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Comunicazione digitale e social media, Dispense di Comunicazione di Massa

Riassunto comunicazione digitale e social media, università telematica pegaso

Tipologia: Dispense

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Caricato il 09/11/2021

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Scarica Comunicazione digitale e social media e più Dispense in PDF di Comunicazione di Massa solo su Docsity! Dalla comunicazione orale al web La comunicazione è un processo che prevede la trasmissione di un'informazione a uno o più soggetti riceventi. Il termine deriva dal latino “communico” ossia “conoscere o rendere partecipi”. La comunicazione, quindi, prevede anche un'interazione tra soggetti diversi. La storia della comunicazione si suddivide in 4 periodi: - comunicazione orale - comunicazione scritta - comunicazione tipografica - comunicazione elettrica Grazie allo sviluppo tecnologico dalla comunicazione elettrica si arriverà, nell'arco di un secolo, alla nascita e allo sviluppo della comunicazione elettronica: radio, televisione ecc. Subito dopo toccherà alla comunicazione digitale e al web. La nascita del web Il web nacque nel 1991 grazie a Tim Berners Lee, all'epoca ricercatore del CERN. Fu lui a pubblicare on-line il primo sito web. Così il 30 aprile del 1993 il CERN decise di rendere pubblica la tecnologia che era alla base del web. Il web fu utilizzato fin da subito come uno spazio digitale per la pubblicazione di contenuti multimediali quali testi, immagini, audio, video. Lo strumento permetteva di scaricare anche programmi, applicazioni e persino videogiochi. Lo spazio era fruibile attraverso particolari computer chiamati server web. Le informazioni pubblicate inizialmente sul web (successivamente denominato web 1.0) erano informazioni statiche, cioè senza che l'utente potesse interagire con esse. Da qui nacque l'esigenza di un'evoluzione del World Vide Web che verrà definita poi web 2.0 (dinamico). Che cos'è il web 2.0 Web 2.0 è un'espressione utilizzata per indicare uno stato dell'evoluzione del World Wide Web rispetto ad una condizione precedente (Web 1.0). Il World Wide Web (MW) è un servizio di Internet che permette di navigare e avere accesso a un vasto mondo di contenuti multimediali e non collegati fra di loro attraverso legami (link). Il web 2.0 è l'insieme di tutte quelle applicazioni online che permettono un elevato livello di interazione tra il sito web e l'utente (blog, forum, chat, wiki, piattaforme di condivisione come YouTube, social network..). Il termine web 2.0 fu introdotto nel 2004 da O'Reilly Media Nel, editore americano. Lo usò come titolo per una serie di conferenze sul tema dell'interazione tra contenuti web e utenti. La definizione di web 2.0 rilasciata dallo stesso O'Reilly nel 2006 fu: “il web 2.0 è un'insieme di tendenze economiche, sociali e tecnologiche che formano insieme la base per la prossima generazione di Internet. Un più maturo e distinto mezzo caratterizzato dalla partecipazione degli utenti, dall'apertura e dagli effetti della rete”. Quindi in origine il web è stato concepito come modo di visualizzare documenti ipertestuali statici creati con l'uso del linguaggio HTML. Per questo il web 1.0 è definito web statico. Con l'avvento del web 2.0 si è passato dell'uso di pagine statiche verso applicazioni di tipo collaborativo che potevano essere condivise (basate sulla user experience). La caratteristica principale del web 2.0 è la condivisione e la partecipazione delle informazioni che vengono veicolate dai nuovi e vecchi strumenti di condivisione. web 1.0 web 2.0 Utente tecnico Chi si occupa del progetto, della gestione Chi si occupa del progetto, della gestione delle delle risorse - economiche e umane - e di risorse - economiche e umane - e di sviluppare sviluppare il sito web che dovrà ospitare i il sito web che dovrà ospitare i contenuti [si contenuti (solitamente si tratta di un gruppo di tratta di un progettista o sviluppatore) lavoro formato da professionalità ben distintel. Utente redattore Chi si occupa di organizzare e gestire i Chi si occupa di organizzare e gestire i contenuti contenuti all'interno del sito. all'interno del sito. Utente fruitore Chi fruisce dei contenuti pubblicati sul sito 2 attraverso i propri dispositivi fissi o mobili. Utente fruitore/ Chi fruisce dei contenuti pubblicati sul sito autore attraverso i propri dispositivi fissi 0 mobili e allo È stesso tempo ne crea di nuovi a sua volta nelle forme e nelle modalità previste dagli sviluppatori. Già da qualche anno si sta parlando di WEB 3.0: trasformare il web in un database per facilitare l'accesso ai contenuti, sfruttare al meglio le tecnologie basate sull'intelligenza artificiale, il web semantico (contenuti meglio collegati a metadata), il web 3D, la realtà aumentata (es. Google glass). La nascita dei Social Network I social network iniziano la loro storia nel 1997, grazie allo statunitense Ellison che lanciò il sito Sixdegrees.com il cui obiettivo era quello di creare relazioni fra le persone. Il termine social network però fu coniato nel 2003 in America, grazie ad un nuovo sito: Friendster, che era in grado di mostrare le foto degli utenti e il loro vero nome. Offriva anche la possibilità di cercare persone, vedere il loro profilo e collegarsi insieme alla rete. Friendster ebbe un successo immediato, ma il sito era molto lento perchè non era in grado di supportare l'alto numero di utenti. Dopo poco tempo gli utenti cominciarono a creare profili falsi (che vennero ribattezzati “Fakester”), con l'obiettivo di essere sempre più liberi nell'interazione. Proprio allora, cominciò l'ascesa di Myspace, nato da « Tom Anderson e Chris Dewolfe, con l'obiettivo di offrire ° d 8 ai giovani uno spazio di totale libertà. fri en ster® MySpace nasce nel 2003 con la possibilità per l'utente di aprire un blog, di giocare online e di guardare l'oroscopo. Una curiosità: un bug del sistema permetteva di personalizzare ogni pagina a piacimento. Una volta scoperto l'errore, MySpace non intervenne visto che molti utenti dimostravano di apprezzare la possibilità di personalizzare la propria pagina. MySpace è stato venduto nel 2005 per 600 milioni di dollari alla News Corporation di Rupert Murdoch. Il sito Di mys pace oggi appartiene alla Specific Media, ma è stato surclassato da molti altri Social Network. a place for friends Mobile social network Rientrano in questa tipologia sia siti nati per essere usati solo mediante cellulari, sia siti come Facebook e Twitter che consentono di essere utilizzati mediante dispositivi mobili Feed aggregator Gli aggregatori consentono di raggruppare tutti gli aggiornamenti e le attività dei propri contatti sui differenti Social Network in un'unica pagina web, es. FriendFeed Reti di contenuti Ecco le reti di contenuti più note e più utilizzate: > Google groups (social networking): un gruppo Google è un gruppo di proprietà di un utente, creato utilizzando il servizio Google Gruppi, che consente di gestire la mailing list e fornisce un metodo per ottenere una vera comunicazione con i membri del gruppo. Wikipedia (reference); è l'enciclopedia gratuita universale on line. Per raggiungere tale scopo l'idea di base è quella che chiunque può partecipare, modificare e cancellare i contenuti previsto in essa contenuti. Una rete ipertestuale infinita. Facebook (social networking): è il sito di Social Network più famoso al mondo, di proprietà della della Facebook, Inc., ad accesso gratuito. E' nel 2010 il secondo sito più visitato del mondo dopo Google. Secondo dati forniti dal sito stesso nel 2010 il numero di utenti attivi raggiunto era di 500 milioni. Twitter (social networking e microblogging): è un servizio gratuito di social network e microblogging che fornisce agli utenti una pagina personale aggiornabile tramite messaggi di testo con una lunghezza massima di 140 caratteri. Il servizio è diventato estremamente popolare, grazie alla semplicità ed immediatezza di utilizzo. Linkedin (social networking): è un servizio impiegato principalmente per la rete professionale. La Rete di LinkedIn vanta più di 300 milioni di iscritti in 200 Paesi. Copre circa 150 diversi comparti economici e oltre 400 «regioni economiche». Lo scopo principale è quello di consentire agli utenti registrati di mantenere una lista di persone conosciute e ritenute affidabili in ambito lavorativo. Youtube (social networking e video sharing): è un sito che consente la condivisione di video tra i suoi utenti. YouTube usa la tecnologia Adobe Flash per riprodurre i suoi contenuti, così come Google Video. Lo scopo di YouTube è quello di ospitare solamente video realizzati direttamente da chi li carica, anche se spesso contiene materiale di terze parti caricato senza autorizzazione, come spettacoli televisivi e video musicali. Second life (virtual reality). è un mondo virtuale tridimensionale multi-utente on line inventato nel 2003 dalla società americana Linden Lab. Il sistema fomisce ai suoi utenti (definiti «residenti») gli strumenti per aggiungere e creare nel «mondo virtuale» di Second Life nuovi contenuti grafici, fondali oggetti, fisionomie di personaggi. Una peculiarità è che gli oggetti che si creano possono anche essere venduti o scambiati tra i «residenti» utilizzando una moneta virtuale (Il Linden Dollar) che può essere convertito in dollari statunitensi e anche in Euro. > Flickr (photo sharing): sito multilingua che permette agli iscritti di condividere fotografie personali con chiunque abbia accesso a intemet, in un ambiente web 2.0. > Delicious (social bookmarking): Delicious è un sito di social bookmarking per l'archiviazione, ricerca e condivisione di bookmark. Un bookmark permette di seguire l'utente nella sua scoperta della Rete. Ogni volta che un utente trova un sito interessante, cliccando sull'icona del bookmark, memorizza la pagina e volendo può segnalarla agli amici, condividendola. > StumbleUpon (social bookmarking): è un servizio commerciale di navigazione che integra le caratteristiche di social bookmarking, Rete sociale e blog. Il nome StumbleUpon («Inciampare in») è dovuto al carattere parzialmente casuale della ricerca delle informazioni. Ogni membro della comunità si chiama Stumbler (« colui che inciampa»),. Il servizio permette di formare comunità virtuali di persone che condividono i medesimi interessi e ogni utente è sia membro attivo che passivo della comunità. L'informazione on-line In Italia si comincia a parlare di giornalismo digitale da circa un decennio. Il primo quotidiano italiano che ha sperimentato le opportunità di internet è l'Unione Sarda (dicembre 1994) e successivamente L'Unità (1995). Nel 1996 il Gruppo l'Espresso fa la sua comparsa online, dando vita nel '97 alla prima versione del sito di Repubblica. Nel ‘97 la Rai lancia un sito di sole news, RaiNews24. Mediaset seguirà il suo esempio solo nel 2001 con la nascita di TgCom. Tra il '97 e il ‘98 i maggiori quotidiani italiani accettano la sfida della comunicazione elettronica: escono le versioni digitali del Corriere della Sera, la Gazzetta dello Sport, La Stampa e Il Sole 24 Ore. Il sito del quotidiano La Repubblica fa la sua comparsa on line nel 1997. Si sperimentano nuove opportunità: -. vengono forniti servizi aggiornati e contenuti aggiuntivi che affiancano il prodotto cartaceo; - Molti gruppi editoriali tentano inutilmente la strada dei servizi a pagamento (ora si cerca di spingere verso un sistema “ibrido”); E' cambiato il processo di trasmissione delle notizie, questo perchè si moltiplicano le fonti del giornalista e le piccole testate di provincia acquistano visibilità potenzialmente internazionale (giornalismo «glocal»). Giomalismo 2.0 E' il giornalismo che si avvale di Internet e dalle nuove opportunità dischiuse dagli strumenti del web 2.0. Il cyber cronista ha in rete mezzi e fonti di cui i giornalisti del passato avevano solo sognato di poter disporre. Il filo conduttore è una nuova filosofia all'insegna della collaborazione, che pone al centro i contenuti, le informazioni, l'interazione. Nella capacità di condividere i dati tra le diverse piattaforme si realizza il valore aggiunto per l'utente, che riveste ambo i ruoli: - riversatore di contenuti - lettore e segnalatore di contenuti prodotti da altri membri della comunità Ciò che conta per i professionisti dell'informazione è che il cuore del Web 2.0 resti proprio il contenuto. Anche grazie ai Blog e ai Social Media, oggi l'approfondimento è a portata di clic. Se il comune internauta coltiva la sua «dieta informativa» attirando a sé i contenuti per ottenere un'idea accurata di un accadimento, il cronista non può esimersi da quel «sano giornalismo investigativo». «Le testate giornalistiche — ha detto qualche anno fa Steve Outing, acuto osservatore dei media — devono smetterla di pensare a se stesse come a isole. Devono andare alla ricerca e afferrare tutto l’altro contenuto rilevante che viene pubblicato intorno a loro». E' legittimo fare largo uso del Web. Meno appropriato, invece, appare l'entusiasmo annuncio di una nuova era che impone un taglio netto con la precedente. Non è il giornalista a essere nuovo ma lo sono i mezzi e i contesti. Una professione che si evolve sempre. Il giornalismo è, infatti, è semplicemente il racconto della realtà di tutti i giorni. L'avvento del Giornalismo digitale ha messo nelle mani degli operatori dell'informazione nuovi strumenti per diffondere, ricercare scrivere e archiviare notizie. Dai vecchi taccuini, dal registratore analogico, dai vocabolari e dalle enciclopedie (tuttora validi) si è passati a una dotazione hardware fatta di personal computer miniaturizzati, «penne» e supporti con capacità di storage sempre maggiori, videocamere digitali e cellulari di ultima generazione. Con l'avvento del cyber giornalismo cambiano radicalmente i tempi e i modi del giornalista-tipo. Il learning by doing è comunque l'approccio migliore. | motori di ricerca Il motore di ricerca e il grande portale sono spesso il punto di partenza di molti giornalisti a caccia di dati. Ma la quantità di informazione è spesso disorientante. E' importante imparare a riconoscere i siti ufficiali: di università, di istituti di ricerca, ministeri, comuni. Guardare di buon occhio i siti che riportano informazioni sugli autori, eventuali sedi, telefoni, mail. Google, Lycos, Altavista, Virgilio, etc. creano elenchi dei contenuti disponibili in Rete. Il compito è svolto dagli «spider», software che scandagliano il Web e copiano le pagine nel database del motore. Come effettuare una ricerca? Avere nozioni di ricerca bibliografica, adottare una migliore strategia di ricerca è essenziale poiché nel catalogo cartaceo e nel motore di ricerca online, le risposte ottenute dipendono da come formulo la domanda. Bisogna limitare al minimo le ambiguità e l'arbitrarietà, per questo bisogna: - Essere specifici nelle richieste. Cercare una parola per volta non serve a nulla. - Frase esatta. Per cercare una frase esatta è sufficiente racchiuderla fra virgolette. - Esclusione di termini. Per omettere i risultati contenenti una parola specifica è sufficiente inserire il segno meno davanti al termine da escludere. - Cerca tutte le parole. Per individuare solo le pagine aventi la compresenza di tutti i termini ricercati basta legarli col segno (+). Come abbiamo detto Google è il motore di ricerca principale, MA abbiamo altri motori a lui concorrenti che sono: ASK, EXALEAD, YAHOO ITALIA e BING. Le banche dati Il primo giornale a dotarsi di una versione elettronica della propria banca dati fu il New York Times: oggi il suo archivio disponibile online raccoglie gli articoli del prestigioso quotidiano fin dal primo numero (1851). periodici obbligatori. Esiste anche il reato di “esercizio abusivo della professione giornalistica”. Il fenomeno blog ha contribuito a rendere maggiormente accessibile e più interattivo il sistema delle news. (ma resta il problema qualità). Nei media si filtra e si pubblica, nei blog prima si pubblica poi si filtra. Alcuni dei blog più noti sono proprio opera di giornalisti. | media “tradizionali” hanno aperto uno o più blog all'interno nei vari siti web delle testate giornalistiche. Il Web Joumalism è semplicemente il giomalismo fatto sulla Rete. | giornalisti