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Comunicazione narrativa , Dispense di Semiotica

comunicazione narrativa

Tipologia: Dispense

2015/2016

Caricato il 08/05/2016

Andre1476
Andre1476 🇮🇹

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Scarica Comunicazione narrativa e più Dispense in PDF di Semiotica solo su Docsity! COMUNICAZIONE NARRATIVA CAPITOLO 1 1.1 Le narrazioni iniziano ad essere indagate tra gli anni 60-70 grazie alla ‘’Scuola di Parigi’’. Prima fase che permette la messa a punto di una serie di strumenti di analisi essenziali per classificare la posizione del narratore interno di una storia, valutare il rapporto mutevole tra il tempo della storia narrata e del discorso che la narra, identificare il punto di vista attraverso cui la storia è raccontata. In realtà ogni storia finiva per assomigliare alle altre, si percepivano gli elementi ripetitivi ma non quelli differenziali. Solo a partire dagli anni 90 lo studio delle pratiche narrative ha imboccato una nuova strada grazie anche agli apporti incrociati del cognitivismo, delle neuroscienze e degli studi sull’intelligenza artificiale. I cognitivisti si sono resi conto che la nostra mente si fonda sulla connessione crono causale di episodi, in sostanza su narrazioni in cui stadio dopo stadio apprendiamo a correlare eventi come cause ed effetti. I neuro scienziati hanno cominciato a ‘’fotografare’’ il modo in cui osserviamo qualcosa e lo classifichiamo sulla base di un confronto con un modello: ogni nuova esperienza viene valutata sulla base della sua conformità o difformità rispetto a uno schema pregresso. In questa nuova prospettiva le narrazioni costituiscono dunque palestre per addestrarci a interpretare il mondo secondo attese convenute o per permetterci di riadattare queste attese ai cambiamenti della realtà. Tale palestra è oggi particolarmente necessaria in una fase di globalizzazione dei sistemi informativi. Per questo lo studio delle pratiche narrative è oggi divenuto essenziale sia nell’istruzione scolastica superiore sia per le discipline universitarie. Oggi nel mondo del marketing è quello in cui si è assistito al più incisivo processo di narrativizzazione, perché le marche si sono smaterializzate e hanno acquisito un valore del tutto indipendente dai prodotti ad esse riconducibili divenendo vere e proprie istanze narrative, in grado si attivare programmi narrativi e di inserire i consumatori nel format identitario cui tali programmi si orientano Infatti se ogni narrazione è un processo orientato di trasformazione, progettualità e cambiamento che coinvolge uno o più attori e in base al quale l’elemento prioritario non è il significato ma la direzione, le grandi marche internazionali hanno assunto il ruolo di programmatori narrativi: si prende il consumatore (Soggetto) e lo si porta a uno stadio successivo di soddisfacimento grazie al ruolo dell’aiutante, (cioè l’azienda stessa) che in parte coopera a fornire le competenze in grado di soddisfare il desiderio del consumatore e in parte crea essa stessa questo desiderio . 1.2 Teoria dello schema (frame): ogni nostra esperienza viene compresa sulla base di un confronto con un modello stereotipico, derivato da esperienze simili registrate nella memoria: ogni nuova esperienza verrebbe dunque valutata sulla base della sua conformità o difformità rispetto a uno schema pregresso. Autentico terminale per l’integrazione e la classificazione dei dati esperienziali, lo schema si riferisce a oggetti statici o a relazioni e cioè concerne le attese relative al modo in cui le aree esperienziali sono strutturate/classificate in una certa situazione. Il bambino inizia a sviluppare questa capacità intorno ai tre anni: attraverso una lenta comparazione cognitiva tra ciò che gli accade e la memoria di ciò che gli è accaduto tale bambino apprenderà a leggere correttamente ogni situazione e dunque a immaginarne, narrarne e simularne altre. Uno schema è però soltanto un’etichetta che noi apponiamo a porzioni dinamiche di