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Comunicazione Narrativa Riassunto Calabrese, Sintesi del corso di Semiotica

Riassunto comunicazione narrativa per l'esame di semiotica IULM

Tipologia: Sintesi del corso

2016/2017

Caricato il 28/03/2022

DominiodeiMonarchi
DominiodeiMonarchi 🇮🇹

4.8

(14)

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Scarica Comunicazione Narrativa Riassunto Calabrese e più Sintesi del corso in PDF di Semiotica solo su Docsity! CAPITOLO 1 - Storytelling Il più incisivo processo di narrativizzazione lo troviamo nel mondo del marketing, perché le marche si sono smaterializzate e hanno acquisito un valore del tutto indipendente dai prodotti che producono, diventando vere e proprie istanze narrative, le grandi marche internazionali hanno senz’altro assunto il ruolo di programmatori narrativi: si prende il consumatore - cioè un Sogetto - e lo si porta a uno stadio successivo di soddisfacimento grazie al ruolo dell’aiutante, cioè l’azienda stessa che in parte cerca di fornire le competenze per soddisfare il consumatore, in parte cerca di essere essa stessa questo soddisfacimento. La nuova frontiera degli studi sulle pratiche narrative: Schema e Script La teoria dello schema si basa sula convenzione che ogni nostra esperienza venga compresa sulla base di conoscenze prerequisite, derivato da esperienze simili registrate nella nostra memoria: ogni nuova esperienza verrebbe dunque valutata in base alla conformità o non conformità rispetto a uno schema pregresso. Questo schema si riferisce sia a oggetti statici sia a relazioni (cioè le attese relative al modo in cui le esperienze sono strutturate, classificate in una certa situazione. Solo tramite la comparazione di ciò che sta accadendo e ciò che è accaduto che un bambino imparerà quella situazione e riuscirà a immaginare, narrare, simulare altre situazioni. Uno schema però è solo un’etichetta che noi apponiamo a porzioni dinamiche di esistenza: infatti altrettanto importante è la capacit à di codificare quello che avviene entro questi schermata astratti, ovvero gli scripts. Essi, si riferiscono a processi dinamici poiché uno schema darà il paradigma da cui partire mentre lo script costituisce l’articolazione sintattica, sono questi scripts a farci apprendere le regole dell’azione orientata allo scopo. Gli scripts si dividono in: - situazionali che riguardano gli orizzonti d ’ attesa quotidiani , azioni come andare al ristorante o prendere l’autobus. - personali che riguardano i ruoli come l’uomo geloso, il corteggiatore ecc. - strumentali che riguardano le micro azioni necessarie a pervenire a uno scopo, come accendere una sigaretta o mettere in moto una macchina. I cognitivisti hanno anche classificato le componenti essenziali di qualsiasi narrazione: 1. Il setting (ambientazione) 2. Il fattore causale (trasformazione del Setting iniziale) 3. La risposta interna (la motivazione dell’attore nel reagire alla trasformazione del setting) 4. L’obbiettivo (la direzione del desiderio da parte dell’attore di ridefinire il Setting attraverso un’intenzione) 5. Intenzione (da cui si genera la direzione del desiderio) 6. Azione (consequenziale) 7. Reazione Homo narrans in quanto la narrativa costituisce uno strumento cognitivo in grado di fornire modelli di comprensione concettuale delle situazioni e di cooperare alla configurazione spazio-temporale dell’agire umano. Forme primarie Quando si parla di pratiche narrative, ciò che sembra semplice non lo è affatto, per alcuni, l’ uomo osserva il mondo in maniera narrativa cosicch é possa assegnare un ’ ordine e una spiegazione razionale che altrimenti non avrebbe, quindi non ci sono narrazioni oggettive ma solamente soggettive (pensieri narrativi), poich é siamo noi destinatari a costruire i testi entro i loro parametri cognitivi esperienziali. Per White i 1 processi di narrativizzazione consistono nel dare forma narrativa a un resoconto aneddotico o storico in modo tale che si possa semplificare la comprensione dei fenomeni rappresentati, ogni resoconto, è sempre una storificazione, cioè letteralmente la trasformazione del materiale storico in forma di racconto. Genette ha coniato il termine “architesto” per indicare una “categoria-ombrello” sotto la quale potrebbe essere sussunta quella di genere, di per se confusa ed eterogenea, esso sarebbe “l’insieme delle categorie generali - tipi di discorso, modi di enunciazione, generi letterali ecc - cui appartiene ogni singolo testo”. L’architestualità è la relazione del testo con il suo architesto, è in grado di mettere in relazione segreta un testo con un altro testo. Quando parliamo di folklore, parliamo dell’insieme delle tradizioni popolari trasmesse oralmente e relative a un’area geografica o popolazione, la scienza folklorica può essere definita come “una scienza ausiliaria, necessaria per il recupero delle fasi di crescita e sviluppo della capacità di rappresentazione dell’uomo”. Lo storytelling funziona come una sequenza rituale, qualcosa che protegge l’uomo dalle aggressioni ambientali e insieme gli fornisce uno strumento di autoconsolidamento indennitario: raccontare significa esistere, esserci malgrado le avversità del contesto sociale o naturale. Lo storytelling arcaico avrebbe sviluppato alcune forme ricorrenti: 1) Legge dell’apertura e della chiusura: il racconto non comincia mai con un ’ azione improvvisa e non si conclude di colpo. 2) Legge della ripetizione: lo storytelling arcaico non prevede descrizioni elaborate o la formulazioni di nessi casuali logicamente nitidi. 3) La legge dei due personaggi sulla scena: lo storytelling folkolrico può far interagire solo due personaggi e quando ne compare un terzo ha per lo più il ruolo di ascoltatore silenzioso . 4) Legge della contrapposizione binaria: ogni folktale è contraddistinta da opposizioni quali giovane - vecchio, piccolo - grande, ecc. 5) Legge dei gemelli: quando i personaggi sono gemelli o hanno lo stesso ruolo sembrano piccoli e deboli. 6) Legge dell’intreccio monotendenziale: nei folktales la vicenda non si complica mai in episodi interrotti, bensì procede su un binario unico. 7) Legge della monoattorialità: protagonista e trama sono strettamente collegati. 