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Guide e consigli
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comunicazione pubblicitaria, Dispense di Comunicazione Professionale

APPUNTI COMPLETI PER COMUNICAZIONE PUBBLICITARIA

Tipologia: Dispense

2021/2022

In vendita dal 31/03/2023

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Scarica comunicazione pubblicitaria e più Dispense in PDF di Comunicazione Professionale solo su Docsity! COMUNICAZIONE PUBBLICITARIA La strategia di comunicazione interviene per tradurre il marchio in marca. Marchio: Segno grafico che corrisponde ad un prodotto realizzato da una azienda e può essere composto da più elementi. Il pittogramma o i, logotipo da soli devono essere distintivi per riconoscere l’azienda: Regole del marchio Deve essere: - Originale - Chiaro - Sintetico - Simbolico - Ridimensionabile - Mantenere inalterati i valori, se differenti i colori Payoff = la piccola frase sotto il logo tipo è chiamata pay-off, sintetizza la mission della marca utilizzando i caratteri fondamentali della marca stessa, ritagliando un posizionamento unico e distintivo dalla concorrenza. Quando cambia di cambio d’identità, ma solitamente un brand forte non cambia il pay-off. MERCATO E COMUNICAZIONE: L’EVOLUZIONE  1950-1970 (era dei needs): È un periodo di boom economico e nascita del mercato di massa. Le aziende dovevano soddisfare i bisogni della gente producendo.  1989-1990: le aziende per continuare a vendere iniziano a preoccuparsi del consumatore, si inizia a parlare di mercato targhettizzato, ossia considerando i bisogni di gruppi con caratteristiche simili. In questo periodo che ricercatori iniziano a parlare di Target group; i brand cercavano una caratteristica in un gruppo e producevano per uno specifico target “questo prodotto è per te”.  Dal 2000: mercato parcellizzato, cambiano le abitudini dei consumatori, il modo di comunicare e nascono nuovi media; per questo il brand deve imparare a conversare. Deve imparare dove promuovere il proprio messaggio e si mostra disponibile ad ascoltare il consumatore; e quest’ultimo da consumer diventa prosumer (producer + consumer). Logotipo Pittogramma 3 momenti di mercato; 3 MOMENTI DI CONSUMO come consuma un consumatore  Anni 80’ “prodotto”: si da valore al prodotto, alla sua utilità e alla sua performance. Si dà importanza alla qualità, ai dettagli, il design e allo stile è come se il prodotto avesse un valore interno.  Anni 90’ “marchio”: si dà valore allo status symbol, alla riconoscibilità e al forte valore sociale dei prodotti, il consumo a valore ispirazionale.  Anni 2000 “valore”: si dà importanza al valore economico, alle caratteristiche e alle emozioni che suscitano e quindi il consumo a valore individuale. Il sociologo Cathelat (1987) ha proposto 4 fasi nella storia della pubblicità: 1. Pubblicità persuasiva (inizi 900): - Messaggi elementari e persuasivi (dimostrazioni scientifiche) - Elias St.Elmo Lewis: AIDA (modello dell’epoca attenzione, interesse, desiderio e acquisto) - Copy strategy 2. Pubblicità meccanicistica (Anni 40-50): - Consumatore passivo - Valore d’uso del prodotto - Grandi investimenti media e messaggi semplici - Da qui deriva Rosser Reeves e USP (1985) 3. Pubblicità suggestiva (Anni 60-70): - Ricerche motivazionali - Pubblicitari lavoravano sulla produzione di sogni e evasione - Rivoluzione creativa e nascita dei maggiori stili creativi - V. Packard (1989), I persuasori occulti 4. Pubblicità proiettiva (Fine 900): - Valore sociale del consumo (importanza dell’ambiente sociale) - Integrazione, partecipazione e accettazione: valori di base 5. Pubblicità individualista (Nuovo Millennio): - Valore individuale del consumo - Emozione, individualizzazione, esperienzialità: valori di base - L’online diventa canale essenziale La pubblicità può essere studiata da differenti prospettive: Macroeconomiche, sociali, psicologiche, semiotiche, antropologiche, giuridiche. Noi utilizziamo un approccio semiotico: come costruire il messaggio pubblicitario. SEMIOTICA E SEMIOLOGIA = due padri della semiotica USA Francia 5. Comunicazione multimediale; i new media = cambio epocale del flusso comunicativo del brand e delle strategie. Dal nuovo millennio si parla sempre di più di comunicazione cross-mediale, ossia usano più canali ma racconta sempre la stessa storia declinata al canale utilizzato. Oggi invece si usa la terminologia comunicazione trans-mediale; ossia comunicare dove la marca definisce un nucleo di contenuti da cui attinge ma raccontando sempre una storia diversa ma riconducibili a tale brand.  Transmedia storytelling: Henry Jenkins: è una forma narrativa dove ogni medium veicola storie informazioni preziose per l’utente sempre alla ricerca di intrattenimento, e diventa anche lui costruttore di contenuto, contenuto che investe tutto (Star Wars, Harry Potter). È un processo che non si basa su un unico racconto, ma su mondi narrativi che si creano all’interno, che creano un’esperienza unica per l’utente; possiamo dire che il transmedia branding funziona allo stesso modo. LA STORIA DELL’ ADVERTISING: GLI STILI CREATIVI La comunicazione e la società dei consumi Eccedenza di offerta (anni ‘30 in poi) Necessità di fornire motivazioni d’acquisto USA pionieri protagonisti Dalla reclame alla pubblicità strategica William Bernbach -DDB (1911-1982 NY) - Protagonismo assoluto della coppia creativa - No ricerche di mercato - Ironia e negative approach - “Perché una persona qualsiasi dovrebbe guardare il vostro messaggio” - “Siate provocatori ma siate sicuri che la provocazione venga dal prodotto” Leo Burnett (1891-1971 Chicago) - Common touch - Importanza di informazioni e ricerche di mercato + team creativi in gara fra loro - Il dramma intrinseco delle cose - Animaletti antropomorfi David Ogilvy (1911-1999 G.B.) - Brand Image e Brand Personality - Lunghe body copy • Grande importanza ad esperienza diretta dei creativi sul brand - Grande importanza a conoscere consumatore - Story appeal - Big idea Rosser Reeves (1919-1984 NY) Bates - Nessuno ha mai comprato nulla da un clown - USP - (Reality in advertising 1961): tre criteri fondamentali; Beneficio chiaro, Unico e Forte - Stile creativo: asciutto, sintetico, scientifico - Primo a fare spot di 30’’ Jacques Seguela (1934 Parigi) - Laurea in farmacia, poi giornalista, infine pubblicitario - 1981: campagna Mitterand - Hollywood lava più bianco: - Star strategy; fisico, carattere, stile - Passion why TRASMEDIALITA’ È una forma di narrazione che poggia su due fattori: - I social media, l’industria più potente dell’intrattenimento - Contenuti prodotti dai consumer , che arricchiscono le storie L’obiettivo del brand e definire un nucleo forte di contenuti (brand content) Agenzia pubblicitaria above the line - Ufficio commerciale; È costituito come ogni altro ufficio da una gerarchia ed è in contatto sia con l’azienda sia con il cliente; infatti, si può dire che è il cliente in azienda ed è l’agenzia dal cliente. Hai chiamato anche ufficio account. Le figure professionali che ritroviamo in questo ufficio sono lo strategic planner: si occupa della strategia di comunicazione del brand, indaga sul mercato, raccoglie informazioni sul cliente e sul brand; informazioni che poi manderà all’ufficio creativo. - Ufficio creativo; È costituito dalla coppia creativa; il copy writer (testi) e l’art director (parte visiva). In questo ufficio una figura molto importante è quella del direttore creativo, tutte queste figure insieme si occupano dell’ideazione della campagna. Possono esserci eventuali esterni come un visualiser o illustrator. - Ufficio produzione; la figura professionale di questo