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Concetta Brescia Morra, Il diritto delle banche Le regole dell’attività, Sintesi del corso di Diritto Delle Banche

Il SISTEMA FINANZIARIO: è il settore dell’economia che consente il trasferimento di risorse, ossia denaro, dai soggetti che hanno accumulato risparmio, reddito non speso, ai soggetti che sono in deficit di risparmio. I RISPARMIATORI: sono rappresentati da persone fisiche, le famiglie, che non esercitano attività imprenditoriali; i soggetti bisognosi di risorse finanziarie sono nella maggior parte dei casi imprese, Stato e altre pubbliche amministrazioni, ma anche altri soggetti privati. LE BANCHE: sono uno degli attori principali dei sistemi finanziari; esse si interpongono fra i soggetti che offrono risparmio e quelli che lo domandano, acquisendo risorse finanziarie dal pubblico e investendole nelle imprese nella forma di prestiti o di acquisizione di titoli di partecipazione al capitale delle stesse

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023

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Scarica Concetta Brescia Morra, Il diritto delle banche Le regole dell’attività e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Delle Banche solo su Docsity! Concetta Brescia Morra, Il diritto delle banche Le regole dell’attività Parte Prima: Banche e attività bancaria 1. Banche e sistema finanziario Il SISTEMA FINANZIARIO: è il settore dell’economia che consente il trasferimento di risorse, ossia denaro, dai soggetti che hanno accumulato risparmio, reddito non speso, ai soggetti che sono in deficit di risparmio. I RISPARMIATORI: sono rappresentati da persone fisiche, le famiglie, che non esercitano attività imprenditoriali; i soggetti bisognosi di risorse finanziarie sono nella maggior parte dei casi imprese, Stato e altre pubbliche amministrazioni, ma anche altri soggetti privati. LE BANCHE: sono uno degli attori principali dei sistemi finanziari; esse si interpongono fra i soggetti che offrono risparmio e quelli che lo domandano, acquisendo risorse finanziarie dal pubblico e investendole nelle imprese nella forma di prestiti o di acquisizione di titoli di partecipazione al capitale delle stesse. L’altro canale di trasferimento di risorse fra risparmiatori e imprese sono i mercati finanziari, in questo caso i risparmiatori acquistano titoli emesse dalle imprese rappresentati da quote di partecipazione al capitale ovvero da quote di debito. 1.1.1. L’INTERMEDIAZIONE BANCARIA: UNO SCHEMA SEMPLIFICATO L’INTERMEDIAZIONE BANCARIA: prevede l’acquisizione di risorse finanziarie attraverso contratti (contratti di credito) con cui i risparmiatori cedono alla banca denaro con un obbligo di restituzione, in cambio di una remunerazione. Il contratto tipico con cui le banche raccolgono risparmio è il deposito bancario. Con esso la banca acquisisce la proprietà di una somma di denaro in cambio di un compenso calcolato sulla base di un tasso di interesse concordato. Il contratto può essere a termine, ossia il cliente non può pretendere la restituzione del risparmio prima una determinata scadenza, oppure essere a vista, per cui il cliente può richiedere in qualsiasi momento la restituzione delle somme cedute alla banca. Le banche, per l’acquisizione di risorse finanziarie, utilizzano anche altri contratti come “l’emissione di obbligazioni”, ma il deposito occupa un ruolo preminente per la raccolta del risparmio. Le banche utilizzano le risorse finanziarie così acquisite cedendole ad altri soggetti con contratti di credito, in questo caso la banca diventa creditrice, mentre l’impresa, l’amministrazione pubblica o il privato che riceve le risorse finanziarie è il debitore. IL GUADAGNO della banca è rappresentato dalla differenza tra i tassi pagati al risparmiatore e quello che pagano i suoi debitori. I prestiti possono prevedere un termine più o meno lungo per la restituzione. Le banche possono impiegare le disponibilità acquisite dai risparmiatori anche mediante altre formule contrattuali, attraverso l’acquisizione di strumenti finanziari emesse da imprese nella 1 forma della società, che possono essere rappresentati sia titoli di debito, come le obbligazioni, sia da titoli di partecipazione alla società, le azioni. La tradizionale attività bancaria implica l’assunzione del rischio dell’intermediazione a carico dell’impresa che la esercita, la banca ha un obbligo di restituzione delle somme ricevute dai risparmiatori che prescinde dalla circostanza che i soggetti a cui ha fatto credito adempiano con puntualità alla restituzione del prestito ricevuto. L’attività bancaria svolge le seguenti funzioni: monetaria, di liquidità, riduzione dei costi di transazione nella valutazione delle iniziative imprenditoriali, trasformazione delle scadenze. 1.1.2LA FUNZIONE MONETARIA La caratteristica del contratto con cui la banca acquista disponibilità monetarie, ossia il deposito, è rappresentata dalla possibilità del risparmiatore di chiedere la restituzione del denaro ceduto alla banca, al suo valore nominale, in qualsiasi momento dalla stipula del I risparmiatori difficilmente possono acquistare titoli nei mercati finanziari senza l’assistenza di un intermediario, in quanto l’accesso a tali mercati per l’acquisto di titoli è riservato a soggetti appositamente autorizzati. La riserva d’attività un tempo si giustificava per evitare delle truffe ed assicurare dei requisiti minimi di sicurezza nelle transazioni, oggi invece serve a consentire che le transazioni avvengano anche nel rispetto dei principi di trasparenza e correttezza. Gli assetti finanziari possono essere descritti secondo diversi punti di vista: l’elemento più utilizzato per comprendere le caratteristiche di un sistema è rappresentato dal peso relativo che in esso svolgono le banche e i mercati finanziari. IL SISTE MA FINAN ZIARIO E’ FORM ATO : INTERMEDIARI che svolgono attività MERCATI in primo luogo le Bancaria Borse valori I SISTEMI FINANZIARI POSSONO ESSERE: BANCO-CENTRICI: MERCATO-CENTRICI: Sono caratterizzati dalla prevalenza dell’ presentano mercati spessi intermediazione bancaria, come strumento e sofisticati che costituiscono che consente l’afflusso di risorse al sistema per le imprese un canale di economico. (i sistemi finanziari tedesco, giapponese e (i sistemi finanziari inglese e Italiano). statunitense). 3 La distinzione fra i due sistemi è assunta per comodità espositiva, ma non presenta caratteri netti. Questo perché anche nei Paesi tradizionalmente banco-centrici è cresciuto il peso del mercato, e L’attenuarsi della distinzione è dovuta all’accelerazione dell’innovazione finanziaria negli ultimi anni. 1.1.2 SISTEMI FINANZIARI E RUOLO DELLO STATO NELL’ECONOMIA I Fattori necessari per comprendere l’assetto finanziario di un paese sono (oltre alla distinzione fra sistemi banco-centrici e sistemi mercato-centrici): dal peso dello Stato nell’economia. Alcuni paesi tipo la Francia si sono caratterizzati per un forte ruolo dello Stato nel sistema economico, che per il tramite di intermediari finanziari posti sotto controllo pubblico, perseguono obiettivi di politica economica determinati dal Governo. 1.2.3. I MODELLI DI BANCA Un altro elemento che caratterizza i sistemi finanziari è il modello di banca adottato, esistono: BANCHE SPECIALIZZATE o COMMERCIALI: che concentrano la loro attività nella sola attività di intermediazione tradizionale. BANCHE UNIVERSALI: sono quelle che esercitano congiuntamente all’attività di raccolta di depositi ed erogazioni di prestiti quella nel settore dei servizi di investimento. BANCA MISTA: è UN TIPO DI BANCA UNIVERSALE che assume un rapporto intenso e di lunga durata con le imprese finanziarie, arrivando ad acquisire anche partecipazioni di rilievo stabili nelle stesse. Es. la banca tedesca, in cui gli amministratori delle banche siedono anche nei consigli di amministrazione delle imprese controllate. E’ possibile riscontrare una correlazione tra sistemi economici e modelli di banca, nella maggior parte dei casi nei sistemi banco-centrici prevale il modello di banca universale o mista, mentre nei sistemi mercato-centrici gli intermediari sono specializzati. L’esperienza italiana si differenzia da questi 2 modelli perché a partire dalla legge del 1936 è stato vigente un principio di specializzazione temporale fra gli intermediari e di separazione fra banca e industria che impediva alle prime di acquisire il controllo di imprese industriali. 2.2.1. TRE MODELLI DI BANCA DELL’800: I CREDITI MOBILIARI, LA BANCA UNIVERSALE, LA BANCA DI DEPOSITO IL CREDITO MOBILIARE: rappresenta il prototipo della banca moderna, era un intermediario che raccoglieva risorse finanziarie attraverso l’emissione di azioni, ma anche nella forma del deposito e delle obbligazioni societarie, e le impiegava sia mediante prestiti sia investendo in titoli emessi dalle imprese, ossia azioni e obbligazioni. 5 LE BANCHE UNIVERSALI: concentravano la raccolta del risparmio nella forma di depositi e ampliavano l’offerta di prodotti ai servizi di pagamento e alla prestazione di credito, erano sempre legate agli investimenti nel capitale delle imprese. LA BANCA DI DEPOSITO: modello attualmente più vicino a quello prevalente nei paesi europei, ha origine in Inghilterra, ampliò la raccolta mediante l’espansione dei depositi e diede impulso alle operazioni di credito soprattutto al piccolo commercio. Le operazioni di banca sul lato passivo, erano incentrate sul deposito, sul lato attivo, dallo sconto di cambiali, le anticipazioni sui titoli, le aperture di credito su conto corrente, i mutui ipotecari. Tuttavia i contratti potevano definirsi bancari solo se posti in essere in maniera sistematica nei confronti del pubblico da un’impresa che esercita congiuntamente la raccolta di depositi e l’erogazione di credito ma a fine 800 non vi era traccia di ciò. 2.2.2. LA NOZIONE DI ATTIVITA’ BANCARIA E DI BANCA NELLA LEGGE DEL 1936 Si ha una definizione di attività bancaria solo con la legge bancaria del 1936 che all’art.1 stabilisce: la raccolta del risparmio tra il pubblico sotto ogni forma e l’esercizio del credito sono funzioni di interesse pubblico, tali funzioni sono esercitate da Istituti di credito di diritto è pubblico, da Banche di interesse Nazionale , da Casse di risparmio e da Istituti, Banche, Enti e imprese private a tal fine autorizzate. Tale legge individua i connotati essenziali dell’attività bancaria e dell’impresa che la esercita. In base a tale normativa l’ATTIVITA’ BANCARIA: consiste in una serie di operazioni con cui l’impresa acquisisce risorse finanziarie dal pubblico, ossia da una massa indistinta di soggetti e in altre operazioni con cui impiega queste risorse per erogare prestiti. Negli anni trenta del 900 la nozione di banca è individuata dalla legge che ne definisce l’oggetto sociale, ponendo nel contempo limiti alle sue attività. In Italia le legge bancaria prevede una distinzione fra banche operanti a breve termine e banche operanti a medio e lungo termine, questo per evitare che gli intermediari potessero adottare scelte gestionali in tema di trasformazione delle scadenze, tra operazioni passive e operazioni attive eccessivamente rischiose. Sulla base di ciò la nozione di banca era riconducibile a 2 modelli: 1) L’AZIENDA DI CREDITO che poteva raccogliere risparmio a vista o a breve termine e poteva impiegare le risorse solo per prestiti a breve scadenza (al massino 18 mesi), rispondevano al modello tipico della banca di deposito della metà dell’800 cioè di tipo commerciale e perciò detta banca commerciale; 2) ISTITUTI DI CREDITO SPECIALE, che potevano raccogliere risparmio solo a medio e lungo termine (con scadenza superiore ai 18 mesi) e potevano fare prestiti a medio e a lungo termine. 2.3. L’EVOLUZIONE DEL SISTEMA BANCARIO ITALIANO NEL 900 2.3.1. LA PLURALITA’ ISTITUZIONALE DI BANCHE AGLI INIZI DEL 900 Agli inizi del 900 l’assetto bancario italiano era frammentato, esistevano alcune banche di rilevanti dimensioni di fine 800 come : la Banca Commerciale, il Credito Italiano, il Banco di Roma la Società Bancaria, basati sul modello tedesco che è quello della banca mista; il resto del sistema bancario era in gran parte pubblico come ad es. il Monte Pachi di Siena, nato nel 400 o l’Istituto bancario S. Paolo di Torino sorto nel 500, sorto per sottrarre al dramma dell’usura la parte più debole della popolazione. Sempre con struttura di fondazione vi erano il Banco di Napoli e il Banco di Sicilia, gli intermediari del meridione. Esistevano le CASSE DI RISPARMIO, trattasi di banche sotto forma di ditte individuali o numerose banche a carattere locale o regionale nata a partire dagli anni 20 dell’800 avevano la forma di fondazione per incoraggiare il piccolo risparmio e diffondere uno spirito di parsimonia tra i meno abbienti. Nelle casse di risparmio disciplinate dal r. d. 25 aprile 1929, n . 967, le finalità pubbliche di beneficenza e assistenza rappresentavano il fine ultimo, perseguito attraverso una gestione imprenditoriale dell’azienda bancaria. 6 La restante parte del sistema bancario era costituito da banche in forma di società cooperativa, raggruppate in 2 categorie: 1) LE CASSE RURALI E ARTIGIANE, caratterizzate da caratteri di mutualità in cui l’attività bancaria è rivolta principalmente ai soci, identificati in precise categorie sociali e lavorative; 2) LE BANCHE POPOLARI, rappresentavano intermediari a carattere locale, fortemente legati al territorio, in cui vincoli della mutualità erano seguiti in maniera meno rigida(detti appunto di mutualità spuria). 