8) Legge della situazione plastica centrale: lo storytelling arcaico tende a configurare l ’ intreccio in modo apicale, agglomerando l ’ intero racconto intorno a una scena principale ad elevata densità plastica. Mentre per Jolles tutto questo non è vero in quanto ritiene che lo storytelling folkloristico si sia sviluppato spontaneamente, senza alcuna costruzione estetica, tra queste forme semplici egli annovera sia generi narrativi canonici, sia generi narrativi minori partendo con: -  Leggenda (legata a dei); -  La saga o la leggenda profana (legata a famiglie illustri); 2 CAPITOLO 2 - Il discorso La voce L’ analisi di un discorso narrativo può essere organizzata sulla base di tre categorie: il tempo, il modo e la voce. Quest ’ ultima informa su “ chi parla ” da non fraintendere con la focalizzazione e dalla prospettiva perch é danno informazione su “ chi vede ”. La riflessione riguardo la voce si con il concetto di “eteroglossia” definita come una pluralità di linguaggi di classe, genere o ideologia che entrano nella romanzo nella forma del dialogismo. In opposizione all’epos dove prevale un monolitismo in quanto troviamo una sola voce, quella del narratore. La voce narrante che racconta e trasmette gli eventi è definibile narratore , presente in ogni narrazione; il narratore che può dividersi in diversi livelli è collegato su un livello extradiegetico (al di fuori della narrazione) quando i personaggi sono collocati sul livello die getico . Quando dentro una storia si trova un racconto da un personaggio all ’ altro (storyworld di secondo grado), questo avviene a livello in t radiegetico mentre, questo “ racconto ” narrato si trova su un livello definibile metadiegetico . “il narratore attendibile è il narratore che parla o agisce, in armonia con le norme dell’opera (cioè con quelle dell’autore implicito), inattendibile è quello che non lo fa”. In effetti, la presenza di un narratore inaffidabile porta il lettore in uno stato di incertezza, dandogli l’impressione che il narratore giochi con la sua capacità metarappresentazionale, perciò il concetto di narratore è assai problematico. C’è chi ritiene un narratore che è presente solo sul campo della narrazione verbale ma adesso vengono inseriti cinematic narrator. Sono state aggiunte categorie come quella del “narratore assente” per spiegare la narrazione impersonale perché in queste storie la narrazione non può essere localizzata in un parlante distinto, questo narratorhood esegue una 1.funzione creativa che consiste nel dare forma alla storia attraverso l’uso di tecniche narrative, 2.la funzione testimoniale, cioè l’affermazione narratoriale circa la verità della storia nel suo mondo di riferimento. 3. La funzione trasmissiva ovvero il modo di comunicazione del narratore. Una delle prerogative più importanti del narratore è la funzione di autenticazione, per designare la trasformazione di entità possibile in un’entità funzionale grazie al suo potere di costruire il mondo. Si possono distinguere tre tipi di autenticazione: 1)  autenticazione diadica. Questa costituisce la struttura narrativa basilare, combinando il racconto in terza persona di un narratore anonimo e impersonale con i discorsi diretti delle persone funzionali. 2)  Autenticazione graduata. Si tratta di un modo narrativo più soggettivo, che per costruire lo storyworld adotta il discorso delle persone funzionali, in questo contesto rientra la narrazione in prima persona. 3)  Uso improprio dell’autenticazione. Quella che si può definire “narrativa autocontraddittoria”, dove l’invalidazione della forza autenticante dipende dall’introduzione di contraddizioni nel mondo finzionale dove: a)lo stesso evento viene introdotto in diverse versioni conflittuali; b) lo stesso luogo è al tempo stesso e non, l’ambiente in cui si svolge la storia, c) gli eventi sono organizzati attraverso sequenze temporali contraddittorie; d) una stessa entità fittizia ricorre in diversi modi di esistenza. Se nelle narrazioni si ha un utilizzo della prima persona parleremo di omodiegesi (chi narra è un personaggio degli eventi raccontati), mentre nell’uso della terza parleremo di eterodiegesi (chi narra non fa parte dei fatti raccontati). Di recente si è posto lo sguardo sulla narrazione di seconda persona (dove il narratario è il personaggio principale delle situazioni e degli eventi raccontati). Quando le narrazioni sono in 5 prima o in seconda persona, il narratore racconta i fatti riferendosi a se stesso o ad altri personaggi, tali narrazioni sono definibili come omocomunicative, mentre nella narrazioni in terza persona la comunicazione è relativa ad altri e perciò possono essere definite eterocomunicative. Nelle narrazioni in prima persona il narratore si incarna in un individuo e la sua visione viene considerata soggettiva; questa narrazione autodiegetica o omodiegetica si distingue solitamente tra un io narratore e io narrato (personaggio). In particolare, la distanza che si trova nelle narrazioni retrospettiva, che separa queste due figure è il punto cruciale della narrazione autobiografica, consentendo all’autore di adottare diversi atteggiamenti nei confronti del suo io antecedente. Un’altra variante della prima persona è l’io testimoniale nella quale l’informazione si limita ai pensieri di un narratore che è un personaggio secondario rispetto l’azione principale. Il testimone è un focalizzatole interno, autorizzato a narrare soltanto ciò che può plausibilmente scoprire. La narrazione in seconda persona può essere sia omodiegetica sia eterodiegetica a seconda che il narratore si rivolga a se stesso (alter-ego, you-narrative) o invece si rivolga a qualcun altro. La narrazione in terza persona può non solo avere accesso alla mente dei personaggi, ma può anche vagare ed essere presente allo stesso tempo in luoghi differenti, infine se si tratta di una voce anonima essa può essere eguagliata alla voce della verità per quando riguarda le informazioni e i giudizi. Le narrazioni in prima persona plurale occupano una posizione instabile tra le narrazioni in prima e quelle in seconda/terza. Il parlante è un membro individuale di un gruppo che fa affermazioni, non essendone il portavoce però egli può solo parlare riguardo ad esso e non al posto di esso. Il modo Come concetto letterario, il modo si riferisce ai differenti tipi di discorso o di rappresentazione all ’ interno di un testo narrativo, mentre una sua accezione più specifica indica la regolazione dell ’ informazione narrativa, ossia il tipo e la quantit à di informazioni comunicate in un testo (distanza, prospettiva, focalizzazione ecc). Platone distingue: - una narrazione semplice, in cui l’ autore è portatore di un messaggio proprio ; - una narrazione per mimesis (imitazione), dove il narratore parla attraverso i personaggi, dunque come se fosse qualcun ’ altro ; - una forma mista, che unisce le due forme precedenti, dove il modo diegetico della storia semplice si alterna al dialogo rappresentato mimeticamente. Questa distinzione viene neutralizzata da Aristotele, che considera mimesis e diegesis come due modi alternativi di imitazione, questa doppio rapporto equivarrebbe oggi al rapporto tra showing e telling. Lo showing o mimesi è un modo connotato dalla dettagliata rappresentazione di situazioni ed eventi, e da una mediazione del narratore ridotta al minimo. Mentre il telling o diegesi è caratterizzato da una maggiore mediazione del narratore e offre una resa meno dettagliata delle situazioni. Il primo richiede un personaggio-riflettore che non sia consapevole dell ’ atto narrativo, mentre il secondo richiede un narratore che sia consapevole dell ’ atto che si sta compiendo. Oltre a mimesi e diegesi oggi si distinguono altri modi: - modo esterno vs. interno. Nel modo esterno (o testuale) il significato narrativo è codificato in segni materiali, mentre nel modo interno esso è immagazzinato nella memoria e fatto agire nel teatro mentale del ricordo, dell ’ immaginazione del sogno. - modo autonomo vs. illustrativo. Nel primo il testo porta una storia che è inedita per il ricevente, mentre nel secondo il testo racconta di nuovo e illustra una storia, completandola facendo 6 riferimento alla conoscenza del ricevente. - modo determinato vs. indeterminato. Nel modo determinato un testo specifica una narrazione ben definita, mentre nel modo indeterminato solo qualche punto è specificato, il resto deve essere interpretato. - modo letterale vs. metaforico. La prima soddisfa pienamente la definizione di narrativit à, mentre la seconda usa solo alcune di queste caratteristiche. Tra i modi narrativi si colloca anche il commento, il quale designa discorsi formulati dal narratore che vanno oltre il mero resoconto dei fatti e degli eventi nel modo finzionale. Il commento può avere una valenza semplicemente ornamentale. Si può avere un commento nella storia quando un narratore può spiegare un evento, una motivazione di un personaggio. Mentre il commento sul discorso include riferimenti autocoscienti al processo della narrazione e viene solitamente defi n i to “ commento narrativo ”. Il personaggio Per personaggio, si intende un partecipante dello storyworld , ovvero ogni individuo che si presenta nella fiction narrativa. I personaggi vengono prodotti dall ’ intreccio e sono partecipanti o attanti più che persone. Con il termine attante si indica un ruolo fondamentale nella struttura del testo, questi sono ben distinti dagli attori che compaiono nella struttura superficiale del testo e sono costituiti da personaggi concreti, testualmente determinati, sono costituiti da un modello di sei: Soggetto , Oggetto , Destinatore , Destinatario , Aiutante , Oppositore , il nucleo di questo schema consiste nel fatto che esso è centrato sull ’ oggetto del desiderio agognato dal soggetto. A livello di struttura superficiale del testo, la relazione fra attanti ed attori può manifestarsi secondo tre principali fenomenologie: 1. Isomorfismo: a d un attante corrisponde un solo attore ; 2. Demoltiplicazione: a d un attante corrispondono più attori ; 3. Sincretismo: un solo attore corrisponde a più attanti; Recentemente il termine “attante” ha lasciato posto ai termini “partecipante” e “non partecipante”, i quali termin i designa no ruoli giocati da entit à coinvolte negli eventi, e d a entit à coinvolte in modo periferico. I tre più importanti paradigmi attualmente disponibili per lo studio mimetico del personaggio sono quello semantico, cognitivo e comunicativo. - modello semantico. In base a questo modello i personaggi sono incompleti sotto certi punti di vista, in quanto anche i mondi finzionali lo sono. Dietro gli eventi narrati e l ’ agire dei personaggi si celano codici modali che, danno vita all ’ universo narrativo. Tutti i personaggi infatti vogliono qualche cosa, ottenere conoscenze riguardo a qualche cosa, o agiscono nel lecito e nell ’ illecito sulla base di ciò che ritengono possibile fare. - Modello cognitivo. Si distinguono tra flat characters e round characters, dove i primi sono i personaggi piatti o tipi a due dimensioni, poco approfonditi dal punto di vista morale e psicologico. I round characters sono invece personaggi a tutto tondo o individui più articolati e caratterizzati, che proprio per la loro complessit à risultano maggiormente credibili. Per riprodurre le parole dei personaggi, un narratore ha una possibilit à diretta ovvero la citazione (quotation) e una indiretta, il resoconto (report). Preliminarmente appare utile formulare una distinzione tra monologo interiore e monologo esteriore, il primo vede in scena un personaggio che, più che parlare, pensa e riflette da solo su un fatto accaduto relativo alla storia, mentre il secondo vede in scena un personaggio che parla da solo secondo una scena tipica delle opere drammatica. L’espressione flusso di coscienza (stream of consciousness) indica qualsiasi presentazione di pensiero illogico, non grammaticale e prettamente 7 1. Incipit narrativi, pur essendo una categoria molto vasta all ’ interno di questa si possono trovare dei topoi fissi come la nascita, la partenza e l ’ arrivo, la scoperta e l ’ attesa, il risveglio, l’ incontro. 2. Incipit descrittivi, a loro volta classificabili in relazione all’oggetto della descrizione, si possono trovare ad esempio descrizioni topografiche che procedono dal particolare al generale. 3. Incipit commentativi, all’ interno di questi è possibile una sottoclassificazione a seconda del tipo di discorso presentato: la digressione iniziale può infatti focalizzarsi su ciò che sarà narrato o sulla narrazione. L’ incipit rappresenta il luogo in cui avviene la presa di contatto tra mittente e destinatario, da ciò si possono reperire 5 funzioni principali dell’incipit: 1. Funzione codificante, ovvero iniziare il testo situando l ’ opera nell ’ intertesto rappresentato dalla storia del genere romanzesco. 