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Comunicazione sociale e media digitali - Riassunti, Sintesi del corso di Sociologia Della Comunicazione

Riassunto accurato dei primi due capitoli del volume.

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023

In vendita dal 22/08/2023

Carlotta-C
Carlotta-C 🇮🇹

4.6

(34)

37 documenti

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Scarica Comunicazione sociale e media digitali - Riassunti e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia Della Comunicazione solo su Docsity! 1 COMUNICAZIONE, ORGANIZZAZIONE E RESPONSABILITÀ SOCIALE A.A 2022-2023 (B028800) Professoressa Letizia Materassi Comunicazione sociale e media digitali – Roberto Bernocchi, Alberto Contri, Alessandra Rea Riassunti di Carlotta Caciagli 2 Indice Capitolo 1 – Relazioni “virtuose”……………………………………………....……………………………p. 3 1.1 – La nascita della pubblicità….. p. 3 1.2 – La nascita di Internet….. p. 3 1.3 – La nascita della pubblicità sociale….. p. 4 1.4 – Verso al rivoluzione digitale….. p. 4 Capitolo 2 – Incontrarsi……………………………………………………………………………………...p. 5 2.1 – I soggetti….. p. 5 2.2 – Lo stato di salute della comunicazione sociale in Italia….. p. 5 2.3 – Gli obiettivi di comunicazione….. p. 6 2.4 – Il target….. p. 8 2.5 – Strumenti, media e canali di comunicazione….. p. 9 2.6 – I nuovi media….. p. 9 2.7 – Dagli obiettivi alla strategia….. p. 15 5 2. LA COMUNICAZIONE SOCIALE CHE CAMBIA 2.1 – I soggetti Le prime campagne di comunicazione sociale nacquero dallo stato, che iniziò a tappezzare le stradi di immagini (non di scritte a causa dell’mancata alfabetizzazione) per la prevenzione dalle malattie mortali (colera, tubercolosi…) oppure sugli incidenti sul lavoro. Dopo il regime fascista, che si impegnò in questo ambito, fino agli anni 80 lo stato non si mosse più al riguardo. Quello che non fece lo Stato lo realizzò Pubblicità Progresso, interessata al progresso sociale, oltre a voler dimostrare tutte le caratteristiche della pubblicità applicate ad una nobile causa. Più tardi le varie associazioni vennero spinte a realizzare delle campagne pubblicitarie, pur mantenendo un certo pregiudizio nei confronti del mezzo: da quel momento la pubblica risulta essere uno strumento di sopravvivenza per le no profit. Negli anni ’80 lo Stato ritorna a dare segni di vita tramite una campagna sugli effetti della droga. dopo un lungo percorso in cui si cercò di dare dignità alla comunicazione pubblica, lo Stato tornava ed essere uno dei soggetti legittimati ad avere un dialogo trasparente con il cittadino così da poter investire nella comunicazione sociale per temi di grande rilevanza. Allo Stato e alle no prof si affiancano altri due soggetti: le imprese, che iniziarono a vedere i vantaggi della comunicazione sociale, e la Chiesa cattolica che iniziò a sponsorizzare l’8x1000. 2.2 – Lo stato di salute della comunicazione in Italia Pubblicità Progresso si inserisce in un contesto comunicativo che vedeva come unico altro soggetto “Carosello”. Dal primo spot la comunicazione sociale è indubbiamente crescita con il tempo, guadagnando credibilità e diventando una comunicazione rilevante ed autorevole, degno di attenzione di studiosi e professionisti, ma ancora oggi facciamo fatica ad esprimere la comunicazione sociale come fanno in altri paesi. Come mai? Di seguito verranno analizzati i vari problemi. Problema 1 – Lo scenario organizzativo → In Italia i principali attori della comunicazione sono le organizzazioni non profit, lo Stato e le imprese. In molte organizzazioni no profit persiste la carenza di un ufficio dedicato alla comunicazione, questo problema si rispecchia anche nella gestione dei social che sembrano essere strumenti più facilmente gestibili ma che il loro utilizzo professionale porta dei vantaggi. La mancanza di personale porta le associazioni ad affidarsi a terzi oppure a seguire delle dinamiche interne più associative che comunicative che portano a prodotti inefficaci. Se guardiamo il mondo delle aziende invece possiamo vedere come ci si un pregiudizio verso le campagne di comunicazione sociale, che in diversi casi restano solamente un contorno della propria azione economica. Questo si riduce in azioni scarsamente visibili, con poco budget e ruolo professionali trascurabili defilati come non prioritari. Le vere problematiche però si riscontano nell’organizzazione statale, dove le grandi iniziative a livello nazionali sono coordinati dai singoli ministeri, con l’aiuto alle volte del Dipartimento per l’informazione e l’editoriale risultano molto legati agli interessi del governo dato che senza un messaggio efficace risultano come mezzi elettorali. Le problematiche organizzative risiedono nelle strutture che realizzano la comunicazione sociale. Problema 2 – Le risorse a disposizione → La scarsa quantità di fondi legata alla comunicazione sociale è trasversale ad ogni soggetto: poiché la