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Compendio procedura penale parte 2 - CONSO GREVI, Sintesi del corso di Diritto Processuale Penale

Sintesi compendio di procedura penale dal capitolo IV (misure cautelari) al capitolo IX (impugnazioni), più cenni sul capitolo X relativo all'esecuzione. nella sintesi sono inseriti riquadri con gli articoli del codice per uno studio più veloce.

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

In vendita dal 28/05/2019

Beatrice.Paolini
Beatrice.Paolini 🇮🇹

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Scarica Compendio procedura penale parte 2 - CONSO GREVI e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Processuale Penale solo su Docsity! 1 CAPITOLO IV – MISURE CAUTELARI 1.Premessa. Il sistema delle misure cautelari Il libro IV del codice di procedura penale è dedicato alla disciplina delle misure restrittive per esigenze cautelari ed è diviso in due titoli:  Misure cautelari personali  Misure cautelari reali Non trova collocazione in questo libro la disciplina dell’arresto in flagranza e del fermo, nè dell’accompanamento coattivo (perchè atto volto non a finalità cautelari ma diretto a soddisfare determinate esigenze di indagine o di accertamento). Le misure non possono essere adottate allo scopo di ottenere dall’imputato quelle condotte collaborative il cui rifuto rientra nel diritto alla difesa. La legge 332 del 1995 segue questa tendenza rafforzando le garanzie individuali dedicando apposita previsione al tema dei rapporti tra diritto al silenzio dell’imputato e misure cautelari. Attenzione. Nel corso delle indagini preliminari la persona a carico della quale venga dispsota una misura cautelare non avrà ancora assunto la qualità di imputato (ma di persona gravemente indiziata). 2.Riserva di legge e riserva di giurisdizione in materia di misure cautelari personali Principio di legalità. Art. 272: le libertà della persona posssono essere limitate con misure cautelari soltanto a norma delle disposizioni del presente titolo. “soltanto”  profilo garantistico del principio sotto il profilo della tassatività. Riserva di giurisdizione. Art. 279. Norma generale attributiva della competenza funzionale. Stabilendo che sia su applicazione che su revoca che su vicende modificative delle misure cautelari personali la competenza a provvedere spetta sempre al giudice che procede, questo art. si riferisce in sostanza al giudice competente all’esercizio della giurisdizione nelle diverse fasi del procedimento. In tal modo viene riservata all’organo giurisdizionale la titolarità esclusiva dei poteri in materia di restrizioni della libertà personale, riconoscendo al PM unicamente il potere di disporre il fermo di indiziati. 3.I presupposti del fumus commissi delicti e del periculum in libertatis Gravi indizi di colpevolezza. Art. 273 co 1: individua quali condizioni generali di applicabilità delle misure in questione la sussistenza a carico del destinatario di gravi indizi di colpevolezza, con l’evidente proposito di accentuare la consistenza della piattaforma indiziaria indispensabile per l’adozione di qualunque misura cautelare personale. (attenzone. Dice indizi e non prove). Tutto questo impone alla competente autorità un sia pur sommario accertamento negativo circa la sussistenza di una delle cause di giustificazione o di non punibilità, ovvero di estinzione del reato o della pena. Art. 273. Condizioni generali di applicabilità delle misure. 1. Nessuno può essere sottoposto a misure cautelari se a suo carico non sussistono gravi indizi di colpevolezza. 1-bis. Nella valutazione dei gravi indizi di colpevolezza si applicano le disposizioni degli articoli 192, commi 3 e 4, 195, comma 7, 203 e 271, comma 1. 2. Nessuna misura può essere applicata se risulta che il fatto è stato compiuto in presenza di una causa di giustificazione o di non punibilità o se sussiste una causa di estinzione del reato ovvero una causa di estinzione della pena che si ritiene possa essere irrogata. Art. 279. Giudice competente. 1. Sull'applicazione e sulla revoca delle misure nonché sulle modifiche delle loro modalità esecutive, provvede il giudice che procede. Prima dell'esercizio dell'azione penale provvede il giudice per le indagini preliminari. 2 Criteri di valutazione degli indizi: art. 273 co. 1bis: vengono richiamate allo scopo alcune specifiche previsioni:  Art. 203  Art. 195 co. 7 che rappresenta la base normativa di riferimento in tema di esclusione delle tesimonianze indirette anonime. Inutilizzabilità della dichiarazione riferita da qualcuno che dice di avver appreso quello che dichiara da un’altra persona però non si ricorda chi gli ha fatto quella dichiarazione.  Art. 192 co. 3 e 4. (per esempio la testimonianza del pentito deve essere “vestita” di qualche altro elemento di conferma). Ai fini della valutazione circa la sussistenza dei gravi indizi necessari per l’adozione di una misura, il giudice potrà tenere conto delle dichiarazioni provenienti da persone che siano imputate dello stesso reato o in un procedimento connesso o di reato collegato, se le medesime dichiarazioni risultino corredate da altri elementi probatori idonei a confermarne l’attendibilità.  Art. 271 co. 1. Mira esclusivamente a precisare come il regime di inutilizabilità ivi sancito in tema di intercettazioni telefoniche debba ritenersi esteso in toto. Conseguenze: 1. Ne risulta notevolmente irrigidito il criterio di apprezzamento dei gravi indizi di colpevolezza ilevanti nel contesto cautelare, al punto da essere equiparato a quello prescritto per la prova della colpevolezza, con la conseguenza di restringere senza dubbio, in ipotersi del genere, la possiibilità di adozione delle misure cautelari (di tutte, non solo della custodia cautelare). 2. Il provvedimento applicativo di una misura cautelare finisce per caricarsi di un peso assai gravoso sulla sorte processuale dell’imputato, rispetto al quale sarà difficile escludere l’incidenza negativa di quello che sembra configurarsi come un anticipato giudizio di colpevolezza. Periculum libertatis. Art. 274. Affronta e risolve con chiarezza sistematica il problema del vuoto dei fini. Si preoccupa di predeterminare le esigenze cautelari che sole, concorrendo con il presupposto rappresentato dai gravi indizi di colpevolezza, devono considerarsi di per sè idonee a giustificare l’adozione delle misure cautelari personali. Si tratta in poche parole di chiarire quale sia il fine dell’applicazione delle misure cautelari personalli. Finalità che devono essere compatibili con l’art. 27 co. 2 Cost. Nessuna misura può venire disposta se non in base al concreto accertamento della sussistenza di una delle suddette esigenze. Conseguenze: 1. Esclusione di qualsiasi automatismo nell’adozione delle msiure in parola, e quindi la conseguente esclusione della obbligatorietà delle stesse in base alla antura o alla gravità dellimputazione cui si riferiscano i gravi indizi di colpevolezza 2. Rifiuto di qualunque meccanismo imperniato sull’obbligo del giudice di giustificare, motivandone in positivo le ragioni, la amncata adozione della custodia cautelare con riferimento a determinate imputazioni. 5 1. Quando siano imputatu una donna incinta, o una amdre di prole di età non superiore a sei anni con la stessa convivente ovvero un padre qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole od ancora una persona che abbia superato i 60 anni. Per questi imputati viene applicata una misura diversa dalla custodia in carcere, salva l’eccezione rappresentata dall’eventualità che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza. 2. Qualora ricorrano i presuppsoti per la custodia in carcere ma non sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza e si tratti di imputati tossico dipendenti o alcooldipendenti sottoposti a programma terapeutico, è stabilito che nei confronti di tali imputati debba essere disposta la misura degli arresti domiciliari, allorchè l’interruzione del programma in atto potrebbe pregiudicare il loro recupero. 3. Altro più esplicito divieto di custodia cautelare è stabilito nei riguardi degli imputati che siano affetti da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria. Attenuazioni. Se sussistono esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, dovrà farsi regolarmente luogo a custodia cautelare presso idonee strutture sanitarie penitenziarie a meno che l’adozione di tale misura non risulti possibile senza pregiudizio per la salute dell’imputato o per quella degli altri detenuti. Art. 276 co.1  nel caso di inosservanza delle suddette prescrizioni il giudice può ordinare la sostituzione della misura già disposta, ovvero il cumulo con altra più grave, sempre dietro richiesta del PM e senza previo contraddittorio. Potere discrzionale che si configura come proiezione ulteriore del potere attribuito al medesimo giudice dall’art. 275 in tema di scelta della misura da adottare. Inteso che non ogi trasgressione dellimputato alle prescrizioni impostegli dovrà necessariamente dare luogo ad un nuovo provvedimento in chiave sostitutiva o cumulatia, ma soltanto le trasgressioni che, per le loro caratteristiche oggettive e soggettive, siano tali da far ritenere non più sufficiente l’originaria misura a fronteggiare la mutata situazione cautelare. 7.Salvaguardia dei diritti della persona sottoposta a misura cautelare Art. 277  Le modalità di esecuzione delle misure devono salvaguardare i diritti della persona ad esse sottoposta, il cui esercizio non sia incompatibile con le esigenze cautelari del caso concreto. Norma diretta a garantire la personalità dell’indiziato dal punto di vista dell’esercizio dei diritti che gli competono come persona: sicchè, rispetto a tale garanzia, l’eventuale sussistenza di una situazione di incompatibilità sotto il profilo cautelare dovrebbe cofigurarsi in termini di stretta eccezionalità. 8.I criteri di determinazione della pena ai fini dell’applicazione delle misure Art. 278  deve aversi riguardo alla pena stabilita dalla legge per ciascun reato consumato o tentato, senza tener conto nè della continuazione nè della recidiva (anche se si tratta di recidiva reiterata), nè delle circostanze di reato. Per quanto riguarda la minore età dell’imputati si fa riferimento alla legislazione processuale penale minorile. 9. Misure coercivite e misure interdittive Per entrambe le misure risulta generalizzato, sotto il profilo delle condizioni di applicabilità, il limite oggettivo correlato alla gravità del reato, essendosi stabilito che le une e le altre possano applicarsi soltanto quando si procede per delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni. Eccezioni:  Art. 280 co.1: salvo quanto disposto dai commi 2 e 3 dove la deroga si riferisce specificatamente all’impiego della custodia cautelare in carcere. Essa può essere applicata esclusivamente quando si proceda per delitti consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore Art. 280. Condizioni di applicabilità delle misure coercitive. 1. Salvo quanto disposto dai commi 2 e 3 del presente articolo e dall'art. 391, le misure previste in questo capo possono essere applicate solo quando si procede per delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni. 2. La custodia cautelare in carcere può essere disposta solo per delitti consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni e per il delitto di finanziamento illecito dei partiti di cui all'articolo 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195, e successive modificazioni. (1) 3. La disposizione di cui al comma 2 non si applica nei confronti di chi abbia trasgredito alle prescrizioni inerenti ad una misura cautelare. 6 nel massimo a cinque anni. Questo limite non opera nei confronti di chi abbia trasgerdito alle prescrizioni inerenti ad una misura cautelare  Art. 280 co.1 seconda parte (possiamo considerarlo un’attuazione del principio di proporzione ex art. 275): salvo quanto disposto dall’art. 391. Nella disciplina della cd conversione dell’arresto in flagranza o del fermo in una misura coercitiva a norma dell’art. 291, si dispone che tale conversione possa avere luogo anche al di fuori dei limiti di pena previsti dagli artt. 274 comma 1 lett. c) e 280. Dunque anche con riferimento a determinati delitti punibili con la reclusione non inferiore nel massimo a tre anni. Ciò significa che, in ordine alle ipotesi delittuose contemplate dall’art. 381 comma 2, l’applicazione di una misura di coercizione personale potrà configurarsi soltanto a seguito di conversione dell’arresto in flagranza, mentre non potrà trovare base nel potere coercitivo originariamente spettante al giudice. Difetto di coordinamento (hanno fatto i macelli quando hanno modificato questa noma): Il comma 2 (dopo una modifica del 1995) circoscrive l’applicabilità della custodia in carcere esclusivamente ai delitti punibili con la reclusione nel massimo a quattro anni. Il problema è che non ci sono state modifiche circa la portata di tale deroga rispetto ai delitti di cui all’art. 381. Quindi cosa succede? Succede che nelle ipotesi previste dal 381 l’applicazione della custodia carceraria a seguito della convalida dell’arresto in flagranza continua ad essere consentita (anche al di fuori dei limiti previsti dall’art. 280) nei casi in cui l’arresto è eseguito a norma dell’art. 381 co.2 (delitti con pena della reclusione non inferiore a 3 anni), mentre risulta preclusa (la conversione) nei casi in cui l’arresto sia stato eseguito a norma dell’art. 381 co.1 (delitti con pena dell reclusione in misura superiore nel massimo a 3 anni ma inferiore nel massimo a 5). Il problema è che la mancata predisposizione di una clausola derogatoria (del tipo di quella prevista per il 391 co.5) non può non opera (opera per forza) il limite di applicabilità sancito (per la custodia in carcere) dal comma 2 dell’art. 280. Il problema è che tutto ciò è assurdo perchè per effetto di un simile difetto di coordinamento legislativo, esiste oggi nel sistema una fascia di situazioni rispetto alle quali, pur dopo la convalida di arresto in flagranza, non potrà essere applicata la misura custodiale nei confronti dell’arrestato, nonostante l’accertamento dei presupposti cautelari risulti idoneo. A parte questo, non essendo ammessa nessuna ulteriore deroga, il limite stabilito dal 280 deve ritenersi operante per tutte le altre misure coercitive. 10. La tipologia delle misure coercitive ed il principio di gradualità Le misure coercitive sono ordinate in termini di progressiva afflittività: a cominciare dalle misure di contenuto meramente obbligatorio, per finire alla vere e proprie misure detentive. All’interno di questa ideale gerarchia si collocano le misure del divieto di espatrio, dell’obbligo di presentazione periodica agli uffici di polizia giudiziaria e dell’allontanamento dalla casa familiare. Si colloca anche la misura del divieto di avicinamento a determinati luoghi, in quanto frequentati dalla persona offesa: misura non a caso introdotta nel codice in occasione dello stesso intervento legislativo che ha configurato il nuovo delitto di atti persecutori. Art. 282quater  obblighi di comunicazione Art. 282-quater. Obblighi di comunicazione. 1. I provvedimenti di cui agli articoli 282-bis e 282-ter sono comunicati all'autorità di pubblica sicurezza competente, ai fini dell'eventuale adozione dei provvedimenti in materia di armi e munizioni. Essi sono altresì comunicati alla parte offesa e ai servizi socio- assistenziali del territorio. Quando l'imputato si sottopone positivamente ad un programma di prevenzione della violenza organizzato dai servizi socio- assistenziali del territorio, il responsabile del servizio ne dà comunicazione al pubblico ministero e al giudice ai fini della valutazione ai sensi dell'articolo 299, comma 2. 1-bis. Con la comunicazione prevista dal comma 1, la persona offesa è informata della facoltà di richiedere l'emissione di un ordine di protezione europeo. 7 A queste misure si aggiungono poi le misure del divieto e dell’obbligo di dimora. (art. 283). Obbligo di dimora: attribuzione al giudice del potere di imporre all’imputato anche la prescrizione di non allontanarsi dall’abitazione. Che è, nella sua dimensione oggettiva, una prescrizione analoga, seppur circoscritta entro limiti temporiali piuttosto rigidi, a quella in cui si sostanzia la misura degli arresti domiciliari, riguardo alla quale l’obbligo dell’imputato di non allontanarsi può essere attenuato soltanto dall’autorizzazione del giudice, per determinti motivi. (vedi art. 284) Anche su questo terreno, dunque, attraverso la duplice possibilità offerta al giudice di graduare diversamente, per intensità e per durata, la sottoposizione dell’imputato all’obbligo di non allontanamento dalla propria abitazione, si coglie una ulteriore conferma dell’ampia gamma di modalità utilizzabili dal giudice stesso per adeguare alla concreta situazione cautelare i porpri interventi coercitivi di natura extracarceraria. Gli arresti domiciliari vengono configurati come autonoma misura di coercizione domiciliare alternativa alla custodia , anzichè quale modalità esecutiva extracarceraria della custodia cautelare, come nel sistema previgente. (la cosa ha riflessi riguardo alla previsione di alcuni divieti o di alcuni adempimenti) Limite soggettivo (arresti domiciliari): art. 254 co.5bis. divieto nei confronti degli imputati già condannati per il reato di evasione nei cinque anni precedenti al fatto per cui si procede. Questo divieto non pera ove il giudice possa pervenire ad una duplice valutazione positiva, in ordine alla lieve entità del fatto ed alla idoneità della misura a soddisfare le esigenze cautelari in concreto sussistenti. Braccialetto elettronico: il giudice, nel disporre la msiura degli arresti domiciliari prescrive delle procedure di controllo elettronico, salvo che non le ritenga necessarie in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto. Il consenso dell’imputato costituisce una condizione imprescindibile per poter fruire degli arresti domiciliari in luogo della custodia cautelare in carcere. 11. Le forme della custodia cautelare La custodia cautelare trova base nel provvedimento con cui il giudice dispone che l’imputato sia catturato ed immediatamente condotto in un istituto di custodia per rimanervi a disposizione dell’autorità giudiziaria (art. 285). Art. 283. Divieto e obbligo di dimora. 1. Con il provvedimento che dispone il divieto di dimora, il giudice prescrive all'imputato di non dimorare in un determinato luogo e di non accedervi senza l'autorizzazione del giudice che procede. 2. Con il provvedimento che dispone l'obbligo di dimora, il giudice prescrive all'imputato di non allontanarsi, senza l'autorizzazione del giudice che procede, dal territorio del comune di dimora abituale ovvero, al fine di assicurare un più efficace controllo o quando il comune di dimora abituale non è sede di ufficio di polizia, dal territorio di una frazione del predetto comune o dal territorio di un comune viciniore ovvero di una frazione di quest'ultimo. Se per la personalità del soggetto o per le condizioni ambientali la permanenza in tali luoghi non garantisce adeguatamente le esigenze cautelari previste dall'articolo 274, l'obbligo di dimora può essere disposto nel territorio di un altro comune o frazione di esso, preferibilmente nella provincia e comunque nell'ambito della regione ove è ubicato il comune di abituale dimora. 3. Quando dispone l'obbligo di dimora, il giudice indica l'autorità di polizia alla quale l'imputato deve presentarsi senza ritardo e dichiarare il luogo ove fisserà la propria abitazione. Il giudice può prescrivere all'imputato di dichiarare all'autorità di polizia gli orari e i luoghi in cui sarà quotidianamente reperibile per i necessari controlli, con obbligo di comunicare preventivamente alla stessa autorità le eventuali variazioni dei luoghi e degli orari predetti. 4. Il giudice può, anche con separato provvedimento, prescrivere all'imputato di non allontanarsi dall'abitazione in alcune ore del giorno, senza pregiudizio per le normali esigenze di lavoro. 5. Nel determinare i limiti territoriali delle prescrizioni, il giudice considera, per quanto è possibile, le esigenze di alloggio, di lavoro e di assistenza dell'imputato. Quando si tratta di persona tossicodipendente o alcooldipendente che abbia in corso un programma terapeutico di recupero nell'ambito di una struttura autorizzata, il giudice stabilisce i controlli necessari per accertare che il programma di recupero prosegua. 6. Dei provvedimenti del giudice è data in ogni caso immediata comunicazione all'autorità di polizia competente, che ne vigila l'osservanza e fa rapporto al pubblico ministero di ogni infrazione. 10 14. Gli adempimenti esecutivi e le garanzie difensive Si tratta di adempimenti diretti a dareesecuzione alle ordinanze recanti una misura cautelare. Emergono quelli funzionali alla difesa personale e alla difesa tecnica. Gli adempimenti previsti dal comma 3 aprono una notevole breccia nella cortina di segretezza che in precedenza ricopriva, anche dopo l’adozione del provvedimento, il complesso degli elementi addotti dal PM a corredo della porpria richiesta. Di conseguenza ne risulta ampliata (grazie al maggior livello di consapevolezza così consentito al difensore), l’area di potenziale esplicazione dell’attività difensiva. (il difensore può prendere visione ma anche estrarre copia dell’ordinanza applicativa e anche della richiesta del PM e anche di ottenere copia delle intercettazioni). Ordinanze applicative della custodia cautelare  vengono eseguite con la consegna all’imputato di copia del provvedimento con suo immediato trasferimento. Quelle non custodiali sono notificate all’imputato nei modi ordinari. Art. 295  se il destinatario della misura non viene rintracciato, è prevista la redazione del verale di ricerca da parte del competente organo di polizia e la dichiarazione dello stato di latitanza ad opera del giudice che tali ricerche abbia ritenuto sufficienti. Latitanza  volontaria sottrazione ad un ordine di carcerazione ovvero ad una misura di custodia cautelare ma anche agli arresti domiciliari, obbligo di dimora e divieto di espatrio. Art. 296  regola garantistica (ma non snellisce il processo). La dichiarazione di latitanza è volta a circoscrivere l’operatività dei suoi effetti solo nel processo in cui è stata dichiarata. Intercettazioni: Giudice e PM possono utilizzare lo strumento di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni telefoniche. La finalità di agevolare le ricerche del latitante è destinata ad acqusitare rilievo qualificante sotto il profilo dei contenuti del provvedimento autorizzativo ex art. 267 co.1. Può farsi luogo alle intercettazioni di comunicazioni tra persone presenti quando si tratta di delitti particolari. In questo caso non c’è limite di intercettazioni ambientali. Operazioni sotto copertura: art. 9 l. 146/2006. L’autorità giudiziaria può con decreto motivato ritardare l’esecuzione dei provvedimenti applicativi di una misura cautelare, quando ciò sia necessario per acqusiire rilevanti elementi probatori o per individuazione e cattura. Art. 293. Adempimenti esecutivi. 1. Salvo quanto previsto dall'articolo 156, l'ufficiale o l'agente incaricato di eseguire l'ordinanza che ha disposto la custodia cautelare consegna all'imputato copia del provvedimento unitamente a una comunicazione scritta, redatta in forma chiara e precisa e, per l'imputato che non conosce la lingua italiana, tradotta in una lingua a lui comprensibile, con cui lo informa: a) della facoltà di nominare un difensore di fiducia e di essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato nei casi previsti dalla legge; b) del diritto di ottenere informazioni in merito all'accusa; c) del diritto all'interprete ed alla traduzione di atti fondamentali; d) del diritto di avvalersi della facoltà di non rispondere; e) del diritto di accedere agli atti sui quali si fonda il provvedimento; f) del diritto di informare le autorità consolari e di dare avviso ai familiari; g) del diritto di accedere all'assistenza medica di urgenza; h) del diritto di essere condotto davanti all'autorità giudiziaria non oltre cinque giorni dall'inizio dell'esecuzione, se la misura applicata è quella della custodia cautelare in carcere ovvero non oltre dieci giorni se la persona è sottoposta ad altra misura cautelare; i) del diritto di comparire dinanzi al giudice per rendere l'interrogatorio, di impugnare l'ordinanza che dispone la misura cautelare e di richiederne la sostituzione o la revoca. (1) 1-bis. Qualora la comunicazione scritta di cui al comma 1 non sia prontamente disponibile in una lingua comprensibile all'imputato, le informazioni sono fornite oralmente, salvo l'obbligo di dare comunque, senza ritardo, comunicazione scritta all'imputato. (2) 1-ter. L'ufficiale o l'agente incaricato di eseguire l'ordinanza informa immediatamente il difensore di fiducia eventualmente nominato ovvero quello di ufficio designato a norma dell'articolo 97 e redige verbale di tutte le operazioni compiute, facendo menzione della consegna della comunicazione di cui al comma 1 o dell'informazione orale fornita ai sensi del comma 1-bis. Il verbale è immediatamente trasmesso al giudice che ha emesso l'ordinanza e al pubblico ministero. (2) 2. Le ordinanze che dispongono misure diverse dalla custodia cautelare sono notificate all'imputato. 3. Le ordinanze previste dai commi 1 e 2, dopo la loro notificazione o esecuzione, sono depositate nella cancelleria del giudice che le ha emesse insieme alla richiesta del pubblico ministero e agli atti presentati con la stessa. Avviso del deposito è notificato al difensore. Il difensore ha diritto di esame e di copia dei verbali delle comunicazioni e conversazioni intercettate. Ha in ogni caso diritto alla trasposizione, su supporto idoneo alla riproduzione dei dati, delle relative registrazioni (3). 4. Copia dell'ordinanza che dispone una misura interdittiva è trasmessa all'organo eventualmente competente a disporre l'interdizione in via ordinaria. 11 Aspetti operativi: connessi alla esecuzione di una misura di custodia. Art. 42bis co.2 ord. Penit. Deve essere adottata ogni opportuna cautela per proteggere tali persone dalla curiosità del pubblico, nonchè per evitare ad esse inutili disagi. Nell’intento di tutelare la dignità della persona è stabilito che almeno nelle traduzioni individuali l’uso delle manette è obbligatorio solo quando lo richiedono la perciolosità del soggetto o il pericolo di fuga o circostanza di ambiente che rendano difficile la traduzione. In altri casi è vietato l’uso delle manette e della violenza. Interrogatorio dell’indiziato: è uno degli adempimenti necessariamente successivi all’esecuzione della misura di custodia cautelare in carcere. Art. 294 co.1 fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento è affidato al giudice che ha deciso sull’applicazione della misura cautelare. Eccetto impedimento dell’indiziato. Tutto questo per tutelare le garanzie della persona colpita dal provvedimento. La competenza quindi è del giudice per le indagini preliminari (in quanto organo di controllo e garanzia), anzichè al PM cui sono affidati compiti investigativi. Co. 1bis: l’eventuale inosservanza del termine di 10 giorni produce la perdita di efficacia della corrispondente misura. 15. L’interrogatorio della persona in stato di custodia Esaminiamo ora le modalità di compimento dell’interrogatorio sempre facendo riferimento al 294. È eseguito dal giudice (di norma lo stesso che abbia decisio in ordine al provvedimento restrittivo. Obbligatorietà della documentazione integrale dell’interrogatorio stesso. È prevista la facoltà di intervento del PM ed un correlativo obbligo del difensore. Contenuto di garanzia: co.3. la disposizione pone le premesse per una nuova valutazione della sussistenza dei presupposti alla luce degli elementi forniti durante l’interrogatorio: a conferma della natura difensiva dell’atto, in quanto volto a consentire all’indiziato di fare presenti le circostanze adducibili a suo favore. Infatti si prevede che il giudice possa (sulla scorta dei risultati dell’interrogatorio) provvedere anche d’ufficio alla revoca o alla sostituzione della misura. Meccanismo di caducazione: la custodia cautelare perde immediatamente efficacia se il giudice non procede all’interrogatorio entro il termine. Ma la stessa fattispecie opera anche con riguardo alle altre misure coercitive o interdittive. Art. 294. Interrogatorio della persona sottoposta a misura cautelare personale. 1. Fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento, il giudice che ha deciso in ordine all'applicazione della misura cautelare se non vi ha proceduto nel corso dell'udienza di convalida dell'arresto o del fermo di indiziato di delitto procede all'interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare in carcere immediatamente e comunque non oltre cinque giorni dall'inizio dell'esecuzione della custodia, salvo il caso in cui essa sia assolutamente impedita. 1-bis. Se la persona é sottoposta ad altra misura cautelare, sia coercitiva che interdittiva, l'interrogatorio deve avvenire non oltre dieci giorni dalla esecuzione del provvedimento o dalla sua notificazione. Il giudice, anche d'ufficio, verifica che all'imputato in stato di custodia cautelare in carcere o agli arresti domiciliari sia stata data la comunicazione di cui all'articolo 293, comma 1, o che comunque sia stato informato ai sensi del comma 1-bis dello stesso articolo, e provvede, se del caso, a dare o a completare la comunicazione o l'informazione ivi indicate. (2) 1-ter. L'interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare deve avvenire entro il termine di quarantotto ore se il pubblico ministero ne fa istanza nella richiesta di custodia cautelare. 2. Nel caso di assoluto impedimento, il giudice ne dà atto con decreto motivato e il termine per l'interrogatorio decorre nuovamente dalla data in cui il giudice riceve comunicazione della cessazione dell'impedimento o comunque accerta la cessazione dello stesso. 3. Mediante l'interrogatorio il giudice valuta se permangono le condizioni di applicabilità e le esigenze cautelari previste dagli articoli 273, 274 e 275. Quando ne ricorrono le condizioni, provvede, a norma dell'articolo 299, alla revoca o alla sostituzione della misura disposta. 4. Ai fini di quanto previsto dal comma 3, l'interrogatorio è condotto dal giudice con le modalità indicate negli articoli 64 e 65. Al pubblico ministero e al difensore, che ha obbligo di intervenire, è dato tempestivo avviso del compimento dell'atto. 4-bis. Quando la misura cautelare è stata disposta dalla Corte di Assise o dal tribunale, all'interrogatorio procede il presidente del collegio o uno dei componenti da lui delegato. 5. Per gli interrogatori da assumere nella circoscrizione di altro tribunale, il giudice o il presidente, nel caso di organo collegiale, qualora non ritenga di procedere personalmente, richiede il giudice per le indagini preliminari del luogo. 6. L'interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare da parte del pubblico ministero non può precedere l'interrogatorio del giudice. 12 Una volta avvenuta la liberazione dell’indiziato, il medesimo potrà essere di nuovo sottoposto a custodia cautelare (su richiesta del PM) semprechè ne ricorrano i presupposti, soltanto dopo che sia stato interrogato in stato di libertà. Non sarà invece necessario il previo interrogatorio in caso di nuova emissione di misura cautelare, a seguito di dichiarazione di efficacia di quella precedente, per il mancato rispetto dei termini nel procedimento di riesame. La ratio risiede nel fatto che in questo caso l’imputato ha già avuto la chance dell’interrogatorio nel corso della procedura esecutiva del primo provvedimento. Tornando al 294 ed esaminiamo il co. 6. Parliamo dei rapporti tra interrogatorio di competenza del giudice e interrogatorio ad opera del PM. L’interrogatorio del PM non può precedere quello del giudice. Difficile è trovare la ratio di questa norma data la diversa natura (uno investigativo, l’altro con dimensione garantistica) e le diverse finalità dei due interrogatori. Non dovrebbe profilarsi nessun rischio di collisione funzionale. Piccola deroga a questa regola sta al co. 1ter perchè è innegabile che in determinate situazioni di urgenza inestigativa il PM possa avere necessita di interrogare al più presto la persona in custodia. In questo caso il giudice deve effettuare l’interrogatorio entro 48h dalla richesta. In ogni caso se l’interrogatorio del giudice non parte nel termine è da escluder ela caducazione della custodia cautelare. Perchè questa caducazione è riservata solo all’inosservanza del termine ordinario di 5 gg ex art. 294 co. 5. 