2. Funzione seduttiva, ossia fornire una strategia di orientamento del lettore, nonch é una strategia di seduzione che mira a mantenere la comunicazione con un effetto di desiderio. 3. Funzione tematica, consiste nel presentare gli argomenti del testo. 4. Funzione informativa, ossia fornire un ’ informazione che può essere referenziale in quanto rinvia necessariamente a ciò che è fuori dal testo. 5. Funzione drammatica, ossia mettere in movimento la storia entrando più o meno nell ’ azione. Di modalità di inizio di incipit invece si potrà parlare di categorie quali l’inizio in medias res, oppure iniziare dalla fine che possono definire l’incipit in base alla sua generale velocità di entrata nello storyworld: 1. Incipit statico, ovvero una forma di apertura informativa, di preparazione alla storia che in genere si realizza nella modalit à descrittiva. 2. Incipit progressivo, che comporta un ingresso diretto nella storia. 3. Incipit dinamico, identificabile con un incipit in medias res. 4. Incipit sospensivo, che si caratterizza come una sospensione assoluta dell ’ inizio e della narrazione stessa, presentando un inizio che non può essere percepito in quanto tale. In modo simmetricamente opposto, la fine o explicit è il segmento conclusivo di un plot o di un ’ azione, può fornire i chiarimenti circa la comprensione degli eventi da cui essa segue e serve anche come principio riorganizzatore del racconto, insomma la chiusura narrativa coincide con la sensazione che un racconto o una sequenza narrativa siano giunti alla fine, in modo tale da “ creare nel destinatario un ’ impressione di completamento appropriato e di compiutezza ”. Per costruire una narrazione ci si può avvalere dell’incastonatura o embedding, intesa come la combinazione di sequenze narrative tale che una sia pronta all ’ interno di un ’ altra. Essa riguarda l ’ orchestrazione dei livelli narrativi. Le narrazioni incastonate si possono dividere in due in base alla loro estensione: 1. In alcune opere una storia esigua che funge da cornice crea una situazione drammatica entro la quale i personaggi narrano una serie di storie che costituisce la maggior parte dell ’ opera ; 2. In altre opere, una prolungata narrazione primaria è interrotta da una storia più corta raccontata da un personaggio all ’ altro. Si possono individuare tre funzioni primarie dell’incastonatura; 10 1. Drammatica o esplicativa, che spiega o influenza il corso della narrazione di incastonatura; 2. Tematica, che sfrutta le differenze o le analogie tra le due narrazioni; 3. Meccanica o gratuita che implica una relazione poco significativa tra le due narrazioni. Effetti speciali La nozione di effetto di realtà è stata introdotta da Roland Barthes nell’osservare come nei racconti realistici si trovino dettagli descrittivi che non sembrano avere necessit à logica o estetica , vale a dire particolari che si presumono menzionati per la sola ragione che costituiscono una parte della realtà rappresentata; eppure la loro evocazione indica innanzitutto che la descrizione è reale, l ’ effetto di realt à permette attraverso l ’ uso di descrizioni di dettagli verosimili di suscitare un senso di reale. Tra quelli che si definiscono “effetti speciali” si annovera senza dubbio qualcosa di totalmente opposto all’effetto di realtà, ossia la metalessi che consiste nell ’ intrusione nella dieresi di un ente che proviene da un ’ altra dieresi: per esempio si ha metalessi quando un narratore extradiegetico entra inaspettatamente nell ’ universo delle situazioni e degli eventi narrati. Si possono distinguere due tipi di metalessi: 1. La metalessi discendente, in cui la realt à scarica sulla finzione le proprie prerogative allo scopo di farla diventare reale: un esempio è costituito dal naturalismo francese della seconda metà dell’ottocento, dove i personaggi di pura finzione agiscono in contesti realmente esistenti e descritti. 2. La metalessi ascendente, che si verifica quando la finzione invade la realt à inquinandone l ’ esistenza stessa. Altra forma di metalessi può essere considerata il teatro nel teatro: mediante l ’ eliminazione della “ parete ” che separa attori e spettatori, Pirandello realizza effetti di straniamento che gli permettono dal vivo di metariflettervi mandando cos ì in frantumi quel patto tra attori e spettatori. La metalessi si è manifestata anche nel cinema, basti pensare agli effetti di fondu sonore , quando sulla scena di un film si cominciano a percepire rumori e suoni che appartengono alla scena successiva. Il cortocircuito di livelli narrativi su cui si fonda la metalessi è in un certo senso presente nella mise en abyme, la quale designa la replica miniaturizzata di un testo, inserita nel testo stesso, che raddoppia o rispecchia gli aspetti del testo nel suo insieme, uno specchio interno che riflette l’insieme del racconto. Il procedimento letterario della mise en abyme (espediente narratologico che prevede la reduplicazione di una sequenza di eventi o la collocazione di una sequenza esemplare che condensi in s é il significato ) pu ò essere attuato in un segmento narrativo che, rispetto all ’ opera che lo include, è di lunghezza molto variabile , infatti si va dal brando di estensione limitata fino alla novella e al romanzo nel romanzo. Si possono individuare tre tipi di duplicazione: 1. Duplicazione semplice, ovvero un frammento che intrattiene con l ’ opera che lo include un rapporto di similitudine. 2. Duplicazione all’infinito o ripetuta, vale a dire un frammento che intrattiene con l'opera che lo include un rapporto di similitudine, che include anch'esso un frammento che...ecc. 3. Duplicazione apoliristica, quando si ha un frammento il quale presumibilmente include l ’ opera che lo include. La metalessi e la mise en abyme hanno come effetto di minare la verosimiglianza, creando u n ’atmosfera di straniamento e inquietudine. Lo stracciamento indica il procedimento di rendere estraneo ciò che è familiare, ostacolando la percezione abituale automatica delle cose. 11 La defamiliarizzazione ha come effetto una visione conscia dell ’ oggetto rappresentato, nonch é la stimolazione di un senso per la percezione stessa, che rende il soggetto consapevole del fatto di percepire. Tale procedimento può focalizzarsi su istituzioni sociali, la cui vera natura è oscurata da rappresentazioni e ricezioni convenzionali, ma in quanto strategia comunicativa che punta all’oggettivazione di se stessi e all’immedesimazione di qualcuno che sia lontano o diverso attraverso il cambiamento di punto di vista, lo straniamento è altrettanto ricorrente nell’ambito della pubblicità. 