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Concetti fondamentali, Schemi e mappe concettuali di Filosofia del Linguaggio

Concetti fondamentali teoria dei linguaggi

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2022/2023

Caricato il 16/06/2023

giovanna-gobello
giovanna-gobello 🇮🇹

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Scarica Concetti fondamentali e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Filosofia del Linguaggio solo su Docsity! Concetti fondamentali (prima parte) La lingua: uno strumento per la comunicazione? • Una concezione molto diffusa della lingua è quella che la considera uno strumento che serve per comunicare. Linguaggio è un medium. Concezione strumentalista del linguaggio. Il rapporto tra comunicazione e pensiero non viene analizzato.  In questa concezione il fatto che esistano molte lingue è indifferente perché esse vengono considerate come strumenti equivalenti con caratteristiche simili per esprimere qualcosa che è indipendente da esse.  Il rapporto che esiste nella lingua tra la dimensione comunicativa e quella cognitiva non è considerato un elemento teoricamente rilevante.  Tale concezione ha una serie di implicazioni di natura diversa che toccano anche la politica linguistica: se, ad esempio, le lingue sono viste come meri strumenti, che si equivalgono, allora sarà ovvio privilegiare quella o quelle che, qualsiasi ne sia la ragione, funzionano in modo più efficiente. Quella con maggior capitale linguistico, maggior valore, è l’inglese. Plurilinguismo è un costo per le traduzioni. L’adozione dell’inglese comporta vantaggi sul piano economico e politico. Implica quasi l’idea di un suicidio linguistico a favore della possibilità di parlare un'unica lingua  Nella concezione strumentalista del linguaggio domina “l’idea di lingua come una machine à parler, un dispositivo (separato dai parlanti) che ci permette di dire e capire frasi senza aver avuto parte nella sua costruzione e senza sapere come è fatto, così come né costruiamo né ben capiamo come funzionano le auto che guidiamo, gli aerei su cui voliamo, il computer su cui scriviamo” (Tullio De Mauro). La lingua non l’abbiamo progettata noi, non è artificiale, ma ha una tradizione e origine che tutti i parlanti hanno ereditato. Il soggetto parlante non si relazione alla lingua come alle macchine.  Gli utenti considerano dunque lo strumento di cui si servono per la comunicazione come qualcosa che è rispetto a essi estraneo. Le lingue come prospettive sul mondo  L’idea di lingua come Weltansicht, tedesca, visione del o prospettiva sul mondo (Wilhelm von Humboldt) è opposta rispetto alla concezione strumentalista. Donatella di Cesare ha tradotto il saggio “la diversità delle lingue”. Su base empirica le lingue non sono diverse tra di loro solo sul versante comunicativo,( suoni, significante, dimensione fonologica) ma dal punto di vista della categorizzazione, diverse sul piano morfosintattico, diverse sul piano semantico, creano categorie con un corrispettivo unico, la struttura è unica, non riscontrabile in altre lingue. Questa idea mette a fuoco il rapporto tra cognizione e comunicazione che considera due aspetti dello stesso fenomeno (linguistica di Saussure) e un’aspetto ulteriore è il ruolo che il soggetto parlante e il soggetto interpretante ha in questa traduzione.  La lingua è in questo caso considerata come il filtro a priori che forgia la realtà extralinguistica a cui i parlanti hanno dunque accesso solo attraverso la lingua.  La varietà linguistica non è un fatto accessorio: ogni lingua è caratterizzata da una diversità cognitiva in quanto introduce a tutti i livelli (semantico, fonologico, morfosintattico) delle categorie interpretative specifiche.  Tale diversità cognitiva non ha un valore strumentale ma viene vista come un valore in sé paragonabile alla varietà dell’ecosistema globale che gli esseri umani stanno sistematicamente distruggendo.  Operazione analoga è compiuta su tante lingue del mondo che stanno progressivamente scomparendo. Perché spariscono i parlanti. Lingua morta se esistono comunque i testi.  