontà di un soggetto privato o pubblico. Le condizioni di procedibilità sono specificatamente disciplinate nel titolo III del V libro e sono: - querela - istanza - richiesta - autorizzazione a procedere Cosa accade nelle ipotesi in cui la condizione di procedibilità non viene realizzata? Il PM non deve esercitare l’azione penale e neppure iniziare le indagini preliminari, ma deve chiedere l’archiviazione della notizia di reato. Nel caso invece la condizione di procedibilità può ancora sopravvenire, il PM e la polizia possono compiere gli atti d’indagine necessari ad assicurare le fonti di prova e, se vi è pericolo nel ritardo, il giudice può disporre l’incidente probatorio. Se il PM comunque esercita l’azione penale, il giudice dovrà necessariamente emettere sentenza di non luogo a procedere (se nel corso dell’udienza preliminare) ovvero una sentenza di non doversi procedere (se nel corso del dibattimento)-> perché l’azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere proseguita. Tale sentenza non preclude un nuovo esercizio dell’azione penale nei confronti della stessa persona per il medesimo fatto se, in seguito, la condizione di procedibilità sopraggiunge o la situazione personale dell’imputato viene meno. Le tipiche condizioni di procedibilità sono quattro. QUERELA 336 Si tratta della dichiarazione con cui la persona offesa dal reato, in quanto titolare dell’interesse leso, o altro soggetto legittimato, manifesta, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, la volontà che il pubblico ministero proceda in ordine a un fatto previsto dalla legge come reato. Si tratta quindi di una dichiarazione di volontà diretta ad ottenere la punizione del colpevole. Assume rilevanza solo nei casi in cui la legge penale subordina la punibilità del reato alla volontà dell’offeso, ossia i reati precedibili a querela. (=reati per i quali non si può procedere d’ufficio) Deve essere presentata entro 3 mesi dalla notizia del fatto costituente reato. La querela può essere proposta per iscritto o anche oralmente (in questo caso sarà redatto verbale). Nel caso in cui questo sia stato commesso in danno di più persone, l’azione penale è esercitabile anche quando la querela sia stata presentata da una sola di queste. Si differenza dalla denuncia sia dal punto di vista degli effetti che sotto il profilo contenutistico: infatti, mentre la denuncia non è che la segnalazione al pubblico ministero o alla polizia giudiziaria di un fatto che si ritiene illecito, la querela è al contempo dichiarazione di scienza, idonea a fungere a notitia criminis e dichiarazione di volontà, ossia manifestazione dell’intento di ottenere la punizione del colpevole. Nella querela è importante che risulti la sottoscrizione del querelante, essenziale per indentificare la persona che la propone. A particolari formalità sono soggette la rinuncia e la remissione della querela. La rinuncia alla querela può essere espressa o tacita (ossia nel caso in cui il soggetto compie atti compatibili alla volontà di querela). Nel caso di rinuncia espressa, può essere fatta personalmente o a mezzo di procuratore speciale : - con una dichiarazione sottoscritta rilasciata all’interessato o a un suo rappresentante - oralmente ad un ufficiale di polizia giudiziaria o un notaio, i quali redigono verbale che dovrà essere sottoscritto dal dichiarante. La rinuncia essa comporta l’estinzione del diritto a proporre querela in futuro. Di norma la volontà punitiva del soggetto che ha presentato querela deve persistere per tutto il corso del procedimento e il venir meno della volontà punitiva sostanzia in remissione della querela. La remissione soggiace alle medesime formalità previste per la rinuncia, con l’unica differenza che essa contrariamente alla rinuncia deve essere accettata, anche tacitamente, dall’indagato che potrebbe avere interesse a giungere ad un proscioglimento nel merito. La remissione in ogni caso deve avvenire prima della condanna e non può essere sottoposta ne a termini o a condizioni. In caso di remissione le spese del procedimento sono a carico del querelato, salvo che sia stato diversamente convenuto. Il diritto di querela si estingue se: - per la decadenza del termine previsto per proporla (ossia entro 3 mesi dalla notizia del fatto di reato). - morte della persona offesa, salvo che non sia già stata proposta querela. ISTANZA DI PROCEDIMENTO art 341 L’istanza di procedimento è la dichiarazione irrevocabile con cui la persona offesa dal reato chiede al pubblico ministero di procedere per un reato commesso all’estero : - dal cittadino italiano, oppure - in danno di un italiano, oppure - dallo straniero in concorso con il cittadino italiano. Deve essere proposta con le forme della querela entro 3 mesi dal giorno in cui la persona offesa ha avuto notizia del fatto che costituisce reato, e cmq non oltre 3 anni dal giorno in cui il colpevole si trova nel territorio dello stato. A differenza della querela l’istanza è irretrattabile, perché si tratta di reati che se commessi nel territorio dello stato sarebbero perseguibili d’ufficio. Tale condizione di procedibilità è richiesta allo scopo di fare in modo che il costo della celebrazione in Italia di un processo per un reato commesso all’estero sia sopportato solo se espressamente richiesto dalla persona offesa. RICHIESTA DI PROCEDIMENTO La richiesta di procedimento è un atto amministrativo irrevocabile di natura discrezionale con cui un organo pubblico, estraneo all’organizzazione giudiziaria, chiede al pubblico ministero di procedere per determinati reati. La necessità scaturisce dalla natura del reato e da ragioni di opportunità politica. Competente a formulare tale richiesta è, di regola, il ministro della giustizia. Tra i reati perseguibili a richiesta del ministro di grazia e giustizia, vanno ricordati: (a) i delitti politici (e non) commessi all’estero; (b) i delitti commessi in danno del Presidente della Repubblica; (d) i delitti di offesa alla libertà e all’onore di capi e rappresentanti di Stati esteri e di offesa alla bandiera o agli emblemi di tali Stati. La richiesta è irrevocabile. AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE Per autorizzazione a procedere si intende un atto con cui determinati organi rimuovono un ostacolo alla prosecuzione dell’azione penale nei confronti di un determinato soggetto. Si tratta della condizione di procedibilità richiesta per poter agire penalmente nei confronti: (a) del presidente del Consiglio dei ministri o di un ministro, che hanno commesso un reato nell'esercizio delle loro funzioni. -> in questo caso l’autorizzazione deve essere concessa dalla Camera o dal Senato, il ramo a cui appartiene la persona nei cui confronti si deve procedere, che possono negare l’autorizzazione qualora ritengano che l’inquisito abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico o dello stato; (b) di un giudice della Corte costituzionale; ->in questo caso l’autorizzazione è concessa dalla Corte costituzionale, che può negarla ove ritenga l’iniziativa penale infondata o vessatoria; (c) dell’autore di delitti contro la personalità dello Stato -> in questo caso l’ autorizzazione del ministro della giustizia La ratio di tale autorizzazione, che una volta concessa non può essere revocata, sta delicatezza delle funzioni istituzionali svolte dai soggetti interessati. (d) dell'autore del delitto di vilipendio ai danno di assemblea legislativa. → l'autorizzazione è data dall'assemblea vilipesa che può negarla per i motivi sovra citati. L’autorizzazione è rilasciata dalla competente autorità su richiesta del pubblico ministero, che deve essere formulata prima dell'esercizio dell'azione penale e comunque entro 30 giorni dall’iscrizione nel registro delle notizie di reato del nome della persona per la quale è necessaria l’autorizzazione. Qualora, invece, la necessità del provvedimento autorizzativo sorga a seguito dell’esercizio dell’azione penale, il giudice sospende il processo e il pubblico ministero richiede senza ritardo l’autorizzazione. In attesa dell'autorizzazione le indagini preliminari possono proseguire ma con dei limiti contenutistici: no al fermo o mcp nei confronti dell'interessato, no perquisizione, no ispezione, ricognizione ecc. e si può procedere all'interrogatorio solo se l'interessato lo richiede. Questi atti sono comunque ammessi prima dell'autorizzazione se il soggetto è colto in flagranza dei delitti