3. Il punto di vista, il tempo e lo spazio L’osservatore Una delle categorie più discusse della pratiche narrative è quella del punto di vista, relativa cioè alla posizione fisica, psicologica e ideologica rispetto alla quale vengono rappresentati gli eventi narrati. Il punto di vista può essere situato all ’ interno della narrazione oppure all ’ esterno di essa: nel primo caso promana da un personaggio mentre nel secondo caso il punto di vista proviene da un narratore più o meno onnisciente. In entrambi i casi il punto di vista è ipotetico piuttosto che reale, svelando ciò che potrebbe essere percepito da una certa prospettiva. Il punto di vista può essere essere percettivo quando si ha una percezione fisica attraverso la quale si apprende una situazione o un evento, mentre il punto di vista concettuale è la visione del mondo in base alla quale una situazione o un evento viene preso in considerazione; punto di vista dell’interesse vale a dire la considerazione delle situazioni e degli eventi narrati in rapporto ai target che maggiormente riguardano un personaggio. E punto di vista inteso come voce narrativa, che al contrario si riferisce al discorso o agli altri mezzi espliciti tramite i quali eventi ed esistenti vengono comunicati al pubblico. I principali punti di vista cinematografici sono tre: 1. La visuale oggettiva, consente allo spettatore di accedere all ’ immagine senza che sia filtrata dal punto di vista di un personaggio; 2. La visuale soggettiva, si ha quando il regista decide di identificare la visione dello spettatore con quella del personaggio, ponendo la macchina da presa dietro di lui, egli assume quindi un ruolo simile a quello di un personaggio riflettore o focalizzatore nella narrativa verbale; 3. La visuale semi-soggettiva, si ha quando non vediamo esattamente attraverso gli occhi del personaggio ma gli siamo molto vicini. Una delle più grandi rivoluzioni introdotte dai “ new media ” è quella di consentire all ’ utente di variare il punto di vista, la realt à virtuale infatti ci permette di occupare posizione e punto di vista di persone e creature diverse da noi. Questa forse è la più estrema libertà che la nostra società sia in grado di offrire. Come osservare La percezione visiva comporta l’adozione di una determinata prospettiva, la quale è un codice semiotico, che nello specifico si attua attraverso la logica dell ’ immediatezza trasparente, in cui lo scopo ultimo del medium è rendersi trasparente. Mentre le accezioni più filosofiche propongono una teoria della prospettiva secondo cui la nostra conoscenza del mondo sarebbe inevitabilmente parziale e limitata al punto di vista individuale attraverso cui 12 - analessi interna, quando il punto di portata e il punto di ampiezza dell ’ anacronia sono entrambi posteriori all ’ inizio del racconto primo e la sua ampiezza è completamente inclusa nell ’ ampiezza del racconto stesso. - analessi esterna quando il punto di portata e il punto di ampiezza sono entrambi anteriori al punto d ’ inizio del racconto primo e la sua ampiezza globale non interseca quella del racconto primo. - analessi mista, quando l ’ anaconda ha un punto di portata anteriore e un punto di ampiezza posteriore al punto d ’ inizio del racconto primo e la sua ampiezza interseca in parte quella del racconto primo. - 2. La prolessi (detta acne flashforward) è la forma contraria dell ’ analessi e consiste nell ’ anticipazione di fatti che accadranno dopo il “ momento presente ”. Essa pertanto si verifica quando gli aventi che dovrebbero essere narrati secondo lo schema ABC vengono narrati secondo lo schema ACB o CAB. analogamente all’analessi potremmo parlare di prolessi interna esterna o mista. La prolessi di solito è finalizzata ad alimentare le cosiddette “passioni d’attesa” e quindi anche la suspense. Accanto alle due più frequenti forme di anaconda è possibile individuarne un terzo tipo, definibile sillessi , ovvero il raggruppamento di situazioni ed eventi governato da una parentela tematica, spaziale o d ’ altro genere. Quando invece in una narrazione non troviamo connessione temporale parleremo di acronia. La nozione di durata che indica quanto tempo l’autore impiega per raccontare un fatto (più breve sarà, meno importante sarà), può essere assai problematica in particolare nel racconto scritto dove il tempo della storia può essere specificato mentre quello del discorso è impossibile da misurare. Infatti al concetto di durata si sostituisce quello di velocità, con la quale si intende l’insieme di narrazioni fra la durata del narrato e la lunghezza del racconto. Se troveremo un racconto dove la durata di una situazione e la durata della sua rappresentazione sono uguali allora si parler à di isocronia , bench é si può affermare che il racconto isocrono è praticamente inesistente. L’anisocronia si definisce come la variet à di velocit à narrativa, accelerazione o rallentamento che sia, secondo cinque modalit à : 1. L’ellissi, (mancanza) costituisce una tecnica gi à utilizzata da tempo dove si fa fede al lettore nell ’ ipotizzare ciò che manca , mentre l’ ellissi temporale è una tecnica narrativa consistente nel tacere i fatti avvenuti in un determinato arco cronologico, tale per cui il tempo del racconto è nullo o inferiore al tempo della storia. Essa pu ò presentarsi come una forma di ellissi esplicita (che procede tramite indicazione del tempo eliso) ed ellissi implicita (la cui presenza non è dichiarata nel testo). 2. Il sommario (o panorama, o riassunto) si ha quando un testo narrativo relativamente breve corrisponde a un tempo narrato relativamente lungo, il sommario colma il divario di velocit à tra ellissi e scena . 3. Si ha una scena quando vi è qualche equivalenza tra un segmento del racconto e il narrato che esso rappresenta, come nel dialogo: la scena appartiene dunque allo showing , mentre il sommario al telling. 4. Quando il tempo del racconto è pi ù lungo del tempo della storia si verifica l’estensione tecnica che viene resa tramite lo slow motion, le parole possono essere ripetute o parafrasate, e gli accadimenti verbali possono essere verbalizzati diverse volte. 5. Si ha una pausa, quando una certa parte del tempo narrativo o un certo tempo del discorso corrisponde a un arresto del tempo della storia, e si può dire che il racconto si ferma. 