on line, o web joumalists, sono professionisti che usano il Web per fare informazione. Ma la Rete ha aperto nuove frontiere regalando un ruolo più attivo all'utente finale, che non è più il soggetto passivo della filiera dell'informazione. | media tradizionali hanno “perso il potere" esclusivo di fare informazione. Oggi gli individui sono soggetti attivi sull'argomento, in grado di produrre loro stessi contenuti da condividere con altri utenti. | media tradizionali oggi devono fare i conti, dunque, non solo con le altre testate concorrenti, ma anche con l'esistenza di realtà informative on-line create da utenti produttori di informazioni e notizie. Un mercato, quello dell'informazione on-line, a cui sono arrivati a investire praticamente tutti i media tradizionali. Le regole per la scrittura on-line Ecco alcuni consigli giornalistici per la scrittura sul web di articoli e post: - linguaggio semplice e comprensibile - Non serve essere prolissi e bisogna imparare a sviluppare la capacità di sintesi - Anche sul web vale la regola delle Cinque W (who, what, when, where, why) - Primala notizia (prime 3-4 righe), i dettagli vanno sviluppati dopo - Meglio evitare gli avverbi di modo (ad esempio, quelli con il suffisso “mente”, velocemente, stranamente, ecc.) e l'eccesso di aggettivi. (soggetto+predicato+ complemento= semplicità) ridurre l'uso di incidentali: spezzano il discorso che deve essere possibilmente lineare. - Variabilità di termini per non essere ripetitivi (uso dei sinonimi: L'evento, la manifestazione, l'appuntamento...) - Uso della punteggiatura (cadenza, ritmo, pronuncia) Passaggio da evento a notizia Quando un evento diviene notizia? Novità: quando è un evento nuovo e curioso. Tempistica: se l'evento è recente ha maggiore probabilità di divenire notizia. Negatività: a volte le cattive notizie sono gioralisticamente parlando buone notizie. Localizzazione: l'evento può avere rilevanza locale o nazionale a seconda del contesto Altri aspetti da tenere in considerazione sono: Tipo di persone coinvolte: se sono coinvolti politici o altri personaggi noti Numero di persone coinvolte: più persone sono coinvolte maggiore può essere la sua rilevanza. Effetto immediato: Una notizia che coinvolge subito l'opinione pubblica. Effetto futuro: un fatto che avviene oggi ma che mantiene vivo l'interesse nel tempo (scarcerazioni, omicidi, guerre). Il gatekeeper, “guardiano del cancello”, è colui che sceglie quali eventi diventeranno notizia sulla base dei criteri precedentemente esposti. Le notizie sono il risultato della ricostruzione e quindi della manipolazione del giornalista. Sono il frutto dall'incontro tra ciò che accade realmente e chi decide di raccontare il fatto. Alla base della notizia c'è sempre una fonte; la fonte può essere primaria (diretta) o secondaria (indiretta). Tipi di distorsione della notizia 1. Partigianeria. La distorsione intenzionale e dei media legati ad una parte politica; i media indipendenti che fanno una «battaglia d'opinione » o abbracciano una causa (rifiutano l'obiettività come valore assoluto dell'informazione). 2. Propaganda, più in generale, manipolazione, ossia la distorsione intenzionale e nascosta. La manipolazione si accompagna non solo all'occultamento dei veri fini del comunicatore, ma talvolta, nasconde anche il soggetto stesso della comunicazione nel gioco delle sovrapposizioni tra animatore, autore e mandante. 3. Distorsione involontaria, che è palese e deriva dal modo stesso in cui è organizzato il processo produttivo dell'informazione e dai criteri di rilevanza (o valori-notizia) che presiedono alla selezione e alla costruzione della notizia. 4. Ideologia, che è una distorsione occulta ma involontaria in cui ogni notizia assume così una particolare coloritura, esprime una determinata prospettiva: deriva da una generale visione del mondo. Quali sono i vantaggi del web journalism? Revisione: facilità con cui è possibile aggiornare, cambiare, modificare e riutilizzare informazioni digitali. Flessibilità: consente di rinnovare e ripubblicare dei contenuti di diverse testate con un orario più flessibile di pubblicazioni. Interattività: la possibilità di poter leggere, ascoltare o vedere e condividere video. Multimedialità: possibilità di pubblicare post e news su più formati in tempo reale: testo, foto, video. Ipertestualità: possibilità di collegare link di rimando ad altri contenuti. Aggiornamenti continui: è in grado di aggiungere funzionalità e dati di processo in tempo reale. Condivisione: sul Social network La Web television meglio nota come web TV o tv digitale è il servizio di televisione fruita attraverso il web. La tecnologia su cui si basa la web tv è lo streaming. Grazie alla diffusione di Internet, le varie emittenti sono raggiungibili da tutto il mondo. Per poter visualizzare in maniera corretta una web TV è necessaria una connessione a banda larga, come ADSL o cavo a fibre ottiche. La storia del Web Tv | primi tentativi di Web Tv sono semplici esperimenti casalinghi. Grazie all'evoluzione e all'innovazione dei sistemi e delle tecnologie, si è passati a produzioni sempre più professionali e soprattutto da “eventi di nicchia”, a prodotti su larga scala. (Da citizen joumalism a eventi globali). La diffusione delle Web tv riceve un impulso dopo il decreto dell'allora ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni (2006), che ha tracciato le linee guida per lo sviluppo della televisione digitale in Italia. Altra.tv, fondato a Bologna nel 2004 da Giampaolo Colletti, è un osservatorio nazionale indipendente che si occupa di analizzare lo stato delle web Tv. | dati acquisiti vengono diffusi mediante rapporto chiamato Netizen. Nel 2003 le Web Tv erano solo 36; nel 2009 il numero è salito a 439 e nel 2012 circa 600. Il Lazio, la Lombardia e la Puglia sono le regioni con un maggior numero di Web Tv. | servizi offerti dalla Web Tv Il palinsesto delle Web Tv sviluppa temi affrontati dai normali canali televisivi: sport cultura, arte, ambiente, volontariato, cronaca. La Web Tv è usata sempre più spesso per il servizio di diretta streaming che permette di trasmettere, in tempo reale, attraverso il web, eventi, concerti, dibattiti, convegni, ecc. Le Web Tv diventano Social Tv Con lo sviluppo dei Social Network, le Web Tv diventano anche Social Tv, con la possibilità di diventare ancora più interattive con i propri utenti attraverso Facebook, Twitter etc. Il principale sito di video sharing (condivisione dei video sulla Rete) resta Youtube, adottato dal 72% degli utenti. Altro canale Web di video sharing in fase di espansione è Vimeo. Le applicazioni per smartphone e tablet sono ormai adottate da oltre 40% dei canali (fino al 2010 era solo il 2%). Alcune regole della Web Tv La ripresa: deve essere il più possibile di buona qualità. E' importante che, anche usando meccanismi di post produzione, il video non sia artefatto ma risulti il più spontaneo possibile. Nasce la figura del videomaker, in grado di ricoprire il ruolo di produttore, cameraman, giornalista e operatore di montaggio. Un aspetto importante è ricoperto dalle inquadrature che possono essere: fisse (statiche) e in movimento (dinamiche). Se osserviamo da un punto di vista fisso qualcosa che si muove, possiamo dare una visione oggettiva del personaggio o dell'oggetto inquadrato; invece un punto di vista mobile dà un maggior senso di coinvolgimento dello spettatore e, quindi, una visione più soggettiva. Se poi consideriamo la distanza tra la macchina da presa e l'oggetto della ripresa, le inquadrature possono essere definite campi quando l'ambiente è predominante sulla figura umana, e in piani o dettagli quando è la figura umana a essere il soggetto principale. Considerando invece il "punto di vista" che lo spettatore percepisce, l'inquadratura è definita "oggettiva" quando è neutrale, e "soggettiva" quando mostra il punto di vista di uno dei personaggi (0 anche di un oggetto, di un animale, etc.) Le inquadrature si definiscono "fisse" se si ha un angolo di campo costante e la macchina da presa non compie movimenti. Se l'angolo di campo varia, l'inquadratura è definita "carrellata ottica" o zoomata. In base al tipo di movimento compiuto dalla macchina da presa, l'inquadratura può essere definita come "carrellata" o "panoramica". In base alla messa a fuoco, l'inquadratura può essere "a fuoco", oppure "sfuocata" (detta anche "flou"). Un "fermo immagine", infine, è una inquadratura composta da un singolo fotogramma ripetuto più volte (questo grazie al montaggio). - Comparire sui social network: fare in modo che i contenuti siano interessanti e diffonderli su più piattaforme; - Creare una buona dose di “correlazioni”, rievocando ricordi o comunque immagini che rimangano ben impresse nella mente. Immagini che provocano emozioni e coinvolgono le persone. Questo attiva il processo di condivisione. - Toccare la sensibilità delle persone è essenziale per un processo di viralizzazione ottimale. - La collaborazione è il motore che muove gran parte delle persone, per cui se create dei contenuti che possono risultare pratici e utili per la comunità favorirete la condivisione. Si può utilizzare Facebook per aumentare l’audience. La società di oggi basa la stragrande maggioranza della sua vita sulla comunicazione, ed essa tende a diventare sempre più mirata e finalizzata con lo scopo di diffondere efficacemente gli specifici messaggi sui quali è, spesso, specificamente costruita. Conoscerne i fondamenti è diventato indispensabile non solo per il giornalista, il pubblicitario, il comunicatore di professione, ma anche per tanti altri ambiti quali, ad esempio, quello giuridico: se un avvocato usa efficacemente la comunicazione potrà ottenere maggiori successi professionali. Parimenti il politico saprà “colpire” più efficacemente la sua potenziale platea elettorale; il medico saprà trovare modi migliori di gestire il rapporto con i suoi pazienti; il docente potrà migliorare l'interazione nel rapporto con i suoi allievi. Tutto si basa su quello che tecnicamente si chiama “testo documentato”. Un testo documentato è una scrittura che si basa su una documentazione, cioè su dei dati, su delle informazioni. Proprio questa caratteristica di base lo distingue bene dal tema. In un tema vengono dati pochi suggerimenti per lo svolgimento: viene fornita una traccia, di solito molto generale, e ci si aspetta che sia chi deve scrivere a inventarsi il modo di svolgerla (per questo esso risulta, per molti, la forma più “difficile” di scrittura). Il testo documentato, invece, si basa sempre su dei dati di fatto, su delle notizie, su delle informazioni. Allenarsi a scrivere testi documentati è molto importante. Un testo documentato può essere: un saggio, una guida ai programmi televisivi, un dépliant di illustrazione di un parco naturale, un libretto di istruzioni di un elettrodomestico, una voce di un'enciclopedia, un verbale di un'assemblea di condominio, una denuncia ai Carabinieri, una lettera all'Enel per chiarire la situazione delle proprie bollette, un articolo giomalistico, sia di cronaca che di commento o un'arringa di un avvocato. Per un testo documentato da realizzare vengono sempre forniti, fin dall'inizio, molti dati ed informazioni, spesso di importanza diversa, al punto che non devono necessariamente essere usati tutti. L'abilità di chi deve scrivere un testo documentato consiste quindi nel saper raccogliere le informazioni, e, in seguito, saper esporre queste informazioni in un certo ordine, in modo da conferire la massima efficacia al proprio testo. Naturalmente sia la raccolta delle informazioni che la loro esposizione dipendono molto dal contesto nel quale ci troviamo, dal lettore che immaginiamo di avere, dallo scopo con il quale stendiamo il nostro testo. In base a questi elementi decideremo anche: una lunghezza, una destinazione, un registro stilistico. Dall'insieme di notizie possiamo anche trarre altre informazioni indirette (inferenze). L'inferenza è il processo con il quale da una proposizione accolta come vera si passa a una seconda proposizione la cui verità è derivata dal contenuto della prima. Inferire è quindi trarre una conclusione. Inferire "X" significa concludere che "X" è vero; un'inferenza è la conclusione tratta da un insieme di fatti o circostanze. Gran parte dello studio della logica esplora la validità o meno di inferenze e implicazioni. Appena ci si esercita a ricavare da un testo tutte le informazioni (e le inferenze) possibili, ci si rende subito conto che ne esistono alcuni molto “densi di informazioni", anche se sono brevi, e altri, invece, che sono magari più lunghi, ma che contengono meno informazioni. È molto importante abituarsi a distinguere testi più o meno informativi, per diversi motivi operativi: * un testo “denso” deve essere letto adagio, con cura * un testo “denso” aiuta molto a fare delle scalette riassuntive (anche se non sempre nell'ordine logico che può servire a noi in quel momento) * la scaletta presa da un testo “denso” può farci scrivere anche un riassunto o un commento più lungo * in un testo “poco denso" è più difficile distinguere l'informazione vera e propria dalla sfumatura * la scaletta presa da un testo “meno denso" ci consente di essere anche molto brevi La qualità di un testo Da ogni testo si possono trarre informazioni, sia dirette che indirette. Ci sono testi più o meno densi, e che quindi offrono possibilità diverse di utilizzo e anche di manipolazione. Le informazioni possono essere giudicate più o meno importanti. Su quelle più importanti si deve concentrare l'attenzione quando vogliamo capire il contenuto centrale di un testo, perché lo dobbiamo studiare, o tenere in mente, magari per confrontarlo con un altro di segno diverso. Le informazioni, però, possono essere di “qualità” diversa, anche se apparentemente sono le stesse. Ad esempio, se intorno a uno stesso argomento, come la biologia, sentiamo parlare prima una persona ben informata dai giornali, poi uno specialista del settore - anche se, per ipotesi, riportassero le stesse notizie - ci accorgeremmo subito che il discorso dello specialista avrebbe un'altra profondità, che le informazioni avrebbero una qualità diversa, proprio perché il discorso è impostato in modo più competente. Le fonti del giornalista Fino a qualche decennio fa le fonti erano poche e il problema del giornalista era di riuscire a conoscerne un numero sufficiente da poter avere sempre qualcosa da scrivere sul suo giornale. Oggi, al contrario, le fonti di informazione sono centinaia, e il problema della maggior parte dei giornalisti è diventato quello di selezionare e verificare la massa delle notizie in arrivo dalle fonti. Pensiamo alle fonti cui attinge un giornale quotidiano, anche il più piccolo: le agenzie di stampa, le agenzie fotografiche, i notiziari radiofonici e televisivi, la questura cittadina, gli enti pubblici, per fare degli esempi. Ma anche una miriade d'uffici stampa che ogni giorno emettono decine e decine di comunicati riguardanti gli argomenti più variegati. A tutte queste fonti tradizionali di notizie, capaci di sfornarne in media un migliaio e più ogni giorno, si è aggiunta relativamente di recente la rete di Internet con i suoi notiziari e i suoi motori di ricerca. Andiamo sul pratico: una volta, per scrivere un pezzo biografico sul presidente della Repubblica Sergio Mattarella, si sarebbe dovuto accedere agli archivi personali o del giornale, o, almeno, telefonare ai più anziani compagni di partito del presidente stesso e ai suoi più stretti collaboratori attuali. Oggi, digitando nome e cognome nell'apposita finestra di un buon motore di ricerca (il più usato è Google) si troverebbero, in pochi istanti, alcune centinaia di siti in cui si parla di Sergio Mattarella. Il problema sarà scegliere, tra le centinaia di notizie, quelle più interessanti e attendibili. Con le tempistiche attuali del lavoro giomalistico spesso il rischio è che alla fine manchino il tempo o i rapporti giusti per telefonare agli amici e ai collaboratori del presidente, per avere notizie da fonti di prima mano. Cosicché, alla fine, si sarà probabilmente scritto un pezzo con i materiali che tutti possono avere, e quindi esso sarà simile a tutti gli altri. Esistono innanzitutto le fonti ufficiali e quelle