indicati dal 380 c1 e 2. REATI MINISTERIALI: una cosa diversa sono le autorizzazioni ad acta che non condizionano l'esercizio dell'azione penale ma l'adozione di provvedimenti coercitivi di varia natura a carico della persona sottoposta a procedimento penale: – l'autorizzazione alla camera di appartenenza va richiesta per sottoporre i membri del parlamento a perquisizione personale o domiciliare o ispezione personale per arrestarli o privarli altrimenti della libertà o per mantenerli in detenzione salvo che per quel reato sia stato arrestato in flagranza. Stessa cosa per sottoporli ad intercettazione, acquisizione di tabulati e sequestro di corrispondenza. L'autorizzazione è richiesta dal giudice o pm. – L'autorizzazione alla corte costituzionale va richiesta per un giudice ordinario o aggregato della corte se deve essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale o sottoposto a perquisizione ecc. -Infine la polizia giudiziaria può ricevere dichiarazioni spontanee dall’indagato (ossia di sua spontanea volontà, ossia senza domande o sollecitazione). (art 350.7) e non richiedono la presenza del difensore. Le dichiarazioni saranno pienamente utilizzabili nella fase procedimentale (es. per misure cauteari) e saranno utilizzabili nel corso del dibattimento ai fini delle contestazioni e non per la lettura in dibattimento (art. 503). e saranno prove nell'ambito di riti alternativi. Informazioni utili ai fini delle indagini possono anche essere tratte dalla polizia giudiziaria dalle “persone informate sui fatti”: potenziali testimoni (art 351). alla polizia giudiziaria è fatto divieto ove esamini un potenziale testimone che sia già stato sentito in ambito delle investigazioni della difesa, di chiedere informazioni sulle domande formulate e sulle risposte date. La persona informata sui fatti ha dunque l'obbligo di rispondere secondo verità alle domande che gli vengono rivolte dal funzionario di polizia. Per quello che riguarda il valore probatorio delle sommarie info testimoniali esse possono essere usate a fini contestativi a norma dell'art 500 ed è consentito anche darne lettura nel caso di irreperibilità sopravvenuta non prevedibile. Nel caso in cui si tratti di delitti relativi a prostituzione e pornografia minorile, la pg a tutela dei soggetti minori, si deve avvalere di esperti in psicologia o in psichiatria infantile, nominato dal pm. Stesse garanzie sono poi previste nei confronti di soggetti, non minori, che presentino particolare vulnerabilità. art 351 bis: la polizia giudiziaria può assumere anche informazioni da persone imputate in un procedimento connesso o imputate di un reato collegato. In questo caso la persona da esaminare se è priva del difensore è avvisata che è assistita da un difensore d'ufficio ma che può nominarne uno di fiducia. Tempestivamente avvisato il difensore ha diritto di assistere all'atto. Il funzionario deve pertanto avvertire il dichiarante della sua possibile trasformazione in testimone assistito.  la polizia giudiziaria può procedere ad accertamenti urgenti per la ricerca delle fonti di prova, e procede a: - a perquisizione (personale o locale)-> la pg può procedere senza munirsi di provvedimento autorizzativo del pubblico ministero: in casi di necessità e urgenza, ovvero nei casi di flagranza di reato o di evasione (dove l’urgenza è presunta). La perquisizione viene disposta quando si ritenga che siano state occultate il corpo del reato ovvero prove o tracce a esso pertinenti che possono essere distrutte (e in questo caso, qualora la cose venga rintracciata, la polizia potrà procedere al sequestro) o, nel caso del reato di evasione, il soggetto evaso si trovi nascosto in un determinato luogo. E procede a perquisizione quando deve procedere ad esecuzione di un'ordinanza che dispone la custodia cautelare o dispone la carcerazione di un imputato o condannato per uno dei delitti ex 380 e sussistono particolari motivi di urgenza che non consentono l'emissione di un tempestivo decreto di perquisizione. Una volta eseguita la perquisizione la pg dovrà trasmettere al pm il verbale delle operazioni compiute, entro 48 ore per la convalida. – inoltre hanno il compito di curare che le tracce e le cose pertinenti al reato siano conservate e che lo stato dei luoghi e delle cose non venga mutato prima dell'intervento del pm (attività di conservazione art 354). se vi è pericolo che tali cose, tracce, luoghi, si alterino o si disperando o si modifichino essi compiono i necessari accertamenti e rilievi sullo stato dei luoghi e delle cose. Questo perchè il pm non può intervenire tempestivamente o non abbia ancora assunto la direzione delle indagini. Per gli stessi motivi la pg può compiere accertamenti e rilievi sulle persone. - sequestro -> tutte le volte che se ne presenti l’esigenza la pg potrà procedere al sequestro del corpo del reato e delle cose ad esso pertinenti. Dovrà redigere verbale e trasmetterlo al pm entro 48 ore, che dovrà convalidare il sequestro. Copia sarà consegnata alla persona alla quale le cose sono state sequestrate. Se il pm non convalida il sequestro le cose devono essere restituite. Le attività del pubblico ministero nelle indagini preliminari Il pubblico ministero, acquisita la notizia di reato e iscritta la notizia nel registro, dirige e svolge le indagini finalizzate all’accertamento del fatto e all’individuazione del colpevole, compiendo ogni attività utile alle valutazioni inerenti all’esercizio dell’azione penale, con l’ausilio della polizia giudiziaria (a cui potrà delegare il compimento di atti di indagine o atti specificatamente delegati). Inoltre, indaga anche su fatti e circostanze favorevoli all’indagato in quanto organo di giustizia e parte-imparziale, per cui deve farsi carico anche dell’ipotesi di innocenza di costui. I più rilevanti atti che il pm può compiere per acquisire fonti di prova sono: - interrogatorio dell’indagato -> 374 ss. L’interrogatorio che viene svolto può essere frutto: (a) di una spontanea iniziativa dello stesso indagato; (in tal caso il pm avrà l’obbligo di sentire il soggetto che ne ha fatto richiesta). (b) ovvero di un’iniziativa dello stesso organo inquirente nel primo caso l'art 374 prevede che chi ha notizia che nei suoi confronti sono svolte indagini ha la facoltà di presentarsi al pm e di rilasciare dichiarazioni. Il pm è chiamato a questo punto ad effettuare una scelta: 1) può limitarsi a recepire le dichiarazioni spontanee dell'indagato senza contestare ad egli il fatto per cui si procede, senza fare domande e senza rispettare gli adempimenti come avvisi di discovery degli elementi e delle fonti di prova o della nomina del difensore. 2) può trasformare la presa di contatto con l'inquisito in un vero e proprio interrogatorio e solo in questo le dichiarazioni della persona sottoposta a indagine potranno essere utilizzate per le contestazioni a norma dell'art 503. la seconda evenienza è disciplinata dagli art 375 e 376 Il pm invita la persona sottoposta ad indagine a presentarsi. l'invito a presentarsi conterrà: le generalità del soggetto indagato, il giorno l’ora e il luogo, l’avvertimento che in caso di mancata presentazione potrà essere disposto l’accompagnamento coattivo, salvo il caso di legittimo impedimento; con l'avvertimento che potrà essere richiesto giudizio immediato. L’avviso è notificato almeno 3 gg prima a quello fissato per l’interrogatorio. L’avviso dovrà essere mandato anche al difensore, il quale ha diritto di essere presente ma l’interrogatorio può svolgersi anche in sua assenza. L'accompagnamento coattivo può essere disposto dal pm solo con l'autorizzazione del giudice. N.B: nell'impianto originario del codice vigente il pm non aveva alcun obbligo di interrogare di propria iniziativa l'indagato prima della conclusione delle indagini preliminari. L'indagato quindi poteva apprendere dell'esistenza di un procedimento penale a suo carico solo dopo l'esercizio dell'azione penale. In questo modo rischiava di vedersi sottratta la possibilità di esercitare i suoi diritti difensivi nella fase delle indagini preliminari. Solo se il pm sceglieva di contestare preventivamente la condizione dell'indagato, quest'ultimo aveva la possibilità di fornire contribuiti a suo discarico utili alla ricostruzione dei fatti. A questa ingiustificata limitazione del diritto di difesa aveva posto rimedio il legislatore imponendo al pm di notificare all'indagato la chiusura delle