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Condorcet, Sintesi del corso di Pedagogia

sintesi - sintesi

Tipologia: Sintesi del corso

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Scarica Condorcet e più Sintesi del corso in PDF di Pedagogia solo su Docsity! CONDORCET PARTE I - perchè gli scritti giovanili?: le nostre speranze sullo stato futuro della specie umana possono ridursi a tre punti importanti: la distruzione della diseguaglianza tra le nazioni; i progressi dell'eguaglianza in seno ad uno stesso popolo e da ultimo il reale perfezionamento dell'uomo. Queste differenze hanno tre cause principali: l'ineguaglianza della ricchezza; l'uguaglianza di stato tra colui i cui mezzi di sostentamento si trasmettono alla sua famiglia, e colui per il quale tali mezzi dipendono dalla durata della sua vita; da ultimo la diseguaglianza dell'istruzione. È nel 1793 che l'ultimo dei philosophes, o meglio il primo degli ideologues, scriveva inascoltato, il suo appello agli uomini di ragione, perchè si convincessero che i mali della Francia, come quelli dell'intera umanità stavano annidati nell'errata convinzione che bastasse educare o istruire perchè l'uomo riuscisse a sollevarsi dalla condizione di miseria a cui per secoli era stato costretto. Il marchese de Condorcet proprio per la sua insopprimibile volontà di resistere senza piegarsi a nuovi regimi dittatoriali, non ebbe vita facile. Tra il 1773 e il 1782 Condorcet scrisse, in modo disorganico una serie di appunti destinati sicuramente ad un opera specifica sull'educazione, a cui egli pose più volte mano ma che non vide mai la luce. Questi scritti pre rivoluzionari che vengono tradotti in italiano per la prima volta, evidenziano il ruolo dell'educazione nell'ambito del movimento dei philosophes: evidenziano le variazioni e le evoluzioni del pensiero di Condorcet, avvenute sotto l'influenza di altri pensatori. Si tratta di scritti rimasti inediti fino al 1983. tutti redatti nell'arco di tempo compreso tra il 1773 ed il 1782, questi scritti pedagogici anteriori al 1789, offrono l'opportunità interessante di cogliere, nel rapporto tra lumi e rivoluzione, un momento interpretativo nella ricostruzione della realtà settecentesca. Prima del 1789, le circostanze non hanno permesso a Condorcet di esprimere liberamente le sue idee, nè di avere un ruolo politico valido, ed egli si prende la sua rivincita durante la rivoluzione. - l'itinerario intellettuale di Condorcet: Condorcet, matematico, economista, filosofo, politico, grande protagonista della rivoluzione, morto probabilmente suicida per sfuggire alla ghigliottina, pare abbia avuto una infanzia segnata dalle mire possessive e bigotte di una madre che, rimasta vedova, lo consacra alla madonna e lo alleva come una bambina, costringendolo ad indossare fino all'età di 9 anni, candide veste di figlia di maria. Opponendosi al volere della famiglia, egli si indirizza precocemente verso l'arduo studio delle matematiche prima a Parigi poi a Reims. A 22 anni pubblica Saggio sul calcolo integrale che suscita l'entusiasmo di D'Alembert, il quale lo fa pubblicare dall'Accademia delle Scienze. Sul piano psicologico invece Condorcet stenta ad affermare la propria autonomia: soffrendo del complesso di orfanello è alla ricerca di protettori. Sarà adottato da tre padri spirituali (D'Alembert, Voltaire e Turgot). Si sceglierà pure due vice- madri (Julie de Lespinasse e Amèlie Suard). Egli è trentenne quando comincia ad impegnarsi politicamnete, senza rinunciare mai alle matematiche. Accede alla funzioni amministrative sotto l'egida di uno dei suoi padri (Turgot), ministro delle finanze di Luigi XVI. Quando il suo protettore muore, sotto il ministero di Necker, Condorcet subisce, in ambito politico, una temporanea eclissi. La rivoluzione lo rende protagonista (deputato e presidente dell'assemblea legislativa), ma il trionfo di Robespierre ne farà un uomo solo e infine un proscritto. Diversamente dai philosophes, egli non soffre di una malattia mortale: l'aver creduto che i lumi potessero comporre la scissione tra teoria e prassi, tra democrazia borgese e autoritarismo dispotico. È sua convinzione che tutti i poteri debbano procedere da libere elezioni, ma rimanendo circoscritti e controllati: tutto ciò lo aveva posto oggettivamente su una posizione di netta opposizione nei confronti dei partigiani. Egli tuttavia è l'unico dei filosofi dei lumi a battersi tenacemente per l'uguaglianza fra gli uomini, fra i sessi, per l'abolizione della schiavitù dei negri, per il riconoscimento dei pieni diritti civili agli ebrei, per l'umanizzazione della giustizia, per il rispetto dei bambini e degli animali. Egli si batte perchè la legge assicuri ad ogni cittadino non solo il diritto, ma anche i mezzi per accedere all'insegnamento universale, che deve essere gratuito ed uguale per tutti, dalle elementari all'università, laico, tollerante e non subordinato ad alcuna dottrina politica. Nonostante