2.3.2. LE AZIENDE DI CREDITO NELLA LEGGE DEL 1936 La legge del 1936 confermò la natura di istituti di credito di diritto pubblico del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia, della Banca Nazionale del Lavoro dell’Istituto Bancario S. Paolo di Torino, nonché il Monte Paschi di Siena. Le banche miste (Banca Commerciale Italiana, Credito Italiano e Banco di Roma) vennero attratte nell’area pubblica sotto la proprietà dell’Iri a causa della crisi finanziaria e dichiarate banche di interesse nazionale. Mentre gli istituti di credito di diritto pubblico, le banche di interesse nazionale, le casse di risparmio ecc. vennero qualificati come aziende di credito, esse finanziavano prevalentemente l’attività commerciale. 2.3.3.GLI ISTITUTO DI CREDITO SPECIALE NELLA LEGGE DEL 1936 Al tempo dell’emanazione della legge bancaria del 1936 il finanziamento degli investimenti di lungo termine era affidato ad istituti di credito speciali e non solo, che concedevano credito mediante apposite leggi, per favorire l’afflusso di risorse a determinati settori dell’economia, come per il credito alle opere pubbliche, il credito agrario, il credito peschereccio ecc. Anche gli istituti di credito speciali in gran parte pubblici, esercitavano particolari tipi di credito a lungo e medio termine. Gli Istituti di credito speciale erano sottratti alla gran parte delle disposizioni di vigilanza contenute nella legge bancaria del 1936 solo nel 1981 fu emanata la legge di riordino di tali istituti. 2.3.4. IL CREDITO MOBILIARE Nel 1933 per esercitare tale credito venne istituito l’Istituto Mobiliare Italiano (IMI), come ente di diritto pubblico, specializzato nel credito nel medio e lungo termine nell’economia e nell’acquisto di azioni di imprese industriali, si finanziava attraverso l’emissione di obbligazioni. Nel 1946 nacque Mediobanca, per iniziativa della Banca Commerciale Italiana, cui si unirono le altre 2 banche di interesse nazionale, Credito Italiano, Banco di Roma. Mediobanca ha avuto fin dall’inizio nell’oggetto sociale il finanziamento di attività industriali ma anche operazioni di sottoscrizione di obbligazioni e di quote di partecipazione nel capitale delle imprese, essa ha avuto un ruolo determinante nella maggior parte delle operazioni di riorganizzazione aziendale del sistema economico italiano in virtù del pacchetto di azioni detenute nei principali gruppi industriali (Fiat, Assicurazioni Generali, Montedison, Olivetti). 2.3.5. LE TRASFORMAZIONI DEGLI ANNI 90 DEL 900: ADOZIONE DELLA FORMA DI S.P.A; PRIVATIZZAZIONI E CONCENTRAZIONI. IL NUOVO ASSETTO CON IL T.U. DEL 1993 Il mutamento che si è avuto nei primi anni 90 del 900 ha inizio con la ristrutturazione degli enti pubblici creditizi, favorita dalla c.d. Legge Amato, che ha condotto le banche pubbliche all’assunzione generalizzata della forma della società per azioni. Nella maggior parte dei casi ciò è avvenuto attraverso il conferimento dell’azienda bancaria a una s.p.a, lasciando titolare del pacchetto di controllo un soggetto denominato dalla stessa legge ente pubblico conferente (c.d. fondazione bancaria). La fondazione avrebbe dovuto detenere la partecipazione bancaria a meri fini di reddito, tuttavia tale riforma non ha comportato l’immediata privatizzazione, la riforma del 1990 ha rappresentato per le banche il mutando sia pure temporaneamente un attivo già presente nel proprio patrimonio in moneta. 3.1.4 Segue: I TITOLI RAPPRESENTATIVI DI DEPOSITI Essi sono di 2 tipi: I BUONI FRUTTIFERI e i CERTIFICATI DI DEPOSITO. Entrambi devono avere una durata non superiore a 5 anni, sono strumenti finanziari emessi sulla base di un rapporto individuale normalmente a breve termine. 3.1.5. Segue: LE OBBLIGAZIONI BANCARIE Un mezzo di raccolta del risparmio è rappresentato dalle obbligazioni, a seguito dell’emanazione del t.u.b. del 1993 che ha sancito il processo di despecializzazione dell’attività bancaria, tutte le banche possono emettere obbligazioni. Vengano assimilate alle obbligazioni societarie ma si distinguono dalle stesse perché quelle emesse dalle banche sono titoli di massa rappresentativi di un debito iscrivibili alla categoria dei titoli di credito, esse sono soggette a limiti di durata minima, e pertanto vengono collocate fra gli strumenti di raccolta a medio e lungo termine. Agli obbligazionisti non si applicano le disposizioni del codice che prevedono limiti all’emissione rapportati al patrimonio o che impongano la creazione di una organizzazione degli obbligazionisti al fine di dare una rappresentanza unitaria nei confronti della società, questo perché gli obbligazionisti sono risparmiatori tutelati dalle disposizioni dell’ordinamento creditizio. A differenza dei depositanti, gli obbligazionisti non sono coperti dal Fondo interbancario di tutela dei depositi che in caso di crisi di una banca rimborsa i depositanti entro un certo ammontare, per questo sono previsti dei VINCOLI come quelli che stabiliscono un taglio unitario minimo, per evitare che le obbligazioni possano essere collocate fra i piccoli risparmiatori, se la banca emittente non è abbastanza solida sul piano patrimoniale. 3.1.6. Segue: GLI STRUMENTI IBRIDI E LE PASSIVITA’ SUBORDINATE Si tratta di strumenti finanziari innovativi che non hanno tutte le caratteristiche delle obbligazioni, ma non sono neppure equiparabili alle azioni, inoltre i prestiti subordinati possono prevedere limitazioni nel rendimento e nella restituzione del capitale in funzione dell’andamento economico della banca. Questi titoli non rappresentano raccolta del risparmio in senso proprio poiché sono utilizzati dalle banche soprattutto per esigenze di rafforzamento del patrimonio ed in genere non sono collocati fra la clientela al dettaglio cioè presso il pubblico dei piccoli risparmiatori. 3.1.7. L’EROGAZIONE DEL CREDITO Non è oggetto di una norma specifica del t.u.b, lo stesso t.u.b. utilizza una pluralità di termini diversi riconducibili al concetto di esercizio del credito: PRESTITO, CONCESSIONI DI FINANZIAMENTO, IMPIEGHI, CONCESSIONE DI CREDITO E FIDI. Tuttavia Il legislatore individua l’operazione con il termine di FINANZIAMENTO, le banche possono esercitare il credito in qualsiasi forma. I contratti di credito sono negozi con cui la banca concede ad un terzo la disponibilità di una somma di denaro per un tempo prestabilito e il terzo si impegna a restituire la somma alla scadenza. 9 L’elemento determinante della fattispecie creditizia è il tempo, credito significa concessione di tempo al debitore per l’adempimento dell’obbligo di restituzione della disponibilità di denaro. Gli interessi, che costituiscono il corrispettivo dell’operazione creditizia sono il prezzo del godimento della disponibilità monetaria per il tempo prestabilito. 3.1.8. Segue: ICONTRATTI DEL CODICE CIVILE Tra i contratti previsti dal codice civile e maggiormente utilizzati dalle banche per la concessione del credito vi è ilMUTUO che è un prototipo delle operazioni creditizie, si tratta di un negozio consensuale e non reale, ossia non prevede per il suo perfezionamento la consegna materiale della somma di denaro, una parte concede all’altra il godimento di una somma di denaro in cambio di un corrispettivo e l’altra si impegna a restituire a una scadenza predefinita la somma più il corrispettivo. Tuttavia lo strumento più diffuso nella prassi bancaria per la concessione di credito alle imprese è L’APERTURA DEL CREDITO, mediante la quale la banca si impegna a tenere a disposizione del cliente una somma di denaro in cambio di un corrispettivo rappresentato da una commissione e non da un tasso si interesse, perché nella prima fase la banca non si priva della disponibilità del denaro. Il cliente può in qualsiasi momento chiedere l’intero importo pattuito, ovvero parte di esso, dal momento in cui preleva le somme si instaura un vero e proprio rapporto creditizio per il quale vengono calcolati gli interessi; si tratta di un contratto nato per il finanziamento di attività economiche che richiedono risorse finanziarie a breve termine, come il commercio. L’apertura del credito consente di gestire il rapporto creditizio in modo più flessibile rispetto al mutuo, perché se la condizione economica del cliente dovesse peggiorare la banca può rifiutarsi di far utilizzare al cliente la somma messa a disposizione. LO SCONTO è un altro contratto con cui la banca eroga credito, la banca anticipa al cliente l’importo di un credito non ancora scaduto verso terzi, in cambio di un corrispettivo che viene prelevato immediatamente dalla banca scontandolo dal valore nominale del credito, esso è UN CONTRATTO DI LIQUIDITA’, perché consente al cliente di ottenere risorse finanziarie immediate a fronte di un valore che, senza l’intervento della banca potrebbe tradursi in moneta solo in un momento futuro. L’ANTICIPAZIONE BANCARIA, è un meccanismo di garanzia utilizzato per la concessione del credito a breve termine. La banca concede credito a fronte della prestazione da parte del cliente di garanzie, rappresentate da titoli o beni dati in pegno che hanno un valore di mercato facilmente individuabile es. i Titoli di Stato, ma soprattutto beni che abbiano un valore di mercato; la banca anticipa al commerciante il ricavato della vendita dei propri prodotti in cambio di un corrispettivo, acquisendo in garanzia proprio questi ultimi. E’ necessario che sussista un rapporto costante fra l’ammontare del credito concesso e il valore della garanzia, se l’ammontare della garanzia diminuisce di un decimo rispetto a quello che era al tempo del contratto, la banca può chiedere al debitore un supplemento di garanzia. 3.2. LE ALTRE ATTIVITA’ FINANZIARIE CHE LE BANCHE POSSONO ESRCITARE NEL NOSTRO ORDINAMENTO Le banche italiane a seguito della riforma attuata nel 1993 possono operare non solo nel settore dell’intermediazione bancaria tradizionale, ma anche in tutti gli altri settori dell’ intermediazione finanziaria, senza più vincoli attinenti alla durata dei contratti (vincolo di specializzazione temporale). 3.2.1. LA NOZIONE DI ATTIVITA’ FINANZIARIA NEL T.U.B. DEL 1993 Nel t.u.b. non c’è una definizione univoca di attività finanziaria, le operazioni finanziarie si contrappongono a quelle reali, queste ultime hanno ad oggetto beni tangibili o intangibili, cioè 10 cose che possono formare oggetto di diritti e possono avere una componente finanziaria rappresentata dal pagamento del prezzo. I negozi finanziari sono quelli in cui sia la prestazione che la controprestazione hanno natura finanziaria, ossia sono rappresentati da denaro, tipica operazione finanziaria è quella creditizia. Per circoscrivere la nozione di attività finanziaria si può far riferimento all’elenco di attività ammesse al mutuo riconoscimento introdotto nel t.u.b. in attuazione della disciplina comunitaria la direttiva 2006/48/CE, questa norma definisce le attività che le banche comunitarie possono svolgere nei paesi dell’Unione sulla base dell’autorizzazione dell’autorità di vigilanza del paese d’origine, fra le varie attività finanziarie consentite alle banche vi sono la raccolta di depositi, le operazioni di prestito, il leasing finanziario, i servizi di pagamento, il rilascio di garanzie e impegni di firma ecc. possono essere considerate attività finanziarie la prestazione di servizi di pagamento e quella di servizi di investimento, quest’ultima categoria comprende la negoziazione per conto proprio; limiti in cui queste ultime siano svolte non per il mercato, ma a servizio dell’attività principale svolta, come ad es. è il caso dei servizi informatici. 3.3.2. LE ATTIVITA’ CONNESSE La seconda categoria di attività industriali esercitabili direttamente dalle banche è quella delle attività connesse, ciò indica la necessità di un legame fra l’attività bancaria e quelle connesse. In verità le banche hanno sempre svolto un’attività di natura non finanziaria, non legata all’attività bancaria, cioè non riconducibile né alla raccolta del risparmio, né all’erogazione del credito, es. la locazione di cassette di sicurezza, essa prevede la concessione al cliente dell’utilizzo di uno spazio , la cassetta, all’interno dei locali della banca per custodirvi propri beni, in cambio di un canone di locazione; il contratto di cassette di sicurezza è un’attività accessoria all’attività bancaria nel senso che non vi è inerenza sotto il profilo teleologico di tale contratto rispetto all’attività bancaria. 12 Il nesso che unisce le attività diverse da quelle bancarie e finanziarie all’attività principale, viene definita “complementarietà” poiché riguarda il rapporto tra la struttura operativa e l’attività extra- bancaria e non il paragone tra le due attività. Con l’indicazione delle attività connesse nell’art. 10 t.u.b., il legislatore amplia le possibilità operative delle banche offrendo nuove opportunità economiche fra cui si annoverano, la vendita di biglietti di viaggio o di partite calcio. La Banca d’Italia per intende, le attività non finanziarie che, creando occasioni di contratto con il pubblico consentono alle banche di promuovere e di sviluppare l’attività principale, deve pertanto trattarsi di attività aventi ad oggetto la fornitura di un servizio alla clientela, compatibile con le normali modalità di organizzazione e di funzionamento degli sportelli bancari, tuttavia sono previsti limiti all’esercizio di attività connesse. CAPITOLO 4 4.1. LE ATTIVITA’ CHE POSSONO SVOLGERE SOLO LE BANCHE E LA NOZIONE DI BANCA L’attività bancaria intesa come raccolta del risparmio ed esercizio del credito è riservata alle banche, trattasi di soggetti iscritti in un apposito albo tenuto dalle autorità creditizie. Sono iscritti in questo albo i soggetti autorizzati all’esercizio dell’attività bancaria dalla Banca d’Italia, nonché gli intermediari bancari appartenenti a paesi dell’Unione europea autorizzati come enti creditizi, in virtù del principio del mutuo riconoscimento. L’esercizio abusivo dell’attività bancaria è un reato che l’ordinamento condanna con una pena severa disciplinato dall’art. 11 t.u.b, si ha quando un soggetto svolga l’attività di raccolta del risparmio tra il pubblico in violazione della disposizione ed esercita il credito, cioè la raccolta del credito venga effettuata secondo modalità che possono essere poste in essere solo da una banca. L’art. 11 prevede una riserva di attività in favore delle banche avente ad oggetto la raccolta del risparmio , non si tratta di una riserva assoluta. L’attività di raccolta del risparmio e di erogazione del credito, se non esercitate in maniera congiunta, possono essere svolte da soggetti diversi dalle banche. La raccolta del risparmio non connessa all’esercizio del credito, può essere effettuata, entro certi limiti, anche da imprese e società industriali. L’attività di erogazione di finanziamenti può essere svolta da altri intermediari finanziari. 