indagini preliminari e l'invito a presentarsi per rendere interrogatorio (art 416). con l'introduzione dell'art 415 bis la presa di contatto tra il pm e l'indagato è divenuta un diritto dell'indagato nell'ambito della procedura innescata dall'avviso di conclusione delle indagini preliminari. Infatti ricevuto l'avviso l'indagato può presentarsi dal pm per rilasciare dichiarazioni o per chiedere di essere interrogato e il pm avrà l'obbligo di procedere all'interrogatorio. – assunzione informazioni da persone che possono riferire circostanze utili ai fini delle indagini. Rispetto all'assunzione di informazioni da parte della pg è chiaro che il potenziale testimone al cospetto del pm, non è soltanto obbligato a dire la verità ma risponde penalmente del rifiuto di rispondere o risponde penalmente della falsità delle sue dichiarazioni. Per particolari delitti come quelli in danno di minori, anche il pm come la pg, è tenuto ad avvalersi dell'ausilio di un esperto in psicologia o in psichiatria infantile quando deve assumere info da persone minori. – Interrogatorio persone imputate in un procedimento connesso a norma dell'art 12. e persone imputate di un reato collegato: L'interrogatorio di tali soggetti va condotto dal pm nelle forme previste dall'art 210. ciò significa che: 1) del dichiarante può essere ordinato l'accompagnamento coattivo. 2) che al dichiarante va garantita l'assistenza difensiva. 3) che il dichiarante ha la facoltà di non rispondere e deve essere avvertito. 4)che se il dichiarante è imputato o indagato per reato connesso o collegato e non ha reso in precedenza dichiarazioni concernenti la responsabilità dell'indagato il pm lo deve avvertire della sua possibile trasformazione immediata in testimone assistito. - Accertamenti tecnici-> 359 e 360. Qualora sia necessario effettuare degli accertamenti, rilievi fotografici, segnaletici, descrittivi o operazioni che richiedano specifiche una specifica competenza professionale, il pubblico ministero può avvalersi di consulenti (nominati tra coloro che risultino iscritte nell’albo dei periti) chiamati a offrire, mediante parere, contributi di natura tecnico-scientifica, fondate su cognizione specialistiche non possedute dall’inquirente. Il ct non può rifiutarsi e possono assistere (con autorizzazione) ad assistere a singoli atti di indagine. (es. una autopsia per determinare la cause di un decesso, l’analisi tossicologica, ricostruzione di una sparatoria….) il pm non è tenuto a coinvolgere indagato e persona offesa. Se questa operazione è: - ripetibile (art 359)-> ossia può essere ripetuta nel corso dell’eventuale dibattimento, la consulenza tecnica si può svolgere senza avviso dell’indagato o della persona offesa e senza la partecipazione dei difensori delle parti. In caso contrario si applica la disciplina art. 360. - non ripetibile (art 360)-> cioè, si tratti di accertamenti tecnici che non potranno essere ripetuti in un futuro eventuale dibattimento, poiché essi riguardano persone, cose o luoghi soggetti a modificazione per cause naturali (ad esempio, esame autoptico o analisi di una sostanza che comporta la distruzione della stessa, subito dopo la sua esecuzione). Poiché in tal caso l’accertamento è destinato ad acquisire rilevanza probatoria e, dunque, a poter essere utilizzato ai fini della decisione del giudice, il pubblico ministero dovrà immediatamente avvisare, l’indagato e la persona offesa (e i rispettivi difensori) del giorno, dell’ora e del luogo dell’accertamento, affinché questi siano posti nelle condizioni di fornire il proprio contributo, eventualmente nominando un consulente tecnico di parte. A questo punto la persona sottoposta ad indagine è posta di fronte ad un'alternativa: 1) nominare un consulente tecnico che ha diritto come il difensore di assistere al conferimento dell'incarico, di partecipare agli accertamenti e di formulare osservazioni e riserve. 2)prima del conferimento dell'incarico può formulare riserva di promuovere incidente probatorio ( per un accertamento tecnico più garantito). Formulata la riserva il pm è tenuto a disporre che non si proceda agli accertamenti, salvo che questi se differiti non possano essere più compiuti. Ed inoltre se il pm nonostante la riserva, ha ugualmente disposto l'accertamento tecnico i relativi risultati non possono essere utilizzati nel dibattimento; ma lo saranno nei riti alternativi. RIFORMA 2017: ai è aggiunto il comma 4 bis: la riserva di incidente probatorio perde efficacia dall’art. 13, 3° comma della Costituzione, che consente all’autorità di pubblica sicurezza di adottare misure provvisoriamente limitative della libertà personale dell’individuo solo < in casi eccezionali di necessità e urgenza indicati tassativamente dalla legge > e impone che tali misure siano successivamente convalidate dall’autorità giudiziaria, entro il termine perentorio di 96 ore, pena la perdita di efficacia. Si tratta quindi di misure provvisorie, che decadono se non convalidate. La nostro costituzione prevede nella materia cautelare una doppia riserva(come già visto): riserva di legge (solo la legge può stabilire i casi di restrizione di libertà personale), riserva di giurisdizione (in tale materia può intervenire solo l’autorità giudiziaria (pm o giudice) con atti motivati). Le misure di restrizione della libertà personale previste dal nostro codice sono : - misure precautelari (vediamo ora) - misure cautelari personali, interdittive o coercitive (già viste). Le misure precautelari sono: - arresto in flagranza (di pertinenza della pg) - fermo di indiziato di delitto (di pertinenza del pm o della pg) - allontanamento d’urgenza dalla casa familiare Queste misure sono consentite solo con riferimento a determinate fattispecie di reato individuate. Arresto e fermo non sono, invece, consentiti quando dalle circostanze del fatto appare che questo è stato compiuto nell’adempimento di un dovere, nell’esercizio di una legittima facoltà o in presenza di una causa di non punibilità. Arresto in flagranza art 380 Si tratta della prima forma di carcerazione preventiva. Titolari del potere di arresto sono gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria. I presupposti per l’esercizio del potere d’arresto sono due: - l’arrestato deve versare in stato di flagranza. È in stato di flagranza: (a) chi sia stato colto nell’atto di commettere il reato (c.d. flagranza propria); (b) chi subito dopo il reato, sia inseguito dalla polizia giudiziaria, dalla persona offesa o da altre persone; (c) chi sia sorpreso con cose o tracce dalle quali appaia che abbia commesso il reato subito prima (c.d. flagranza impropria). È, altresì da considerare in stato di flagranza (c.d. differita) – disposizione introdotta con un decreto legge emanato per contrastare la violenza nel corso di manifestazioni sportive – colui il quale, sulla base di una documentazione video-fotografica dalla quale emerga inequivocabilmente il fatto, ne risulti autore (sempre che l’arresto sia compiuto entro il tempo necessario per la sua identificazione e, comunque, non oltre le 48 ore dal fatto). In alcuni casi è previsto l’arresto anche fuori dai casi di flagranza: o i responsabili del reato di evasione o le persone sottoposte a misure di prevenzione personale che commettano determinati reati o contravvengano a obblighi inerenti tali misure; o gli stranieri che trasgrediscano l’ordine di espulsione o allontanamento pronunciato dal giudice. - il reato flagrante sia ricompreso nell’elenco dei reati per i quali l’arresto è consentito . Al riguardo, la legge processuale introduce una fondamentale distinzione: o arresto in flagranza obbligatorio(art 380): chiunque è colto in flagranza di un delitto non colposo consumato o tentato per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a 5 anni e nel massimo a 20 anni. Nonché (a prescindere dalla pena edittale inflitta) all’arresto di chi sia stato colto in flagranza di uno dei delitti non colposi, consumati o tentati, elencati tassativamente dalla legge: devastazione, saccheggio, delitti contro la personalità dello Stato, riduzione e mantenimento in schiavitù, delitti di stampo mafioso e di natura sessuale. o arresto in flagranza facoltativo(art 381) : chiunque è colto in flagranza di un delitto non colposo, consumato o tentato, per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore a 3 anni oppure di un delitto colposo per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a 5 anni. Nonché (a prescindere dalla pena edittale) dei reati elencati nominativamente dalla legge, consumati e non anche tentati. Si tratta di un potere discrezionale, il cui esercizio può essere giustificato dalla gravità del fatto di reato e dalla pericolosità sociale del soggetto. Nei casi in cui l’arresto è obbligatorio (art 380) il potere di arresto spetta anche ai privati, se si tratta di delitti perseguibili d’ufficio. Si estende a ogni persona, che deve immediatamente consegnare, senza ritardo, l’arrestato e le cose costituenti il corpo del reato alla polizia giudiziaria. La limitazione della libertà persona operata dal privato non deve protrarsi entro il tempo strettamente necessario. L’arresto in flagranza è previsto anche nel caso di resti commessi in udienza.