esistenza. Teoria dello script: capacità di codificare quello che avviene entro frame astratti (appunto gli script). Essi si riferiscono a processi dinamici e cioè al modo in cui si producono attese relativamente alla maniera in cui si verificano sequenze di eventi. Uno schema da il paradigma semantico di un evento, lo script ne costituisce l’articolazione sintattica: senza il primo non si comprende nulla, senza il secondo non accade letteralmente nulla. Gli script vengono classificati come 1. Situazionali riguardanti l’orizzonte d’attesa delle situazioni quotidiane 2. Personale riguardante i ruoli 3. Strumentali riguardanti le microazione necessarie a pervenire uno scopo Tutto si articola dunque secondo una sintassi convenuta di gesti e azioni radicata nella tradizione culturale di uno spazio sociale e qualsiasi trasgressione a tale sintassi ordinaria su cui si fonda il nostro sistema d’attese viene letta sullo sfondo di un repertorio contenuto di script. Tutto si costruisce attraverso frames e script: cognitivisti e neuro scienziati hanno classificato in sette componenti il nucleo essenziale di qualsiasi narrazione 1. Setting 2. Fattore causale 3. Risposta interna 4. Obiettivo 5. Intenzione 6. Azione 7. Reazione Da notare che ogni trasgressione a uno story schema viene resettata secondo schema precogniti e da ciò derivano due certezze a. Si ricorda meglio un testo che conferma gli story schemata b. Si comprende e ricorda meglio un testo in misura direttamente proporzionale al numero di connessioni causali Ogni narrazione si organizza introno al desiderio da parte di un attore di promuovere e perseguire un obiettivo malgrado gli ostacoli che vi si frappongono e in virtù delle pianificazioni elaborate per rimuovere tali ostacoli. A partire dai tre anni ogni bambino inizia a elaborare uno stile di storytelling secondo questo schema, e ciò gli consente di classificare la rappresentazione mentale della situazione in cui si trova, colmando le lacune di informazione attraverso la memoria semantica (che registra i frames) e poi di leggere gli eventi che accadono grazie alla memoria episodica o sequenziale (che registra gli script). La capacità di prevedere il futuro in termini di storie o destini appartiene sino in fondo solo all’uomo, homo narrans proprio in quanto la narratività costituisce uno strumento cognitivo in grado di fornire modelli di comprensione concettuale delle situazioni e di cooperare alla configurazione spazio-temporale dell’agire quotidiano. I concetti sono di per se stessi de localizzati ed è la narratività a dare loro un’ambientazione spazio-temporale, per cui raccontare qualcosa non significa solo connettere un particolare accadimento a uno schema di riferimento, ma soprattutto inserirlo in una catena processuale che ci permetterò di predire anche gli eventi futuri. 1.3 L’uomo osserva il mondo in una forma narrativa per potergli assegnare un ordine e una esplicabilità razionale che altrimenti esso non possiederebbe. Qui non ci sono oggettivamente narrazioni, ma soggettivamente ‘’pensieri narrativi’’. Fludernik: lo storytelling comunica ed è un’esperienza filtrata della coscienza individuale. Sono i destinatari a costruire attivamente i testi nei termini del loro allineamento con parametri cognitivi esperienziali, proprio in quanto ciò serve a reintegrare il perturbante con il conosciuto e il familiare. White: i processi di narrativizzazione consistono nel dare forma narrativa a un resoconto aneddotico o storico con lo scopo di facilitarne la comprensione dei fenomeni rappresentati . Nell’atto di descrivere la realtà passata o presente gli storici impongono al loro materiale format narrativi preesistenti, in cui inizio, sviluppo mediante fine siano ben marcati, al solo scopo di osservare enti reali che abbiano la coerenza, l’integrità e la finitezza di un’immagine di vita che può essere solo immaginaria, ogni resoconto storico per White è sempre una scorificazione, ossia la trasformazione del materiale storico in una forma di racconto. nella ‘’dizione formulaica’’, che consiste nella presenza di formule esprimenti temi e motivi che si ripetono nella cornice di uno schema metrico. Le’pica ha mantenuto gli elementi orali che furono considerati tipici dell’epica classica, un genere di storytelling dove tutti gli eventi conducono a una conclusione definitiva. È assente l’avventura, intesa in senso lato come incontro con l’ignoto e l’inatteso. Caratteristiche principali: • Invocazione alla Muse: il narratore-cantore si rivolge alle muse affinché gli forniscano informazioni • Inizio in medias res: il narratore omerico si concentra su una fase particolare della guerra di troia e delle avventura di Odisseo, mentre rievoca le restanti vicende in scene che riflettono l’inizio e la fine della guerra • La similitudine: consiste nell’accostare su base analogica oggetti diversi appartenente a una stessa classe o a classi del tutto diverse • L’alta incidenza del discorso diretto: testimonia il rilievo della parola nel mondo eroico • I cataloghi: nell’Iliade il narratore inserisce un catalogo dei contingenti greci e troiani • L’ekphrasis: le descrizioni dettagliate di un oggetto o paesaggio consentono al narratore da un lato di prender tempo e dall’latro di dinamizzare il racconto. le radici mitico-rurali dello storytelling sono riconoscibili anche nel dramma, genere in cui rientrano tutti i testi teatrali in cui l’autore fa parlare a agire i personaggi come se fossero davanti al pubblico. Esso a origine nell’antica Grecia tra il VI e il V secolo A.C.: il dramma antico non era un pura forma di spettacolo, ma in primis un atto religioso legato al culto di Dionisio. a. Tragedia: caratterizzata da una serie di errori fatali e decisioni sbagliate da parte del protagonista, ostacoli esterni che riflettono l’evoluzione interna dell’eroe dalla felicità all’infelicità sino alla morte, la funzione sociale della catarsi che purifica gli spettatori dalle emozioni e li incoraggia a evitare tragici errori, tramite la messa in scena del destino tragico di un eroe con il quale essi possono identificarsi b. Commedia : caratterizzata dalle azioni dell’antagonisti, la parabola dell’eroe inizia con una serie di difficoltà che nel corso dell’intreccio possono essere risolte dall’eroe stesso, la sua funzione sociale è di favorire il divertimento, sebbene le commedie possano anche veicolare una critica sociale o una satira politica. 1.5 Via via che ci si distanzia dallo storytelling rurale prendono corpo format narrativi essenzialmente fondati sul percorso biografico degli individui o plessi familiari di appartenenza, sulla dimensione spaziale, temporale e etico-precettistica che ogni uomo dovrebbe rispettare c. Lo storytelling in una dimensione biografica: agiografie, leggende parabole a. Agiografia: designa un genere di biografia permeate di elementi meravigliosi che racconta la vita leggendaria di un santo, visto quale modello etico-religioso da imitare, essa dunque richiede al pubblico una fiducia assoluta nel narratore. L’agiografia medievale è il terreno privilegiato per la narrazione di exempla, ovvero racconti che si inseriscono all’interno di testi più ampi e presentano situazioni di cui si rivela alla fine il carattere edificante in quanto modelli complementari. Essa è uno dei generi più diffusi nelle letterature dei paesi cristiani b. Leggenda: narrazione tradizionale sviluppata in contesti in cui predomina l’oralità ma poi affidata alla tradizione scritta / racconto relativo a una persona, luogo o evento come se fosse basato su una realtà storica. Poiché la leggenda non è rivolta al singolo ma alla collettività, il racconto di una leggenda conduce direttamente al dibattito o alla discussione. Si distingue tra leggenda sacra e profana • Leggenda sacra: si collega al concetto di imitatio, da una parte il santo incarna l’imitatio Christi, che è la definizione più vera di santità, dall’altra egli rappresenta l’oggettivazione della virtù e quindi fedele appare come figura irraggiungibile e modello da imitare. L’imitatio