16. Il computo dei termini di durata delle misure Nei primi due commi viene espresso il principio generale secondo cui gli effetti della custodia cautelare decorrono dal momento della cattura, dell’arresto o del fermo, mentre gli effetti delle altre misure decorrono dal momento della notifica della relativa ordinanza. Ipotesi della pluralità di provvedimenti applicativi: 1) Co.3. Quando i provvedimenti riguardano lo stesso fatto, i termini decorrono dal giorno in cui è stato eseguito o notificato il primo provvedimento, ma sono commisurati in rapporto all’imputazione più grave tra quelle contestate con le diverse ordinanze. Singolare, perchè non si tiene conto dell’eventualità che, nel corso delle indagini, l’originaria imputazione sia stata modificata in melius, con ovvie possibili ripercussioni sui termini di durata della custodia e delle altre misure. La regola della simultanea decorrenza dei termini di durata delle distinte misure applicate attraverso successive ordinanze, è stata estesa anche all’ipotesi in cui le ordinanze facciano riferimento a fatti diversi, sotto una duplice condizione: lett b) e lett c) e purchè si tratti di fatti commessi anteriormente all’emissione della prima ordinanza. In ipotesi del genere, l’unica regola della retrodatazione del dies a quo per il computo dei termni di durata dell misura disposta con le ordinanze conseguenti alla prima è quella che si ricava dall’ultima parte del co. 3. Ne consegue che per l’operatività della regola in questione, è sufficiente che i fatti diversi, contestati con le ordinanze ulteriori, applicative della medesima misura nei confronti dello steso imputato, risultassero desumibili dagli atti nel momento del rinvio a giudizio per il fatto Art. 297. Computo dei termini di durata delle misure. 1. Gli effetti della custodia cautelare decorrono dal momento della cattura, dell'arresto o del fermo. 2. Gli effetti delle altre misure decorrono dal momento in cui l'ordinanza che le dispone è notificata a norma dell'articolo 293. 3. Se nei confronti di un imputato sono emesse più ordinanze che dispongono la medesima misura per uno stesso fatto, benché diversamente circostanziato o qualificato, ovvero per fatti diversi commessi anteriormente alla emissione della prima ordinanza in relazione ai quali sussiste connessione ai sensi dell'articolo 12, comma 1, lettera b) e c), limitatamente ai casi di reati commessi per eseguire gli altri, i termini decorrono dal giorno in cui è stata eseguita o notificata la prima ordinanza e sono commisurati all'imputazione più grave. La disposizione non si applica relativamente alle ordinanze per fatti non desumibili dagli atti prima del rinvio a giudizio disposto per il fatto con il quale sussiste connessione ai sensi del presente comma. 4. Nel computo dei termini della custodia cautelare si tiene conto dei giorni in cui si sono tenute le udienze e di quelli impiegati per la deliberazione della sentenza nel giudizio di primo grado o nel giudizio sulle impugnazioni solo ai fini della determinazione della durata complessiva della custodia a norma dell'articolo 303 comma 4. 5. Se l'imputato è detenuto per un altro reato o è internato per misura di sicurezza, gli effetti della misura decorrono dal giorno in cui è notificata l'ordinanza che la dispone, se sono compatibili con lo stato di detenzione o di internamento; altrimenti decorrono dalla cessazione di questo. Ai soli effetti del computo dei termini di durata massima, la custodia cautelare si considera compatibile con lo stato di detenzione per esecuzione di pena o di internamento per misura di sicurezza. 15 Gli accertamenti del 4ter sono da svolgersi con la massima possibile celerità, ed al più tardi entro 15gg. A quest’ultimo proposito, tuttavia, una disciplina particolare è dettata con riugardo alle ipotesi che si verificano quando la richiesta di revoca o di sostituzione della misura sia fondata sulle condizioni di salute (art. 275 co.4bis). 18. Particolari fattispecie di estinzione automatica delle misure. Il fenomeno estintivo (revoca e sostituzione) presuppone sempre un provvedimento giurisdizionale di accertamento sulla carenza o sul grado di differenziata intensità dei relativi presupposti. Ma il codice si preoccupa di dare rislato anche ad altre figure di estinzione caratterizzate dall’automatismo degli effetti, in quanto derivanti dal verificarsi di determinati eventi:  Omesso interrogatorio dell’indiziato entro il temrine previsto dall’art. 294 (estinione ipso iure di tutte le misure in conseguenza della pronuncia di determinati provvedimenti)  Disposizione dell’archiviazione del fatto per cui erano state applicate le misure art. 300 co. 1- 2  Pronuncia di senteza di non luogo a procedere o proscioglimento art. 300 co. 3-4  Estinzione o sospensione condizionale della pena dopo la sentenza di condanna  la custodia cautelare perde efficacia quando la durata della custodia presofferta sia uguale o superiore all’entità della pena irrogata. In queste ipotesi l’effetto estintivo si produce di diritto. al giudice non resterà che adottare con ordinanza i provvedimenti necessari a far immediatamente cessare l’esecuzione delle misure ormi estinte. Problemi interpretativi art. 624bis  la corte di cassazione nel caso di annullamento della sentenza di appello, dispone la cessazione delle misure cautelari. Si pensi per esempio se la corte annulla con rinvio la sentenza di condanna in senso sfavorevole all’imputato. Resta fermo il principio generale per cui non potrà farsi luogo a liberazione immediata della persona sottoposta a custodia quando tale custodia deve continuare per altro reato. Imputato prima destinatario di una sentenza di proscioglimento o non luogo a procedere successivamente condannato per il medesimo fatto: nei suoi confronti possono venire adottate una o più misure coercitive solo se ricorrono le esigenze cautelari. Mancata rinnovazione: perdono efficacia le misure applicate per esigenze probatorie se alla scadenza del termine fissato nel provvedimento applicativo non venga ordinata la rinnovazione. La loro rinnovazione attraverso una nuova ordinanza applicativa potrà essere dispsota dal giudice su richiesta del PM anche per più di una volta purchè entro i termini. Risulta rafforzata la diretttiva della delega volta a circoscrivere per il tempo strettamente necessario loperatività delle misure motivate da esigenze attinenti alle indagini. Art. 300 c. 2bis – 2ter  particolare regime per quanto concerne la durata della misura di custodia cautelare in carcere, quando questa sia stata disposta per esigenze probatorie e, quindi, ne sia stata prefissata la data di scadenza. La disciplina dettata dal 2bis è nel senso che la custodia carceraria motivata da esigenze probatorie non possa avere durata superiore a 30gg. (limite rigido alla discrezionalità del giudice nell’esercizio del ptoere-dovere di fissare con propria ordinanza la durata di tale misura, predeterminandola in relazione alle indagini da compiere). Per questo esiste il 2ter dov’è prevista la possibilità di una proroga del termine dietro richiesta del PM e previo interrogatorio dellimputato, sulla base dell’ordinanza che dovrà valutare le ragioni che 4-ter. In ogni stato e grado del procedimento, quando non è in grado di decidere allo stato degli atti, il giudice dispone, anche di ufficio e senza formalità, accertamenti sulle condizioni di salute o su altre condizioni o qualità personali dell'imputato. Gli accertamenti sono eseguiti al più presto e comunque entro quindici giorni da quello in cui la richiesta è pervenuta al giudice. Se la richiesta di revoca o di sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere è basata sulle condizioni di salute di cui all'articolo 275, comma 4-bis, ovvero se tali condizioni di salute sono segnalate dal servizio sanitario penitenziario, o risultano in altro modo al giudice, questi, se non ritiene di accogliere la richiesta sulla base degli atti, dispone con immediatezza, e comunque non oltre il termine previsto nel comma 3, gli accertamenti medici del caso, nominando perito ai sensi dell'articolo 220 e seguenti, il quale deve tener conto del parere del medico penitenziario e riferire entro il termine di cinque giorni, ovvero, nel caso di rilevata urgenza, non oltre due giorni dall'accertamento. Durante il periodo compreso tra il provvedimento che dispone gli accertamenti e la scadenza del termine per gli accertamenti medesimi, è sospeso il termine previsto dal comma 3. 16 hanno impedito il compimento delle indagini per le cui esigenze la misura era stata disposta. Termine iniziale prorogabile per non più di due volte e comunque entro il limite complessivo di 90gg. Ma alla scadenza del termine il PM può chiedere la rinnovazione della custodia in carcere. Tale rinnovazione deve essere disposta mediante la pronuncia di un provvedimento idoneo a fungere da nuovo titolo di custodia e nel rispetto dei limitilegali di durata. 19. I termini di durata massima della custodia cautelare Art. 303  caducazione della misura custodiale per decorso dei termini massimi della stessa. Termini autonomi. Comma 1. Relazionati ai diversi stati o gradi del procedimento. Con riferimento a ciascuna di tali fasi i suddetti termini intermedi sono stati quantitativamente differenziati in funzione della gravità dell’imputazione o della pena applicata in concreto.  Fase preliminare: custodia destinata a perdere efficacia se, dall’inizio della sua esecuzione e senza che sia stato emesso il decreto che dispone il giudizio o l’ordinanza di giudizio abbreviato, siano decorsi i seguenti termini:  3 mesi quando si procede per delitto con pena reclusione non superiore a 6 anni  6 mesi quando si procede per delitto con pena reclusione superiore a 6 anni  1 anno quando si procede per delitto con pena ergastolo e reclusione non inferiore a 20 anni  Giudizio di primo grado: custodia destinata a perdere efficacia se dal provvedimento che dispone il giudizio, e senza che sia stata pronunciata sentenza di condanna di primo grado, la sua durata abbia superato i seguenti termini:  6 mesi quando si procede per delitto con pena reclusione non superiore a 6 anni  1 anno quando si procede per delitto con pena reclusione non superiore a 20 anni  1 anno e 6 mesi quando si procede per delitto con pena ergastolo e reclusione non inferiore a 20 anni  Giudizio abbreviato: custodia destinata a perdere efficacia se dall’ordinanza che ha disposto tale giudizio, e senza che sia stata pronunciata sentenza di condanna, la sua durata abbia superato i seguenti termini:  3 mesi quando si procede per delitto con pena reclusione non superiore a 6 anni  6 mesi quando si procede per delitto con pena reclusione non superiore a 20 anni  9 mesi quando si procede per delitto con pena ergastolo e reclusione non inferiore a 20 anni  Giudizio di secondo grado: custodia destinata a perdere efficacia se dalla pronuncia della sentenza di primo grado, e senza che sia stata pronunciata sentenza di condanna in appello, sia decorso il termine di:  9 mesi se vi è stata condanna alla pena della reclusione non superiore a 3 anni  1 anno se vi è stata condanna alla pena della reclusione non superiore a 10 anni  1 anno e 6 mesi se vi è stata condanna alla pena dell’ergastolo o della reclusione superiore a 10 anni  Fasi di giudizio successive: si applica la stessa disciplina sopra salvo che ci sia stata già condanna in primo grado (per il medesimo fatto storico) o quando l’impugnazione è stata proposta unicamente dal PM (palese affievolimento della presunzione costituzionale di non colpevolezza). In questi due casi infatti si fa riferimeto solo al co. 4 dell’art. 303 concernente i termini di durata complessiva (senza fare riferimento ai termini intermedi di fase).  Regresso del procedimento ad una diversa fase o rinvio dinanzi a diverso giudice. A partire dalla data del correlativo provvedimento, riprendono a deccorrere ex novo i termii stabiliti con riguardo a ciascuno stato e grado del procedimento.  Termine di durata complessiva individuato a tre diversi livelli a seconda della gravità dell’imputazione:  2 anni quando si procede per delitto con pena reclusione non superiore a 6 anni  4 anni quando si procede per delitto con pena reclusione non superiore a 20 anni  6 anni quando si procede per delitto con pena ergastolo e reclusione non inferiore a 20 anni 17 Limiti non suscettibili di superamento: nè in forza del meccanismo di proroga, nè in forza della particolare previsione di neutralizzazione dei giorni di udienza, nonchè di quelli utilizzati per la deliberazione della sentenza. congelamento. I periodi di tempo devono valutarsi in vista del computo dei termini intermedi. Di essi si dovrà tener conto solo ai fini della determinazione della durata complessiva della custodia. 20. Proroga e sospensione dei termini massimi della custodia Proroga. Se si prescinde dall’ipotesi connessa al compimento di una perizia psichiatrica, la’rt. 305 co.2 ne circoscrive l’operatività alla sola fase delle indagini preliminari. I termini di custodia prossimi a scadere in tale fase possano venire proprogati soltanto in presenza di gravi esigenze cautelari, le quali, rapportate ad accertamenti particolarmente complessi, ovvero a nuove indagini disposte rendano indispensabile la prosecuzione della custodia. (complessità qquadro investigativo non ancora ben definito). La competenza a provvedere sulla richiesta è attribuita al giudice per le indagini preliminari. Egli, dopo aver sentito il PM e il difensore nell’ambito di un contraddittorio emplificato ma effettivo ove ne ricorrano i presupposti potrà concedere una proroga, ed anche rinnovarla una sola volta, fino al limite rappresentato dalla emtà dei termini massimi di custodia previsti per la fase delle indagini preliminari. Sospensione. Fenimeno idoneo a determinare in certi casi anche il superamento dei termii fissati per la durata complessiva della custodia cautelare. Fattispecie di sospensione:  Sospensione o rinvio del dibattimento per impedimento dell’imputato o del suo difensore, ovvero dietro richiesta dei medesimi  Sospensione o rinvio del dibattimento a causa della mancata presentazione, allontanamento o mancatapartecipazione di uno o più difensori, qualora ne rimangano privi di assistenza uno o più imputati.  Sospensione dei termini di custodia durante la pendenza del termini previsti per la redazione differita dei motivi della sentenza. Qui i termini sospesi riprendono dalla scadenza di quello stabilito dalla legge o fissato dal giudice per il deposito della sentenza.  Sospensione in fase di udienza preliminare. Termini previsti sospesi tutte le volte in cui la stessa udienza venga sospesa o rinviata per il verificarsi di uno dei casi indicati dallart. 304 co 1 lett a).  Sospensione termini nel caso di sospensione del processo a seguito di richiesta di rimessione. Le ipotesi di sospensione non si applicano all’interno del processo cumulativo, nei confronti dei coimputati cui le stesse non si riferiscono, semprechè questi utlimi chiedano che nei loro confronti si proceda previa separazione dei processi. (esigenze di equità rispetto ai coimputati rimasti estranei alle situazioni processuali integratrici di suddette ipotesi di sospensione.  Sospensione dei termini in relazione allo svolgimento ed all complessità del dibattimento. Il regime di sospensione viene esteso anche ai periodi di tempo in cui sono tenute le udienze o si delibera la sentenza nella fase del giudizio. Se ci sono i presupposti del comma 2 dell’art. 304 la richiesta può essere fatta solo dal PM (no dal giudice) e se manca tale richiesta si verificherà in ogni caso ex lege almeno l’effetto di congelamento del decorso dei temrii di custodia. La disciplina di sospensione risponde alle preoccupazioni concernenti i processi maggirmente appesantiti dalla natura delle imputazioni o dal numero degli imputati, sarebbe altrimenti assai elevato il rischio di sfondamento dei termini massimi sanciti dal codice. Art. 304 co.6 individua il limite finale di durata su due livelli:  Avendo riguardo alla durata della custodia nelle diverse fasi del procedimento, si stabilisce che tale durata non può superare il doppio dei termini intermedi di fase  Avendo riguardo alla durata della complessiva della custodia, si stabilisce che tale durata non possa comunque superare i termini sanciti aumentati della metà, ovvero, qundo in concreto risulti più favorevole, il tradizionale limite commisurato ai due terzi del massimo della pena temporanea prevista. Risultato  riduzione del tetto massimo di potenziale prolungamento della durata della custodia cautelare. 20 ed al suo difensore. Fino al giorno dell'udienza gli atti restano depositati in cancelleria, con facoltà per il difensore di esaminarli e di estrarne copia. Esigenza del rispetto del termine e conseguenti ipotesi di caducazione: comma 10. Se la trasmissione degli atti non avviene nei termini di cui al comma 5 o se la decisione sulla richiesta di riesame o il deposito dell'ordinanza del tribunale in cancelleria non intervengono nei termini prescritti, l'ordinanza che dispone la misura coercitiva perde efficacia e, salve eccezionali esigenze cautelari specificamente motivate, non può essere rinnovata. L'ordinanza del tribunale deve essere depositata in cancelleria entro trenta giorni dalla decisione salvi i casi in cui la stesura della motivazione sia particolarmente complessa per il numero degli arrestati o la gravità delle imputazioni. In tali casi, il giudice può disporre per il deposito un termine più lungo, comunque non eccedente il quarantacinquesimo giorno da quello della decisione. La corte di cassazione ha ritenuto che questo effetto caducatorio si realizzi non già quando il termine in questione sia scaduto senza che gli atti siano stati inoltrati al tribunale del riesame, ma secondo un criterio assai pià rigido, quando entroil suddetto termine tali atti non siano ancora pervenuti al medesimo tribunale. Si tratta di una previsione molto drastica, che fiisce per scaricare con esito radicale sulla sorte della misura anche gli eventuali ritardi di trasmissione dovuti a semplici disfunzioni organizzative. Chiaro l’intento di evitare che l’inerzia dell’organo controllante possa tradursi nella elusione del diritto dell’imputato alla verifica del titolo cautelare. Il superamento dei limti temporali comporterebbe non solo l’inefficacia della misura, ma altresì la decadenza del potere-dovere del tribunale di decidere e, al tempo stesso, la possibilità di riadozione di una nuova ordinanza sulla base degli stessi elementi, impregiudicate le ragioni cautelari. Il paradosso é che: i termini fissati dalla legge per imprimere cadenze serrate al iesame ed evitare che la privazione della libertà si protragga per un tempo irragionevole senza essere sottoposta al vaglio del tribunale, finiscono per funzionare quali inibitori del controllo, ove tempestivo; la sanzione della cessazione della misura diviene effimera, se non inconsistente, visto che il potere coercitivo non incontra alcun argine, mentre l’imputato perde il diritto alla verifica dell’atto. Anche se non viene affatto meno l’interesse dell’impugnante alla decisione. Qui interviene la novella del2015 che neutralizza l’effetto più grave (protrazione della misura). Il problema si rinviene nell’eccezione alla regola: l’apprezzamento di eccezonali esigenze cautelari che giusitifica la rinnovazione del titolo decaduto. Esercizio poteri decisori: ART. 309 co.9 definisce anzitutto la tipologia dei provvedimenti adottabili dal tribunale stesso. Entro dieci giorni dalla ricezione degli atti il tribunale, se non deve dichiarare l'inammissibilità della richiesta, annulla, riforma o conferma l'ordinanza oggetto del riesame decidendo anche sulla base degli elementi addotti dalle parti nel corso dell'udienza. Il tribunale può provvedere anche nel merito, senza particolari vincoli sul piano della cognizione e della decisione, riconoscendo con ciò alla richiesta di riesame la natura di mezzo totalmente devolutivo. Infatti il tribunale può annullare il provvedimento impugnato o riformarlo in senso favorevole all'imputato anche per motivi diversi da quelli enunciati ovvero può confermarlo per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione del provvedimento stesso. Ma il giudice non può censurare un provvedimento impugnato quando questo sia corredato da una motivazione carente, illogica o lacunosa; potendo ed anzi dovendo in questi casi il giudice rimediare al vizio. Il tribunale annulla il provvedimento impugnato se la motivazione manca o non contiene l'autonoma valutazione (annullamento per vizio della motivazione), a norma dell'articolo 292, delle esigenze cautelari, degli indizi e degli elementi forniti dalla difesa. Per rispettare l’art. 13 co.2Cost. le patologie della motivazione continuano ad essere assoggettate alla sanatoria del tribunale, infatti il collegio può confermare il provvedimento impugnato per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione del provvedimento stesso. Sent Corte Costituzionale 71/1996  allarga i poteri di cognizione del tribunale in sede di riesame per quanto riguarda il versante del fumus commissi delicti, consentendo al tribunale di valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza anche quando sia già stato emesso il decreto che dispone il giudizio. (qui la relativa alutazione sarebbe assorbita dal contenuto del suddetto decreto con effetto preclusivo circa la cognizione) continua a parlare di cose che non capisco 21 24. L a disciplina dell’appello e del ricorso per cassazione in materia di misure cautelari Strumento residuale rispetto all’ambito oggettivo e soggettivo tipico della richiesta di riesame. Questa è per il PM l’unica possibilità di impugnazione nel merito, essendogli precluso lo strumento del riesame. Profili procedurali al co.2 La competenza è del tribunale del capoluogo del distretto in cui risiede il giudice che abbia emesso l’ordinanza appellata. Per il resto, deve ritenersi implicito il rinvio alla disciplinagenerale dell’appello, in quanto non risulti diversamente disposto, a cominciare dalla regola dell’effetto limitatamente devolutivo. Ricorso per Cassazione: avverso le ordinanze emesse dal tribunale a seguito del riesame ovvero a seguito di appello. Art. 311. Possibilità di proposzione di un ricorso omisso medio. Sembra ci sia un indirizzo di favore legislativo per l’impiego del ricorso in luogo della richiesta di riesame, spiegabile non solo in chiave di economia processuale, ma anche nella prospettiva della funzione deterrente che una simile procedura per saltum potrà esercitare rispetto ad atteggiamenti troppo lassisti del giudice in sede di motivazione dei provvedimenti coercitivi. Nell’uno e nell’altro si tratta di un ricorso caratterizzato da ritmi temporali piuttosto serrati (la corte deve decidere entro 30gg). Con riferimento ad entrambi i ricorsi si stabilisce che i motivi debbano venire enunciati contestualmente al ricorso, riconoscendosi al ricorrente la facoltà di enunciare nuovi motivi dinanzi alla corte di cassazione, prima dell’inizio della discussione. Cadenze previste per il giudizio di rinvio: il giudice decide entro 10gg. La disposizione è integrata dalla previsione della perdita di efficacia dell’ordinanza che ha disposto la misura. In caso di decadenza procedimentale della misura per mancato rispetto delle cadenze procedimentali del riesame, anche per il giudizio di rinvio è stabilito il divieto di rinnovazione della cautela, a meno che sussistano eccezionali esigenze cautelari specificamente motivate. Art. 310. Appello. 1. Fuori dei casi previsti dall'articolo 309 comma 1, il pubblico ministero, l'imputato e il suo difensore possono proporre appello contro le ordinanze in materia di misure cautelari personali, enunciandone contestualmente i motivi. 2. Si osservano le disposizioni dell'articolo 309 commi 1, 2, 3, 4 e 7. Dell'appello è dato immediato avviso all'autorità giudiziaria procedente che, entro il giorno successivo, trasmette al tribunale l'ordinanza appellata e gli atti su cui la stessa si fonda. Il procedimento davanti al tribunale si svolge in camera di consiglio nelle forme previste dall'articolo 127. Fino al giorno dell'udienza gli atti restano depositati in cancelleria con facoltà per il difensore di esaminarli e di estrarne copia. Il tribunale decide entro venti giorni dalla ricezione degli atti con ordinanza depositata in cancelleria entro trenta giorni dalla decisione. L'ordinanza del tribunale deve essere depositata in cancelleria entro trenta giorni dalla decisione salvi i casi in cui la stesura della motivazione sia particolarmente complessa per il numero degli arrestati o la gravità delle imputazioni. In tali casi, il giudice può indicare nel dispositivo un termine più lungo, non eccedente comunque il quarantacinquesimo giorno da quello della decisione. 3. L'esecuzione della decisione con la quale il tribunale, accogliendo l'appello del pubblico ministero, dispone una misura cautelare è sospesa fino a che la decisione non sia divenuta definitiva. Art. 311. Ricorso per cassazione. 1. Contro le decisioni emesse a norma degli articoli 309 e 310, il pubblico ministero che ha richiesto l'applicazione della misura, l'imputato e il suo difensore possono proporre ricorso per cassazione entro dieci giorni dalla comunicazione o dalla notificazione dell'avviso di deposito del provvedimento. Il ricorso può essere proposto anche dal pubblico ministero presso il tribunale indicato nel comma 7 dell'articolo 309. 2. Entro i termini previsti dall'articolo 309 commi 1, 2 e 3, l'imputato e il suo difensore possono proporre direttamente ricorso per cassazione per violazione di legge contro le ordinanze che dispongono una misura coercitiva. La proposizione del ricorso rende inammissibile la richiesta di riesame. 22 25. L’applicazione provvisoria di misure di sicurezza il giudice prima di provvedere all’applicazione di una delle misure di sicurezza, accerti la sussistenza del presuppsoto riconducibile alla sfera del periculum libertatis e rappresentato dalla perciolosità sociale del soggetto. la pronuncia del provvedimento applicativo della misura dovrà di regola essere preceduta dall’interrogatorio dell’imputato. Se ciò non è possibile si deve applicare l’art. 294. L’indiziato sottoposto in via provvisoria alla misura di sicurezza dovrà essere interrogato dal giudice per le indagini preliminari non oltre 5gg dall’inizio dell’esecuzione. Il co.2 impone al giudice di procedere anche d’ufficio ad una sorta di periodico riesame circa la pericolosità sociale dell’imputato. Questo vale anche nella particolare ipotesi in cui l’imputato si trova già in stato di custodia cautelare a seguito dell’estinzione dello status custodiae per effetto di tale sentenza il giudice abbia applicato al medesimo imputato la suddetta misura di sicurezza in via provvisoria. Nel co.3 le misure di sicurezza provvisoriamente applicate vengono equiparate alla custodia cautelare ai fini delle impugnazioni. Con la conseguenza che le ordinanze applicative di tali misure potranno essere sottoposte a riesame su richiesta del’imputato e del difensore, mentre le ordinanze di diniego potranno essere appellate dal PM. L’imputato sottoposto ad applicazione provvisoria di misura di sicurezza detentiva può ottenere equa riparazione se:  Viene prosciolto con sentenza irrevocabile  Il provvedimento di applicazione provvisoria risulti essere stato emesso in assenza delle condizioni di applicabilità 26. La riparazione per l’ingiusta detenzione L’esigenza di riparazione è fissata nel caso dell’errore giudiiario ma anche nel caso dell’ingiusta detenzione. Il legislatore ha voluto allargare l’orbita di incidenza della procedura riparatoria ad ogni forma di detenzione che dovesse risultare ingisuta. Due diverse fasce di ipotesi di detenzione: è ovvia ex post la sostanziale ingiustizia della restrizione. Art. 312. Condizioni di applicabilità. 1. Nei casi previsti dalla legge, l'applicazione provvisoria delle misure di sicurezza è disposta dal giudice, su richiesta del pubblico ministero, in qualunque stato e grado del procedimento, quando sussistono gravi indizi di commissione del fatto e non ricorrono le condizioni previste dall'articolo 273 comma 2. Art. 313. Procedimento. 1. Il giudice provvede con ordinanza a norma dell'articolo 292, previo accertamento sulla pericolosità sociale dell'imputato. Ove non sia stato possibile procedere all'interrogatorio della persona sottoposta alle indagini prima della pronuncia del provvedimento, si applica la disposizione dell'articolo 294. 2. Salvo quanto previsto dall'articolo 299 comma 1, ai fini dell'articolo 206 comma 2 del codice penale, il giudice procede a nuovi accertamenti sulla pericolosità sociale dell'imputato nei termini indicati nell'articolo 72. 3. Ai fini delle impugnazioni, la misura prevista dall'articolo 312 è equiparata alla custodia cautelare. Si applicano le norme sulla riparazione per l'ingiusta detenzione. Art. 314. Presupposti e modalità della decisione. 1. Chi è stato prosciolto con sentenza irrevocabile perché il fatto non sussiste, per non aver commesso il fatto, perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, ha diritto a un'equa riparazione per la custodia cautelare subita, qualora non vi abbia dato o concorso a darvi causa per dolo o colpa grave. 25 La perdita di centralità del dibattimento, dovuta alle rilevanti modifiche apportate alla disciplina dell’udienza preliminare e al giudizio abbreviato, ha profondamente mutato lo scenario rispetto al qualel’organo di accusa era chiamato ad operare le sue determinazioni per l’esercizio dell’azione. Tenuto comunque a svolgere ogni attività necessaria, il PM è ora chiamato ad irrobustire il quadro probatorio per passare ul vaglio dell’udienza preliminare, ordinto come filtro a maglie progressivamente più strette; inoltre, non essendo sicuro di poter contare sulla dialettica dibattimentale in funzione di corroborazione di elementi di prova già acquisiti, l’organo dell’accusa è ora tenuto a svolgere indagini complete al fine di ottenere una piattaforma probatoria sufficientemente convincente, in vista di una possibile richiesta dell’imputato di essere giudicato allo stato degli atti in sede di giudizio abbreviato. Art. 326  sineddoche normativa. Illustra solo parte degli usi dei risultati di indagine. Focalizzata sulla necessità di sottolineare i nuovi rapporti sistematici tra indagini e dibattimento, la dizione normativa lasciava e lascia in ombra che gli elementi di prova raccolti nelle indagini sono in realtà idonei a supportare una serie di rilevanti decisioni da adottarsi all’interno della stessa fase o successivamente. Tra l’altro quegli stessi elementi erano suscettibili fin da principio di assumere un valore probatorio nei giudizi speciali caratterizzati dall’essere privi di dibattimento ed anche nel dibattimento in alcune ipotesi. 2. I protagonisti dell’attività investigativa Pubblico Ministero. È titolare dell’obbligo di esercitare l’azione penale e su di lui ricade la direzione delle indagini. Egli compie personalmente ogni attività necessaria ai fini incati dal 326. Dato che èuna figura che comunque deve rimanre obiettiva egli compie anche accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini. Questo perchè il pubblico ministero deve porsi l’alternativa, da sciogliersi al termine delle indagini preliminari, tra richiesta di archiviazione ed esercizio dell’azione penale. La consulta dice: obbligo di esercitare l’azione penale deve essere contemperato con il fine di evitare l’instaurazione di un processo superfluo. Polizia giudiziaria. Da tenere in mente sempre l’art. 109Cost. sicuramente ha un ruolo diverso rispetto al PM: il PM dirige le indagini e dispone direttamente della polizia delle indagini. Al PM e non anche al giudice viene affidata la disponibilità degli organi di polizia nel corso delle indagini. Dopo la riforma (1988) si staglia la presenza di un soggetto libero di esplicare l’attività investigativa secondo linee di azione non necessariamente asservite alla guida dell’autorità giudiziaria. Allentamento del vincolo di dipendenza funzionale  anche dopo la comunicazione della notizia di reato, continua a svolgere attività di propria iniziativa secondo le modalità indicate nei successivi articoli. 3. Il segreto sugli atti di indagine Per impedire che la conoscenza degli atti investigativi compiuti dal PM e dalla PG possa pregiudicare l’attività di individuazione e di raccolta degli elementi necessari per l’esercizio dell’azione penale, si impone che i soggetti che partecipano e che concorrono alla formazione degli atti siano tenuti all’obbligo del segreto. Segretezza interna. Il segreto rischia di interporsi con ricadute negative sulle chances difensive: sicchè la necessità di tutelare gli esiti dell’indagine deve cedere davanti all’esigenza di garantire il diritto di difesa di cui all’art. 24 co.2 Cost, che si concreta nel diritto della persona sottoposta ad indagini ad essere informata riseratamente della natura e dei motivi dell’accusa elevata a suo carico e di disporre del tempo e delle condizioni necessari per preparare la sua difesa di cui è menzione l’art. 111co.3Cost. Di regola idoneo ad estendersi lungo tutto l’arco delle indagini, il segreto cado ogni qualvolta Art. 329 Obbligo del segreto. 