4.1.1. L’ORIGINE DELLA RISERVA DI RACCOLTA DEL RISPARMIO E IL PROGRESSIVO AMPLIAMENTO DELLA POSSIBILITA’ PER SOGGETTI DIVERSI DALLE BANCHE DI RACCOGLIERE RISPARMIO DAL PUBBLICO La legge bancaria del 1936 configurava la fattispecie penale dell’esercizio abusivo dell’attività bancaria, tale previsione, aveva a quel tempo, un obiettivo di ordine pubblico, teso ad evitare truffe dei piccoli risparmiatori ignari del funzionamento dei meccanismi finanziari. Il truffatore riesce a corrispondere degli alti rendimenti ai primi soggetti che gli affidano i loro risparmi con le somme di denaro provenienti da una nuova raccolta di risparmio, creando una catena destinata a spezzarsi nel momento in cui egli non riesce a reperire nuovi risparmiatori disposti a dargli fiducia, il meccanismo è noto come PONZI GAME, dal nome di un immigrati italiano negli Stati Uniti che, agli inizi del 900 aveva truffato in questo modo numerosi risparmiatori, per evitare ciò l’ordinamento creditizio del 1936 aveva previsto che, soggetti diversi dalle banche, autorizzate e sottoposte a controlli pubblici, non potessero raccogliere risparmio dal pubblico. Già ai tempi della legge bancaria del 1936 alcune forme di raccolta di risparmio erano consentite a soggetti diversi dalle banche. I risparmi investiti per l’acquistare azioni o obbligazioni delle società per azioni non erano compresi nel divieto di raccolta del risparmio. 13 Le azioni erano escluse perché investimento in capitale di rischio dell’impresa; le obbligazioni perché la raccolta di risorse finanziarie in questa forma era circoscritta dal codice civile in confini molto ristretti. Tuttavia l’evoluzione dei sistemi finanziari, negli anni successivi, ha reso evidente che i limiti posti dalla normativa bancaria alla possibilità delle imprese industriali di indebitarsi ricorrendo al mercato dei capitali erano troppo stringenti. L’ampiezza del divieto di raccolta del risparmio tra il pubblico è oggi temperata da una nozione restrittiva di “pubblico” e dalla previsione di deroghe allo stesso. Esula dal caso in esame l’ipotesi in cui un soggetto acquisisca risorse finanziarie da un altro soggetto sulla base di trattative personalizzate. Tra le deroghe più rilevanti all’art.11 t.u.b., prevista fin dal 1993, è quella che riguarda la raccolta di risparmio effettuata dalle società mediante obbligazioni nei limiti previsti dal codice. A seguito della riforma del 2003 del diritto societario, le nuove disposizioni hanno accresciuto le possibilità delle società di emettere obbligazioni, pertanto le imprese possono rivolgersi direttamente al mercato per finanziarsi, nel rispetto delle regole di trasparenza e correttezza. 4.1.2. LA RACCOLTA DEL RISPARMIO CHE PUO’ ESSERE EFFETTUATA SOLO DALLE BANCHE L’attuale art. 11 non consente deroghe alla riserva di attività delle banche in caso di raccolta “a vista”, essa è rappresentata dall’acquisizione di disponibilità finanziarie da parte della banca mediante contratti, come quello del deposito bancario, che prevedono l’obbligo di restituzione del denaro al depositante in qualsiasi momento senza preavviso o con un preavviso molto breve. I depositi a vista sono di norma regolati mediante un rapporto di conto corrente bancario, caratterizzato dal fatto che il saldo del conto è sempre disponibile cioè il cliente può utilizzare le somme ivi iscritte per effettuare pagamenti e quindi estinguere obbligazioni giuridiche. Inoltre il conto corrente bancario consente al correntista di effettuare pagamenti mediante moneta bancaria anziché moneta legale. Gli strumenti di pagamento a “SPENDIBILITA’ GENERALIZZATA” sono quelli che vengono di norma accettati in tutte le transazioni economiche. Gli strumenti a “ SPENDIBILITA’ LIMITATA” sono quelli in cui lo strumento è accettato come modalità di pagamento solo dal soggetto che lo ha emesso es. cooperative industriali o commerciali che raccolgono risparmio, normalmente presso-soci-consumatori, le cooperative emettono strumenti di pagamento che i soci possono utilizzare solo per acquisti presso la medesima impresa o punto commerciale. Vi sono casi in cui il legislatore riconosce la possibilità a soggetti diversi dalle banche i acquisire somme di denaro e consentirne l’uso con strumenti di pagamento diversi dalla moneta legale es le Poste , nell’ambito del servizio di Bancoposta, gli istituti di moneta elettronica e gli istituti di pagamento, tuttavia si tratta di soggetti molto diversi dalle banche, solo le banche possono emettere strumenti di pagamento a spendibilità generalizzata. 4.2 LA GESTIONE DELL’ATTIVITA’ BANCARIA FRA ISTANZE banche centrali; gli enti creditizi come definiti dalla direttiva 2006/48/CE; gli altri enti la cui attività consiste nel ricevere dal pubblico depositi e/o strumenti a essi assimilabili da parte di soggetti diversi dalle Ifm e nell’erogare crediti e/o nell’effettuare investimenti in titoli per conto proprio; o quegli istituti di moneta elettronica la cui funzione principale consiste nel fornire servizi di intermediazione finanziaria sotto forma di emissione di moneta elettronica. Nelle IFM rientrano gli Imel e i fondi comuni monetari (Fcm).Gli Imel e Fcm , pur essendo rilevanti per l’esercizio della politica monetaria, non esercitano attività bancaria e non sono qualificabili, come enti creditizi. Gli Imel acquisiscono risorse finanziarie dal pubblico, ma non possono effettuare prestiti con le stesse. I fondi comuni monetari (Fcm) non effettuano raccolta del risparmio assimilabile ai depositi bancari. 5.1.2. LA NOZIONE DI BANCA IN FRANCIA In Francia l’ordinamento estende la denominazione di istituti di crediti ai soggetti che effettuano in maniera professionale operazioni bancarie, indipendentemente dall’esercizio congiunto dell’attività di raccolta di fondi e di erogazione di crediti. Secondo la legge francese le operazioni bancarie comprendono la ricezioni di fondi dal pubblico, le operazioni di credito e i servizi di pagamento. Società di factoring e di leasing che nell’ ordinamento italiano sono società finanziarie nell’ordinamento francese sono enti creditizi., anche tale ordinamento riconosce che la specialità delle banche risiede nella raccolta del risparmio. Tuttavia la nozione di ètablissement de credit è più ampia di quella di ente creditizio contenuta nelle direttive comunitarie, essa comprende altri intermediari finanziari che non svolgono l’attività bancaria tradizionale, ma solo parte di essa. 5.1.3. LA NOZIONE DI BANCA NEL REGNO UNITO Nell’ordinamento inglese la BANCA è il soggetto autorizzato come tale dalle autorità. La legge inglese qualifica come bancarie le attività svolte tradizionalmente da questi intermediari: ricevere depositi, prestare servizi di pagamento ed effettuare prestiti a clienti. La banca non si identifica con il soggetto che esercita esclusivamente queste attività. Nel regno Unito le banche hanno svolto da sempre un ruolo importante nei mercati finanziari, i principali operatori inglesi attualmente sono imprese multinazionali. 5.1.4. LA NOZIONE DI BANCA IN GERMANIA In Germania la legge bancaria individua le istituzioni creditizie come le imprese che esercitano in via professionale l’attività bancaria. Fra le attività figura al primo posto la raccolta di risparmio nella forma del deposito, ma comprende anche servizi di pagamento, operazioni creditizie e servizi d’investimento. La determinazione di istituzione creditizia spetta anche a soggetti che esercitano solo attività finanziarie diverse da quelle che tradizionalmente hanno caratterizzato le banche, purchè autorizzati a ciò. 5.1.5 IL MODELLO DI BANCA UNIVERSALE IN EUROPA; LE BANCHE CHE NON ESERCITANO L’ATTIVITA’ BANCARIA In Europa alla luce di una serie di disposizioni si evince che la banca è il solo soggetto che può esercitare l’attività bancaria tipica, che include la raccolta del risparmio nella forma del deposito “a vista” o a breve termine e l’esercizio del credito. La banca può esercitare anche altre attività finanziarie sulla base del principio del mutuo riconoscimento in tutti i paesi europei. Esistono esempi nei quali un soggetto autorizzato come banca non esercita affatto l’attività bancaria tradizionale, in Italia c’è stato il caso di Mediobanca, impresa autorizzata come banca, fin dalla sua nascita, ma che non ha avuto al pari di tutte le altre banche, filiali operanti con il pubblico presso le quali raccogliere il risparmio. 16 Nell’ordinamento europeo è Banca il soggetto autorizzato dalle autorità competenti del paese d’origine all’esercizio dell’attività bancaria. L’esercizio effettivo dell’attività non rileva ai fini della qualificazione di un’impresa come banca. 5.1.6. LA NOZIONE DI BANCA NEGLI STATI UNITI Secondo il Banking Holding Company Act del 1956 la banca è un’impresa che esercita congiuntamente l’attività di raccolta del risparmio, mediante depositi a vista, e quella di concessione di prestiti commerciali. La legislazione ha vietato dal 1934 al 2000 la commistione fra attività bancaria tradizionale e attività di intermediazione nei mercati mobiliari, per evitare possibili abusi e conflitti di interesse, al fine di preservare la stabilità del sistema. Il Banking Holding Company Act vietava alle banche e alle società controllanti una banca l’esercizio di attività d’investimento, pertanto negli Stati Uniti venivano individuate con 2 distinte denominazioni le COMMERCIAL BANKS, che esercitavano solo attività bancaria tradizionale, e le INVESTMENT BANKS, che avevano il divieto di raccolta di depositi, ma potevano operare nei mercati mobiliari. Tali vincoli nel 2000 furono cancellati, consentendo la creazione anche in questo paese la creazione della banca universale. Nuovi limiti agli investimenti delle banche commerciali sono stati introdotti nel 2010. 5.2 GLI OPERATORI FINANZIARI DELLO “SHADOW BANKING SYSTEM” L’innovazione finanziaria ha introdotto nuovi prodotti simili a quelli posti in essere dalle banche che, in molti ordinamenti possono essere utilizzati anche da operatori diversi da quelli autorizzati come banche. 5.2.1. VEICOLI DELLE CARTOLARIZZAZIONI I VEICOLI DELLA CARTOLARIZZAZIONI fanno parte dello shadow banking system , le operazioni di cartolarizzazione sono nate negli Stati Uniti nella metà degli anni 70. Per Cartolarizzazione si intende la concessione da parte di un’impresa di un blocco di crediti, presenti o futuri, a un veicolo (Spv, special purpose vehicle), che emette titoli per finanziare l’acquisto dei crediti. Nel nostro ordinamento l’Spv è una società prevista e disciplinata dalla legge, denominata società di cartolarizzazione. I titoli sono derivati, in quanto il loro valore deriva da quello di un’ insieme di attività finanziarie sottostanti, che sarebbero i crediti ceduti; nelle cartolarizzazioni è possibile cedere un qualsiasi credito che dia luogo ad un flusso di cassa futuro al momento dell’incasso. I portatori dei titoli hanno diritto ad un rendimento nei limiti in cui il rimborso dei crediti ceduti alla società da parte dei debitori originari dia luogo ad un sufficiente flusso di cassa. Gli strumenti finanziari vengono divisi in più categorie, ciascuna con un grado di rischio diverso. Sono previste 3 CATEGORIE: SENIOR, MEZZANINE e JUNIOR. I TITOLI JUNIOR, sono i più rischiosi in essi non è previsto un obbligo di restituzione, per questo le società di cartolarizzazione, al pari delle banche e degli altri intermediari finanziari, un capitale iniziale elevato. Per questo i veicoli di cartolarizzazione sono definiti bankruptcy free, cioè il capitale della società di cartolarizzazione non rappresenta un valore su cui i creditori della società possono soddisfare le loro pretese in via esclusiva e prioritaria rispetto a quelle dei soci della società. I portatori dei titoli non possono vantare pretese nei confronti della società, né rivalersi sul capitale della stessa, nel caso in cui i titoli non dessero luogo al rendimento e al rimborso di quanto investito, secondo quanto pattuito. I VEICOLI non possono essere considerati un intermediario affine alle banche. L’attivo dei Veicoli è rappresentato dai crediti, ma al passivo non ci sono debiti, inoltre non raccoglie risparmio, con obbligo di rimborso, al pari delle banche. 17 La collocazione degli SPV nello shadow banking system deriva dal fatto che la diffusione su larga scala della cartolarizzazione ha comportato il trasferimento ai veicoli, di ampia parte dell’attivo delle banche e dei rischi in esso insiti. Le banche hanno continuato ad 5.3.3. SOCIETA’ D’INTERMEDIAZIONE MOBILIARE Le SIM (SOCIETA’ D’INTERMEDIAZIONE MOBILIARE), sono società che hanno ad oggetto la prestazione di servizi di investimento. Inoltre possono prestare servizi accessori nei confronti del pubblico; i servizi d’investimento sono attività diverse da quelle tipiche bancarie si tratta di negoziazione per conto proprio, esecuzione di ordini per conto dei clienti, gestione di portafogli, consulenza in materia d’investimenti, Sono imprese diverse da quelle bancarie, il loro oggetto sociale è concentrato nella prestazione di servizi alla clientela, senza prevedere l’assunzione in proprio dei rischi dell’investimento, inoltre anche l’attività di raccolta del risparmio da parte della SIM è limitata. 