la generosità dei propositi, Condorcet ha le sue debolezze: pacifista convinto, finirà per accettare come ineluttabile la guerra, diritto barbaro, cui gli uomini dovranno un giorno rinunciare. Nemico di ogni violenza non apre bocca per denunciare l'atroce massacro di un migliaio di detenuti nel 1792. Sempre nello stesso anno, Condorcet è accusato di cospirare coi girondini e diventa un proscritto. Per qualche tempo si nasconde in casa da un amica. Quando apprende che 32 girondini sono stati decapitati, abbandona il suo rifugio, per non compromettere la vita dell'ospite. Lascia Parigi clandestinamente e raggiunge FontenayauRoses, poi viene arrestato e due giorni dopo viene trovato morto in cella. - Memorie sull'istruzione pubblica (1791): nel 1791 sulla più prestigiosa rivista del tempo, da Condorcet stesso diretta, la Biblioteca dell'uomo pubblico, compaiono le Memorie sull'istruzione pubblica. L'impegno pubblicistico di Condorcet si sposta, nel'arco della sua vita intellettuale, dalle scienze matematiche a quelle di economia e politica, alle scienze sociali e di diritto costituzionale, giungendo poi nel culmine degli anni rivoluzionari, alla produzione di documenti ispiratori di riforme costituzionali di Stato. Fra questi ultimi, le cinque Memorie sull'istruzione, appunto, che costituiscono e rappresentano la prima riflessione sistematica su uno dei grandi nodi sociali che il nuovo stato repubblicano è chiamato ad affrontare: i principi di libertà e uguaglianza dei cittadini, che non potevano penetrare nella vita pubblica senza affermare la necessità di un'istruzione popolare. Il problema pedagogico nasce dunque come esigenza sociale e diventa emergenza politica. La centralità dell'educazione si giustifica e spiega in questo suo costituire il terreno di incontro, il passaggio obbligato dall'ideale aspirazione al godimento della libertà in tutte le sue forme, alla reale conquista e fruizione di essa in uno stato che fosse regolato da nuove norme. La forza di queste Memorie sta proprio nel luogo di pubblicazione: il giornale. I motivi di forza di un giornale sono due: la diffusività e l'incidenza presso la pubblica opinione e la schiettezza della forma espressiva. Qui infatti, le idee sono espresse liberamente. Nella prima Memoria Condorcet fissa i concetti fondamentali della Natura, del fine dell'istruzione pubblica; nelle successive quattro delinea l'istruzione comune per i fanciulli, per gli adulti, quella relativa alle professioni, alle scienze. Dunque l'istruzione comune prevede tre gradi: uno elementare da 9 a 13 (istruzione primaria); il secondo che a sua volta si divide in due parti, uno generale ed obbligatorio che approfondisce l'istruzione primaria, l'altro specialistico e facoltativo, che comprende un filone umanistico, uno matematico e uno scientifico-naturale. Il terzo grado, ancora istruzione superiore, si presenta sempre diviso in una parte generale e una specializzata, di carattere marcatamente scientifico. Lo stato deve promuovere un'istruzione pubblica e comune al fine di rendere tollerabile e meno dannosa quella diseguaglianza naturale che nasce dalle differenze degli ingegni e che, se non può essere annullata, può comunque venire bilanciata dall'eguaglianza dei diritti, cioè dall'eguale fruibilità dei diritti costituzionali. Per Condorcet, libertà e istruzione sono sempre state reciproche, in quanto il progresso dell'una presuppone quello dell'altra. Gli sforzi volti a soffocare la libertà sono sempre stati accompagnati dal tentativo di limitare l'estensione della conoscenza: ecco perchè l'elevazione culturale consentirà il progresso civile e sociale di tutti e di ciascuno, il miglioramento nei costumi, nella morale, nelle leggi, nell'avanzamento della scienza. Le insopprimibili differenze naturali fra gli individui, se ben utilizzate e canalizzate si armonizzeranno, bilanciandosi a vicenda: l'uomo di ingegno superiore metterà le sue doti al servizio del benessere sociale e del progresso civile. Assicurando ad ogni cittadino l'indipendenza intellettuale anche a livello di un'istruzione minima, l'educazione pubblica avrà così assolto una delle sue funzioni di base: il ripristino dell'uguaglianza sociale. La sconfitta dell'ignoranza genererebbe l'annullamento di ogni forma di tirannia. L'istruzione graduata appare una necessità evidente: un sistema scolastico, per essere socialmente utile e democraticamente soddisfacente deve assottigliare le diseguaglianze. In alcuni brani della Prima Memoria, è posta in chiara luce la differenza che Condorcet attribuisce ai concetti di educaione e di istruzione, ed i motivi della preferenza accordata a quest'ultima. Il tempo storico particolare richiedeva di operare e di sottolineare, da parte di Condorcet, una distinzione politica necessaria ed urgente per scongiurare il pericolo che il potere politico strumentalizzasse la scuola per i propri interessi e attentasse all'autonomia della cultura. In