1. Gli atti d'indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria, le richieste del pubblico ministero di autorizzazione al compimento di atti di indagine e gli atti del giudice che provvedono su tali richieste sono coperti dal segreto fino a quando l'imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari. 2. Quando è necessario per la prosecuzione delle indagini, il pubblico ministero può, in deroga a quanto previsto dall'articolo 114, consentire, con decreto motivato, la pubblicazione di singoli atti o di parti di essi. In tal caso, gli atti pubblicati sono depositati presso la segreteria del pubblico ministero. 3. Anche quando gli atti non sono più coperti dal segreto a norma del comma 1, il pubblico ministero, in caso di necessità per la prosecuzione delle indagini, può disporre con decreto motivato: a) l'obbligo del segreto per singoli atti, quando l'imputato lo consente o quando la conoscenza dell'atto può ostacolare le indagini riguardanti altre persone; b) il divieto di pubblicare il contenuto di singoli atti o notizie specifiche relative a determinate operazioni. 26 l’imputato possao debba avere conoscenza dell’atto. Ciò avviene - nei casi in cui l’atto si formi necessariamente in sua presenza perchè lo contempla quale protagonista dello stesso - perchè l’atto rientri nel novero di quelli cui lo stesso indagato o il suo difensore possono assistere, con diritto o senza diritto di esserne preavvisati - quando l’atto venga utilizzato a sostegno di una richiesta avanzata dal PM al giudice in vista di una sua decisione endofasica segretezza esterna. Con lo stesso divieto su vuole impedire che la conoscenza dell’attività investigativa si diffonda anche presso soggetti non direttamente coinvolti nel processo penale. deroghe. Dovute ad esigenze di efficienza delle indagini: - co.2  desegretazione: Il PM può consentire cond ecreto motivato la pubblicazione dei songoli atti o di parti di esi - co.3  segretazione: il PM può prorogare, con decreto motivato, il segreto sui singoli atti quando l’imputato lo consente o quando la conoscenza dell’atto può ostacolare le indagini riguardanti altre persone ovvero può disporre un divieto di pubblicare il contenuto di singoli atti o notizie specifiche relative a determinate operazioni. 4. I diritti della difesa e il ruolo delle parti private Nonostante quelo che abbiamo appena detto, l’esigenza di segretezza della fase non sispinge, di regola, fino ad impedire all’imputato di avere notizia della pendenza di un procediment nei suoi confronti. Dopo una modifica del 2000, tra i protagonisti della fase delle indagini, compaiono ora anche i difensori, i quali possono svolgere investigazioni per ricercare ed individuare elementi di prova a favore del proprio assistito fin dal momento dell’incarico professionale. Poteri. Incarico che può essere conferito in ogni stato e grado del procedimento, nell’esecuzione penale e per promuovere un giudizio di revisione. Può ricevere apposito mandato che lo abiliti a svolgere indagini, con esclusione di quegli atti che richiedano l’autorizzazione o l’intervento dell’autorità giudiziaria, anche prima che si instauri un procedimento penale e per la mera eventualità che ciò avvenga. Può procederealle investigatizioni personalmente o conferire incarico ad un sostituto, ad investigatori privati autorizzati o a consulenti tecnici (ai quali sono riconosciute le stesse garanzie di libertà). Si può dire che all’indagine ufficiale si è appsota una indagine di carattere privato (vera e propria attività di investigazione) anche se non si può fare una perfetta analogia, dato che il PM conserva un onere di obiettività che non può gravare sul difensore. Persona offesa. Anche a lei spettano diritti di informazione e di partecipazione. Il suo ruolo è stato valorizzato. Parti eventuali. Non sono sulla scena delle indagini. Sono legittimate a costituirsi per l’udienza preliminare. Giudice. Un giudice presidia ogni snodo cruciale che si prospetti nel corso della fase investigativa, tutelando i diritti fondamentali della persona e la correttezza delle dinamiche del procedimento: il giudice per le indagini preliminari (da ora GIP) provvede sulle richieste proenienti dal PM, dalle parti private e dalla persona offesa. 5. Il ruolo del giudice per le indagini preliminari La sua presenza è resa necessaria dalla circostanza che gli atti di indagine sono suscettibili di incidere su diritti costituzionalmente tutelati. Con l’intento di salvaguardare il carattere non giurisdizionale della fase preliminare sono state affidate le decisioni incidenti su detti diritti ad un giudice per le indagini preliminari, tratteggiandone i poteri in modo da precluderne interventi non consoni ad un organo imparziale, e con un precisio obiettivo: segnarne la incomparabile diversità dal giudice istruttore, ibrido attore dell’ordinamento processuale previgente. Giudice senza fascicolo, egli itnerviene su richiesta del PM, delle parti private e della persona offesa dal reato ed esclusivamente nei casi previsti dalla legge. Rispecchiando la sua competenza ad acta, la disciplina dei supoi poteri non riceve una regolamentazione unitaria: le ipotesi di un suo intervento si ricavano dalla trama codicistica. Compiti. Poteri di controllo in ordine a decisioni incidenti sulle libertà fondamentali, sui diritti alla proprietà o alla disponibilità dei beni. Poi interviene se sia necessario tutelare diritti strettamente collegati alla dinamica processuale e al diritto di difesa. Inoltre, si sviluppano intorno alle dinamiche 27 dell’azione penale, a garanzia del’obbligatorietà del relativo esercizio, alcune ulteriori ipotesi di intervento dell’organo giurisdizionale. Infine, il medesimo giudice diviene organo del giudizio se le parti si orientino verso una procedura alternativa al dibattimento. Egli accede in questi casi alla dimensione più tipica della giurisdizione, essendo chiamat a definire il processo. Le funzioni di GIP sono svolte, di regola, da un magistrato del tribunale nel cui circondario è stato commesso il reato. Competenza per gravi delitti  quando la titolarità delle indagini è attribuita al magistrato dell’ufficio del PM presso il tribunale del capoluogo del distretto, specularmente le funzioni di GIP sarannos volte da un magistrato del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente. Le funzioni di GIP vanno attribuite ad un magistrato. Nel determinare i criteri per l’assegnazione degli affari penali, deve stabilirsi la concentrazione in capo allo stesso giudice dei provvedimenti relativi al medesimo procedimento. È imposta la designazione di un giudice diverso per lo svolgimento delle funzioni di GUP: il magistrato che ha svolto le funzioni di GIP non potrà cioè svolgere le funzioni di GUP. 6. L’avvio del procedimento: la notizia di reato Il procedimento prende avvio a seguito dell’acquisizione di una notizia di reato. Notizia di reato  ogni prospettazione attendibile di un fatto storico idoneo ad integrare gli estremi di un reato. Una ipotesi di reato dunque, che è compito del processo penale verificare, a concretare la quale basta un fumus di rilevanza penalistica di un fatto, anche non soggettivamente attribuito. art. 330  duplice modalità di acquisizione a seconda che gli organi inquirenti: - rivestano un ruolo propulsivo - fungano da collettori delle notizie lo stesso codice detta le forme tipiche attraverso cui le notizie di reato sono ricevute dagli organi inquirenti. Notizie qualificate sono: - denuncia da parte di PU o IPS - denucia da parte di privati - referto condizioni di procedibilità previste ex lege: - dichiarazione di querela - istanza - richiesta servono per esprimere la volontà di rimuovere l’ostacolo alla procedibilità, possono fungere altresì da veicolo per la notizia di reato. Fuori da queste ipotesi la notizia può derivare da qualsiasi fonte. Notizie non qualificate. Tutti gli eventi fenomenici idonei a prospettare la possibilità di commissione di un reato (giornali per esempio) Un ruolo attivo nella ricerca di elementi penalisticamente rilevanti è fisiologicamente connaturato dall’attività svolta dalla polizia, la quale tra l’altro nell’assommare in sè la duplice funzione di carattere amministrativo e giudiziario, beneficia dell’osmosi tra le due diverse sfere di competenza. È stato esteso tale potere di inziativa anche al PM. Troppo potere nelle mani della polizia è rischioso perchè la polizia ha dei rapporti gerarchici (vedi capitolo sulla PG) con l’esecutivo che potrebbe condizionare politicamente le indagini della stessa. La simmetria tra i due organi è solo apparente: ufficiali degli agenti della polizia  dovere di prendere notizia dei reati e di riferirne all’autorità giudiziaria art. 55 co.11 agente/ufficiale della polizia che abbia avuto notizia di reato e non abbia comunicato apposita informativo nei casi in cui fosse obbligatorio sarebbe sanzionato penalmente. Art. 328 Giudice per le indagini preliminari. 1. Nei casi previsti dalla legge, sulle richieste del pubblico ministero, delle parti private e della persona offesa dal reato, provvede il giudice per le indagini preliminari. 1-bis. Quando si tratta di procedimenti per i delitti indicati nell'articolo 51 commi 3-bis e 3- quater, le funzioni di giudice per le indagini preliminari sono esercitate, salve specifiche disposizioni di legge, da un magistrato del tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente. 1-quater. Quando si tratta di procedimenti per i delitti indicati nell’articolo 51, comma 3- quinquies, le funzioni di giudice per le indagini preliminari e le funzioni di giudice per l’udienza preliminare sono esercitate, salve specifiche disposizioni di legge, da un magistrato del tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente. Art. 330. Acquisizione delle notizie di reato. 1. Il pubblico ministero e la polizia giudiziaria prendono notizia dei reati di propria iniziativa e ricevono le notizie di reato presentate o trasmesse a norma degli articoli seguenti. 30 10. segue: gli effetti sul procedimento e sul processo della mancanza della condizione di procedibilità La mancanza di una condizione di procedibilità, nella fase preliminare, non impedisce ogni attività. Si tratta tuttavia di indagini fortemente caratterizzate dall’evento impeditivo dell’azione. Sono previsti quindi termini piuttosto brevi affinchè chi ne è titolare sciolga il dubbio sulla volontà di rimuovere l’ostacolo al promovimento dell’azone, così che l’attività processuale non ne rimanga indefinitamente condizionata. Ad immediato epilogo definitivo si perverrà, attraverso una decisione di archiviazione solo nell’ipotesi in cui sia evidente che la condizione di procedibilità non potrà più sopravvenire. Nelle altre ipotesi, la mancanza della condizione avrà effetto sostanzialmente paralizzante: il termine per le indagini comincerà a decorrere solo dal momento in cui l’ostacolo sarà rimosso. Prima di quel momento, eventuali attività di indagine potranno essere esperite esclusivamente nei limiti previsti dal 346, stando al quale, in mancanza di una condizione di procedibilità che può ancora sopravvenire, possono essere compiuti gli atti di indagine preliminare ecessari ad assicurare le fonti di prova e, quando vi è pericolo nel ritardo, possono essere assunte le prove previste dall’art. 392. L’assenza della condizione di procedibilità non impedisce la instaurazione del processo. Tuttavia, pur non determinando invalidità strettamente considerate, l’azione promossa in difetto della prescritta condizione è destinata ad esito abortivo: non appena realizzi la sussistenza dell’ostacolo alla prosecuzione, il giudice, non potendo accedere al merito, dovrà pronunciarsi in ogni fase e stato del processo con una condizione di non doversi procedere. Quest’ultima decisione sarà suscettibile di passare in giudicato, ma ciò non impedirà un nuovo processo per il medesimo fatto. 11, Segue: querela, istanza e richiesta di procedimento. Querela. Dichiarazione con la quale la persona offesa dal reato, in quanto titolare dell’interesse leso, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, manifesta la volontà che si proceda in ordine ad un fatto previsto dalla legge come reato. (art. 336). - Titolarità del diritto: ad ogni persona offesa da un reato per il quale non deba procedersi d’ufficio, o su istanza o su richiesta, eventualmente rappresentata da un tutore o da un curatore speciale. - Presentazione: entro 3 mesi dal giono della notizia del fatto che costitutisce reato con le modalità previste per la denuncia e alle medesime autorità alle quali può essere presentata denuncia ovvero a un agente consolare all’estero. - Identificazione del proponente: se recapitata o spedita deve recare la sottoscrizione autentica; se proposta oralmente, il verbale deve essere sottoscritto dal querelante; se proposta da un rappresentante deve contenere la indicazione specifica della fonte dei suoi poteri - Vicende estintive:  Rinuncia. La querela non può più essere esercitata. Può essere tacita, dimostrata attraverso compimento di atti incompatibili con la volontà di querelarsi ovvero espressa personalmente o a mezzo di procuratore speciale con dichiarazione sottoscritta rilasciata all’interessato o orale. Si estende anche alle azioni civili per restituzioni e risarcimento.  Estinzione. Per decadenza derivante dal suo mancato esercizio, morte persona offesa che però non estingue il reato se la querela è stata esercitata  Rimessione. Deve intervenire prima della condanna, non è sottoposta a termini e condizioni e deve essere accettata. Le spese del procedimento sono a carico del querelato. In alcuni casi previsti ex lege è la querela è irrevocabile. Proposizione della remissione e accettazione decono essere presentati personalmente o a mezzo di procuratore speciale, con dichiarazione ricevuta da autorità procedente o da un ufficiale di polizia giudiziaria che deve trasmetterla immediatamente alla predetta autorità. Istanza di procedimento. Condizione di procedibilità la cui titolarità è rimessa in capo all’offeso per taluni delitti comuni commesso all’estero. (art.341) - Presentazione. È proponibile entro tre mesi dal giorno in cui la persona offesa ha avuto notizia del fatto che costituisce reato e comunque non oltre 3 anni dal giorno in cui il colpevole si trova nel territorio dello stato. - Titolarità del diritto. L’istanza viene proposta dalla persona offesa con le forme della querela. Inoltre si estendono all’istanza le disposizioni relative alla querela concernenti la capacità e la rappresentanza della persona offesa. 31 - Irretrattabilità. L’istanza è irretrattabile perchè trattandosi di reati che, se commessi in territorio italiano sarebbero di regola perseguibili ex officio, si ritiene che, una volta rimosso l’ostacolo alla procedibilità, il potere di ritrarre l’azione non possa essere demandato alla volontà di un soggetto privato. Richiesta di procedimento. Dichiarazioe spettante ad una autorità pubblica con la quale questa dichiari di volere che si proceda con riguardo ad un determinato reato. (art. 342) - Titolarità del diritto. Spetta al miistro della gustizia, per alcuni delitti - Presentazione. Nei termini previsti dall’art. 128 cp ed è irretrattabile nonchè, si ritene, irrinunciabile. Deve essere presentata al PM con atto sottoscritto dall’autorità procedente (non da un funzionario). 12. segue: autorizzazione a procedere ed autorizzazione ad acta. Autorizzazione a procedere. Nei confronti di taluni soggetti, ed in ragione della carica dagli stessi ricoperta, il procedimento subisce limiti e contempla divieti di varia natura fino a quando l’autorità pubblica competente, sollecitata dal PM, non abbia deliberato l’autorizzazione a procedere, rimuovendo l’ostacolo legislativamente stabilito all’ordinario svoglimento delle funzioni giudiziarie. Ratio. Necessità di bilanciare istanze puntiive e prerogative connesse alle funzioni di taluni organi ammiistrativi, preservando il singolo appartenente all’organo da iniziative persecutorie. Tipi di reato. Reati commessi dal presidente del consiglio o dai ministri nell’esercizio delle loro funzioni, dai giudici della corte costituzionale e delitti contro la personalità dello stato. Duplice ordine di imiti che si pone per il procedimento in assenza di autorizzazione a procedere: a) Essa rappresenta un elemento condizionante l’esercizio dell’azione penale.  se ne risulti la necessità sin dall’inizio delle indagini, l’autorizzazione deve essere richiesta prima di procedere a giudizio diretissimo o di rihiedere il giudizio immediato, il rinvio a giudizio, il decreto penale di condanna o emettere il decreto di citazione a giudizio e comunque entro e non oltre 30gg dall’iscrizione del nome della persona per la quale essa è necessaria nell’apposito registro. Se la persona è stata arrestata in flagranza, la richiesta deve essere avanzata immediatamente e comunque prima dell’udienza di convalida.  Se la necessità emerge solo ua volta esercitata l’azione penale, il rpocesso deve essere sospeso e lautorizzazione deve essere chiesta senza ritardo. Per scongiurare che la sospensione del processo possa pregiudicare l’assuznione della prova, si prvede che se vi è pericolo nel ritardo il giudice provvede all’aunzione delle prove richieste dalle parti. Quando si procede nei confronti di più persone per alcune delle quali soltanto è necessaria l’autorizzazione, affinchè il ritardo determinato dalla procedura non si riverberi slle vicende concernenti altri imputati, è previsto che si possa procedere separatamente contro coloro per i quali l’autorizzazione non è necessaria. b) Poteri di indagine del PM,il quale a pena di inutilizzabilità dei risultati probatori, e salvo che il soggetto sia stato colto nella flagranza di uno dei reati per i quali è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza, non può, fin quando non sia stata concessa l’autorizzazione, compiere alcun provvedimento suscetibile di incidere sui diritti fondamentali dell’indiziato. Autorizzazioni ad acta. Concorrono con la richiesta di autorizzazione a procedere per i membri della corte costtiuzionale e per i ministri. Caduta la necessità di autorizzazioni a procedere nei confronti dei parlamentari, è prevista solo la necessità di autorizzazioni ad acta per il compimento di singoli atti che si riflettano su diritti fondamentali di un membro del parlamento. 13. L’attività di indagine della polizia giudiziaria: l’obbligo di riferire la notizia di reato Il destinatario ultimo della notizia di reato è solo il PM, il quale, gravato dall’obbligo dell’azione penale, deve immediatamente attivasi, procedendo alla iscrizione della notizia nell’apposito registro, in vista dei successivi adempimenti. Sulla Polizia Giudiziaria grava invece l’obbligo di informare il PM di ogni notizia che rechi il fumus di un illecito penale, previa una essenziale attività di accertamento. L’obiettivo del legislatore è quello di accentuare l’unitarietà dello sviluppo investigativo valorizzando il ruolo di guida del magistrato fin dalle prime battute del procedimento. Tenuta, secondo lo schema originario, a comunciare entro 48 ore la notizia di reato e a svolgere successivamente le proprie attività di ndaine solo nell’ambito del perimetro segnato dalle direttive del magistrato procedente, gode ora di più ampi margini operativi tanto nelle battute iniziali del 32 procedimento, quanto più successivamente, anche allorchè il PM già abbia assunto la direzione delle indagini. Art. 347. La PG deve ora riferire al PM senza ritardo. L’informativa, da presentarsi in forma scritta, deve contenere gli elementi essenziali del fatto e gli altri elementi sino ad allora raccolti, conl’indicazione delle fonti di prova e delle attività compiute e con la relativa documentazione. Inoltre, quando è possibile, deve comunciare le informazioni cocnernenti le generalità, il domicilio ed ogni altra notizia utile alla identificazione della persona sottoposta alle indagini, della persona offesa e di coloro che siano in grado di riferire su circostanze idonee alla ricostruzione del fatto. Al rischio di sfuggire al controllo del magistrato, si affianca quello di surrettizzi ampliamenti della durata delle indagini preliminari. Deroghe al regime temporale: - La stessa comunicazione debba essere data entro 48h dal compimento di un atto per quale sia prevista l’assistenza del difensore, salva diversa disposizione di legge. Ratio  garantire il controlo sollecità dell’autorità giudiziaria su atti suscettibili di incidere su diritti della persona sottoposta alle indagini. - Se la notizia riguardi uno dei delitti di cui all’art. 407 co.2 lett a nn.1-6 (vaffanculo) e, in ogni caso, quando ricorrono ragioni di urgenza, la comunicazione deve essere data immediatamente, anche in forma orale, salva la trasmissione senza ritardo e in forma scritta della stessa, con la allegata documentazione. Una regola speciale armonizza con l’obbligo importo dal 347 gli adempimenti conseguenti ad una notizia di reato non perseguibile d’ufficio quando ancora non sia sopravvenuta la condizione di procedibilità: la PG riferisce senza ritardo al PM l’attività d’indagine prevista trasmettendo altresì la relativa documentazione ove detto organo ne faccia richiesta. Deroga al regime informativo funzionale all’archiviazione di notizie di reato cumulativa  le denunce a carico di ignoti, unitariamente agli eventuali atti di indagine svolti per la identificazione dell’autore del reato, siano trasmesse all’ufficio di procura competente con elenchi mensili. 14. segue: le attività investigative tipiche e atipiche Il combinato disposto degli artt. 347 e 348 scandisce in tre tempi l’azione investigativa di polizia. L’art. 348 indica un duplice scenario che si sussegue in rapporto alla solerzia operativa del titolare delle indagini. Una volta comunicata la notizia di reato al PM, la polizia giudiziaria continua ad esercitare le funzioni riconosciute dall’art. 55. Pur nel vasto perimetro tracciato da questo rinvio, il legislatore indirizza il suo operato verso un fine più preciso e vi convoglia le attività esperbili. Dopo l’intervento del PM, la polizia deve: - compiere gli atti ad essa specificamente delegati = attività delegata - eseguire le direttive del PM = attività guidata comunque la polizia continua a svolgere di prorpria inziiativa tutte le altre attivit di indagine per accertare i reati ovvere richieste da elementi successivamente emersi e assicura le nuove fonti di prova. Unico limite che ne restringe la libertà d’azione nello svolgimenti di attività di indagine parallela è che deve prontamente informarne il PM. Se procede di propria inziativa, la polizia giudiziaira gode di ampia discrezionalità quanto alla scelta degli strumenti. Poi ci sono una serie di atti di indagini espressamente disciplinati agli artt. 349-357. Attività investigative atipiche. La PG può svolgere anche operazioni non predeterminabili con una tipizzazione normativa. Sono altresì soggettivamente atipici gli atti che la legge attribuisce al PM. Problema della legittimità di questi atti, soprattutto quando vanno ad intercettare diritti fondamentali della persona. Il principale quesito verte intorno al tema della utilizzabilità di elementi di prova assuti contra consitutionem: tali atti devono ritenersi inutilizzabili tutte le volte in cui incidano su libertà fondamentali della persona, in quanto non ne sia prevista la predeterminazione legislativa di casi e modi. Art. 55. Funzioni della polizia giudiziaria. 1. La polizia giudiziaria deve, anche di propria iniziativa, (1) prendere notizia dei reati (attività di carattere informativo), impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori, (2) ricercarne gli autori (attività di carattere investigativo), (3) compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire (attività di assicurazione della prova) per l'applicazione della legge penale. 2. Svolge ogni indagine e attività disposta o delegata dall'autorità giudiziaria. (rapporti di dipendenza dal PM) 3. Le funzioni indicate nei commi 1 e 2 sono svolte dagli ufficiali e dagli agenti di polizia giudiziaria. 35 18. L’attività di indagine del PM: atti diretti e atti delegati 19. segue: il coordinamento investigativo Per evitare che la frammentazione investigtiva riconducibile ai criteri di legittimazione del PM possa nuocere all’efficienza delle indagini, tanto sotto il profilo della celerità, quanto sotto quello dell’esigenza di una visuale, per quanto possibile estesa, dei fenomeni criminali, il legislatore ha apprestato diversi sistemi di cooperazione tra uffici e di osmosi dei relativi risultati di indagine. Ratio  costituire un temperamento alla drastica riduzione dei casi di connessione, quale effetto della scelta legislativa di ridurre l’elefantiasi procuessuale determinata dai cosiddetti maxiprocessi. Alla necessità di ridurre il ricorso ai processi cumulativi dovevano contrapporsi misure idonee ad evitare che l’eccessiva parcellizzazione delle indagini potesse privare gli organi investigativi di un orizzonte ad ampio spettro, necessario per la comprensione ed il contrasto dei fenomeni criminali. Siccome questa disciplina quasi mai nella pratica è stata applicata, sono stati inseriti dei correttivi, i quali, almeno in riferimento alle indagini per i reati di più grave allarme sociale, sppliscono al amncato spontaneo coordinamento, attraverso poteri di sollecitazione e impulso che passano per interventi di carattere gerarchico. Per esempio il procuratore generale presso la corte d’appello, da solo o d’intesa con altri procuratori generali, ha il compito do promuovere il coordinamento delle indagini di precisi delitti. Art. 353. Acquisizione di plichi o di corrispondenza. 1. Quando vi è necessità di acquisire plichi sigillati o altrimenti chiusi, l'ufficiale di polizia giudiziaria li trasmette intatti al pubblico ministero per l'eventuale sequestro. 2. Se ha fondato motivo di ritenere che i plichi contengano notizie utili alla ricerca e all'assicurazione di fonti di prova che potrebbero andare disperse a causa del ritardo, l'ufficiale di polizia giudiziaria informa col mezzo più rapido il pubblico ministero il quale può autorizzarne l'apertura immediata e l’accertamento del contenuto. 3. Se si tratta di lettere, pieghi, pacchi, valori, telegrammi o altri oggetti di corrispondenza, anche se in forma elettronica o se inoltrati per via telematica, per i quali è consentito il sequestro a norma dell'articolo 254, gli ufficiali di polizia giudiziaria, in caso di urgenza, ordinano a chi è preposto al servizio postale, telegrafico, telematico o di telecomunicazione di sospendere l'inoltro. Se entro quarantotto ore dall'ordine della polizia giudiziaria il pubblico ministero non dispone il sequestro, gli oggetti di corrispondenza sono inoltrati. Art. 370. Atti diretti e atti delegati. 1. Il pubblico ministero compie personalmente ogni attività di indagine. Può avvalersi della polizia giudiziaria (delega globale allo svoglimento delle indagini che il legislatore si era riproposto di estirpare) per il compimento di attività di indagine e di atti specificamente delegati, ivi compresi gli interrogatori ed i confronti cui partecipi la persona sottoposta alle indagini che si trovi in stato di libertà, con l'assistenza necessaria del difensore. 2. Quando procede a norma del comma 1, la polizia giudiziaria osserva le disposizioni degli articoli 364, 365 e 373. 3. Per singoli atti da assumere nella circoscrizione di altro tribunale, il pubblico ministero, qualora non ritenga di procedere personalmente, può delegare, secondo la rispettiva competenza per materia, il pubblico ministero presso il tribunale del luogo (quello territorialmente competente). 4. Quando ricorrono ragioni di urgenza o altri gravi motivi, il pubblico ministero delegato a norma del comma 3 ha facoltà di procedere di propria iniziativa anche agli atti che a seguito dello svolgimento di quelli specificamente delegati appaiono necessari ai fini delle indagini. Art. 371. Rapporti tra diversi uffici del pubblico ministero. 1. Gli uffici diversi del pubblico ministero che procedono a indagini collegate, si coordinano tra loro per la speditezza, economia ed efficacia delle indagini medesime. A tali fini provvedono allo scambio di atti e di informazioni nonché alla comunicazione delle direttive rispettivamente impartite alla polizia giudiziaria. Possono altresì procedere, congiuntamente, al compimento di specifici atti. 2. Le indagini di uffici diversi del pubblico ministero si considerano collegate: a) se i procedimenti sono connessi a norma dell'articolo 12; b) se si tratta di reati dei quali gli uni sono stati commessi in occasione degli altri, o per conseguirne o assicurarne al colpevole o ad altri il profitto, il prezzo, il prodotto o l'impunità, o che sono stati commessi da più persone in danno reciproco le une delle altre, ovvero se la prova di un reato o di una sua circostanza influisce sulla prova di un altro reato o di un'altra circostanza; c) se la prova di più reati deriva, anche in parte, dalla stessa fonte. 3. Salvo quanto disposto dall'articolo 12, il collegamento delle indagini non ha effetto sulla competenza. 36 20. segue: attività di indagine tipica e atipica. Atti investigativi tipici. Sono atti compiuti dal PM ad uso esclusivamente endofasico (diversi da atti probatori assunti davanti al giudice): - accertamenti tecnici - individuazioni - assunzione di informazioni - interrogatorio di persone imputate in procedimento connesso atti caratterizzati da tendenziale fluidità delle forme, in funzione della natura preprocessuale delle indagini preliminari e della loro inconsistenza probatoria. Il PM può procedere inoltre ad ispezione, perquisizioni, sequestri, intercettazioni.però, in quanto idonei a fornire contributi conoscitivi originariamente irripetibili, e dunque deputati a confluire nel fascicolo del dibattimento, essi sono geneticamente predisposti per assumere un ruolo esorbitante rispetto ad un’attività che si presenta, in linea di principio, a gittata endofasica. Atti investigativi atipici. Attività necessarie non disciplinate 21. segue: gli accertamenti tecnici Concretandosi in operazione sempre ripetibili, la consulenza tecnica non produce risultati probatori spendibili in dibattimento: per tale motivo il PM può procedervi senza obbligo di coinvolgere la persona sottoposta alle indagini e la persona offesa dal reato. (è una forma di anticipazione della prova). Consulenza tecnica ex 360: - Affidando al PM la titolarità del potere di svolgere accertamenti irripetibili si è inteso assicurare la non dispersione della prova, anche nei casi in cui non sarebbe stato possibile assumerla con le forme maggiormente garantite dell’incidente probatorio. - Tutte le parti private possono agire da comprimari, partecipando all’atto dispsoto dal magistrato inquirente. Si inscena in tal caso un contraddittorio tra difensori e consulenti, ma senza la presenza del giudice. In alternativa è possibile contrastare il compimento dell’atto. L’obbligo di avviso e la correlativa sanzione di nullità per l’eventuale inadempimento ricorrsono solo nel caso che al momento del conferimento dell’incarico al consulente sia già stata individuata la persona nei confronti della quale si procede: mentre i risultati degli acertamenti tecnici non ripetibili saranno utilizzabili ache nei confronti di soggetti che al momento del conferimento dell’incarico non erano ancoraindagati per assenza di elementi indiziari a loro carico. Art. 359. Consulenti tecnici del pubblico ministero. 1. Il pubblico ministero, quando procede ad accertamenti, rilievi segnaletici, descrittivi o fotografici e ad ogni altra operazione tecnica per cui sono necessarie specifiche competenze, può nominare e avvalersi di consulenti, che non possono rifiutare la loro opera. 2. Il consulente può essere autorizzato dal pubblico ministero ad assistere a singoli atti di indagine. Art. 360. Accertamenti tecnici non ripetibili. 1. Quando gli accertamenti previsti dall'articolo 359 riguardano persone, cose o luoghi il cui stato è soggetto a modificazione (non potranno essere rinviati o ripetuti al dbattiemnto), il pubblico ministero avvisa, senza ritardo, la persona sottoposta alle indagini, la persona offesa dal reato e i difensori del giorno, dell'ora e del luogo fissati per il conferimento dell'incarico e della facoltà di nominare consulenti tecnici. 2. Si applicano le disposizioni dell'articolo 364 comma 2. 3. I difensori nonché i consulenti tecnici eventualmente nominati hanno diritto di assistere al conferimento dell'incarico, di partecipare agli accertamenti e di formulare osservazioni e riserve. 4. Qualora, prima del conferimento dell'incarico, la persona sottoposta alle indagini formuli riserva di promuovere incidente probatorio [c.p.p. 392], il pubblico ministero dispone che non si proceda agli accertamenti salvo che questi, se differiti, non possano più essere utilmente compiuti. 