reparto è il buyer, ed è colui che si occupa di tenere i rapporti con i fornitori possiamo dire che l’ufficio acquisti; si occupa di fotografi, tipografi e allestitori. Possiamo dire che le sue mansioni principali sono di occuparsi dei tempi, costi, qualità, servizio. - Ufficio media; i compiti di un centro media sono di stabilire come ripartire l’investimento, in quali periodi dell’anno, su quali mezzi, su quali veicoli, quali formati/durate utilizzare Ottenere le migliori condizioni d’acquisto e controllare la corretta esecuzione degli ordini. - Il briefing viene passato dal cliente all’agenzia per mezzo di una riunione. Dal briefing è riassunto l’obiettivo del progetto, il target, il tono e carattere della comunicazione, la dead line, il budget. Il meeting report è il documento ufficiale che testimonia il contenuto di un meeting. In genere, è compito dell’account stilarlo. Comunicare oggi: a partire dagli anni 90, a fianco delle grandi acquisizioni dei grandi network, si era sviluppato un fenomeno che ha portato la nascita di agenzie con un pensiero divergente, basato sulla creatività e la precoce adozione di Internet. - Alex Melvin (Amsterdam) - StrawberryFrog (Amsterdam) - Mother (Londra) - Fallon MgElligot Rice (USA) Uno dei primi è stato BMW- the hire, ossia una web saga che ha rappresentato un cambiamento radicale del copywriter, è brand entertainment perché il prodotto non è il protagonista. Da una ricerca svolta nel mercato americano dalla società di consulenza PwC, emerge infatti che dal 2010 la crescita della pubblicità online sia stata superiore in confronto ad ogni altro mezzo e, inoltre, dal 2010 al 2017, l’advertising online sia stata soggetta ogni anno ad una crescita a due cifre. Planning strategico: ossia pianificazione strategica dei contenuti di marca. In questa fase in genere i creativi presentano ad account e strategic planner dei rough, ovvero un abbozzo, uno schizzo in grado di tradurre il concept (concetto su cui si fonda la campagna pubblicitaria) La copy strategy è il documento che riassume la strategia creativa, le scelte che guideranno il lavoro creativo. Perché siamo qui: perché siamo arrivati a definire tale posizionamento Dove siamo: quale posizionamento occupiamo e se ci rappresenta Come arrivarciControllo Dove vogliamo essere Modello di visual identity Strumento che funziona in ogni settore merceologico Key concept, mood, consumer insight rappresentano un nuovo modello, uno strumento analitico e strategico. Oggi nei mercati c’è una complessità maggiore, perché complessa è la loro natura. Un esempio è Apple; non vende un unico prodotto, non solo pc, ma anche tablet, telefoni, cover ecc... Il brand è uno ma i prodotti sono tanti e per tale motivo il pubblico è vasto ed eterogeneo. Oggi la maggior parte delle aziende possiede un portfolio di marche; riconosciamo una corporate e più brand. La corporate è l’impresa che genera la marca o li acquista, rappresenta il patrimonio culturale ed esperienziale del brand. Il potere della corporate è di dare credibilità e affidabilità ai prodotti, è una forma di garanzia. Prima le corporate non avevano connessione con l’utente finale, ma ora l’affidabilità della marca non basta più e la corporate diventa il nuovo garante. Brand: l’insieme di elementi, tangibili e no, che rende un prodotto\servizio unico e distinguibile un prodotto o una categoria di prodotti. I brand per rendersi davvero distinguibili hanno bisogno di lavorare soprattutto sulla propria identità. Dentro un brand portfolio è necessario che ci sia estrema coerenza e continuità. Quindi, identità di marca e strategia di portfolio sono talmente connessi che oggi è difficile sviluppare una senza l’altra: Corporate e brand creano delle dinamiche differenti che tengono conto di 3 fattori: 1. brand extension , che tiene conto delle opportunità che u mercato può avere, e sono più importanti quanto più è importante la credibilità di portfolio del brand. Ad esempio, mi piacciono i biscotti del mulino bianco, la mulino Bianco a credibilità, fa uscire un nuovo prodotto e lo assaggio perché di solito mi piacciono i biscotti del mulino bianco. moodconsumer Visual identity concept Valore e identità di marca Strategie di gestione del brand portfolio 2. Competenze specifiche , per immettersi in un mercato, e per riuscire a creare nuove estensioni di marca. Grazie alla competenza è possibile creare anche un uovo mercato. 3. Opportunità di mercato, grazie alle competenze specifiche, alla credibilità del brand è possibile che nascono grandi opportunità di mercato. Una buona gestione di un brand portfolio porta a degli effetti positivi su tutti i brand del gruppo. Un brand portfolio gestito in modo coerente e forte aumenta la credibilità del gruppo e dei singoli brand. Aaker (2015) gestione del brand portfolio La comunicazione di ciascuna categoria di un brand all’interno del portafoglio deve essere calibrata, deve essere gestita in relazione alle relazioni che i brand stabiliscono fra loro. Molto importante perché ci aiuta a capire la gestione del portfolio è David Hacker. Egli ci dice che le relazioni principali che intercorrono fra corporate e brand possono essere rappresentate attraverso tre figure: la superficie, il volume e la pianta. 1. SUPERFICIE; la superficie è la figura che ci spiega la brand extension ossia l’estensione di marca. Ma che cos’è l’estensione di marca? Le Marche lavoravano esattamente come in passato lavoravano gli eserciti, per allargare i propri territori del proprio paese; Dunque, uno stato iniziava a esaurire le proprie risorse, aveva bisogno di allargare i propri confini per poter attingere ad altre risorse. Noi sappiamo bene che il marketing e l'advertising usano spesso una terminologia che arriva dal mondo militare virgola e Hacker ci dice esattamente questo, una marca ha un ciclo di vita: - una fase di lancio, - una fase di crescita, - una fase di climax Dopo quest'ultima il brand ha due possibilità: o continua a crescere o inizia ad essere negativo. La fase di mantenimento di posizionamento nel mercato è una fase che ha una durata limitata. Qual è quindi una strategia che viene utilizzata dei brand? È un’operazione di brand extension, o sia di espansione della marca oltre i propri confini tradizionali. Le forme di estensione di marca possono essere 3: 1. line extension, le estensioni di linea sono estensioni in cui il brand mantiene la linea del prodotto originaria, ma al contempo aggiunge delle piccole devianze, delle piccole modifiche per riuscire ad ampliare il proprio pubblico. Es: Coca-cola è il master brand da cui poi sono nati Coca-cola zero, Coca-cola light, Coca-cola diet... Cioè dei prodotti che raggiungono specifici pubblici che possono avere delle richieste specifiche. 2. categorie extension, vuol dire invece un’estensione all’interno dello stesso settore merceologico. In questo caso il beverage. Noi sappiamo che Coca-Cola è un brand, ma è anche una corporate Coca-Cola group. È un portfolio di marche al cui interno troviamo altre bevande analcoliche, quindi sempre all’interno della stessa categoria merceologica, ma con specifiche totalmente diverse, talmente diverse che addirittura hanno anche un nome lontano da quello originario. Es: Gatorade, Sprite, Fanta, 3. Oggi però vediamo anche delle total extension, ossia estensione totale di marca, che sconfinano in settori merceologici completamente differenti da quelli originali, cosa che succede spesso nella fashion industry. Es: Giorgio Armani dalle sue collezioni di abbigliamento, all’albergo, alla casa, alla casa di cioccolatini…. O pensiamo ai parchi tematici di Disney, sono stati i primi parchi a rendere viva la marca, dando dimensione reale alla marca, essendo estensione del fumetto di Walt Disney. - La definizione stessa sembra stabilire una scala gerarchica; di fatto, fondamentale per qualsiasi società, in pressoché qualsiasi settore merceologico, è realizzare una visual identity forte. Oggi questo ramo della comunicazione di marca viene chiamato graphic design. Quali sono gli strumenti di comunicazione del graphic design?  