(art 476). Se si tratta di un reato perseguibile a querela, l’arresto in flagranza (obbligatorio o facoltativo) può essere eseguito solo se la querela viene proposta. Fermo di indiziato di delitto art 384 Il fermo di indiziato di delitto, consiste in una privazione della libertà, applicabile quando: - sussistono specifici elementi che fanno ritenere fondato il pericolo di fuga; - sussistono gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato per delitti puniti con l’ergastolo o la reclusione non inferiore a 2 anni e superiore nel massimo a 6 anni oppure di un delitto riguardante le armi da guerra e gli esplosivi o di un delitto commesso per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico. Le finalità dell’istituto sono evidenti: evitare che l’indagato possa darsi alla fuga soprattutto quando, mancando il requisito della flagranza non può procedersi all’arresto. Titolare del fermo è il pm che può disporlo previo assenso scritto del procuratore della repubblica. La polizia giudiziaria può procedere al fermo solo prima che il pm abbia assunto la direzione delle indagini o in particolari situazioni d’urgenza, quali il possesso di documenti falsi, che rendano fondato il pericolo che l'indiziato sia per darsi alla fuga e non sia possibile, per la situazione di urgenza, attendere il provvedimento del pubblico ministero. Allontanamento d’urgenza dalla casa familiare art 384 bis L’articolo 348 bis, disciplina una nuova misura precautelare che si affianca all’arresto e al fermo. E’ stato introdotto con la legge 93/2013 nella prospettiva di una maggiore tutela dei cittadini contro la violenza familiare. Questa misura precautelare è una forma anticipata della misura cautelare vera e propria prevista dall’art. 282bis che tratta dell’allontanamento dalla casa familiare. Gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria hanno facolta' di disporre, previa autorizzazione del pubblico ministero, l'allontanamento urgente dalla casa familiare con il divieto di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa. Si applica: nei confronti di chi e' colto in flagranza dei delitti di cui all'articolo 282-bis, comma 6(tra cui troviamo violazione obblighi di assistenza familiare, abuso dei mezzi di correzione, lesione personale…) quando sussistano fondati motivi per ritenere che le condotte criminose possano essere reiterate ponendo in grave ed attuale pericolo la vita o l'integrita' fisica o psichica della persona offesa. L’intervento è finalizzato a garantire la tutela tempestiva alla vittima dei reati sopra delitti, che non si ferma all’allontanamento del soggetto ma si estende ad obblighi informativi e di assistenza (come es. fornire informazioni relative ai centri antiviolenza presenti sul territorio. Adempimenti Dopo l’esecuzione della misura precautelare, la pg è tenuta a rispettare una serie di obblighi: - dare immediata notizia della misura al pubblico ministero del luogo in cui l’arresto o il fermo è stato eseguito; - avvertire l’arrestato o il fermato della possibilità di nominare un difensore di fiducia (in caso contrario mandare richiesta al pm di nominare il difensore d‘ufficio) - con il consenso dell’arrestato o del fermato dare notizia ai familiari dell’avvenuto arresto o fermo; - porre l’arrestato o il fermato a disposizione del pubblico ministero al più presto e, comunque, non oltre le 24 ore dalla misura, mediante la conduzione del soggetto nella casa circondariale del luogo in cui l’arresto o il fermo sono stati eseguiti; - trasmettere al pubblico ministero il verbale di arresto o fermo, contenente l’eventuale nomina del difensore di fiducia, nonché l’indicazione del giorno, dell’ora e del luogo in cui la misura è stata eseguita. Procedura di convalida art 386 Per quanto concerne la procedura conseguente all’arresto in flagranza e al fermo, essa si caratterizza per la scelta del legislatore di affidare la decisione relativa alla convalida ma ad un organo giurisdizionale, il giudice per le indagini preliminari (GIP). Entro 48 ore dall’arresto o dal fermo, il pubblico ministero richiede la convalida della misura precautelare al giudice per le indagini preliminari, competente in relazione al luogo in cui l’arresto o il fermo è stato eseguito. Nelle 48 ore successive il gip fissa l’udienza di convalida dandone comunicazione al pubblico ministero e al difensore. L’udienza di convalida si svolge nel luogo in cui l’arrestato o il fermato si trova custodito, salvo che, sussistendo eccezionali motivi di necessità e urgenza, il giudice non ne disponga la comparizione davanti a se. L’udienza si celebra in camera di consiglio con la partecipazione necessaria del difensore (questi ha il diritto di analizzare preventivamente e di estrarre copia degli atti su cui si fonda la richiesta) dell’arrestato o del fermato, a pena di nullità assoluta; mentre non è più prevista come necessaria la presenza del pubblico ministero (che se non compare dovrà preventivamente trasmettere al giudice le sue richieste in ordine alla libertà personale del soggetto, altrimenti se presente indica i motivi dell’arresto o del fermo e illustra le richieste). Nel corso dell’udienza di convalida il GIP procede all’interrogatorio dell’arrestato, salvo che questi non abbia potuto o si sia rifiutato di comparire; sente in ogni caso il suo difensore: da ciò si ricava che l’udienza si celebra anche nel caso di legittimo impedimento dell’interessato. Al termine dell’udienza di convalida il giudice decide con ordinanza sulla base degli atti presentati dal pubblico ministero e delle eventuali dichiarazioni dell’arrestato o del fermato. All’organo giurisdizionale spettano due distinte valutazioni (una rivolta al passato che riguarda la valutazione della misura precautelare e l’altra proiettata al futuro): a.a) in primo luogo, deve verificare se l’arresto o il fermo sono stati legittimamente eseguiti e se sono stati osservati i termini previsti (vedi sotto). Se questa prima verifica : hoc non verrà nominato comunque nessun difensore di fiducia. Rientrano anche gli atti del pm come PERQUISIZIONE, SEQUESTRO. Il pm procede come la pg, avvertendo l'indagato ma l'unica differenza è che se il soggetto non ha un difensore di fiducia deve esserne designato uno d'ufficio. Secondo la giurisprudenza comunque sia pg che pm non devono per forza sospendere o ritardare l'atto fino all'arrivo del difensore di fiducia o d'ufficio. La sua presenza è intesa nel senso di pronta reperibilità. c) atti cui il difensore non ha diritto di assistere. Es: ASSUNZIONE DI INFORMAZIONI di eventuali testimoni, INTERROGATORIO di persona imputata in un procedimento connesso, INDIVIDUAZIONE di persone o cose. Per quello che riguarda la documentazione dei verbali di pg e pm: i verbali degli atti ai quali il difensore ha diritto di assistere con o senza preavviso (a e b) sono depositati nella segreteria del pm entro il terzo giorno successivo al compimento dell'atto e il difensore ha la facoltà di esaminarli ed estrarne copia nei cinque giorni successivi. Il difensore ha inoltre la facoltà di esaminare le cose sequestrate nel luogo in cui esse si trovano. Il verbale ha una funzione diversa a seconda che il difensore fosse o meno presente all'atto investigativo: nel primo caso permette all'avvocato di verificare la correttezza della documentazione e di conservarne copia; nel secondo gli consente di apprendere ex post i contenuti ed esiti dell'attività investigativa svolta. 