Christi può assumere un duplice volto narrativo, su cui si modellano due tipologie divergenti di leggende a seconda che il santo imiti la morte di cristo e quindi la passio, oppure la sua attività esemplare e quindi la vita. Perde la sua validità alla fine del Medioevo • Leggenda profana: chiamata anche saga, si tratta di leggende storiche ed eroiche, che si distinguono sia dalla storia in senso stretto sia dall’invenzione intenzionale, sono lontane dallo stile erudito e non rivelano alcuna influenza della lingua latina, conservano le caratteristiche retoriche di una composizione orale, costituiscono una tradizione anonima. Si distinguono in saghe islandesi, saghe dei re e saghe del tempo antico. La saga è connessa al concetto di famiglia e di spostamento di popoli e si ritrova tanto nei popoli germanici in fase di migrazione quanto presso i popoli nomasi semiti. Nel mondo moderno la saga si è rinnovata e si è incarnata nella leggenda metropolitana. c. Parabola: presenta un aneddoto che vuole essere inteso come metafora di un aspetto della vita morale o spirituale. La parabola proto tipica è un piccolo gruppo di storie messe in bocca a Gesù nella narrazione evangelica, dove la storia narrata funziona come una fonte concreta che invita al confronto con un obiettivo che resta tuttavia implicito. Il fatto che la storia faccia riferimento al solo significato letterale rende la parabola simile all’allegoria, ma si distingue dal fatto che essa è orientata specificamente in senso morale e spirituale. Essa appartiene al dominio della religione poiché la giustificazione del fatto di parlare tramite parabole è fornita da Gesù. Tuttavia le parabole si trovano anche in altri ambiti, tipo la filosofia. d. Lo storytelling in una dimensione temporale: la narrazione annalistica nei contesti storiografici, il termine ‘’annali’’ si riferisce appunto alla registrazione di eventi reali e degni di nota ordinati cronologicamente secondo l’anno solare. Nell’antichità e nel Medioevo i testi annalistici erano pure e semplici liste prive di intreccio e di un soggetto centrale, senza spiegazioni causali che collegassero gli eventi mancanti di una conclusione, mentre nella modernità sono organizzati attorno a un argomento singolo e omogeneo e mirano a essere esaustivi e. Lo storytelling in una dimensione spaziale: la narrazione odeporica prima di essere un tema letterario, il viaggio è un’esperienza antropologica che scaturisce da un atto di straniamento o da un allontanamento dall’universo familiare per proiettarsi nell’alterità e ridefinire la propria identità. Per tali ragioni il viaggio ha fornito materiali narrativi sin dall’antichità e dando origine a diversi generi letterari. Un’antica forma di narrazione odeporica è il travelogue o resoconto di viaggio, che consiste nel dichiarare che il viaggio registrato si è verificato realmente e per questo viene rappresentato in forma autobiografica dai viaggiatori stessi, essi rivelano anche modelli di percezione e conoscenza sia culturali sia individuali che ogni viaggiatore applica a un’esperienza di viaggio. In Itali il primo esempio è ‘’Il Milione’’ di Marco Polo, che si inserisce nella tradizione delle relazioni compilate tra il Due e Trecento da molti viaggiatori missionari. Oggi il travelogue è una narrazione strutturata che ricostruisce un itinerario da una distanza temporale che può essere grande o esigua trasferendo cosi l’esperienza di viaggio in un plot di viaggio. Essi sono narrati in prima persona, narratore e viaggiatore coincidono e il lettore presume che esso sia identico all’autore. È un genere più ibrido, poiché richiede si una struttura narrative di base, ma fa ampio uso di modi narratici di presentazione. Esso può essere mescolato con descrizione, esposizioni ed elementi epodemici f. Lo storytelling in una dimensione etico-precettistica: la favola. è una narrazione breve raccontata la fine di fornire un insegnamento morale o trasmettere un punto di vista etico che può essere condensato in commenti iniziali