Logo (grafica + naming)  Corparate image  Packaging  Allestimenti punti vendita  Cataloghi consumer e trade  Company profile (pubblicazione aziendale con protagonisti i massimi dirigenti dell’azienda)  Newsletter  Convention  Stand fieristici  ... PACKAGING È uno strumento molto importante, tendenzialmente lavora su due tipologie di comunicazione principale: 1. Comunicazione verbale 2. Comunicazione iconica Ci sono quindi parti scritte e parti rappresentate. Il packaging è un oggetto soggetto di comunicazione; cioè che ha un ruolo molto importante nel veicolare i valori della marca. E lo fa proprio attraverso la comunicazione verbo-iconica. Quando si struttura strategicamente un packaging si devono tener presenti gli obiettivi principali, che sono legati alla forza persuasiva e alla forza attrattiva. Dunque, occorre che il graphic designer studi gli elementi che dovranno comporre questo packaging in stabilisca l'ordine di significazione, un ordine che genera contenuto di marca. Chiaramente l’equilibrio sarà dato sia dal settore merceologico sia dalla scelta di posizionamento del brand. Quali sono le principali aree in cui organizzato un packaging?  Area primaria: fronte L’area frontale ha un obiettivo pubblicitario perché deve agganciare; deve saper attrarre il consumatore avendo una funzione essenzialmente emozionale. Gli elementi che troviamo sempre sono ovviamente il nome del prodotto, che talvolta può coincidere con la marca oppure no, oltre al nome troviamo anche la marca e poi una qualche rappresentazione del contenuto. Il consumatore deve essere immediatamente attratto, al tempo stesso il prodotto il packaging nelle sue capacità comunicative deve essere estremamente semplice, non deve imporre lavori di decodifica.  Area secondaria: retro L’obiettivo dell’aria secondaria e invece di contenere tutte le caratteristiche performante, troviamo quindi le caratteristiche del prodotto. È l’area che potremmo definire delle rassicurazioni, ossia l’area in cui il brand condivide informazioni sul funzionamento, sul contenuto, e sull’imballaggio. È sicuramente la parte meno pubblicitaria e più informativa. Ovviamente nella scelta che il brand fa sulle informazioni da condividere c’è un atteggiamento pubblicitario, in quanto si condividono quelle informazioni che consentono di creare il point of difference. Questo prodotto è meglio dell’altro perché ti può dare questo tipo di garanzie; infatti, è proprio l’obiettivo di fornire garanzie sul risultato che quel prodotto offre.  Area cerniera: area che mette in relazione le prime due È un’area non presente in ogni prodotto, è presente nei packaging di forma a parallelepipedo, sicuramente non sferica. In questi tipi di packaging c’è una terza area che è appunto l’area cerniera che può diventare importante anche dal punto di vista pubblicitario. Definisce una forma in modo non anonimo, connotando il packaging e il brand. Oltre a questo, è un’area in cui il brand può completare le proprie informazioni sul prodotto, come ad esempio i valori nutrizionali, modalità di riciclaggio…informazioni organolettiche. Ovviamente è un’area che deve essere pensata sì in modo creativo, ma deve essere anche funzionale; infatti, per alcune categorie di prodotto questo rappresenta un problema, il packaging quindi deve tenere conto di aspetti funzionali che si riverberano soprattutto nell’area cerniera.  Siamo partiti dal dire che il packaging era un oggetto di promozione di informazione, fino ad oggi che è diventato un oggetto medium di comunicazione, sempre più forte anche per i prodotti mass market.  Il settore merceologico condiziona fortemente la struttura del packaging, anche perché ogni settore merceologico ha una propria modalità di vendita. La ricerca di un’immagine forte sul punto vendita è sempre più un elemento fondamentale. Un’immagine che amplifica il potere di attrazione, che distingue dalla concorrenza e che agisca in modo deciso sulla scelta del consumatore.  Le merci nascono secondo un progetto di comunicazione che include il senso. Nel packaging si può leggere la fisionomia del consumatore cui è destinato. Il Pack diventa oggetto comunicativo, come media Diverse forme di interazione, diversi tempi di lettura, diversi gradi di fruizione, tra packaging e consumatore. Il packaging ha una sua vita nello scaffale, avendo una forte capacità di emersione.ma poi il packaging entra nelle case, e anche qui deve continuare a portare avanti il suo obiettivo, vale anche all’interno di un catalogo o in una campagna pubblicitaria. Pack e PV “capacità di emersione del pack” L’80% dei consumatori prende la decisione d’acquisto quando si trova davanti alla confezione sullo scaffale. I tempi di visione si situano tra 1\25 e 1\50 di secondo. Le fasi di rapporto consumatore-prodotto sono: - Aggancio visivo - Avvicinamento alla confezione - Decisione di acquisto Luogo di consumo e Pack “capacità di informazione del pack” Chiudi il Pack arrivato a casa trasforma il suo statuto e diventa utensile. In questo contesto diviene strumento per interagire correttamente con il suo contenuto, permette in relazione contenuto e utilizzatore. Con esso il destinatario non è più passivo, poiché manipola interagisce con il prodotto proprio secondo le istruzioni. Obiettivo del Pack Progettare un equilibrio tra oggetto sconosciuto e mondo conosciuto tra consumatore e mondo della marca, attraverso l’individuazione di codici comunicativi comuni tra emittente e destinatario. Non è progettare l’icona del prodotto, ma elaborare un racconto, per far emergere i tratti complessivi del suo universo di marca.si arriva a progettare un apparato scenico per far conoscere il prodotto, mostrare l’identità e tradurne i valori. Possiamo dire che è un’altra forma di comunicazione che attiva uno Storytelling per coinvolgere il consumatore all’interno del proprio universo esperienziale e l’universo valoriale. I significanti del Pack Il Pack concilia significanti multipli in un unico significato - Espressioni verbo-iconiche ; parole e immagini usate, e i pesi che vengono dati a entrambi. - Modalità retoriche di forme; ad esempio, i profumi, diventa una gara la forma, una gara alla creatività. - Scelta di materiali come elementi simbolici ; soprattutto nell’era green, I packaging evidenziano molti materiali utilizzati, sottolineando magari di essere riciclabili, non dannoso all’ambiente. Rapporto fra contenuto e referente Il packaging racconta sempre ciò che contiene, e lo illustra meglio attraverso le immagini, attraverso scritte; anche in questa scelta in prende dichiara degli obiettivi in termini di tipo di L’unconventional marketing è una delle risposte prodotte dei brand per inserirsi nei nuovi flussi comunicativi che non sono più top-down, ma che invece sono alimentate e alimentano flussi multidirezionali in cui si prevede un ruolo attivo anche da parte del pubblico. Il viral marketing, è un modo di definire una comunicazione il cui destinatario assume un ruolo attivo; nella comunicazione virale il ruolo del ricevente è semplicemente un ruolo da amplificatore di un messaggio già esistente, abbiamo visto oggi però come la comunicazione sempre più di tipo trans mediale e quindi assume delle logiche differenti. L’unconventional