15 La frequenza narrativa riguarda le relazioni di ripetizione tra il numero di volte che un evento accade nello story e il numero di volte in cui essi sono narrati , con la possibilità di distinguere tra: - racconto singolativo, ovvero raccontare una volta sola quanto è avvenuto una volta sola; - racconto singolativo-multiplo, vale a dire raccontare tot. volte ciò che è accaduto tot. volte ; - racconto ripetitivo ossia raccontare tot. volte ciò che è accaduto una volta sola; - racconto iterativo ovvero raccontare una sola volta quanto è avvenuto tot. volte ; La distinzione tempo della storia vs. tempo del racconto conduce a connettere lo studio dei livelli temporali con l’analisi del tempo grammaticale nella narrazione, la narrativa funzionale spesso presenta un tempo definito come “preterito epico”: si tratta di un passato la cui funzione è quella di mettere in primo piano la finzionalità del testo e non la sua collocazione storica, anziché indicare un tempo reale esso indica un passato solo per gli individui reali, mentre gli eventi della fiction sono senza tempo e accadono solo nel presente immaginario dei personaggi. Oltre a tempo della storia e tempo del discorso, si può individuare un terzo livello costituito dai testi narrativi: il tempo della narrazione, ossia della produzione del racconto e delle sue strategie comunicative per cui il livello del discorso è suddivisibile ulteriormente in “ narrazione ” e “ testo ” . In base alla posizione del narratore nei confronti della storia si possono distinguere quattro tipi di narrazione: ulteriore, anteriore, simultanea, intercalata. Per quanto riguarda il tempo di lettura, esso abbraccia non solo il numero di ore spese leggendo un libro ma il fattore della suspense, le aspettative e le mosse interpretative del lettore. Cronotipi La parola cronotipo alla lettera significa spazio-tempo e indica l ’ interconnessione dei rapporti spaziali-temporali, per Batchin cronotipo significa “inscindibilità dello spazio e del tempo”, vale a dire il loro condizionamento reciproco nelle opere letterarie, poich é solo grazie alla materializzazione del tempo gli eventi narrativi diventano rappresentabili. La nozione di cronotipo si estende alle reazioni emotive suscitate dal testo ed è inoltre una figura di pensiero che agisce a livello concettuale ed ideologico. I cronotipi sono modelli narrativi distinti, in grado di differenziare tra loro i generi letterari. Questa categoria è stata spodestata dallo storyworld perché può essere definito come una classe di modelli mentali usati per dare senso a una narrazione poiché da questo non si costruisce solo ciò che è accaduti ma anche il contesto che racchiude gli enti dell’universo narrativo. La funzione narrativa del racconto come luogo in cui il tempo diviene umano è diviso in due modi distinti: configurazione, ossia le operazioni narrative all’interno del linguaggio nella forma di ricostruzione dell’intreccio e dei personaggi; la rifigurazione, ovvero la trasformazione dell’esperienza visiva del tempo mediante il racconto. Formattare lo spazio Lo spazio può essere definito come il luogo o i luoghi nel quali sono ambientati gli eventi rappresentati, si può parlare oltre che di relazioni di tempo, anche di relazioni di luogo. Vi sono tre principali tipi di organizzazione spaziali all’interno dei mondi narrativi: 1. Testi che contengono spazi contigui, dove i personaggi si muovono liberamente da un luogo a quello successivo. 2. Testi con spazi discontinui, ontologicamente distinti, che consentono una comunicazione solo in alcune circostanti eccezionali. 3. Testi con spazi ontologicamente distinti che non consentono comunicazione, se non tramite metalessi. 16 Il tempo e lo spazio costituiscono un complesso inseparabile di parametri ed il tempo rappresenta la quarta dimensione dello spazio. lo spazio vissuto è lo spazio dieteticamente orientato così come viene percepito nella vita quotidiana, e il termine stesso indica che le concezioni umane di spazio includono sempre un soggetto influenzato dallo spazio, ebbene è proprio in questo quadro di interrelazioni centrate sul soggetto che le descrizioni spaziali acquisiscono quei significati complessi che hanno sia nella vita reale che nei testi narrativi. Nello stesso modo in cui la distinzione storia vs. Discorso fornisce il fondamento dei concetti di tempo della storia e tempo del discorso, è possibile distinguere tra spazio della storia e spazio del discorso : lo spazio della storia si riferisce all ’ ambiente spaziale immediato che contiene un ’ azione, mentre lo spazio del discorso si riferisce a tutti quegli ambienti che inquadrano le attivit à del narratore, incluso l ’ atto stesso dello scrivere e di configurazione dello storytelling. Nella narrativa verbale lo spazio è più astratto in quanto viene “visto” nell’immaginazione e trasformato da parole in proiezioni mentali. La lettura richiede la costruzione di una mappa cognitiva, cioè un modello mentale di relazioni non solo temporali ma spaziali. Descrivere gli spazi Dal punto di vista retorico, la descrizione è una figura di pensiero per aggiunzione che in origine indica genericamente un procedimento descrittivo. Sin dall’antichità la descrizione è vista come una sorta di iperbole dell’ornatus. Dal punto di vista narrativo, la descrizione appare come una modalit à di sospensione del racconto della storia principale per fare spazio a una digressione, che in effetti può essere narrativa, riflessiva o descrittiva. Se la descrizione è tradizionalmente distinta dalla rappresentazione dialogica, essa risulta quasi sempre dalla congiunzione di un personaggio con un paesaggio, che funge da tema introduttore e dà luogo all’apparizione di una nomenclatura le cui unità costitutive sono in relazione metonimia con il tema principale. La descrizione fa infatti appello alla competenza lessicale del lettore, alla sua capacit à di attingere alla propria memoria linguistica e alla propria enciclopedia mentale, mentre un testo narrativo stimola la sua competenza logica, la sua capacit à di collegare i contenuti in un sistema di relazioni dialettiche. Tali funzioni possono essere così elencate: demarcativa se sottolinea le articolazioni della narrazione, dilatatoria se ritarda l ’ apparizione di una sequenza logicamente attesa, decorativa se svolge una funzione di integrazione in un sistema estetico- retorico, indiziaria se connota per via indiretta la psicologia o il destino dei personaggi, tassonomica se assicura la concatenazione logica, la leggibilit à e prevedibilit à del racconto. 