o finali. Spesso ne sono protagonista gli animali , i cui comportamenti, vizi e virtù appaiono tipicamente umani. Si può dire che la favola debutti intorno al I secolo D.C. con Fedro, sia pur continuando a conservare i caratteri di un’epoca arcaica in cui l’uomo non si percepiva distante dagli animali e dalla piante. Si può definire la favola endoforica in quanto vuole portare il lettore a riflettere sulla realtà umana mascherata dietro l’allegoria zoom orfica, sacrificando quegli elementi descrittivi concreti che potrebbero ostacolare la concentrazione sull’impegno morale. La favola inoltre si colloca in un mondo in cui bisogna affrontare situazione analoghe a quelle esemplificate allegoricamente ed è dunque una forma prolettica (volta al futuro) e didascalica. La favola contiene una morale che può essere paradigmatica quando enuncia in forme impersonale una regolarità esistenziale, paranetica se è presente un’esortazione al lettore, sarcastica qualora venga criticata una specifica categoria di individui. In genere la favola viene fatta risalire allo scrittore greco Esopo: la favola esopica si configura come un breve racconto in prosa che presenta un cronotipo generico, personaggi stilizzati, un’azione compiuta e un commento di carattere morale mentre Fedro l’ha spostata dalla prosa al verso e incentrata a livello tematico sulla protesta degli umili contro i potenti. Con Fedro la favola manifesta accentuate ambizioni letterarie, sia perché nei prologhi si sostengono l’eleganza del verso e la brevitas, sia perché le finalità didattiche- morali si uniscono a intenti satirici. Nel medioevo ha avuto una forte influenza il ‘’Fisiologico’’, opera catalogatoria che trasferisce nella simbologia cristiana il patrimonio di conoscenze naturalistiche dell’antichità offrendo una sorta di descrizione zoologica di circa 50 animali. Un forte impulso alla favola lo ha dato La Fontaine il quale amplifica la rappresentazione psicologica dei personaggi e la concretezza del cronotopo, dietro il quale si intravede la società di corte CAPITOLO 2 2.1 Voce: insieme di attributi che caratterizza l’istanza narrativa, sussumendo tutto ciò che riguarda le relazioni tra narratore e la storia da lui narrata. La voce insomma informa su chi parla. Volendo classificare le voci si potrebbe erborare una scala triadica in cui dal polo negativo della pura mimesi (storia non narrato o narrata in modo minimale) si giunge al polo positivo della pura diegesi (quando il narratore parla con la propria voce, da opinioni e valutazioni) passando attraverso il polo intermedio della narrazione nascosta (si sente la voce, ma il narratore resta nascosto) . La voce narrante che racconta e trasmette gli esistenti , gli stati e gli eventi è definibile narratore e in ogni narrazione vi è almeno un narratore, posto allo steso livello diegetico del narratario al quale si rivolge. Genette: chiama il livello della storia diegetico e quello del discorso extradiegetico. Il narratore di primo grado è pertanto collocato sul livello extradiegetico, laddove i personaggi che vivono nel mondo funzionale sono collocati sul livello diegetico. La trasmissione nella narrativa inizia con un autor reale, ovvero la persona storica in carne e osse che crea un suo alter ego, una maschera o immagine si se stesso coincidente con l’autore implicito, il quale costruisce un narratore che si rivolge a un narratario. Narrazione inattendibile: l’effetto consiste nel deviare l’attenzione del lettore dal livello della storia al livello del discorso: la storia scredita il discorso in modo tale che leggendo avvertiamo una discrepanza tra la ragionevole ricostruzione della storia e il resoconto datone dal narratore, sino al punto di sospettare di lui. Se a un estremo vi sono narratori il cui giudizio è sempre sospetto, all’altro estremo ci sono narratori difficilmente distinguibili dall’autore onnisciente e pertanto attendibili. Nel mezzo sta una confusa varietà di narratori più o meno attendibili, molti dei quali sono enigmatici miscugli