comunicazione sociale non è funzionale al profitto attorno a lei non ruotano quasi mai interessi economici rilevanti, anche se è uno strumento reputazionale dell’azienda. La comunicazione sociale, in linea teorica, ha importanti ricadute economiche (es. Meno persone alla guida ubriache/drogate = Meno incidenti = Meno persone al pronto soccorso). La mancanza di risorse fa si che ci siano delle ricadute sugli aspetti organizzativi, creativi, distributivi e sulla valorizzazione dei risultati. Problema 3 – Lo studio strategico e l’insight → Lo studio strategico del messaggio si basa sul contenuto: se io mi riferisco agli adolescenti che fumano, probabilmente fare leva sulle malattie non è la strada giusta dato che spesso è un comportamento fatto per senso d’accettazione. Solitamente c’è un approccio strategico difettato che porta a trascurare le motivazioni alla base dei comportamenti personali così da ridurre la comunicazione sociale ad un appello doveristico o dissuasivo. Problema 4 – Lo studio creativo e i linguaggi → Dall’analisi strategica deriva lo studio creativo: un debole pensiero strategico non potrà che derivare una debole campagna creativa poiché fondata essenzialmente su 6 elementi privi di valore emotivo per il target. Il problema dello studio creativo si articola in diversi punti: 1. L’influenza dell’assetto organizzativo di committenti e fornitori: la centralità del protagonista è cruciale e dovrebbe essere rintracciabile in una specifica sensibilità sociale, 2. Il creativo non deve essere influenzato dalla scarsità di risorse: spesso le agenzie di comunicazione lavorano gratis e questo fa si che le associazioni si sentano meno libere di esprimere la propria opinione, 3. Lo sviluppo creativo: le campagne italiane non sperimentano sul linguaggio, non utilizzano l’ironia ne cerca di fare leva su emozioni profonde, questo perché si ha paura di urtare la sensibilità e moralità delle persone quindi si preferisce un tono più moralistico. Problema 5 – La diffusione del messaggio → È raro imbattersi in una riflessione sugli effetti della comunicazione sociale che parta da una reale visibilità sui media; gran parte di questi è in grado di raggiungere u pubblico numericamente limitato, non paragonabile a quello raggiunto dalla maggior parte delle iniziative commerciali rispetto alle quali sussiste una diversa sensibilità nei confronti dei risultati ottenuti. Se l’efficacia del messaggio è vincolata alla generosità dei media questo fa si che i contenuti siano limitati e accettati dall’emittente a vantaggio della collettività. Problema 6 – La ricerca sociale e sul messaggio → La comunicazione sociale dovrebbe essere un discorso continuativo di affermazione, educazione e sensibilizzazione della collettività. In Italia la stragrande maggioranza delle campagne non viene accompagnata da attività di ricerca, che risulta essere occasionale non confrontabile così da essere difficilmente un’occasione di confronto e riscontro dei dati. La pubblicità continua ad essere uno straordinario strumento di sensibilizzazione e di educazione ma purtroppo la maggior parte delle sue realizzazioni, se guardiamo alla realtà italiana, risulta inefficacie e ininfluente nella società. 2.3 – Gli obiettivi di comunicazione Comunicare significa sviluppare un approccio strategico he consiste nel migliorare le azioni di comunicazione così da promuovere per soddisfare determinati obiettivi rispetto a specifici destinatari (target) all’interno di un contesto che dialoga e influenza i risultati di un approccio strategico. L’inizio di un percorso strategico non può però prescindere dagli obiettivi: che cosa vogliamo ottenere dalle nostre azioni di comunicazione? In linea di massima gli obiettivi sono i seguenti. Obiettivo 1 – Appelli al pubblico → “Quei messaggi che sollecitano direttamente o indirettamente il volontario apporto di contribuzione di denaro, beni o prestazioni di qualsiasi natura, nell’ambito di iniziative finalizzate a sensibilizzare il pubblico al raggiungimento di obiettivi, anche specifici, di interesse sociale” (Art. 46 Codice di autodisciplina pubblicitaria). Obiettivo 2 – Sensibilizzazione → Il comunicatore si riferisce direttamente al destinatario per fargli mantenere o influenzarlo ad avere dei comportamenti corretti. Solitamente viene utilizzato per le campagne ambientali, sugli animali, beni culturali o per aiutare determinate “categorie” di persone (es. migranti, gay…). Obiettivo 3 – Educazione → Il destinatario viene invogliato a mantenere o attuare comportamenti che portano benefici in primis a sé stesso e poi alla comunità. Viene utilizzato per educare ai buoni comportamenti, per esempio, lo smettere di fumare, di bere, di drogarsi, la prevenzione di malattie sessualmente trasmissibili, uso consapevole dei social media ecc. Obiettivo 4 – Informativi → Esprime i bisogni informativi dell’ente che promuove e diffonde le informazioni