marketing si basa fortemente su questa dinamica di viralità che tende a coinvolgere i destinatari dell’azione di comunicazione. Da cosa deriva però l’unconventional marketing? Sostanzialmente una forma di comunicazione è strettamente legata a un nuovo approccio di marketing è il marketing esperienziale; questo è un approccio in cui un consumatore e la sua esperienza di consumo diventano centrali. Nelle scelte del brand questo marketing esperienziale e teorizzato per primo da Bernard Smith. Smith dice proprio che il marketing tradizionale dichiarava di basare le proprie scelte sul target di riferimento mentre nelle piattaforme strategiche, il consumatore e il target non è mai previsto. Le strategie di marketing si basavano sul prodotto, prezzo, distribuzione promozione. Allora Smith dice che il marketing esperienziale opera un’inversione a U perché concentra tutta la sua attenzione sul consumatore, partendo proprio da lui; osservandolo non rispetto a parametri sociodemografici ma rispetto a quali sono le sue esperienze di consumo. Analizzare l’esperienza di consumo significa produrre delle teorizzazioni in termini di pratiche di consumo. Si arriva ad individuare delle pratiche di consumo che definiscono delle culture o micro-culture che appartengono a una determinata società, a un determinato contesto sociale. Smith allora dice che è necessario partire dall’osservazione del consumatore nelle sue pratiche di consumo per individuarne dei cluster che definiscono delle culture. La possibilità di avere un’esperienza di fatto ed estremamente soggettiva, in gran parte determina interesse che sia proprio una tale esperienza di consumo. Il consumatore postmoderno è un soggetto profondamente individualista che vuole essere trattato come un individuo unico. Come soggetto in grado di esprimere una propria personalità, preferenze e desideri e necessario quindi studiare l’esperienza di consumo del soggetto perché a grande valore, restituisce in qualche modo la soggettività dell’esperienza. L’esperienza di consumo deve essere definita in diversi momenti, non si può ricondurre l’esperienza al consumo unicamente visto come acquisto, bisogna riconoscere momenti partecipativi nel costruire il vissuto del brand e la predisposizione che il consumatore può avere nei confronti del brand stesso. Secondo Smith questi momenti sono quattro: 1. Anticipazione; che è il momento prima dell’acquisto quando il consumatore inizia ad informarsi o semplicemente viene intercettato in qualche modo dal brand. 2. Acquisto; il momento in cui il consumatore effettivamente sceglie di comprare un prodotto; nel marketing tradizionale a questo punto si pensava di aver finito il proprio lavoro ma per il marketing esperienziale no. 3. Consumo; successivamente c’è il momento in cui il prodotto viene vissuto è usato e nasce quindi l’interazione fra prodotto e consumatore. L’esperienza di consumo è altrettanto fondamentale. 4. Ricordo; È l’ultima fase dove il consumo è finito il consumatore vive il ricordo di quell’esperienza; ricordo che può predisporre in modo positivo negativo o successivo acquisto. Smith dice che il brand deve saper accompagnare i propri consumatori in ogni fase di esperienza. Quattro livelli di marketing esperienziale Per attivare una strategia di marketing esperienziale bisogna lavorare sulle solite quattro fasi: analisi, dove l’azienda raccoglie informazioni relative all’esperienza vissuta dal consumatore, successivamente c’è una fase strategica in cui si definisce la piattaforma ed è la fase fondante da cui partire per qualsiasi tipo di azione, la terza fase in cui la strategia si traduce in azioni reali concrete che è di comunicazione, ossia una fase di implementazione in cui la strategia diventa messa in opera, e infine l’ultima fase di controllo e verifica dove l’azienda controlla che le operazioni siano condotte in modo corretto con effetti desiderati. Dopo la fase di osservazione abbiamo detto che c’è una fase di strutturazione di una piattaforma strategica; ma quali sono le voci che compongono la piattaforma strategica del marketing esperienziale? A livello contenutistico e di brand content i parametri sono tre: - L’azienda deve definire il posizionamento esperienziale ossia il tipo di esperienza. - La promessa di valore esperienziale che supporta l’intera esperienza. - Il tema dell’implementazione. Il tema di implementazione nella piattaforma strategica esperienziale vuol dire attivare uno o più forme di esperienze e bisogna attivare quelli che Smith chiama SEM, ossia i moduli strategici esperienziali. Veicolati poi dagli exPro, i veri fornitori di esperienza, sono i canali e gli strumenti che attivano l’esperienza (campagna pubblicitaria, catalogo, advergame...) I SEM sono i tipi di esperienza che vengono proposti dal brand Smith ne individua cinque diversi tipi: - Sense; esperienza basata sui sensi - Feel; esperienze affettive con attivazione del sentimento - Think; esperienza cognitiva - Act; esperienza attiva con invito all’azione - Relate; esperienza relazionale Queste cinque sono le forme esperienziali della marca che può adottare per intercettare il pubblico. I contenuti valoriali più i SEM generano la piattaforma strategica del marketing esperienziale: Al centro ci sono i contenuti di marca e ai vertici ci sono le diverse forme di esperienzialità. Il brand può decidere di attivare alcuni di questi, non necessariamente tutti, o per una campagna in televisione, alcuni nell’altra campagna ne attiva solamente altre. Gli exPro sono i canali tradizionali e non è che i brand anno per avvicinare il proprio pubblico e condividere esperienze: - Comunicazione : relazioni pubbliche, promozioni, pubblicità. - Identità visiva e verbale : loghi, immagine grafica, nomi. - Presenza del prodotto : design dei prodotti e packaging. - Co-branding: attività di co-marketing e licensing, product placement. - Spazi espositivi : il punto vendita è un asset importante per il brand ma anche per l’azienda nel complesso. Video che è passato sono online, ma i manifesti stradali, campagne pubblicitarie a mezzo stampa e quant’altro non pubblicizzavano il prodotto ma il video. In questo caso c’era un interesse stimolato, un altro motivo per cui il consumatore poteva essere indotto a cercare un certo brand era perché aveva bisogno necessità di informazioni sul prodotto e chiaramente era più facile con prodotti di natura tecnologica, forse che non hai biscotti o la pasta. Nonostante ciò, era chiaro che Internet era un luogo anche di intrattenimento, di passatempo e allora il brand poteva stimolare in qualche modo il divertimento e la curiosità. Non c’erano ancora i social. L’importanza è evidentemente la ragione per cui l’Internet user poteva essere spinto a cercare questo brand, era una necessità pratica, perché era chiaro che Internet poteva dare qualsiasi tipo di informazione. Il sito web del brand ha un’importanza e un ruolo fondamentale, un brand per fare comunicazione online doveva avere un buon sito web. Doveva essere estremamente accessibile, per invogliare Internet user a visitare le pagine del sito ed esplorare il mondo della marca. L’interfaccia; ha un ruolo fondamentale, l’interfaccia di navigazione è l’insieme di strumenti che rendono possibile all’utente di capire i contenuti le funzioni di un sito e di accedervi. L’interfaccia deve avere un carattere pubblicitario perché deve essere accattivante, al tempo stesso deve saper anche fornire le informazioni nel modo più adeguato in modo da avere una navigazione funzionale. Funzioni dell’interfaccia:  Dare ragione dei contenuti; deve saper pesare i contenuti in ragione degli obiettivi comunicativi che il brand si pone.  