non ufficiali. Si definiscono fonti ufficiali le organizzazioni e le istituzioni che sono a monte del processo informativo. Esse provvedono (gratuitamente o a pagamento) a diffondere informazioni agli organi di stampa e a fornire i particolari degli eventi registrati per dovere d'ufficio. Sono invece fonti non ufficiali quelle persone che sono state protagoniste o semplici spettatrici di particolari eventi e, quindi, in grado di offrirne una ricostruzione più o meno fedele. Distinguiamo poi le fonti di informazione in primarie e secondarie. Le primarie sono le fonti tradizionali del giornalismo classico, cui il giornalista attinge direttamente, recandosi sul luogo dell'evento e prendendo appunti. L'evento può essere: una gara sportiva, l'udienza di un processo, un incidente automobilistico, un convegno economico, una seduta parlamentare, uno spettacolo, etc. Tra le fonti primarie possono essere annoverate anche le testimonianze raccolte a voce dal giornalista con i protagonisti o i testimoni di un evento. Le secondarie rappresentano attualmente le fonti di informazione più diffuse. Sono costituite da una rete organizzata di strutture che forniscono notizie già selezionate al giornalista (che le utilizzerà operando ulteriori selezioni, rielaborazioni, accorpamenti, con un lavoro non sul campo ma a tavolino). È possibile fare un'ulteriore classificazione delle fonti in: Fonti giornalistiche (agenzie di stampa), le quali applicano alla notizia criteri omogenei a quelli redazionali; Fonti non giornalistiche (istituzioni, imprese, uffici stampa, politici, poliziotti, giudici, etc.), le quali in genere sono interessate a fornire informazioni che accrescono il loro prestigio o tutelano i loro interessi; Fonti confidenziali, ovvero quelle fonti rappresentate in genere da una persona nostra amica o di nostra fiducia (un funzionario di polizia, un impiegato del tribunale, un testimone oculare, un conoscente, il portaborse di un politico, etc.), sono normalmente all'interno o vicine alle persone e ai luoghi della notizie e, per ragioni varie, non vogliono uscire allo scoperto. A queste fonti riservate il giornalista concede, di solito, la protezione dell'anonimato, correndo il rischio di problemi in caso di complicazioni giudiziarie, quali denunce per diffamazione a mezzo stampa o accuse di violazione del segreto istruttorio. Per le proprie scelte professionali bisogna valutare caso per caso: tra una fonte primaria interessata e una fonte secondaria attendibile, è sicuramente meglio dare credito alla seconda. Rimanendo in tema di fonti, è possibile fare un'ulteriore classificazione delle stesse in fonti attive e fonti passive. La differenza tra esse è facilmente spiegabile. Fonti passive sono quelle che il giornalista va a cercarsi da solo e che spesso non hanno nessuna voglia di svolgere il ruolo di fonti. Fonti attive sono quelle rispetto alle quali il giornalista non è cercatore ma cercato: il politico che vuole rilasciare dichiarazioni o interviste, l'istituzione che indice una conferenza stampa, e la miriade di uffici stampa il cui lavoro consiste nel produrre una quantità di materiali su presunti irrinunciabili appuntamenti e “importantissime notizie”. Prima dell'avvento delle e-mail il giornalista accorto utilizzava la maggior parte di questo materiale cartaceo dal verso bianco, come fogli per appunti, risparmiando sui block notes. Sebbene spesso le fonti attive siano utili al giornalista, il loro proliferare e l'uso acritico che spesso la fretta impone sono una fonte di inquinamento dell'informazione. Si viene a sapere solo ciò che interessa a quel partito, a quell'ente, a quella squadra di calcio; si fomisce di un utilizzando un esempio abbastanza diffuso: quello di un articolo che tratti di un furto commesso. In questo caso scriveremmo nell'ordine: a. chi ha commesso il furto (quis) che cosa ha rubato (quid) quando è avvenuto il furto (quando) il contesto in cui il furto è stato perpetrato (ubi) la ragione per cui è stato commesso il furto (cur) il valore economico della merce rubata (quantum) (nel senso che rubare un abito per coprirsi non è certamente grave al pari del svaligiare un appartamento o una banca) in che modo ha agito per rubare (quomodo) (con violenza, con destrezza?) di quali mezzi si è servito (quibus auxiliis) (armi, semplice scaltrezza?) Pogppoo De Scrivere per il cartaceo, per il web, per la TV, per la radio Il giornale cartaceo, anche in Italia, ha una storia antica: nel 1566 a Venezia nacque il primo mensile del mondo, “Notizie Scritte”. Nel tempo la tecnica di scrittura si è evoluta e adattata ai tempi, cambiando forme e modo di porgere le notizie. La prima vera rivoluzione nel mondo dell'informazione è nata con l'avvento della radio, e ancor più della televisione, sebbene trattassero per necessità le notizie in modo più breve e superficiale. La “necessità” è presto giustificata: per leggere una cartella giornalistica, che abbiamo visto avere 1800 caratteri, spazi e punteggiatura compresa, sono necessari mediamente due minuti, che sono il tempo medio di un servizio sia radiofonico che televisivo. Il vantaggio era, di contro, la maggior tempestività nel dare al pubblico la notizia. | giornali cartacei supplirono, offrendo sia a livello nazionale che a livello locale un maggior numero di notizie e, soprattutto, un maggior approfondimento delle stesse. Quindi sopperirono con qualità e quantità all'assalto dei nuovi media. Quello che invece ha letteralmente sconquassato il mondo dell'editoria tradizionale è stato l'avvento del web, che ha portato, per fornire un dato concreto dell’Associazione stampatori giornali italiani, i quotidiani a diminuire le vendite nel periodo esaminato, che va dal 1990 al 2013, di circa il 45%. In numeri, si è passati da una media di circa 4.800.000 giornali venduti al giorno a 3.700.000. Tornando al tema, esistono ovviamente delle differenze nel modo di porgere le notizie tra i notiziari nati per cartaceo, web, tv e radio: normalmente il web è più stringato (per il problema della difficoltà del lettore a scrollare lo schermo di pc, tablet e smartphone cui abbiamo accennato); è invece, se necessario dal contesto, anche molto approfondito per il giornale cartaceo e la rivista; facilitato dalla presenza di immagini nel caso di tv e webtv, impegnativo per la radio che deve “far vedere con la voce" il fatto che si racconta. In principio fu il taccuino. Se dovessimo scrivere l'evoluzione del lavoro del giornalista cominceremmo così. Perché era il taccuino, all'inizio, il tablet del collaboratore di una testata: con quello e la penna (preferibilmente ne aveva con sé per precauzione più d'una), annotava gli eventi cui partecipava o che gli raccontavano, realizzava interviste, stendeva la prima bozza di quello che sarebbe stato il suo articolo. Poi di corsa in redazione, ma più Spesso a casa, per scrivere “il pezzo" secondo le misure assegnate, da dettare al dimafonista in una telefonata a carico del giornale. Per la cronaca il dimafonista era la persona che riceveva la telefonata, la registrava sui mezzi disponibili all'epoca e poi trascriveva quanto ricevuto direttamente alla linoty pe per renderlo disponibile ai redattori per la correzione e la titolazione. Nella dettatura bisognava essere attenti, parlare se necessario sillabando le parole a rischio di comprensione, magari componendole con nomi di città. Le foto a corredo degli articoli, quando previste, erano scattate dai fotografi della redazione, ai quali toccavano quotidianamente corse in lungo e in largo sul territorio per poi ritornare velocemente in redazione a sviluppare i loro lavori. Per la trasmissione nelle sedi di stampa dei giornali, senza andare troppo lontano nel tempo, fino all'avvento del digitale era in uso la telefoto. Era un trasmettitore di immagini a impulso elettrico via telefono, e rotava ad una velocità variabile tra i 60 e i 240 giri al minuto. Il tempo medio per l'invio di una immagine 18 x 24 centimetri in bianco e nero era di 12 minuti a 120 giri al minuto, mentre per una delle stesse dimensioni ma a colori di minuti ne occorrevano ben 40! Anche qui la tecnologia ha portato una profonda trasformazione: con gli scanner e i modem prima, con le macchine digitali poi, che tra l'altro nel tempo hanno acquisito capacità di qualità eccezionali, e con internet sempre più veloce, i tempi si sono velocizzati in modo esponenziale. Le innovazioni tecnologiche sopravvenute nel tempo, ovvero le macchine digitali prima, gli smartphone poi, ed infine l'editoria online, hanno portato la figura professionale del giornalista a subire trasformazioni radicali: oggi è estremamente comune che un cronista sia un “one man band", nel senso che interviene sull'evento, scatta lui stesso le foto a corredo del suo articolo, lo scriva al pc e addirittura lo impagini egli stesso o attraverso portali dedicati del giornale, direttamente interfacciati alla sede di stampa, o direttamente online grazie ai CMS. Cosa sia un CSS è piuttosto facile da comprendere: CMS sta per Content Management System, ovvero sistema di gestione dei contenuti. Si tratta di un'applicazione che, basandosi su programmi ormai piuttosto noti al pubblico quantomeno come nome, ovvero PHP e Mysql, permette di gestire i materiali da pubblicare (nel nostro caso testo, immagini, video e audio) con dei parametri e stili predefiniti. PHP è un “preprocessore di ipertesti”, e fu inizialmente presentato come Personal Home Page (di qui la sigla), originariamente progettato per costruire pagine web dinamiche; Mysql è un DBMS (database management system), ovvero un software per la gestione di database. L'interazione tra i due software, entrambi di pubblico dominio e disponibili quindi gratuitamente, ha permesso di creare i CMS, i quali operano normalmente secondo stili (aspetti grafici) definiti a monte. Ci si sceglie un aspetto grafico, la grandezza ed il tipo di caratteri da usare per i contenuti testuali, e con poco addestramento essi possono essere usati da chiunque abbia un minimo di conoscenza di un word processor. Oggi il giomalista entra nel pannello di controllo del CMS, apre un nuovo articolo, ci scrive o incolla dentro il testo già preparato, carica e posiziona le sue foto, inserisce titolo e, se il format lo prevede, il sommarietto per l'articolo. Appena salvato il suo lavoro, esso è già online. Il giornalista diventa così, di fatto, una figura tuttofare che percorre da solo tutto il processo che porta un lettore ad avere una notizia da leggere. Il giornalista web (o web joumalist, o cyber journalist) diventa quindi anche una figura ibrida che si interseca con quella del web content manager. Quest'ultimo è una persona che ha la responsabilità di inserire i contenuti in rete, ovvero informazioni che vengono fornite agli utenti, e normalmente opera per un sito aziendale. Naturalmente per essere contenuti fruibili, devono essere accattivanti, interessanti. Bisogna che il web content manager conosca il proprio target, il prodotto o quello di cui sta scrivendo, che scriva in un modo fruibile per la rete e soprattutto per il target di riferimento. È infatti in rete, molto di più che con il giomalismo classico, che il lettore è il vero padrone. Il web content manager, e parimenti il giomalista web, deve in qualche modo sapere “chi è il suo lettore" e “cosa vuole e in che modo lo vuole”. AI pari del web content manager il giomalista del web deve anche tenere sott'occhio (o qualcuno che gestisce la testata deve farlo per lui) gli analytics, ovvero l'analisi dettagliata e approfondita dei dati di frequentazione del sito, come orari di maggior frequentazione, provenienza geografica, modalità di approdo al sito (da altri siti o da motori di ricerca), quando possibile età e preferenze dell'utente. Anche il giornalista web, al pari di quello della carta stampata, di Tv e radio, segue le indicazioni del direttore in ordine agli articoli che propone, ma i tempi rapidi del web hanno in parte modificato la gerarchia rigida delle vecchie redazioni. Non è infatti infrequente che capiti la pubblicazione di qualche articolo in regime di maggiore autonomia. Tutto questo contesto può portare a deviazioni: conoscere il lettore, capirne e cavalcame le paure, ed in molti casi anche l'ignoranza, è uno dei veicoli principali delle fake news, con le quali si può semplicemente giocare, o far lucro, ma si riesce anche a manipolare un certo tipo di persone. Il presunto aiuto dato dalle manipolazioni russe della notizie in rete, che avrebbero agevolato l'elezione di Trump, è solo uno dei casi più eclatanti. Un altro caso di manipolazione scorretta di informazioni è quello che ha fatto vincere la Brexit. Lo stesso Nigel Farage ha ammesso di essersi inventato dei dati per spaventare l'opinione pubblica. Le regole di un buon giornalista 1. saper scrivere: un giornalista non solo deve avere piena padronanza del linguaggio scritto e parlato, ma deve anche sapere come trattare l'argomento oggetto dell'articolo che sta scrivendo: tranne si tratti di riviste scientifiche, un linguaggio estremamente elaborato mette in difficoltà il lettore e diminuisce drasticamente le possibilità che il nostro lavoro raggiunga un ampio numero di persone. Il vocabolario quotidiano è più che sufficiente a trattare quasi tutte le materie. 2. deve essere credibile ed affidabile: Raccontare sempre e solo i fatti realmente accaduti e che si conoscono direttamente o tramite fonte ufficiale. Questo aiuta a costruire intorno a se un alone di credibilità. E tanto la credibilità è più forte tanto più si perdonerà al giornalista una possibile debolezza o parzialità su un argomento (tipicamente di politica), perché i lettori avranno la certezza che - comunque - nella parzialità vengono enunciati fatti veri 3. costruire un rapporto fiduciario con il lettore, sfruttando, se i mezzi usati lo consentono, un rapporto interattivo: gli studi di comunicazione di massa distinguono, in generale, tre tipi di modelli comunicativi: la dimensione verticale (autorità), orizzontale (tra pari) di profondità (intimità). Per il primo possiamo esemplificare trattarsi di comunicazione di autorità pubblica cui generalmente viene accordata la fiducia del ruolo; per la seconda possiamo fare l'esempio della comunicazione che avviene tra colleghi di lavoro o tra membri dello stesso gruppo. Per la terza quella tra familiari o tra partner. Un esempio di comunicazione autoritativa era quello — per l’Italia - della Tv di Stato fino agli anni '80, ma si potrebbe tranquillamente arrivare agli anni ‘90. Dire “l’ha detto la Tv" era come per un cattolico leggere un brano della Bibbia: verità insindacabile. Il giornalista deve saper istituire con i suoi lettori una sintesi dei tre tipi. Deve usare la sua autorevolezza, che gli proviene anche dalla credibilità e dalla riconosciuta competenza professionale nello scrivere, senza cadere come spesso avviene nella presunzione. Deve far sentire il lettore un “pari grado", in modo che egli non avverta un senso di disagio di posizione che vien fuori dall'autorevolezza che gli è riconosciuta. Deve essere capace di creare una comunicazione di profondità, offrendo la possibilità di essere raggiungibile attraverso i media disponibili (dal telefono ai social), cercando di creare una complicità interattiva, non sottraendosi mai al dialogo ed al suggerimento da parte del lettore, anche quando palesemente quest'ultimo è in stesso? Pur essendo ormai largamente diffusa la forma sé stesso accentata, è preferibile ancora la forma senza accento. Ugualmente si scrive se medesimo, se medesimi. AI plurale è invece preferibile sé stessi /stesse per evitare confusione con le voci del verbo stare. Ci sono poi alcuni plurali che generano spesso dubbi, come quelli che si riferiscono a parole che terminano in —cia o —gia. Vediamo le regole in questo caso: I nomi in -cia, -gia (con la i atona) vanno senza i al plurale se c e g sono precedute da una consonante (fascia/fasce, freccia/frecce), i nomi in -cia, -gia (con la i atona) mantengono invece la i al plurale se c e g sono precedute da vocale (camicia/camicie, valigia/aligie). - Il plurale delle parole straniere è spesso usato in modo sbagliato: esse infatti rimangono invariate essendo assimilate per la grammatica ai nomi invariabili italiani. Quindi