5. Forme contemporanee Il predominio dell’intertestualità Ogni testo è circondato da altri testi e da sempre rinnovati contesti: è questa la funzione generale dell’intertestualità. Per Genette l’intertestualità è solo una delle cinque tipologie che può assumere la transtestualità, ossia la relazione manifesta o segreta di un testo con altri testi, egli definisce: - intertestualità la presenza effettiva di un testo in un altro testo; - paratestualità tutti gli elementi esterni al testo che lo completano (per esempio la quarta di copertina); - metatestualità la relazione critica in base alla quale un testo diventa oggetto di commento o interpretazione da parte di un secondo testo detto metatesto ; 17 Tutto ciò potrebbe entrare a far parte nel territorio della remediation termine con cui si indica il rimodernamento di un media da parte di un altro ancora. Questo idea sviluppata da McLuhan, secondo cui il “ contenuto di un medium è sempre un altro medium ” quindi il contenuto della scrittura è il discorso, cos ì come la parola scritta è il contenuto della stampa, e la stampa quello del telegrafo. Secondo Bolter e Grusin non vi è una sostanziale differenza fra i media digitali e quelli antecedenti, poich é questi vengono rimodellati e allo stesso tempo i vecchi media devono riproporsi in forme nuove per tenere il passo e rispondere alla sfida delle forme emergenti. La remediation avviene secondo due modalità distinte: - l’immediatezza trasparente, in cui l’ obiettivo del medium è cancellare o eliminare i segni della remediazione rendendo trasparente il dispositivo di interfacciamento; - l’ipermediazione, nella quale un medium moltiplica e rende espliciti i segni di mediazione, come mostra lo stile televisivo dei DVD, del desktop e del PC o di I nternet ; Anche se tutte e due le modalità obbediscono a imperativi contraddittori, esse sono collegate alla stessa doppia logica che vuole allo stesso tempo moltiplicare i propri media ed eliminare ogni traccia di mediazione: idealmente, vorrebbe cancellare i propri media nello stesso momento in cui li moltiplica. Infine Bolter e Grusin sostengono che quando siamo difronte a media che usano la logica dell ’ immediatezza trasparente, vediamo noi stessi come un S é immerso in uno spazio visuale e siamo liberi di alterare la nostra identit à , cambiando il punto di vista ed entrando in empatia con altri tramite l ’ assunzione del loro punto di vista. La logica dell ’ ipermediaznione invece esprime un S é la cui caratteristica principale non è quella di essere immerso, bens ì interrelato e connesso. La remediation alimenta oggi l ’ industria del entert ai ment soprattutto nella forma del repurposing , una pratica che consiste nell ’ adattare una narrazione per target differenti. In tutti questi casi l’intersemiosi sembra generarsi dai nuovi orientamenti di economia della cultura, poiché negli ultimi vent’anni gli editori globalizzati hanno tutto l’interesse a produrre insieme libri, programmi televisivi, CD, videogame ecc, perseguendo simultaneamente un’integrazione orizzontale e soprattutto transmediale. Narrazioni visive Il connubio che la parola ha stretto con l’immagine è certamente uno dei fattori cruciali dello storytelling attuale. È stato per esempio notato come il tempo della narrazione per la letteratura sia abbastanza variabile in quanto ogni lettore legge in modo differente, lo stesso vale per il cinema dove durata esatta e ritmo narrativo mantengono una certa flessibilità. Mentre la televisione ha al contrario specifiche limitazioni, poiché il programma deve adattarsi a blocchi temporali definiti e l’emittente richiede break commerciali regolari che segmentano la produzione. Gli schemata cognitivi raccolgono dunque informazioni presentate in una narrazione visiva che deve essere ricostruita in un mondo narrativo apparentemente realistico, in un lento processo in cui i fruitori acquisiscono nuovi schemata grazie all’atto ripetitivo di vedere prodotti mediali e diventare spettatori sempre più competenti. Le caratteristiche basilari della narrazione filmica si ispirano alla letteratura e al dramma, infatti il film può agevolmente presentare narrazioni che comprendono molteplici spazi e mutamenti di tempo e ambientazione, da ciò Gaudreault ha distinto i due concetti di mestruazione e narrazione, per dimostrare come rispetto al momento teatrale e al racconto letterario, il racconto filmico sia la rappresentazione continua di entrambi i livelli della mestruazione e della narrazione, infatti sembrerebbe che il cinema costituisca il medium già vicino e isomorfo alla nostra percezione sensibile del mondo. 20 Per determinare le morfologie narrative del cinema la nozione più importante è quella sintattica di montaggio, definibile come una tecnica mediante la quale il significato di una data serie di situazioni e di eventi risulta dalla loro giustapposizione piuttosto che dai loro tratti costitutivi, e che ne consente sia di manipolare lo spazio, sia il tempo. Se è vero che il cinema ha subito una forte influenza da parte della letteratura, quest ’ ultima ha finito per ricevere a sua volta notevoli condizionamenti sul piano dell ’ immaginario, delle tecniche narrative, del repertorio di vicende e personaggi. Si possono individuare sostanzialmente tre tipi di adattamento: 1. L’ adattamento che segue il più fedelmente possibile l ’ opera di partenza , va comunque sottolineato come un adattamento che riduca al minimo i travisamenti sia assai difficile da realizzare. 2. L’ adattamento che si struttura in relazione alle scene chiave del testo letterario : tale prassi è perfettamente esemplata dal cinema di Luchino Visconti. 