4-bis. La riserva di cui al comma 4 perde efficacia e non può essere ulteriormente formulata se la richiesta di incidente probatorio non è proposta entro il termine di dieci giorni dalla formulazione della riserva stessa 5. Fuori del caso di inefficacia della riserva di incidente probatorio previsto dal comma 4-bis, se il pubblico ministero, malgrado l'espressa riserva formulata dalla persona sottoposta alle indagini e pur non sussistendo le condizioni indicate nell'ultima parte del comma 4, ha ugualmente disposto di procedere agli accertamenti, i relativi risultati non possono essere utilizzati nel dibattimento 37 22. segue: il prelievo coattivo di campioni biologici e le indagini genetiche Non possono in alcun caso essere disposte operazioni che contrastino con espressi divieti posti dalla legge o che possano mettere in pericolo la vita, l’integrità fisica o la salute della persona o del nascituro, ovvero che, secondo la scienza medica, possono provocare sofferenze di non lieve entità. La legge si preoccupa di tipizzare le modalità di acquisizione dei campioni da persona non consenziente, disciplinando i casi e i modi di pelievo forzoso, in ottemperanza alla tutela costituzionale della libertà personale. Nessuna disciplina viene apprestata per il prelievo consensuale. Una volta eseguito il prelievo,ilprocedimento di estrazione del profilo genetico è adempimento da svolgesi tramite accertamento condotto da PM. 23. segue: l’assunzione di informazioni e l’individuazione di persone e di cose Quando deve procedere ad atti che richiedono la presenza della persona offesa e delle persone in grado di riferire su circostanze utili ai fini delle indagini, il PM le cita a comparire con le forme dell’art. 377. L’assimilazione alla testimonianza dell’atto compiuto dal PM si spinge anche sul versante delle conseguenze che raggiungono l’eventuale dichiarante renitente, reticente o mendace. (punibili ex art. 371biscp). Il PM può interrogare le persone imputate in un procedimento connesso ex art. 12 o in un processo collegato Art. 359-bis. Prelievo coattivo di campioni biologici su persone viventi 3-bis. Nei casi di cui agli articoli 589-bis e 590-bis del codice penale, qualora il conducente rifiuti di sottoporsi agli accertamenti dello stato di ebbrezza alcolica ovvero di alterazione correlata all'uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, se vi è fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave o irreparabile pregiudizio alle indagini, il decreto di cui al comma 2 e gli ulteriori provvedimenti ivi previsti possono, nei casi di urgenza, essere adottati anche oralmente e successivamente confermati per iscritto. Gli ufficiali di polizia giudiziaria procedono all'accompagnamento dell'interessato presso il più vicino presidio ospedaliero al fine di sottoporlo al necessario prelievo o accertamento e si procede all'esecuzione coattiva delle operazioni se la persona rifiuta di sottoporvisi. Del decreto e delle operazioni da compiersi è data tempestivamente notizia al difensore dell'interessato, che ha facoltà di assistervi, senza che ciò possa comportare pregiudizio nel compimento delle operazioni. Si applicano le previsioni di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 365. Entro le quarantotto ore successive, il pubblico ministero richiede la convalida del decreto e degli eventuali ulteriori provvedimenti al giudice per le indagini preliminari, che provvede al più presto e comunque entro le quarantotto ore successive, dandone immediato avviso al pubblico ministero e al difensore. Le operazioni devono sempre svolgersi nel rispetto delle condizioni previste dai commi 4 e 5 dell'articolo 224-bis. 1. Fermo quanto disposto dall’articolo 349, comma 2-bis, quando devono essere eseguite le operazioni di cui all’articolo 224- bis e non vi è il consenso della persona interessata, il pubblico ministero ne fa richiesta al giudice per le indagini preliminari che le autorizza con ordinanza quando ricorrono le condizioni ivi previste. 2. Nei casi di urgenza, quando vi è fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave o irreparabile pregiudizio alle indagini, il pubblico ministero dispone lo svolgimento delle operazioni con decreto motivato contenete i medesimi elementi previsti dal comma 2 dell’articolo 224-bis, provvedendo a disporre l’accompagnamento coattivo, qualora la persona da sottoporre alle operazioni non si presunti senza addurre un legittimo impedimento, ovvero l’esecuzione coattiva delle operazioni, se la persona comparsa rifiuta di sottoporvisi. Entro le quarantotto ore successive il pubblico ministero richiede al giudice per le indagini preliminari la convalida del decreto e dell’eventuale provvedimento di accompagnamento coattivo. Il giudice provvede con ordinanza al più presto e comunque entro le quarantotto ore successive, dandone avviso immediatamente al pubblico ministero e al difensore. Art. 362. Assunzione di informazioni. 1. Il pubblico ministero assume informazioni dalle persone che possono riferire circostanze utili ai fini delle indagini. Alle persone già sentite dal difensore o dal suo sostituto non possono essere chieste informazioni sulle domande formulate e sulle risposte date. Si applicano le disposizioni degli articoli 197, 197-bis, 198, 199, 200, 201, 202 e 203. 1-bis. Nei procedimenti per i delitti di cui all'articolo 351, comma 1-ter, il pubblico ministero, quando deve assumere informazioni da persone minori, si avvale dell'ausilio di un esperto in psicologia o in psichiatria infantile. Allo stesso modo provvede quando deve assumere sommarie informazioni da una persona offesa, anche maggiorenne, in condizione di particolare vulnerabilità. In ogni caso assicura che la persona offesa particolarmente vulnerabile, in occasione della richiesta di sommarie informazioni, non abbia contatti con la persona sottoposta ad indagini e non sia chiamata più volte a rendere sommarie informazioni, salva l'assoluta necessità per le indagini. 40 Titolarità. Solo del PM previo assenso scritto del procuratore della republica. Anche la PG solo prima che il PM abbia assunto la direzione delle indagini o in particolari situazioni di urgenza 29. segue: l’allontanamento d’urgenza dalla casa familiare Abbinato a divieto di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa. 30. segue: il procedimento di convalida Eseguito l’arresto o il fermo, gli agenti e gli ufficiali di PG sono tenuti ad operare contestualmente su un duplice fronte, dovendo assicurare immediate garanzie al soggetto privato della libertà e, nel contempo, compiere ogni atto doveroso per il passaggio di consegne al PM, al quale spetta rivolgere al giudice le richieste conseguenti all’esecuzione del provvedimento. - Grava sulla PG una serie di obblighi informativi: all’arrestato o al fermato deve essere consegnata una comunicazione scritta, redatta, in forma chiara e precisa e se necessario tradotta. Poi, con il consenso dell’arrestato/fermato, deve senza ritardo dare notizia ai familiari. Devono informare immediatamente il difensore di fiducia eventualmente nominato ovvero quello di ufficio designato dal PM. - Grava sulla PG un dovere di darne immediata notizia al PM del luogo ove arresto/fermo è stato eseguito. Poi mettono l’arrestato a disposizione del PM al più presto e comunque non oltre 24h mediante la conduzione nella casa circondariale o mandamentale del luogo dove l’arresto o il fermo è stato eseguito. entro il medesimo termine deve essere trasmesso relativo verbale, anche per via telematica Il PM, entro 48h dall’arresto/fermo, dovrà chiedere la convalida al giudice per le indagini preliminari competente in relazione al luogo dove l’arresto o il fermo è stato eseguito, sempre che non ritenga che il soggetto debba essere immediatamente scarcerato. Quando non intenda chiedere una misura cautelare personale, il PM deve disporre l’immediata liberazione dell’arrestato o fermato ma, in questo caso, alla liberazione dell’arrestato o del fermato deve fare seguito l’udienza di convalida. Nelle more della richiesta di convalida può procedere all’interrogatorio dell’arrestato. Con la richiesta di convalida trasmette al giudice il verbale di arresto di fermo e copia della documentazione attestante che l’arrestato/fermato è stato tempestivamente condotto nel luogo di custodia. Il giudice fissa l’udienza di convalida al più presto e comuqnue entro le 48h succesive. L’udienza di convalida si svolge nel luogo in cui l’arrestato/fermato si trova custodito, in camera di consiglio con la partecipazione necessaria del difensore il quale ha diritto di consultare ed estrarre copia dei documenti presentati per la convalida. Non è più vista come necessaria la presenza del PM. Il giudice poi procede all’interrogatorio dell’arrestato o del fermato. Il giudice con ordinanza, avvero la quale PM e arrestato possono ricorrere per cassazione, convalidando il provvedimento se arresto/fermo sono stati legtittimamente eseguiti. In caso di mancata convalida, una decisione negativa potrebbe plecudere a conseguenze di natura disciplinare, nonchè ad una eventuale riparazione per ingiusta detenzione. L’arresto/fermo cessa di avere efficacia se l’ordinanza di convalida non èpronunciata o depositata nelle 48h successive al momento in cui l’arestato è stato posto a disposizione del giudice. Se richiesto, il giudice dispone l’applicazione di una misura coercitiva. Se non emette il provvedimento restrittivo dispone, sempre con ordinanza, l’immediata liberazione dell’arrestato/fermato. Art. 384-bis (Allontanamento d'urgenza dalla casa familiare) 1. Gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria hanno facoltà di disporre, previa autorizzazione del pubblico ministero, scritta, oppure resa oralmente e confermata per iscritto, o per via telematica, l'allontanamento urgente dalla casa familiare con il divieto di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa, nei confronti di chi è colto in flagranza dei delitti di cui all'articolo 282-bis, comma 6, ove sussistano fondati motivi per ritenere che le condotte criminose possano essere reiterate ponendo in grave ed attuale pericolo la vita o l'integrità fisica o psichica della persona offesa. La polizia giudiziaria provvede senza ritardo all'adempimento degli obblighi di informazione previsti dall'articolo 11 del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, e successive modificazioni. 2. Si applicano in quanto compatibili le disposizioni di cui agli articoli 385 e seguenti del presente titolo. Si osservano le disposizioni di cui all'articolo 381, comma 3. Della dichiarazione orale di querela si dà atto nel verbale delle operazioni di allontanamento. 41 Se pronunciate in udienza, le ordinanze conclusive dell’udienza di convalida sono comunicate al PM e notificate all’arrestato che non sia comaprso. Se non sono pronunciate in udienza, sono comunicate o notificate a coloro che hanno diritto di proporre impugnazione. I termini per l’impugnazione decorrono dalla lettura del provvedimento in udienza. 31. Il diritto di difesa nelle indagini: la conoscenza dell’accusa. art. 111co.3 Cost  la legge deve assicurare che la persona accusata di un reato sia, nel più breve tempo possibile, informata riservatamente della natura e dei motivi dell’accusa elevata a suo carico. Se la conoscenza dell’’addebito è premessa indefettibile per arcticolare una risposta in chiave difensiva, la possibilità di giocare proficuamente un ruolo attivo nella fase preliminare presuppone la tempestività della informazione: tale diritto deve essere contemperato con le esigenzedi tutela dell’efficacia delle indagini,le quali potrebbero essere pregiudicate dalla prematura conoscenza degli esiti delle stesse. Non è escluso che in alcune ipotesi l’intera fase di indagine possa svolgersi senza che il diretto interessato ne sia a conoscenza. Nel caso in cui il PM si risolva ad esercitare l’azione penale, solo in limine rispetto alla fase processuale, vi è un preciso obbligo, ineludibile a pena di nullità della seguente richiesta di rinvio a giudizio, di inviare un avviso che contiene la sommaria enunciazione del fatto per il quale si procede, delle norme di legge che si assumono violate, della data e del luogo del fatto, con l’avvertimento che la documentazione relativa alle indagini espletate è depositta presso la segreteria del PM e che l’indagato e il suo difensore hanno facoltà di prenderne visione ed estrarne copia. Reso edotto non solo della notizia di reato ma dell’intera documentazione raccolta, può verificare e contraddire l’impianto accusatorio cui le indagini hanno messo capo ma anche lucrare un supplemento investigativo. (vedi art. 415bis) Informazione di garanzia. Atti che tengono luogo della informazione di garanzia. Considerati equipollenti alla stessa. Ove la persona sottoposta alle indagini non abbia assistito all’atto, una volta che questo sia compiuto, viene ad esaurirsi l’esigenza preclusiva connessa alla sorpresa, con la conseguenza che riemerge l’obbligo del PM del tempestivo inoltro dell’informazione predetta, anche al fine di assicurare all’interessato la pienezza delle facoltà difensive. La notizia che si stanno svolgendo indaini a suo carico può poi pervenire all’indagato, che ne sia fino a quel momento all’oscuro, nel corso di attività di indagine della polizia giudiziaria che si svolgano in sua presenza È possibile infine che la conoscenza del procedimento derivi da una iniziativa del diretto interessato, il quale, per attivarsi, deve avere motivo di ritenere di essere sottoposto ad un procedimento presso un determinato ufficio giudiziario. Se sussistono specifiche esigenze attinenti all’attività di indagine, il PM, nel decidere sulla richiesta, può disporre, con decreto motivato, il segreto sulle iscrizioni per un periodo non superiore a tre mesi non rinnovabile. Art. 369. Informazione di garanzia. 1. Solo quando deve compiere un atto al quale il difensore ha diritto di assistere, il pubblico ministero invia per posta, in piego chiuso raccomandato con ricevuta di ritorno, alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa una informazione di garanzia con indicazione delle norme di legge che si assumono violate della data e del luogo del fatto e con invito a esercitare la facoltà di nominare un difensore di fiducia. 1-bis. Il pubblico ministero informa altresì la persona sottoposta alle indagini e la persona offesa del diritto alla comunicazione previsto dall'articolo 335, comma 3. 2. Qualora ne ravvisi la necessità ovvero l'ufficio postale restituisca il piego per irreperibilità del destinatario, il pubblico ministero può disporre che l'informazione di garanzia sia notificata a norma dell'articolo 151. 42 32. segue: la nomina del difensore e il ruolo della difesa tecnica Il diritto alla difesa tecnica è irrinunciabile. Una particolare informativa a inviarsi al compimento del primo atto lo avvertirà della nomina. Riferimenti costituzionali: - Art. 111 co.3 diritto dell’imputato di godere delle condizioni necessarie per preparare la sua difesa e del diritto alla prova - Art. 24co.2 dirito di difesa - Art. 111 co.2 sistema fondato sulla parità delle armi. Duplice linea prospettica:  Difensore collocato nell’orbita delle indagini compiute dalla polizia giudiziaria e dal PM. Egli vi si aggira quale comprimario della scena investigativa pubblica a tutela dei diritti fondamentali della persona e della genuinità degli esiti probatori  Si smarca dal ruolo passivo di presidio della legalità degli atti di indagine compiuti dalle autorità inquirenti e può compiere autonomamente una serie di atti investigativi per la ricerca di elementi utili per la difesa del proprio assistito. 33. segue: l’assistenza del difensore agli atti di indagine del PM e della PG. L’assistenza del difensore agli atti di indagine della polizia giudiziaria e del PM, in quanto finalizzata anzitutto a presidiare la correttezza dell’azione inquirente, è stabilita là dove sia consentito prevedere il potenziale debordare degli effetti dell’atto dalla tipica limitazione endofasica, in correlazione, cioè, con la potenziale proiezione dibattimentale delle conseguenti acquisizioni. Nel contempo, la relativa disciplina tiene conto della necessità di perseverare l’efficacia dell’azione investigativa, rispetto a quei casi in cui l’invito rivolto al difensore potrebbe precludere o alterare gli esiti dell’accertamento. Ne deriva un triplice regime: a) Il difensore ha il diritto di essere preavvertito se la polizia giudiziaria assume sommarie informazioni dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini. b) Se si tratta di atti a sorpresa,la cui efficacia potrebbe essere posta a rischio ove se ne fornisse una preventiva conoscenza, è prevista la facoltà del difensore di assistere all’atto senza diritto di essere preavvisato. c) La legge non prevede alcun diritto di assistere alla individuazione, all’assunzione di informazioni da persone a conoscenza di notizie utili e al relativo confronto tra di esse; all’interrogatorio di persona imputata a proceidmento connesso. Altresì può dirsi per l’assunzione di sommarie informazioni. Art. 369-bis. Informazione della persona sottoposta alle indagini sul diritto di difesa. 1. Al compimento del primo atto a cui il difensore ha diritto di assistere e, comunque, prima dell'invito a presentarsi per rendere l'interrogatorio ai sensi del combinato disposto degli articoli 375, comma 3, e416, ovvero, al più tardi, contestualmente all'avviso della conclusione delle indagini preliminari ai sensi dell'articolo 415-bis, il pubblico ministero, a pena di nullità degli atti successivi, notifica alla persona sottoposta alle indagini la comunicazione della nomina del difensore d'ufficio. 2. La comunicazione di cui al comma 1 deve contenere: a) l'informazione della obbligatorietà della difesa tecnica nel processo penale, con l'indicazione della facoltà e dei diritti attribuiti dalla legge alla persona sottoposta alle indagini; b) il nominativo del difensore d'ufficio e il suo indirizzo e recapito telefonico; c) l'indicazione della facoltà di nominare un difensore di fiducia con l'avvertimento che, in mancanza, l'indagato sarà assistito da quello nominato d'ufficio; d) l'indicazione dell'obbligo di retribuire il difensore d'ufficio ove non sussistano le condizioni per accedere al beneficio di cui alla lettera e) e l'avvertimento che, in caso di insolvenza, si procederà ad esecuzione forzata; d-bis) l'informazione del diritto all'interprete ed alla traduzione di atti fondamentali; e) l'indicazione delle condizioni per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Art. 366. Deposito degli atti cui hanno diritto di assistere i difensori. 1. Salvo quanto previsto da specifiche disposizioni, i verbali degli atti compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria ai quali il difensore ha diritto di assistere, sono depositati nella segreteria del pubblico ministero entro il terzo giorno successivo al compimento dell'atto, con facoltà per il difensore di esaminarli ed estrarne copia nei cinque giorni successivi. Quando non è stato dato avviso del compimento dell'atto, al difensore è immediatamente notificato l'avviso di deposito e il termine decorre dal ricevimento della notificazione. Il difensore ha facoltà di esaminare le cose sequestrate nel luogo in cui esse si trovano e, se si tratta di documenti, di estrarne copia. 2. Il pubblico ministero, con decreto motivato, può disporre, per gravi motivi, che il deposito degli atti indicati nel comma 1 e l'esercizio della facoltà indicata nel terzo periodo dello stesso comma siano ritardati, senza pregiudizio di ogni altra attività del difensore, per non oltre trenta giorni. Contro il decreto del pubblico ministero la persona sottoposta ad indagini ed il difensore possono proporre opposizione al giudice, che provvede ai sensi dell'articolo 127. 45 La discrezionalità di quest’ultimo ha un limite: non può spingersi fino ad una infedele verbalizzazione per tacere le circostanze a carico dell’imputato; nè, dopo aver verbalizzato integralmente, egli potrebbe presentare soltanto parti di atti per oscurare informazioni sfavorevoli (altrimenti falso idologico in atto pubblico e favoreggiamento). Valore probatorio dei verbali del difensore: nelle indagini preliminari l’ostensione probatoria delinea un dialogo tra difensore e giudice. A quest’ultimo possono essere presentati elementi utili in funzione di una decisione che debba essere adottata con l’intervento della parte privata. Ma il difensore può porre a disposizione del giudice ogni risultanza probatoria che ritena utile, in via preventiva, per il caso che siano adottate decisioni inaudita altera parte, come tipicamente sono quelle su materia cautelare. È prospettato altresì un dialogo tra le parti, prevedendo che il difensore possa presentare gli elementi di prova raccolti direttamente al PM. Il difensore ha anche la possibilità di far pervenire gli elementi di prova raccolti al GUP (art. 391octies co.1). Elementi investigativi difensivi nei riti speciali. Ove poi l’udienza preliminare rappresenti la scena per lo svolgimento di un rito speciale, tale documentazione risulta utilizzabile, in quella sede, anche per il giudizio. Dubbi sull’utilizzabilità degli elementi dell’investigazione difensiva nel giudizio abbreviato: qui il contraddittorio viene derogato perchè le parti hanno prestato acquiescenza rispetto ad una diversa modalità di accertamento, quindi non dovrebbe ritenersi ammesso che sia la stessa parte che ha formato unilateralmente gli elementi di prova a poter consentire l’utilizzabilità degli stessi. Ma in pratica, ove l’imputato si sia avvalso della facoltà di depsoitare i risultati delle proprie investigazioni difensive, egli realizza, con la sola richiesta di accesso al rito, una trasformazione dei propri elementi in prove utilizzaibili dal giudice; le cadenze del rito escluderebbero inoltre la prova conraria in capo al PM. Regime di impiego in fase dibattimentale. Art. 391decies. Le ichiarazioni inserite nel fascicolo del difensore possono essere impiegate dalle parti per le contestazioni e per le letture, in tutti i casi in cui ciò è conentito in relazione agli atti delle indagini preliminari svolte dall’accusa. Atti irripetibili. Destinati a confluire nel fascicolo per il dibattimento. Duplice custodia. Co.4. Il verbale degli accertamenti compiuti ai sensi del comma 3 e, quando il pubblico ministero ha esercitato la facoltà di assistervi, la documentazione degli atti compiuti ai sensi del comma 2 sono inseriti nel fascicolo del difensore e nel fascicolo del pubblico ministero. Si applica la disposizione di cui all'articolo 431, comma 1, lettera c). 39. L’intervento del giudice per la prova: l’ambito applicativo dell’incidente probatorio. Incidente probatorio = istituto attraverso il quale le parti possno assumere elementi conoscitivi, cristallizzandone il valore probatorio, durante le indagini preliminari. Esso consente di riproporre la struttura triadica propria dell’accertamento dibattimentale, offrendo alle parti una sede per l’acquisizione della prova davanti ad un giudice e in contraddittorio. Esso consente comunque una deroga al principio di immediatezza, poichè l’incidente si svolge al cospetto di un gudice che è diverso da quello che sarà chiamato per la decisione finale. In più, la formazione della prova avviene in un contesto idoneo a garantire il contraddittorio, ma il confronto si svolge in una fase arretrata e sulla scorta di una conoscenza limitata dei risultati delle indagini. Art. 392 Casi. 1. Nel corso delle indagini preliminari il pubblico ministero e la persona sottoposta alle indagini possono chiedere al giudice che si proceda con incidente probatorio: a) all'assunzione della testimonianza di una persona, quando vi è fondato motivo di ritenere che la stessa non potrà essere esaminata nel dibattimento per infermità o altro grave impedimento; b) all'assunzione di una testimonianza quando, per elementi concreti e specifici, vi è fondato motivo di ritenere che la persona sia esposta a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilità affinché non deponga o deponga il falso; c) all'esame della persona sottoposta alle indagini su fatti concernenti la responsabilità di altri; d) all'esame delle persone indicate nell'articolo 210 (presunzione legislativa di non rinviabilità dell’acquisizione delle dicharazioni di particolari soggetti che, per il ruolo rivestito, avvalendosi della facotà di non rispondere loro riconosciuta, potrebbero essere indotti a non ripetere in dibattimento le dichiarazioni che erano disposti a rilasciare nel corso delle indagini) e) al confronto tra persone che in altro incidente probatorio o al pubblico ministero hanno reso dichiarazioni discordanti, quando ricorre una delle circostanze previste dalle lettere a) e b); f) a una perizia o a un esperimento giudiziale, se la prova riguarda una persona, una cosa o un luogo il cui stato è soggetto a modificazione non evitabile; g) a una ricognizione, quando particolari ragioni di urgenza non consentono di rinviare l'atto al dibattimento. 46 Carattere eccezionale. Esigenza di conferire dignità di prova ad atti il cui compimento non fosse rinviabile. (almeno inizialmente, ora un po’ meno) Può farsi corso all’incidente probatorio anche fuori dei casi di cui all’art. 392 quando si tratti di supplire alla mancanza di poteri coercitivi del difensore nell’acquisire il sapere delle persone in grado di riferire elementi utili ai fini difensivi. Nella paroabola che ha condotto a scagliare l’incidente probatorio fuori della sua orbita di eccezionalità, la tutela del minore e del maggiorenne vulnerabile ha avuto un ruolo di primo piano. L’incidente probatorio diventa regola nei casi concernenti la testimonianza dei minori e delle persone offese magiorenni coinvolte in particolari reati ovvero in situazione di particolare vulnerabilità. Ratio  opportunità di deporre in un contesto protetto, sottraendoli alla pubblicità dibattimentale e consenendo di cominciare il processo di elaborazione e di rimozione dell’esperienza vissuta. Ma non c’è garanzia assoluta che il soggeto già sentito in quella sede non sia nuovamente citato in dibattimento. (spazi discrezionali in capo al giudice). 40. segue: il procedimento Titolarità  PM, persona sottoposta a indagini. No persona offesa salvo casi 391bis co.11. Richiesta. Da presentare entro i termini per la conclusione delle indagini preliminari e comuqnue in tempo sufficiente per l’assunzione della prova prima della scadenza dei medesimi termini, salva la possibilità di richiederne a proproga finalizzata all’esecuzione dell’incidente. Limite solo apparente: l’incidente può essere chieso anche nell’udienza preliminare e (corte cost 2009) anche nel tempo che intercorre tra la conclusione delle indagini e l’udienza, per lo meno ove vi sia un concretoed effettivo pericolo d disperisione del materiale conoscitivo. Contenuti: a) la prova da assumere, i fatti che ne costituiscono l'oggetto e le ragioni della sua rilevanza per la decisione dibattimentale; b) le persone nei confronti delle quali si procede per i fatti oggetto della prova; c) le circostanze che, a norma dell'articolo 392, rendono la prova non rinviabile al dibattimento d) La richiesta proposta dal pubblico ministero indica anche i difensori delle persone interessate, la persona offesa e il suo difensore. Art. 394. Richiesta della persona offesa. 1. La persona offesa può chiedere al pubblico ministero di promuovere un incidente probatorio. 2. Se non accoglie la richiesta, il pubblico ministero pronuncia decreto motivato e lo fa notificare alla persona offesa. Art. 395. Presentazione e notificazione della richiesta. 1. La richiesta di incidente probatorio è depositata nella cancelleria del giudice per le indagini preliminari, unitamente a eventuali cose o documenti, ed è notificata a cura di chi l'ha proposta, secondo i casi, al pubblico ministero e alle persone indicate nell'articolo 393 comma 1 lettera b). La prova della notificazione è depositata in cancelleria. Art. 396. Deduzioni 1. Entro due giorni dalla notificazione della richiesta, il pubblico ministero ovvero la persona sottoposta alle indagini può presentare deduzioni sull'ammissibilità e sulla fondatezza della richiesta, depositare cose, produrre documenti nonché indicare altri fatti che debbano costituire oggetto della prova e altre persone interessate a norma dell'articolo 393 comma 1 lettera b). (contraddittorio cartolare a tempi ridottissimi) 2. Copia delle deduzioni è consegnata dalla persona sottoposta alle indagini alla segreteria del pubblico ministero, che comunica senza ritardo al giudice le indicazioni necessarie per gli avvisi. La persona sottoposta alle indagini può prendere visione ed estrarre copia delle deduzioni da altri presentate. 47 Nei procedimenti per i reati elencati nell’art. 392co.1bis, all’obbligo del PM di depsoitare tutti gli atti di indagine, fa riscontro il diritto della persona sottoposta alle indagini e dei difensori delle parti di ottenere copia degli atti depositati. Altra variante. Il giudice, ove fra le persone interessate all’assunzione della prova vi siano minorenni, stabilisce luogo temp e modalità particolari attraverso cui procedere all’incidente probatorio, quando le esigenze di tutela delle persone lo rendono necessario od opportuno. Documentazione. Il legilatore ne irrobustisce le forme, a bilanciare l’anticipazione della prova divenuta il regime di ordinaria assunzione. Le dichiarazioni testimoniali debbno essere documentate integralmente con mezzi di riproduzione fonografica o audiovisiva. Quando si verifica una indisponibilità di strumenti di riproduzione o di personale tecnico, si provvede con le forme della perizia ovvero della consulenza tecnica. Dell’interrogatorio è anche redatto verbale in forma riassuntiva. La trascrizione è disposta solo se richiesta dalle parti. L’applicabilità delle regole con riguardo al minore è stata estesa anche al maggiorenne in condizione di particolare vulnerabilità. Udienza. Si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria del PM e del difensore della persona sottoposta ad indagini. Instaurata l’dueinza non sono più ammesse questioni relative all’ammissibilità o alla findatezza della richiesta; l’assunzione della prova deve avvenire nella medesima udienza o, se non sia possibile, in un’udienza che si svolga nel giorno successivo non festivo, salvo che lo svlgimento delle attività di prova richieda termine maggiore. Le prove sono assunte con le forme stabilite per il dibattimento. Estensione incidente probatorio. La prova assunta in incidente probatorio può essere utilizzata in dibattimento esclusivamente nei confronti degli imputati i cui difensori abbiano partecipato alla relativa assunzione. Il giudice indica nell’ordinanza le persone interessate a partecipare all’assunzione della prova. È vietato estendere l’assunzione della prova a fatti riguardanti persone diverse da quelle i cui difensori partecipano all’incidente probatorio. Ove se ne presenti la necessità è possibile tuttavia chiedere una estensione del’incidente probatorio: se il PM p il difesnore della persona sottoposta alle indagini chiede che la prov si estenda ai fatti o alle dichiarazioni previsti dal 401, se ne ricorrono i requisiti e sempre che il rinvio non pregiudichi l’assunzione della prova, dispone le necessarie notifiche rinviando l’udienza per il tempo strettamente necessario e comunque non oltre 3gg. Art. 397. Differimento dell'incidente probatorio. 1. Il pubblico ministero può chiedere che il giudice disponga il differimento dell'incidente probatorio richiesto dalla persona sottoposta alle indagini quando la sua esecuzione pregiudicherebbe uno o più atti di indagine preliminare. Il differimento non è consentito quando pregiudicherebbe l'assunzione della prova. 2. La richiesta di differimento è presentata a pena di inammissibilità nella cancelleria del giudice entro il termine previsto dall'articolo 396, comma 1, e indica: a) l'atto o gli atti di indagine preliminare che l'incidente probatorio pregiudicherebbe e le cause del pregiudizio; b) il termine del differimento richiesto. 3. Il giudice, se non dichiara inammissibile o rigetta la richiesta di incidente probatorio, provvede entro due giorni con ordinanza con la quale accoglie, dichiara inammissibile o rigetta la richiesta di differimento. L'ordinanza di inammissibilità o di rigetto è immediatamente comunicata al pubblico ministero. 4. Nell'accogliere la richiesta di differimento il giudice fissa l'udienza per l'incidente probatorio, non oltre il termine strettamente necessario al compimento dell'atto o degli atti di indagine preliminare indicati nel comma 2 lettera a). L'ordinanza è immediatamente comunicata al pubblico ministero e notificata per estratto alle persone indicate nell'articolo 393 comma 1 lettera b). La richiesta di differimento e l'ordinanza sono depositate alla udienza. Art. 398 Provvedimenti sulla richiesta di incidente probatorio 2. Con l'ordinanza che accoglie la richiesta il giudice stabilisce: a) l'oggetto della prova nei limiti della richiesta e delle deduzioni; b) le individuate sulla base della richiesta e delle deduzioni; c) la data dell'udienza. Tra il provvedimento e la data dell'udienza non può intercorrere un termine superiore a dieci giorni. 