La concezione della lingua come Weltansicht è strettamente connessa alla soggettività linguistica dei parlanti, un elemento quest’ultimo che non è solo determinato dalla visione del mondo espressa da una lingua, ma che contribuisce a sua volta a imprimere sulla lingua l’impronta personale del parlante. Centralità del soggetto parlante, fattore fondamentale. Il parlante non può modificare in maniera arbitraria la lingua ma può a livello letterario e poetico può esercitare un’influenza profonda.  In particolare ciò avviene negli usi letterari, poetici della lingua o più in generale in tutti gli usi creativi che non appartengono solo alla cultura alta, ma sono parte integrante del linguaggio ordinario, del modo in cui la lingua è utilizzata anche negli scambi quotidiani. Dante con la Commedia volgare adatto agli scopi poetici. Soggettività linguistica può avere un influsso sulla lingua. Opposta alla concezione strumentalista. Punti di vista sul linguaggio Saussure la lingua è una massa parlante. Lo studio del linguaggio avviene secondo più prospettive  A seconda della prospettiva assunta variano le questioni che la filosofia del linguaggio considera centrali: rilevanza del punto di vista dell’utente così come è stato fatto dalla pragmatica linguistica.  In tale prospettiva le lingue mostrano, a tutti i livelli delle loro strutture, le tracce che in esse imprimono il parlante e il ricevente. • Il design delle lingue appare determinato dalla struttura psicofisica degli individui che le parlano e la stessa diversità linguistica appare anche il prodotto della singolarità degli utenti delle lingue. Traccia dell’utente sulla struttura della lingua. Le funzioni linguistiche (paradigma integrato) Tutte queste prospettive possono e devono essere integrate rendendo conto della diversità degli usi che i parlanti fanno della lingua. Ciò che si può fare con la lingua. Se la lingua è da un lato ciò che consente di parlare del mondo esterno attraverso proposizioni vere e false, essa esprime dall’altro il modo in cui il soggetto è in grado di manifestare la propria attività interna traducendola in categorie diverse rispetto a quelle dell’espressività naturale, categorie in cui vengono identificate specifiche forme di rappresentazioni mentali. Se la lingua rielabora in sé le modalità di azione che gli esseri umani stabiliscono tra di loro, cercando ad esempio di convincersi o obbligarsi reciprocamente a compiere determinate azioni, tale rielaborazione sembra sempre corrispondere a un’istanza normativa che anche sul piano della comunicazione identifica diverse condizioni per la validità dei diversi tipi di enunciato. Naturalità e convenzionalità  La naturalità è un carattere che viene attribuito a diversi livelli ai fenomeni linguistici (come vedremo meglio nella parte dedicata alla storia delle idee linguistiche). Platone, il Cratilo.  Che cosa viene considerato naturale? Ciò dipende dalla prospettiva che si assume.  Se prendiamo il punto di vista del rapporto del linguaggio verbale con il mondo la tesi della naturalità fa riferimento a presunte caratteristiche della lingua che sembrano riflettere o piuttosto rappresentare mimicamente dei caratteri della realtà.  Se consideriamo invece il rapporto con i soggetti parlanti la naturalità fa riferimento da un lato al carattere innato dell’apprendimento linguistico (ontogenesi) dall’altro alla dimensione affettiva, emozionale che permea anche il modo di riferirsi al mondo esterno. • La tesi della convenzionalità anche detta del convenzionalismo linguistico si oppone al/la naturalismo/naturalità linguistica.  Dal punto di vista del rapporto tra lingua e realtà il convenzionalismo ha buon gioco di osservare che non c’è nessun vincolo naturale tra gli elementi del mondo e la loro designazione dal momento che le diverse lingue fanno riferimento in maniera diversissima ad analoghi aspetti della realtà.  