sempre film anche quando sono due o più e non films; computer e non computers anche in una sala di informatica; cracker e non crackers anche quando se ne mangiano tanti. - la virgola: Il dizionario Treccani così la definisce: “La virgola indica uno stacco di debole intensità tra due parole o due proposizioni contenute in un periodo e si usa in diversi contesti e con diverse funzioni; prima o dopo di un'apposizione; nelle proposizioni incidentali: in questi casi la virgola può contrassegnare il semplice inciso costituito da una congiunzione, oppure isolare strutture complesse.” La scuola di Palo Alto (California), di cui uno dei maggiori esponenti fu Paul Watzlawick, mise a punto quelli che sono conosciuti come i cinque assiomi della comunicazione, che indicano degli elementi che sono sempre in essa presenti. Il terzo, nel caso che ci interessa, recita “Le variazioni dei flussi comunicativi all'interno di una comunicazione sono regolate dalla punteggiatura utilizzata dai soggetti che comunicano”. Questo è vero anche per la comunicazione scritta. E nel ricordare che il modo corretto di scrivere la punteggiatura è porla alla fine della parola cui si riferisce, lasciando dopo lo spazio, e che quindi scriveremo “domani ci sarà il sole, se non piove” e non “domani ci sarà il sole , se non piove”, vogliamo evidenziare attraverso degli esempi pratici come una virgola, messa al posto sbagliato, possa totalmente stravolgere il senso di una frase. Negli ultimi anni la comunicazione, aziendale ed istituzionale, ha conosciuto uno sviluppo vertiginoso. Sono ormai tantissimi, se non la quasi totalità, gli enti pubblici che hanno un addetto stampa, e parimenti lo hanno le aziende, le società sportive, i politici, aprendo spiragli occupazionali importanti. L'attività di un ufficio stampa è fondamentale per la promozione, la divulgazione, la crescita di vari settori dell'economia e della cultura. L'ufficio stampa, infatti, può essere indispensabile in vari contesti: all'interno di un'azienda per promuovere i suoi prodotti, all'interno dell'organizzazione di eventi per divulgare e far conoscere date delle manifestazioni, programmi ed ospiti speciali, allo stesso tempo è importante per associazioni, enti o istituti, così come per far conoscere l'attività di un politico. Organizzare e gestire seriamente un ufficio stampa richiede grosse competenze e professionalità, affinché la realizzazione di comunicati stampa e la loro diffusione possa ottenere i risultati sperati. E sebbene non sia obbligatorio essere iscritti all'Ordine dei giornalisti per gestire un ufficio stampa, certamente migliori risultati verranno ottenuti se esso è retto da uno o più giornalisti, pubblicisti o professionisti che siano. Ma attenzione: non basta avere il “tesserino” per diventare capaci di azioni di comunicazione come quelle che occorrono per gestire un ufficio stampa. Bisogna acquisire infatti la conoscenza dei cosiddetti “segreti del mestiere", che non sono alla portata di tutti. Scrivere e divulgare i cosiddetti comunicati stampa è infatti solo una delle attività previste, enemmeno, alla fine, quella fondamentale. Ci sono tante altre attività da gestire nel migliore dei modi: preparare la lista dei contatti ed aggiornare la mailing list, raccogliere tutte le informazioni e le novità sull'evento o sul prodotto che si intende promuovere, mantenere i contatti con i media di riferimento. Ed è certamente meglio se si è in grado di stabilire dei contatti direttamente con le persone che si occupano di promuovere la nostra iniziativa, ed utilizzare strumenti e tecnologie che ci permettano di essere veloci, precisi, aggiornati ed efficienti. La gestione di un ufficio stampa può avvenire intemamente, cioè gestita da dipendenti o convenzionati con l'ente, la società o il soggetto che bisogna promuovere, o può essere affidata esternamente ad agenzie di comunicazione che fra le loro attività si occupano anche di uffici stampa. Organizzazione dell'ufficio stampa Ci sono alcuni aspetti fondamentali da tenere sempre in considerazione per la gestione di un ufficio stampa: » La prima cosa da fare è documentarsi in modo approfondito sull'azienda che dobbiamo promuovere e sui suoi prodotti, o sull'evento di cui ci occuperemo, o sulle persone che compongono l'amministrazione di cui saremo i “portavoce”, o sulla storia e sugli atleti della società sportiva di cui ci occuperemo; » Seconda fase del nostro lavoro sarà preparare una lista di contatti quanto più completa possibile delle testate giornalistiche, delle persone, degli uffici, degli enti, delle aziende a cui poter inoltrare il comunicato stampa, e dato che l'attività di un ufficio stampa oggi per lo più si gestisce a livello informatico, potremmo senz'altro avvalerci dell'uso di excel per tenerla in ordine, inserendo nel foglio quante più notizie utili possibili (come telefoni, fax, mail, annotazioni ed altro); » Ci converrà anche, se possibile, predisporre un piano di gestione dell'invio dei vari comunicati stampa, che potrà essere aggiomato nel corso della nostra attività ma che, fin dall'inizio, sarà utile per fomirci un quadro generale completo di date e scaletta degli argomenti che si dovranno divulgare; » Nel caso della gestione di uffici stampa per la promozione di eventi dovremo valutare attentamente le date di invio dei nostri comunicati stampa a testate giornalistiche, tenendo conto della periodicità della testata: si dovrà valutare la periodicità di pubblicazione ovvero se si tratta di quotidiani, settimanali, mensili, bimestrali; questa valutazione sarà fondamentale per evitare che il nostro comunicato possa arrivare in ritardo rispetto alle date di pubblicazione del periodico in questione Mailing list La mailing list è la lista dei contatti a cui invieremo il nostro comunicato stampa. La preparazione di una mailing list completa, aggiornata ed attendibile, è sicuramente uno dei passi fondamentali affinché la nostra attività di ufficio stampa raggiunga gli obiettivi sperati. La mailing list va preparata in base all'evento, al prodotto, all'azienda o all'associazione che promuoveremo nel nostro comunicato stampa. È infatti perfettamente inutile mandare il comunicato per un convegno sulla medicina estetica ad una testata che si occupa di cultura, o di architettura. Renderemmo un'idea di un lavoro raffazzonato e di una lista di destinatari costruita con poca professionalità e tramite copia e incolla, in modo dilettantistico. Essa inoltre va sempre aggiornata e completata man mano di nomi e indicazioni più dettagliate; ad esempio all'inizio potremo avere l'email e il numero di telefono del centralino o della segreteria della redazione, poi potremo riuscire ad avere il nome e cognome del caporedattore o del responsabile di settore, pertanto inseriremo altre email e numeri di telefono man mano che i nostri contatti si andranno a consolidare. | principali media da prendere in considerazione per l'invio del comunicato stampa sono: agenzie di stampa, quotidiani nazionali/regionali, settimanali e mensili non specializzati (che hanno rubriche sull'argomento o che potrebbero essere interessati al tema), stampa specializzata (settimanali, mensili, bimestrali), radio (emittenti nazionali/locali), reti televisive nazionali/locali, Internet (siti specialistici, blog...). Un tempo lo strumento principale più diffuso per l'invio del comunicato stampa era il fax (che oggi viene ancora usato in alcuni casi), mentre oggi è la posta elettronica lo strumento più diffuso per l'invio di comunicati stampa. L'utilizzo di Intemet e dei motori di ricerca è inoltre fondamentale anche per organizzare e gestire la nostra rubrica dei contatti: la ricerca per temi e parole-chiave ci permetterà ad esempio di trovare nuovi contatti possibili e di poter così gestire al meglio la nostra attività. Gli strumenti principali di lavoro sono: computer, collegamento internet, posta elettronica, fax, telefono (fisso e smartphone, per poter essere ricontattati direttamente). Costruire un comunicato stampa Il comunicato è un breve testo che dovrà fornire al nostro destinatario le informazioni necessarie per poter conoscere ed a sua volta divulgare le nostre notizie. Per questo è necessario prestare attenzione ad alcuni aspetti: e il contenuto dovrà essere convincente e chiaro; dovrà inoltre anche incuriosire il destinatario nel voler divulgare la notizia che comunichiamo; oggi le redazioni dei giornali sono invase da comunicati stampa, per questo il nostro comunicato per farsi notare dovrà essere scritto nel migliore dei modi e con un taglio esaustivo; e scrivere in uno stile ortograficamente corretto; comunicati stampa scritti in un cattivo italiano sicuramente non sono un buon biglietto da visita e scoraggeranno il destinatario dal voler prendere in considerazione il nostro messaggio; e organizzare il contenuto per blocchi; scrivere testi lunghi di seguito fa sì che non si catturi e focalizzi l'attenzione del lettore sugli aspetti principali del messaggio; un buon sistema (se prendiamo l'esempio di un concerto musicale) è quello di inserire in apertura la notizia e la location; proseguire con il programma musicale; aggiungere schede tecniche sugli artisti; chiudere (se ricorre il caso) con una nota sull'organizzazione e su eventuali altri eventi in programma a breve; e curarel'aspetto grafico per quanto riguarda intestazione, margini, interlinea, corpo del testo che non dovrà mai essere troppo piccolo, per non ostacolare la lettura e in una font leggibile e chiaro; inserire eventuali loghi del prodotto, dell'evento o dell'azienda protagonista del nostro comunicato stampa; è dimostrazione di rispetto verso il giornalista che riceve il comunicato mandarlo sia in formato pdf, per evidenziare la cura nella sua preparazione, sia rendere il testo disponibile anche in formato word, o rtf, o txt, in modo che possa utilizzarlo direttamente per elaborare il suo articolo; e spedire insieme al comunicato adeguato materiale fotografico (che non sia solo la locandina dell'evento!) o video, o audio, a seconda dei destinatari del nostro messaggio. Chi sta in redazione spesso non ha né voglia né tempo per mettersi in rete a cercare materiale multimediale per corredare l'articolo o il servizio radiofonico o televisivo, e quanto più saremo completi nel nostro invio tante più possibilità della propria cartella clinica in tempo reale, all'iscrizione dei propri figli a scuola, all'interrogazione sui tributi da pagare ed al pagamento degli stessi. Ma anche orari del trasporto pubblico, l'interfacciamento con l'aeroporto di Bologna, la prenotazione di visite all'Asl (tra l'altro con la possibilità di scegliere il punto più vicino al domicilio, potendo conoscere già al momento della prenotazione quante persone ci precederanno nella fila, in modo da poter evitare tempi di attesa lunghi). Ancora, orari di musei e biblioteche con prenotazione online. Iperbole offre anche reali momenti di partecipazione alla vita amministrativa, come la consultazione dei cittadini sulle politiche di bilancio (http://partecipa.comune.bologna.it/bilanciopartecipativo/info). Nella pratica, l'amministrazione comunale stanzia una determinata somma, il cui utilizzo viene deciso direttamente dai cittadini previa interazione tra essi stessi, con votazione finale e scelta e successiva realizzazione dei progetti che ottengono maggiori consensi. La presenza della città di Bologna nella comunità che amministra è resa ancora più interattiva da una rete Telegram metropolitana, grazie alla quale i cittadini ricevono in tempo reale informazioni riguardanti notizie su mobilità, cantieri stradali e deviazioni bus, pubblica sicurezza ed allerta meteo, variazioni orari uffici comunali, scioperi, promemoria per le scadenze, eventi importanti; da una presenza attiva e costante dell'Ente su tutti i social; da una serie di app per Android e Apple che consentono di semplificare e rendere fruibili, anche da smartphone, gran parte dei servizi online già disponibili da pc, ma anche una sorta di navigazione turistica guidata ed assistita all'interno della città, e servizi speciali per disabili. Naturalmente è fortemente presente l'interazione di Iperbole con la comunicazione istituzionale della città: essa si realizza non solo nella pubblicazione dei comunicati stampa del Comune di Bologna, ma anche con la “Lettera di Iperbole”, che potremmo definire il brand magazine dell'Ente, attraverso la quale i cittadini ricevono da un lato notizie su tutti gli aspetti della vita quotidiana ordinaria e straordinaria della città e dei singoli quartieri, di quella amministrativa, di quella legata al mondo universitario felsineo, di tutto quanto esiste e ruota intorno alla città, dall'altro storie che rientrano perfettamente nei canoni del brand joumalism, promuovendo e facendo apprezzare i “prodotti” del Comune di Bologna.à Difendersi dai virus Per il nostro lavoro, per studio o anche solo per svago oggi l'uso di pc, tablet, notebook, palmari e smartphone fa parte ormai del nostro vivere quotidiano. Il problema è che non tutti sanno come usare con una buona dose di sicurezza questi strumenti. Altri, pur consapevoli che il proprio strumento informatico è soggetto a rischi particolarmente nell'utilizzo di internet, sottovalutano con superficialità il problema. In questo incontro faremo una panoramica sulle principali precauzioni da adottare per proteggere i nostri dati, sensibili o meno che siano: non soltanto quindi a tutelare le nostre notizie e le nostre azioni più “private”, il numero della carta di credito se la usiamo per pagamenti online o il proprio lavoro, che sia anche la raccolta delle dispense del vostro percorso universitario, dei vostri appunti, che certamente non amereste andassero distrutti. Ma anche cose solo apparentemente più futili: a tutti piacerebbe perdere una foto particolare del proprio partner, del proprio gattino o cagnolino, o un ricordo che conserviamo comunque in formato digitale. Conoscere le basi di sicurezza informatica è quindi fondamentale per capire come proteggere il proprio pc (o le altre apparecchiature prima citate) da pericoli quali i virus, ed anche per navigare su internet senza rischiare intrusioni o furti di dati. Una delle regole di base prevederebbe, se possibile, di non usate Windows, ma sistemi operativi basati su Linux o macOS: il software Microsoft, a causa della sua maggiore diffusione tra gli utenti, è più appetito dai pirati informatici, ed è notoriamente più ricco di vulnerabilità rispetto alle alternative. Lo testimonia il numero di patch di correzione che Microsoft è costretta a sfornare per i componenti vitali di Windows. Ma dal momento che siamo consci che in tanti casi sia davvero impossibile abbandonare il sistema operativo che ha reso immensamente ricco Bill Gates, allora è più che opportuno seguire quelle regole che vi consentiranno di operare in maggiore sicurezza. Il virus una volta eseguito dal pc crea copie di se stesso ogni volta che si esegue un nuovo programma, arrecando danni al sistema, rallentando o rendendo inutilizzabile il dispositivo infetto. Il worm, invece, è simile ad un virus ma, a differenza di questo, non necessita di legarsi ad altri programmi eseguibili per diffondersi, ma a tale scopo utilizza altri computer, ad esempio tramite e-mail o una rete di computer. Il Trojan, come la definizione lascia ad intendere, si nasconde all'interno di un programma dall'apparenza innocua, e si usa per mantenere il controllo remoto del computer infetto, senza che il legittimo proprietario si accorga che alcuni programmi nascondono altre funzioni, per esempio di intercettazione di password o altri dati sensibili. Il ransomware è un tipo di malware che limita l'accesso del dispositivo che infetta, richiedendo un riscatto (ransom in inglese) da pagare per rimuovere la limitazione. Ad esempio alcune forme di ransomware bloccano il sistema e intimano l'utente a pagare per sbloccare il sistema, altri invece cifrano i file dell'utente chiedendo di pagare per riportare i file cifrati in chiaro. Inutile aggiungere che dopo aver pagato nella quasi totalità dei casi l'utente resta comunque con il pc/telefonino/tablet bloccato. Lo spyware è simile al trojan nel funzionamento, e spesso viene installato da un utente che scarica un