Permette di individuare le principali aree di senso; deve essere facile e l’utente non deve sentirti smarrito. L’user cerca velocità e ricchezza dei contenuti.  Orientare il visitatore relativamente alla sua posizione;  Consentire di passare agevolmente da un argomento all’altro;  Facilitare la ricerca di un dato argomento;  Consentire una facile interazione; DUE MACRO-MOMENTI DEL WEB Sono due momenti del web in cui i flussi comunicativi sono organizzati in modo differente. Nella prima fase del web 1.0 Internet rappresentava un nuovo modo per condividere informazione e i brand iniziano a costruire siti in grado di soddisfare tutte le esigenze di informazione o curiosità del possibile consumatore. Il consumatore aveva la possibilità di acquistare alcuni prodotti, non tutti. Il brand raccoglieva informazioni di tipo quantitativo il feedback che era di questo tipo. Gli internati all’inizio avevano un modo diverso di aggregarsi online diverso da quello di oggi; nella prima fase del web le community erano sostanzialmente delle aggregazioni di internati che si venivano a formare perché quel gruppo condivideva l’interesse per un certo tema o contenuto. Poi nascono i social media e questo è l’aspetto che più determina la grande novità fra la prima fase e la seconda fase del Web 2.0. Grazie soprattutto i social Milia, il web ha rafforzato sempre di più il carattere inter-relazionale dei media, cioè in cui sostanzialmente si creano dei contatti in modo casuale o comunque in modo disordinato. L’importante è partecipare qui. Gli internati sono attivi nella condivisione di post, dibattendo certi argomenti senza alcun interesse per quel contenuto. Nel Web 2.0 sia questa trasformazione epocale; un media che passa dall’essere un media di comunicazione a un medio che diventa canale di conversazione. Ciascuno propone promuove la propria densità, il personal branding. I brand dal canto loro hanno iniziato ad occuparsi maggiormente dei profili degli internati, cercando di ricavare anche delle informazioni qualitative rispetto ai tipi di interesse per riuscire a stimolarne la partecipazione attiva. IL SOCIAL NETWORK Il social network è un luogo digitale, ma altrettanto reale, chi ha senso di esistere solo se c’è una forte dinamica fra tutti gli account che lo compongono. Non c’è nessuna preclusione, chiunque, qualsiasi account, può inserirsi per lanciare un tempo per alimentarne uno già esistente. La differenza fra il social network e la community è che il social network corrisponde a un’aggregazione di persone che si trovano per il piacere di condividere, ma non perché condividono un determinato interesse. I social media (Facebook, Instagram, Twitter…) Consentono di ampliare esponenzialmente il numero di contatti con persone che possono incuriosire per vari motivi, ma noi non li conosciamo e non li conosceremo mai. Il social network stimola creare costantemente nuove relazioni ed ampliare la rete. I brand allora, hanno negli anni cambiato il loro modo di presentarsi attraverso i propri siti, ne riconosciamo diverse tipologie: 1. Sito vetrina , non viene più utilizzato, è un sito di primo livello in cui l’obiettivo è quello di passare informazioni dove l’azienda si presenta e la parte di ascolto e decisamente limitata. I brand che ancora utilizzano questo tipo di sito sono le corporate perché l’interlocutore non è l’utente finale. 2. Sito di informazione e comunicazione, possiamo dire che l’evoluzione del sito vetrina, in questa tipologia di siti il brand crea un equilibrio fra le informazioni che condivide con il pubblico e l’ascolto, trova quindi uno spazio dedicato l’internauta dove possa interagire con l’azienda. 3. Sito di promozione, solitamente si tratta di mini-siti con una durata limitata che compaiono come dei Popup all’interno di siti storici; non hanno la finalità di vendita, vogliono indirizzare il consumatore verso i punti vendita coinvolti nella promozione. 4. Sito di vendita, il sito è un negozio online, questo sito deve avere tre caratteristiche fondamentali che sono: - Cura nel gestire l’interfaccia (semplice, chiaro, lineare, accessibile) - Gestione dell’offerta (catalogo online, sicurezza, assistenza online, FAQ...) - Supporto alla transazione: appropriati sistemi telematici per garantire tutti i passaggi della vendita in tranquillità (prevendita, vendita, pagamento, consegna, post-vendita, garanzia…) 5. Sito di relazione, il sito è un ambiente dove si ri-trovano tutti colore che condividono qualcosa di quel mondo di marca. Condividono un valore del mondo del brand. Quali voci ricerchiamo per valutare un sito? L’efficacia dei siti è stata chiamata usabilità. - INFEED UNIT È il formato maggiormente utilizzato è più complesso; è un annuncio che si inserisce perfettamente nella pagina web: medesimo il layout e con funzione legata al contesto proporzionale (Facebook e Twitter e su tutti i social media). - SEARCH AND PROMOTED LISTING È tipico dei motori di ricerca; quando imputato una ricerca, ad esempio su Google, visco una serie di voci e le prime sono in realtà a pagamento, sono annunci pubblicitari. Ci sono degli accordi fra le aziende, i brand e i Google in modo da imputare certe parole perché per quella ricerca il proprio brand sia fra i primi a comparire. - RACCOMANDATION WIDGETS È l’elemento inserito contestualmente l’interno di una pagina articolo o su un sito editoriale, è un format che lavora principalmente sul contenuto. Se l’articolo ad esempio parlasse di auto, potrebbe comparire un link perché approfondire il tema legato alle auto... - CUSTOM CONTENT UNITS Possiamo dire che è il jolly, si differenzia dagli altri ed è il più creativo; è un’opzione estremamente personalizzabile dal brand per inserirsi in modo originale all’interno di un contesto, di una pagina di una piattaforma. Non corrisponde a uno spazio predefinito e costante all’interno di pagine di giornali ma piuttosto lo si trova in posizioni sempre in attese originali giocando molto sull’aspetto grafico e creativo. L’obiettivo quindi di questa forma pubblicitaria è quello di creare contenuti brandizzati che possono generare Engagement. I VIDEO ONLINE Il 90% di tutti i contenuti condivisi online è rappresentato da video, i video si condividono più volentieri con più piacere, rappresentano un modo più vivace efficace per un brand per entrare in conversazione con i propri internati. I video online a livello pubblicitario lavorano meglio di quanto lavori l’advertising sui media tradizionali. Il brand recall è decisamente superiore per i video online rispetto a quello prodotto dai tradizionali commercial. Alla logica della velocità, si contrappone quella dello Storytelling, dove il brand compare in modo discreto. I video online di marca sono contenuti di intrattenimento o di informazione, rilevanti per gli utenti, dove il prodotto non sempre protagonista. Protagonista è il mondo di marca. I brand diventano sempre più ai dottori che producono i generano contenuti, raccontano storie, vogliono divertire e intrattenere con saghe di video online. Ormai si parla di brand narration; nessuno compra le caratteristiche performanti del prodotto, le persone vogliono comprare una storia. FASHION FILM I fashion film sono dei cortometraggi, dove il fashion un ruolo importante nell’alimentazione dell’immaginario di quel mondo. Sono short movie s’che nascono per la rete. L’aspetto di totale novità è il mix and match fra fashion, rete e cinema; e per comprendere il tipo di novità che producono i livelli da analizzare sono due: - Il linguaggio; inteso come un sistema di codici, simboli e regole che creano comunicazione. E nel caso dei fashion film noi ritroviamo tre tipi di linguaggio:  Produttivo ; nel linguaggio produttivo le immagini sono evocative, il montaggio sovrano, il montaggio diventa produttore di significato, è lui stesso a produrre brand contents. Il focus su ogni singolo, ogni frame rappresenta un’immagine indipendente che può vivere autonomamente. Questo è il cinema di inizio secolo dell’unione sovietica (Lev Kuleshov), che ha dato un contributo importante. La stessa immagine associata ad immagini diverse cambia il significato attribuito. Questo perché lo spettatore è portato a cercare significato nel percorso narrativo generato dall’accostamento di immagini anche se un nesso non è necessariamente esistente. Nel fashion film il linguaggio produttivo vuole raccontare un flusso, presentare situazioni, dove il focus va alla singola immagine.  