legate alla propria attività, ai propri servizi, alla propria realtà organizzativa, ai temi di cui si occupa o alle persone/beni di cui si prende cura. L’organizzazione produce così notizie, approfondimenti, contributi di studio o di riflessione, legando la propria attività all’attualità, diffondendo informazioni senza uno scopo persuasivo. Obiettivo 5 – Istituzionali → L'organizzazione produce così notizie, approfondimenti, contributi di studio o di riflessione, legando la propria attività all'attualità e diffondendo informazioni senza uno scopo persuasivo. L'ente promotore promuove una comunicazione che si concentra sull’istituzione, ovvero sull'ente in quanto tale. L'obiettivo non è in formativo ma persuasivo. La comunicazione, dunque, non intende semplicemente informare i destinatari della comunicazione ma persegue più o meno esplicitamente l'intenzione di promuovere 7 sé stessa, di comunicare la propria identità, di influenzare la percezione dell’immagine dell'organizzazione (e della sua attività) nella mente del destinatario, cercando di costruire un posizionamento o, in altre parole, una identità distintiva. Attraverso la comunicazione istituzionale, l'organizzazione si impegna nel costruire, orientare e rafforzare, per quanto possibile, la sua reputazione con l'obiettivo di entrare in sintonia con i propri destinatari, costruendo un rapporto di stima e fiducia. Ognuno degli obiettivi sopra descritti è applicabile alla comunicazione sui media tradizionali, così come a quella promossa sui nuovi media. Nella gestione, ad esempio, di una pagina Facebook, si potranno promuove re azioni di raccolta fondi, così come iniziative di sensibilizzazione, di educazione. La pagina potrà essere, e inevitabilmente lo sarà, un’occasione importante per esprimere e raccontare l'essenza stessa dell'organizzazione, la sua identità, la sua missione la sua vision, rappresentando così un importante strumento di gestione e controllo dell'immagine e della sua reputazione. (2.3.6) Agli obiettivi generali si affiancano quelli specifici e rappresentano in modo più definito la modalità con cui la campagna intende affrontare il problema da cui la comunicazione ha preso origine. Individuare l’obiettivo specifico significa individuare il motivo che spinge il nostro target a un comportamento diverso da quello che desideriamo stimolare. Se il problema è legato alla carenza di informazioni l’obiettivo specifico sarà cognitivo, se invece è legato ad un errata comprensione o considerazione del tema l’obiettivo sarà percettivo, se invece la difficoltà sta nel trasformare l’intenzione in azione sarà un obiettivo di tipo conativo. Gli obiettivi tecnici (2.3.7) → Gli obiettivi tecnici ispirano l’azione di molti professionisti del web. Se prendiamo in considerazione il sito di un’organizzazione, gli obiettivi sono principalmente le visite e la permanenza. Si parla di visite (totali) o di visitatori per indicare la quantità di sessioni aperte; i visitatori unici sono un parametro che prende in considerazione solamente i singoli utenti approdati nel sito web, al netto delle duplicazioni; le pagine visitate e il tempo di permanenza misurano l’esperienza dell’utente che, una volta raggiunto dal link, può decidere cosa fare. Altre variabili forniti da piattaforme come Google Analytics corono ulteriori informazioni. Le stesse variabili possono essere utili nell’analisi di un blog o anche di una landing page. Tra i criteri da considerare vi è l’aspetto legato alle azioni che l’utente compie: interazioni, commenti, richieste di informazioni, contatti diretti... Un altro aspetto rilevante è il posizionamento del sito nelle ricerche sui motori di ricerca: dietro ai risultati di ricerca vi è spesso una buona attività di search engine optimizatio (SEO), ovvero l’insieme di attività volte specificatamente a migliorare la visibilità del nostro sito tramite parole chiave. Più la ricerca è specifica, più è probabile che l’utente compia azioni che ci aspettiamo da qui. L’attività SEO vale anche per i SNS, che possono condurre a soddisfare specifici obiettivi tecnici. Le principali metriche legate ai SNS sono: - Reach → Indica il numero di utenti raggiunti dal singolo messaggio o dall’iniziativa. - Engagement → Indica l’interazione degli utenti con i contributi diffusi dal comunicatore (es. like, share e commenti sono indice di partecipazione - Traffico → Rimanda agli obiettivi relativi al web, portando gli utenti dal SNS al sito del promotore. - Lead → Si identificano gli utenti che ci hanno dato il permesso di trattare i loro dati e - di comunicare con loro. - Conversion → Nell’ambito commerciale rimanda all’acquisto di un prodotto, per il sociale invece porta alle donazioni. Una delle particolarità che distingue gli obiettivi generali dagli obiettivi tecnici è la loro misurabilità: se infatti risulta impossibile misurare risultati di una comunicazione sui mass