2) le indagini del difensore: Il difensore è autorizzato a ricercare le prove in favore dell'indagato idem per i difensori della persona offesa e altre parti potenziali. In passato solo un articolo facente parte delle disposizioni attuative permetteva al difensore anche a mezzo di sostituti e consulenti tecnici aveva facoltà di svolgere investigazioni per ricercare e individuare elementi di prova a favore del proprio assistito e di conferire con le persone in grado di dare informazioni. Nel 98 ancora prima, il difensore doveva accuratamente evitare ogni contatto con le fonti di prova perchè era passibile di sanzione disciplinare persino l'avvocato che avvicinasse un potenziale testimone per invitarlo a deporre secondo verità. Nel 2000 la materia è stata regolata dall'introduzione di 9 articoli. Art 391 bis e ter: presa di contatto del difensore con le fonti di prova dichiarativa e disciplinando le modalità di documentazione delle dichiarazioni e informazioni ricevute. Il difensore o sostituto o investigatore privato autorizzato o consulenti tecnici sceglie se: a)conferire con le persone in grado di riferire tali notizie nell'ambito di un colloquio non documentato. b) possono chiedere alle persone informate sui fatti di rilasciare una dichiarazione scritta. Che sarà sottoscritta dal dichiarante ed è autenticata dal soggetto che svolge l'indagine (difensore) il quale è tenuto a indicare con una relazione: la data in cui ha ricevuto la dichiarazione, le proprie generalità e quelle del dichiarante e i fatti sui quali verte la dichiarazione. Il dichiarante da atto di aver avvertito il dichiarante di: - della propria qualità e dello scopo del colloquio – se intendono conferire o ricevere dichiarazioni o assumere informazioni e indicare le modalità e forme di documentazione – obbligo di dichiarare se sono sottoposte ad indagini o imputate nello stesso procedimento o procedimento connesso o per un reato collegato – della facoltà di non rispondere o di non rendere la dichiarazione – del divieto di rivelare le domande eventualmente formulate da pg o pm e le risposte date (per evitare che tale audizione si trasformi in uno strumento per sondare la strategia investigativa della controparte. Il pm dispone un ulteriore divieto per evitare le interferenze dell'indagine difensiva vietando alle persone sentite di comunicare i fatti e le circostanze dell'oggetto dell'indagine di cui hanno conoscenza per un periodo non superiore a due mesi) – delle responsabilità penali conseguenti alla falsa dichiarazione se la persona accetta di rendere dichiarazioni è obbligata a dire la verità e risponde penalmente dell'eventuale falsità di quanto dichiarato. La persona informata sui fatti può avvalersi della facoltà di non rendere dichiarazioni al difensore o sostituto ecc. A questo punto il difensore che non vuole rinunciare al contributo informativo di tale soggetto ha a disposizione due soluzioni: la prima è chiedere al PM di disporre l'audizione della persona informata sui fatti. Il pm ricevuta la richiesta dispone l'audizione entro 7 giorni dalla richiesta (deve essere effettuata, non semplicemente fissata). Il difensore indica nella richiesta su quali circostanze deve essere sentito il soggetto e le ragioni per cui si ritiene utile l'audizione ai fini delle indagini. L'audizione si svolge in presenza del difensore e del pm. Il primo a formulare le domande è l'avvocato, segue poi il pm che deve rimanere entro i confini di quanto contenuto nella richiesta. La seconda possibilità si svolge nelle forme dell'incidente probatorio al cospetto del GIP. E tale richiesta la si può fare anche al di fuori delle ipotesi classiche dell'incidente probatorio. Sulla richiesta il gip provvede con ordinanza. Cosa è vietato al difensore? Il difensore non può acquisire notizie dal responsabile civile e dalla persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria, né da coloro che nel medesimo procedimento svolgono o hanno svolto funzione di giudice, pm, ausiliario, e neppure dagli altri difensori che hanno svolto indagini o cooperato alla documentazione di tali indagini. È invece concesso conferire, ricevere dichiarazioni scritte o assumere info da imputati o indagati nello stesso procedimento, procedimento connesso o per un reato collegato. Però tali soggetti devono essere necessariamente assistiti da un difensore che dovrà ricevere il relativo avviso almeno 24 ore prima del compimento dell'atto e se la persona è priva di difensore il giudice su richiesta del difensore che procede alle investigazioni, dispone la nomina di un difensore d'ufficio. Essi non si trasformeranno in testimoni assistiti. Diversa è la situazione in caso di soggetti che non essendo imputati o indagati rendono dichiarazioni dalle quali emergono indizi di reità a loro carico. Il difensore in questo caso è tenuto a interrompere l'assunzione di informazioni e le dichiarazioni già rese non potranno essere utilizzate contro la persona da cui provengono. n.b: le dichiarazioni e info assunte in violazione di queste disposizioni non possono essere utilizzate . c) possono chiedere alle persone informate sui fatti di rendere informazioni documentate dallo stesso difensore o sostituto. Art 391 quater ricerca di prove reali: Regola i rapporti tra difensore e pubblica amministrazione che detenga documenti rilevanti per l'investigazione difensiva. Il difensore può chiedere di prendere visione dei documenti in possesso della pubblica amministrazione e di estrarne copia a sue spese. L'istanza deve essere rivolta all'amministrazione che ha formato il documento o lo detiene stabilmente. In caso di rifiuto da parte dalla p.a, il difensore può chiedere al pm che questo disponga il sequestro dei documenti. Se il pm non ritiene di accogliere la richiesta è tenuto a trasmettere gli atti col suo parere al gip affinchè decida. Art 391 sexies, septies, decies regolano l'accesso dei difensori a luoghi pubblici o privati per prenderne visione o effettuare accertamenti di vario tipo. Quando effettuano un accesso per prendere visione dello stato dei luoghi o delle cose ovvero per procedere alla loro descrizione o per eseguire dei rilievi, il difensore o chi per lui può redigere un verbale nel quale sono riportati: data e il luogo dell'accesso, le proprie generalità e quelle delle persone intervenute, la descrizione dello stato dei luoghi e delle cose, l'indicazione degli eventuali rilievi. E verrà sottoscritto. In occasione dell'accesso a tali luoghi possono compiere anche atti non ripetibili costituenti o meno accertamento tecnico. 1)Se costituiscono accertamento tecnico il compimento dell'atto deve essere preceduto da un avviso al pm senza ritardo per le facoltà esercitabili ex art 360 (nomina il proprio ct, avanza riserva di promuovere incidente probatorio, chiedere che l'accertamento tecnico sia svolto nelle forme della perizia). Se il difensore dispone ugualmente l'accertamento il risultato non sarà utilizzabile in dibattimento anche se non poteva essere differito in alcun modo. Nonostante la legge imponga di avvisare solo il pm, nulla vieta al difensore di estendere il contraddittorio anche ad altre parti. 2) se sono atti non ripetibili che si risolvono in semplici rilievi o accertamenti di natura non tecnico scientifica, il difensore non ha l'obbligo di preavvisare del compimento dell'atto neppure il pm ma quest'ultimo anche delegando la pg, ha la facoltà di assistervi. Art 391 septies: accesso a luoghi privati o non aperti al pubblico senza che vi sia il consenso di chi ne ha la disponibilità. Visto che entra in gioco l'inviolabilità del domicilio l'accesso DEVE ESSERE AUTORIZZATO dal giudice che deciderà sulla richiesta difensiva avendo fatto il bilanciamento tra il sacrificio del privato e la rilevanza della prova che il difensore intende procurarsi. La decisione è adottata con decreto motivato e specifica come deve essere eseguito l'atto. Non è chiaro se il difensore debba sempre chiedere il consenso alla persona interessata o se possa munirsi di un'autorizzazione preventiva. Sembra preferibile la seconda soluzione perchè l'accesso a un luogo privato può rivelarsi in molti casi proficuo solo se l'atto investigativo è compiuto a sorpresa. VALORE PROBATORIO DELLE INVESTIGAZIONI l'originario assetto codicistico prevedeva che il difensore non aveva alcuna possibilità di presentare direttamente al giudice gli elementi probatori favorevoli al proprio assistito. E nemmeno i giudici di qualsiasi grado potevano avvalersi per decidere di materiali cognitivi raccolti dalla difesa. Questa situazione creava un deficit di tutela difensiva