Riproduttivo ; è un linguaggio cinematografico che nasce negli USA ed è quello a cui siamo più abituati; e quello più intuitivo ed immediato creato dal regista americano David Griffith. Questo linguaggio si basa sul montaggio di continuità logica, creando un effetto di verosomiglianza, dove lo spettatore si sente dentro ciò che sta vedendo, un linguaggio che fa abbattere la distanza fra spettatore e film. Di immagini creano una finzione di realtà, il focus è sul topic e sul messaggio, ci vuole comunicare l’idea principale e ciò che ha dire il brand.  digital-sperimentale; facciamo riferimento ad alcuni autori sperimentali come Reinhardt Murray (Man Ray), perché il suo approccio era quello radiografico, lui voleva fotografare l’anima degli oggetti. Le immagini risultavano sempre essere paragonabili a quelle di una radiografia. È un modo di fare linguaggio cinematografico sperimentale che va oltre le barriere imposte dal mezzo stesso. L’immagine diventa metafora e si parla di editing sperimentale per un Emotional Engagement. Il focus è sul piacere estetico. - La narrazione  Raccontare una storia  Disegnare una personalità  Creare un’atmosfera Raccontare una storia: C’è una sequenza di eventi, che procedono in ordine più o meno logico, comunque consequenziale: rappresenta un virtual tour all’interno del brand building. Il plot narrativo spesso dichiara un aspetto fondamentale della brand identity: supporta il tema del Key concept Risultato: Il consumatore può decodificare gli elementi principali del DNA del brand. Disegnare una personalità: Gli eventi ruotano intorno ad una specifica identità di donna/uomo; non seguono dunque una sequenza logica, piuttosto descrivono una peculiare personalità. Risultato: Il viewer può condividere un particolare stato d’animo. Creare un’atmosfera: Gli eventi non sono chiari; assoluto protagonista è il mood del brand. Risultato Il viewer è proiettato dentro ad un emozionale ed immaginario mondo di marca. Quale tipo di novità produce il fashion film? Un nuovo strumento di comunicazione, con un alto livello di realizzazione finale, dovuta anche alla costante ricerca di nuovi linguaggi. Un nuovo strumento di comunicazione, che supporta la visual identity, rafforzando e stimolando il coinvolgimento del receiver. ADVERTISING NEL NUOVO MILLENNIO Le marche non distribuiscono più solo prodotti; esse producono, scovano e distribuiscono informazioni. Per questa ragione, le organizzazioni diventano importanti per la società non solo dal punto di vista economico ma anche intellettuale. Il risultato consiste nell’evoluzione della marca: da una realtà che produce cose a un’azienda che produce idee. Nuove storie di marca Brand entertainment Brand entertainment is a marketing strategy, that blends advertising and entertainment to target and engage consumer, build brand awareness, and create positive associations which can impact consumer sales. Non perseguono un dichiarato intento commerciale. Il ruolo del prodotto all’interno di queste storie di marca è dunque cambiato (da strumento magico ad alleato). MODALITÀ NARRATIVE GREIMASIANE Quali relazioni fra i vari attanti? 4 MODALITA’ Come si sviluppa la storia? Differenti relazioni fra gli attanti Grazie alle modalità, potremo gestire le relazioni fra gli attanti. Grazie alle Modalità, la comunicazione si riconosce un ruolo dentro la storia: qualcuno sa qualcosa da comunicare a qualcun altro. 4 MODALITIES 1) Manipolazione: far fare 2) Competenza: l’essere del fare 3) Performanza: il fare dell’essere 4) Sanzione / Ricompensa: l’essere dell’essere Il soggetto parte sempre da una mancanza o comunque da una rottura di equilibrio per cui il soggetto viene spinto a lasciare la sua comfort zone, ma quale tipo? Si parte dal valore. Il valore diventa il motore del percorso narrativo. Per poi poter vivere il momento climax della storia, ossia la performanza dove il soggetto si scontra con l’opponente. L’opponente è fondamentale e bisogna profilarlo con la stessa precisione dedicata al soggetto perché rappresenta tutto ciò che il soggetto rifiuta che vuole allontanare. Ora i brand nei film di marca propongono il brand stesso come un aiutante che ti supporta nell’essere ciò che vuoi essere tu. BLOG E INFLUENCER Una forma di advertising in crescita continua e costante è rappresentata dagli influencer, gli influencer sono un fattore fondamentale nella relazione fra brand e consumatore. Gli influencer nascono con Instagram, circa 12 anni fa, e rappresentano delle figure che esprimono un’opinione personale su un tema e sono seguite da un elevato numero di followers. Gli influencer sono la derivazione diretta dei blogger. Quando non c’erano i social media all’inizio del nuovo millennio, hanno iniziato a imporsi sulla rete delle figure esterne a qualsiasi settore merceologico che proponevano la loro prospettiva sul tema. Così facendo confezionavano un numero molto alto di follower ed erano proprio i blogger. I blog sono sostanzialmente delle pagine di diario tematizzata e organizzate in ordine cronologico. Queste pagine si basavano principalmente su un tema o su un insieme, creato da un singolo o da un gruppo di persone. Queste persone creavano delle pagine web focalizzate su un tema, questo processo è stato possibile perché gli internati hanno dato una grande credibilità alla rete, ciò che veniva dalla rete era ritenuto Dopo questo momento sia la conclusione della storia, conclusione per cui il soggetto si congiunge all’oggetto di valore. L’influencer è dunque l’idealizzazione di questo essere glamour, che spesso stressa l’idea di un corpo perfetto e modellato. Queste figure possono promuovere idee, messaggi, valori, contando sulla estrema parcellizzazione e capillarizzazione della rete e intercettano pubblici differenti. Un ulteriore fenomeno collegabile al mondo degli influencer sono le virtual influencer, ossia fictional computer generated people, che hanno caratteristiche realistiche sia fisiche sia di personalità. Diventano sempre più importanti nelle strategie di marketing per molti brand soprattutto nel fashion. IL LUSSO Il mercato del lusso è un mercato che investe moltissimo nel mass market; negli anni 90 ha iniziato una vera e propria trasformazione, questa tendenza è diventata sempre più forte sempre più importante, di fatto in questo mercato, nel mercato del lusso in particolare in quello del fashion, assume un ruolo centrale. Una caratteristica sorprendente del lusso è che è in crescita costante e a lungo termine, nonostante le crisi, le rivoluzioni di guerre, il mercato del lusso e sempre in continua crescita. Il lusso appartiene alla storia della civiltà umana dalle origini, qualsiasi civiltà avuto il bisogno di organizzarsi in modo gerarchico, in una segmentazione verticale. A questa segmentazione sociale corrispondevano degli oggetti che caratterizzano l’appartenenza ad un livello piuttosto che è un altro. L’appartenenza a classi sociali più alte comportava il possedere di oggetti decisamente esclusivi. Che cosa è il lusso oggi? Secondo un istituto di ricerca, il lusso è fortemente legato alla crescita del Pil, lo sviluppo di questo mercato e il Pil sono strettamente collegati, e questo perché? È così perché evidentemente le aziende crescono, quando le aziende crescono aumenta il benessere della popolazione e aumentano i manager che hanno un buon potere d’acquisto. Tali vogliono quindi una gratificazione anche tra ciò che consumano, dal tipo di prodotto e dal brand da cui acquistano. Si può dire che il lusso poggia sui nuovi ricchi che hanno un rapporto con il brand decisamente diverso rispetto al pubblico tradizionale del brand di lusso. Abbiamo nuovi paesi che stanno subendo una crescita importantissima:  Paesi del BRIC (brasile, Russia, India, Cina), Dove vi è una ampia classe emergente o forse ormai emersa, che è un atteggiamento bulimico nei confronti dei brand di lusso, senza conoscerli. Bisogno di consumo condiviso e con alto valore sociale.  