3. Il giudice fa notificare alla persona sottoposta alle indagini, alla persona offesa e ai difensori avviso persone interessate all'assunzione della prova del giorno, dell'ora e del luogo in cui si deve procedere all'incidente probatorio almeno due giorni prima della data fissata con l'avvertimento che nei due giorni precedenti l'udienza possono prendere cognizione ed estrarre copia delle dichiarazioni già rese dalla persona da esaminare. Nello stesso termine l'avviso è comunicato al pubblico ministero. 50 44. l’archiviazione della notizia di reato: i presupposti. Infondatezza. La fattispecie cardine è l’infondatezza della notizia di reato  quando il PM ritiene l’infondatezza della notizia di reato perchè gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non sono idonei a sostenere l’accusa in giudizio. La corte costituzionale chiarì come in questa regola dovesse leggersi la traduzione in chiave accusatoria del principio di non superfluità del processo., in quanto il dire che gli elementi acqusutu non sono idonei a sostenere l’accusa equivale a dire che sulla base di esi l’accusa è insostenbile e che quindi la notizia di reato è sul piano rpcessuale infondata. La scelta del PM deve passare per un apprezzamento deli elementi raccolti nelle indagini, postulando una prognosi da compiersi non nell’ottica del risultato dell’azione, ma in quella della superfluità o no dell’accertamento giudiziale. Non dunque una prognosi di condanna bensì la sussistenza di un quadro non probatorio articolato seppur non univoco, avrebbe dovuto convincere il PM ad agire. Il favor actionis avrebe dovuto guidare l’organo dell’accusa nei casi dubbi. Sennonchè i più complessi scenari sistematici obbligano oggi il PM a maggior cautela. Non si potrebbe non tener conto, in primis, del riformulato assetto del giudizio abbreviato: sarebbe suicida la scelta di un PM che continuasse a contare sulla possibilità di una corroborazione dibatimentale di elementi incerti, pur sapendo che la richiesta dell’imputato può congelare il materiale cognitivo sul quale l’accertamento dovrà essere compiuto. D’altro canto, una imputazione sfornita di solido supporto probatorio sarebbe destinata a non passare il vaglio dell’udienza preliminare, da condursi attraverso un filtro a maglie incomparabilmente più strette: se il PM agisse anche sulla scorte di elementi insufficienti o contraddittori, il suo atto propulsivo potrebbe non passare indenne il vaglio del giudice dell’udienza preliminare. Alla nozione di infondatezza possono essere ricondotte altre fattispecie di archiviazione: - Mancanza di una condizone di procedibilità - Estinzione del reato - Fatto non previsto dalla legge come reato - Particolare tenuità del fatto - Essere ignoto l’autore del reato. Anche se qui si scavalca l’infondatezza. Non può eservi accesso ad una dosimetria della concludenza degli elementi che consentirebbero di sostenere l’accusa in giudizio, poichè non è ancora individuata la persona nei cui confronti quall’accusa potrebbe essere sostenuta. - Ex co.1bis art 405 ora eliminato (se vuoi, pag 558) 45. segue: l’archiviazione per particolare tenuità del fatto. Solo per reati con pena più mite. Duplice requisito: - Particolare tenuità dell’offesa (modalità della condotta e eseiguità del danno o del pericolo) - Non abitualità del comportamento È una causa di non punibilità che presuppone che l’effetto liberatorio consegua alla previa identificazione di un fatto tipico che appaia tuttavia così scarsamente lesivo del bene protetto, da giustificare l’esito liberatorio: essa presuppone cioè una prognosi sulla colpevolezza del soggetto ed una contestuale valutazione del carettere scarsamente lesivo del fatto. Solo apparentemente incompatibile con la procedura di archiviazione, la nuova ipotesi in realtà può iscriversi nella medesima logica che è quella di evitare un processo superflo, impedendo l’accesso al giudizio di una notizia di reato suscettibile di tradursi in una decisione di proscioglimento. Sembra lecito ritenere che la esplicita menzione della nuova causa di archiviazione debba essere correlata esclusivamente alla volontà legislativa di definire per quella una procedura ad hoc. Procedura. Si svolge in apposita udienza camerale, solo ove in tal senso vi sia unra richiesta degli interessati. Rispetto al regime ordinario risultano rafforzati i poteri di intervento dell’offeso e della persona sottoposta ad indagini. All’offeso è dovuto l’avviso quale garanzia prodromica al diritto di opposizione da esercitarsi, presa visione degli atti, entro 10gg tramite atto in cui devono essere indicate, a pena di inammissibilità, le ragioni del dissenso rispetto alla richiesta. Stesse prerogative sono concesse alla persona sottoposta alle indagini, cui viene conferito un inedito potere di opposizione in ragione delle conseguenze che la adottanda decisione potrebbe spiegare nei suoi confronti: fondata su un accertamento di colpevolezza e suscettibile di essere iscritta nel casallario giudiziale, essa potrebbe costituire una premessa per escludere nuovi giudizi di tenuità del fatto in successivi procedimenti penali. 51 Iter decisorio: - Vaglio di ammissibilità formale su opposizioni - Contraddittorio camerale o procedura de plano - Due epiloghi:  Archiviazione con decreto o ordinanza  Restituzione degli atti al PM (può ordinare ulteriori indagini) 46. segue: il controllo giurisdizionale sull’inerzia del PM Affidando ad un giudice il controllo sulla inazione del PM, il legislatore dà corpo alla prima e piùimportante garanzia per il rispetto del principio di obbligatorietà dell’azione penale. All’organo giurisdizionale compete il potere di disporre l’archiviazione de plano, cioè senza formalità di procedura ove concordi, prima facie con la richiesta del PM. (il sottoposto a custodia cautelare ha diritto a riparazione per ingiusta detenzione. Se il giudice non accoglie immediatamente la richiesta di archiviaione, fissa udienza camerale in cui si realizza contraddittorio. Al termine, il giudice, se ritiene necessarie ulteriori indagini può indicarle con ordinanza allo stesso organo di accusa (cd indagini coatte). Poi si ripete. Se non si pongono le esigenze di natura investigativa il giudice può pronunciare ordinanza di archiviazione ricorribile per cassazione per vizi relativi alla violazione del contraddittorio, con riferimento alle sole iotesi di nullità previste ex 127. Se non accoglie la richiesta di archiviazione, il giudice dispone con ordinanza che, entro 10gg il PM formuli l’imputazione (imputazione coatta). (piccolo contrasto con il principio del ne procedat iudex ex officio) Entro due giorni dalla formulazione della imputazione è il giudice che fissa con decreto l’udienza preliminare. 47. segue: l’opposzione dell’offeso dal reato e il potere di avocazione del procuratore generale Altri due soggetti partecipano al controllo sull’inazione: 1. Persona offesa. Ha il potere di opporsi alla richiesta di archiviazione. Gliene viene mandato avviso e lei nel termine di 10gg può prendere visione degli atti e presentare opposizione con richiesta motivata di prosecuzione delle indagini. La titolarità del diritto spetta peraltro ad ogni persona offesa dal reato, indipendentemente dalla ricezione dell’avviso. L’atto di opposizione deve contenere l’oggetto della investigazione supplettiva e i relativi elementi di prova a pena di inammissibilità. Solo in difetto di tali requisiti il giudice potrà archiviare de plano. 2. Procuratore generale presso la corte d’appello. Ha il potere di avocare le indagini. Egli veglia sull’eventuale inerzia del PM. Informato, in un modo o nell’altro, il procuratore generale può disporre con decreto motivato l’avocazione delle indagini preliminari se il PM non esercita l’azione penale o non richiede l’archiviazione nel termine stabilito dalla legge o prorogato dal giudice. Quando l’ablazione avvenga, deve svolere le inagini preliminari indispensabili e formulare le se richieste entro 30gg dal decreto. In questo caso è obbligatorio. ma il suo intervento può anche essere solo facoltativo se il giudice non accolga de plano la richiesta di archiviazione e fissa l’udienza camerale. 48. segue: la riapertura delle indagini Illegittimata una disciplina che si spingesse ad impedire tout court ulteriori indagini, sarebbe invece vanificato quel limite se, in ogni tempo, il PM potesse ricominciare le ricerche. Effetti preclusivi: secondo la giurisprudenza la mancata autorizzazione alla riapertura delle indagini determina non solo la inutilizzabilità degli atti di indagine eventualmente compiuti dopo il Art. 414. Riapertura delle indagini. 1. Dopo il provvedimento di archiviazione emesso a norma degli articoli precedenti, il giudice autorizza con decreto motivato la riapertura delle indagini su richiesta del pubblico ministero motivata dalla esigenza di nuove investigazioni. 2. Quando è autorizzata la riapertura delle indagini, il pubblico ministero procede a nuova iscrizione a norma dell'articolo 335. 52 provvedimento di archiviazione, ma anche la preclusione all’esercizio dell’azione penale per quello stesso fatto reato, oggettivamente e sogettivamente considerato. 49. segue: l’archiviazione per essere ignoto l’autore del reato. 50. l’udienza preliminare: premessa Il PM deve formulare l’imputaione con la richiesta di rinvio a giudizio = atto introduttivo dell’udienza preliminare segnando la soglia tra procedimento e processo. Posta tra indagini e giudizio, quest’udienza rappresenta il primo approdo del procedimento alla giurisdizione e tende a realizzare uno scopo essenziale: evitare dibattimenti iniquiper l’imputato e inutili per l’ordinamento. Giudice. Controlla il corretto esercizio dell’azione penale, filtrando le imputazioni non sostenute da un impianto accusatorio sufficientemente robusto per giustificare il dibattimento. La decisione che ne scaturisce suppone un confronto orale tra le parti, preceduto da una discovery degli atti. Esercitando i poteri difensivi riconosciutigli in extremis nella fase preliminare, la persona sottoposta alle indagini avrebbe poturo prevenire l’azione, convincendo l’organo di accusa a non agire; ormai trasformata in imputato, potrà articolare le proprie argomentazioni difensive davanti ad un giudice, chiamato a dirimere l’alternativa tra l’instaurazione del dibattimento e il non luogo a procedere. Il contraddittorio tra le parti e la valutazione del giudice si sviluppano intorno agli esiti dell indagini, ormai svelate, ma i termini del dibattito non sono definitivamente fissati al momento della richiesta introduttiva. È un worl in progress. Potranno proseguire le investigazioni, il giudice può anche imporre al PM di tornare ad indagare. L’epilogo dell’udienza preliminare ha assunto la pregnanza di un giudizio di merito. 51. segue: La richiesta di rinvio a giudizio e gli atti introduttivi Art. 415. Reato commesso da persone ignote. 1. Quando è ignoto l'autore del reato il pubblico ministero, entro sei mesi dalla data della registrazione della notizia di reato, presenta al giudice richiesta di archiviazione (allorchè esperito ogni mezzo utile per individuare l’autore, non abbia ottenuto alcun risultato) ovvero di autorizzazione a proseguire le indagini (se reputa che con ultriori indagini può pervenire a risultati utili). 2. Quando accoglie la richiesta di archiviazione ovvero di autorizzazione a proseguire le indagini, il giudice pronuncia decreto motivato e restituisce gli atti al pubblico ministero (meno fisiologico). Se ritiene che il reato sia da attribuire a persona già individuata ordina che il nome di questa sia iscritto nel registro delle notizie di reato. 2-bis. Il termine di cui al comma 2 dell’articolo 405 decorre dal provvedimento del giudice 3. Si osservano, in quanto applicabili, le altre disposizioni di cui al presente titolo. (quindi la procedura per l’archiviazione è la stessa. Anche i termini e le proroghe) 4. Nell'ipotesi di cui all'articolo 107-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie, la richiesta di archiviazione ed il decreto (emanati per più reati) del giudice che accoglie la richiesta sono pronunciati cumulativamente con riferimento agli elenchi trasmessi dagli organi di polizia con l'eventuale indicazione delle denunce che il pubblico ministero o il giudice intendono escludere, rispettivamente, dalla richiesta o dal decreto. Art. 416. Presentazione della richiesta del pubblico ministero. 1. La richiesta di rinvio a giudizio è depositata dal pubblico ministero nella cancelleria del giudice. La richiesta di rinvio a giudizio è nulla se non è preceduta dall'avviso previsto dall'articolo 415-bis, nonché dall'invito a presentarsi per rendere l'interrogatorio ai sensi dell'articolo 375, comma 3, qualora la persona sottoposta alle indagini abbia chiesto di essere sottoposta ad interrogatorio entro il termine di cui all'articolo 415-bis, comma 3. 2. Con la richiesta è trasmesso il fascicolo contenente la notizia di reato, la documentazione relativa alle indagini espletate e i verbali degli atti compiuti davanti al giudice per le indagini preliminari. Il corpo del reato e le cose pertinenti al reato sono allegati al fascicolo, qualora non debbano essere custoditi altrove. 2-bis. Qualora si proceda per i reati di cui agli articoli 589, secondo comma, e 589-bis del codice penale, la richiesta di rinvio a giudizio del pubblico ministero deve essere depositata entro trenta giorni dalla chiusura delle indagini preliminari. 55 impedimento, deve derivare da una impossibilità di comparire assoluta. (non si applica se ha due difensori). L’adesione del difensore all’astensione proclamata dagli organismo della categoria impone il rinvio anche delle udienze camerali. 53. segue: lo svolgimento dell’udienza e le integrazioni probatorie. Conclusi gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti, il giudice dichiara aperta la discussione. Alla luce del danto normativo, la discussione si concreta in un sintetico confronto tra il PM e i difensori delle parti private e dell’imputato. Conclusa l’esposizione introduttiva del PM e prima che prendano la parola i difensori, l’imputato può rendere dichiarazioni spontanee e chiedere di essere sottoposto all’interrogatorio. Al termine, il PM e i difensori formulano e illustrano le rispettive conclusioni utilizzando gli atti contenuti nel fascicolo trasmesso nonchè atti edocumenti ammessi dal giudice prima dell’inizio della discussione. Nuove indagini.Tuttavia, il giudice potrà con ordinanza indicare ulteriori indagini se le indagini preliminari sono incomplete. Gli volevano dare un potere del giudice dell’archiviazione, il quale lo aveva però per impedire l’elusione dell’obbligatorietà dell’azione penale, il che giustifica il suo potere di individuare e imporre l’approfondimento di temi investigativi. Nell’udienza prelimiare il giudice è chiamato a vagliare la sostenibilità in giudizio di una accusa già formulata dall’organo competente, per impedirne che accuse processualmente infondate proseguano il cammino. Quindi in questa fase, eccessive ingerenze, in chiave di sollecitazione probatoria contra reum, rischierebbero di compromettere il suo ruolo di terzietà. Essendo invece il difensore libero di investigare o meno, sembrerebbe non poter essere destinatario di un ordine del giudice. Il giudice potrà disporre anche d’ufficio l’assunzione delle prove delle quali appare evidente la decisività ai fini della sentenza di non luogo a procedere. Audizione e interrogatorio. Se non possibili in quella, il giudice fissa udienza apposita. Il PM e il difensore possono porre domande a mezzo del giudice. Anche nell’ambito dell’istruzione officiosa, l’imputato può chiedere di essere sottoposto all’interrogatorio, che si svolgerà con le stesse modalità. 54. segue: la modifica dell’imputazione La richiesta di rinvio a giudizio formalizza l’accusa fissando il thema probandum sul quale il PM richiede che il giudice si pronunci. Può succedere che nel corso dell’udienza risultino mutati i contorni dell’addebito. Art. 423. Ipotesi di mutamento a. Se il fatto risulta diverso da come è descritto nell’imputazione b. Se emerge un reato connesso c. Se emerge una circostanza aggravante In questi casi il PM modifica l’imputazione e la contesta all’imputato presente o al suo difensore d. Se risulta un fatto nuovo non enunciato nella richiesta di rinvio a giudizio, per il quale si debba procedere d’ufficio, il giudice ne autorizza la contestazione se il PM ne fa richiesta e vi è il conenso dell’imputato. Pur in difetto di un esplicito richiamo normativo, viene riconosciuto al giudice il potere di dare al fatto una definizione giuridica diversa da quella enunciata nell’imputazione. Necessità di un contraddittorio sulla imputazione riqualificata che precede l’epilogo della fase? La corte costituzionale glissa Art. 420-quinquies. Nuove ricerche dell'imputato e revoca della sospensione del processo. 2. Il giudice revoca l'ordinanza di sospensione del processo: a) se le ricerche di cui al comma 1 hanno avuto esito positivo; b) se l'imputato ha nel frattempo nominato un difensore di fiducia; c) in ogni altro caso in cui vi sia la prova certa che l'imputato è a conoscenza del procedimento avviato nei suoi confronti; d) se deve essere pronunciata sentenza a norma dell'articolo 129. 3. Con l'ordinanza di revoca della sospensione del processo, il giudice fissa la data per la nuova udienza, disponendo che l'avviso sia notificato all'imputato e al suo difensore, alle altre parti private e alla persona offesa, nonché comunicato al pubblico ministero. 56 Se accerta che il fatto è diverso da quello enunciato nella richiesta di rinvio a giudizio, il giudice deve disporre la trasmissione degli atti al’organo dell’accusa perchè eserciti ex novo l’azione penale. 55. segue: la sentenza di non luogo a procedere e la sua revoca. Momento deliberativo. Forme sintetiche ed essenziali. Il giudice procede alla deliberazione subito dopo che è stata chiusa la discussione e dà immediata lettura del provvedimento (=notifica). Per la sentenza di non luogo a procedere potrebbe non essere possibile per il giudice fonire una motivazione immediata: in tal caso, il giudice provvede non oltre il 30esimo gg da quello della pronunica. Diverso finale  se il giudice ritene la propria incompetenza dovrebbe dichiararla con sentenza trasmettendo gli atti al PM. Fuori da questa ipotesi egli dovrà sciogliere l’alternativa posta attraverso la richiesta di rinvio a giudizio, adottando l’uno o l’altro provvedimento. Il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere se sussiste una causa che estingue il reato o per la quale l’azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere perseguita, se il fatto non è previsto dalla legge come reato ovvero quando risulta che l fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o che si tratta di persona non punibile per qualsiasi causa, indicandone la causa nel dispositivo. (anche particolare tenuità del fatto. Non è autonomamente prevista la formula terminativa che impone il proscioglimento nel caso in cui il reato è stato commesso da persona non imputabile. Il giudice non può pronunciare sentenza di non luogo a procedere se ritiene che dal proscioglimento dovrebbe conseguire l’applicazione di una misura di sicurezza diversa dalla confisca. Il giudice tiene conto delle circostanze attenuanti. Cardine di tutto  co.3 art. 425: - Normativa originaria. La regola di giudizio concretava un vaglio solo poco più che formale, potendo la sentenza essere pronunciata soltanto quando una delle situazioni di proscioglimento in fatto risultasse evidente. Questa disciplina era inidonea ad assolvere la sua funzione di filtro delle imputazioni azzardate. Letta in combinato disposto con l’art. 125 dip. Att., la regola fondata sul criterio della evidenza lasciava arbitro il PM di agire o non agire - Riforma 1993. Comunque il testo non fissava il criterio per accedere all’una o all’altra scelta. - Riforma 1999. Il giudice pronuncia ora sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l’accusa in giudizioformula in dubbio pro reo. Il criterio sembra decisamene restringere il varco attraverso il quale le imputazioni transitano al dibattimento, imponendo la pornuncia del decreto che dispone il giudizio solo in presenza di un quadro nitido della colpevolezza non contraddittori ne insufficienti, gli elementi dovrebbero presentarsi come premesse univoche per la pronuncia del decreto che dispone il giudizio. Problemi  La dispozione accosta ad una valutazione di insufficienza e contraddittorietà degli elementi una prognosi sulla loro idoneità ad essere corroborati dalla dialettica dibattimentale. La regola di giudizio per la sentenza di non luogo a procedere esta qualificata da una delibazone di tipo prognostico di sostenibilità dell’accusa in giudizio, sicchè il gidice dovrebe prosciogliere l’imputato non in qualunque situazione di incertezza, ma solo nell’ipotesi in cui il dubbio non appaia superabile neppure a seguito del passaggio al giudizio, secondo la valutazione di utilità del dibattimento. Appunti: sia revoca che accoglimento sono suscettibili di modificazione  è solo una prognosi. Infatti valutazione significa certezza, prognosi invece significa probabilità. Qui si valuta l’eccesso di zelo del PM se ha messo in piedi accuse azzardate. Questa è una parte del procedimento che potrà essere messa in discussione. Art. 426 co.1 prevede i contenuti necessari della sentenza. La sentenza di non luogo a procedere è revocabile. La disciplina della impugnazione della sentenza di non luogo a procedere prevede che essa sia soggetta solo a ricorso per cassazione. I titolari sono elencati all’art. 428. Quando non è più soggetta a impugnazione la sentenza in discorso acquista forza esecutiva. Essa speiga effetti preclusivi. È il giudice per le indagini preliminari che, su richiesta del PM, dispone la revoca della sentenza  ritorno a processo. Quanto ai presupposti, il PM può chiedere la revoca se dopo la pronuncia di una sentenza di non luogo a procedere sopravvengono o si scoprono nuove fonti di prova che, da sole o unitariamente a quelle già acquisite, possono determinare il rinvio a giudizio. 57 Contenuto richiesta di revoca  art. 435 Sulla richiesta di revoca il giudice provvede con ordinanza. Se il PM ha richiesto il rinvio a giudizio, il giudice fissa l’udienza preliminare. Se la richiesta preludeva a nuove indagini in ordine alle fonti di prova ancora da acqusiire, il giudice ordina la riapertura delle indagini (max 6 mesi). 56. il decreto che dispone il giudizio e la formazione dei fascioli. Il giudice, se è tutto ok, emette un decreto con cui dispone il giudizio. Quel provvedimento spiega due funzioni essenziali: - Cristallizza l’accusa - Contiene la vocatio in iudicium Decreto di rinvio a giudizio art. 429  impulso di passaggio da fase preliminare a fase dibattimentale. Essenziale l’enunciazione, in forma chiara e precisa, del fatto, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l’applicazione di misure di sicurezza, con l’indicazione dei relativi articoli di legge. (lett c) Nel decreto dovrà altresì comparire l’indicazione sommaria (=elenco puntato delle fonti di prova anche se qualche giudice va oltre, argomentando, come nel processo stato mafia che erano più di 50 pag. Diventa in questi casi una sorta di motivazione. Però così rischi di influenzare il giudice di merito successivo) delle fonti di prova e dei fatti cui esse si riferiscono (lett d). Il requisito sembra prospettare una mera elencazione delle fonti di prova e dei fatti, senza richiedere alcuna elaborazione critica degli stessi e si riallaccia ad una preoccupazione di fondo del legislatore: quella di preservare la neutralità del giudice dibatimentale, evitando il pregiudizio che deriverebbe da un provvedimento motivato. Ma se così non è non viene annullato. Formazione fascicolo dibattimentale. La divisione dei facioli corrisponde alla notta divisione prevista per le fasi del processo. - Fascicolo dibattimento  atti che giudice dibattimentale potrà usare - Fascicolo del PM  att di cui le parti potranno servirsi nel dibattimento Ormai giunti alle soglie del dibattimento si tratta di indiivduare e separare il materiale che può essere conosciuto dal giudice dibattimentale da quello che, in quanto esito delle indagini di parte, deve restare fuori fal circuito processuale. Si tratta di un ademprimento funzionale al sistema del doppio fasciolo. Principio di separazione delle fasi caratterizzante l’intera struttra del modello processuale adottato dal legislatore del codice. Contenuto. costruito sul cocnetto dell’irripetibilità originaria ex art. 512 a) gli atti relativi alla procedibilità dell'azione penale e all'esercizio dell'azione civile; b) i verbali degli atti non ripetibili compiuti dalla polizia giudiziaria; c) i verbali degli atti non ripetibili compiuti dal pubblico ministero e dal difensore; d) i documenti acquisiti all'estero mediante rogatoria internazionale e i verbali degli atti non ripetibili assunti con le stesse modalità; e) i verbali degli atti assunti nell'incidente probatorio; f) i verbali degli atti, diversi da quelli previsti dalla lettera d), assunti all'estero a seguito di rogatoria internazionale ai quali i difensori sono stati posti in grado di assistere e di esercitare le facoltà loro consentite dalla legge italiana; g) il certificato generale del casellario giudiziario e gli altri documenti indicati nell'articolo 236; h) il corpo del reato e le cose pertinenti al reato, qualora non debbano essere custoditi altrove. 57. l’attività integrativa di indagine Le indagini integrative possono essere svolte dai soggetti che vi soo legittimati ai fini delle proprie richieste al giudice del dibattimento. Nella fase che si apre con il decreto di rinvio a giudizio, il potere di indagine subisce dei limti: non possono essere compiuti atti per i quali è prevista la partecipazione dell’imputato o del difensore di questo (non possono compiersi atti garantiti) art. 430 Divieto posto in capo al PM, alla PG e al difensore di assumere informazioni dalla persona ammessa ai sensi dell’art. 507 o indicata nella richiesta di incidente probatorio o ai sensi dell’art. 422 co.2 ovver nella lista prevista dall’art. 468 e presentata alle parti processuali. Appunti: La parte non può sentire il soggetto prima del giudice. Limiti: - Art. 430bis - Art 430 co.1 (non può compiere atti garantiti: sequestrom interrogatorio, perquisizioni) 60 quando ritenga di dover applicare la pena detentiva azichè quella pecuniaria; quando considera grave il fatto e quindi incongrua l’offerta o infine nei casi di recidiva abitualità e professionalità nel reato. Aspetti procedurali: nel corso delle indagini preliminari la richiesta di oblazione può essere presentata dal PM. Possono attivarsi sia l’imputato che il difensore. Iniziato il processo, la richiesta va presentata direttamente al giudice, prima che sia aperto dibattimento o prima che sia emesso decreto penale di condanna. Se è oblazione facoltativa la domanda può essere riproposta anche nel corso del dibattimento fino all’inizio della discussione finale. Questa eventualità pone un problema di informazione per l’imputato circa la possibilità di attivarsi: egli infatti potrebbe addirittura stare ignorando l’esistenza di un procedimento penale a suo carico. Quindi è previsto che il PM informi l’imputato. L’omesso avvertimento sarebbe lesivo del diritto alla difesa, tuttavia la legge non ne fa discendere la nullit degli atti successivi: se non dal PM, l’avviso sarà fatto dal giudice, contestualmente all’emissione del decreto penale. Il termine per la richiesta è perentorio  l’imputato che agisce tardivamente va incontro ad una declaratoria di inammissibilità MA se nel dibattimento fosse contestato un fatto diverso o un reato cocnorrente suscettibile di oblazione, i termini si riaprono. Accolta la richiesta, il giudice richiara di non doversi procedere per “estinzione del reato”. In caso di rigetto, il rito continua nella forma ordinaria, ma imputato e difensore possono rinnovare la richiesta d’oblazione anche nel corso del dibattimento. 6. Applicazione della pena su richiesta delle parti Nozione: è il patteggiamento. Si risolve con una rinuncia dell’imputato a contestare l’accusa. Evoluzione: 1981 > 2003 > Oggi il patteggiamento è esperibile per una serie di reati, identificati dall’art. 444 co.1 attraverso il riferimento alla sanzione in concreto applicabile. Sono ammessi a patteggiamentoreati puniti con pene che, in astratto, siperano di gran lunga i 5 anni. Il comma 1bis eslcude l’applicazione del patteggiamento per:  Delitti di criminalità organizzata  Determinati delitti contro la personalità individuale  Delinquenti abituali, professionali, per tendenza, plurirecidivi Nei casi di delitti contro la PA è ammesso se l’imputato restituisce integralmente il prezzo i il profitto del reato. Questo rito è precluso nel procedimento minorile. A rendere meno appetibile il rito speciale per quelle manifestazioni di grave illiceità che pure lo ammettono, contribuisce un sensibile ridimensionmento della premialità per chi accetta di patteggiare pene detentive da due a cinque anni. da qui una distinzione:  Patteggiamento maius, è quello concernente i reati più gravi  Patteggiamento minus, reati meno gravi Persone giuridiche: patteggiamento ammesso per tutti gli illeciti puniti con pena pecuniaria, per gli altri il patteggiamento è esperibile a condizione che non debba essere applicata una delle sanzioni interdittive Accordo fra le parti principali: fulcro del rito. Dee avere per contenuto il quantum di pena da applicare. È condizione necessaria solo per la semplificazione dell’iter processuale perchè la legge impone che poi sia il giudice a verificare i presupposti di applicabilità dell’intesa raggiunta. Oggetto dell’accordo è la pena da applicare. Cioè comporta per l’imputato una serie di riunce a diritti che gli spetterebbero:  Rinuncia ad esercitare il diritto alla prova  Rinuncia a controvertere sul fato e sulla relativa qualifica giuridica  Rinuncia a controvertere sulla specie/misura della pena I vantaggi sono:  Comuni al p.Maius e al p.Minus:  Sconto di pena. Sanzione diminuita fino ad un terzo Art. 444. Applicazione della pena su richiesta. 1. L'imputato e il pubblico ministero possono chiedere al giudice l'applicazione, nella specie e nella misura indicata, di una sanzione sostitutiva o di una pena pecuniaria, diminuita fino a un terzo, ovvero di una pena detentiva quando questa, tenuto conto delle circostanze e diminuita fino a un terzo, non supera cinque anni soli o congiunti a pena pecuniaria. 61  Assenza di effetti pregiudizievoli della sentenza che applica la pena concordata: essa non è idonea a irradiare effetti vincolanti nei giudizi civili e ammiistrativi nei quali sia parte l’imputato  Assenza di pubblicità: soprattutto per imputati che hanno notorietà  Collegati al p.Minus  Affrancamento obbligo spese processuali  Esenzione da pene accessorie e misure di sicurezza, eccettuata la confisca  Non menzione della sentenza nel certificato generale del casellario giudiziale  La pena concordata che non superi i due anni di detenzione può essere sospesa sub condicione e la reltiva condanna può sfociare in una declaratoria di estinzione del reato, se nei 5 anni dopo la sentenza l’imputato non commette un altro delitto o se, nei due anni successivi, non si rende responsabile di una contravvenzione della stessa indole di quella che aveva costituito oggetto di accordo.  