3. L’ adattamento che elabora una sceneggiatura sostanzialmente originale a partire da alcuni elementi del testo ispiratore. Invece le possibili strategie di adattamento sono identificabili nell ’ addizione, sottrazione, espansione, condensazione, variazione, spostamento, ricorso o meno alla voce narrante o voice over . Quest ’ ultima in particolare costituisce un testo orale che accompagna un testo audiovisivo, provenendo da uno spazio diverso della diegesi e quindi distinguibile dalla voice-off in quanto, si colloca a livello del discorso, non della storia, per cui udibile dagli spettatori e non dai personaggi. Letteratura e cinema divergono anche per quanto riguarda gli intrecci narrativi. Se il tipico film di cassetta a una doppia linea di plot e le violazioni temporali sono residuali, nei film “d’autore” le narrazioni sono spesso non convenzionali, può essere impossibile distinguere fabula e intreccio. Oggi si mantiene una distinzione tra cinema diegetico e cinema spettacolare e d’avanguardia. A) il cinema diegetico è quello dove predomina l’ impressione di realt à e la narrazione pare svolgersi da s é sotto gli occhi di uno spettatore passivo che non deve ricostruire il testo. B) il cinema spettacolare è quella forma dove prevale una narrazione riflessiva caratterizzata dalla destrutturazione del tempo e dalla tessitura di un racconto non più trasparente: il ruolo di questo cinema è interrompere l ’ incanto della immedesimazione, mettere fine evidenza l ’ autonomia dell ’ immagine rispetto al flusso narrativo, indurre lo spettatore a interrogarsi sul significato e produrre in lui in breakdown narrativo, cioè l’ interruzione dei consueti schemi cognitivi e percettivi. Ancora più interessante può essere la trattazione della televisione, poich é essa è una sequenza o un flusso che non consiste solo di programmi di vario genere ma anche di break commerciali, annunci e trailer che li intersecano, disponibili in un ’ unica dimensione e in un unico atto. Per accondiscese alla sua natura “liquida”, il medium televisivo ha adottato i modi della serializzazione. Oltre a premiare le capacità previsionali dello spettatore, la servilit à si afferma soprattutto in seguito all ’ avvento delle televisioni commerciali, volte alla cooptazione ed al mantenimento dell ’ audience, con un pubblico “ fidelizzato ” attraverso la collocazione nel palinsesto di appuntamenti costanti e ricorrenti quali sono appunto i prodotti seriali. In seguito le serie televisive si sono andate configurando entro un perimetro che va dal’ ipernarrazione, quando le fiction presentano molteplici linee narrative, alla iponarrazione, quando ci si attiene a una maggiore semplicit à nell ’ andamento narrativo della serie. Lo storytelling televisivo può essere classificato nei quattro modi della fiction, caratterizzata dalla presenza del racconto vero e proprio, dell’intrattenimento legato al target ludico, dell’informazione che mette in rapporto diretto pubblico e realt à extratelevisiva , infine della cultura-educazione, che mira a diffondere nozioni 21 relative a determinati settori del sapere, poi abbiamo l’ibridazione ovvero il fenomeno narrativo oggi più rimarchevole, in grado di riservare al mercato sempre formule nuove: - il docu-dramma in cui i due generi di partenza si fondano in modo da rendere impossibile l’ identificazione di un genere dominante. - la docu-soap che tenta di inquadrare il quotidiano con espedienti narrativi. - la docu-ficition che ha come riferimento sia la fiction sia il documentario: il successo di questa forma si inserisce nell’alveo della cosiddetta “televisione della memoria”, che sta sempre più prendendo piede in reazione ai reality. - l’infotainment caratterizzato dalla commistione tra informazione e intrattenimento. L’odierno storytelling televisivo sta comunque realizzando una perfetta ibridazione tra fiction e reality tv, il cui risultato può essere battezzato come real fiction, come attesta anche un prodotto televisivo di grande successo, quale Mai dire gol. Vediamo la differenza tra serial esoforici ed endoforici: Il serial esoforico (Game of Thrones) si riferisce generalmente alla segmentazione della narrazione in puntate che vengono fatte uscire in sequenza, a differenza del serial endoforico (CSI) dove ogni puntata è in s é compiuta e gli intrecci non continuano attraverso gli episodi, ogni puntata di un serial esoforico è parte di una narrazione che continua, cioè che non si conclude fino alla fine della serie. Diversamente dal serial esoforico, quello endoforico consiste in differenti racconti aventi al centro lo stesso o gli stessi personaggi, secondo il modello narrativo delle avventure di Sherlock Holmes. Le differenze che contraddistinguono i due modelli di seriali sono sintetizzabili in sei elementi: 1. La temporalità: in entrambi i casi siamo di fronte a una temporalit à chiusa , piegata alla necessità del racconto stesso, però nel caso del serial endoforico si hanno una temporalit à ricorsiva, in cui il tempo sembra non scorrere fuori dalla ciclicit à degli episodi, mentre in quello esoforico si ha invece una temporalit à vettoriale, dove il tempo va avanti puntata dopo puntata. 2. L’ attore o personaggio: nel serial endoforico l ’ attore è una pura funzione delle azioni e trasformazioni del narrato, mentre in quello esoforico l ’ attore racchiude in s é quella condizione semiotica che fa s ì che si verifichino un suo sviluppo e una trasformazione potenzialmente infiniti. 3. L’elasticità: in generale tutti e due i serial devono essere elastici, devono costituire cioè una sorta di condensato mondo espandibile a piacimento nel tempo. 4. La riconoscibilità: le forme seriali necessitano di una sorta di prevedibilit à che le renda riconoscibili al pubblico, il serial endoforico è “ chiuso ” , a essere in tensione è la prevedibilit à dell ’ andamento complessivo della serie. Nel serial esoforico “ aperto ” il prevedibile è invece dato dalla mancanza di chiusura della storia e il piacere consiste nel vedere in che modo essa non si chiude. 5. La dialettica tra verticale e orizzontale: nel serial endoforico per lo più prevale la cosiddetta linea “ verticale ” , rappresentata dal plot del singolo episodio , mentre nel serial esoforico prevale la linea “ orizzontale ” , in quanto si crea un dinamismo interno alle strutture narrative che determina trasformazioni nei personaggi episodio dopo episodio. 6. Le passioni: la passione del protagonista nel serial endoforico è una funzione narrativa della serie stessa. Al contrario, la passione dell ’ eroe nel serial esoforico è mutevole e, in questo caso, più che una definizione passionale univoca, ciò che resta invariato nel personaggio è proprio la sua predisposizione passionale che funger à da punto di riferimento per tutte le evoluzioni successive. 22
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