programmino gratuito dalla rete. Da quel momento i vostri dati sensibili e le azioni che compite al pc/telefonino sono disponibili per il pirata informatico. In alcuni casi è capitato che un'applicazione scaricata per liberarci dagli spyware si sia rivelata spyware essa stessa! L'adware è, in italiano, un software sovvenzionato dalla pubblicità. Il problema è che le inserzioni inserite nel programma che vi appaiono durante il suo utilizzo rallentano il pc, ma anche che non è mai sicuro che il software non si comporti come spyware e carpisca abitudini e dati dell'utente, per cui diversi antivirus li segnalano come software a rischio. Ultimo nemico di questa breve e non esaustiva carrellata è lo scareware (scare, come sapete, in inglese significa paura). Si comporta come certi meccanici poco seri da cui ci si ferma occasionalmente alle stazioni di servizio: vi spaventano con problemi inesistenti all'autovettura, e il minimo che ci guadagnano è indurvi a un immediato (e costoso) cambio dell'olio. Così lo scareware vi segnala problemi irrisori o inesistenti come gravi e vi induce all'acquisto della licenza. Ma spesso poi abbassa i livelli della sicurezza del vostro apparato e consente l'installazione di spyware, malware, adware ed altro. Ecco le regole principali da seguire: installate un buon antivirus, tenetelo costantemente aggiornato e usatelo per scansionare tutti i file che riceverete come allegato di mail. Abilitate l'estensione dei file, che normalmente in windows è disabilitata. Per attivare l'estensione, basta aprire una cartella, cliccare sul menù ‘Visualizza’ e mettere la spunta a ‘estensioni nomi file' e ‘elementi nascosti’, e sarà possibile vedere l'estensione del file. Sarà più di in questo modo, che clicchiate per errore su un documento che in apparenza sembra chiamarsi, per esempio, relazione.pdf, quindi un innocuo file acrobat reader, mentre invece è un eseguibile (con estensione .exe, abbreviazione di executable in inglese) e quindi ha per nome completo relazione.pdf.exe, e certamente così mascherato sarà un programma malevolo. le, Installate un firewall, che è l'equivalente digitale di un buttafuori. Serve a tenere fuori dal vostro pc/telefonino/tablet il traffico indesiderato e a far passare soltanto i dati che autorizzate a circolare. E là fuori, su Intemet, ci sono tanti individui indesiderati e indesiderabili. Molti router forniti dai fortitori di telefonia ne hanno oggi uno incorporato, e configurarlo secondo le proprie esigenze è meno complesso di quanto ci si possa immaginare. Basta leggere il manuale del produttore e chiedere a google qualche aiuto a trovare la giusta configurazione per voi. Se invece il vostro router ne è sprovvisto, o state usando la connesione del vostro smartphone o un wifi esterno, procuratevene uno software. Ve ne sono di ottimi (e gratuiti!) per pc come per esempio Zonealarm, ma anche per Android — disponibile anche in una versione gratuita - come NetGuard, che riesce a comportarsi come un firewall anche sui dispositivi Android non sottoposti a rooting (la tecnica, riservata ad utenti davvero esperti, con cui diventiamo “amministratori” di sistema del nostro telefonino) utilizzando un semplice ma ingegnoso escamotage: l'applicazione attiva un server VPN1 in locale così da far transitare tutto il traffico attraverso di esso. In questo modo, NetGuard può bloccare sul nascere eventuali tentativi di connessione diretti verso l'esterno, sia quando l'utente utilizza la WiFi, sia quando si appoggia alla rete dati dell'operatore di telefonia mobile. Backup e aggiornamenti di sistema Fate il backup dei vostri dati! Perderli è più frequente di quanto si possa immaginare: il disco rigido che li contiene si può rompere, una cliccata distratta li può cancellare, un virus può devastarli, un crash di Windows può renderli irrecuperabili, uno sbalzo di tensione può fulminarvi il computer, un ladro può rubarvi il PC portatile, un'installazione infelice di un programma o di un aggiornamento di Windows può mandarlo in tilt. Fate dunque il backup (ovvero una copia di sicurezza) almeno dei vostri dati. Copiateli (dipende dalla loro quantità) su un DVD, su un disco esterno USB, o su un drive cloud.2 Meglio ancora, se volete evitare la sofferenza di una reinstallazione e riconfigurazione da capo di Windows e di tutti i programmi, fate anche una copia di backup del sistema operativo e dei programmi installati, usando programmi come Partimage, gratuito. La cadenza dei backup deve essere più ravvicinata di quel periodo di perdita sopportabile. Inoltre il backup va fatto prima di ogni modifica al computer: in altre parole, prima di installare o rimuovere programmi, prima di installare aggiornamenti del sistema operativo e prima di installare o rimuovere dispositivi (es. stampanti). Installate gli aggiornamenti (patch) di Microsoft e dei programmi che avete installato. E non usate programmi piratati. Come qualsiasi software, anche il software Microsoft ha numerose vulnerabilità, che vengono scoperte e corrette man mano dalla comunità degli informatici e da Microsoft stessa. Le correzioni vengono distribuite esclusivamente da Microsoft sotto forma di programmi scaricabili gratuitamente da Internet. Non vengono mai distribuite come allegati a e-mail. In Windows è integrata una funzione, denominata Windows Update, che provvede ad automatizzare il procedimento per chiedere a Microsoft se ci sono nuove correzioni e poi scaricare e installare: tenetela attiva! Anche chi usa il Mac o un sistema basato su Linux non deve assolutamente sottovalutare gli aggiornamenti di sicurezza. Non installate software superfluo o di dubbia provenienza. Molti utenti hanno l'abitudine di installare programmi solo per provarli: non fatelo. Più cose installate nel vostro computer, più vi esponete al rischio di cambiarne o appesantirne il funzionamento. Come abbiamo visto, tra l'altro alcuni programmi dall'aria "regolare" contengono il cosiddetto spyware, o "software spia". Sono in genere programmi per lo scambio di musica o per inviare messaggi istantanei, che vengono offerti gratuitamente. A contenuto del file mediante alcuni attributi che vengono successivamente definiti dal browser usato per visualizzare il file. Il processo è simile a una persona che scrive un promemoria aggiungendo a mano alcuni commenti prima di sezioni particolari del testo per indicare a un collaboratore che ‘qui inizia un paragrafo', ‘qui inizia una nuova pagina' oppure ‘evidenzia questa frase, ‘ingrandisci il testo di questa parola', ‘inserisci qui la foto di Giuseppe’. Gli identificatori di html specificano attributi di testo, inseriscono nel testo file grafici, audio e video e creano collegamenti ipertestuali e schede. L'ipertesto è la caratteristica più importante del linguaggio html: indica che qualunque parte di testo o grafica può essere collegata a un altro documento html, all'interno dello stesso sito o su un sito esterno (il cosiddetto ‘link'), o anche a un contenuto che può essere un documento word, un video, un'immagine, un pdf. Il linguaggio html ufficiale è un insieme di identificatori che tutti i browser dovrebbero essere in grado di interpretare. Per la cronaca, il linguaggio html fu messo a punto nel 1990 al Cern di Ginevra da Tim Bemers-Lee e Robert Caillau. Qui di seguito vedete riprodotta la prima pagina che andò online nel 1991, proprio da un server del Cern: ben poca cosa in confronto alle pagine che voi visitate oggi. Detto nel modo più semplice, il browser sul computer invia richieste di file html ai server remoti su Intemet usando indirizzi chiamati URL (Uniform Resource Locator). Un esempio di Url è http:/Avww.unipegaso.it. Quindi semplicemente l'indirizzo del sito, cui si aggiunge, nel corso della navigazione all’interno del sito, quello della pagina. Quando i dati vengono restituiti al computer locale, il browser ‘interpreta’ gli identificatori html e visualizza il testo formattato assieme alla grafica. Altra curiosità: un server che contiene un sito internet altri non è che un computer (adeguatamente potente e adatto a soddisfare anche centinaia di richieste di pagine contemporaneamente). Un sito intemet è, fisicamente, strutturato sul server che lo ospita come una cartella (o directory) che voi avete sul vostro pc, sul vostro tablet, sul vostro smartphone. Come si scrive l'insieme di tag e contenuti che compone un file html? Per realizzare quelli più semplici basta il più banale dei programmi disponibile su ogni pc, tablet, smartphone: il block notes: i file in html sono infatti esclusivamente file testuali. È facilmente immaginabile che dal 1990 ad oggi il linguaggio si sia evoluto: senza scendere eccessivamente nel campo tecnico, che qui ci interessa in modo relativo, oggi siamo all'html5, è stato introdotto l'XML, (sigla di eXtensible Markup Language), che è un linguaggio marcatore basato su un meccanismo sintattico che consente di definire e controllare il significato degli elementi contenuti in un documento o in un testo, e che tra l'altro è diventato lo standard per la Pubblica Amministrazione (per esempio le fatture elettroniche introdotte obbligatoriamente quest'anno e prima le fatture PA, destinate cioè alla Pubblica Amministrazione, vengono scambiate usando questo linguaggio). Sono stati introdotti i CSS (acronimo di Cascading Style Sheets, in italiano fogli di stile a cascata), un linguaggio usato per definire la formattazione di documenti html, Xhtml e XML, ad esempio i siti web e relative pagine web. In dettaglio attraverso il CSS si stabilisce, una volta e per tutte le pagine che compongono quel sito internet o che richiamano inizialmente quel foglio di stile, l'aspetto esteriore del sito web: per esemplificare: carattere del testo, grandezza di titoli e contenuti, colore e aspetto grafico della pagina. Un vantaggio enorme quello di inserire tutto l'aspetto grafico di una pagina intemet semplicemente inserendo qualcosa come piuttosto che una serie di comandi singoli di formattazione. Una fatica che nel Cms è addirittura evitata, essendo i fogli di stile inglobati a monte da chi progetta il Cms. Le prime regole per comporre i CSS sono contenute in un insieme di direttive emanate a partire dal 1996 dal W3C, ovvero il World Wide Web Consortium, organizzazione non govemativa intemazionale fondata il 1 ottobre 1994 proprio da Tim Bemers-Lee che ha come scopo quello di sviluppare tutte le potenzialità del World Wide Web. Il web è diventato dunque da tempo dinamico, capace di interagire con l'utente al di là dello schermo, e con l'uso dei CSS non è più — e sarebbe oggi impensabile — aggiornare singolarmente l'aspetto grafico di ogni pagina che compone un sito web. Oggi la stragrande maggioranza, se non la totalità, dei siti internet è gestito dai CMS, content management system, in italiano sistema di gestione dei contenuti. Si tratta di uno strumento software, di cui parleremo più in dettaglio nel corso di questa lezione, che viene installato su un server web ed ha un compito fondamentale: facilitare la gestione dei contenuti di siti web, svincolando il webmaster da conoscenze tecniche specifiche di programmazione. L'ABC dell'HTML Se dunque il webmaster (il gestore del contenuto dei siti web) non deve più conoscere tecniche specifiche di programmazione, che senso ha parlare qui di html di base? È presto detto: chi oggi vuol comunicare attraverso la rete, in ambito giornalistico o in altri settori, deve conoscere il significato di alcuni dei tag del linguaggio html, per poter sapere cosa inserire e dove perché sia letto dai motori di ricerca e indicizzato nel modo migliore. Pubblicare un articolo in un giornale web senza che sia indicizzabile e rintracciabile attraverso parole chiave attinenti i suoi contenuti significa condannarlo all'oblio e all'anonimato. Lo stesso vale per i vostri siti personali. E benché la gestione del contenuto sia affidata, come visto, per lo più al foglio di stile, ci sarà sempre la necessità di una modifica alla struttura di ‘quella’ pagina web che, ove non si conoscano i più basilari tag, ci risulterà impossibile anche se ci volessimo avvalere di uno dei tanti editor di codice html, disponibili anche in forma gratuita. Per fare un parallelo chiarificatore: non conoscere i tag di base del linguaggio html è paragonabile al fatto che ci mettano gratuitamente a disposizione un tester per la diagnosi delle condizioni della nostra autovettura da collegare alla centralina attraverso la presa presente ormai in tutti i veicoli, e noi non fossimo in grado di leggere e interpretare i risultati che ci vengono offerti. Iniziamo dunque ad addentrarci nella conoscenza dei tag di base rimasti pressoché immutati negli anni. Per comprendere come non sia affatto complicato, partiamo con il codice che ci permetterà di avere una pagina bianca dove, in alto al centro, è scritto “Questa è la mia prima pagina”: <head> <title>Prima pagina in html</itle> </head> <body> <center>Questa &egrave; la mia prima pagina</center> <Ibody> </html> Abbiamo scelto la forma più semplice di scrittura. Potete notare che i tag, ovvero i marcatori racchiusi tra ‘<' e ‘>’, sono scritti tutti una volta senza ed una seconda volta con il segno ‘/. Significa semplicemente che che abbiamo terminato il titolo. Gli altri tag indicano: <html> : il browser sa che deve prepararsi a leggere e interpretare una pagina html; alla fine della pagina nella forma </html> indica al browser che il documento html è finito. <head> : qui inizia l'intestazione della pagina e verranno inseriti i meta tag, che sono dei tag html finalizzati a fomire informazioni aggiuntive su un documento ipertestuale, e che tra l'altro sono importantissimi per i motori di ricerca; <body> : indica al browser che qui inizia la parte di pagina che l'utente vede a video, e il comando </body> ovviamente ne indica la fine e precede </html> che indica “fine documento”. <center> : abbiamo usato un primo comando di formattazione: abbiamo detto al browser di centrare il nostro testo. Non bisogna mai dimenticare di indicare quando questo effetto deve terminare (nel caso con </center>), altrimenti si protrarrà fino alla fine della pagina Avete anche visto, nel codice, che quello che poi apparirà come “è” nella pagina web è scritto nella forma “è”: siccome gli insiemi di caratteri usati nel web differiscono da nazione a nazione (in italiano non usiamo, per esempio, la &), abbiamo scritto la nostra è accentata nel formato universale. Se avessimo voluto risparmiarci questa fatica avremmo inserito un meta tag dopo head e avremmo “suggerito” al browser di usare il “set” di caratteri italiani. Avremmo quindi scritto (senza poi dare il fine comando, in questo caso, <meta charset="utf-8">. I comandi di base: ogni tag va aperto <TAG> e chiuso </TAG> e <h(n)> intestazione: (n) può avere un valore da 1 a 6, dove per il motore di ricerca 1 è la più importante, 6 quella meno ® <b> testo in grassetto (dall'inglese bold) e <u> testo sottolineato (underlined) ® <i> testo corsivo (italic) e <center> testo centrato e <left> testo allineato a sinistra ® <br> testo a capo (break) ® <p> inizia un nuovo paragrafo (stacca dal testo precedente) e <big> aumenta la dimensione del carattere e <small> diminuiscila ® <p align=left|center]right> allineamento del testo di tutto il paragrafo e <ahref="url"> collegamento ad altra pagina/sito o a un documento (si chiude con </a> e <UL><LI> (con <LI> prima di ogni elemento) dà vita ad un elenco puntato (si chiude con </UL> e <OL><LI> (con <LI> prima di ogni elemento) dà vita ad un elenco numerato (si chiude con </OL> e |tag possono essere “nidificati”. Quindi <u><b><i> Università telematica Pegaso </u></b></i> restituisce: Università telematica Pegaso. | meta tag Passiamo ora a esaminare il significato dei meta tag, che sono metadati1 fondamentali per indicare sia notizie tecniche al browser che per la lettura dei contenuti da parte dei motori di ricerca. Naturalmente l'elenco dell'esempio è limitato a quelli assolutamente indispensabili. Prendiamo questo esempio: <!IDOCTYPE HTML PUBLIC "-/\V3C//DTD HTML 4.01 Transitional//EN"> <html> <head> <title>QUI IL TITOLO DELLA PAGINA</fitle> <meta http - equiv="Content- Type" content="text/html; charset=utf-8"> <meta name="RESOURCE-TYPE" content="DOCUMENT"> <meta