media, sul web invece ad ogni attività corrisponde una tracciabilità. Gli obiettivi culturali (2.3.8) → L’obbiettivo culturale è trasversale agli obiettivi generali, specifici e tecnici, anche se spesso è un effetto che viene trascurato nonostante rimandi alla capacità di incidere sulla cultura dei contesti o dei paesi in cui opera. Non solo attraverso la credibilità, la sua storia, il suo “valore” o il proprio impegno quotidiano di volontari e operatori, ma anche e soprattutto attraverso la comunicazione. Viviamo nel tempo del “pensiero debole” dove il pensiero individuale è gestito dalla comunicazione mediatica più che sulla propria esperienza. Questo può sollevare diversi interrogativi: 1. L’operare delle organizzazioni no profit → La maggior parte opera con professionalità e serietà, ma quando succedono gli scandali che coinvolgono le associazioni spesso la stigmatizzazione colpisce negativamente tutti quelli che operano nel campo del no profit: viene causato un danno notevole alla reputazione da cui è difficiline uscire. In ambito culturale è importante anche la comunicazione dei valori della no profit, che non si colloca 10 Per quanto riguarda i siti web è necessario sottolineare alcuni elementi relativi alla loro architettura: 1. Grafica → In termini tecnici si definisce “look and feel” e sono le scelte grafiche che fanno da “vestito” alla campagna e all’organizzazione. Sono il primo impatto che la persona ha dell’associazione che, di conseguenza, necessita di un’immagine coordinata (anche di quella sui media non digitali) diverse no profit dimostrano i propri limiti già sul piano organizzativo. 2. Emotività → Si tratta della capacità di coinvolgere il visitatore che nella maggior parte dei casi approda sul sito perché ricerca un’esperienza, di una relazione emotiva, e non solo di una relazione scientifica. Deve sentirsi accolto, stimolato ed instaurare una sorta di affinità empatica. 3. Organizzazione dei contenuti → I percorsi di navigazione devono essere chiari e definiti (user experience, UX). L’utente si appoggia al sito per avere delle risposte alle proprie domande, di conseguenza, dovrà muoversi con facilità e allo stesso tempo tronare in home page in modo semplice. Non si tratta della quantità delle informazioni presenti, quanto della funzionalità e dell’organizzazione che il sito esprime. 4. Contenuti → È necessario cogliere la differenza tra il testo che possiamo leggere in un volume stampato/rivista/pubblicazione e quello che è una pagina online, che solitamente è accompagnata da una tipologia di utenza estremamente “volatile”. La logica della costruzione del testo deve seguire delle regole stringenti per favorire la propria individuazione da parte dei motori di ricerca, dovrà adattarsi agli utenti del web che, nonostante le differenze, sono accomunati da una lettura veloce. Sono necessari contenuti chiari8 già dal titolo dell’articolo, devono utilizzare un linguaggio semplice e non settoriale, devono essere modulari, avere immagini, video, illustrazioni ecc. Al momento la maggior parete delle no profit utilizzano pagine a scorrimento verticale, che presentano una serie di contenuti importanti organizzati per fasce orizzontali. In ognuna di queste fasce è presente un messaggio call-to-action che invita a esplorare il contenuto che viene precedentemente riassunto tramite delle brevi frasi quasi a stampo pubblicitario. In apertura è presente uno slider fotografico che permette alla pagina di presentarsi in modo dinamico e dare visibilità ad alcuni contenuti prioritari. 2.6.2 – I social media Facebook – Facebook prende trasversalmente la maggior parte delle generazioni e funziona come una sorta di diario che gli utenti aggiornano con le proprie esperienze. È molto utile per le no profit utilizzare Facebook per promuovere i propri contenuti tramite post più o meno originali. Certo è che ultimamente l’algoritmo mostra agli utenti con più frequenza solamente glia account che hanno molte interazioni e che quindi vengono cercati spesso. È possibile interagire con i post, tramite like/emoticon e commenti, oltre a valutare la pagina fino a 5 stelle. Quante pagine dovrebbe avere un’organizzazione, un’amministrazione o un’azienda? Le organizzazioni più complesse devono organizzare i propri contenuti e utilizzano specifiche soluzioni caso per caso. Nei processi associativi è utile l’utilizzo di gruppi; anche la pubblica amministrazione possiede delle pagine Facebook e le aziende ne fanno un uso molto esteso. Solitamente la comunicazione sociale delle imprese utilizza il corporate marketing o il related marketing se si tratta di posizionare un’iniziativa specifica, Facebook risulta quindi essere il social adatto per costruire la propria reputazione. Facebook risulta essere uno strumento molto versatile, ma per essere efficacie ha bisogno di alcune accortezze: 1. Un’associazione dovrebbe pubblicare contenuti