di sincerità e falsità, che provocano un effetto di disorientamento nel lettore. Il concetto di narratore è assai problematico. Alcuni studiosi lo concepiscono come un agente che esegue una narrazione verbale, altri intendono che anche nel dramma e nel film vi sia una sorta di narratore (cinematic narrator). Ryan: tre diversi gradi di narratorhood g. Funzione creativa: condiste nel dar forma alla storia attraverso l’uso di tecniche narrative h. Funzione trasmissiva: modo di comunicazione del narratore i. Funzione testimoniale: affermazione narratoriale circa la verità della storia nel suo mondo di riferimento poeta poi correda l’agente con altri due accessori: il pensiero e la capacità di esprimere un’idea attraverso il linguaggio. Forster: il nostro interesse deriva dal fatto che il narratore ci rivela la vita segreta dei personaggi. I personaggi sono prodotti dall’intreccio, e il loro statuto è funzionale, in breve essi sono partecipanti o attanti più che persone. Attante si indica un ruolo fondamentale nella struttura profonda del testo, che si contrappone agli attori, i quali compaiono nella struttura superficiale del testo e sono costituiti da personaggio concreti, testualmente determinati Greimas: sei attanti Soggetto, Oggetto, Destinatore, Destinatario, Aiutante ,Oppositore. Il nucleo dello schema è centrato sull’oggetto del desiderio agognato dal soggetto e situato tra il destinatore e il destinatario. Relazione tra attanti e attori: • Isomorfismo: a un attante corrisponde un solo attore • Demoltiplicazione: a un attante corrispondono più attori • Sincretismo: un solo attore corrisponde a più attanti Negli ultimi tempi al termine attante è stato sostituito il termine ‘’partecipante’’ che designa ruoli giocati da entità coinvolte negli eventi, mentre con il termini ‘’non partecipante’’ si intende un’entità coinvolta in modo marginale Barthes e Torodov: funzione connotativa del personaggio che porta a considerare tutti i tratti psicologici del personaggio. I tre più importanti paradigmi attualmente disponibili per lo studio mimetico del personaggio sono: • Semantico: il personaggio è un’entità finzionale, collocata nello story world e dotata di proprietà umane. Essi sono incompleti e anche i mondi finzionali lo sono. Dietro gli eventi narrativi si celato codici modali che danno vita all’universo narrativo: tutti i personaggi vogliono qualcosa (modalità assiologica) perché sanno qualcosa (modalità epistemica) e agiscono (modalità deointica) sulla base di ciò che ritengono possibile fare (modalità aletica) • Cognitivo: si distingue tra flat chatacter (personaggi piatti o tipi a due dimensioni, poco approfnditi dal punti di vista morale e psicologico, viene riconosciuto appena entra in scena ed è largamente prevedibile) e i round characters (personaggi a tutto tondo o individui più articolati e caratterizzati, che proprio per la loro complessità risultano maggiormente credibili). Il personaggio può essere visto come un modello mentale relativo a un partecipante allo story world, costruito gradualmente dal lettore durante la comprensione del testo sulla base di specifici dati testuali e di strutture cognitive generali (processo di categorizzazione) • Comunicativo: le informazioni arrivano da affermazione esplicite di caratterizzazione. Un agente può caratterizzarsi da solo oppure essere caratterizzato da co-agenti o da un narratore che sta su un livello comunicativo più alto Storia del personaggio: innanzitutto il personaggio omerico è semplice monolitico. Il concetto di svilupparsi del personaggio, del suo mutare interiormente compare solo nella narrativa cristiana. Un’altra svolta cruciale si ha alla fine del Medioevo in cui il personaggio è colui che forte del proprio ingegno, tenta di piegare a proprio favore le circostanze di un mondo privo di qualsiasi disegno provvidenziale. Nella prima fase del romanzo moderno al centro vi è quasi sempre un conflitto tra l’identità del soggetto e l’identità assegnata dagli altri. Già a partire dalla