5.3.4. POSTE E CASAS DEPOSITI E PRESTITI Attività simili a quelle svolte dalle banche sono poste in essere nel nostro ordinamento da due soggetti pubblici, Le Poste e la Cassa depositi e prestiti (Cdp). L’operatività dei due enti è interconnessa. La raccolta del risparmio da parte delle Poste iniziò nel 1875 con l’istituzione delle casse di risparmio postale, si mirava così a favorire l’accesso e l’educazione al risparmio delle classe sociali meno abbienti, era un investimento che godeva della garanzia dello Stato alla restituzione e pertanto sicuro per i piccoli risparmiatori. La raccolta postale è stata utilizzata dalla cassa depositi e prestiti per finanziare gli enti locali e il Tesoro. Attualmente l’attività finanziaria delle Poste, denominata Bancoposta, viene svolta attraverso un patrimonio destinato. Il BANCOPOSTA non effettua finanziamenti e le POSTE possono promuovere e collocare presso il pubblico finanziamenti concessi da banche e intermediari finanziari abilitati, in questo modo il Bancoposta non assume in proprio il rischio della concessione del credito, che resta a carico della banca che eroga materialmente i fondi al cliente. Le Poste non svolgono attività bancaria . mentre sussiste qualche dubbio per la Cassa depositi e prestiti, in quanto raccoglie risparmio dal pubblico , se pur per il tramite degli uffici postali, ed esercita il credito, inoltre oggi la Cassa depositi e prestiti è una società per azioni controllata dallo Stato. 5.3.5.ASSICURAZIONI 19 Esse non ricadano tra le attività finanziarie che le banche possono esercitare, secondo il codice civile, l’assicurazione è il contratto con il quale l’assicuratore, verso il pagamento di un premio, si obbliga a rivalere l’assicurato del danno ad esso prodotto da un sinistro ovvero a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente la vita umana. Pertanto l’oggetto sociale delle imprese assicurative non è l’intermediazione finanziaria, ma la stipula di contratti assicurativi. I premi riscossi in anticipo rispetto al periodo di assicurazione, rappresentano i mezzi per far fronte alle uscite quando si verificano le condizioni previste. Le assicurazioni offrono un prodotto dal contenuto interamente finanziario al punto di far dubitare che la causa di tali contratti sia quella assicurativa: es. le POLIZZE UNIT LINKED E INDEX LINKED. Mentre nei tradizionali contratti Vita, il rischio legato all’andamento dei titoli in cui sono investiti i premi rimangono a carico dell’impresa assicurativa, nelle POLIZZE UNIT LINKED E INDEX LINKED, il rischio dell’investimento rimane a carico del contraente. Per questo le imprese di assicurazione sono incluse dall’ordinamento italiano e da quello comunitario nel settore finanziario, anche se sono distinte dalle banche, dalle SIM, e dagli altri intermediari finanziari. CAPITOLO 6 6.1. FRAGILITA’ DELLE BANCHE E INSTABILITA’ SISTEMATICA Di solito le banche conservano delle risorse liquide che ritengono sufficienti per far fronte alle richieste di rimborso da parte dei depositanti. Un’eventuale notizia di difficoltà dell’intermediario ad adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni può causare un’ondata di panico, che può condurre i depositanti a ritirare in massa i propri risparmi. La crisi di un solo intermediario potrebbe essere risolta ricorrendo ad un sistema di assicurazione dei depositi finanziato dall’insieme degli intermediari finanziari. Tuttavia l’assicurazione non è risolutiva se si trasmette agli altri intermediari poiché non riesce al limitare l’effetto crisi. Infatti le banche hanno una pluralità di rapporti reciproci derivanti da prestiti interbancari, tali interconnessioni rendono facile la trasmissione di situazioni di crisi da un intermediario all’altro. Le cause di una crisi possono essere: la cattiva gestione, elementi fraudolenti, le due più importanti crisi sono state , le crisi dei primi anni 30 del 900 e quella del 2007-2009. CARATTERI COMUNI DELLE CRISI: riduzione di produttività delle imprese, dovuto ad esempio ad un evento straordinario come la guerra; o nel venire meno della fiducia del mercato nella correttezza del meccanismo di formazione dei prezzi di titoli e di altri valori mobiliari che è quella verificatosi nel 2007-2009. 6.1.1LA CRISI DEGLI ANNI 30 DEL 900 La causa della crisi finanziaria degli anni 30 fu dovuta al crollo del mercato borsistico di WALL STREET nel 1929, avvenuto dopo il boom dei mercati mobiliari, al crollo mobiliare seguì la crisi dell’economia, la perdita di fiducia nella Borsa condusse molti investitori sul lastrico e le famiglie a consumare meno, la riduzione di domanda complessiva dei beni condusse ad una caduta dei prezzi dei beni. Nel 1933 il Presidente Roosevelt impose una chiusura forzata delle banche per fermare la corsa al ritiro dei depositi. In Europa la prima la fallire fu la grande banca austriaca, in Italia già prima del 1929 il sistema bancario era stato colpito da vari episodi d’instabilità. Nel novembre del 1893 entrò in crisi la Società generale di credito mobiliare, nello stesso anno vi fu lo scandalo della Banca Romana, accusato di aver duplicato il numero di serie dei suoi biglietti, nel 1894 vui fu il crollo della Banca Generale. Agli inizi degli anni 30 l’Italia, caratterizzata da un sistema economico arretrato, registrò una profonda crisi nel settore manifatturiero, ciò produsse effetti destabilizzanti sul sistema bancario a causa degli stretti rapporti tra banche e imprese. 20 Solo le tre banche miste furono salvate da tale crisi, in un primo momento con un intervento pubblico cui partecipò la Banca d’Italia, e poi con l’assunzione del controllo da parte dell’Iri (Istituto per la ricostruzione industriale). 6.1.2. LA CRISI DEL 2007-2009 I primi problemi per le banche si sono manifestati nel mercato interbancario internazionale e in quello degli strumenti finanziari innovativi come gli asset backed securities (abs) emesse nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione; con le cartolarizzazioni un blocco di crediti viene ceduto ad uno Special purpose vehicle (spv) che emette titoli, il rimborso dei titoli è collocato ai flussi rivenienti dall’incasso dei crediti. Questa tecnica finanziaria ha origine negli Stati Uniti negli anni 70 del 900, negli anni seguenti tale tecnica fu favorita per facilitare l’acquisto delle abitazioni da parte dei cittadini. La possibilità di trasferire facilmente al mercato il rischio creditizio aveva indotto le banche a pratiche gestionali poco prudenti di concessione dei prestiti, senza effettuare una corretta valutazione del mercato creditizio. Una parte dei mutui così erogati venivano chiamati subprime, a causa dell’elevato rischio di mancato pagamento delle rate di rimborso, la difficoltà di recuperare i mutui subprime, derivanti dalla caduta dei prezzi delle case, hanno prodotto incertezza sul valore dei titoli emessi nelle cartolarizzazioni, dovuta anche al fatto che i titoli derivanti da una cartolarizzazione possono essere oggetto di una nuova operazione di cessione: cartolarizzazioni di cartolarizzazioni. Tali cartolarizzazioni hanno creato tensioni nel mercato interbancario , la banca Inglese Northem Rock è stata la prima istituzione a essere colpita nel settembre del 2007, la crisi si è manifestata con: la corsa al ritiro dei depositi. Negli Stati UNITI il primo intermediario in difficoltà è stata la investment bank BEAR STEARNS nel marzo 2008, ma per essa vi fu un intervento pubblico di sostegno. 6.2. L’INTERVENTO DEGLI STATI A SEGUITO DELLE CRISI FINANZIARIE Gli Stati hanno posto in essere importanti iniziative di sostegno del sistema economico generale e del sistema finanziario, rappresentate da salvataggi , sostenuti con soldi pubblici, di banche e di altre imprese finanziarie, a tal fine gli Stati hanno concesso finanziamenti straordinari alle imprese finanziarie , oppure hanno acquistato quote di capitale, in genere di controllo, delle banche, in Italia l’esempio più importante, a seguito della crisi degli anni 30 del 900 è la ricostruzione dell’Iri (istituto per la ricostruzione industriale), cui vennero attribuiti pacchetti azionari di controllo delle industrie colpite dalla Grande depressione, posseduti dalle banche in difficoltà. Negli Stati Uniti, il Congresso statunitense per contrastare gli effetti recessivi sull’economia ha approvato nell’ottobre del 2008 un piano di salvataggio il TARP che ha mobiliari, è il modello di supervisione definito “per finalità” adottato in principio nel nostro ordinamento per le banche. Altri sistemi di vigilanza prevedono l’attribuzione di poteri di controllo a un asola autorità per ogni intermediario, la vigilanza così organizzata denominata settoriale ha anche in Italia un esempio nelle imprese assicurative. In altri Paesi è stata creata un’autorità unica preposta alla cura sia della stabilità del sistema bancario, sia della trasparenza dei mercati mobiliari ed effettua la supervisione 22 pubblica su tutto il novero degli intermediari finanziari: banche, imprese d’investimento ecc. Si parla in questo caso di modello di vigilanza accentrata il più noto è stato realizzato nel REGNO UNITO dal 1998 al 2011 con la creazione della FSA, autorità unica per tutto il sistema finanziario . CAPITOLO 7 7.1. L’ASSETTO DELLA REGOLAMENTAZIONE BANCARIA IN ITALIA DALLA FINE DELL’800 AGLI ANNI 80 DEL 900 Nell’ordinamento italiano del credito può essere suddiviso in quattro fasi: 1) la prima fase va dalla crisi di fine 800 all’instabilità dei primi decenni del 900, e ha condotto all’emanazione della legge del 1926 con cui sono stati introdotti regole e controlli pubblici sulle banche; 2) seconda fase va dal 1926 al 1936, anno coincidente con l’emanazione della legge bancaria più significativa del nostro paese; 3) terza fase va dal 1936 al 1993 ed è stata caratterizzata da un periodo di stabilità finanziaria, dall’introduzione del mercato unico europeo, dall’abrogazione della legge del 1936 e all’emanazione del testo unico bancario del 1993; 4) la quarta fase va dal 1993 fino ai giorni nostri, quando una nuova crisi finanziaria ha imposto un ripensamento delle regole. 7.1.1. I PRIMI CONTROLLI PUBBLICI SUL CERDITO: LA LEGGE DEL 1926 Nel 1926 a seguito di numerosi episodi di instabilità finanziaria fu varata la prima disciplina che sottopone le imprese, denominate “aziende di credito”, che raccoglievano depositi, a norme speciali e controlli pubblici. La legge stabilì regole minime per controllare l’accesso al mercato e l’espansione delle aziende di credito: fu prevista l’autorizzazione del ministero delle Finanze per l’inizio delle attività, per la fusione e l’apertura di filiali; fu introdotta la dotazione di un capitale minimo iniziale per la costituzione, vennero stabilite anche alcune regole prudenziali. 7.1.2. L’ORDINAMENTO CREDITIZIO DEL 1936 La legge bancaria del 1936 il suo ambito applicativo comprendeva non solo la regolamentazione delle banche e della raccolta dei depositi, ma anche norme sulla raccolta del risparmio a medio e a lungo termine. La raccolta del risparmio e l’esercizio del credito furono definiti funzioni di interesse pubblico; fu istituito un sistema di controllo articolato che, in un primo momento, faceva capo ad organi aventi natura politica; i compiti di vigilanza furono affidati all’Ispettorato per la difesa del risparmio e per l’esercizio del credito, solo un decreto luogotenenziale il n. 266 del 1944 soppresse l’Ispettorato affidando la vigilanza alla Banca d’Italia e lo stesso decreto sostituì il Comitato dei ministri dal Comitato interministeriale per il credito e il risparmio(CICR), presieduto dal ministro del Tesoro, quest’ultimo poteva emettere provvedimenti sanzionatori per le banche, la legge bancaria affidava al CICR compiti deliberativi in materia regolamentare, su proposta della Banca d’Italia. La Banca d’Italia ha rappresentato l’istituzione più importante nel sistema dei controlli pubblici sulle banche, ha ampi poteri di vigilanza sul settore bancario, aveva anche poteri di controlli sui singoli intermediari che si estrinsecavano nella richiesta di informazioni su tutti gli aspetti dell’attività, compresi i dati di bilancio e nella possibilità di effettuare ispezioni presso le sedi bancarie. 7.1.3.GLI OBIETTIVI DELLA REGOLAMENTAZIONE NELLA LEGGE DEL 1936 : LA STABILITA’ La legge bancaria del 1936 non precisava gli obiettivi che le autorità dovevano perseguire nell’esercizio dei poteri di controllo sulle banche, tale mancanza non fu superata nemmeno dopo l’emanazione nella Costituzione del principio secondo cui: La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme, disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito (art.47). All’indomani della crisi degli anni 30, la stabilità del sistema finanziario rappresentava l’obiettivo privilegiato dell’ordinamento, ad essa era sacrificata la libertà d’iniziativa economica, la stabilità del sistema veniva perseguita mediante provvedimenti che limitavano l’autonomia imprenditoriale delle banche. La riserva di attività per le banche nella legge 1936 si fondava sia sua ragioni di tutela del risparmio, sia su ragioni di politica monetaria, inoltre alcuni poteri affidati alla Banca d’Italia nati per finalità di vigilanza, sono stati utilizzati come strumenti di politica monetaria, sulla base di 23 ciò la Banca d’Italia ha istituito un a “riserva obbligatoria” che impone alle banche di depositare presso la stessa una parte del risparmio raccolto, il c.d. vincolo di portafoglio, in base al quale le banche erano costrette ad investire una parte dei risparmi raccolti in titoli indicati dall’autorità creditizia, e il “massimale sugli impieghi” che stabiliva un limite massimo ai prestiti effettuabili dagli intermediari. 