diversificati, utili, coinvolgenti e funzionali (l’utente avrà a disposizione 8 fecondi per essere coinvolto nel messaggio); 2. Il messaggio deve essere meno autoreferenziale, baldo e leggero; 3. È necessario organizzare un piano editoriale dove verranno organizzati i contenuti e dove l’organizzazione deciderà il tipo di linguaggio da utilizzare; 4. Pubblicazione di contenuti in modo periodico, offrendo consuetudini e appuntamenti fissi, a questo proposito sono utili i “volontari digitali” che si occupano della condivisione die contenuti. Un esempio positivo legato ad un uso di FB è l’Ice Bucket Challenge: i vari VIP si arrovesciavano un secchio di acqua gelida in testa, parlando un’iniziativa benefica, e nominava un latro VIP che doveva fare altrettanto. YouTube – YouTube è il secondo motore di ricerca più cliccato al mondo e quello con un’utenza più attiva in Italia. Nasce nel 2005 e nel 2006 viene acquistato da Google. YT insieme a FB caratterizzano l’epoca del supporto informatico e della condivisone di contenuti. Su YT è possibile creare un canale nel quale caricare i 11 propri video, gli utenti poi possono interagirci tramite like, non mi piace e commenti, inoltre i video possono essere condivise anche su altre piattaforme social. Ma quali sono i video che funzionano meglio sul web? Educate (dicono cose che non conosciamo, che ci incuriosiscono), entertainer (ci divertono), inspire (ci emozionano e toccano nel profondo). I video d’appello, di denuncia, di esperimento sociale, il racconto di una storia, l’intervista, la video testimonianza, di cronaca, con infografiche ecc. sono molti dei modi che una no profit crea video per YouTube. I video sono strumenti indispensabili per raccontare le attività dell’associazione, dando testimonianza di quello che viene fatto. YouTube su gestisce 3 tipologie di video: 1. Hero → Video sensazionali, pensati per raggiungere un pubblico molto ampio anche distante dal brand, sono video creati per diventare virali e che richiedono un grande investimento, inoltre il pubblico è composto principalmente da sconosciuti; 2. Hub → Mantengono un alto livello di emozione e hanno un pubblico più interessato al prodotto al tema trattato, sono creati tramite una logica seriale che punta allo storytelling; 3. Hygiene → Contenuti specifici in risposta a contenuti specifici, sono video How to o Faq e hanno finalità d’intrattenimento. Un video funziona se colpisce, non dipende da quanto dura ma deve essere in grado di creare curiosità. Queta è l’essenza dello storytelling ovvero la capacità di guidare lo spettatore attraverso un racconto affascinante e attrattivo. La struttura del video dovrà essere pensata per catturare lo spettatore fin dai primi secondi, lasciando poi lo spettatore con un ricordo finale positivo. In primo luogo il titolo, che attira l’attenzione e risponde ad una ricerca specifica; la caption del video è altrettanto importante, così come l’utilizzo di tag che impostano una rilevanza nelle ricerche. In ultimo, ma non per importanza, importante è la scelta di un thumb attraente. Ma tutto questo spesso può non essere sufficiente. Serve infatti una strategia di delusione: si parte dal canale proseguendo con la condivisione su SNS, supportandolo con azioni di PR ecc. Pur considerano la limitatezza delle risorse, crediamo utile prendere in considerazione la creazione di un boost d’attenzione tramite l’acquisto di servizi a pagamento. In altro potente strumento di diffusione è costituito dagli Youtuber, che spesso possono avere interesse nel pubblicizzare determinati brand. È importante, infine, soffermarsi su due tipologie di video particolarmente interessanti per aziende e NP: - Video guerrilla → Quei video che raccontano e danno testimonianza di iniziative, anche sociali, sviluppate per strada. Esperimenti sociali, candid, azioni provocatorie: si tratta di video che raccontano l’azione sociale e al contempo le reazioni della gente. Sono video che piacciono alle persone perché raccontano il loro stesso modo di essere; - Web series → Ad oggi non ancora particolarmente disusa, ma che può essere uno strumento straordinario di educazione sociale. L’inclusione di messaggi all’interno di serie distribuite in TV o sul web costituisce un’importante occasione di educazione sociale. Instagram – È il terzo social del paese e continua a crescere in termini di community ed engagement. In origine prevedeva la pubblicazione solamente di immagini quadrate, con il tempo si è aggiornato e adesso è possibile pubblicare anche in formato rettangolare. Con le Instagram stories, nate per fare concorrenza a Snapchat, ha incrementato notevolmente la propria utenza, è possibile inoltre utilizzare # per classificare le foto. Le immagini e i video portano le persone a legarsi emotivamente e le no profit possono montare campagne intere grazie all’utilizzo di questo mezzo: il modo più immediato per parlare al cuore è tramite