seconda metà dell’Ottocento il personaggio smarrisce la capacità di incidere sul reale mentre nel novecento il personaggio tende a dissolversi. Nel romanzo postmoderno gli individui finzionali risultino privi di un’identità definita. Nel romanzo contemporaneo si possono individuare alcune tendenze come l’individualismo, un codice di traducibilità che permette al personaggio di rivestire identità differenti. Per esprimere le parole dei personaggi il narratore ha una possibilità diretta, la citazione e una indiretta, il resoconto. Discorso indiretto libero: ha le caratteristiche grammaticali del discorso indiretto senza tuttavia comportare alcuna clausola di contrassegno, questo stile tende a conservare l’idioma personale caratteristico del parlante e dunque mantiene il punto di vista soggettivo del personaggio Monologo interiore:il monologo non viene pronunciato ma esiste solo nei pensieri verbalizzati del personaggio. È la presentazione immediata e diretta dei pensieri del personaggio, non espressi a voce, senza che vi sia la mediazione di alcun narratore Monologo esteriore: il monologo è pronunciato, quest’ultimo vede in scena un personaggio che parla da solo, si rivolge al pubblico senza tuttavia nominarlo, mentre da parte loro gli spettatori quasi sentono per caso il personaggio che parla Flusso di coscienza: indica qualsiasi presentazione di pensiero illogico, non grammaticale e prettamente associativo 2.4 Il lettore è un individuo reale e concreto che interpreta il testo e pertanto non va confuso né con il narratario (controparte recettivo del narratore) né con il lettore implicito (l’istanza ricevente cui sono indirizzati i messaggi dell’autore implicito). Colui che legge deve sostanzialmente decodificare un testo: in generale il codice è una componente essenziale di ogni atto di comunicazione che stabilisce un terreno comune sul quale possono incontrarsi l’emittente e il ricevente di un messaggio. Il movimento del lettore attraverso il testo è regolato da cinque codici a. Proairetico: per organizzare le azioni descritte b. Referenziale: per connettere lo story world con corpora accettati di conoscenza c. Semico: per organizzare i personaggi e i dettagli caratterizzanti d. Simbolico: per collegare il testo a più ampie strutture di significazione e. Ermeneutico: per seguire lo sviluppo testuale della suspense narrativa È solo a partire dagli anni 70 che sono stai sviluppati approcci reader-oriented. Il comune denominatore di queste varie teorie consiste nel fatto che esse investigano sul contributo del lettore al significato di un testo, presupponendo che vi sia una relazione biunivoca: la lettura è vista come una serie dinamica di processi ermeneutici in cui si sono colmati gli spazi vuoti lasciati nel testo e narratore e lettore intrattengono rapporti di cooperazione interpretativa Il termine narratario designa il destinatario al quale il narratore racconta la sua storia, e in ogni racconto vi è almeno un narratario posto allo stesso livello diegetico del narratore che gli si rivolge. Egli deve essere distinto tanto dal lettore reale quanto dal lettore implicito: il narratario infatti costituisce l’uditorio del narratore e in quanto tale è inscritto nel testo, mentre il lettore implicito costruisce l’uditorio dell’autore implicito e può essere dedotto dall’insieme del testo. Applicando al narratario la distinzione nascosto/palese/assente esso può variare lungo una scala che va dalla totale assenza di caratterizzazione, in quanto non è rappresentati da un personaggio, alla piena caratterizzazione. Distanza: f. Narratore e narratario sono vicino uno all’altro ma lontani dai personaggi g. Il narratore è lontano mentre narratario e personaggi sono vicini tra loro h. Narratore e personaggi vicini e lontani dal narratario i. Tutti e tre vicini j. Tutti e tre lontani La serie di aspettative e presupposizioni condivise dai lettori in base alla quale essi decodificano e giudicano i testi letterari viene vendicata con l’espressione ‘’orizzonte d’attesa’’. Jauss: le opere letterarie talora si conformano all’orizzonte d’attesa del loro momento storico, altre volte sfidano tali aspettative, ma a suo avviso la distanza estetica di ogni testo nuovo dall’orizzonte delle attese caratteristiche della sua epoca è una misura del suo valore letterario. I limiti di tale posizione stanno nel fatto che gli orizzonti d’attesa non sono così omogenei e il ricorso al concetto di orizzonte d’attesa per valutare un’opera è assai problematico Suspense: effetto che risulta dall’immersione temporale e affettiva del lettore in una narrazione e descrive il suo desiderio di conoscerne i risultati. Essa può definirsi un’emozione che deriva dall’attesa circa lo svolgimento o l’esito di un’azione, specialmente se vi è coinvolto un personaggio positivo. Essa si innalza quando una situazione ci consente di tracciare il futuro in risultati divergente ma ragionevolmente calcolabili e il suo momento apicale si ha quando le possibilità narrative sono ridotte a una biforcazione in termine di successo/fallimento. 2.5 La narratività è da un alto la qualità di essere narrativo, l’insieme delle proprietà che caratterizzano il racconto e lo distinguono dal non-racconto, dall’latro è l’insieme delle peculiarità che rendono un racconto più o meno narrativo. Ogni narrazione rappresenta una serie di situazione ed eventi, dove per evento si intense un cambiamento di stato che si manifesta nel discorso narrativo attraverso un enunciato di processo. Facendo distinzione tra storia e discorso, si può dire che la storia è costituita dagli eventi e dagli esistenti, dove gli eventi possono presentarsi sotto forma di azione quando il cambiamento è causato da un agente, di avvenimento quando il cambiamento non è causato da un agente . Plot: se in una prima accezione indica le azioni più importanti di un racconto, lo schema delle situazioni e degli eventi, esso può anche indicare la disposizione degli eventi narrativi così come sono presentati al destinatario. Aristotele riconosceva una priorità logica all’intreccio: in effetti la trama è una costante di tutte le narrazioni scritte e orali, nel senso che senza un minimo di plot sarebbero del tutto incomprensibili. Nel momento in cui con Illuminismo la sfera religiosa viene spodestata dal suo ruolo centrale, l’emergere di trame narrative come modello forte di organizzazione e spiegazione del mondo può rientrare nel più vasto processo di secolarizzazione, nel quale vengono a cadere le trame rivelare. Nell’8000 vi è la certezza che una trama possa corrispondere alla complessità della vita dell’uomo mentre nella sua fase modernista e postmodernista il romanzo mostra sfiducia verso l’intreccio tradizionale. La definizione di plot come prodotto tra il conflitto tra i vari mondi privati dei personaggi e il reale stato delle cose nel mondo narrativo , ovvero il mondo testuale reale (TAW) , conduce a una nuova tipologia del plot flaggata a seconda delle dinamiche specifiche del conflitto: • Conflitto tra i differenti domini del mondo privato di un singolo personaggio • Conflitto tra TAW il mondo privato di un personaggio • Conflitto tra doveri di un personaggio e il TAW • Conflitti tra il sistema di conoscenze dei personaggi il TAW In senso puramente morfologico si possono invece identificare: • Contro plot: insieme unificato di azioni il sui risultato è opposto rispetto al plot • Doppio plot: intreccio che comporta due azioni simultanee di più o meno uguale importanza • Sub plot: a un plot principale coincide un altro plot ad esso subordinato • Multi plot narrative: narrazione che segue i destini paralleli di più personaggi 2.6 Il termine ‘’paratesto’’ designa tutti quegli elemnti che contornano e prlungano un testo per presentarlo o meglio per renderlo presente. Genette: introduce la formula paratesto = peritesto (elementi inseriti nel libro stesso) + epitesto (elementi che si trovano all’esterno del libro). Titolo: funzione di identificare e designare l’opera
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