7.1.4. LA VIGILANZA STRUTTURALE E LA LIMITAZIONE DELLA CONCORRENZA Fino alla metà degli anni80 la vigilanza si basava su regole di specializzazione; questo vincolo stabiliva una rigida distinzione fra aziende di credito, che potevano raccogliere risparmio tra il pubblico nella forma dei depositi a vista ed effettuare prestiti solo con scadenza a breve termine, e istituti di credito speciale, che raccoglievano risorse finanziarie a medio e a lungo termine e potevano fare prestiti a più larga scadenza. Altro principio fondamentale era quello della separatezza tra banca ed industria, per la pericolosità e rilevanza che gli intrecci fra il settore bancario e quello industriale hanno avuto nella grande crisi. 7.2. L’EVOLUZIONE DELLA SUPERVISIONE SULLE BANCHE IN ITALIA DAGLI ANNI 80 DEL 900 Con la prima direttiva di coordinamento in materia bancaria (dir 77/780/CE) recepita in Italia solo nel 1985 furono ridotti i vincoli all’accesso al mercato del credito, da quel momento in poi l’autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria deve essere concessa in presenza di requisiti oggettivi, stabiliti in maniera uniforme per tutti i Paesi aderenti alla Comunità europea che sono attinenti al capitale minimo iniziale, a requisiti di professionalità e onorabilità di almeno 2 soggetti in grado di influenzare la gestione; a requisiti di onorabilità dei partecipanti al capitale; alla presentazione di un programma di attività; con la seconda direttiva di coordinamento del 1989 ( dir. 89/646/CE) vennero abrogati i vincoli di specializzazione temporali ed operativi , l’unico vincolo rimasto del precedente impianto normativo era, fino al 2008, la separatezza proprietaria fra banca e industria a monte e a valle delle banche. Agli inizi degli anni 90 è stato introdotto il principio del SILENZIO ASSENSO per il rilascio dell’autorizzazione, il potere della Banca d’Italia di negare l’autorizzazione all’apertura di succursali è stato circoscritto ai casi in cui i programmi di espansione territoriale delle banche non risultassero compatibili con le condizioni tecnico- organizzative aziendali. 7.2.2. L’AFFERMAZIONE DELLA VIGILANZA PRUDENZIALE: IL COEFFICIENTE DI SOLVIBILITA’ NELL’ACCORDO DI BASILEA DEL 1988 La vigilanza strutturale è stata sostituita, a partire dagli anni 80, da misure di supervisione prudenziale volte a controllare l’assunzione di rischi da parte delle banche, gli strumenti di vigilanza prudenziale hanno avuto origine nell’accordo sottoscritto nel 1988 nell’ambito del Comitato di Basilea, con tale accordo è stato definito quello che oggi è il più importante strumento di vigilanza prudenziale: il coefficiente di solvibilità. Quest’ultimo impone alle banche l’obbligo di rispettare un determinato rapporto, pari all’8 %, fra il patrimonio e il complesso delle attività ponderate in relazione al rischio di perdita per inadempimento dei debitori. Le regole di patrimonializzazione minima stabilite con il primo accordo di Basilea erano dirette a costituire un cuscinetto di sicurezza da utilizzare in cado di perdite. I coefficienti di solvibilità hanno anche un’altra funzione: limitare il moral hazard di azionisti e amministratori delle banche, se una banca ha poco capitale proprio i costi del quello richiesto. Si attribuisce pertanto un ruolo importante alle agenzie di rating nel processo di calcolo del coefficiente di vigilanza. 2) Il secondo pilastro della vigilanza sottolinea l’importanza, sia nella gestione da parte delle banche, sia nell’opera di supervisione delle autorità pubbliche di sistemi efficaci di controllo dei rischi. Assume un ruolo centrale la valutazione della capacità dell’intermediario, soprattutto sotto il profilo organizzativo, di calcolare in maniera adeguata il rischio creditizio del proprio portafoglio. Ciò denota che le autorità di vigilanza hanno spostato l’attenzione dalla verifica di alcuni criteri quantitativi ad aspetti qualitativi della gestione. 3) Il terzo pilastro della vigilanza è rappresentato dai controlli del mercato, esso si fonda su di una maggiore trasparenza informativa degli intermediari: è prevista la pubblicazione di dati in materia di quantificazione dei rischi e di procedure gestionali. 7.3. LA VIGILANZA DOPO LA CRISI FINANZIARIA DEL 2007-2009: LE NUOVE REGOLE DEL PANORAMA INTERNAZIONALE La crisi finanziaria del 2007 ha imposto un ripensamento delle regole della finanza. Le regole hanno permesso lo sviluppo incontrollato di prodotti innovativi che hanno avuto un primo piano nella nascita e nello sviluppo della crisi, inoltre il sistema di supervisione sulla finanza non è stato in grado di limitare gli effetti dell’instabilità. Sono sorti 2 problemi (motivi della crisi finanziaria): 1) il primo è rappresentato dalla contraddizione esistente fra i sistemi normativi circoscritti nei confini degli ordinamenti e operatori economici transnazionali; nonostante il processo d’integrazione europeo sia molto avanzato nel settore bancario continuano a persistere differenze rilevanti fra gli ordinamenti nazionali nelle regole applicabili gli intermediari finanziari; 2) La riforma della regolamentazione in risposta alla crisi suscita il timore che interventi regolamentari, che stabiliscano vincoli rigidi, possano comportare una riduzione dell’afflusso di risorse finanziarie all’economia, inoltre sarebbe necessario un intervento delle autorità di controllo più tempestivo e incisivo. Dai primi segnali della crisi finanziaria del 2007-2009 , i commentatori hanno sottolineato che essa era conseguenza di una deregolamentazione avviata piò o meno in tutti gli ordinamenti, questa deregolamentazione aveva favorito una crescita non controllata dei rischi e aveva indebolito le autorità di controllo non consentendo loro di intervenire tempestivamente. Nell ordinamento statunitense le prove della deregulation sono individuate nell’insufficiente disciplina dell’innovazione finanziaria e nell’abbandono nel 2000 della regola stabilita nel 1934 con il Glass STEAGALL ACT di specializzazione fra commercial banks e investment banks. In realtà l’accordo siglato nel 2004 non prevedeva una deregolamentazione sostanziale dell’attività delle banche. 7.3.1. L’INNALZAMENTO DEI REQUISITI PATRIMONIALI Tale innalzamento è stato valutato alla luce dei vantaggi da esso derivanti, soprattutto in termini di contributo alla stabilizzazione del sistema finanziario. L’accordo di Basilea III, pur mantenendo il requisito complessivo dell’8 % prevede un rafforzamento del patrimonio delle banche. Un elemento di novità è rappresentato dall’introduzione di un coefficiente di leva finanziaria (leverage ratio), ossia un vincolo patrimoniale volto a limitare l’eccesso di indebitamento. Il LEVERAGE RATIO, cioè il rapporto tra capitale e riserve e il totale delle attività, è una misura supplementare rispetto al sistema dei coefficienti di solvibilità. Viene inoltre introdotta la possibilità per le autorità di imporre alle banche di detenere un ammontare di patrimonio aggiuntivo, al fine di contenere i 26 rischi derivanti da un aumento eccessivo del credito nei periodi di maggiore espansione economica. 7.3.2. I VINCOLI DI SPECIALIZZAZIONE NEGLI STATI UNITI E IN GRAN BRETAGNA Negli Stati Uniti la riforma del 2010 impone una regola di specializzazione denominata VOLKER RULE, che limita con molte eccezioni le attività delle banche commerciali di trading proprietario, ossia le negoziazioni per conto proprio di valori mobiliari . Nel REGNO UNITO, un rapporto redatto nel 2011 da un gruppo di esperti indipendenti ha proposto l’imposizione di un regime di separazione strutturale fra le attività della banca retail, ossia la tradizionale intermediazione bancaria, e quelle della banca d’investimento, la separazione non è assoluta. Non sarebbe vietato alle banche che svolgono attività di intermediazione di possedere il controllo di banche d’investimento. Tuttavia i sostenitori delle nuove regole di specializzazione ritengono che l’esercizio congiunto delle due attività possa determinare un’estensione eccessiva dell’intervento pubblico nella crisi, l’imposizione pertanto di una regola di specializzazione consente di limitare l’ombrello protettivo pubblico solo alle attività che presentino una funzione pubblica essenziale e presentino specifici requisiti. Le regole di specializzazione sono state adottate solo da quei paesi dove erano più rilevanti gli intermediari che concentravano la loro attività nell’intermediazione nei mercati mobiliari. 7.3.3. I LIMITI ALL’OPERATIVITA’ I regolatori nazionali e internazionali hanno ritenuto che la risposta più adatta all’innovazione finanziaria non siano i divieti, ma regole che disincentivano un utilizzo distorto dei nuovi prodotti finanziari. Anche negli Stati Uniti le autorità hanno riconosciuto i vantaggi che queste operazioni possono produrre, perché consentono agli intermediari di liquidare parte dei propri attivi aumentando la capacità di fare credito, le nuove regola sulla cartolarizzazione non vietano le operazioni ma cercano di limitarne gli incentivi distorti. 7.3.4. I LIMITI ALLE REMUNERAZIONI DEGLI AMMINISTRATORI Esiste un conflitto tra il beneficio che gli amministratori ottengono nel breve periodo e l’interesse a un asana e prudente gestione della banca nel lungo periodo. Per evitare il conflitto di interessi la normativa europea è intervenuta fissando dei limiti precisi alle remunerazioni incentivanti. 7.3.5.GLI STRUMENTI DI GESTIONE DELLA CRISI DI UNA BANCA In alcuni paesi come il Regno Unito sono state introdotte procedure di gestione della crisi di banche che affidano ampi poteri alle autorità di vigilanza; in ambito comunitario sono allo studio proposte che prevedono l’emissione di strumenti che, in caso di difficoltà della banca, possano essere convertiti in capitale di rischio. Il problema più grande è rappresentato dalla gestione di banche che operano a livello internazionale. In Europa mancano regole comuni, la direttiva 2001/24/CE anche se realizza un regime di riconoscimento reciproco delle procedure, non contiene norme per l’armonizzazione minima della regolamentazione inerente la crisi bancaria; afferma solo in principio dell’HOME CONTRY CONTROL, cioè la crisi della banca è gestita secondo le procedure e la disciplina dello Stato membro di origine. Si è pensato tra i rimedi possibili AI FONDI DI GARANZIA, un intervento tempestivo degli stessi mira ad evitare la trasformazione di una crisi di un solo intermediario in una crisi sistematica. Nel nostro paese i fondi di garanzia oltre a rimborsare i depositanti possono agevolare la ricerca di soluzioni di mercato, come l’acquisizione da parte di altri operatori della banca in difficoltà. Inoltre la Commissione Europea del 2010 prevede l’istituzione di una rete di FONDI DI RISOLUZIONE nazionali legati a disposizioni coordinate di gestione dei rischi, in questo caso l’obiettivo è quello di gestire una crisi di una grande banca. Tuttavia tali proposte non hanno ancora condotto ad una soluzione univoca. 7.3.6.GLI INDIRIZZI GENERALI DELLA RIFORME 27 Dopo la crisi finanziaria del 2007, il modello di vigilanza prudenziale nato negli anni 90 del secolo scorso non è stato abbandonato e l’impianto di vigilanza stabilito a Basilea II non è stato cambiato radicalmente da Basilea III. sia per assicurare la sana e prudente gestione, affidata alla Banca d’Italia, sia per garantire la correttezza dei comportamenti degli intermediari nella prestazione di servizi d’investimento, affidata alla Consob. Altro esempio sono le concentrazioni fra banche, soggette sia ai controlli della banca d’Italia per assicurare la sana e prudente gestione, sia a quelli dell’Antitrust per evitare la creazione di una posizione dominante che possa eliminare o ridurre in maniera sostanziale la concorrenza nel mercato rilevante. Gli interventi attuati con la legge 262 del 2005 ha accresciuto il coordinamento fra le autorità coinvolte. In alcune circostanze gli interessi pubblici affidati alla cura di un’autorità possono risultar in conflitto con quelli di cui si preoccupano altre autorità. Ad esempio la diffusione di informazioni al mercato su una banca in difficoltà potrebbe comportare problemi alla sua stabilità è quanto avvenuto in Inghilterra, la Bank of England, dopo aver effettuato un finanziamento straordinario alla Northern Rock in difficoltà, ha dato immediata notizia dello stesso ai mercati per ottemperare alle norme comunitarie che impongono di divulgare al mercato informazioni che possono influenzare il prezzo di titoli quotati, a causa di questa divulgazione le condizioni finanziarie della banca peggiorarono drammaticamente. La possibilità di aree di sovrapposizione fra gli obiettivi affidati a più autorità ha spinto il legislatore a favorire la collaborazione fra le autorità preposte al settore finanziario attraverso protocolli d’intesa, in quest’ottica deve essere letta l’istituzione del Comitato per la stabilità finanziaria, cui partecipano il ministro dell’Economia e delle Finanze, Banca d’Italia, Consob e Isvap per favorire lo scambio d’informazioni e la cooperazione allo scopo di prevenire crisi sistematiche. 8.3. POTERI IN MATERIA DI SALVAGUARDIA DELLA STABILITA’ DEL SISTEMA FINANZIARIO E POLITICA MONETARIA Nella legge bancaria del 1936, come modificata nel 1946, i poteri della Banca d’Italia di supervisione pubblica sugli intermediari non erano facilmente distinguibili da quelli attribuiti alla medesima autorità per finalità di politica monetaria, con l’emanazione del t.u.f. le funzioni di vigilanza sono state scisse da quelle di politica monetaria. In attuazione del Trattato dell’Unione europea di Maastricht l competenze di politica monetaria fanno capo ad organismi europei, la BCE Banca Centrale Europea, il Sistema europeo delle banche centrali,. Di cui è parte la Banca d’Italia. 