l’utilizzo delle foto. Instagram, inoltre, grazie al forte engagement, è un grande alleato delle raccolte fondi dato che così è possibile raggiungere direttamente i propri utenti. A disposizione degli amministratori, come su Facebook, sono stati introdotti gli Insight per permettere fi approfondire la modalità di visualizzazione die contenuti da parte degli utenti. Importante è tenere di conto della qualità dei contenuti, perché è proprio quella che fa su che un’organizzazione no profit su Instagram può diventare oggetto d’interesse per il pubblico. La pagina Instagram contribuisce a creare l’immagine dell’organizzazione, ne rappresenta l’identità e stimola interesse e curiosità. Belle foto devono essere accompagnate da testi funzionali, che coinvolgono nel racconto l’utente. Come su Twitter è possibile affidarsi a degli Influencer che funzionano secondo la logica dei testimonial: la persona potrà sostenere ed amplificare il messaggio dell’organizzazione. Questo offre credibilità all’associazione e lui/lei stesso/a ne trae beneficio per la propria immagine. 12 Twitter – Sulla propria pagina Twitter è possibile condividere contenuti testuali brevi (max 280 caratteri), si tratta di un social veloce dove i contenuti in massimo un’ora perdono rilevanza. Per raggruppare tutti i tweet relativi ad un argomento vengono utilizzati gli #, è possibile inoltre condividere e commentare un determinato tweet (retweet) e mettere mi piace. Twitter si basa più sui contenuti che sulle relazioni amicali. Twitter è molto utile per il giornalismo partecipativo, oltre a poter seguire la cronaca in tempo reale. Per un’organizzazione no profit può essere il social giusto per farsi conoscere e condividere raccolte fondi (più facilmente lanciate e diffuse su FB): è una sorta di ufficio stampa che diffonde al pubblico mirato senza il passaggio dalla redazione. È possibile collegare il profilo Twitter a Facebook: può essere pratico ma allo stesso tempo è poco funzionale perché i due social hanno linguaggi differenti. Come rendere Twitter funzionale per una no profit? 1. Testo → Viene valorizzata la buona scrittura tramite frasi brevi e con un certo impatto, il dono della sintesi è una necessità; 2. Tempo → I tweet sopravvivono per poco tempo per questo è necessario pubblicarli nella giusta finestra temporale, esistono quattro tipologie di tweet che sono gli users time (pubblicati nella fascia di tempo nel quale i propri followers fanno uso dei media), real time (tweet che trattano eventi live, che colgono l’attimo), your time (legati ad eventi speciali legati alle attività delle associazioni) e right time (anticipano il verificarsi di un evento ipotizzandone l’evoluzione); 3. Pianificazione → La scelta del momento giusto per pubblicare contenuti, la frequenza e la continuità dei tweet di cui abbiamo accennato sono legati al tema dei contenuti: da un lato i contenuti possono essere autoreferenziali, dall’altro possono essere riflessioni sugli eventi, o ancora sono contenuti leggeri connessi alla discussione di Twitter. La metrica principale che viene utilizzata per valutare le performance della pagina è quella della quantità di follower, un altro metro possono essere le mention (@) ovvero l’insieme di citazioni ricevute anche tramite i retweet, oppure è possibile guardare le impresions che indicano il numero di volte che i tweet dell’account sono stati visti, per ultima possiamo citare l’unique authors o reach ovvero il numero di autori unici che citano l’account. L’endorsed garantisce visibilità, diffusione, attenzione e funziona molto bene nel caso di eventi speciali e raccolte fondi Google + – Google + nasce nel 2011 da Google e. a differenza degli altri social, non viene creato da un gruppo di persone ma da un motore di ricerca, per questo è possibile trattarlo come un tool di business. Su Google + è possibile organizzare i contatti in cerchio, che l’utente può creare e modificare a piacimento, così da poter tutelare la privacy degli iscritti, dando la possibilità di scegliere chi può visualizzare o meno le informazioni del profilo. Sulla piattaforma è possibile vedere video retroattivi (Hangouts), modificare foto (Photo edit tool), creare e archiviare documenti (Google docs), creare eventi (Google + events) e offerte molti benefici per il SEO. Nella sezione “Google per il no profit” le associazioni possono usufruire gratuitamente di tutti i benefici di Google + a pagamento. Pinterest – Nasce nel 2010 e il nome è l’unione di pin (appendere) e interst (interesse). Nonostante sia un social fotografico, presenta notevoli differenze rispetto a Instagram: le foto cariche su Pinterest non devono necessariamente essere scattate da noi, sono raggruppate per tematica (nelle bacheche) e non per ordine di pubblicazione, è possibile caricare immagino direttamente dal browser, è possibile individuare gli oggetti nelle foto tramite Lens: Instagram è il re