Rinuncia a controvertere sulle questioni di fatto e di diritto (vantaggio per accusa) Valutazioni del magistrato penale: Il magistrato penale è tenuto ad effettuare la propria scelta alla stregua di parametri obiettivi e non in base a valutazioni di opportunità. Il PM deve operare nell’interesse della legge, affidandosi ai criteri che la legge attribuisce al giudice: egli può esprimere consenso dopo aver appurato che il materiale di indagine è sufficiente per applicare la pena richiesta, dopo aver verificato la corretta qualificazione giuridica e deve interrogarsi sulla congruità della sanzione. Anche se poi il PM non deve dar conto delle ragioni che lo spingono a optare per il patteggiamento, quindi non può essere sindacato. Comuqnue il PM deve seguire i criteri stabiliti altrimenti (se seguisse criteri di politica criminale) introdurrebbe un anomalo elemento di discrezionalità. Valutazioni del giudice: La ragione per cui il consenso del magistrato penale non ha bisogno di essere motivato risiede nella circostanza che ci penserà poi il giudice a vagliare. Prima di pronunciarsi sul merito della questione, il giudice infatti deve condurre una verifica sull’ammissibilità della richiesta. Verifica innanzitutto che il reatorientri fa quello suscettibili di essere definiti con questa speciale procedura, poi appurando che la qualificazione giuridica prospettata sia corretta, poi che la pena sia congrua. Quanto all’eventuale incompletezza dell’indagine, il giudice deve assolvere l’imputato se a suo carico non risulta alcun elemento, sicchè grava sul PM il dovere di negare il proprio consenso a fronte di un’imputazione non sufficientemente suffragata da elementi conoscitivi acquisiti nella fase preliminare. Dissenso alla richiesta: questo deve essere motivato. Tale dissenso influenzerà lo svolgimento procedurale precludendo la soluzione anticipata del processo. In questo modo il PM impone il dibattimento ma non pregiudica la decisione che si sarebbe potuta applicare all’esito del patteggiamento (pena chiesta da imputato) se il dissenso è ritenuto ingiustificato. Quindi ovviamente il giudice deve essere messo in condizione di conoscere motivi del dissenso (così può decidere se dare ragione al PM o applicare la pena chiesta dall’imputato). 7. segue: introduzione e svolgimento procedurale + 8. Segue: sentenza Abbiamo tre macrofasi: presentata al giudice da una delle due parti. La parte non richiedente deve poi prestare il suo consenso. Forma:  Orale se presentati in udienza  Scritta negli altri casi Requisito indispensabile è la volontarietà. Ciò comporta che l’imputato deve agire personalmente o tramite il difensore munito di procura speciale. Persone giuridiche  agisce il rappresentante legale, purchè questi abbia la veste di imputato del reato da cui dipende l’illecito amministrativo Un vizio della volontà renderebbe invalidi sia richiesta che consenso, sarebbe pertanto motivo di inammissibilità. Termine di presentazione: la richiesta può essere presentata già nel corso dell’indagine preliminare, nonchè nella successiva udienza preliminare, fino a che le parti non abbiano concluso la relativa RICHIESTA 62 discussione. Termini diversi per i procedimenti che non hanno udienza preliminare il termine cade nella fase predibattimentale. Rimessione in termini: per imputato erroneamente processato in assenza in grado di documentare l’incolpevole ignoranza del processo a suo carico. Anche nel caso di contestazione del fatto diverso, del reaco concorrente o di una circostanza aggravante quando all’imputato non possa essere rimproverata l’omessa, tempestiva richiesta di patteggiamento in ordine alle nuove imputazioni. Contenuto: non precisato dalla legge. Ma ripensando ai criteri di valutazione diciamo che devono essere almeno indicati il fatto, la qualifica giuridica e la pena congrua. Richiesta presentata dal PM durante l’indagine preliminare: qui l’introduzione del rito coincide sempre con l’esercizio dell’azione penale, sicchè la richiesta o il consenso provenienti dall’organo requirente debbono necessariamente contenere l’atto di imputaizione. Il PM si deve astenere quando ancora l’indagine è incompleta. Il consenso dell’imputato NON ha valore probatorio. Revoca o modifica della richiesta: dal proponente, almeno finchè l’altro non da il consenso. Eccezionale caso di irrevocabilità per l’ipotesi in cui la richiesta sia presentata durante l’indagine preliminare e il giudice abbia assegnato un termine all’altra parte per esprimere il proprio consenso. Decisione del giudice circa l’ammissibilità: obbligata dal raggiungimento dell’intesa. Deve verificare:  Insussistena di cause di non punibilità  Esistenza dell’accordo fra le parti e effettiva volontà  Non sussistenza delle esclusioni oggettive e soggettive  Corretta qualificazione giuridica e congruità pena Il patteggimento si fonda più che altro sull’esclusione dei possibili presupposti di proscioglimento. Ciò rende problematico inquadrare fra le sentenze di condanna la decisione applicativa della pena concordata. Tuttavia la dichiarazione di inammissibilità non preclude nuove richieste di fronte al medesimo giudice (finchè è aperto il termine). Tra l’altro l’inammissiblilità dichiarato dal giudice primo destinatario della domanda di patteggiamento, è esposta, sia pur per una sola volta, al successivo sindacato di altro giudice, quando l’imputato ne faccia espressa richiesta. Dissenso posto dal PM alla richiesta dell’imputato: tale disaccordo impedsce solo la soluzione patteggiata del rito sul piano processuale. Non preclude l’applicazione della pena, nella specie e della misura a suo tempo chiesta dall’imputato. Questo se il giudice di dibattimento (o d’appello) decida che quel dissenso sia privo di adeguata giustificazione. (ecco perchè il PM deve motivare, come visto). Tutto questo per assicurare l’indipendenza del giudice di merito. In questo caso l’imputato può reiterare la richiesta davanti al giudice del dibattimento o quello dell’impugnazione. L’applicazione di pena concordata non esige accertamento positivo della responsabilità penale. la sentenza infatti contiene accertamento negativo della non punibilità (nel senso che deve essere punito perchè non ci sono le cause di proscioglimento previste) Attenzione. L’insufficienza o contraddittorietà delle prove non ostacolano il patteggiamento (quindi l’applicazione della pena su richiesta delle parti). Se decidi di patteggiare, la situazione di incertezza non gioca a favore dell’imputato come invece accadrebbe in dibattimento. Tra l’altro nel patteggiamento la decisione è presa allo stato degli atti, che non possono essere integrati con altro Esito positivo della decisione del giudice Se il giudice non condivide il progetto di sentenza. vincola il giudice al petitum espresso nella richiesta. Il contenuto della decisione di merito è predeterminato dai richiedenti in maniera rigida e non modificabile dall’organo giurisdizionale. Il giudice rigetta la richiesta di patteggiamento, provocando così la prosecuzione del procedimento lungo il normale itinerario che conduce al dibattimento. SENTENZA 65 La richiesta complessa è presentata prima di tutti al giudice del dibattimento. Sul suo eventuale rigetto sindaca il giudice d’appello, ma anche lo stesso giudice di primo grado se si accorge di aver scappellato. Rinnovazione. Anyway, l’eventuale rigetto del primo giudice della domanda avanzata dall’imputato non impedisce la rinnovazione fino a che sia in corso l’udienza preliminare. Facoltà non esercitabile nei procedimenti privi di udienza preliminare. Si può inoltre presentare una richiesta semplice, dopo che quella complessa è stata rigettata per inadeguatezza dell’integrazione probatoria. È riconosciuta all’imputato la facoltà quindi di presentare simultaneamente più richieste fra loro alternative, ciascuna delle quali contenente un diverso progetto di integrazione probatoria. È altresì ragionevole consentire il cumulo di una richiesta complessa con una richiesta semplice, in modo da lasciar operare quest’ultima qualora la prima fosse rigettata per incompatibilità con le finalità econocmiche del rito. La difesa può superare difficoltà e rischi connessi con la richiesta connessi con la richiesta complessa, presentando documentazione d’indagine privata, contestualmente ad una richiesta semplice di giudizio abbreviato. Così la difesa può introdurre surretiziamente materiale probatorio, spesso a sorpresa, senza bisogno di ricorrere a una richiesta complessa. L’imputato ha la facoltà di sottoporre all’esame del giudice dibattimentale il provvedimento che, negandogli l’accesso al rito, non può privarlo del diritto allo sconto di pena, qualora ne sussistessero i presupposti. L’esame va condotto riportandosi alla situazione processuale nella quale fu formulata la prim richiesta. 13. segue: svolgimento procedurale la pubblicità del rito è ammessa solo per il primo grado. La parte civile può partecipare. La non accettazione del rito speciale comporta l’uscita dal processo penale del soggetto che si reputa danneggiato. Questa eccezione ora non ha tanto senso perchè l’eventualità di una modifica dell’imputazione è possibile proprio perchè l’integrazione probatoria è consentita tanto su richiesta di parte quando per inziiativa diretta del giudice Il giudizio abbreviato ha svolgimenti in parte diversi, a seconda che scaturisca da una richiesta semplice o, rispettivamente, da una complessa.  Nel primo caso il gudice si avvia verso una decisione di merito, verificando in primo luogo se gli atti presenti nel fascicolo a sua disposizione siano sufficienti a risolvere la questione di fatto.se così non fosse egli avrebbe comuque il potere di assumere anche d’ufficio gli elementi necessari ai fini della decione. L’imputato può sollecitarlo ma avendo fatto richiesta semplice non ha diritto alla prova. Assumibile qualsiasi mezzo di prova con le regole dettate per l’udienza preliminare anzichè quelle dell’istruzione dibattimenale. (interrogati direttamente dal giudice e altre regoline che trovi al 422)  Nel secondo caso si deve indicare nella richiesta le circostanze di fatto che esigono di essere chiarite e i relativi mezzi di prova dei quali l’imputato chiede l’assunzione. Il giudice è vincolato dalla richiesa e deve eslcudere le prove vietate e assumere d’ufficio altre prove indispensabili. 6. In caso di rigetto ai sensi del comma 5, la richiesta può essere riproposta fino al termine previsto dal comma 2. Art. 441 3. Il giudizio abbreviato si svolge in camera di consiglio; il giudice dispone che il giudizio si svolga in pubblica udienza quando ne fanno richiesta tutti gli imputati. 4. Se la parte civile non accetta il rito abbreviato non si applica la disposizione di cui all'articolo 75, comma 3. 2. La costituzione di parte civile, intervenuta dopo la conoscenza dell'ordinanza che dispone il giudizio abbreviato, equivale ad accettazione del rito abbreviato. 1. Nel giudizio abbreviato si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni previste per l'udienza preliminare, fatta eccezione per quelle di cui agli articoli 422 (assunzione prove) e 423 (mutamento imputazione). 5. Quando il giudice ritiene di non poter decidere allo stato degli atti assume, anche d'ufficio, gli elementi necessari ai fini della decisione. Resta salva in tale caso l'applicabilità dell'articolo 423. 66 Nel mentre il PM può proseguire la sua indagine supplettiva (a differenza che nella semplice) e può anche chiedere ed ottenere l’ammissione di prove contrare a quelle indicate dall’imputato nella richiesta complessa. Mutazione dell’imputazione. Resa probabile da qualsiasi tipo di integrazione della prova Nuove contestazioni: il rito speciale si adatta al 423. Il problema è che il 423 è per l’udienza preliminare dove l’alternativa è tra rinvio a giudizio e non luogo a procedere quindi ci sta anche non assicurare all’imputato un termine di difesa o un diritto alla prova calibrato sul nuovo addebito (come fa il 423). Nel rito abbreviato in gioco c’è il merito della causa quella limitazione di diritti difensivi appare ingiustificata e irragionevole. Art. 441bis  contestazione di fatti diversi, circostanze aggravanti o reati concorrenti. La nuova contestazione suppone un’integrazione probatoria, sollecitata dalla parte con richiesta complessa o intrapresa dal giudice d’ufficio. Assicurato in ordine al nuovo addebito il diritto alla prova e un termine a difesa (non superiore a 10gg) In attesa della possibile revoca ogni attvità processuale resta sospesa per dar tempo alla difesa di asumere le proprie determinazioni in ordine al seguito della procedura. Si apre la possibilità di un duplice svolgimento, dipendente dalla scelta dell’imputato.  Se il termine assegnato dal giudice scade senza che sia presentata richiesta di procedere per le vie ordinarie, il giudizio abbreviato continua sulla base della nuova imputazione  Se l’imputato faccia espressa richiesta di trasformazione del rito, questa richiesta è atto personalissimo. La richiesta di trasformazione provoca un provvedimento giudiziale di revoca dell’ordinanza ammissiva del rito speciale. Il giudice fissa l’udienza se la trasformazione del rito è stata preceduta da richiesta di sopsensione del giudizio abbreviato. Ne ordina la prosecuzione quando l’imputato abbia chiesto il giudizio ordinario immediatamente dopo la nuova contestazione.  Nei procedimenti sforniti di udienza preliminare se l’imputato abbandona il giudizio abbreviato in conseguenza della nuova contestazione, col che egli provoca una regressione della sequenza procedurale non già al rito ordinario, bensì allo stato del rito speciale a suo tempo trasformato in rito abbreviato.  Se rito abbreviato scaturisce da giudizio direttissimo il giudice fissa udienza di giudizio direttissimo  Se rito abbreviato è chiesto per reati a citazione diretta il giudice fissa l’udienza per il giudizio  Quando è revocata ordinanza ammissiva del rito abbreviato chiesta durante procedimento monitorio, il processo prosegue con la fissazione dell’udienza normalmente provocata dall’imputato che si sia opposto.  Se si tratta di contestare un fatto nuovo, la nuova contestazione è subordinata a un provvedimento autorizzativo del giudice e ad un esplicito consenso dell’imputato. 14. segue: la sentenza Sicuramente da rispettare il principio di immediatezza che trova applicazione nella parte relativa all’effettiva trattazione e lla deliberazione della sentenza. Poi si ritiene che chi emette la sentenza deve essere lo stesso giudice che ha seguito il procedimento. Modello. Vedi quella dibattimentale. Stesse regole di giudizio. Ammissibile sentenza di proscioglimento alla fine. Art. 423. Modificazione dell'imputazione. 1. Se nel corso dell'udienza il fatto risulta diverso da come è descritto nell'imputazione ovvero emerge un reato connesso a norma dell'articolo 12 comma 1 lettera b), o una circostanza aggravante, il pubblico ministero modifica l'imputazione e la contesta all'imputato presente. Se l'imputato non è presente, la modificazione della imputazione è comunicata al difensore, che rappresenta l'imputato ai fini della contestazione. 2. Se risulta a carico dell'imputato un fatto nuovo non enunciato nella richiesta di rinvio a giudizio, per il quale si debba procedere di ufficio, il giudice ne autorizza la contestazione se il pubblico ministero ne fa richiesta e vi è il consenso dell'imputato. 67 Condanna. Presuppone che la responsabilità penale dell’imputato sia positivamente dimostrata, al di là di ogni ragionevole dubbio. Pena diminuita di un terzo Fonti convincimento. Atti di indagine preliminare, esiti indagine supplettiv del PM e del difensore, atti di indagine difensiva presentati contestualmente alla richiesta di giudizio abbreviato. La sentenza penale spiega i suoi effetti vincolanti anche nel giudizio civile di risarcimento del danno. È appellabile con i limiti soggettivi ex 443. Le sentenze di proscioglimento sono appellabili dal PM, ma non dall’imputato tranne il proscioglimento per vizio totale di mente. Limiti imposti al PM. Non può proporre appello contro sentenze di condanna, salvo diversità del titolo di reato. Escluso l’appello in via principale contro le suddette sentenze, ma anche quello incidentale. Questo perchè l’appello incidentale può essere proposto solo dalla parte titolata a proporre appello in via principale. Appellabilità da parte della parte civile. Dubbia. In difetto di una disposizione legislativa espressa parrebbe che la parte civile non abbia alcun diritto di appellare codeste sentenze: principio di tassatività. Ma la modifica al 576 era volta ad ampliare i diritti di impugnazione. In più, privata della facoltà di appellare, la parte civile subisce un’irragionevole compressione del suo diritto di difendersi. Quando è appellata una sentenza emessa a seguito di rito abbreviato, il relativo giudizio di impugnazione è destinato a svolgersi sempre in camera di consiglio, vale a dire senza intervneto del pubblico, anche se si fosse svolto coram populo quello di primo grado. Nel corso dell’udienza di appello possono essere assunte nuove prove. Richiesta complessa. L’imputato che intende condizionare l’ammissione del rito speciale a una determinata integrazione probatoria mantiene, anche in grado di appello, il diritto alla riassunzione del mezzo di prova già acquisito in primo grado, purchè ciò appaia necessario a fini della decisione. A maggior ragione egli può pretende, in seconda istanza, l’ammissione di una prova che, pur indicata nella richiesta di giudizio abbreviato, non è stata assunta dal giudice di primo grado. L’appello è lo strumento per rimediare all’error in procedendo da cui risulterebbe affetta la sentenza appellata e l’occasione per attuare il diritto alla prova dell’imputato. Il PM se è appellante, ha diritto alla riassunzione, o all’assunzione per la prima volta, delle prove contrarie a quelle che l’imputato aveva dedotto nella richiesta di giudizio abbreviato. Richiesta semplice. Avendo l’imputato rinunciato integralmente al diritto alla prova, non può pretendere che tale diritto risorga nel giudizio di appello. Nemmeno il PM appellante sarebbe titolare di un diritto alla prova contraria: benchè non vi abbia rinunciato, egli subisce gli effetti connessi all’iniziativa dell’imputato che ha chiesto un giudizio allo stato degli atti. L’integrazione porbatoria è dunque affidata in via esclusiva al giudice, il quale può assumere tutti i mezzi di prova che ritiene assolutamente necessari ai fini della decisione. Quindi qui l’unica possibilità di rinnovare l’istruzione dibattimentale in appello è quella contemplata nell’art. 603 co.3. 15. Sospensione del procedimento con messa alla prova Nozione. L’imputato può chiedere già nel corso del procedimento penale l’affidamento in prova ai servizi sociali come modalità per conseguire l’estinzione del reato. Rito di tipo consensuale. L. 67/2014 Piano oggettivo. Il rito può essere instaurato a fronte di reati di gravità medio-bassa Piano soggettivo. L’accesso al rito è precluso agli imputati che, avendo subito precedeti condanne, siano stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza. È una pena alternativa (non un’alternativa alla pena) in corso di processo. Dubbio di legittimità costituzionale con l’art. 27Cost. che dice che nessuno deve essere giudicato colpevole prima della fine del processo. Invece qui il processo viene interrotto e scontata questa pena alternativa. Ratio  Alleviare il problema del sovraffollamento carcerario, ma i reati che vi rientrano prevedono già in via edittale, pene diffciilmente destinate ad essere esguite con detenzione. Giusitizia minorile. Prima sperimentazione della sospensione. Interessi dell’imputato:  Bloccare il processo  Guadagnare estinzione del reato A fronte di questo interesse privato sta l’interesse pubblico alla deflazione processuale e alla chiusura del processo, senza passare per il dibattimento. 70 Optando per il giudizio immediato l’imputato si preclude la possibilità di chiedere il giudizio abbreviato, ma anche l’applicazione di pena. E anche la facoltà di chiedere sospensione del processo con messa alla prova. 20. Procedimenti speciali espressione di giustizia autoritativa Rilevano fattori eterogenei quali l’evidente fondatezza dell’accusa, l’esigenza di prevenire a una decisione dibattimentale con esemplare celerità in ordine a reati percepiti come allarmanti, la scarsa gravità dei reati da perseguire e l’opportunità di accorciare i tempi di definizione del rito penale, ammettendo nuove contestazioni nell’udienza preliminare o nel dibattimento. In tutti questi casi la legge introduce deroghe al principio di eguaglianza. Anche un certo modo di intendere la presunzione di non colpevolezza trova qui un suo significativo temperamento. Discriminazione ragionevole quando risulti basata su stati di fatto, standardizzati con sufficiente precisione dalla legge (sorpresa in flagranza o confessione). Discriminazione più discutibile quando si fondi sull’esigenza di mostrare celerità nel perseguire reati allarmanti oppure, viceversa, sul rilievo che reati reputati di scarsa gravità esigono minor rispetto delle garanzie procedurali. 21. Giudizio immediato richiesto dal pubblico ministero Presupposto fondante questo procedimento speciale è l’evidenza della prova (espressione volutamente generica). A fronte di una simile evidenza di colpevolezza, costituirebbe un eccesso dis crupolo verificare la fondatezza dell’accusa: pertanto la legge ritiene ragionevole in tal caso sopprimere l’udienza preliminare che è la fase espressamente preordinata a quella verifica. L’art. 453 comma 1 obbliga il PM ad attivarsi salvo che ciò pregiudichi gravemente le indagini. La constatata evidenza della prova impone al PM di intraprendere la via del giudizio immediato. Il PM è autorizzato a seguire la via ordinaria se la scelta del giudizio immediato risultasse a suo avviso gravemente pregiudizievole per la buona riusicta dell’indagine. Non basta che la prova sia evidente per il PM, affinchè si possa passare direttamente dall’indagine preliminare al giudizio. Tale deve apparire anche al giudice, al quale il PM si rivolge per ottenere la citazione a giudizio immediato.  Difesa. La soppressione dell’udienza preliminare priva forzatamente la difesa di un’occasione per contrastare il cammino dell’accusa verso il dibattimento. Ecco perchè il giudizio immediato non può essere disposto, se non dopo che la persoa sottoposta alle indagini sia stata messa in conddizione d interloquire col magistrato penale, sui fatti dai quali emerge l’evidenza della prova. Non è necessario che la persona sia effettivamente interrogata su quei fatti: se così non fosse, la persona indagata potrebbe boicottare l’instaurazione d questo rito, semplicemente sottraendosi all’atto investigativo o rifiutandosi di comparire davanti al magistrato. È perciò sufficiente un invito a comparire per l’interrogatorio, con un atto nel quale siano descritto i fatti che rendono evidenti i termini dell’accusa: solo l’irreperibilità dell’imputato o un asuo legittimo impedimento sarebbero, a quel punto, di ostacolo all’instaurazione del giudizio immediato. La procedura in questione non prevede l’avviso di chiusura delle indagini quindi l’imputato rischierebbe di trovarsi rinviato a giudizio senza nemmeno aver saputo del processo a proprio carico  Economia processuale ed efficienza. La scelt di questo rito speciale potrebbe risultare contrproducente in caso di connessione quando si procede cumulativamente anche per reati la cui prova non appare evidente. Favorevole alla separazione dei processi, il codice impone, in questi casi, che il giudizio immediato segua il suo iter scindendosi dalle vicende connesse. Se poi ritenesse indispensabile mantenere il cumulo processuale, il giudice dovrebbe rigettare la richiesta del PM, imponendo così ce si proceda con rito ordinario per tutte le res iducandae.  Limite temporale. La legge condiziona l’ammissibilità della richiesta proveniente dal PM all’osservanza di un limite temporale fissato in 90gg dalla registrazione della notizia di reato. (quindi l’imputato che che si confessasse colpevole oltre questo termine, provocherebbe una situazione di evidenza probatoria, inidonea tuttavia a giustificare il ricorso al procedimento speciale. Aspetti procedurali. L’instauazione di questo giudizio coincide sempre con l’esercizio dell’azione penale. l’iniziativa del PM fa scattare l’obbligo del giudice di pronunciarsi sull’ammissibilità del rito 71 (entro 5gg termine ordinatorio). Il giudice può rigettare la richiesta con decreto non motivato. Anche quando accoglie, il decreto non è motivato. La situazione di evidenza probatoria è apprezzata dal giduice delle indagini preliminari e non può essere oggetto di discussione. Non è invece esclusa una critica sotto il profilo della legittimità del decreto che accoglie la richiesta del PM quanto questo sia stato emesso senza previo interrogatorio della persona indagata. In questo errore procedurale la giurisprudenza è incline a ravvisare una lesione del diritto di difesa riconducicbile a nullità di regime intermedio idonea a contaminare la aldiità del decreto di giudizio immediato. L’assenza di motivazione nel decreto di giudizio immediato è requisito negativo, volto non solo a rendere insindacabile l’atto ma altresì a perseverare l’imparzialità del giudice dibattimentale. trasformazione del rito. Si entra poi nella fase degli atti preliminari al dibattimento. Disposto il giudizio immediato, l’imputato può, anzitutto, chiedere il giudizio abbrevviato, il patteggiamento o la sospensione del processo con messa alla prova. La richiesta deve essere presentata al giudice per le indagini preliminari, a pena di decadenza, nei 15gg che seguoo la notificazione del decreto di giudizio immediato.  Per il giudizio abbreviato il termine decorre dall’ultima notificazione all’imputato o al difensore del decreto che dispone il giudizio o, rispettivamente, dell’avviso della data fissata per il dibattimento. La richiesta è sufficiente a mettere il giudice in condizione di doverne vagliare la fondatezza.  Per il patteggiamento, la richiesta di una parte non è nemmeno presa in considerazione dal giudice se manca il consenso dell’altra. Il problema è che non è previsto il termine entro il quale tale consenso deve essere prestato. Quindi spetta al giudice assegnare un termine alla parte.  Per la richiesta di sospensione con messa alla prova vale lo stesso discorso. Nemmeno qui si capsice quale sia il termine per l’eventuale consenso del PM. Competente a pronunciarsi sulla trasformazione del rito è il giudice per le indagini preliminari, il quale, se accoglie la relativa richiesta, fissa l’udienza per uno dei riti alternativi al dibattimento che l’imputato ha voluto scegliere. Il rigetto della richiesta comporta invece la prosecuzione del processo lungo l’ordinario iter. Tanto la richiesta di patteggiamento che la richiesta complessa di giudizio abbreviato e quella di sospensione del processo con messa alla prova possono essere rinnovate. 22. segue: giudizio immediato custodiale (art. 453 comma 1bis) Instaurato quando la persona sottoposta alle indagini si trova in stato di custodia cautelare e a condizione che la scelta del rito non pregiudichi gravemente le indagini. La richiesta va presentata dopo che la valutazione dei gravi indizi di colpevolezza posti a fondamento della misura cautelare ha acqusiito una certa solidità: quando il tribunale del riesame abbia confermato la misura oppure dopo che sia inutilmente decorso il termine per impugnare il provvedimento che la dispone. Termine per la richiesta è fissato in 180gg che però decorrono dalla data di esecuzione della misura custodiale, non dalla registrazione della notizia di reato (diverso dal giudizio immediato normale). Questo significa che può essere richiesto anche al termine di un’indagine protrattasi a lungo. La misura cautelare deve essere già stata eseguita. La mancata esecuzione della misura custodiale rende impraticabile questo specialissimo rito, sicchè il latitante, benchè gravato di indizi pesanti, viene gratificato di un’udienza preliminare che, se si costituisse, non gli spetterebbe. Dubbi: Appare discutibile la scelta di assumere a presupposto del giudizio immediato lo status di persona in custodia. Discutibile, perchè la novella realizza concretamente l’effetto di privare tali soggetti delle chances difensive esercitabili a seguito dell’avviso di chiusura delle indagini e, soprattutto, nell’udienza preliminare. Anche se è vero che i gravi indizi di colpevolezza rilevanti a fini cautelari parrebbero risolversi inuna situazione di evidenza probatoria. Ma è vero anche che l’incidente cautelare ha uno svolgimento autonomo rispetto a quello principale, sicchè, il far dipendere la sorte del secondo all’andamento del primo riserva inevitabili imprevisti, complica lo svolgimento procedurale ed espone gli indagati o imputati a censurabili sperequazioni. La scelta legislativa appare censurabile anche sul piano dei principi costituzionali. Posto che il giudizio immediato comporta un sensibile sacrificio del diritto di difesa, una sua instaurazione troppo disinvolta 72 può risolversi nella violazione dell’art. 24 comma 2 Cost. La scelta del giudizio immediato non può essere revocata, quando l’insussistenza di quei gravi indizi affiora dopo l’accoglimento della richiesta stessa. 23. segue: giudizio immediato obbligatorio (art. 464 comma 1) Presupposto di questo rito non è l’evidenza della prova. L’udienza preliminare qui è ritenuta superflua non solo perchè l’accusa appare saldamente ancorata a fatti incontestabili ma anche perchè essa ha per oggetto reati di scarsa gravità, i quali non sempre sono agevoli da provare. La maggior parte di quest reati rientra in quel settore di cognizione del giudice monocratico soggetto alle regole della citazione diretta, affidato a un iter procedurale di per sè privo di udienza preliminare. L’unica differenza di rilievo con il giudizio immediato ordinario sta nell’atto introduttivo del rito: non una richiesta del PM bensì un decreto di citazione, che il giudice dell’indaine preliminare emette d’ufficio quando abbia constatato che ogni altra via a una soluzione anticipata del processo è ormai preclusa. 24. Giudizio direttissimo Questo rito prevede la soppressione pressochè totale dell’intera fase preliminare e in una significativa contrazione o semplificazione della fase predibattimentale. Ad esso si ricorre quando il fondamento dell’accusa è a tal punto evidente da rendere superflua non solo la verifica dell’udenza preliminare ma addirittura la ricerca di fonti e mezzi di prova solitamente attuata nell’indagine preliminare. Il giudizio direttissimo presuppone una evidenza “qualificata” dei fatti descritti nell’accusa. Rilevano la situazione di flagranza che legittima l’arresto o l’allontanamento d’urgeza dalla casa familiare e la confessione resa a brevissima distanza dall’inizio dell’indagine (30gg). Anche se a volte in passato il PM, pur essendocene le condizioni, si astenesse dal procede con rito direttissimo, dobbiamo ora ricordare che l’attribuzione di un “potere” al magistrato penale si risolve sempre nella previsione di un “dovere”, quando il suo esercizio è subordianto al verificarsi di condizioni date dalla legge processuale. Nel 2008 si è enfatizzata questa situazione di doverosità sostituedo l’espressione “si può procedere” con “procede”. Si è inoltre provveduto ad esplicitare l’eccezione alla regola: il rito speciale va sempre scelto, salvo che ciò pregiudichi gravemente le indagini. Espressione non molto felice e piuttosto sibillina, riferibile verosimilmente alla necessità di salvaguardare le indagini del procedimento suscettibile di sfociare nel giudiio direttissimo, non già anche ad indagini concernenti altri procedimenti connessi o collegati. A guidare il PM nella scelta di questo rito speciale è l’esigenza di assicurare la completezza dell’indagine. Limite temporale. 30gg termine entro il quale presentare o citare in giudizio l’imputato. Ne deriva un considerevole ampliamento delle occasioni per instaurare il rito stesso, giacchè, in questi 30gg, sarà possibile compiere qualche indagine a confrma dell’addebito accusatorio. Modalità di svolgimento (domanda probabile):  Se la persona è in stato di custodia cautelare o arrestata è presentata direttamente dal PM al giudice dibattimentale. L’imputazione va contestata oralmente in udienza, giusto prima che il dibattimento sia aperto. Con la contestazione del fatto, il PM provvede a formare il fascicolo del dibattimento. Non c’è controllo del GIP. [altro unico caso in cui la formazione dei fascicoli per il dibattimento spetta al PM è la citazione diretta a giudizio, altrimenti spetta sempre al GIP]. Il predibattimento non esiste o è compresso entro limiti esigui sicchè quel minimo di attività preparatoria necessaria al giudizio è destinata a trovare spazio fra le pieghe dell’introduzione dibattimentale.  Se la persona è libera è invece citato a comparire all’udienza di giudizio direttissimo, convocata dal PM nel rispetto di un trmine dilatorio di tre giorni. L’imputazione è contestata per iscritto nel decreto di citazione a giudizio. Breve indagine preliminare. Il fascicolo del dibattimento è formato, ancora una volta, dal PM, subito dopo l’emissione del suddetto decreto. 75 Accoglimento. Motivazione sommaria. Il decreto è idoneo a divenire irrevicabile e a costituire titolo per eseguire la pena inflitta, a meno che la parte non vi si opponga entro 15 giorni dalla relatia notifica. Il giudice inserisce nel decreto un avviso per ricordare agli interessati il diritto di opporsi al provvedimento di condanna e per avvertirli degli effetti della mancata opposizione. Questo si spiega se si pensa che l’imputato potrebbe essere del tutto ignaro del procedimento a suo carico, culminato nel decreto di condanna. Notifica. Fondamentale è quindi la notificazione del decreto.il legislatore ha dettato regole tali da elevare il grado di effettività della procedura di notifica al fine di scongiurare il rischio che l’imputato scopra di essere condannato quando sono ormai scaduti i termini per presentare opposizone La legge allestisce un rimedio preventivo, vietando la notificazione del decreto penale secondo la procedura normalmente seguita per l’imputato irreperibile: il giudice dovrà revocare il decreto di condanna. Esiste anche un rimedio successivo che consiste nella restituzione in termini per proporre opposizione, tutte le volte che l’interessato dimostri di non aver avuto tempestivamente conoscenza effettiva del decreto. La mancata opposizione equivale ad accettazione della condanna. 