Nei paesi occidentali maturi il consumo è cambiato, si è sempre più orientati ad un acquisto basato sulla qualità che non su quantità. È un consumatore decisamente esperto quello dei paesi occidentali molto esigente anche nei prodotti di lusso. Quindi alla domanda di prima, che cos’è l’uso oggi, non c’è una risposta univoca, possiamo dire che dipende da dove ci troviamo. Il lusso a connotazioni diverse rispetto al paese che stiamo considerando. Nei paesi occidentali o comunque nei paesi con una lunga storia e tradizione nella società dei consumi la qualità viene data per scontata ormai; la prima qualità che viene invece riconosciuta in paesi come la Cina e il fatto che i prodotti siano costosi, cioè la qualità è la variabile del prezzo. Il brandy lusso si trova quindi a dover fronteggiare delle nuove sfide e dei nuovi sfidanti anche, deve cambiare approccio in base al paese in cui si trova. Bisogna quindi considerare che è una crescita costante in questo settore può rappresentare un problema per l’identità stessa del brand. Allora i brand di lusso stanno vivendo questa sorta di dualità perché molti brand di lusso sono di proprietà di multinazionali e allora questi due poli sono essenzialmente società di natura fidanzare e i brand devono rispondere a delle logiche essenzialmente economiche finanziarie e dunque devono crescere costantemente. I brand di lusso oggi sono delle mega marche, Dove da un lato devono crescere costantemente, dall’altro essendo brandy lusso devono comunque restare esclusivi. Perché il lusso ha proprio nel DNA questa matrice, l’esclusività, l’essere per pochi, altrimenti diventa un qualcosa che è troppo simile agli altri mercati. L’esclusività delle mega marche ora è data dal loro Storytelling, dalla loro comunicazione e questo è un aspetto estremamente importante perché conferisce la comunicazione un ruolo che non aveva mai avuto in questo settore. Una domanda che ci si pone ora è il lusso forse deve tornare alle sue origini? Deve recuperare qualcosa di ciò che sta perdendo, ma la vera domanda è può farlo? Essendo che questi marchi appartengono a grandi poli finanziari, questi brand possono tornare a ciò che il lusso, e l’uso si basa essenzialmente sui Long seller non sul Best seller (una birkin è per sempre che non posso comprare semplicemente) E diciamo che l’Internet è l’esatto contrario, che per tutti ed è ovunque, il lusso deve essere per pochi. Soprattutto il lusso nel mercato del fashion è a forte rischio, a rischio di confusione. La moda di lusso non può essere troppo modaiola, questo perché è un mercato che corre velocissimo (collezioni velocissime), ma il lusso non segue l’ultimo trend, è il lusso che in seguito. Allora il lusso per sfuggire a questo rischio sta diventando sempre più narrazione, perché nella narrazione il tempo diventa davvero un elemento astratto in grado di conferire eternità al mondo della marca e non ai suoi prodotti. Il lusso deve creare sogno e deve diventare motore all’interno di una società, motore che mette in movimento l’intera società sebbene poi rimanga accessibile a pochi. Schema della percezione del lusso Per lavorare all’elemento del sogno nel lusso, il lusso deve attivare strategie di selezione o di seduzione. La selezione vuol dire che i brand di lusso devono continuare a offrire prodotti davvero esclusivi, per la loro fabbricazione e per come vengono distribuiti. Vedete che molti brand, quasi tutti no, hanno questa figura che rimane una parte importante del brand. Quella appunto che continua a rivolgersi a un pubblico tradizionalmente legato a questo mercato. Una selezione che genera anche esclusività. Proprio perché non è per tutti come vi stavo dicendo e perché i prodotti del lusso devono essere timeless. Dall'altra però c'è tutto quel l'ambito legato al mondo della comunicazione, dunque il lusso deve saper sedurre. Le storie del lusso devono essere storie di natura mitologica, dove cioè si legano elementi di vita quotidiana, di vita ordinaria, ad elementi extra ordinari. Esattamente come nei miti classici. Allora il connubio di questi due estremi genera storie di tipo leggendarie e mitologiche e il lusso deve saper fare lo stesso. Quindi creando storie che siano creative e dunque che sappiano essere, che sappiano corrispondere al tipo di proposta creativa fatta dai brand nei loro prodotti. Conferendo dunque glamour e mantenendo l'inaccessibilità legata alla variabile del prezzo. Allora questa è una sintesi evidentemente del mercato del lusso. Fashion tales da ieri a oggi La storia della comunicazione pubblicitaria la faceva a partire dal secondo dopoguerra, perché dal secondo dopoguerra la società e le società dei Paesi occidentali si trovavano in questa situazione. Da una parte non avevano beni di praticamente nessun tipo, dall'altra le aziende avevano invece una grande, come dire vivacità nella produzione. Questo è valido anche per il settore dell'abbigliamento. In Italia, in particolare, in quegli anni non esisteva ancora la moda così come la conosciamo oggi. Voi sapete che la moda è nata a Parigi per la moda femminile, a Londra per la moda maschile, tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento. Cosa c'era invece in Italia? C'erano e ci sono aziende, ma anche laboratori dove si produce e si produceva, ma si produceva e si produce tutt'oggi ad altissimi livelli. I principali brand francesi vengono ancora oggi a produrre nei laboratori italiani. In quegli anni l'Italia era un po’ la Cina di oggi e quindi le grandi aziende che anche iniziavano a produrre per tutti. La prima fase l'abbiamo chiamata la fase dei bisogni. Abbiamo questa comunicazione (Armando Testa) colori basici molto semplice, illustrazione classica, stile di Armando Testa. La comunicazione pubblicitaria era basica e basica anche in questo settore. Ci dice solo che questa società che questo marchio produce abiti. Anche nell'alta moda, però, in quegli anni la comunicazione era piuttosto basica, un’immagine estremamente essenziale. Queste fashion tales erano basate su un valore fondamentale che era il desiderio; in questa dinamica di desiderio, il ruolo che assume il prodotto è quello di feticcio.se pensiamo proprio all’etimologia del termine desiderio, desiderare vuol dire guardare in alto, guardare le stelle, tendere verso qualcosa di infinito senza né spazio nel tempo. E quando parliamo di russo in questa etimologia a trovato la sua massima espressione. Il lusso deve essere senza spazio e senza tempo. Questo senso di desiderio di eternità tipico di questo mercato venire incarnato