della condivisione delle immagini, Pinterest è il grande magazzino di quest’ultime. La bacheca facilita l’organizzazione dei contenuti che accompagna l’attività dell’organizzazione, ma anche il contatto con l’altro infatti, ad oggi, Pinterest è più un social di consumo che favorisce la pubblicità. LinkedIn – Linkedin nasce nel 2003 e nel 2016 è stato acquistato da Microsoft. Gli utenti possono aprire un profilo sui cui inserire il proprio curriculum e le proprie esperienze, puoi seguire e/o entrare in collegamento con i vari account: l’utente può decidere di accettare o meno l’invito di entrare a far parte di una rete. A livello professionale l’utente può contattare altri utenti, ma anche inviare la propria candidatura alle pagine aziendali; anche l’impresa può fare annunci, contattare direttamente i profili personali o fruire di agenzie di intermediazione lavoro per la ricerca di personale (come accade nel mondo reale). Tramite la funzione di “ricerca” l’utente può cercare offerte specifiche compatibili con la propria esperienza professionale e ricevere aggiornamenti via mail o notifiche sull’app. Oltre all’attività di ricerca offre due opportunità di scambio e confronto: 1. Interagire con le reti personali e con i contributi pubblicati sulle varie pagine (simili al diario di 15 2.7 – Dagli obiettivi alla strategia Per strategia si intende quell’insieme di azioni a lungo termine che un soggetto intende pianificare per raggiungere determinati obiettivi. Una buona strategia include, oltre al soggetto coinvolto ai suoi obiettivi e alle azioni da intraprendere, anche il contesto in cui si opera. Le strategie non possono essere affidate a terzi, né possono essere applicate da un soggetto all’altro ne possono essere adattate. Le strategie di costruiscono caso per caso, con sguardo attento, capacità di analisi, buonsenso, esperienza e intuito. Ma come sono cambiate oggi le strategie? I pilastri della tradizione oggi sono messi in discussione dalle evidenze della strategia sui media digitali, che spinge anche la comunicazione sui media classici a interrogarsi sul modo di operare. Le differenze più rilevanti sono le seguenti: - L’orizzonte temporale → Ci porta a concentrarci sul breve periodo. - L’approccio esperienziale → Si passa da una visione statica della comunicazione ad una dinamica, condizionata da una quantità di dati ed informazioni sempre più puntuali che spingono a cambiamenti in corsa. - L’interazione → Trasforma la comunicazione in un dialogo che amplifica le reti di conoscenza. - La multimedialità → Spinge ad abbandonare la TV come media prioritario per trovare percorsi ed equilibri narrativi. 2.7.1 – L’orizzonte temporale Se per impostare una strategia è necessario partire dal contesto non possiamo rilevare come, nel contesto contemporaneo, i nuovi media abbiano cambiato il modo di comunicare di aziende, organizzazioni e istituzioni. Fino a poco tempo fa era un perso corso lungo di studio e di approfondimento che portava risultati e conseguenze in un arco temporale pluriennale, oggi abbiamo da un lato il soggetto che comunica (con una propria identità, un proprio posizionamento ecc.) mentre dall’altro abbiamo le azioni concrete su differenti strumenti, media e canali, che dovranno necessariamente tener cinto degli improvvisi cambiamenti che modificheranno il contesto. Dall’analisi attenta e continuativa dello scenario emergono oggi con una frequenza senza precedenti sempre nuovi strumenti, media o canali che possono modificare le modalità di comunicazione (es. i costanti aggiornamenti die media tradizionali, gli algoritmi che guidano le performance, nuovi trend che nascono online ecc.). Oggi la strategia tenda ad accorciare il proprio orizzonte temporale, per assomigliare sempre più spesso ad un insieme di azioni tattiche, di breve periodo, coerenti con il brand e pronte a sfruttare le novità del sistema mediale. 2.7.2 – L’approccio esperienziale La strategia è il continuum che inizia dall’analisi e prosegue con la pianificazione e l’implementazione per tornare all’analisi e alla successiva verifica strategica. In una logica più tradizionale lo stratega privilegiava l’analisi a priorie e la pianificazione, oggi si previlegia l’implementazione e analisi a posteriori limitando il rischio di una strategia obsoleta e inefficacie solo a livello teorico. La strategia dovrà partire da un approccio solido e scientifico, per definire un posizionamento distintivo che potrà essere declinato in azioni di comunicazione; è anche vero che alcuni brand nati sul web (come Google) hanno creato prodotti e servizi con uno studio di branding essenziale che può essere modificato e adattato nel corso del tempo. Non crediamo però che questo possa essere una regola perché il valore dell’immagine di chi comunica è a monte delle motivazioni di acquisto o di donazione. 