8.4. I POTERI DEL CICR Nel t.u.f. l’assetto dei poteri delle autorità del settore bancario sono tre: il COMITATO INTERMINISTERIALE PER IL CERDITO E IL RISPARMIO (CICR), IL MINISTRO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE e la BANCA D’ITALIA. Il CICR è presieduto dal ministro dell’Economia e delle Finanze ed è composto dai vertici di altri dicasteri economici: ministro delle politiche agricole alimentari e forestali; ministro dello sviluppo economico; ministro delle infrastrutture e dei trasporti; ministro delle politiche comunitarie, alle riunioni partecipa il Governatore della Banca d’Italia. STRUTTURA E FUNZIONI DEL CICR: Al Cicr il t.u.f. attribuisce funzione di alta vigilanza in materia di credito e di tutela del risparmio, i suoi component i sono politici , in quanto ne fanno parte ministri, esso NON ha una struttura 29 amministrativa per svolgere le proprie funzioni, ciò induce a ritenere che possa svolgere solo funzioni di carattere strettamente politico anche se una simile possibilità sarebbe contraria al riconoscimento della natura imprenditoriale dell’attività bancaria e agli indirizzi comunitari tesi alla creazione di un mercato unico, inoltre si avvale del supporto della Banca d’Italia. Ha compiti deliberativi in materia regolamentare, su proposta della Banca d’Italia, per stabilire i principi fondamentali che devono essere seguiti dalle banche nell’esercizio della loro attività; decide dei reclami contro i provvedimenti della Banca d’Italia adottati nell’esercizio dei poteri di vigilanza. 8.5. I POTERI DEL MINISTRO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE Fra le autorità di vigilanza è previsto un altro organo politico il MINISTRO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, ha compiti regolamentari, circoscritto a specifici argomenti, esso determina i requisiti in materia di onorabilità e professionalità degli esponenti aziendali e di onorabilità dei partecipanti al capitale, inoltre ha poteri, in via d’urgenza, di sostituzione del CICR, il Ministro dell’economia e delle finanze emana i decreti per disporre l’amministrazione straordinaria e la liquidazione coatta amministrativa di banche. 8.6.I POTERI DI VIGILANZA DELLA BANCA D’ITALIA La Banca d’Italia ricopre il ruolo di maggior rilievo nel sistema dei controlli pubblici sulle banche sia perché assomma in sé una pluralità di potestà quella di Banca centrale e quella di vigilanza, a protezione della stabilità del sistema finanziario, sia per la reputazione d’indipendenza e di rigore tecnico. 8.6.1. Indipendenza e trasparenza La Banca d’Italia , in quanto Banca centrale, ha sempre goduto di ampia indipendenza; con la legge del 2005 è richiamata espressamente la necessità di assicurare l’indipendenza della Banca d’Italia e dei componenti, i suoi organi che sono: IL GOVERNATORE e il DIRETTORIO, di esso fanno parte oltre al Governatore, il Direttor generale e ter Vice direttori generali, le competenze in materia di tutela del risparmio e di esercizio del credito spettano al Direttorio, che decide in modo collegiale, La Banca d’Italia rende pubblici i principi e i criteri dell’attività di vigilanza, essa riferisce sul proprio operato al Parlamento e al Governo con relazione semestrale sulla propria attività. 8.6.2. IL POTERE DI EMANARE DISPOSIZIONI DI CARATTERE GENERALE La Banca d’ Italia svolge un importante ruolo sulla produzione della regolamentazione secondaria, attraverso la formulazione delle proposte al Cicr. L’art. 4 del t.u.f. riconosce alla Banca d’Italia il potere di emanare istruzioni, dettare disposizioni di carattere particolare ed emanare regolamenti nei casi previsti dalla legge, inoltre la Banca d’ Italia è tenuta ad accompagnare l’emanazione di disposizioni di carattere generale con una relazione che ne illustri le conseguenze sull’attività delle imprese e degli operatori e sugli interessi degli investitori e risparmiatori. 8.6.3.GLI ALTRI POTERI La Banca d’Italia può adottare provvedimenti di carattere particolare, può rilasciare autorizzazioni, può richiedere informazioni alle banche e può effettuare ispezioni. Essa ha ampi poteri in materia di gestione della crisi di intermediari: effettua la proposta al Ministro dell’ Economia e delle Finanze per la disposizione dell’amministrazione straordinaria e della liquidazione coatta amministrativa di banche e ha compiti di direzione e controllo delle procedure di gestione della crisi, altro potere è quello di irrogare sanzioni amministrative nei confronti dei soggetti che svolgono funzioni amministrative o di direzione, nonché dipendenti di banche in caso di irregolarità riscontrate in materia di vigilanza bancaria e finanziaria, di trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari e di correttezza nei rapporti con la clientela. Nell’esercizio dei propri poteri la Banca d’Italia stabilisce, mediante provvedimenti di carattere generale, i criteri che intende seguire. 8.6.4. LA DISCREZIONALITA’ 30 La Banca d’Italia gode di ampia discrezionalità nello svolgimento delle funzioni di vigilanza, perché i parametri normativi che circoscrivono il suo operato non sono molto stringenti. Non a caso il legislatore utilizza formule astratte per definire le finalità della vigilanza quali la stabilità, l’efficienza e la competitività del sistema, nonché la sana e prudente gestione La discrezionalità di cui gode la Banca d’Italia è supportata dalle elevate conoscenze e capacità tecniche che le sono riconosciute, gli atti della Banca d’Italia sono censurabili da parte dell’autorità giudiziaria amministrativa per violazione di legge ed eccesso di potere, competente è il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio. 8.6.5. IL SEGRETO D’UFFICIO di molti più paesi rispetto a quelli aderenti in origine. Gli standard normativi emanati dal Comitato di Basilea hanno ricoperto un ruolo importante per la creazione di un sistema di regole omogeneo fra i paesi a economia avanzata. Si parla a tal proposito di SOFT LAW perché queste regole non hanno la forza di legge e neppure quella di una convenzione internazionale, un vantaggio della soft law è quello di consentire il superamento dei costi di transazione nelle negoziazioni internazionali, essa è considerata come legge nel limbo perché si tratta di standard regolamentari che non sono diretti ai cittadini o alle imprese ultimi destinatari delle regole, ma a organi politici e alle autorità competenti dei singoli Stati che hanno, all’interno degli ordinamenti nazionali, la capacità normativa in senso proprio. 8.8.5. IL FINANCIAL STABILITY HOARD Il FINANCIAL STABILITY BOARD (FSB), ha avuto origine da un’iniziativa del G20 tenutosi a Londra nel 2009, All’FSB sono affidati compiti, da condividere con il Fondo monetario internazionale, di fissare standard regolamentari comuni e di verificare la corretta applicazione delle regole, nonché di creare un sistema di preallarme per avvisare la comunità internazionale del formarsi di condizioni di instabilità finanziaria. C AP IT OL O 9 LA VI GI LA NZ A 9.2 L’AUTORIZZAZIONE ALL’ESERCIZIO DELL’ATTIVITA’ L’autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria è rilasciata dalla Banca d’Italia, previa sussistenza delle condizioni previste dal t.u.b.(art.14), la forma giuridica, il capitale minimo iniziale, il possesso 32 dei requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza dei soggetti che dovranno svolgere le funzioni di amministrazione e controllo nella società bancaria ecc. L’autorità di vigilanza ha il potere di verificare il rispetto di queste condizioni in funzione del perseguimento della sana e prudente gestione. Il primo requisito individuato dall’art.14 t.u.b. è quello della FORMA GIURIDICA, i tipi societari ammessi sono la società per azioni o la società cooperativa a responsabilità limitata. La preferenza accordata al modello di società per azioni per l’esercizio dell’attività bancaria consente l’utilizzo di modelli gestionali comuni a tutte le imprese, L’interesse sociale è quello rappresentato dall’interesse comune dei soci. L’altra forma ammessa per l’esercizio dell’attività bancaria è quella società cooperativa, riconoscendo legittimità a due modelli organizzativi : le banche popolari e le banche di credito cooperativo; il secondo requisito riguarda il capitale sociale iniziale della banca, per la cui definizione si rinvia all’art.14 t.u.b., oggi le istruzioni di vigilanza individuano 2 importi per il capitale iniziale: 6,3 milioni di euro per le banche costituite in forma di società per azioni e per le banche popolari, 2 milioni di euro per le banche di credito cooperativo(BCC). Altro requisito necessario per il rilascio dell’autorizzazione è la presentazione di un programma concernente l’attività iniziale, al programma devono essere allegati i bilanci previsionali relativi ai primi tre esercizi da cui devono risultare gli investimenti programmati, le dimensioni operative che si intende raggiungere e i risultati economici attesi. Altre 2 condizioni necessarie per il rilascio dell’autorizzazione attengono ai requisiti di onorabilità e professionalità degli esponenti aziendali e ai requisiti di qualità degli azionisti atti a salvaguardare la sana e prudente gestione. Gli ultimi 2 requisiti stabiliti dall’art. 14 t.u.b. sono l’insussistenza di legami tra la banca e altri soggetti che ostacolino l’effettivo esercizio delle funzioni di vigilanza; e la coincidenza fra la sede legale e la direzione generale della società in Italia. La domanda di autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria viene presentata prima della stipula dell’atto costitutivo, i promotori dell’iniziativa informano la Banca d’Italia dei termini essenziali della stessa; dopo si procede alla stipula dell’atto costitutivo e all’integrale sottoscrizione e versamento del capitale, gli amministratori nominati nell’atto costitutivo provvedono all’inoltro all’Autorità di vigilanza della domanda formale per il rilascio dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività, il procedimento di costituzione della banca non si può perfezionare prima del rilascio dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività. 9.2LE BANCHE COSTITUITE IN FORMA COOPERATIVA 9.2.1. BANCHE POPOLARI Sono degli intermediari presenti nel nostro ordinamento dalla fine dell’800, sono organizzate nella forma societaria di cooperativa e perseguono lo scopo mutualistico in forma attenuata, per questo sono escluse dal sistema di cooperazione protetta, Le disposizioni su azioni e soci confermano la rilevanza del principio democratico della gestione: i soci hanno diritto ad un solo voto indipendentemente dal numero delle azioni possedute, sono previsti limiti al possesso azionario, è stabilito un numero minimo di soci, sono puntualmente disciplinate le clausole di gradimento per l’ammissione a socio, per il resto dove è possibile si applica la disciplina previste per le banche costituite in forma di società per azioni. 9.2.2. BANCHE DI CREDITO COOPERATIVO Le BCC (banche di credito cooperativo) sono a mutualità prevalente hanno da sempre beneficiato delle leggi di favore nei confronti della cooperazione. Un carattere particolare delle BCC è rappresentato dall’operatività territoriale limitata, la zona di competenza territoriale comprende i comuni dove la banca ha le proprie succursali, nonché i comuni limitrofi. Si tratta di aziende bancarie di dimensioni contenute. Sono previste norme speciali per le Bcc, l’art. 35 comma 2, 33 attribuisce un ruolo significativo ai controlli sugli statuti come strumento per limitare le scelte gestionali. 9.3. I REQUISITI DI ONORABILITA’, PROFESSIONALITA’E INDIPENDENZA DEGLI ESPONENTI AZIENDALI L’art.26 t.u.b. prevede che le banche devono possedere i requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza. La determinazione dei requisiti è rimessa a un regolamento del ministro dell’Economia e delle Finanze. I requisiti di onorabilità perseguono l’obiettivo di salvaguardare la gestione dell’impresa bancaria di commistioni indesiderate con il sistema criminale. La condanna conseguente alla commissione di reati comporta la perdita del requisito dell’onorabilità che consegue a seguito di condanna con sentenza irrevocabile, non ha rilievo l’iscrizione nel registro degli indagati, né il rinvio a giudizio e in caso di condanna con sentenza non definitiva l’esponente non perde i requisiti di onorabilità ma è sospeso dalla carica. Per i requisiti di professionalità gli esponenti aziendali devono possedere un’esperienza professionale pregressa, come nel caso dei soggetti che hanno ricoperto per un congruo numero di anni cariche in società analoghe per l’attività esercitata, essi consistono in criteri oggettivi e valutabili ex ante, che non possono essere indicativi della effettiva capacità di Nel caso di acquisizioni di partecipazioni rilevanti al capitale di una banca in cui intervengono soggetti appartenenti a Stati extracomunitari che non assicurano condizioni di reciprocità, la procedura prevede l’intervento del Governo per vietare l’operazione. 9.5. I CONTROLLI SU FUSIONI, SCISSIONI E CESSIONE DI RAPPORTI GIURIDICI Le operazioni di riorganizzazione aziendale che coinvolgono banche sono soggette a un controllo da parte dell’autorità di vigilanza. L’autorizzazione è rilasciata dalla Banca d’Italia; le fusioni e le scissioni soggette ad autorizzazione sono le operazioni di ristrutturazione, esse non devono comportare gravi squilibri negli assetti tecnici delle aziende bancarie coinvolte. Per la realizzazione della riorganizzazione aziendale occorre ricordare che l’autorizzazione è condizione per l’iscrizione del progetto di fusione o scissione nel registro delle imprese, quindi l’autorizzazione precede la pubblicazione del progetto di fusione e l’approvazione da parte delle società partecipanti. La cessione di rapporti giuridici è soggetta a un intervento autorizzativo solo se è considerata rilevante. 