e disparità di trattamento. La prassi per rimediare allora aveva escogitato varie soluzioni poco soddisfacenti. Una prima possibilità era ritenere ammissibile a dibattimento la testimonianza del difensore sul contenuto delle informazioni assunte nel corso dell'indagine difensiva, previa dismissione del proprio mandato. Una seconda possibilità era considerare la documentazione del difensore come una prova documentale, ma le indagini del difensore erano più atti processuali che documenti. E allora la difensore non restava che rivolgersi al pm affinchè acquisisse i medesimi elementi nell'ambito della propria indagine ma il pm non era nemmeno obbligato ad assecondare tali richieste. Nel 2000 il quadro cambia. L'art 391 octies commi 1 e 2 prevede due situazioni diverse a seconda che il GIP debba adottare una decisione “con l'intervento della parte privata” oppure una decisione per la cui adozione “ non è previsto l'intervento” della medesima. Nel primo caso il difensore può presentare direttamente al giudice elementi di prova favorevoli al proprio assistito. Nel secondo caso la difesa può agire in via preventiva: cioè il difensore che abbia a conoscenza un provvedimento penale a carico del proprio assistito e abbia acquisito elementi di prova favorevoli a questo soggetto può presentare direttamente tali elementi al giudice affinchè ne tenga conto nell'eventualità che debba essere adottata una decisione che non contempla nessun interpello. Lo strumento processuale volto a garantire la conoscenza degli atti difensivi è il fascicolo del difensore formato e conservato presso l'ufficio del gip. Nulla vieta comunque al difensore che nel corso delle indagini preliminari presenti anche al pm gli elementi in favore del proprio assistito. Come può presentarli anche in udienza preliminare. Eccezionalmente gli atti investigativi del difensore possono assumere valore di prova anche a dibattimento ed essere utilizzati dal giudice del dibattimento per l'emanazione degli atti di sua competenza. Che destino segue il fascicolo del difensore? In primo luogo al termine dell'udienza preliminare vanno inseriti nel fascicolo per il dibattimento insieme agli atti del pm e pg, anche - pubblico ministero - persona sottoposta alle indagini e difensore - la persona offesa può semplicemente sollecitare il pubblico ministero ad avanzare richiesta di incidente probatorio. (394) nel corso dell'udienza preliminare: la richiesta è estesa all'-imputato e alle altre -parti private costituite. La richiesta indica, a pena d’inammissibilità: (a) la prova da assumere, i fatti che ne costituiscono l’oggetto e la ragione della sua rilevanza per la decisione dibattimentale; (b) le persone nei confronti delle quali si procede per i fatti oggetto della prova; (c) le circostanze che rendono la prova non rinviabile al dibattimento. Essa va presentata nel corso delle indagini preliminari entro la scadenza dei termini investigativi o a indagini concluse nel segmento temporale compreso tra l'avviso ex 415 bis e l'inizio dell'udienza preliminare. - presso la cancelleria del GIP, se nel corso della fase investigativa - presso la cancelleria del GUP, se nel corso dell’udienza preliminare Deve essere notificata a tutte le parti interessate a cura di chi l’ha proposta (pm, indagato e difensore e alle persone nei confronti delle quali si procede) i quali, entro 2 giorni possono la presentare le proprie deduzioni contrarie in merito (circa l’ammissibilità della richiesta, depositare cose, produrre documenti…). La decisione del giudice sulla richiesta può essere preceduta da un contraddittorio di tipo cartolare tra le parti ex 396. Il pubblico ministero può chiedere che il giudice disponga il differimento dell’incidente probatorio richiesto dall’indagato quando la sua esecuzione pregiudicherebbe uno o più atti d’indagine preliminare. Il differimento non è accolto se pregiudicherebbe l’assunzione della prova. Dopo la scadenza del termine per le deduzioni il giudice (gip o gup) deve decidere sulla richiesta di incidente probatorio con ordinanza (da ritenersi inoppugnabile); Tre sono i possibili contenuti della decisione: (a) dichiarazione d’inammissibilità della richiesta; (b) rigetto della stessa, per mancanza dei requisiti fissati dall’art. 392; (c) accoglimento , nel qual caso il giudice provvede a indicare l’oggetto della prova, le parti interessate all’assunzione della stessa in base alla richiesta e alle deduzioni e fissa data, ora e luogo dell’udienza camerale per la raccolta della prova ( tra il provvedimento e l'udienza non può intercorrere un termine di oltre 10 giorni). (398) il giudice fa notificare all'indagato, persona offesa e difensori e pm l'avviso del giorno, ora e luogo almeno 2 giorni prima della data fissata. L’udienza si celebra in camera di consiglio con la partecipazione necessaria del pubblico ministero e del difensore dell’indagato. La partecipazione del difensore della persona offesa è invece facoltativa. L’indagato e la persona offesa hanno diritto di assistervi quando si deve esaminare un testimone o un’altra persona, mentre negli altri casi possono parteciparvi solo previa autorizzazione del giudice. Quando la prova da assumere riguarda un minore e il procedimento riguardi reati di natura sessuale (violenza, prostituzione, pornografia), il giudice può disporre che l’udienza si svolga secondo modalità particolari, finalizzate a non traumatizzare il soggetto coinvolto: si tratta di una vera e propria < audizione protetta > che può svolgersi anche in un luogo diverso dal tribunale (es. la stessa casa di abitazione del minore); il minore potrà essere sentito supportato da uno psicologo che gli rivolge nel modo più consono le domande poste dal giudice e dalle parti (in ogni caso il contraddittorio dovrà essere garantito mediante strumenti audiovisivi che garantiscano a quest’ultimi di vedere e sentire il minore). La corte cost ha esteso queste modalità anche nei confronti di un soggetto maggiorenne infermo di mente. Inoltre su richiesta delle parti interessate queste modalità possono essere applicate anche nei confronti di una persona maggiorenne in condizione di particolare vulnerabilità. Le prove sono assunte con le forme stabilite per il dibattimento. Di regola è vietato estendere l’assunzione della prova a fatti riguardanti persone diverse da quelle i cui difensori partecipano all’incidente probatorio, idem per le verbalizzazioni delle dichiarazioni riguardanti tali soggetti. Tuttavia, ove se ne presenti la necessità il pm o il difensore dell’indagato chiede che la prova si estenda anche a tali fatti e relative dichiarazioni e il giudice, se ne ricorrono i presupposti, e ciò non pregiudica l’assunzione della prove, dispone le necessarie notifiche e rinvia l’udienza per il tempo strettamente necessario (non più di 3 giorni). Le prove assunte nel corso dell’incidente probatorio sono documentate in un apposito verbale, destinato ad essere inserito nel fascicolo per il dibattimento e ad acquisire valore di prova (in dibattimento) a seguito di lettura o indicazione specifica, soltanto nei confronti degli imputati i cui difensori abbiano partecipato alla loro assunzione. Per Chi non ha potuto usufruire dell'assistenza difensiva nel corso dell'udienza, le prove raccolte non possono essere utilizzate nei suoi confronti (ma solo in dibattimento). La regola dell'inutilizzabilità vale anche nei confronti dell'imputato che non è stato difeso nell'incidente probatorio perchè non risultava ancora attinto da indizi di colpevolezza quando la prova è stata acquisita a meno che il suo difensore abbia comunque partecipato all'assunzione della prova e sempre che la ripetizione dell'atto sia ancora possibile nel momento in cui emergono indizi di reità. LA CHIUSURA DELLE INDAGINI PRELIMINARI E RAGIONEVOLE DURATA DEL PROCEDIMENTO Dopo aver svolto tutte le attività necessarie ai fini delle determinazioni inerenti l’esercizio dell’azione penale, il pubblico ministero si trova a scegliere tra due alternative: (a) l’esercizio dell’azione penale, è l’atto con il quale il pubblico ministero (ritenendo che esistono elementi sufficienti per sottoporlo a giudizio) formula l’imputazione, instaurando il processo e innescando così quella sequenza rituale destinata a sfociare nell’emanazione di una sentenza; (b) la richiesta di archiviazione, è l’atto con il quale il pubblico ministero manifesta la volontà di non esercitare l’azione