dalle modelle che diventavano quasi delle dee di una qualunque terra promessa. Anni 2000 = nel nuovo millennio tutto è esperienza, emozione anche nel fashion; la personalità unica e distintiva diventa propria degli individui, poi delle marche. Il nuovo millennio può essere quindi tradotto in qualcosa di assolutamente personale, personalizzabile e soggettivo. I brand assumono un linguaggio che hanno delle forme narrative diverse da quelle del passato, nascono nuovi strumenti come i fashion film. Si abbandonano tutti quegli aspetti legati all’esteriorità per privilegiare l’interiorità. Il mondo occidentale si trova a dover fronteggiare nuove paure, la gente comune inizia a sviluppare atteggiamenti differenti e di chiusura. In più in questi ultimi vent’anni alcuni paesi sono diventati realmente protagonisti del mercato e il primo tra tutti, soprattutto se parliamo del lusso sono i paesi del Bric (Brasile, India, Russia, Cina), paesi che sono mercati nuovi, mercati per i vecchi brand, che rappresentano però nuovi stimoli soprattutto nel mercato del fashion. IL POTERE DELLA FINANZA NEL LUSSO La finanza auro lo fondamentale anche in questo mercato, i brand sono acquistati da Grandi uomini d’affari e questo è decisamente negativo sotto alcuni aspetti, perché porta il brand a dover rispondere a logiche di borsa più che al mercato. Questo condiziona fortemente le scelte dei brand che sono nati per le persone, non per la Borsa. I brand devono saper interpretare dei modi di essere, degli stili di vita non rispondere a logiche finanziarie. Abbiamo poi un lusso è una moda che diventa sempre più democratica, la democratizzazione del lusso e della moda la si vede in molti modi; negli anni si sono sviluppati degli eventi in tutte le capitali della moda organizzati da Vogue fashion’s night out, Dove i grandi negozi tenevano le porte aperte e vendevano anche solo una T-shirt. Questo era un modo per far avvicinare a questo mondo luccicante un target più ampio, allargando ulteriormente il proprio pubblico di riferimento. Comune diventava far interpretare la propria collezione da fashion blogger, e poi dagli influencer. Il fashion advertising ha saputo interpretare questo nuovo sentire, mostrando un nuovo linguaggio basato sulle emozioni, è un linguaggio estremamente suggestivo ed eclettico in cui ancora una volta si coniugava la normalità con l’eccezionalità e la straordinarietà. Diventando così una forma di comunicazione estremamente adeguata al nuovo consumatore. Il consumatore diventa prosumer. Il nuovo obiettivo della comunicazione nel fashion oggi è ancora quello di coinvolgere. Sono stati trovati cinque tipi di Engagement: Una ricerca fatta alla Fordham University, The Bronx, NY 10458, Stati Uniti, da Barbara Philipps e Edward Mc Quarrie. In seguito, appunto a una ricerca fatta per comprendere l’Engagement prodotto dall’advertising, dove venivano svolte delle interviste mostrando a delle donne varie immagini e di commentarle, di esaminarle, di spiegare le loro emozioni, sensazioni e le loro impressioni. Engage to act: alcune donne guardando le immagini venivano coinvolte come guardando delle vetrine, notando dell’immagine l’oggetto (“che bella quella borsa me la comprerei proprio”). Engage for identity: in questo caso invece le donne vedono la campagna pubblicitaria come fosse uno specchio, cercando eventualmente degli elementi che corrispondono alla personalità della fruitrice. Dove la modella rappresenta una sorta di Alter Ego inconscio in cui le donne e le autrici del magazine cercano qualcosa di vicino, qualcosa che vorrebbero essere. Nonostante le immagini fossero leggermente disturbanti le donne in questo tipo di Engagement non trovavano comunque una lettura drammatica. Non coglievano subito l’aspetto evidente di teatralizzazione per raccontare qualcosa che va oltre al prodotto. Engage to feel: per spiegare questo tipo di Engagement i due ricercatori fanno un paragone; l’engage to feel funziona un po’ come quando siamo in auto e abbiamo la radio accesa, cambiamo continuamente stazione per trovare quel canale che intercetta il nostro umore di quel preciso momento, che intercetta uno stato d’animo. Ecco che i due autori dicono “le lettrici di Vogue in particolare di queste campagne pubblicitarie hanno un atteggiamento analogo, sfogliano la rivista cercando quella campagna in cui trovano qualcosa che a loro piace, che può essere il colore, l’energia, la situazione, cercano insomma uno stimolo di natura emotiva. Engage to transport: in questo caso le lettrici ha un atteggiamento che loro definiscono di processo narrativo, nel senso che alcune donne guardano queste immagini e partendo da esse costruiscono una loro propria storia. L’elettricista esse diventano Storytellers. E questo tipo direttrice non ama le campagne troppo diretta alla vendita del prodotto, dove è chiaro che il brand vuole mostrarci il prodotto per venderlo, ma non direttamente vuole appassionarci o riuscire a coinvolgerci. Sono troppo didascaliche in qualche modo. Engage to immerse: l’atteggiamento di alcune lettrici è quello che in genere sia quando si fa una mostra. Quando si va a vedere delle opere d’arte il nostro atteggiamento è un po’ quello di chi cerca un’immersione totale in ciò che vede. Sostanzialmente alla ricerca del bello, del piacere estetico che ricaviamo da queste immagini, l’obiettivo è proprio quello di immergersi in cose belle. Lo stesso avviene col fashion. Questo perché spesso le campagne pubblicitarie hanno una pretesa artistica. Esteticamente possono produrre quel piacere immersiva. Una più forte e intense brand Experience in advertising significa creare fashion tales che passano da Storytelling a story building. E diciamo che la novità sta proprio nel linguaggio e nelle strutture narrative. Riconosciamo nel nuovo millennio l’utilizzo di nuovi codici estetici che generano un nuovo linguaggio ma anche l’utilizzo di nuove strutture narrative. Codici estetici de nuovo millennio 1. Burlesque ; È il primo ed è un codice estetico che è iniziato ad essere molto utilizzato nel fashion degli ultimissimi anni 90 ma soprattutto nei primi anni del 2000.il codice estetico del Burlesque fa riferimento allo show, lo spettacolo del Burlesque, una forma di spettacolo nata alla fine del 19° secolo negli Stati Uniti. Uno show dove c’è seduzione ma con humor, una seduzione divertita. Interessante è che il primo momento di massima popolarità sia proprio durante la prima grande depressione, e lo riconosciamo per i caratteristici corsetti, le giarrettiere, le calze a rete, i boa di piume, tutti in modo sempre divertito allegro. Dopo una prima crisi il linguaggio del Burlesque trova ancora popolarità durante un’altra crisi per i paesi occidentali, quello del 2008 ed è qui durante questa crisi economica e finanziaria che il burlesco il pesce di nuovo e diventa una risposta che molti designer davano al mondo della moda. (Mugler, Dior inizio secolo; Vivianne Westwood). Il new Burlesque è la forma che nasce nel nuovo millennio e rispetto a prima appaiono come tutte diverse, dove le Performer non rappresentano più la perfezione nel classico senso del termine. Ogni donna può essere perfetta così come è ma con humor. Un tema presente fino al 2015, in modo un po’ più giocato, molto diverso da quello degli anni 90’. La seduzione era scomparsa, mentre invece il fashion era rappresentato come un’arma, gli abiti come arma anche per sedurre. 2. Il ritrattismo (portrait); odio immagini che ci presentano un qualcosa di completamente diverso, immagini reali o astratte non importa, in ogni caso queste immagini sono la sintesi
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