35 9.6. I CONTROLLI SULLE SUCCURSALI E SULLA PRESTAZIONE DI SERVIZI SENZA STABILIMENTO 9.6.1. Succursali e prestazione di servizi senza stabilimento di banche italiane L’art. 15 t.u.b. afferma la libertà delle banche nella scelta dell’articolazione territoriale. L’espansione territoriale è un ambito di libertà imprenditoriale delle banche. L’apertura di succursali non è oggetto di valutazione individuale, l’autorità esamina i progetti di espansione territoriale della banca, quest’ultima comunica in largo anticipo i progetti, essi sono oggetto di analisi da parte della Banca d’Italia; l’insediamento di una succursale da parte di banche italiane in un altro Paese dell’Unione europea, in base al principio dell’home country control, stabilito con la seconda direttiva di coordinamento bancario, prevede una comunicazione preventiva alla banca d’Italia ai fini della notifica alle autorità del paese d’insediamento. Qualora la Banca d’Italia intenda vietare lo stabilimento , rifiutando la notifica, avvia un procedimento d’ufficio che deve concludersi entro 60 giorni. In caso di apertura di una succursale in un Paese extracomunitario l’art.15 t.u.b. comma2, richiede un vero e proprio provvedimento autorizzativo da parte della Banca d’Italia. 9.6.2. INSEDIAMENTO DI SUCCURSALI E “LIBERA PRESTAZIONE DI SERVIZI “ IN EUROPA Le banche comunitarie possono stabilire succursali ed esercitare le attività ammesse al mutuo riconoscimento nel territorio dell’Unione in libera prestazione di servizi senza bisogno dell’autorizzazione nel paese d’origine, previa una semplice notifica alla autorità del paese ospitante (C.D. PASSAPORTO EUROPEO). Una banca gode del passaporto europeo se sussistono queste tre condizioni: è un ente creditizio autorizzato dallo Stato membro d’origine e sottoposto alle sue autorità competenti; le attività esercitate sono incluse nell’allegato alla direttiva medesima; le attività esercitate sono state autorizzate dalle autorità dello Stato membro d’origine. Una banca che gode del passaporto europeo e opera sul territorio dell’Unione, si distingue a seconda che avvenga tramite succursale ovvero in libera prestazione di servizi. Per SUCCURSALE si intende una sede che costituisce parte di un ente creditizio, sprovvisto di personalità giuridica, che effettua in tutto o in parte l’attività dell’ente creditizio. Nela nozione di libera prestazione di servizi rientra quella effettuata con trasferimento temporaneo del prestatore nel paese beneficiario, il trasferimento temporaneo può essere realizzato tramite intermediari o agenti esteri indipendenti dalla banca. Esistono tuttavia delle zone grigie cioè i difficile riconduzione alla nozione di libera prestazione di servizi, si tratta di casi in cui né il prestatore, né il beneficiario si spostano, neppure in via temporanea, ma l’offerta avvenga per via telefonica, postale, telematica, ovvero per reti informatiche. Secondo la Commissione europea, per qualificare la prestazione di servizi a distanza mediante reti telematiche o informatiche come libera prestazione di servizi, bisogna aver riguardo al luogo dove viene svolta la prestazione caratteristica, cioè la prestazione essenziale che caratterizza il servizio per la quale è dovuto il pagamento. 9.6.3. IL MUTUO RICONOSCIMENTO PER LE SOCIETA’ FINANZIARIE CONTROLLATE DA BANCHE I principi del mutuo riconoscimento si applicano anche alle società finanziarie, queste ultime sono ramificazioni di banche, ossia fanno parte di gruppi creditizi, tuttavia la disposizione non ha avuto concreta applicazione pratica, la normativa comunitaria prevede condizioni molto restrittive per la concessione del passaporto europeo alle società finanziarie. 9.7. I CONTROLLI SU MODIFICHE STATUTARIE E AUMENTI DI CAPITALE Il controllo sulle modifiche statutarie delle banche consiste in un provvedimento che accerta la congruità delle stesse con il principio della sana e prudente gestione. Il progetto di modifica dello statuto di una banca deve essere comunicato alla Banca d’Italia prima della presentazione in assemblea, la Banca d’Italia ove accerti che le modificazioni statutarie proposte non contrastino con una sana e prudente gestione, rilascia il provvedimento di accertamento necessario per l’iscrizione nel registro delle imprese, entro 90 giorni dalla ricezione della comunicazione effettuata dalla banca. Nel caso in cui la modifica abbia ad oggetto l’aumento di capitale la Banca d’Italia 36 richiede alla banca un’informativa preventiva almeno 60 giorni prima di sottoporre l’argomento all’approvazione dell’assemblea dei soci. 9.8. LA VIGILANZA REGOLAMENTARE 9.8.1. Il patrimonio di vigilanza Il patrimonio è uno degli elementi principali di riferimento delle regole di vigilanza prudenziale. IL PATRIMONIO: è la somma algebrica di una serie di elementi positivi e negativi che, in relazione alla qualità patrimoniale riconosciuta a ciascuno di essi, possono entrare nel calcolo con alcune limitazioni. Il patrimonio di vigilanza è diviso in due parti: il patrimonio di base e il patrimonio supplementare; le voci principali che compongono il patrimonio di base sono il capitale versato, le riserve, gli strumenti innovativi e non innovativi di capitale, l’utile del periodo. Il patrimonio supplementare include, da un lato, strumenti finanziari che possiedono caratteristiche del capitale azionario, dall’altro forme di indebitamento, è composto dai c.d. strumenti ibridi di patrimonializzazione (passività rimborsabili su richiesta dell’emittente e con il previo consenso dell’autorità di vigilanza) e dalle passività subordinate. Si tratta di passività dell’impresa bancaria che sono considerate una riserva per far fronte agli squilibri rilevanti di gestione tali da incidere sul capitale iniziale. 9.8.2. IL COEFFICIENTE DI SOLVIBILITA’ E GLI ALTRI REQUISITI PATRIMONIALI 9.8.7. LE PARTECIPAZIONI DETENIBILI Una particolare valutazione della Vigilanza viene svolta quando l’acquisto della partecipazione comporti l’assunzione del controllo di un’altra impresa, in tal caso la Banca d’Italia mira a verificare la capacità dell’impresa bancaria di investire in nuovi comparti e di valutare l’impatto dell’operazione sulla situazione tecnica e organizzativa. Le disposizioni di vigilanza prevedono più strumenti che pongono limiti all’acquisto delle partecipazioni, il primo strumento è rappresentato da un limite generale per gli investimenti in immobili e in partecipazioni rapportato al patrimonio, in secondo luogo è prevista la necessità di un intervento autorizzativo della Banca d’Italia per l’acquisizione di partecipazioni in altre imprese bancarie, finanziarie, assicurative e strumentali che 38 superino determinate soglie; l’acquisizione di partecipazioni in imprese strumentali è sottoposta a preventiva autorizzazione della Banca d’Italia nei casi in cui si acquisti il controllo o l’influenza notevole di un’impresa non europea, né appartenente ai paesi del G10. Il vincolo della separatezza fra banca e industria appariva sempre più difficile da conservare a fronte dell’integrazione del mercato europeo e della concorrenza degli intermediari dei paesi comunitari, tale separatezza è stata debellata con il recepimento della direttiva comunitaria che mira a favorire la concentrazione nel settore finanziario. Attualmente sono previsti 2 limiti alle partecipazioni detenibili in imprese non finanziarie: 1) non può essere detenuta una partecipazione qualificata in un’impresa non finanziaria per un ammontare superiore al 15 % del patrimonio di vigilanza; 2) il complesso delle partecipazioni qualificate detenute in imprese non finanziarie non può eccedere il 60 % del patrimonio di vigilanza. 9.9LE REGOLE SULLA TRASPARENZA BANCARIA Le prime disposizioni sulla trasparenza dei prodotti bancari sono state introdotte con la legge 154 e la legge 142del 1992. Il t.u.b. nel 1993 ha introdotto un gruppo di disposizioni dedicato alla trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti con i clienti. Le norme contenute nel codice del consumo sulle clausole vessatorie si propongono l’obiettivo di intervenire nell’equilibrio contrattale in favore della parte considerata debole del rapporto negoziale, ossia il consumatore, tali norme mirano ad accrescere il grado di consapevolezza del consumatore sull’effettiva portata delle condizioni contrattuali sottoscritte. Nel t.u.b. la tutela del cliente è funzionale al perseguimento dei seguenti obiettivi: L’AUMENTO DELLA CONCORRENZA E DELL’EFFICIENZA. Le ergole contenute nel t.u.b. stabilisce obblighi di pubblicità delle condizioni contrattuali da parte delle banche ,per consentire ai clienti di confrontare agevolmente prezzi e condizioni dei prodotti bancari, in sostanza la pubblicità favorisce la libertà di scelta del cliente. Inoltre l’istaurazione di rapporti negoziali basati sulla trasparenza e correttezza riduce la possibilità di conflitti con la clientela. Il t.u.b. contiene due diversi tipi di norme: quelle di carattere informativo e quelle che tendono a riequilibrare il rapporto negoziale. 9.9.1.GLI OBBLIGHI DI INFORMAZIONE La pubblicità viene attuata con una pluralità di strumenti: I primi sono il DOCUMENTO che specifica i diritti dei clienti e il FOGLIO INFORMATIVO ANALITICO contenente informazioni sull’intermediario, sulle condizioni e sulle principali caratteristiche dell’operazione e del servizio offerto, i clienti possono trovare questi documenti nei locali delle banche aperti al pubblico, il foglio informativo analitico fornisce indicazioni di massima sugli elementi contrattuali (ad es . le condizioni di tasso praticate per un finanziamento). Per assicurare la piena comprensione del contratto deve essere conseguente al cliente anche un documento di sintesi delle principali condizioni contrattuali. Nella logica della trasparenza si deve tener conto del potere della Banca d’Italia di tipizzare i prodotti bancari, l’art. 117 comma 8 del t.u.b. riconosce alla Banca d’Italia il potere di prescrivere che determinati contratti o titoli, individuati attraverso una particolare denominazione abbiano un contenuto tipico determinato. Questo potere è stato utilizzato dalla Banca d’Italia per tipizzare il “conto corrente semplice” che consente di usufruire, verso il pagamento di un canone annuo fisso, di un rapporto di conto corrente. Per i contratti il t.u.b., impone il requisito della forma scritta ad substantiam ed è previsto l’obbligo di consegna al cliente della copia del contratto sottoscritto, sono inoltre previsti requisiti minimi di contenuto del contratto, esso deve indicare in maniera chiara i tassi, prezzi e ogni altra condizione economica. Successivamente alla stipula del contratto il t.u.b. prevede specifici obblighi di comunicazioni periodiche. Per le operazioni di credito al consumo sono previste alcune regole di trasparenza, in particolare è obbligatoria l’indicazione del TAEG (TASSO ANNUO EFFETTIVO GLOBALE). Il rispetto delle disposizioni di trasparenza è affidato ai controlli dell’autorità di vigilanza e a sanzioni di tipo 39 amministrativo e di tipo civilistico; circa i rimedi civilistici è prevista la nullità per le clausole di rinvio agli usi e per quelle che prevedono condizioni più sfavorevoli di quelle pubblicizzate. Uno strumento di ausilio ai fini della risoluzione delle controversie tra banche e clienti è l’Arbitro bancario e finanziario. 9.9.2.GLI INTERVENTI SULLE CONDIZIONI CONTRATTUALI Il contratto fra banca e cliente non è di norma, oggetto di trattativa fra gli stessi, le banche applicano condizioni generali di contratto, che il cliente può scegliere di accettare o rifiutare nel loro insieme. In passato le banche utilizzavano schemi negoziali redatti dall’associazione di categoria, l’Associazione bancaria italiana, oggi le condizioni contrattuali applicate dalle banche sono frutto di un protocollo di intesa fra l’Abi e le associazioni dei consumatori. Il t.u.b. interviene su alcune condizioni dei contratti bancari che potevano essere considerate vessatorie nei confronti dei clienti. In caso di modifica unilaterale alle condizioni contrattuali le norme del t.u.b. prevedono alcune tutele in favore dei clienti, per evitare che la banca possa abusare dello strumento, la clausola in questione in questione deve essere specificamente approvata dal cliente, la modifica deve essere comunicata al cliente in forma scritta, con preavviso di almeno due mesi. Il cliente ha diritto di recedere senza spese prima che la modifica divenga efficace. La banca può variare i tassi, ma è obbligata a farlo contestualmente sia sui tassi debitori sia sui tassi creditori. Il conto corrente bancario è un contratto di durata, normalmente a tempo indeterminato, le condizioni contrattuali stabiliscono che i rapporti di dare e avere relativi al conto siano regolati periodicamente , a date prestabilite, denominate “chiusure periodiche” in cui la banca calcola gli interessi; una decisione della Cassazione del 1999 ha dichiarato l’illegittimità di tale clausola, poiché ha ravvisato in essa un fenomeno di anatocismo, ossia di produzione di interessi su altri interessi scaduti, nel 2000 il legislatore ha modificato il t.u.b., affermando la legittimità della capitalizzazione periodica degli interessi, purchè nelle operazioni di conto corrente sia assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori. Un'altra clausola sensibile è quella sul DIRITTO DI RECESSO, secondo il t.u.b. il cliente ha il diritto di recedere in ogni momento da un contratto a tempo indeterminato, senza incorrere in penalità e spese. Altre clausole oggetto di intervento legislativo sono quelle relative alla commissione di massimo scoperto; l’apertura di credito è il contratto con il quale la banca si obbliga a tenere a disposizione dell’altra parte una somma di denaro per un dato periodo di tempo o a tempo indeterminato, il cliente paga gli interessi solo sulle somme utilizzate e una commissione per la messa a disposizione. In passato le banche facevano pagare ai clienti un’altra somma, denominata commissione di massimo scoperto che dipendeva dal numero di volte in cui l’affidato raggiungeva il picco di utilizzazione. 