penale con riferimento ad una determinata notizia di reato. L'obbligo di esercitare l'azione penale gli impone uno sforzo di accertamento completo e rigoroso, ma il suo operare non può protrarsi indefinitamente. Entrano in gioco la tempestività delle indagini e il fatto di non poter assoggettare la persona ad un'inchiesta troppo lunga e intrusiva, segreta o scoperta che sia. Mediando tra queste esigenze il legislatore fissa un tempo massimo perchè il pm indaghi e decida: tempo diversamente graduato a seconda della gravità dei reati come affermato dall'art 405, e prorogabile anche più volte entro un termine ultimo modulato anch'esso a seconda dal tipo di reato e alla complessità dello scenario investigativo. Se il pubblico ministero non rispetta i limiti temporali fissati dalla legge, l'azione penale non sarà preclusa ma eventuali operazioni investigative debordanti sono sanzionate con l'inutilizzabilità degli atti compiuti oltre il termine. L'azione deve essere esercitata tramite richiesta di rinvio a giudizio entro 6 mesi dall'iscrizione del nome della persona alla quale il reato è attribuito nel registro delle notizie di reato. Il termine è di 1 anno nel caso in cui si proceda per certi gravi delitti. Entro lo stesso termine dettato dall'art 405 o in quello successivamente individuato dalle proroghe, deve essere richiesta l'archiviazione. Nel caso in cui il pm intenda esercitare l'azione, basta che prima dello scadere del termine venga inviato l'avviso di conclusione delle indagini. I termini sono suscettibili di proroga, su richiesta del pm. Per la prima proroga è sufficiente una giusta causa, mentre le proroghe successive richiedono ragioni più rigorose ossia casi di particolare complessità delle indagini o di oggettiva impossibilità a concluderle entro il termine prorogato (406) Ciascuna proroga non dovrà essere superiore ai 6 mesi. In alcuni casi specificatamente indicati la proroga può essere concessa una sola volta (es. maltrattamenti contro familiari, omicidio stradale…) come si desume dall'art 407.1 in ogni caso le indagini preliminari comprensive di proroghe, non possono superare i 18 mesi complessivi, che si estendono a 2 anni in casi di : - gravi delitti - indagini complesse per molteplicità del fatti ed elevato numero di indagati - compimento atti all’estero - indagini collegate. La sanzione processuale per il superamento dei termini sarà l’inutilizzabilità degli atti compiuti oltre il termine. Il procedimento sulla proroga->si svolge con un contraddittorio cartolare, Il pm ne fa richiesta indicandone i motivi, la richiesta di proroga è notificata a cura del gip, all’indagato e alla persone offesa che abbia dichiarato di essere informato, avvisandoli della possibilità di presentare memorie al giudice entro 5 gg. dalla notifica. Entro 10 giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle memorie il giudice decide: - se ritiene di accogliere la proroga autorizza l'estensione delle indagini con ordinanza la proroga in camera di consiglio, senza contraddittorio. (quando si presenta un caso per i reati di schiavitù, associazione a delinquere, associazione mafiosa, ecc, il giudice pronuncia sulla richiesta entro 10 gg, senza contraddittorio) - se ritiene di non concederla fissa un’udienza, in un contradditorio camerale ex 127 notificando avviso al PM, all’indagato e all’offeso. Al termine dell’udienza deciderà se concederla o meno (se non a concede impone al pm di prendere subito una decisione: archiviazione o esercizio azione penale. Gli atti compiuti nelle more del procedimento di proroga sono utilizzabili salvo che in ipotesi di diniego gli stessi siano compiuti oltre lo spirare del termine originariamente previsto per le indagini. Importante è la riforma del 2017 sull'art 407 con il nuovo comma 3 bis. Le conseguenze determinate dal mancato rispetto dei tempi riguardano solo l'utilizzabilità degli atti, non coinvolgono invece la corretta instaurazione del processo. All'esigenza di garantire il rispetto dei tempi previsti ai fini delle determinazioni del pm sono rivolte le modifiche 2017. non più agganciato all'iscrizione della notizia di reato e rapportato ai tempi di durata delle indagini, il limite definitivo della fase preliminare viene spinto oltre. Il nuovo comma 3 bis nella prospettiva di garantire la tempestività delle determinazioni del pm prevede un duplice dies a quo, fissa un dies a quem, contempla deroghe e allestisce una via di fuga. Il ogni caso il pm è tenuto ad esercitare ad esercitare l'azione penale o a richiedere l'archiviazione entro il termine di tre mesi dalla scadenza del termine massimo di durata delle indagini e comunque dalla scadenza dei termini ex art 415 bis. Questi termini rappresentano il duplice dies a quo. Però vi è una duplice deroga che concerne taluni procedimenti già considerati caratterizzati da complessità per i quali il legislatore prevede tempi di indagine più ampi ai sensi dell'art 407.2. in questo caso su richiesta presentata dal pm prima della scadenza, il procuratore generale presso la corte di appello può prorogare con decreto motivato il termine per non più di tre mesi dandone notizia al procuratore della POTERE DI CONTROLLO DEL GIP SULL'OBBLIGO DI AGIRE e PROCURATORE GENERALE: l'esito delle procedura camerale innestata dalla richiesta di archiviazione può avere epiloghi differenti. Il giudice deve esplicare il suo compito di tutore del principio di obbligatorietà dell'azione. Ha dei poteri coattivi speculari alle mancanze dell'organo di accusa. Da un lato può imporre al pm di approfondire le investigazioni, dall'altro può ordinargli di formulare l'imputazione per concorrere poi ad aprire la fase processuale. Se opta per ulteriori indagini indica al pm anche un termine indispensabile per lo svolgimento delle stesse. Il termine in questo caso è del tutto indipendente dai termini di durata massima delle indagini. Il pm può non ottemperare alle indicazioni del giudice, può manifestare l'intenzione di non procedere. Ed è in questi casi che scatta il potere affidato al PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO che oltre ad esercitare il potere di vigilanza, esercita quello di avocazione a se delle indagini. All'inerzia del pm l'art 412 dispone che se il pm non esercita l'azione penale o non richiede l'archiviazione nel termine previsto dall'articolo 407 c3 bis, il procuratore generale dispone con decreto motivato l'avocazione delle indagini. Una volta avocate a se il procuratore svolge le indagini preliminari indispensabili e formula le sue richieste entro 30 giorni dal decreto di avocazione. Non è stata toccata dalla riforma del 2017 nemmeno la previsione per la segreteria del pm dell'onere di dar notizia al procuratore generale di eventuali situazioni di stallo, trasmettendogli ogni settimana un elenco delle notizie di reato contro persone note per le quali non è stata esercitata l'azione penale o richiesta di archiviazione entro il termine previsto dalla legge o prorogato dal giudice. Per non sovraccaricare il procuratore, l'avocazione è consentita solo nei casi di macroscopica ingiustificata protrazione dell'inerzia nell'esercizio dell'azione. L'art 413 invece prevede un potere di sollecitazione nei confronti del procuratore generale dall'indagato o persona offesa dal reato. Entrambe possono chiedergli di disporre l'avocazione a norma del 412. disposta l'avocazione il procuratore svolge le indagini preliminari indispensabili e formula le sue richieste entro 30 giorni dalla richiesta avanzata. Il compito di vigilanza del procuratore generale riguarda non solo il rispetto dei tempi ma anche la gestione delle indagini. E a tal proposito esercita un potere discrezionale quando ritiene negligente, insufficiente o malcondotta l'azione investigativa o non concordi sulla richiesta di archiviazione del pm. INDAGINI A CARICO DI SOGGETTI IGNOTI: 415: quando è ignoto l’autore del reato, il pm entro 6 mesi dalla data della registrazione della notizia di reato, presenta al giudice richiesta di archiviazione ovvero di autorizzazione a proseguire le indagini. Quando accoglie la richiesta di archiviazione o di autorizzazione a proseguire le indagini, il giudice pronuncia decreto motivato e restituisce gli atti al pm. Se ritiene che il reato sia da attribuire a persona già individuata ordina che il nome di questa sia iscritto nel registro delle notizie di reato, il nuovo comma 2 bis della riforma