31. Il decreto penale Scaduto il termine per opporsi, il decreto penle diventa definitivo e costituisce titolo per eseguire la condanna, salvo che l’opposizione proposta da altri coimputati, condannati con decreto per il medesimo reato, produca l’effetto estensivo che può sfociare in una revoca del provvedimento di condanna. L’accertamento contenuto nel decreto penale è inidoneo a sortire effetti penali vincolanti. Il procedimento per decreto, poi, non può culminare nell’applicazione di una misura di sicurezza personale. Il condannato per decreto non subisce più l’obbligo di pagare le spese processuali, nè gli possono essere applicate le sanzioni accessorie previste dalla legge penale. Il reato si estingue se nei 5 anni successivi non ne commette un altro della medesima indole. Il decreto di condanna non ostacola una successiva sospensione condizionale della pena. La condanna inflitta con decreto, pur iscritta nel casellario giudiziale, non dev’essere menzionata nei corrispondenti certificati richiesti dai privati. 32. Opposizione a decreto Risultati opposizione:  Sospensione esecuzione della condanna  Imporre accertamento del fatto avvenga in forme diverse da quelle del procedimento per decreto L’atto quindi vale come dissenso dell’interessato rispetto al rito speciale e come impugnazione rispetto alla condanna inflitta. Caratteri impugnazione:  Priva dell’effetto devolutivo (una volta proposta, il processo è destinato a proseguire davanti al giudice di primo grado.  L’opponente non deve necessariamente indicare i motivi della sua doglianza. L’opposizione sarebbe idonea ad attribuire all’organo giurisdizionale piena cognizione su tutti i punti della decisione impugnata e non solo quelli toccati dai suddetti motivi. In più il giudice non ha il divieto di reformatio in peius (quini l’imputato deve stare attento ai rischi che corre)  Effetto estensivo, limitatamente ai casi in cui il decreto di condanna sia stato pronuciato con una pluralità di imputati per il medesimo fatto. L’esecuzione del decreto è sospesa per tutti. Gli effetti scaturenti dalla decisione successiva al giudizio di opposizione hanno effetti estensivi solo se si tratta di sentenza di proscioglimento nel merito. Se l’imputato si oppone può scegliere un altro rito speciale con l’atto di opposizione. L’imputato che non intende scegliere la via di uno dei riti alternativi al dibattimento è destinato a proseguire per forza con le forme del giudizio immediato. 76 Il giudice deve vagliare l’ammissibilità. Il difetto di uno dei requisiti comporta l’inammisibilità dell’atto di parte, con la conseguenza che il decreto penale diventa esecutivo. Il decreto penale deve essere revocato. 33. Giudizio direttissimo su accordo delle parti. La mancata convalida dell’arresto, di regola, costituisce ostacolo all’instaurazione del giudizio direttissimo. Tuttavia il giudizio direttissimo può ancora essere ammesso se l’imputato e il pm vi consentono. Quindi oltre a essere richiesto il solito requisito oggettivo (arresto in flagranza) prevede anche un requisito soggettivo (consenso delle parti). La legge istituisce una sorta di rapporto pregiudiziale fra giudizio di convalida e instaurazione del giudizio direttissimo. Non si capisce perchè è richiesto il consenso dlle parti. Che si sia invece fatto riferimento all’esito del giudizio di convalida, significa che si è inteso enfatizzare l’ffermazione di evidenza probatoria insita in quel giudizio. La convalida di un arresto in flagranza acquista qui il senso di un’ulteriore conferma del quadro indiziario. È superflio muovere alla ricerca di elementi idonei a sostenere un’accusa che, anche dopo il giudizio di convalida, appare seriamente fondata. La mancata convalida pone il problema dell’inopportunità del giudizio direttissimo per ragioni sempre legate alla situazione di evidenza probatoria. Non sono previste forme particolari per la prestazione del consenso. Il PM potrà manifestarlo, semplicemente citando l’imputato a comparire ogniqualvolta ritenga di non dover chiedere l’archiviazione per il fatto che gli è attribuito o di non dover avviare nei suoi confronti l’indagine preliminare. Il consenso dell’imputato può essere presentato in qualsiasi forma. 34. Contestazione supplettiva del fatto nuovo Il tipo è orientato ad esigenze di economia processuale. E siccome tali esigenze non possono essere soddisfatte a scapito dei diritti dell’imputato, il consenso di quest’ultimo diventa condizione essenziale per questo tipo di rito speciale. Distinzione a seconda che il nuovo capo di imputazione sia contestato:  In udienza preliminare, con il prestare il proprio consenso l’imputato rinuncia alle facoltà di intervento e di assistenza. L’atto di consenso può provenire dal difensore perchè non è in gioco la decisione sul merito  In dibattimento, la contestazione di un fatto nuovo provoca la soppressione dell’intera fase preliminare del proceso, oltre che della fase predibattimentale, dimostrandosi così strutturalmente affine al giudizio direttissimo. Il consenso può essere dato solo direttamente dall’imputato accompagnato da un atto autorizzativo del giudice. CAPITOLO VII –GIUDIZIO 1.La fase del giudizio Con il giudizio si apre una nuova fase del procedimento ovvero, più precisamente, del processo. Il giudizio viene instaurato in base l decreto che il giudice emette al termine dell’udienza preliminare, ovvero a un decreto di giudizio immediato. Siamo nel Libro VII che sta ad indicare il giudizio ordinario di primo grado, che culmina nel dibattimento pubblico. Tuttavia il termine giudizio, inteso in senso generale, si trova usualmente riferito, nel codice, a qualunque procedimento destinato a concludersi con una pronuncia sil merito dell’accusa. Ma più Apertura dibattimento (art. 492) Richiesta prove (artt. 493-495) Istruzione dibattimentale (artt. 496-522) Discussione (art. 523) Chiusura 77 precisamente è il giudizio di primo grado, e più precisamente il dibattimento di primo grado, il momento centrale del processo. Il giudizio è la parte centrale. Il dibattimento è superfluo solo se il reato è estinto, se difetta una delle condizioni di procedibilità e se non si oppongono le parti (art. 469, domanda probabile) 2. Caratteristiche del giudizio nel sistema accusatorio L’art. 111Cost. ribadisce testualmente alcuni punti fermi con lo stabilire che ogni proesso si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti ad un giudice terzo ed imparziale. Il processo è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova. La costituzione, cioè, senza avventurarsi nella definizione del modello processuale, dà riconoscimento ad alcuni fra i principi cardine di quello che viene convenzionalmente definito sistema accusatorio. Punti cardine: 1. Pubblicità. Il giudizio si può considerare accusatorio quando la formazione delle prove avviene pubblicamente nel contraddittorio tra le parti davanti al giudice. (nell’inquisitorio vengono formate unilateralmente fuori dall’udienza) 2. Oralità. Intesa come oralità immediatezza. L’oralità può esistere anche senza immediatezza come per esempio nell’incidente probatorio. 3. Immediatezza. Rapporto diretto tra il giudice e le prove: colui che ascolta e che assume le prove è colui che decide. a. in senso soggettivo: immutabilità del giudice, art. 525 co.2 b. in senso oggettivo: concentrazione, cioè tendenziale unità di tempo nella quale va celebrato il giudizio, destinato a svolgersi in una sola udienza o in udienze contigue, in modo che la decisione sia il più possibile vicina alla rappresentazione dei fatti da ricostruire. (anche se va detto che per i processi di qualche complessità esso è rimasto a rimanere sulla carta) ulteriore corollario del modello accusatorio è la distinzione delle funzioni del giudice da quelle dell’organo dell’accusa e dell’investigazione: solo così può essere assicurata l’equidistanza delle parti. Infatti l’art. 111 co.2 ha voluto esplicitare il requisito della terzietà del giudice, requisito che risulta evidentemente incompatibile con ogni confusione dei ruoli. Quello realizzato dal giudice non è proprio un autentico processo a parti, se non altro perchè vige il principio costituzionale di obbligatorietà dell’azione penale, la cui attuazione viene assicurata mediante il costante controllo del giudice sull’operato del PM. Inoltre il giudice non è affatto privo di poteri di iniziativa. I casi di intervento d’ufficio del giudice sono assai numerosi pur configurandosi come eccezione rispetto al diritto alla prova attribuito di regola alle parti. 3. indagini preliminari e dibattimento L’immediatezza, intesa come contatto diretto con la prova, viene pregiudicata ogni volta che il giudice può servirsi delle prove costituite fuori dal dibattimento, assegnando loro un valore non diverso da quelle escusse direttamente in sua presenza. Nel codice previgente, il giudice del dibattimento prendeva vsione preventivamente del fascicolo istruttorio; ma il giudice che conosce già il contenuto delle prove da assumere vede diminuita la sua equidistanza, poichè tende ad accettare acriticamente i risultati dell’istruttoria. Dal nostro punto di vista,non ha nemmeno importanza chi compia le indagini preliminare, bensì il valore assunto in giudizi dagli atti compiuti. Riservare ad una parte l’esclusiva nella raccolta degli elementi di prova, si giustifica in quanto gli stessi, almeno tendenzialmente, non abbiano valore davanti al giudice del dibattimento. Se viene meno la separazione tra la fase delle indagini e quella del giudizio e l’accustatore è posto in grado di precostituire per proprio conto le prove utilizzabili per la decisione finale, continuare a considerare l’attività di indagine come meramente preparatoria per l’esercizio dell’azione penale rischia di perpetuare un pericoloso equivoco sul ruolo del PM: l’attribunzione al PM di maggiori poteri per l’eserizio della funzione investigativa, infatti, deve essere bilanciata dalla inefficacia a fini probatori degli atti dallo stesso compiuti. 80 Citazione. Almeno sette giorni prima della data fissata per il dibattimento, le parti presentano le liste dei testimoni ecc a pena di inammissibilità poichè non sono consentite prove a sorpresa. Le liste testimoniali hanno funzione di discovery, non essendo destinate a sollecitare un provvedimento di ammissione delle prove. Il decreto del presidente ha lo scopo di autorizzare la citazione delle persone indicate rendendone obbligatoria la comparizione. La citazione può essere negata solo per le testimonianze viette dalla legge e per quelle manifestamente sovrabbondanti. L’art. 468 non menziona l’esame delle parti. Se ne deduce che le prove di quest’ultimo tipo sono ammissibili senza il bisogno di preavviso, non potendo propriamente, costituire una sorpresa, dato che le parti sono immanenti al processo. L’ammissione della prova orale deve seguire l’acquisizione del documento e può anche essere rifiutata dal giudice. Ratio  evitare usur dei testimoni, vale a dire l’eccessiva esposizione degli stessi agli inconvenienti e ai rischi di una ripetuta presentazione nelle aule di giustizia, all’orquando le medesime dichiarazioni siano rilevanti in più processi separati. Tale esigenza rappresenta un limite al diritto alla prova, il quale si esplica anche mediante l’esame diretto e il controesame. Il diritto di ottenere l’esame dei dichiaranti non è escluso, ma l’ammissione dell’esame viene subordinata alla previa acquisizione dei verbali dei diversi procedimenti e fatta dipendere da una valutazione discrezionale, volendo suggerire la superfluità della prova orale qundo è acquisito il documento scritto: in contraddizione con la logica del sistema, organizzato sulla prevalenza dell’oralità. Consente di derogare alle sopre descritte regole sul deposito delle liste tesitmoniali l’esercizio del diritto alla prova contraria, in virtù del quale ciascuna parte può ottenere la citazione e l’ammissione di testimoni, periti e consulenti sulle circostanze introdotte dalla controparte anche senza averli in precedenza indicati sulle liste. È invece disposta d’ufficio dal presidente la citazione del perito nominato nell’incidente probatorio. 7. Pubblicità e disciplina dell’udienza dibattimentale. Sospensione e rinvio. Art. 468. Citazione di testimoni, periti e consulenti tecnici. 1. Le parti che intendono chiedere l'esame di testimoni, periti o consulenti tecnici nonché delle persone indicate nell'articolo 210 devono, a pena di inammissibilità, depositare in cancelleria, almeno sette giorni prima della data fissata per il dibattimento, la lista con l'indicazione delle circostanze su cui deve vertere l'esame. 2. Il presidente del tribunale o della Corte di assise, quando ne sia fatta richiesta, autorizza con decreto la citazione dei testimoni, periti o consulenti tecnici nonché delle persone indicate nell'articolo 210, escludendo le testimonianze vietate dalla legge e quelle manifestamente sovrabbondanti. Il presidente può stabilire che la citazione dei testimoni, periti o consulenti tecnici nonché delle persone indicate nell'articolo 210 sia effettuata per la data fissata per il dibattimento ovvero per altre successive udienze nelle quali ne sia previsto l'esame. In ogni caso, il provvedimento non pregiudica la decisione sull'ammissibilità della prova a norma dell'articolo 495. 3. I testimoni e i consulenti tecnici indicati nelle liste possono anche essere presentati direttamente al dibattimento. 4. In relazione alle circostanze indicate nelle liste, ciascuna parte può chiedere la citazione a prova contraria di testimoni, periti e consulenti tecnici non compresi nella propria lista, ovvero presentarli al dibattimento. 4-bis. La parte che intende chiedere l'acquisizione di verbali di prove di altro procedimento penale deve farne espressa richiesta unitamente al deposito delle liste. Se si tratta di verbali di dichiarazioni di persone delle quali la stessa o altra parte chiede la citazione, questa è autorizzata dal presidente solo dopo che in dibattimento il giudice ha ammesso l'esame a norma dell'articolo 495. 5. Il presidente in ogni caso dispone di ufficio la citazione del perito nominato nell'incidente probatorio a norma dell'articolo 392 comma 2. Art. 470. Disciplina dell'udienza. 1. La disciplina dell'udienza e la direzione del dibattimento sono esercitate dal presidente che decide senza formalità; in sua assenza la disciplina dell'udienza è esercitata dal pubblico ministero. 2. Per l'esercizio delle funzioni indicate in questo capo, il presidente o il pubblico ministero si avvale, ove occorra, anche della forza pubblica, che dà immediata esecuzione ai relativi provvedimenti. 81 Le disposizioni generali sul dibattimento riguardano le modalità di svolgimento dell’udienza, che si conformano ai principi della pubblicità e della concentrazione, ed hanno altresì lo scopo di realizzare pienamente il diritto dell’imputato di partecipare e difendersi. Per la decisione di procedere a porte chiuse è competente il collegio, il quale decide con rodinanza revocabile. Nel solco di tale normativa, particolare attenzione è stata data alla tutela della riservatezza delle parti private e dei testimoni, limtatamente all’assuzione di specifici mezzi di prova, nonchè alla tutela dei minori. Vengono enunciati i tradizionali parametri del buon costume e del segreto nell’interesse dello stato. Mentre la tutela dell’ordine pubblico non trova spazio come tale ma solo in quanto si traduca in tutela della pubblica igiene ovvero del regolare svolgimento delle udienze. Esigenza di salvaguardare la sicurezza dei testimoni o di imputati. Al presidente, nell’ambito dei compiti di disciplina dell’udienza, è attribuito il potere di ammonire l’imputato che si comproti in modo da impedirne il regolare svolgimento, e di allontanarlo qualora persista. Delineato anche il divieto del testimone in udienza. Riprese audiovisive. Una forma peculiare di pubblicità, connessa con l’esercizio del diritto di cronaca, è quella rappresentata dalle riprese audiovisive del dibattimento per fini di divulgazione. La regola cardine è che l’accesso dei mezzi audiovisivi ha bisogno del consenso delle parti in vista della protezione dei diritti della personalità di ciascuna di esse, in primo luogo dell’imputato. Ma l’atto di disposizione dell’interesse individuale non basta: anche se il dibattimento può essere oggetto di diffusione pubblica, il suo fine istituzionale resta quello di rendere giustizia. Spetta quindi al giudice farsi carico dell’interesse pubblico vietando le riprese o le trasmissioni nonostante il consenso delle parti, quando ne derivi pregiudizio al sereno e regolare svolgimento dell’udienza o alla decisione. L’osservazione vale soprattutto per la testimonianza e per i pregiudizi che possono derivare al convincimento del giudice. Il consenso delle parti non è necessario quando sussista un interesse sociale particolarmente rilevante alla conoscenza del dibattimento. Diritto all’immagine. L’ordinamento si preoccupa in ogni caso di tutelare quelo profilo del diritto alla riservatezza che può dirsi il dirito all’immagine. Il principio di concentrazione del dibattimento è uno dei caratteri fondamentali del sistema accusatorio. Tuttavia di frequente il dibattimento si dovrà svolgere nell’arco di più udienze, anche perchè l’assunzione orale della prova è comunque attività che richiede tempo. In caso di questione pregiudiziale si sospende il dibattimento in modo indeterminato, ma la sospensione può essere revocata se il giudizio civile o amministrativo non si è concluso nel termine di un anno. Art. 471. Pubblicità dell'udienza. 1. L'udienza è pubblica a pena di nullità. 2. Non sono ammessi nell'aula di udienza coloro che non hanno compiuto gli anni diciotto, le persone che sono sottoposte a misure di prevenzione e quelle che appaiono in stato di ubriachezza, di intossicazione o di squilibrio mentale. 3. Se alcuna di queste persone deve intervenire all'udienza come testimone, è fatta allontanare non appena la sua presenza non è più necessaria. 4. Non è consentita la presenza in udienza di persone armate, fatta eccezione per gli appartenenti alla forza pubblica, né di persone che portino oggetti atti a molestare. Le persone che turbano il regolare svolgimento dell'udienza sono espulse per ordine del presidente o, in sua assenza, del pubblico ministero, con divieto di assistere alle ulteriori attività processuali. 5. Per ragioni di ordine, il presidente può disporre, in casi eccezionali, che l'ammissione nell'aula di udienza sia limitata a un determinato numero di persone. 6. I provvedimenti menzionati nel presente articolo sono dati oralmente e senza formalità. Art. 477. Durata e prosecuzione del dibattimento. 1. Quando non è assolutamente possibile esaurire il dibattimento in una sola udienza, il presidente dispone che esso venga proseguito nel giorno seguente non festivo. 2. Il giudice può sospendere il dibattimento soltanto per ragioni di assoluta necessità e per un termine massimo che, computate tutte le dilazioni, non oltrepassi i dieci giorni, esclusi i festivi. 3. Il presidente dà oralmente gli avvisi opportuni e l'ausiliario ne fa menzione nel verbale. Gli avvisi sostituiscono le citazioni e le notificazioni per coloro che sono comparsi o debbono considerarsi presenti. 82 8. Partecipazione al dibattimento a distanza Si parla dell’imputato detenuto, quandi sia opportuno evitare la sua traduzione nel luogo di udienza. L’obiettivo è quello di ridurre i rischi connessi con i frequenti spostamenti dei detenuti, nonchè i tempi del dibattimento. La presenza all’udienza dibattimentale è in questi casi sostituita da un collegamento audiovisivo. È lecito in questo caso interrogarsi sull’effettivo rispetto del diritto di difesa. La videoconferenza consente una visione soltanto pariale e a volte frammentaria di ciò che accade in aula di udienza, e comunque la partecipazione al contraddittorio dibattimentale risulta sempre mediata dallo strumento tecnico. È questa compressione giustificabile con altre esigenze come la celerità o la sicurezza pubblica? La corte costituzionale dice di sì. 9. Verbale di udienza Poichè i verbali delle indagini preliminari non entrano automaticamente a far parte del materiale valutabile, come supporto delle risultanze dibattimentali, è indispensabile che queste ultime siano riprodotte con la massima fedeltà e completezza. Nel verbale di assunzione dei mezzi di prova siano riprodotte integralmente in forma diretta le domande e le risposte. Una verbalizzazione integrale può aver luogo solo con appositi strumenti tecnici. È consentita la verbalizzazione soltanto in forma riassuntiva non solo el caso in cui gli atti abbiano contenuto semplice o limitata rilevanza, ma pure quando si verifichi una contingente indisponibilità degli strumenti di riproduzione. Le parti hanno potere di controllo sulla correttezza della documentazione. 10. Costituzione delle parti e assenza dell’imputato il presidente prima di dare inizio al dibattimento controlla la regolare costituzione delle parti. Per l’imputato risulta fondamentale avere la possibilità di essere presente al dibattimento, dato che essenzalmente in questa fase ha luogo la formazione della prova. La presenza dell’imputato può diventare indispensabile per l’assunzione di determinate prove. Infatti è consentito che sia sempre disposto l’accompagnamento coattivo, tranne per procedere a esame (che può avere luogo solo con il consenso dell’imputato. È stata eliminata la figura del processo in contumacia, ell0intento di garantire l’effettività del diritto alla difesa e, più in generale, il rispetto del fair hearing richiesto dalle carte internazionali. In tempi relativamente recenti la Corte europea ha dovuto censurare la mancanza nell’ordinamento italiano di un adeguato rimedio che consentisse di riaprire il processo nei confronti di imputati condannati in contumacia con sentenza irrevocabile. Il legislatore ha quindi dato vita ad una riforma epocale: la contumacia, dopo secoli, scompare dal nostro processo penale. Il processo dunque può celebrarsi solo ove l’imputato sia presente ovver, in caso di assenza, sia rimasto volontariamente assente, perchè comunque a conoscenza dell’esistenza del procedimento. In mancanza, il processo viene sospeso. Se l’imputato non compare e non risulta essere a conoscenza del procedimento, il giudice rinvia l’udienza e dispone che l’avviso sia notificato personalmente a mezzo della polizia giudiziaria. Se l’imputato ciò nonostante rimane irreperibile, il processo va sospeso. Se esistono invece i presupposti per procedere ugualmente il dibattimento si celebra in assenza dell’imputato. L’ordinanza che abbia disposto di procedere in assenza è revocata anche d’ufficio ove l’imputato compaia prima della decisione. Se prova che l’assenza è stata dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo ovvero dimostra che versava nell’assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento e che la proa dell’impedimento è pervenuta con ritardo senza sua colpa, ha diritto di formulare richieste di prova. Il riconoscimento del diritto alla prova comporta altresì la possibilità di chiedere la rinnovazione delle prove già assunte, ferma la validità degli atti compiuti in precedenza. L’imputato contro il quale si sia proceduto in assenza nell’udienza preliminare può rendere in dibattimento dichiarazioni spontanee. È previsto un vero e proprio diritto dell’imputato di essere 85 esempio se le parti non lo chiedono. Se l’esame non c’è stato, la lettura può precedere l’esame. La norma sottolinea la preferenza per l’escussione diretta orale in dibattimento. Viene data precedenza all’oralità più che alla scrittura, a meno che l’esema non abbia avuto luogo (basta che le parti non lo chiedono). La lettura è indispensabile affinchè gli atti contenuti nel fascicolo del dibattimento abbiano valore per il giudizio. Il giudice non può utilizzare ai fini della deliberazione prove diverse da quelle legittimamente acquisite nel dibattimento. Vale a dire, se l’acquisizione delle prove non è avvenuta secondo le regole, non se ne può tenere conto nella motivazione della sentenza anche se era contenuta nel fascicolo. 13. Il fascicolo del pubblico ministero e le contestazione Questo fascicolo è noto alle parti, ma non al giudice del dibattimento. In un primo momento le parti se ne serviranno per formulare la propria ricostruzione dei fatti e per mettere a punto la strategia processuale. In ogni caso, i risultati delle indagini preliminari e delle eventuali investigazioni difensive documentati nel fascicolo costituiranno la traccia sulla quale verrà condotta l’istruttoria dibattimentale. Art. 500 co.1  gli atti contenuti nel fascicolo del PM non possono essere acquisiti come prova nel dibattimento. sono però utilizzabili per le contestazioni: se una parte o un testimone rendono una dichiaazione che si discosta da quella risultante dalla documentazione redatta nelle fasi precedenti, il PM e i difensori hanno la facoltà, nel corso dell’esame, di far rilevare il contrasto e chiedere spiegazioni, eventualmente anche dando lettura dell’atto. La contestazione va intesa in senso stretto. Per mezzo di essa, cioè, possono farsi rilevare variazioni o contraddizioni rispetto alle dichiarazioni precedentemente rese dalla persona sottoposta ad esame, ma non è consentito il riferimento ad altri atti, o a dichiarazioni di persone diverse, contenuti nel fascicolo del PM: la contestazione è cosa differente quindi dalla critica della prova in generale. In caso contrario si rischierebbe di far rifluire surrettiziamente nel dibattimento tutti i risultati degli atti compiuti nelle indagini preliminari. Requisito fondamentale è che si tratti di dchiarazioni, e pertanto gli altri atti di indagine compiuti dal PM non possono essere per questa via portati a conoscenza del giudice. Essi restano atti a rilevanza meramente interna delle parti. Per le contestazioni possono essere impiegate esclusivamente le dichiarazioni in precedenza rese dalla stessa persona che depone. Infine, la contestazione può aver luogo solo sui fatti e sulle circostanza in ordine alle quali il testimone o la parte abbia già deposto. Si vuole evitare che la lettura possa essere strumentalizzata al fine di suggerire o condizionare le risposte, dandosi in ogni caso la precedenza all’escussione orale, secondo quello che va considerato un principio generale del dibattimento. In questa ipotesi non occorre tuttavia attendere che l’esame sia concluso Art. 500. Contestazioni nell'esame testimoniale. 1. Fermi i divieti di lettura e di allegazione, le parti, per contestare in tutto o in parte il contenuto della deposizione, possono servirsi delle dichiarazioni precedentemente rese dal testimone e contenute nel fascicolo del pubblico ministero. Tale facoltà può essere esercitata solo se sui fatti o sulle circostanze da contestare il testimone abbia già deposto. 2. Le dichiarazioni lette per la contestazione possono essere valutate ai fini della credibilità del teste. 3. Se il teste rifiuta di sottoporsi all'esame o al controesame di una delle parti, nei confronti di questa non possono essere utilizzate, senza il suo consenso, le dichiarazioni rese ad altra parte, salve restando le sanzioni penali eventualmente applicabili al dichiarante. 4. Quando, anche per le circostanze emerse nel dibattimento, vi sono elementi concreti per ritenere che il testimone è stato sottoposto a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilità, affinché non deponga ovvero deponga il falso, le dichiarazioni contenute nel fascicolo del pubblico ministero precedentemente rese dal testimone sono acquisite al fascicolo del dibattimento e quelle previste dal comma 3 possono essere utilizzate. 5. Sull'acquisizione di cui al comma 4 il giudice decide senza ritardo, svolgendo gli accertamenti che ritiene necessari, su richiesta della parte, che può fornire gli elementi concreti per ritenere che il testimone è stato sottoposto a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilità. 6. A richiesta di parte, le dichiarazioni assunte dal giudice a norma dell'articolo 422 sono acquisite al fascicolo del dibattimento e sono valutate ai fini della prova nei confronti delle parti che hanno partecipato alla loro assunzione, se sono state utilizzate per le contestazioni previste dal presente articolo. Fuori dal caso previsto dal periodo precedente, si applicano le disposizioni di cui ai commi 2, 4 e 5. 7. Fuori dai casi di cui al comma 4, su accordo delle parti le dichiarazioni contenute nel fascicolo del pubblico ministero precedentemente rese dal testimone sono acquisite al fascicolo del dibattimento. 86 14. contestazioni nell’esame testimoniale art. 500 Era stabilito che la precedente dichiarazione del testimone non può costituire prova dei fatti in essa affermati, mentre può essere valutata dal giudice per stabilire la credibilità della persona esaminata, secondo quello che è lecito definire un giudizio di rilevanza legalmente predeterminato. Ciò significa che il giudice, anche se messo a conoscenza dell’atto tramite la contestazione, non è aturoizzato a tenerne conto direttamente a fini decisori, con la conseguenza che la motivazione non può fondarsi su di esso se non come strumento di valutazione della dichiarazione dibattimentale. Quindi la lettura degli atti a scopo di contestazione non corrisponde all’acquisizione come prova degli stessi, diversamente da quanto avviene con la lettura degli atti del fascicolo. (nei casi ex co. 4 e 7 può diventare lettura di acquisizione  deroga formazione delle prove in contraddittorio) La nuova stesura dell’art. 111Cost. circoscrive ora tassativamente la possibilità di formare la prova senza contraddittorio ai casi di consenso dell’imputato, di impossibilità oggettiva o di condotta illecta (co. 5), rendendo illegittima un’utilizzazione degli atti del fascicolo del PM così estesa come quella prevista dall’art. 500 nella versione del 92. Quindi è stato riscritto. Co. 2  le dichiarazioni lette per le contestazioni possono essere valutate ai fini della credibilità del teste, mentre non c’è più l’espresso divieto di tenerne conto come prova dei fatti in esse affermati. Co. 3  ipotesi del testimone che, dopo aver risposto alle domande di una parte, rifiuti di sottoporsi all’esame di un’altra. Le dichiarazioni fino a quel momento rese sono considerate inutilizzabili, salvo il consenso della parte medesima. La norma non appare formulata in maniera particolarmente felice.  Dato che sono norminate le parti in genere anzichè le persone cui le dichiarazioni si riferiscono, si deve ritenere che l’inutilizzabilità operi anche nel caso di rifuto di rispondere all’esame del PM: allora sembra piuttosto improprio palare di utilizzazione delle dichiarazioni nei confronti di quest’ultimo. (solo contro imputato)  Anche la parziale testimonianza dibattimentale resa fino a quel momento dovrebbe restare utilizzabile, non essendo perante lo specifico divieto, che riguarda una fattispecie diversa (rifiuto).  