9.10LA VIGILANZA INFORMATIVA E LE INFORMAZIONI PER IL MERCATO 9.10.1 LE INFORMAZIONI CHE LE BANCHE DEVONO INVIARE ALLA BANCA D’ITALIA Le banche sono tenute ad inviare periodicamente alla Banca d’Italia apposite segnalazioni e ogni altro dato e documento richiesto. La maggior parte delle informazioni sono periodiche e sono trasmesse secondo una procedura informatizzata denominata matrice dei conti. La matrice dei conti contiene dati statistici, dati di bilancio, nonché informazioni relative a patrimonio di vigilanza e coefficienti prudenziali; la responsabilità in ordine alla correttezza delle segnalazioni alla Banca d’Italia è degli organi aziendali. finanziarie e strumentali, con sede in Italia e all’estero, da questa controllate. Il gruppo bancario è iscritto in un apposito albo tenuto dalla Banca d’Italia, la capogruppo è considerata il referente dell’organo di vigilanza, in sostanza se al vertice del gruppo c’è una società finanziaria e non una banca, essa è sottoposta a un regime equivalente a quello di una banca. La disciplina bancaria delinea un modello di gruppo necessariamente accentrato. 9.12.2. I SOGGETTI INCLUSI NELLA VIGILANZA CONSOLIDATA L’ambito della vigilanza consolidata, ai soli fini informativi e ispettivi comprende, oltre al gruppo bancario: le società bancarie, finanziarie e strumentali partecipate almeno per il 20% delle società appartenenti ad un gruppo bancario o da una singola banca, le società bancarie, finanziarie e strumentali non comprese in un gruppo bancario, ma controllate da una persona fisica o giuridica che controlla un gruppo bancario o una singola banca, le società diverse da quelle bancarie, finanziarie e strumentali quando siano controllate da una singola banca ovvero quando società appartenenti a un gruppo bancario o soggetti che controllano almeno una banca detengano, anche congiuntamente, una partecipazione di controllo. 9.12.3. LA VIGILANZA SUPPLEMENTARE SUI CONGLOMERATI FINANZIARI La vigilanza supplementare costituisce un sistema di supervisione diverso quando ci sono legami partecipativi fra una banca o altri soggetti di un gruppo bancario e un’impresa assicurativa. In considerazione della creazione di gruppi finanziari di cui fanno parte imprese bancarie, finanziarie e assicurative, meglio noti come conglomerati finanziari, l’ordinamento comunitario è intervenuto con un’apposita regolamentazione. CAPITOLO 10 LA GESTIONE DELLA CRISI 10.1. LA NOZIONE DI CRISI La nozione di crisi in campo bancario ha un ampio perimetro e comprende l’insolvenza, quest’ultima viene descritta dalla legge fallimentare come l’incapacità di far fronte regolarmente alle proprie obbligazioni. La Banca d’Italia ha poteri di early intervention se verifica anomalie gestionali, anche se non si accompagnano a difficoltà dell’impresa sul mercato. Le anomalie gestionali possono essere rappresentate dal mancato rispetto delle regole prudenziali, da scelte gestionali non coerenti con la situazione economico-patrimoniale e finanziaria della banca o da una persistente mancata reddività della gestione imprenditoriale. Due elementi sono indizi di difficoltà dell’impresa: carenze di liquidità, perdite rilevanti che incidono sul patrimonio. LE CARENZE DI LIQUIDITA’ si verificano quando la banca ha difficoltà a raccogliere risparmio nei mercati finanziari o a cedere i propri attivi a prezzi di mercato; LE PERDITE diventano rilevanti quando la banca non riesce a farvi fronte con gli utili accumulati in periodi precedenti o altre riserve o con operazioni di ricapitalizzazione. 10.2.OBIETTIVI E STRUMENTI DI GESTIONE DELLA CRISI Le procedure fallimentari previste per la crisi delle imprese dall’ordinamento generale mirano in primo luogo a massimizzare il ricavato per i creditori. Le procedure di gestione della crisi non hanno di mira solo la massima soddisfazione dei creditori della banca. L’obiettivo prioritario è preservare la fiducia del mercato nella possibilità della banca di adempiere alle proprie 42 obbligazioni per evitare che la diffusione del panico bancario possa produrre l’insolvenza della banca. 10.2.1. SALVATAGGI E AIUTI PUBBLICI Quando la crisi di una banca può avere conseguenze negative di carattere sistematico lo Stato attiva strumenti straordinari. Il primo è rappresentato dal c.d. CREDITO DI ULTIMA ISTANZA, ossia un finanziamento temporaneo da parte della Banca centrale per imprese in carenza di liquidità. Il secondo tipo di interventi introdotto con il decreto SINDONA DEL 1974 è stato realizzato mediante un finanziamento straordinario da parte della Banca d’Italia ad un tasso di favore alla banca che acquistava le attività e passività di un intermediario in crisi, ATTULAMENTE NON è Più UTILIZZATO DALLA Banca d’Italia perché contrasta con gli impegni assunti nell’ambito del Sistema europeo delle Banche centrali. L’art. 123 del Trattato UE vieta la concessione di facilitazioni creditizie da parte di banche centrali al settore pubblico. Il terzo tipo di intervento è l’ingresso dello Stato nel capitale dell’impresa bancaria. In Italia l’ultimo salvataggio importante risale al 1996 per far fronte alla crisi del Banco di Napoli. Nel 2008-2009 la Commissione europea ha adottato norme speciali in materia di aiuti di Stato, per consentire agli Stati membri di sostenere il sistema bancario durante la crisi finanziaria al fine di preservare la stabilità finanziarie cercare di evitare distorsioni indebite della concorrenza nel mercato unico dell’Unione europea. 10.2.2. IL CREDITO DI ULTIMA ISTANZA Uno degli obiettivi delle misure preventive di intervento nelle crisi bancarie è evitare che difficoltà temporanee si tramutino in una vera e propria situazione di insolvenza. Una banca pur detenendo attivi di buona qualità, per ragioni di mercato o per mancanza di fiducia sulla sua solvibilità può incontrare difficoltà a cederli a terzi, o a porli in garanzia per ottenere liquidità. Il lender of last resort è un finanziamento a un’impresa solvibile in grado di fornire buone garanzie, ma che non riesce a ricevere credito dal mercato perché quest’ultimo non è in grado di valutare correttamente la sua situazione, non è una forma di intervento pubblico a fondo perduto. IL CREDITO DI ULTIMA ISTANZA è stato tradizionalmente utilizzato dalle Banche centrali dei paesi ad economia avanzata, oggi il credito di ultima istanza è riconosciuto espressamente dalle autorità comunitarie, come un’attività spettante alle Banche centrali nazionali, e si tratta di un’attività svolta in stretta connessione con la funzione di vigilanza. L’art. 5 t.u.b. affida il perseguimento della stabilità del sistema finanziario alle autorità creditizie, fra cui la Banca d’Italia, inoltre è considerato compatibile, nell’ordinamento europeo, con la disciplina degli aiuti di Stato. A seguito della crisi finanziaria il credito di ultima istanza ha trovato riconoscimento in Italia nel provvedimento legislativo del 4 dicembre 2008 n. 190 ove sono esclusi solo gli interventi in favore di soggetti insolventi, inoltre ha introdotto la possibilità di una nuova forma di credito di ultima istanza: può essere finanziata anche una banca in difficoltà strutturale, in cui il credito sia garantito dallo Stato, la decisione sull’erogazione del finanziamento rientra nella discrezionalità della Banca centrale. IL CREDITO EMERGENZIALE assistito da garanzia dello Stato si distingue da quello di ultima istanza, è considerato compatibile dalla BCE con il divieto di concedere facilitazioni creditizie da parte di banche centrali aderenti al SEBC al settore pubblico, se ricorrono alcune condizioni. Il credito di ultima istanza con garanzia dello Stato nei confronti di banche in situazione di difficoltà strutturale rappresenta un aiuto di Stato, secondo la disciplina europea. La Commissione europea consente il suo utilizzo purchè si mantenga in attività un’impresa in difficoltà per il tempo necessario alla definizione di un piano di ristrutturazione o di liquidazione che salvaguardi l’interesse dei risparmiatori. 10.2.3. LE SOLUZIONI DELLA CRISI ATTRAVERSO GLI STRUMENTI PREVISTI DAL T.U.B. La maggior parte delle crisi bancarie sono state risolte in Italia favorendo l’acquisizione dell’azienda bancaria in difficoltà da parte di altro intermediario, solido sul piano patrimoniale. Per gestire la 43 crisi sono stati introdotti dei SISTEMI DI GARANZIA DEI DEPOSITANTI, che possono intervenire nella gestione della crisi ,sia nella forma tradizionale, cioè rimborsando i depositanti nei limiti previsti dal loro statuto, sia favorendo la cessione delle attività e passività a una azienda, ossia coprendo il deficit della cessione. 10.2.4. RUOLO DELLA BANCA D’IATALIA La Banca d’Italia ha un ruolo centrale nella gestione della crisi e nella sua soluzione, sia nell’ambito di interventi eccezionali, sia nell’ambito delle procedure di gestione della crisi LIQUIDAZIONE DI BANCHE EUROPEE I provvedimenti e le procedure di risanamento e liquidazione di banche comunitarie sono disciplinati e producono i loro effetti nell’ordinamento italiano secondo la normativa dello Stato d’origine I provvedimenti e le procedure di amministrazione straordinaria, di gestione provvisoria e di liquidazione coatta amministrativa di banche italiane si applicano e producono i loro effetti negli altri Stati comunitari e sulla base di accordi internazionali anche in altri Stati esteri. 10.4 I SISTEMI DI GARANZIA DEI DEPOSITANTI 10.4.1. Funzioni e modalità operative dei sistemi di garanzia dei depositanti La presenza dei sistemi di garanzia consente di evitare o limitare le conseguenze della crisi di un intermediario finanziario. La garanzia del rimborso dei depositanti contribuisce a conservare la loro fiducia evitando che una situazione di difficoltà si possa tradurre in insolvenza a causa della corsa al ritiro dei depositi. Per essere efficace un sistema di garanzia è fondamentale la partecipazione più ampia possibile al sistema di garanzia da parte della platea degli operatori. Un altro fattore determinante è il grado di copertura offerta ai risparmiatori, la garanzia deve coprire un ammontare di somme depositate che consenta di evitare il panico tra i piccoli risparmiatori. Attualmente l’ammontare minimo deve essere pari a 100.000 euro. Un altro aspetto importante per un funzionamento efficiente dei sistemi di garanzia dei depositi è LA VELOCITA’ DELL’INTERVENTO. L’istituzione di un sistema di garanzia presenta delle controindicazioni perché al pari di un qualsiasi contratto di assicurazione può indurre il soggetto assicurato a una maggiore propensione al rischio ciò potrebbe provocare nel sistema bancario, una situazione di instabilità sistemica. Questo pericolo può essere attenuato attraverso un’attenta regolazione del sistema di garanzia e mediante l’introduzione di limiti alla copertura assicurativa e con la previsione di controlli degli assicurati. Nella disciplina della garanzia italiana dei depositi è prevista una stretta interrelazione tra la Banca d’Italia e il gestore del sistema del fondo, all’autorità di vigilanza è 45 attribuito il potere di riconoscere i sistemi di garanzia dei depositi, di approvarne lo statuto, di verificare, nel caso di operatività in Italia di banche extraeuropee se la garanzia offerta dai sistemi del paese di appartenenza sia equivalente. 10.4.2 IL FONDO INTERBANCARIO DI TUTELA DEI DEPOSITANTI E IL FONDO DI GARANZIA DEI DEPOSITANTI DEL CREDITO COOPERATIVO In Italia esistono 2 sistemi di garanzia dei depositanti: 1) il Fondo interbancario di tutela dei depositanti, ad esso aderiscono tutte le banche italiane e le filiali di banche extracomunitarie; 2) il Fondo di garanzia dei depositanti del credito cooperativo, cui aderiscono tutte le banche di credito cooperativo. I sistemi di garanzia sono organizzati nella forma di consorzi privati. Le risorse finanziarie per il perseguimento degli obiettivi dei sistemi di garanzia sono fornite dagli intermediari aderenti mediante un meccanismo di intervento ex post: le risorse sono richieste agli aderenti nel caso in cui servano. A SEGUITO DELLA CRISI 2007-2009 è stato proposto che le banche siano chiamate a fornire contributi finanziari ex ante. E’ escluso il rimborso non solo del capitale sociale e delle riserve, ma anche delle obbligazioni bancarie, le banche soprattutto negli ultimi anni hanno offerto ai loro clienti obbligazioni da loro emesse in sostituzione dei depositi a termine, i detentori di obbligazioni bancarie sono piccoli risparmiatori, pertanto l’esclusione degli obbligazionisti bancari rappresenta un punto discusso. I sistemi di garanzia possono intervenire per facilitare l’operazione di cessione di attività e passività della banca in difficoltà ad altri intermediari, possono coprire il deficit della cessione, quando il pagamento di quest’ultimo è meno costoso del rimborso dei depositanti e della liquidazione degli attivi; I sistemi di garanzia possono intervenire nella fase che precede la crisi vera e propria fornendo garanzie e possono facilitare operazioni di aggregazione con altri intermediari, tali interventi sono effettuati in stretto coordinamento con l’autorità di vigilanza. 46
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