2.7.3 – La persona al centro Al centro dell’azione di marketing e della comunicazione è stato messo il consumatore: prima parlavamo di consumatore come il destinato oggetto della proposta di prodotti e servizi, poi si cosum-attore dove la persona si pone al entro postando il prodotto ed infine, il consum-autore al quale viene riconosciuto un ruolo creativo e partecipativo. La marca non insegue i consumatori, ma si rende oggetto di ricerca, interesse e curiosità. Il consumatore non sopporta le marche, le sceglie facendo sì che diventino partner emotivo e compagno di viaggio. La marca contemporanea è alleata del consumatore, perdendo la connotazione product oriented (“sono il mio prodotto”) e profit oriented (“sono quello che chiede il mercato”), per trasformarsi in impresa/organizzazione purpose oriented (“sono la missione per cui sono nata, sono i miei valori, sono il mio progetto di cambiamento”). 16 2.7.4 – L’interazione I contenuti della marca sono anche i contenuti degli utenti e, da qui, i contenuti delle reti a essi collegati. Il risultato è straordinariamente potente sia perché il messaggio si moltiplica in modo esponenziale, sia perché esso prescinde in qualche modo dalla fonte primaria che l’ha generato, per trasformarsi in un contenuto mediato, un suggerimento popolare o un consiglio amicale. Per anni la strategia delle imprese e delle organizzazioni è stata quella di coinvolgere quante più persone possibile, con messaggi generalisti che potessero essere compresi dalla massa, veicolandoli attraverso i mass media. Oggi spot televisivi, campagne stampa, comunicati radio perdono efficacia. Per questo ogni singola interazione, ogni messaggio e richiesta di donazione o partecipazione andrebbero considerati come fossero un media. 2.7.5 – La multimedialità In Italia la TV è ancora oggi padrona degli investimenti pubblicitari ma, nel mondo, sta perdendo terreno. Non si tratta più di definire idee e linguaggi per la TV, si tratta di partire dal brand, obiettivi e target per crescere un’idea “nativa digitale” capace di superare i confini del singolo mezzo. L’idea della multimedialità viene quindi riletta in una logica di sistema nella quale ogni singola azione ha un proprio valore e svolge una propria funzione specifica. Nello sviluppo della strategia inoltre è sempre più importante la considerazione dei momenti di fruizione. Non esistono risposte universali alle problematiche dei soggetti, ma è importante sottolineare alcuni aspetti fondamentali: l’attività di comunicazione dei media è un asse portante, lo sviluppo e la gestione dei media digitali è una professione e come tale non può essere improvvisata. L’attività è troppo importante per essere affidata alla cura dei volontari che spesso sono semplici utilizzatori di media. Infime bisogna sottolineare che i costi di un’attività di pianificazione sui social non sono paragonabili, per ora, a quelli dei media tradizionali. 2.7.6 – La strategia in breve Sono quattro le attività svolte dall’organizzazione che prosperano grazie ai nuovi media: 1. Attirare i visitatori → È importante portare i visitatori giusti, nel posto giusto, al momento giusto l’approccio quantitativo invece che qualitativo è un retaggio dei media tradizionali. Quali strumenti utilizzare? Il SEO, che serve a ottimizzare il sito web per i motori di ricerca, scegliendo le parole chiave corrette, il blog, che serve a pubblicare costantemente contenuti che siano d'aiuto per la supporter persona, i social media, che servono a diffondere i contenuti, ma soprattutto a comunicare in modo diretto e informale. 2. Convertire i nuovi contatti → Dopo che le persone giuste sono arrivate al sito decidono di mettersi in contatto con l’associazione. Quali strumenti utilizzare? Le landing pages, le pagine di conversione da visitatore a lead sulle quali è possibile scaricare con tenuti di approfondimento; i form con i quali è possibile raccogliere informazioni sugli utenti, ricevere l'autorizzazione a trattare i loro dati personali e fare domande pertinenti all'argomento che gli interessa; le call-to-action, che invitano a fare un’azione specifica, in relazione al contenuto scaricato. 3. Convertire i nuovi contatti → Per far si che i contatti diventino donatori e sostenitori è importante approfondire le tematiche d’interesse creando contenuti mirati. Quali strumenti utilizzare? Lo strumento migliore in questa fase è la mail perché permette una forte personalizzazione del messaggio e questo dimostra attenzione che viene rivolta dall’associazione sui contatti. 4. I contatti diventano promotori e sostenitori → Quando un contatto diventa sostenitore il percorso di generazione del valore è appena iniziato. Per mantenere vivo il dialogo servono contenuti esclusivi, interazioni sui social e assistenza diretta quando arrivano delle richieste: questo modo di comunicare stimolerà il passaparola spontaneo aumentando il coinvolgimento delle persone.
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