name="KEYWORDS" content="parole, chiave, separate, da, virgole, e, spazi"> <meta name="AUTHOR" content="NOME AUTORE DELLA PAGINA O AZIENDA"> Per usare il Cms, una volta che un programmatore lo abbia modificato secondo le nostre esigenze, se ve ne è la necessità, bisogna decidere e inserire le “categorie” (se fosse una testata online, per esempio, potrebbero essere ‘attualità’, ‘cronaca’, ‘politica’, sport’, ‘cultura e spettacolo', ‘benessere'). Poi dall'apposito menù si apre un nuovo ‘articolo’, in cui inseriamo senza alcuna preoccupazione di formattazione, il titolo, se è il caso un sommario e il contenuto, inseriamo una o più immagini che avremo caricato precedentemente nell'apposita cartella (vi consigliamo una divisione per sottocartelle in cui raccogliere le immagini per categoria di appartenenza, per gestirle più agevolmente), si salva, e il nostro lavoro è online pronto per essere condiviso. Ovviamente possiamo inserire nel nostro testo, oltre ad immagini, anche video, collegamenti a documenti, brani audio, a siti estemi. Per gestire al meglio l'utilizzo di alcune di queste funzioni ci si può avvalere anche di plugin. Una componente essenziale per aiutarci a comunicare attraverso il lavoro da noi pubblicato attraverso il Cms, e per gestire determinate funzionalità, sono i plugin. Si tratta di qualcosa di molto simile alle app che normalmente scaricate sul vostro telefonino e che hanno, ognuno, delle specifiche finalità. Ve ne sono di orientati alla maggiore sicurezza del vostro sito, come per esempio quelle di Google che gestiscono un sistema di captcha (un acronimo che sta per “Completely automated public Turing test to tell computers and humans apart”, vale a dire “Test di Turing pubblico e completamente automatico per distinguere computer e umani”). Sono utilizzati per impedire che i bot (abbreviazione di robot) utilizzino determinati servizi, come i forum, la registrazione presso siti web, la scrittura di commenti e in generale tutto ciò che potrebbe essere usato per creare spam o per violare la sicurezza con operazioni di hacking come il brute force (attacco brutale contro un server fatto provando tutte le possibili combinazioni per arrivare ad una password di accesso). Questo tipo di test è stato utilizzato anche per contrastare lo spam generato da bot, obbligando per esempio il mittente di un messaggio e-mail non conosciuto dal destinatario a superare un test CAPTCHA prima di consentire la consegna del messaggio. Ma ci sono anche quelli che aiutano a creare una galleria fotografica con estrema facilità, quelli (forniti anche da google) che permettono il monitoraggio analitico delle visualizzazioni e delle provenienze dei nostri visitatori. Quali usare dipende dalla finalità d'uso del sito: un giornale online, un brand magazine, un sito aziendale. Vediamone alcuni, che con lo stesso o diversi nomi esistono sia per WordPress che per Joomla!: Broken link checker Aiuta a mantenere pulito il sito dai collegamenti corrotti (non più funzionanti) tramite un controllo automatico sull'integrità dei link. Oltre alla segnalazione tramite il pannello di WordPress, il plugin invia anche una e-mail di allerta per avvisare che sono stati riscontrati dei problemi mostrando la lista dei link da correggere o eliminare. Yoast Seo Serve per ottimizzare il lato Seo (search engine oriented, cioè la scrittura più efficace per la lettura da parte dei motori di ricerca) del sito. Newsletter by Supsystic Questo plugin può fungere da sistema di newsletter in modo da consentire la registrazione degli utenti che sono interessanti a ricevere informazioni via posta elettronica. W3 Total Cache Consente di velocizzare l'apertura delle pagine: chi ha già visitato il sito evita di scaricare di nuovo gli stessi contenuti. Google Xml Sitemaps Questo plugin crea la mappa del sito in formato xml da inviare ai motori di ricerca. La mappa aiuta i motori di ricerca nel comprendere la struttura del sito. UpdraftPlus WordPress Backup Plugin, o Akeeba backup su Joomla! Consentono di effettuare la copia di sicurezza del proprio sito, sia sul server che su sistemi in cloud come Google Drive, Microsoft OneDrive e Dropbox. E, naturalmente, un non si può oggi non installare sul proprio Cms un plugin che permetta di mostrare nei nostri contenuti i bottoncini per il cosiddetto “social sharing”, dal momento che la condivisione del nostro lavoro avviene soprattutto attraverso i social. Non ne indichiamo uno specifico perché ve ne sono davvero tantissimi. GAP 15: Comunicare con un titolo Francesca Pacini, nel suo “L'arte di titolare”, scrive che “Il titolo è l'etichetta con cui sigilliamo un'opera creativa e la mettiamo in circolazione: un articolo, un libro, un quadro, un film”. Ed in effetti, il titolo è l'elemento basilare in una campagna di comunicazione: soffermiamoci a riflettere su quante volte uno slogan ci ha convinti ad acquistare qualcosa, o quante volte abbiamo comprato un libro solo per la suggestione del titolo. Pensate a quando comprate un giornale perché attratti dal titolo sulla locandina che lo reclamizza. Gli esperti di marketing sanno bene quanto conta il nome per lanciare e affermare un prodotto, per dargli vita e successo. Un titolo, così come uno slogan promozionale, deve essere un messaggio immediatamente riconoscibile. Sia che trattiamo di carta stampata che di web o radio e tv, è da lì che si parte. Il titolo comporta innanzitutto la sintesi delle notizie cui esso è riferito. Stefano Ondelli scrive “Un titolo ha dei requisiti fondamentali da rispettare, in primo luogo quello di veicolare la massima quantità di informazioni nel minor spazio possibile.”. Un requisito oggi determinante, perché i quotidiani, ma anche i siti web, sono soggetti a una lettura veloce e distratta ed il titolo diventa l'elemento determinante che induce a decidere se leggere o meno l'articolo. Il titolo è “il codice di lettura del quotidiano" (Papuzzi, 2003) e, in un giornale, rappresenta la porta d'ingresso agli articoli. Un titolo ben fatto - insieme all'occhiello e al sommario - fa sapere subito al lettore qual è la notizia, anche senza leggere l'articolo. In un giornale i titoli sono scritti dal caporedattore o comunque da redattori di lungo corso. È un'arte, quella del titolo. Saper titolare efficacemente è la summa del giomalismo: richiede infatti senso della notizia, sintesi, capacità di usare e intrecciare riferimenti culturali diversi. Ovviamente i tempi della titolazione di un quotidiano, cartaceo o web, sono molto più veloci di quelli di un settimanale o di un mensile. Può capitare che una notizia importantissima, dell'ultima ora, richieda di smontare la prima pagina del giornale pronto ad andare in stampa e di ricomporla, elaborando in tempi fulminei dei nuovi titoli. Ecco la necessità che chi titola sia un esperto. Secondo Umberto Eco i titoli possono essere informativi o emotivi. Di sicuro possono essere di due tipi: enunciativi o paradigmatici. Il primo tipo enuncia la notizia, cerca i collegamenti fra i suoi elementi e li riporta in maniera lineare, informativa, come nell'esempio che segue: Contrasti tra Italia e Francia per le sanzioni contro l'Iran. Il titolo paradigmatico usa invece una parola, o uno slogan, per cogliere il significato generale o dare un senso alla notizia. Per questo, ha un impatto emotivo sul lettore: Le bambine perdute che vanno alla guerra (articolo sulle bimbe dei paesi in guerra nel Terzo Mondo). Il titolo emotivo, o paradigmatico, ricorre spesso al calembour, un gioco di parole che usa riferimenti che attingono al cinema, alla letteratura, all'arte. Presuppone un terreno culturale comune con il lettore, che deve essere in grado di captare e riconoscere quel riferimento Spesso il titolo viene manipolato e ha ben poco a che vedere con il contenuto dell'articolo. Serve solo da specchietto per le allodole finalizzato ad attirare il lettore, che si sente raggirato dal trucco. Il titolo tecnicamente Esiste una differenza di impostazione tra la comunicazione attraverso la carta e quella fatta attraverso il web, e risiede anche nel titolo. Tradizionalmente, nei quotidiani cartacei il titolo è corredato da occhiello (sopra al titolo) e sommario (sotto al titolo). Insieme, questi tre elementi devono bastare a comunicare la notizia al lettore. Spesso viene usato anche, sotto il sommario, il catenaccio. L'occhiello introduce e annuncia il titolo, spesso specificandone anche l'area tematica. Il titolo deve contenere il nocciolo della notizia perché, in massima evidenza visiva, è il primo che viene letto. Il sommario invece, che si riallaccia a titolo e occhiello, condensa in poche righe il contenuto dell'articolo. Evitiamo di usare frasi troppo complesse e di gestire gli aggettivi in modo emorragico. La semplicità, il ritmo e la scorrevolezza sono le chiavi per scrivere un buon sommario. Il catenaccio — usato soprattutto nei quotidiani — si trova sotto il sommario e chiude lo spazio del titolo, dividendolo da quello riservato all'articolo. Il catenaccio è di una o due righe ed è quasi un secondo titolo. Una regola di base, valida per qualsiasi strumento di comunicazione, cartaceo o digitale, stiamo usando: scrivendo il titolo, l'occhiello e il sommario bisogna fare attenzione a non ripetere mai la stessa parola. Diverso è l'uso del titolo su un portale web: la struttura dei CMS (Content management System, Sistema di gestione dei contenuti, a cui si appoggiano ormai quasi tutti i portali informativi) permette l'utilizzo generalmente solo di titolo e sommario per una questione di struttura. E qui la bravura nella sintesi del giornalista o del comunicatore deve essere se possibile ancora maggiore, se si vuole che il contenuto venga letto. Dalla carta al web Con l'avvento di internet il titolo sbarca anche sul web, dove diventa il re dei “microcontenuti”. Ora sono soprattutto i siti e i luoghi di scrittura digitale come i blog ad aver bisogno di titoli sempre più efficaci. Se sul giornale il lettore si aspetta già di trovare un certo tipo di contenuto, sul web si naviga spesso incontrando anche contenuti inattesi. Se invece la ricerca è mirata, ecco che allora diventa importantissima la tracciatura di Google che, con il suo spider, ogni giorno gira in rete per cercare nuove indicizzazioni. Dunque il titolo è davvero lo strumento fondamentale di ogni contenuto che vogliamo rendere “trovabile” e visibile sul web, tanto che anche le testate giornalistiche online cominciano a scrivere i titoli pensando ai motori di ricerca (scrittura SEO). Sul web gli elementi chiave per una buona titolazione sono la brevità e il contenuto informativo. In ordine alla brevità è bene sapere che Google traccia le prime 6, 8 parole da sinistra, quindi è bene davvero il caso di dire “non perdiamoci in chiacchiere!”. Se la brevità è il requisito principale di ogni titolazione sulla carta, sul web diventa un vero e proprio obbligo. Oltretutto la ragione del titolo limitato ad 8 parole ha anche un'altra motivazione, al di fuori di quella digitale. La psicologia cognitiva insegna che la mente umana ha un limite invalicabile: nella memoria a breve termine riesce a mantenere un numero di elementi pari a 7, con una forbice di più o meno due. Il limite si riferisce ai numeri, ma se si usano parole sconnesse tra loro l'esperienza è ugualmente valida. Di questo si è occupato a fondo lo psicologo esse, e a promuovere lo spirito di collaborazione tra colleghi, la cooperazione fra giornalisti e editori, e la fiducia tra la stampa e i lettori», recita l'incipit del testo. In forza dell'art. 21 della Costituzione, la professione giornalistica — e la comunicazione negli altri ambiti che abbiamo visto fin qui - si svolge senza autorizzazioni o censure. Ma questa pietra miliare si “scontra” con alcune prepotenti necessità sancite dall'Ordine, come quella di evitare riferimenti a fatti passati di una persona se essi non siano assolutamente indispensabili alla completezza della notizia che in quel momento si sta trattando. E se si parla di una persona condannata in passato per reati commessi si deve valutare e “pesare” l'incidenza della pubblicazione sul percorso di reinserimento sociale dell'interessato e sulla famiglia, specialmente se genitore o fratello di persone di minore età. In questo caso la necessità di tutelare la qualità della vita del minore ha il predominio sul risvolto di cronaca che può avere il raccontare fatti passati sia pure necessari ad inquadrare meglio una vicenda. Tra l'altro il giornalista, che appartenga alla carta stampata o alla Tv o al web, così come se ci occupa di uffici stampa, è spesso tenutario, per scopi di lavoro, di archivi nei quali sono contenuti dati personali e sensibili di persone. Se sono strettamente personali, non sono soggetti a regolamentazione, ma se dovessero appartenere ad una redazione, l'articolo 2 delle apposite regole deontologiche allegate al testo unico che stiamo prendendo in esame prevede che le imprese editoriali siano tenute a rendere noti al pubblico, mediante annunci da pubblicare almeno due volte l’anno, l'esistenza dell'archivio e il luogo dove è possibile esercitare i diritti previsti dal regolamento. Anzi, nella gerenza (quella parte del giornale cartaceo e web dove viene indicato almeno il nome del direttore responsabile ed eventualmente della redazione e i relativi recapiti) dovrà essere indicato il responsabile dell'archivio cui ci si possa rivolgere se necessario. Un alto grado di protezione è offerto anche alle vittime di violenza sessuale, per le quali — a meno che non lo chiedano esse stesse — è vietato fare i nomi. E non pensiamo che questo argomento possa essere trattato solo in un articolo di cronaca: ci si potrebbe trovare ad avere a che fare l'addetto stampa di un'associazione che si occupa di tutelare le vittime di violenza, o la figura professionale che si interessi di comunicare notizie sull'attività del sodalizio attraverso il sito dell'associazione stessa. Certamente può interessare sia il brand journalist che lavori per una casa farmaceutica che il giornalista tradizionale di carta stampata, tv, web e radio la necessità di rispettare i diritti e la dignità delle persone malate o con disabilità fisiche o mentali, intellettive o sensoriali, ed evitare il sensazionalismo nella pubblicazione di notizie su argomenti scientifici, perché potrebbe far sorgere timori o speranze infondate. Quando si parla di notizie sanitarie o riguardanti nuovi farmaci e la loro efficacia esse vanno diffuse solo se autorevolmente verificate! Né deve essere citato il nome commerciale di farmaci e di prodotti in un contesto che possa favorime il consumo. Libertà di manifestazione del pensiero Come potenziali operatori della comunicazione o come semplici cittadini tornerà utile sapere se e quanto ci è concesso esprimerci. La libertà di espressione, definibile anche come libera manifestazione del pensiero o libertà d'opinione, sancisce il diritto di ogni cittadino a esprimere liberamente le proprie convinzioni e idee, sia individualmente sia collettivamente. La libertà di manifestazione del pensiero esprime un valore fondamentale dell'odierna società democratica in quanto assicura la formazione di un convincimento personale da parte ogni persona e di una opinione pubblica libera e criticamente fondata. Il riconoscimento di tale diritto costituisce il fondamento di ampi ambiti del vivere civile, quali la politica, il credo religioso, l'espressione nell'arte e nelle scienze e trova la sua prima codificazione, nella storia modema, con la costituzione americana del 1787. Fortemente limitata dai regimi totalitari e dalle dittature del Novecento, ancora oggi la libertà di espressione non è completamente riconosciuta nel mondo, spesso osteggiata per motivi politici, religiosi, culturali. Tuttavia, anche nelle democrazie in cui è pienamente riconosciuta, la libertà di espressione presenta dei limiti giuridici, generalmente indicati nelle costituzioni. Altri diritti e valori primari, quali il buon costume o morale pubblica, la dignità e la riservatezza della persona, l'ordine pubblico e la sicurezza dello Stato, in forme e misure diverse, che hanno importanza tale per cui, di fronte ad essi, anche un diritto basilare, come la libertà di espressione, può essere circoscritto. La Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo e del Cittadino la definisce come: “libera comunicazione dei pensieri e delle opinioni, uno dei diritti più preziosi dell'Uomo; ogni cittadino può dunque parlare, scrivere, stampare liberamente, salvo a rispondere dell'abuso di questa libertà nei casi determinati dalla legge”. Questo concetto è stato pienamente riportato nell'articolo 21 della nostra Costituzione: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione». La norma in oggetto ne sancisce l'inviolabilità nei confronti di tutti i soggetti e la tutela sotto ogni forma, scritta, parlata e con ogni altro mezzo di diffusione. L'epoca storica in cui è stato scritto l'articolo 21 Costituzione ha determinato l'assenza, in esso, di ogni riferimento esplicito ai principali mezzi di comunicazione che abbiamo invece oggi, a distanza di circa 70 anni. Ciò non vuol dire, però, che la carta costituzionale non tuteli anche la libertà di espressione esercitata ad esempio attraverso internet. Lo stesso articolo 21, del resto, fa riferimento a “ogni mezzo di diffusione” e, quindi, anche al web. «La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure»: nel periodo fascista i controlli sulla comunicazione erano penetranti. Il costituente, all'opposto, sceglie di limitarli fortemente, vietando qualsiasi censura. Anche la registrazione dei periodici presso i Tribunali della circoscrizione di pubblicazione (norma prevista dall'articolo 5 della legge 8 febbraio 1948, numero 47) non è una misura repressiva, ma uno strumento volto ad agevolare l'eventuale sequestro e non può mai comportare un controllo nel merito per autorizzare o meno la pubblicazione. Dunque, l'articolo 21 esclude ogni forma di autorizzazione preventiva o di censura successiva alla redazione dello stampato. Il sequestro della stampa è oggetto di precisa disciplina legislativa (la legge 47/1948), che assicura un particolare procedimento e sufficienti garanzie. «Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili. In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell'autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all'autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s'intende revocato e privo d'ogni effetto. La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica. Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni». Dalla lettura dell'articolo 21 si evince che tale diritto all'espressione libera viene tutelato: - nel momento statico, che significa che ognuno può crearsi un proprio patrimonio di idee; - nel momento dinamico, quando si desidera esprimere tali idee; - nel momento negativo, che implica che ciascuno ha il diritto di tenere segrete le proprie opinioni Esistono tuttavia alcuni limiti, rappresentati da altri diritti e valori primari, di fronte ai quali anche un diritto basilare, come la libertà di espressione, può essere circoscritto: - il buon costume, che impedisce di manifestare il proprio pensiero tramite modalità che offendono il comune senso del pudore e la pubblica decenza; - la riservatezza e l'onorabilità delle persone, che tutelano la dignità, l'onore e la privacy delle persone; - il segreto di Stato, quando, per i motivi più disparati, un documento è coperto dal segreto, perché la sua divulgazione potrebbe arrecare un pericolo alla sicurezza dello Stato democratico; - il segreto giudiziario, al fine di garantire il buon andamento dell'amministrazione giudiziaria e per non ledere la reputazione degli imputati, salvo il limite della pubblica rilevanza; - l'apologia di reato, che in realtà non costituisce una libera forma di manifestazione del pensiero. La glorificazione e l'esaltazione di figure di reato può infatti rappresentare un pericolo per l'ordine pubblico. Come si può constatare con estrema facilità si tratta di limitazioni che, in buona parte, come evidenziavamo nel paragrafo precedente, toccano anche il mondo comune, quello che viviamo ogni giorno attraverso i social, dove questi limiti per una diffusa ignoranza della materia vengono troppo spesso violati. Le norme deontologiche che disciplinano la professione giornalistica espressamente parlano di “diritto dei cittadini all'informazione” e di “diritto dovere di cronaca”, senza fare distinzione tra mezzi di informazione. Per poter parlare di correttezza nell'ambito della comunicazione (e potrebbe esserla certamente anche quella di un “writer” che realizza un murale), bisogna tener conto di alcune regole, perché il diritto inviolabile del singolo individuo soccombe di fronte all'esigenza informativa, ma nel rispetto di alcune precise condizioni. Di stabilire quali siano queste condizioni si è incaricata la giurisprudenza, a partire dalla storica sentenza che scrisse il cosiddetto decalogo del giomalista (la 5259 della Cassazione, emessa il 18 ottobre 1984). Secondo tutti i giudici che, a partire da quella storica sentenza, si sono ritrovati a dover affrontare problematiche relative al diritto di cronaca, quest'ultima si configura correttamente soltanto quando concorrono i seguenti requisiti: a) la verità dei fatti (oggettiva o “putativa"); b) l'interesse pubblico alla notizia; c) la continenza formale, ossia la corretta e civile esposizione dei fatti. In assenza anche di uno solo di questi requisiti, il diritto inviolabile risorge in tutta la sua pienezza, rendendo illecita la manifestazione di pensiero. In ordine alla condizione della verità dei fatti che vengono narrati, bisogna fare un distinguo tra il contesto informativo e non informativo. È naturale che si debba escludere qualsiasi responsabilità, sia civile che penale, quando i fatti oggetto di cronaca siano veri. Il diritto di cronaca vince quelli dell'individuo e la comunità va informata. AI di fuori di un contesto propriamente informativo, fatti lesivi non possono essere resi noti nemmeno quando sono veri. È utile un esempio. Se un quotidiano locale scrive che il sindaco è indagato o è stato condannato per truffa, avrà senz'altro agito nell'ambito del diritto di cronaca se quella notizia è vera. Ma se uno di noi viene a sapere che per truffa è stato condannato un proprio condomino, non potrà comunicarlo agli altri condomini affiggendo all'ingresso del palazzo il dispositivo della sentenza. Chi dunque può beneficiare del diritto di cronaca? Sarebbe errato sostenere che il privilegio di informare è riservato al giornalista. L'articolo 21 della Costituzione non può influenzare in una direzione o nell'altra l'opinione pubblica, le scelte dei cittadini e il funzionamento della democrazia cresce in maniera esponenziale. Per fare un esempio, pensiamo a alla storia di Josepha, migrante camerunense che, dopo essere stata 48 ore in mare, salvata dagli operatori di Open Arms, è stata colpita dall'odio web: “è una naufraga ma con smalto", a causa della diffusione di una foto di Josepha con smalto rosso e braccialetti. Da lì la montatura virale: “è un'attrice", “non c'è stato alcun naufragio”. La verità la racconta una giomalista dell'Internazionale che era a bordo dell'Open Arms quando hanno soccorso Josepha: “ha le unghie laccate perchè nei quattro giorni di navigazione per raggiungere la Spagna le volontarie di Open Arms le hanno messo lo smalto per distrarla e farla parlare. Non aveva smalto quando è stata soccorsa, serve dirlo?”. A riprova la foto del salvataggio della donna dove chiaramente non ha smalto, nè braccialetti. Poiché i mezzi di informazione si trasformano in mezzi di disinformazione, si sono moltiplicati gli appelli all'introduzione di forme di controllo volte a prevenire o comunque a sanzionare la diffusione in rete delle notizie false. Ma c'è davvero bisogno dell'introduzione di una nuova disciplina? Per valutare proposte del genere è opportuno partire da un breve richiamo al quadro normativo di riferimento e fomire qualche utile consiglio. Come verificare la veridicità di una notizia che ci sembra davvero eclatante? Non sono mezzi esaustivi in assoluto, ma esistono alcuni siti che hanno fatto dello smascherare bufale il loro successo. Ne citiamo alcuni: www.butac.it — (acronimo di Bufale Un Tanto AI Chilo), www.bufale.net, www.attivissimo.net gestito dal giomalista Paolo Attivissimo, www.hoax.it. In ogni caso, al di fuori del diritto, esistono strumenti di auto-correzione, adottati dalle principali piattaforme online, tese alla promozione di codici di condotta, all'alfabetizzazione digitale degli utenti e a controllare preventivamente le notizie false. Ci sono conseguenze penali per chi si rende autore e promotore di notizie fasulle? La divulgazione di “bufale” può assumere risvolti penali anche piuttosto gravi, nonostante non esista una disciplina specifica che riguarda la creazione e la condivisione su internet di fake news. Questo perché spesso la notizia falsa è strumentale alla commissione di una serie di illeciti che sono, potenzialmente, infiniti. Spesso si parla di vuoto normativo e si richiede di approvare una nuova legge. In realtà le norme ci sono già. Basta conoscere e valutare se esse sono applicabili al caso concreto. Attualmente sono certamente configurabili: - il reato di diffamazione La diffamazione è l'ipotesi di reato più frequente in cui inquadrare le fake news. Infatti, nella condotta prescritta dall'articolo 595 del Codice penale ci sono tutti gli elementi che contraddistinguono l'agire degli autori delle notizie false, in particolare la volontà di screditare, offendere o deridere una persona ad un grande pubblico. A tale scopo quale posto migliore dei social network? Sui social la diffusione delle fake news a contenuto diffamatorio è praticamente incontrollata, perché è impossibile prevedere quante persone condivideranno o commenteranno la notizia. La giurisprudenza maggioritaria è ormai concorde nel ritenere tale fattispecie integrata anche nel caso degli insulti su Facebook; se poi le informazioni riguardano un'accusa falsa trova applicazione anche il reato di calunnia. - il reato di procurato allarme L'articolo 658 del codice penale prevede che: "Chiunque, annunziando disastri, infortuni o pericoli inesistenti, suscita allarme presso l'autorità, o presso enti o persone che esercitano un pubblico servizio, è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda da euro 10 a euro 516". Quando la fake news ha l'effetto di allarmare e spargere il panico tra la popolazione, la condotta viene integrata nel reato di procurato allarme ex articolo 658 del Codice penale. Non importa che questo fosse il reale obiettivo dell'autore della bufala, basta che la notizia procuri il timore di un pericolo reale. Tuttavia non c'è reato di procurato allarme quando la fake news non presenta i canoni della certezza ma il pericolo viene presentato come probabile o eventuale. - abuso della credulità popolare commette abuso della credulità popolare (che era reato previsto dall'articolo 661 del Codice penale e decriminalizzato nel 2016) l'artefice di una bufala che innesca un generico turbamento nell'ordine pubblico. - reato di rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio che si configura anche quando notizie false o esagerate relative a determinati prodotti provochino la variazione del prezzo di determinati beni. È regolato dall'articolo 501 del Codice penale. Il reato è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da 516 a 25.829 euro. Esempi? “L'impresa X sfrutta i bambini”, o “la cura del medico X non funziona”. In questo caso il legislatore richiede che la condotta sia fraudolenta, quindi il giudice deve accertare che l'autore o gli autori della notizia avevano effettivamente la volontà di turbare il mercato dei valori o delle merci. - atti di concorrenza sleale Ai sensi dell'articolo 2598 del codice civile, quando la bufala è volta a screditare i prodotti altrui diffondendo informazioni menzognere sulle caratteristiche integra atti di concorrenza sleale. Se viene in essere questa fattispecie, l'autore della notizia falsa può essere condannato al risarcimento dei danni nei confronti dell'azienda o della persona danneggiata, in misura proporzionata al danno effettivamente subito - pubblicazione o diffusione di notizie false L'articolo 656 del codice penale punisce pubblicazione o diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose, atte a turbare l'ordine pubblico. In giurisprudenza i casi sono pochi ma effettivamente questi articoli puniscono le notizie false. E se creo una notizia chiedendo di donare soldi a un falso conto corrente di beneficenza? Si configura il reato di truffa, che è punita con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 51 a 1031 euro. Queste sono fattispecie dell'altro secolo ma l'interpretazione consente al giudice di adeguarle al caso di specie. È responsabile anche chi commenta e condivide? Fermo restando che non è possibile estendere a soggetti non professionali le conseguenze sanzionatorie previste per la stampa periodica, gli autori delle fake news rischiano, come abbiamo visto, diverse sanzioni, sia pecuniarie che detentive, a seconda dell'argomento e del contenuto della notizia. Chi commenta, condivide e favorisce in vari modi la diffusione della bufala non è considerato colpevole se dimostra di non essere a conoscenza della falsità della notizia. Non viene posta in essere nessuna fattispecie di reato, perché la diffusione della fake news è stata dovuta alla mera disinformazione dell'agente che è caduto nel tranello dell'autore. Ma se la persona in questione commenta il post con frasi denigratorie ed offensive potrebbe comunque essere accusato di diffamazione ex articolo 595 del Codice penale, anche se la notizia è totalmente falsa. AI contrario, chi pubblica, condivide e commenta una bufala con la consapevolezza della sua falsità potrebbe ricadere nei reati sopra elencati come corresponsabile perché con la sua condotta ha manifestato la volontà di prendere parte al piano delittuoso dell'autore. CAP 17: Il fotografo mentitore Un corso di comunicazione digitale e social media, che si avvalgono in maniera massiccia delle immagini, elaborate digitalmente, manipolate o “tal quali”, non può non soffermarsi sulla fotografia, indagarne alcuni aspetti senza scendere nel tecnico, e conoscere quel che celebri fotografi pensano dei lavori che producono e del mondo dell'immagine in generale. Iniziamo con demolire una convinzione assolutamente comune: la fotografia non riproduce fedelmente la realtà, nonostante molti ritengano che essa sia la sua fedele immagine. È un dato di fatto che in ogni epoca, attraverso la fotografia, si è cercato di “manipolare” la realtà con i più svariati scopi, che siano essi stati legati alla propaganda politica o al rendere più attraente un prodotto o un personaggio, o anche semplicemente per rappresentare, al pari di uno scultore o di un pittore, la propria visione della realtà. Richard Avedon, grande fotografo vissuto dal 1923 al 2004 e che lavorò in vari campi (dal reportage alla moda, dagli orfani di Danang durante la guerra del Vietnam ai ritratti di Marilyn Monroe, Janis Joplin, Brigitte Bardot, Andy Warhol e Sophia Loren), affermava: «Tutte le fotografie sono precise, nessuna è la verità». Esempi di “manipolazione” della realtà attraverso la fotografia li troviamo sin dagli albori della sua storia. In epoca vittoriana (la regina Vittoria visse dal 1836 al 1901), con la fotografia che iniziava a diffondersi, si sviluppò la pratica delle foto post mortem, delle quali esistono ancora numerosi esempi. Benché non fossero gli unici destinatari degli scatti, l'alta mortalità infantile rendeva proprio i neonati ed i bambini spesso soggetti protagonisti delle immagini scattate in queste circostanze. E se, come nel primo esempio, il soggetto defunto è fotografato “dormiente” insieme alla sorellina, nel secondo caso il ritrattista ha manipolato l'immagine dipingendo sulla lastra di vetro che costituiva il negativo gli occhi aperti della bambina. Siamo ai primi esempi di fotoritocco. Per mera curiosità, non volendo addentrarci nella storia tecnica della fotografia che qui non ha senso trattare, fu nel 1847 che Claude Felix Abel Niépce de Saint-Victor diede annuncio che le lastre di vetro potessero essere usate come negativo. Abel Niépce, cugino di Nicéphore, altra colonna dello sviluppo delle tecniche fotografiche, e di cui cercava di approfondire gli esperimenti, utilizzò