del 2017 stabilisce che il termine previsto dall'art 405.2 decorre non dall'iscrizione del nome nel registro delle notizie di reato, ma dal dal provvedimento del giudice. Nell’ambito di investigazioni che si svolgono a carico di soggetti ignoti, il pm è tenuto a rivolgersi al gip per diversi motivi e in diversi momenti dell’indagine. In particolare: il pm può chiedere al giudice in qualsiasi momento, l’archiviazione del caso. Se però il giudice dissente o la persona offesa si oppone la decisione dovrà essere adottata in udienza camerale ex 409. Tuttavia una volta chiesta ed ottenuta l’archiviazione, il pm potrebbe tornare ad indagare contro ignoti o nei confronti di un soggetto determinato senza aver chiesto la riapertura delle indagini al giudice. Inoltre il pm chiede l’archiviazione per essere l’autore del reato ignoto quando: ritiene di non aver reperito nel corso delle indagini alcun elemento di prova idoneo a condurre all’identificazione di un possibile colpevole; di non aver svolto tutte le indagini necessarie al fine di pervenire a tale identificazione. Se il giudice non condivide questa seconda opinione ritenendo che la mancata individuazione del potenziale imputato debba essere addebitata all’inefficienza dell’inquirente, invita il pm a svolgere ulteriori indagini. Il pubblico ministero decorsi 6 mesi dalla data di registrazione della notizia di reato senza aver individuato l’autore dello stesso deve rivolgersi al gip per ottenere l’autorizzazione a proseguire le indagini. Se il gip autorizza la prosecuzione delle indagini deve pronunciare il relativo decreto motivato e restituire gli atti al pm. In caso contrario il giudice ordina l’iscrizione del nome della persona da sottoporre alle indagini nel registro delle notizie di reato. ESERCIZIO DELL’AZIONE PENALE Prima di procedere all’esercizio dell’azione penale il pm deve notificare alla persona sottoposta alle indagini e al suo difensore un “avviso di conclusione delle indagini preliminari” (ex art. 415-bis) contenente : - la sommaria enunciazione del fatto per il quale si procede - le norme di legge che si assumono violate - la data e il luogo del fatto - l’avvertimento che la documentazione relativa alle indagini espletate è depositata presso la segreteria del pubblico ministero e che l’indagato e il suo difensore hanno la facoltà di prenderne visione ed estrarne copia. A seguito di tale notifica l’indagato ha diritto di : - chiedere di essere sottoposto a interrogatorio - presentare memorie e documentazioni - chiedere al pm lo svolgimento di ulteriori indagini. (in questo ultimo caso le ulteriori investigazioni devono essere svolte entro 30 gg). La finalità della norma è quella di garantire un’adeguata possibilità di difesa all’indagato prima che il pm eserciti l’azione, ed eventualmente anche al fine di convincerlo a chiedere l’archiviazione. L’UDIENZA PRELIMINARE La richiesta di rinvio a giudizio (416) costituisce l’atto introduttivo per l’udienza preliminare. Con essa il pm chiede che l'imputato sia chiamato a rispondere in sede dibattimentale del reato. La decisione sulla richiesta del pm viene adottata all'esito di un'apposita udienza celebrata da un magistrato appartenente all'ufficio del gip. Se all'esito dell'udienza il gup ritiene che sussistano i presupposti per l'accoglimento della richiesta del pm, emana il decreto che dispone il giudizio (429), indicando all'imputato il luogo, giorno, ora della sua comparizione di fronte al giudice del dibattimento. In caso contrario pronuncia sentenza di non luogo a procedere (425). L’udienza preliminare svolge una funzione essenziale: evita dibattimenti inutili che possono essere risparmiati a causa di proscioglimento nell’udienza preliminare o permette la celebrazione di un rito speciale (patteggiamento e giudizio abbreviato). La richiesta di rinvio a giudizio deve essere depositata presso la cancelleria del GUP, unitamente al fascicolo contenente la notizia di reato, alla documentazione relativa alle indagini espletate, ai verbali degli atti compiuti e corpo del reato e alle cose pertinenti al reato se non debbano essere custoditi altrove. Essa deve contenere:  generalità dell’imputato e della persona offesa dal reato;  imputazione, ossia enunciazione del fatto;  indicazione delle fonti di prova acquisite;  domanda di emissione del decreto che dispone il giudizio;  data e sottoscrizione. La richiesta di rinvio a giudizio è nulla se non è preceduta dall'avviso di conclusione delle indagini preliminari previsto dall'articolo 415bis, nonché dall'invito a presentarsi per rendere l'interrogatorio, qualora la persona sottoposta alle indagini abbia chiesto di essere sottoposta ad interrogatorio. (art 416). Entro 5 giorni dal deposito di tale richiesta, il GUP fissa con decreto il giorno, l’ora e il luogo dell’udienza in camera di consiglio, provvedendo anche alla nomina di un difensore d'ufficio se l'imputato non ne possiede uno di fiducia. Tra la data di deposito della richiesta e la data dell’udienza NON può intercorrere un termine superiore a 30 giorni (418). Il GUP, almeno 10 giorni prima della data dell’udienza, provvede a fare notificare l’avviso del giorno, dell’ora e del luogo dell’udienza a tutte le parti, a pena di nullità: - all’imputato (con l’avvertimento che in caso di mancata comparizione si applicheranno le disposizioni di cui agli articoli 420-bis, 420-ter, 420-quater e 420-quinquies, ossia quelle previste in caso di assenza) e alla persona offesa. - al difensore (che deve essere avvertito della facoltà di prendere visione degli atti) - al pm - al responsabile civile e alla persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria. - Alla persona offesa - ed è comunicato al pm L’udienza preliminare non avrà luogo: - nell’ipotesi in cui l’imputato rinuncia all'udienza preliminare, il giudice emette decreto di giudizio immediato, ossia l’instaurazione immediata del giudizio dibattimentale, con dichiarazione presentata almeno 3 giorni prima dell’udienza fissata, e notificata al pm e alla persona offesa (saltando in questo modo l’udienza preliminare) Inoltre l’imputato all’opposto può richiedere giudizio abbreviato (definendo il processo nell’udienza preliminare ed evitando il dibattimento). L’udienza preliminare si svolge in camera di consiglio (non è dunque pubblica) con la partecipazione necessaria del pubblico ministero e del difensore dell’imputato (420)[se questi non è presente il giudice nomina un difensore d’ufficio, salvo il caso in cui risulta che l’assenza del difensore è dovuta a legittimo impedimento; in questo caso il giudice deve rinviare l’udienza]. Non è invece prevista come necessaria la presenza dell’imputato che può scegliere liberamente se presenziare o meno all’udienza. Sarà però indispensabile verificare se la sua mancata comparizione sia frutto di una scelta o se dipenda da altre ragioni: come la mancata conoscenza dell’avviso di fissazione dell’udienza o il ricorrere di un legittimo impedimento a comparire (o forza maggiore ovvero caso fortuito). Per cui: – articolo 420 in primo luogo deve verificare se l'imputato ha avuto conoscenza legale dell'udienza e non ricorrano ipotesi di nullità dell'avviso o della sua notificazione, e in caso di nullità ordinare la rinnovazione dell'avviso o della notificazione. – 420 bis, 420 quater, 420 quinquies occorre verificare se l'imputato regolarmente avvisato, abbia avuto o meno l'effettiva conoscenza dell'avviso o dell'esistenza del procedimento penale a suo carico. Fino all'entrata in vigore nel 2014 di una legge, l'ordinamento processuale accettava il rischio che l'udienza preliminare e il dibattimento si svolgessero all'insaputa dell'imputato. Si procedeva in contumacia dell'imputato, bastava la probabilità che l'imputato avesse avuto effettiva conoscenza dell'avviso di udienza preliminare; a volte addirittura si procedeva in contumacia quando era certo che l'imputato non avesse avuto effettiva conoscenza di tale avviso o di un procedimento penale a loro carico. Questo aveva portato a delle censure da parte ella corte europea dei diritti dell'uomo e nel 2014 si cancellò la figura della contumacia sancendo che: il processo deve essere sospeso quando, assente l'imputato, non vi sia la ragionevole certezza che egli abbia avuto effettivamente conoscenza quanto meno dell'esistenza del procedimento a suo carico. Non è sospeso se
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