Poichè resta ugualmente incompiuta l’acquisizione della prova, il contraddittorio risulta pregiudicato in misura certamente non inferiore che nel caso espressamente indicato dalla norm, ma la deroga potrebbe rientrare nell’area della impossibilità di natura oggettiva prevista dall’art. 111Cost. Le eccezioni espressamente previste all’inutilizzabilità delle dichiarazioni di chi rifiuta l’esame o il controesame sono ugualmente ricollegabili all’art. 111Cost. co.5: oltre al già menzionato consenso della parte interessata, rileva in particolare l’intimidazione o la subornazione del testimone, ai sensi dell’art. 500 co.4 in quando provata condotta illecita. In tale ultima ipotesi si prevede che le dichiarazioni possano essere utilizzate perchè altrimenti il testimone, se sottoposto a pressioni esterne, potrebbe essere indotto a rifiutare di sottoporsi all’esame di una delle parti proprio allo scopo di rendere inutilizzabile la testimonianza nei confronti della stessa. Le restanti disposizioni dell’art. 500 elencano le ipotesi in cui (sempre come eccezione) le dichiarazioni contenute nel fascicolo del PM sono acquisite al fascicolo per il dibattimento. Co. 4  previsione di carattere generale con la quale si stabilisce che la violenza, la minaccia e le altre interferenze illecite sulla libertà morale del testimone consentano in ogni caso di acquisire al fascicolo per il dibattimento, in occasione dell’esame, le dichirazioni precedentemente rese dal testimone. Mentre nell’incidente probatorio si vuole prevenire questo rischio, qui si assume che la condotta illecita nei confronti del testimone si sia già verificata, e su di essa il giudice svolge gli accertamenti che ritiene necessari a norma del co.5 La disciplina in questione riguarda ovviamente, in primo luogo, le dichiarazioni utilizzate per le contestazioni. Tuttavia, stando alla lettera del co. 4, per l’acquisizione al fascicolo per il dibattimento non è richiesto che la dichiarazione sia stata preventivamente utilizzata a tale scopo, nè, di conseguenza, che ne derivi una difformità rispetto al contenuto della deposizione; anche se, in concreto, evidenziare una contraddizione fra le versioni dei fatti rese in tempi diversi sarà il più delle volte una condizione necessaria per far risultare l’eventuale situazione di inquinamento della testimonianza. (anche se la contestazione non c’è conta che ci sia contrasto). Co.7  sempre a prescindere dalla contestazione, le precedenti dichiarazioni del testimone contenute nel fascicolo del pubblico ministero possono essere acquisite al fascicolo per il dibattimento su accordo 87 delle parti. (attenzione! Questo “a prescindere” può sviare. Una contestazione iniziale ci deve sempre essere!! Poi anche il resto, oltre a quello che è stato contestato, può essere utilizzato). L’accordo potrà intervenire anchedopo le fasi della formazione del fascicolo e delle richieste di prova, cioè nel corso dell’esame; e riguarda solo le precedenti dichiarazioni del testimone, non altri atti. Co. 6  un regime particolare, infine, è previsto per le dichiarazioni assunte dal giudice nell’udienza preliminare. Qui è presupposto che le stesse possano essere acquisite solo in quanto siano state utilizzate per le contestazioni. Ma l’acquisizione al fascicolo per il dibattimento e consente la valutazione a fini probatori esclusivamente nei confronti delle parti che hanno partecupato alla loro assunzione. La circostanza che la dichiarazione sia stata resa davanti ad un giudice consente di prescindere dai requisiti di cui all’art. 500 co. 4 e 7, ma solamente se nell’udienza preliminare si sia realizzato il contraddittorio. In caso contrario, si applica la disciplina generale. Co. 4/7: la richiesta di allegazione è una contestazione in se per screditare il testimone. Anche se la contestazione non c’è conta che ci sia contrasto tra quello detto prima del dibattito e quello detto al dibattito. 15. I limiti di utilizzabilità delle precedenti dichiarazioni L’art. 500 non dice quale sia il valore probatorio delle precedenti dichiarazioni. In base interpretazione sistematica si può dire che le dichiarazioni acquisite al fscicolo per il dibattimento valgono come prova, mentre quelle usate per le contestazioni, ma non acquisite, possono essere valutate solamente per stabilire la credibilità del testimone. Con l’ultima riforma si è voluto ripristinare un criterio carattrizzante la struttura iniziale dei rapporti fra indiagini preliminari e dibattimenti, criterio che era venuto meno in seguito alle ricordate modifiche: vale a dire la corrispondenza esclusiva tra acquisizione al fascicolo per il dibattimento e utilizzazione probatoria, con la conseguenza che gli atti di cui è consentita l’acquisizione sono utilizzabili come prova, mentre gli atti che non possono essere acquisiti sono utilizzabili soltanto in quanto ciò sia stabilito da un’espressa disposizione (ai fini della credibilità del teste). La linearità della ricostruzione è però, a prima vista, complicata dall’introduzione nell’art. 526 co.1bis che riproduce testualmente la seconda parte dell’art. 111Cost., il divieto espresso dell’utilizzazione come prova della colpevolezza delle dichiarazioni di chi si è sempre volontariamente sottratto all’esame dell’imputato. Occorre allora dare un senso a questa previsione, che all’apparenza nulla aggiunge all’inutilizzabilità stabilita nei singoli casi. Altrimenti, il testuale riconoscimento di questa ipotesi di esclusione del valore probatorio delle precedenti dichiarazioni potrebbe far pensare che dove manchi una previsione esplicita dello stesso tipo il divieto non operi: ciò che renderebbe utilizzabile come prova ogni altra dichiarazione inserita nella dialettica dibattimentale mediante contestazione, anche senza l’acquisizione del fascicolo. Una simile interpretazione, che rinnegherebbe il significato globale della riforma, si pone però in contrasto con la logica del sistema, costruito su un articolo complesso di regole ed eccezione che finirebbe col rivelarsi sostanzialmente inutile, ove tutto fosse parimenti utilizzabile; senza contare che rischierebbe di risultarne svuotato il principio stesso del contraddittorio nella formazione della prova, enunciato nella prima parte del medesimo 111co.4 Cost. Si deve concludere allora che l’art. 526co.1bis, a parte l’ambiguità implicita nel rifeirmento ad un esame da parte dell’imputato, sconosciuto al nostro codice, funga esplicitamente da norma di chiusura. In questa prospettiva, l’effetto ulteriore derivante dall’art. 526co.1bis è quello di rendere inutilizzabili, esclusivamente per la prova della colpevolazza, le dichiarazioni di chi si è voluto sottrarre al contraddittorio, anche quando le stesse, alla stregua delle regole generali sull’esame e sulle letture, potrebbero essere acquisite. Art. 500  testimoni Art. 501  esame periti Art. 503  esame delle parti 90 17. Le altre letture consentite e le letture vietate 1) atti di cui sia sopravvenuta l’impossibilità di ripetizione in dibattimento. Art. 512 (è quindi una deroga ai normali metodi di assunzione della prova)  La lettura è consentita in via generale ogni qual volta la ripetizione sia divenuta impossibile per fatti o corcistanze imprevedibili. Il problema è che in pratica i concetti di imprevedibilità e di impossibilità sono motlo elastici, e rinviano ad un giudizio caso per caso (quindi vengono usati come pretesto per cristallizzare i risultati acquisiti nelle indagini preliminari). L’acquisizione mediante lettura risulta legittimata dal riferimento alla impossiblità di natura oggettiva contenuto nell’art. 111co.5 cost, situazione che consente di derogare al principio del contraddittorio nella formazione della prova affermato nel comma 4. L’ammissibilità dipende quindi da una valutazione a posteriori. L’art. 512 concerne i soli atti assunti dal PM, ovvero dal giudice nel corso dell’udienza preliminare e quelli assunti dalla polizia giudiziaria e gli atti assunti dai difensori delle parti private. La giurisprudenza ritiene che configuri un’ipotesi di irrripetibilità sopravvenuta l’accertata irreparabilità (altrimenti si va di incidente proatorio) del testimone che abbia reso dichiarazioni in sede di indagini, sempre che tale irreperibilità non potesse essere pronosticata in anticipo e quindi sia da considerare imprevedibile. Con la precisazione però che ove si dimostri che il testimone abbia deliberatamente evitato di comparire per sottrarsi all’esame, le precedenti dichiarazioni non possono essee utilizzate come prova della colpevolezza. La CEDU ha in pià occasioni stabilito che il processo non va considerato equo ex art. 6 se l’accusato non ha avuto almeno un’occasione adeguata e sufficiente di interrogare o far interrogare le persone che abbiano reso dichiarazioni a suo carico. In particolare, è stata riscontrata la violazione dell’art. 6 comma 3 lett d) cedu nel caso di condanna fondata esclusivamente su dichiarazioni rese dalla polizia giudiziaria da un testimone divenuto successivamente irreperibile. L’art. 512 va ora interpretato nel senso che, ferma restando la legittimità della lettura verbale della dichiarazione divenuta irripetibile, la sua valutazione debba essere condotta con ogni cautela e posta in relazione con altri elementi probatori acquisiti in dibattimento, i quali siano in grado di corroborarla. Le dichiarazioni predibattimentali rese in assenza di contraddittorio, ancorchè legittimamente acqusite ai sensi dell’art. 512, non possono fondare in modo esclusivo o determinante, e quindi senza elementi di riscontro estrinseco, l’affermazione della responsabilità penale. 2) art. 512bis  consente la lettura dei verbali di dichiarazioni rese da persona residente all’estero. L’ammissibilità della lettura è subordinata alla valutazione degli altri elementi di prova acquisiti. Prendendo spunto dalla CEDU la corte di cassazione ha precisato che, ai fini dell’acquisizione delle dichiarazioni ex 512bis è necessario preliminarmente accertare l’effetiva e valida citazione del teste residente all’estero non comparso, verificandone l’eventuale irreperibilità mediante tutti gli accertamenti opportuni. (in più l’accusato ha il diritto di confrontarsi col teste anche non contestualmente). 3) art. 514 ribadisce la tassatività delle letture consentite a fini probatori  511,12,13,12bis. L’art. 514 viene considerato logicamente riferito soltanto alle indagini preliminari e all’udienza preliminare del medesimo procedimento. Il divieto di lettura riguarda ora anche le dichiarazioni rese dalle persone indicate nell’art. 210, non solo quelle dell’imputato e dei testimoni. Possibilità di dare lettura alle dichiarazioni che siano state rese nell’udienza preliminare secondo le forme del dibattimento, alla presenza dell’imputato o del suo difensore. Nell’udienza preliminare l’interrogatorio degli imputati e l’audizione di testimoni e consulenti sono condotti dal giudice, non dalle parti. La norma non sembra comprendere le dichiarazioni dell’imputato su fatto proprio: il requisito della presenza dell’imputato o del duo difensore sarebbe privo di senso, essendo l’imputato colu che rende le dichiarazioni. Deve perciò trattarsi di fatti concernenti la responsabilità di altri (che devono per forza essere coimputati nello stesso procedimento). Bracci c. Italia la corte edu ha ritenuto di dover temperare tale regola,affermando che un provvedimento di condanna che si basi unicamente o in misura determinante su una testimonianza non sottoposta a controinterrogatorio, nè alla fase dell’istruzione nè in quella del dibattimento, integri bensì una violazione dell’art. 6 cedu ma solo ove il pregiudizio così arrecato alla difesa non sia stato controbilanciato da elementi sufficienti, ovvero da solide garanzie procedurali in grado di assicurare l’equità della procedura nel suo insieme. 91 18. l’escussione della prova Un ruolo determinante spetta alle parti. L’esame incrociato dei testimoni rappresenta senza dubbio uno degli aspetti più caratteristici del dibattimento di tipo accusatorio, ed anche forse quello più immediatamente suggestivo. La legge prevede che l’esame sia condotto in prima persona dal PM e dai difensori, riservando al presidente,oltre alla direzione e alla vigilanza, soltanto poteri supplettivi. Art.498  l’esame diretto viene condotto dalla parte che ha chiesto l’esame del testimone, alla quale dunque spetta di porre le domande per prima. Successivamente, le altre parti effettueranno il controesame, al termine del quale chi ha chiesto l’esame può porre altre domande. Possiamo poi fare un altro controesame su queste domande? Diciamo di sì. Nell’esame incrociato le domande sono rivolte dal PM o dal difensore. Alcuni soggetti protetti non possono essere sottoposti a cross examination. Nell’art. 506 trovimo un completamento pericoloso il giudice , se ha dubbi, può (in seguito) fare altre domande. Domande suggestive  sono quelle che tendono a suggerire le risposte. Sono vietate solo nell’esame diretto ma non nel controesame. Soggetti tutelati  modalità protette:  Minorenne: l’esame viene condotto di regola dal presidente,il quale può avvalersi dell’ausilio di un familiare del minore o di un esperto in psicologia infantile  Infermo di mente  il presidente conduce l’esame, quando constati che l’esame diretto e il controesame ad opera delle parti può nuocere alla tutela della personalità del testimone.  Delitti di pedofilia e volenza sessuale o tratta di persone o attipersecutori o maltrattamenti contro familiari e conviventi. Anche limputato può liberamente scegliere se sottoporsi ad esame. L’imputato nn può sottrarsi all’esame se citato a rendere dichiarazioni su fatti concernenti la responsabilità di altre persone. L’esame dell’imputato su fatto proprio resta invece soltanto eventuale. L’esame può essere richiesto anche dalle parti, l’imputato è tenuto ad opporre un rifiuto, se non vuole esservi assoggettato. In tal caso diventano leggibili e quindi utilizzabili nei suoi confronti per la decisione, i verbali delle dichiarazioni rese in precedenza al PM o all PG. Art. 496. Ordine nell'assunzione delle prove. 1. L'istruzione dibattimentale inizia con l'assunzione delle prove richieste dal pubblico ministero e prosegue con l'assunzione di quelle richieste da altre parti, nell'ordine previsto dall'articolo 493 comma 2. (ne consegue che la difesa giocherà le sue carte solo dopo che l’accusa abbia esaurito l’escussione delle prove a carico) Art. 497. Atti preliminari all'esame dei testimoni. 1. I testimoni sono esaminati l'uno dopo l'altro nell'ordine prescelto dalle parti che li hanno indicati. 2. Prima che l'esame abbia inizio, il presidente avverte il testimone dell'obbligo di dire la verità. Salvo che si tratti di persona minore degli anni quattordici, il presidente avverte altresì il testimone delle responsabilità previste dalla legge penale per i testimoni falsi o reticenti e lo invita a rendere la seguente dichiarazione: «Consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione, mi impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza». Lo invita quindi a fornire le proprie generalità. 2-bis. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria, anche appartenenti ad organismi di polizia esteri, i dipendenti dei servizi di informazione per la sicurezza, gli ausiliari, nonché le interposte persone, chiamati a deporre, in ogni stato e grado del procedimento, in ordine alle attività svolte sotto copertura ai sensi dell’articolo 9 della legge 16 marzo 2006, n. 146, e della legge 3 agosto 2007, n. 124, e successive modificazioni, invitati a fornire le proprie generalità, indicano quelle di copertura utilizzate nel corso delle attività medesime. 3. L'osservanza delle disposizioni del comma 2 è prescritta a pena di nullità. Art. 499. Regole per l'esame testimoniale. 1. L'esame testimoniale si svolge mediante domande su fatti specifici. 2. Nel corso dell'esame sono vietate le domande che possono nuocere alla sincerità delle risposte. (non applicabile al controesame) 3. Nell'esame condotto dalla parte che ha chiesto la citazione del testimone e da quella che ha un interesse comune sono vietate le domande che tendono a suggerire le risposte. 4. Il presidente cura che l'esame del testimone sia condotto senza ledere il rispetto della persona. 5. Il testimone può essere autorizzato dal presidente a consultare, in aiuto della memoria, documenti da lui redatti. 6. Durante l'esame, il presidente, anche di ufficio, interviene per assicurare la pertinenza delle domande, la genuinità delle risposte, la lealtà dell'esame e la correttezza delle contestazioni, ordinando, se occorre, l'esibizione del verbale nella parte in cui le dichiarazioni sono state utilizzate per le contestazioni. 92 Resta ferma la facoltà di non rispondere alle singole domande. L’imputato che non vuole collaborare non avrebbe scelta migliore che restare in silenzio fin dal momento delle indagini preliminari. Poteri di inziativa provatoria del giudice:  Il presidente può indicare temi di prova nuovi o più ampi  Il presidente può rivolgere domande alle persone già esaminate (506)  Il collegio può acquisire d’ufficio nuovi mezzi di prova terminata l’acquisizione delle prove a parte delle parti (507) e nei soli casi in cui ciò riuslti assolutamente necessario. L’assunzione può anche essere richiesta dalle parti o disposta d’ufficio. Il potere di assumere le prove d’ufficio dovrebbe considerarsi meramente integrativo, ad evitare che il giudice si sostituisca totalmente alle parti nell’iniziativa probatoria (cioè solo se le parti non si attivano a livello probatorio). L’art. 507, il quale richiede che tale potere venga esercitato una volta terminata l’acquisizione delle prove, andrebbe perciò inteso nel senso che l’intervento del giudice trovi il suo fondamento nei risultati dell’istruzione dibattimentale. SU cassazione  il potere di assunzione ex officio di nuove prove riconosciuto al giudice dibattimentale dall’art. 507 sussiste anche nel caso in cui non vi sia stata in precedenza alcuna acquisizione delle prove. L’inerzia delle parti consente quindi al giudice di procedere autonomamente, svolgendo una funzione non solo integrativa ma anche supplettiva (si sostituisce al PM). Ma se il giudice alla fine si ritrova senza prove, come sappiamo, non è impossibilitato a decidere, perchè infatti deve decidere in dubbio pro reo. Se c’è un dubbio che il giudice ritiene superabile, allora può assumere prove d’ufficio. 19. Divieti di utilizzazione Art. 191  le prove ammesse dal giudice in violazione dei divieti stabiliti dalla legge non possono essere utilizzate. L’inutilizzabilità è stata costurita a mo di vizio dell’atto  rilevabilità in ogni stato e grado del procedimento Ma è più una regola di condotta per il giudice che, se non osservata, vizia se mai la decisione. La violazione delle norme sulla prova consente il ricorso per cassazione. Quindi possiamo dire che in sede di legittimità è richiesto, accanto al controllo sulla motivazione della sentenza e un controllo sul rispetto del contraddittorio anche sille regole probatorie. Divieto d utilizzare prove diverse da quelle legittimamente (nel dibattimento) acquisite. Ma quindi che prove può utilizzare il giudice?  Prove escusse nell’istruzione dibattimentale  Atti del fascicolo del dibattimento  Verbali delle dichiarazioni impiegate per le contestazioni  Altre letture consentite  Documenti ammessi  Prove reali A questo punto rileggiti quello che ci siamo detto sull’art. 526 co.1bis (par.15) 20. Modificazioni dell’accusa (516 fatto diverso – 517 fatto nuovo) Principio della correlazione tra accusa e sentenza  il giudice non può pronunciarsi su un fatto che non sia stato preventivamente portato a conoscenza dell’imputato nei modi stabiliti. Altrimenti si ricomincia tutto da capo. Contestazione modificativa. Il PM, nel corso del dibattimento può modificare e integrare l’accusa. La modifica della contestazione è un potere esclusivo del PM (516). Poichè si tratta di un mutamento dell’accusa essa va fatta personalmente all’imputato. La nuova contestazione non può mai consentire al giudice di eccedere dai limiti della propria competenza. Contestazione supplettiva. Si caratterizza per introdurre un ampliamento dell’oggetto del giudizio. L’art. 517 la limita ai casi in cui emerga un reato connesso con quello per qui si procede – perchè in concorso formale o in rapporto di continuazione – ovvero emerga una circostanza aggravante. 95 Il giudice di secondo grado ha il compito di andare al di là di ogni ragionevole dubbio acquisendo qualcosa di nuovo. Non soltanto rileggendo il lavoro fatto dal primo grado. Presunzione d’innocenza molto forte (Caso Andreotti Perugia). (questo detto qui sopra è preso dagli appunti ↑) È stato introdotto tra i presupposti della sentenza di condanna, la necessità che l’imputato risulti colpevole al di la di ogni ragionevole dubbio. A parte il suo valore simbolico, la previsione non aggiunge nulla, sul piano prescrittivo, a quanto si ricava dalle norme sull’assoluzione per mancanza, insufficienza o contraddittorietà della prova. Nel processo penale di common law, dal quale è stata ricalcata, la formula fa parte delle istruzioni che il giudice è tenuto ad impartire alla giuria popolare. Ragionevole dubbio non vuol dire minimo dubbio. CAPITOLO VIII – PROCEDIMENTO DAVANTI AL TRIBUNALE IN COMPOSIZIONE MONOCRATICO 1. premessa. Il procedimento davanti all’organo giurisdizionale monocratico: dalle direttive della legge delega per l’emanazione del nuovo codice di procedura penle alla riforma del giudice unico. Siamo nel Libro VIII Risultava contraddistinto dall’assenza dell’udienza preliminare e pertanto ben avrebbe potuto essere ricodotto tra i procedimenti speciali, in considerazione del fatto che detta qualifica si ricollega all’assenza di uno o più dei tre segmenti che compongono l’iter ordinario. La collocazione autonoma mirava però a sottolineare la consistenza qualitativa e quatitativa tutt’altro che marginale delle fattispecie penali che ptoevano essere giudicate dall’organo di giurisdizione monocratico. Il rito si svolge secondo criteri di massima semplificazione, con esclusione dell’udienza preliminare e con possibilità di incidenti probatori solo in casi eccezionali. Si prevedeva infatti la necessità di una distinzione delle funzioni di PM e di giudice. Si poneva così fine alla figura del pretore-inquisitore. Si ritenne che l’intento potesse essere principalmente perseguito attraverso la scelta di fondo di potenziare al massimo gli sbocchi diversi dal dibattimento, trasformando la relativa fase da situazione ordinaria in evenienza eccezionale, o quantomeno, residuale. Si era poi riconosciuto al PM il potere di emettere il decreto di citazione a giudizio, senza alcuna verifica giurisdizionale: tale potere, come si rileva nella relazione al progetto preliminare, doveva consentirgli principalmente una incisiva attività di smistamento in vista di vari sbocchi del procedimento. Dato che manca l’udienza preliminare, è incongruo attribuire direttamente al PM i poteri di impulso processuale e di scelta del rito, da esercitarsi anche mediante l’espressione nello stesso decreto di citazione a giudizio di un consenso anticipato al giudizio abbreviato o al patteggiamento. L’equivoco di base è che i fatti di minor rilievo sul piano penale consentirebbero una trattazione processuale più agile e meno garantita in considerazione delle ridotte difficoltà di reperimento e di valutazione della prova. Poi nel 1997 si stabilisce che il tribunale avrebbe giudicato in composizione collegiale per una percentuale di casi sensibilmente più ridotta rispettoa quella spettantegli al momento di entrata in vigore del codice, mentre nella larghissima maggioranza delle ipotesi sarebbe stato il tribunale in un’inedita composizone monocratica a giudicare. Già da subito si era rilevato come il considerevole trasferimento del carico degli affari penali verso l’organo monocratico avrebbe comportato un impatto non trascurabile sulla struttura e sulla funzionalità del processo dinanzi al pretore tale da fare emergere sin da subito l’opportunità di ridisegnare il rito pretorile che, nel suo vigente assetto, visibilmente ispirato da esigenze di semplificazione, non sembra idoneo ad assicurare sufficienti garanzie in rapporto a tipi di reato di rilevante gravità. Con un’altra modifica del 1999. La scelta legislatiba che non poteva non destare qualche preoccupazione per l’entità dei poteri così riconosciuti al giudice singolo, non appariva nemmeno sguarnita di possibili motivazioni, riflettendo la tendenziale linearità dei processi concernenti determinate (dal codice) imputazioni, sia sul piano dell’accertamento del fatto che della verifica probatoria, linearità non necessariamente alterata dall’eventuale sussistenza dell’aggravante (dell’ingente quantità di droga, per esempio). È prevista l’udienza preliminare a fronte di tutte le ipotesi di reato che non possono essere oggetto della citazione diretta a giudizio da parte del PM. 96 Risultano due moduli processuali:  Uno tendenzialmente omogeneo a quello ordinario stabilito per il tribunale collegiale  Il secondo che si connota in termini di specialità, determinata dall’assenza dell’udienza preliminare e dalla possbilitò per il PM di mandare direttamente l’imputato a giudizio senza alcuna verifica giurisdizionale. 2. Le norme applicabili al procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica La disciplina del procedimento ordinario potrà essere usata se risultano soddisfatte due condizioni:  La materia non deve essere regolata negli artt. 550- 559 od altrove  Si deve verificare la compatibilità delle previsioni de quibus con la struttura del procedimento davanti al tribunale monocratico 3. La fase delle indagini preliminari Non è regolata nel Libro VIII quindi si rinvia. Ne consegue che rispetto a tale fase non sono riscontrabili differenze tra procedimenti, in considerazione del fatto che non sembra delinearsi alcun caso di inapplicabilità delle disposizioni dettate nella parte generale. PRIMA: Diversamente, nell’originaria ripartizione della materia comparia un titolo II concernente la disciplina delle indagini preliminari stabilita per i procedimenti davanti al pretore, disciplina che presentava differenze significative rispetto alla generale. Disposizioni autonome erano stabilite in tema di incidente probatorio, durata e chiusura delle indagini preliminari. Poi si è voluto semplificare la materia delimitando la possibilità di ricorree all’incidente probatorio, istituto che poteva essere adottato solo in casi eccezionali. Eccezionalità che si esprimeva con l’individuazione di un’urgenza nell’assunzione della prova che non si esauriva nella semplice non rinviabilità al dibattimento, dovendosi prima verificare se non era possibile soddisfare tale situazione mediante l’immediata emissione del decreto di citazione a giudizio. POI: Ma così la disciplina era molto insoddisfacente. Non si era congegnato un meccanismo davvero in grado di ridurre significativamente le ipotesi applicative dell’istituto, in più si prevedeva un’alternativa all’incidente probatorio alquanto irrispettosa delle esigenze di tempestività nell’acquisizione della prova. Al contempo, a fronte della necessità di assumere in tempi brevi la prova, la diversa decisione del giudice di utilizzare per tal fine l’istruzione dibattimentale, doveva fare i conti con il termine stabilito a difesa dell’mputato chiamati a giudizio (45gg). IN SEGUITO: il legislatore abbandona l’idea di dover regolamentare in maniera parzalmente autonoma detto istituto nei procedimenti davanti al tribunale in composizione monocratica. Il PM doveva compiere le indagini entro 4 mesi anzichè , dalla data in cui il nome della persona alla quale il reato è attribuito è iscritto nel registro delle notizie di reato. Si potevano avere due proroghe. Ma la realtà dei fatti aveva dimostrato come fosse priva di concretezza ogni speranza di poter assicurare la conclusione delle indagini in tempi più brevi. OGGI: il termine ordinario delle indagini è fissato in 6 mesi. Per la proroga si fa riferimento alla disciplina generale. Rimane la specificazione che sulle richieste di proroga l giudice provvede in ogni caso con ordinanza in camera di consiglio senza intervento del PM e dei difensori. Il mancato riconoscimento del diritto al contraddittorio se richiesto dal sottoposto alle indagini poteva far venire il dubbio di costituzionalità con l’art. 3. Ma i giudici della corte se ne sono sbattuti il cazzo più volte. In ogni caso il termine massimo di durata delle indagini è stabilito in 18 mesi. Ma può arrivare anche a 2 anni se c’è complessità. (pag 772 disquisizione sul perchè anche sta cosa non va tanto bene). Occorrerà dire che originariamente le differenze rispetto al rito ordinario erano decisamente marcate, in quanto se il giudice riteneva di non dover accogliere tale richiesta, disponeva di un’unica alternativa all’emissione del decreto di archiviazione, rappresentata dalla restituzione degli atti con ordinanza al PM, affinchè questi formulasse entro 10gg l’imputazione, emettendo decreto di citazione a giudizio. Era ammessa opposizione della persona offesa. Art. 549. Norme applicabili al procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica. Nel procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica, per tutto ciò che non è previsto nel presente libro o in altre disposizioni, si osservano le norme contenute nei libri che precedono, in quanto applicabili. 97 Nel caso in cui il giudici per le indagini preliminari avesse rilevato l’esigenza di ulteriori indagini, per contro, doveva essere emesso il decreto di archiviazione ed informato il procuratore generale, il quale, a sua volta, se ne avesse ravvisati i presupposti, avrebbe poi richiesto la riapertura delle indagini con conseguenta avocazione delle stesse. Il complesso meccanismo appariva assai poco convincente. Da un lato non poteva non rilevarsi la conraddittorietà dell’intervento del giudice che archiviava e contemporaneamente sollecitava la richiesta di riapertura delle indagini; dall’altro, il controllo giurisdizionale sull’esercizio dell’azione penale risultava inadeguato, in quanto lasciava alla discrezionalità del procuratore generale la decisione sulla necessità o meno di integrare l’attività investigativa. La consulta decise di consentire al gip anche nei procedimenti pretorili di indicare con ordinanza al PM le ulteriori indagini ritenute necessarie. Da qui anche l’opposizione della persona offesa poteva mirare ad ottenere la prosecuzione delle indagini previa indicazione a pena di inammissibilità dell’oggetto dell’investigazione supplettiva. La corte di cassazione aveva escluso che fosse consentito ricorrere alla disposizione generale di rinvio (art. 549) per assicurare anche nei procedimenti monocratici il contraddittorio camerale nel caso in cui il giudice avesse reputato di non accogliere la richiesta di archiviazione o la persona offesa avesse proposto opposizione. In effetti, nella misura in cui la problematica veniva riferita esclusivamente alla tutela della persona offesa, si poteva almeno in parte convenire con la corte la quale aveva osservato come fosse piuttosto dubbio che la mancanza della procedura camerale si risolvesse in un effettivo pregiudizio per chi è pur è stato messo in condizione di interloquire sulla richiesta di archiviazione controversa, della cui presentazione è informato solo perchè gli deve essere notificato l’avviso. Nel 1999 viene prevista anche per i procedimenti attribuiti al giudice songolo la garanzia dell’udienza camerale in caso di mancato accoglimento della richiesta di archiviazione o di opposzione della persona offesa a tale richiesta. A fronte dei reati per i quali è prevista la citazione diretta a giudizio, nel caso in cui il giudice responga la richiesta di archiviazione ed ordini di formulare l’imputazione, il PM conserva il potere di emettere direttamente il decreto senza dover chiedere la fissazione dell’udienza preliminare. 4. Le forme di esercizio dell’azione penale Una volta completata la fase delle indagini preliminari, il PM, laddove abbia escluso di dover richiedere l’archiviazione dovrà decidere in quali forme esercitare l’azione penale. Per i procedimenti in cui non è preista l’udienza preliminare il OM potrà esercitare l’azione penal con la citazione diretta a giudizio. Per tutti gli altri si applica l’art. 405, tranne per i reati dell’art. 505. La corte costituzionale ha detto che il fatto che il decreto di citazione sia emesso dal PM e non dal GUP è giustificato da esigenze di celerità e semplificazione, mentre sarebbe rimasto comunque garantito il diritto dell’imputato alla declaratoria di determinate cause di non punibilità. 1999  valorizzazione dell’udienza preliminare. Il giudice assume un ruolo di contollo sulla completezza delle indagini analogo a quello spettante al GIP a fronte della richiesta di archiviazione del PM. Inoltre è divenuta ancor meno proponibile di quanto già non lo fosse al momento dell’entrata in vigore del codice, una legittimazione della diminuzione delle garanzie procedimentali fondata sulla pretesa minore complessità delle indagini riguardanti le fattispecie per le quali non è prevista la celebrazione dell’udienza preliminare. Relativamente ai casi di citazione diretta si prevede l’obbligo di dare avviso alla persona sottoposta alle indagini preliminari della conclusione delle stesse ela facoltà per tale soggetto di prendere visione della documentazione relativa alle indagini espletate, di presentare memorie.... l’interprete sarebbe potuto pervenire alla medesima conclusione ance in mancanza di un esplicito richiamo all’istituto. Tuttavia la precisazione non si rileva superflua. Questo procedimento così semplificato sembrerebbe iserirsi per le sue caratteristche in una prospettiva di sostanziale indifferenza per le scelte operate dall’accusa nella fase processuale. La mancanza dell’udienza preliminare, invece che costituire un dato normativo da cui poter ricavare l’incompatibilità dei contenuti garantistici del 415bis con la disciplina di detti procedimenti, finisce per sottolineare l’importanza degli spazi di intervento in tal modo riconosciuti alla persona sottoposta alle indagini, proprio perchè non vi sarà in un momento successivo il controllo giurisdizionale sulle indagini del PM.
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