una miscela composta da chiaro d'uovo sbattuto combinato con ioduro di potassio e cloruro di sodio. La tecnica venne chiamata niépceotypes, e fu ben presto soppiantata dall'uso del collodio, perché l'albumina tendeva a screpolarsi e a staccarsi in grandi falde dal supporto di vetro. Il collodio, scoperto nel 1847, era una soluzione viscosa di nitrocellulosa disciolta in alcool etilico ed etere, utilizzata soprattutto in campo medico per cicatrizzare e proteggere le ferite. Successivamente fu usata anche per altri scopi, in particolar modo in fotografia. Del nascente mondo della fotografia non aveva un buon concetto il poeta, ma anche filosofo, giornalista e scrittore Charles Baudelaire (1821-1867): «Credo nella natura e solo in quella. Credo che l'arte sia e non possa essere altro che la riproduzione esatta della natura. Sicché l'industria che ci desse un risultato identico alla natura sarebbe l'arte assoluta», affermava. Non si può che concordare con l'affermazione del poeta: anche prima dell'avvento della fotografia digitale e dei programmi per la manipolazione delle immagini, Photoshop in testa, la storia della fotografia è sempre stata piena di situazioni apparentemente reali, ma in effetti frutto della particolare intuizione o padronanza delle tecniche da parte del fotografo. Francesco Pacienza, nato a Cosenza nel 1963, giornalista e tra i fotografi subacquei più apprezzati e premiati al mondo, ama ripetere: «Nella mia fotografia ho sempre affermato che attraverso di essa io mento!». Un'affermazione, questa, che sconvolge sempre coloro che si avvicinano a questa straordinaria forma d'arte. D'altronde tutto il mondo dell’arte, ogni sua forma espressiva, non è la riproduzione della realtà, bensì l'interpretazione che l'autore ne vuole dare. «In una fotografia — evidenzia ancora Francesco Pacienza, premiato in manifestazioni internazionali come Golden Turtle, Deep Indonesia, Ocean Art, Ocean Geographic, Without Borders - io inserisco la mia cultura, il mio gusto, il mio occhio fotografico, la mia conoscenza tecnica, la digitata dall'utente nella barra di ricerca. Il termine SEO è infatti l'acronimo di Search Engine Optimization: tradotto letteralmente, ottimizzazione per i motori di ricerca. Quando parliamo di web marketing non ci riferiamo solo ad un ambito commerciale: intendiamo “intercettare utenti interessati ad un determinato argomento, prodotto o servizio”. L'obiettivo dell'attività SEO è dunque quello di scalare le posizioni sulle pagine dei risultati organici del motore di ricerca (le SERP, acronimo di Search Engine Results Page) per determinate parole chiave, in modo da intercettare e attirare utenti fornendo loro contenuti pertinenti. Per risultati organici si intendono quelli non a pagamento. Perchè l’attività SEO è così importante? Innanzitutto per la centralità dei motori di ricerca nell'attività degli internauti, che è ormai nella vita quotidiana di ognuno. Per cercare informazioni di qualsiasi tipo, notizie, prodotti, servizi, una quota maggioritaria degli utenti passa da Google: il gigante di Mountain View gestisce circa il 90% delle ricerche fatte quotidianamente, e per la stragrande maggioranza dei casi le tecniche di cui parleremo si riferiscono a quelle utili agli algoritmi di ricerca di Google. Essere ben posizionati sulle pagine dei risultati dei motori di ricerca ci garantirà un traffico più elevato di utenti, e il tutto senza costi di pubblicità. Ma non è solo una questione quantitativa, di numero di utenti che possiamo intercettare e attirare al nostro sito Web tramite la presenza sui motori di ricerca. Dobbiamo considerare anche l'aspetto qualitativo: un utente effettua una ricerca nel momento stesso in cui ha bisogno di determinate informazioni, su un prodotto, su un servizio, su un avvenimento, per esigenze di tipo pratico. Questa è la grossa differenza rispetto ad altre forme e canali di informazione, ma anche di comunicazione e promozione, sia a livello online che offline. L'utente accede ai motori di ricerca perché ha bisogno di qualcosa, perché sta cercando attivamente qualcosa. La potenza e l'unicità della SEO sta proprio in questo: è uno strumento che permette di far trovare alle persone ciò che stanno cercando, nel momento stesso in cui lo stanno cercando, con l'obiettivo di soddisfare i loro bisogni e le loro esigenze dirette, fornendo contenuti attinenti e di qualità. Per comprendere meglio il meccanismo andiamo ad approfondire brevemente il modo in cui lavora un motore di ricerca. A venirci incontro è proprio Google che offre a chi vuol saperne di più una guida schematica ma esaustiva. PRIMA DELLA RICERCA. La storia di una query di ricerca inizia molto prima della digitazione in Google. Utilizziamo software automatici, noti come web crawler o spider, che cercano pagine web da inserire poi nei risultati di ricerca di Google. Il software di Google memorizza i dati relativi a queste pagine nei data center. Il web è come un libro con miliardi di pagine e il nostro compito è indicizzarlo. - Il nostro indice supera ampiamente 100 milioni di gigabyte. - Finora abbiamo dedicato oltre un milione di ore di elaborazione allo sviluppo dell'indice. DURANTE LA RICERCA. È quando inizi una ricerca che l'algoritmo di Google inizia a reperire le informazioni che stai cercando. - Per darti risultati, la query di ricerca viaggia in media per 2400 chilometri (e nel percorso può raggiungere diversi centri dati sparsi nel mondo), a una velocità prossima a quella della luce - Mentre digiti la query iniziano a essere visualizzate previsioni delle possibili ricerche e i relativi risultati, senza dover premere invio. Così risparmi tempo e individui la tua risposta il prima possibile. Questo è ciò che chiamiamo Google Instant L'algoritmo esamina la query e utilizza oltre 200 segnali per decidere quali tra milioni di pagine e contenuti costituiscano le risposte più pertinenti. Google perfeziona gli algoritmi di ranking grazie a più di 500 ottimizzazioni all'anno. Esempi di questi segnali includono: - Attualità dei contenuti su un sito web - Numero di altri siti web che rimandano a un determinato sito e l'autorevolezza di tali link - Parole nella pagina web - Sinonimi delle parole chiave della ricerca - Controllo ortografico Qualità dei contenuti del sito - URLetitolo della pagina web Se il risultato migliore è una pagina web, un'immagine, un video, un articolo, un risultato personale e così via - Personalizzazione - Risultati consigliati da persone che conosci | risultati vengono visualizzati nella pagina in ordine di pertinenza. Oltre che visualizzare i risultati all'istante, ti diamo la possibilità di visualizzare l'anteprima delle pagine web posizionando il puntatore sulle frecce a destra del risultato, così puoi decidere rapidamente se intendi visitarle. Le anteprime istantanee si caricano in 1/10 di secondo in media. Altre statistiche: ogni giorno vengono eseguite miliardi di ricerche su Google. Dal 2003 Google ha risposto a 450 miliardi di nuove query uniche, ricerche mai viste prima. Il 16% delle ricerche eseguite ogni giorno è nuovo. Un guazzabuglio di parole Fare SEO non è propriamente facile, anche se l'utilizzo di alcune facilitazioni (ci sono siti che, anche in forma gratuita, analizzano le vostre pagine scovando problematiche e dandovi consigli per risolverle) rende il compito meno arduo di qualche anno fa. Di sicuro può disorientare l'impatto con il vocabolario SEO, che contiene una lunga lista di acronimi e neologismi. Facciamo qui una brevissima panoramica, in ordine alfabetico, tra quelli di uso più frequente e, comunque, tra i più utili allo scopo di questa lezione: Algoritmo: è il “meccanismo” di cui si serve il motore di ricerca per soddisfare le nostre richieste. Con l'aiuto della guida di Google abbiamo appena spiegato il suo Alt: si usa nel codice html della pagina e serve a definire il testo alternativo associato ad una immagine. Viene letto dai motori di ricerca, e oltretutto grazie ad esso le persone con disabilità visive possono capire il significato dell'immagine. Nella pratica, passando il mouse sull'immagine viene mostrato (o letto con appositi programmi per gli ipovedenti) il testo inserito. Anchor test: è il testo del link, ossia le parole sulle quali si può cliccare per attivare il link. Appare nel codice html Backlink: il link all'interno di un sito che porta ad un altro sito CTR: il CTR (acronimo di Click Through Rate) è il numero di clic ricevuti dal tuo annuncio/post diviso per il numero di volte in cui l'annuncio viene visualizzato: la formula è clic + impressioni = CTR Indicizzazione: inserimento di un sito web nell'indice di un motore di ricerca Keyword: sono le parole chiave, che riassumono il contenuto o l'argomento di un testo o del contenuto del sito Local SEO: sono le regole SEO applicate ai siti web di realtà che operano in una determinata area del territorio, permettendo il posizionamento delle parole chiave in quella precisa area geografica Meta tag description: contiene una breve descrizione del contenuto della pagina web, ha una lunghezza ottimale di 160 caratteri (anche se Google ha annunciato di averla aumentata) e viene visualizzato nella SERP Ottimizzazione: miglioramento di un sito web secondo le regole della SEO e nel rispetto dei parametri stabiliti dall'algoritmo Page rank (o ranking): punteggio assegnato alle pagine web per determinare il loro posizionamento. È un algoritmo di proprietà di Google Posizionamento: Posizione che un sito web può guadagnare nella SERP grazie all'ottimizzazione Protocollo https: hyperText Transfer Protocol over Secure Socket Layer, protocollo di trasmissione dei dati in maniera sicura, che permette di criptare le informazioni prima che inizi il trasferimento dei dati. Funziona attraverso un certificato SSL Query: ricerca effettuata dall'utente in un motore di ricerca Redirect o reindirizzamento: se un URL non esiste più, come nel caso di pagine cancellate o spostate, il reindirizzamento dirotta il traffico verso un'altra pagina funzionante Responsive: il suo perfezionamento è un'innovazione relativamente recente. Un sito è responsive quando la sua visualizzazione si adatta perfettamente agli schermi di tutti i dispositivi, desktop e mobili, senza perdita di qualità, informazioni o funzionalità SEO: search Engine Optimization (Ottimizzazione per i Motori di Ricerca), è insieme delle attività mirate al miglioramento delle posizioni di un sito web nella lista di risultati nei motori di ricerca. Si divide in off-site, che si occupa di tutte le attività svolte all'esterno di un sito web per ottenere un aumento del traffico; on-page, che si occupa di tutte le impostazioni relative alle singole pagine, sia per quanto riguarda i contenuti sia per la struttura; on-site, che si occupa di tutte le impostazioni generali del sito che permettono una migliore velocità, performance e sicurezza, e predispongono le basi per ottimizzare anche altri aspetti più specifici SERP: search Engine Result Page (pagina dei risultati dei motori di ricerca); la pagina del motore di ricerca che mostra la lista di risultati ottenuti effettuando una “query” Spider: applicazioni del motore di ricerca che hanno il compito di scansionare le pagine presenti nell'indice e confrontarle con la query dell'utente. Chiamati anche crawler, robot, bot URL canonico: serve a stabilire quale contenuto è quello principale all'interno di una serie di contenuti duplicati Le regole base della SEO Dunque, ci siamo: ora che abbiamo compreso come lavorano i motori di ricerca, e abbiamo familiarizzato con i termini che riguardano il mondo delle tecniche di ottimizzazione che servono a far salire più in alto un sito quando facciamo ricerche su argomenti di cui esso tratta, arriviamo all'ABC delle tecniche di scrittura SEO. Come abbiamo evidenziato in precedenza, servono a rendere un testo interessante per i robot dei motori di ricerca, ma è certo che nel fare questo lavoro non possiamo perdere appeal per gli utenti “umani” che leggeranno il testo. 1. Creare contenuti originali Il primo problema che affrontano i crawler quando indicizzano un testo è l'originalità dello stesso: le pagine indicizzate vengono confrontate con quelle già presenti nell'indice. Quindi per evitare di essere scartati in partenza, innanzitutto bisognerà creare contenuti originali, che non sono la copia esatta di un altro testo, tenendo presente proprio che i motori di ricerca premiano i nuovi contenuti. 2. Scrivere prima per i lettori e poi per i motori di ricerca indispensabile per avere il polso della situazione e per capire cosa cercano le persone intorno a un argomento. Grazie al completamento di ricerca e ai consigli che Google dà su una query puoi capire quali sono i temi più importanti che i potenziali lettori cercano sul motore. Basta iniziare a digitare sulla barra delle ricerche di Google una parola chiave o una frase che la contenga, e verranno mostrate quali sono le ricerche effettuate più volte dagli utenti riguardo quel tema. Per ottimizzare questo processo puoi utilizzare un add-on di Google Crome che ti dà la possibilità di mostrare tutte le correlate. Questo strumento si chiama G Related Search ed è un'estensione SEO molto comoda per chi cerca nuove parole chiave. Un altro strumento molto valido che aiuta a scegliere le parole chiavi giuste è Ubersuggest, un tool che permette di conoscere le query che gli utenti hanno digitato intorno a una determinata ricerca. Con Ubersuggest puoi trovare chiavi secondarie, varianti della parola chiave principale con l'aggiunta di una o più keyword, e correlate, ovvero suggerimenti che ampliano il campo semantico del topic principale e aiutano a capire come migliorare un contenuto. Perché è così importante questo strumento? Perché riassume in un'unica schermata due tools di Google: i termini del Keyword Planner e di Google suggest. In più riporta CPC (costo per click di AdWords utile per capire quanto vale economicamente una parola chiave) e volume di ricerca. Inoltre, con Ubersuggest è possibile selezionare le keyword interessanti e riportarle in un elenco a parte. Altri strumenti utili per la ricerca di parole chiave da utilizzare sono Keyword.io, che dà la possibilità di cercare parole chiave correlate in molti altri motori di ricerca come YouTube, Wikipedia, Amazon ed eBay e Hypersuggest, molto interessante perché restituisce le parole digitate prima e dopo la keyword principale. Le parole chiave con un unico termine sono molto utili in fase di scrittura di un testo per aumentare la pertinenza dello stesso e migliorarne l'indicizzazione, ma molto difficili da conquistare nella ricerca diretta. Infatti, esse hanno un alto volume di ricerca e, spesso non permettono di classificare il nostro testo in maniera adeguata poiché troppo generiche. Immaginiamo ad esempio di pubblicare una ricetta online, gli utenti che cercheranno la parola chiave “torta” troveranno, proposto dal motore di ricerca, un elenco di argomenti lunghissimo, che spazia in contenuti di tutti i tipi: foto, video, inserzioni a pagamento, luoghi geografici, articoli, e molto altro ancora. Per ovviare a questo problema, uno strumento online molto efficace è AnswerThePublic, che dà risultati basati su un approccio discorsivo, ovvero non basandosi più sulla singola parola chiave, ma sulle long tail keyword. Le long tail keywork sono delle vere e proprie frasi chiave che gli utenti utilizzano nei motori di ricerca e che permettono di posizionare i nostri contenuti in maniera più semplice e diretta. Un esempio di ricerca è “come faccio a preparare la torta di mele?”: se riusciremo a riutilizzare questa long tail potremo “acchiappare” tutti quelli che si pongono questa domanda sul motore di ricerca. La scrittura sul web rappresenta senza dubbio una bella sfida, che può essere superata grazie alle tecniche SEO che abbiamo appena visto. Utilizzando questo efficace strumento di marketing creeremo non solo testi interessanti, brillanti, piacevoli da leggere e dai contenuti davvero originali, ma soprattutto saremo in grado di intercettare utenti interessati al nostro argomento e di attirarli verso il proprio sito web nel momento stesso in cui esplicitano questo bisogno tramite una ricerca sul web.
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