Dal punto di vista del rapporto della lingua con i parlanti il convenzionalismo dal punto di vista filogenetico nega che vi sia uno sviluppo necessario e dunque innato delle lingue e pone all’origine della comunicazione linguistica un accordo che viene stretto tra i membri di una stessa comunità per decidere che il modo in cui desiderano chiamare le cose. Pluralità delle lingue, che non sembrano usare come tecnica la raffigurazione. Lingue storico-naturali  Il termine «lingua storico-naturale» può apparire ossimorico, visto che associa in sé due termini solitamente contrapposti: storia e natura.  Tale tensione tra la dimensione naturale e quella storica corrisponde proprio alla realtà complessa della lingua: naturale perché in condizioni normali si sviluppa in tutti gli individui della specie umana, storica perché tali condizioni normali includono l’appartenenza a una comunità linguistica che non ha inventato la lingua ma l’ha a sua volta ereditata lungo un processo storico di cui non si può risalire all’origine. Storico sociale. I bambini imparano quando sono esposti alla lingua.  La lingua è dunque al tempo stesso un prodotto storico e un prodotto naturale in cui hanno un ruolo sia la costituzione psicofisica dei parlanti (e dunque la naturalità) sia la dimensione storico-culturale a cui la lingua e il suo apprendimento appaiono connesse in maniera indissolubile (i ragazzi selvaggi cresciuti in isolamento non imparano nessuna lingua) perché è superato il periodo critico in cui il bambino riesce ad acquisire il linguaggio.  Un esempio utile per capire questa connessione tra naturalità e storicità è quello delle lingue dei segni dei sordi.  Anche in questo caso si tratta di lingue storico-naturali: le diverse comunità dei sordi hanno lingue diverse (quella della comunità italiana è la LIS) che hanno avuto una evoluzione storica secondo certe tendenze comuni (i segni si sono sempre più convenzionalizzati).  E’ chiaro d’altronde che tutte le lingue segnate delle comunità sorde sono soggette a un vincolo naturale che è quello legato all’assenza o alla compromissione della capacità uditiva e quindi alla necessità di servirsi del canale visuo-gestuale.  Ma tale vincolo diventa a sua volta un elemento culturale forte assunto con orgoglio nella ‘cultura sorda’ che rivendica alcuni tratti specifici in contrapposizione al mondo linguistico degli udenti. La lingua fonica non può essere percepita. Arbitrarietà L’arbitrarietà linguistica è una caratteristica delle lingue storico-naturali. Essa non rimanda alle accezioni più comuni di «arbitrario» come non suffragato da alcuna norma, o anche ingiustificato. Introdotta da Saussure L’arbitrarietà è piuttosto un modo per descrivere il carattere sistematico delle relazioni tra gli elementi delle lingue storico-naturali. Esso descrive l’unicità del sistema linguistico costituito da ogni singola lingua che ritaglia a ogni livello (fonologico, morfosintattico, semantico) categorie differenti. Il loro valore è dato dalla relazione che assumono all’interno del sistema lingua. L’arbitrarietà è un principio applicabile solo all’interno di una concezione non strumentalista della lingua. Essa in grazia di tale principio appare un sistema duale in cui la dimensione significante (la parte sensibile, materiale delle parole) è indissolubile (legata)rispetto a quella del significato (quella del pensiero, della cognizione che non sono separabili appunto dalla loro espressione). L’arbitrarietà linguistica considera le lingue come sistemi indipendenti dalla realtà extralinguistica e sembra dunque porsi in opposizione rispetto alla nozione di naturalità. In realtà questo principio di cui ci occuperemo ancora nel secondo modulo non è l’unico a determinare il carattere dei sistemi linguistici. L’arbitrarietà ha cioè dei limiti All’interno delle lingue in misura e forme diverse, a tutti i livelli, sono identificabili dei principi opposti a quello dell’arbitrarietà a cui si fa riferimento con termini come iconico e analogico. L’opposizione tra analogico e digitale sembra opporre il carattere arbitrario (digitale)sistema arbitarrio dei numeri in quanto non motivato delle lingue ai codici cosiddetti analogici in quanto raffigurano alcuni aspetti della realtà
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