effetti, la molla fondamentale del pensiero di Condorcet è sempre l'individuo coi suoi bisogni e i suoi interessi: i problemi della collettività sono affrontati nell'intento di favorire lo sviluppo del singolo uomo. Proprio questa tensione verso forme di perfettibilità morale e intellettiva del genere umano, lo inducono a postulare una educazione del tutto sottratta alle manipolazioni del potere politico; una educazione che si riduca, per ciò stesso, a semplice istruzione, intesa come somma delle conoscenze cui il progresso umano è giunto. Il concetto di istruzione, così come lo intende Condorcet, abbraccia ed include l'educazione, specie se significa la formazione di una coscienza critica, uno sviluppo delle capacità razionali e critiche. Tuttavia egli opera una separazione tra i due termini, più politica che culturale, sottolineando che, mentre l'istruzione, di cui si dovrebbe occupare lo stato, implica una semplice ma indispensabile trasmissione di tutte le conoscenze umane, l'educazione umana, viceversa, comprenderebbe altresì le indicazioni delle opinioni politiche, morali e religiose. A parere di Condorcet, l'esercizio del potere politico, in uno stato liberale e democratico, non deve estendersi alla formazione morale e religiosa, proprio per impedire che le credenze religiose, veicolate dall'educazione, possano violare uno dei diritti umani fondamentali: la libertà di coscienza. Il potere pubblico, non ha il diritto di unire l'insegnamento della morale con quello della religione. Riappare così la convinzione salda e profonda che sia possibile fondare una società giusta su una morale assolutamente laica (quanto alla religione, consiglio di non parlarne affatto. Se [il bambino] ha un'anima tenera e una immaginazione poetica, sarà Deista. Se ha una volontà forte e una immaginazione adatta ai sistemi, sarà ateo. Altrimenti resterà nel dubbio e se lo si è reso compassionevole e buono, poco importa ciò in cui crederà). Anche se il valore che Condorcet attribuisce al termine di istruzione viene a comprendere anche l'educazione nel suo significato più completo di formazione della responsabilità umana, sviluppo intellettuale e morale, tuttavia la distinzione utilizzata allo scopo di abbattere il predominio secolare della Chiesa sul sistema educativo e di tutelare l'indipendenza dell'istruzione bambini, ma non si deve affatto insegnarlo a tutti nè per intero nè allo stesso modo. Se si osservano i diversi spiriti degli uomini, in rapporto all'educazione, si devono collocare fra i primi gli spiriti facili, coloro che acquisiscono facilmente tutti i tipi di conoscenze. 5 i metodi più cattivi sono coronati dal successo. La violenza non eleva il carattere, ma le sciocchezze che si insegnano non corrompono la mente. Dopo si può considerare la volontà: essa ha bisogno di essere diretta. Gli spiriti dotati di volontà, avendo una facilità reale per certi oggetti sono quasi incapaci di ogni lavoro, fino a quando non gli si offra il genere di occupazione che gli piace, o al quale solo essi sono adatti. L'educazione di questi fanciulli è difficilissima, tanto che un istitutore poco illuminato o distratto potrebbe confonderli con dei fanciulli di un intelligenza molto mediocre. Persino quando il gusto del fanciullo potrebbe apparire bizzarro, non bisogna trascurare di servirsene, perchè nessuno studio è isolato. 6 le facoltà che si ssaranno sviluppate possono dirigere verso oggetti analoghi del suddetto gusto. Si sono visti fanciulli diventare geometri perchè avevano avuto la voglia di imparare a fare dei quadrati. Sarà più facile condurre allo studio delle scienze più astratte un fanciullo che non avrà inclinazione o disposizione per i lavori manuali. Tali sono le principali caratteristiche della mente che bisogna distinguere nell'educazione. Ci sono poche cose veramente utili per la loro età, non conoscono abbastanza l'ordine del mondo per essere toccati da un'utilità distante. 7 l'idea di servirsi sempre di un motivo di utilità, di essere obbligato a rispondere sempre ad un fanciullo sul perchè delle cose, è esagerata. Se è vero cheil dovere più importante della morale sia quello di non fare mai del male, bisogna rendere questo dovere più facile anzichè abituare gli uomini ad impiegare il loro tempo in cose indifferenti. Persino la passione per la geometria, l'astronomia, diventano parte integrante dell'educazione morale. 8 dopo qualche tempo, il primo incentivo dell'educazione deve essere il piacere stesso dello studio, l'incentivo a ricevere idee nuove, a cogliere verità, ad acquistare conoscenze che si dovranno poi sviluppare. Questo fascino esisterà per tutti i fanciulli se si proporzionerà la durata dei loro studi al loro gusto e alle loro facoltà, se si eviteranno studi troppo difficili. Si troverà in questo metodo un vantaggio prezioso, a meno che una prima educazione ne abbia alterato le inclinazioni. Il secondo inconveniente è da temere maggiormente, perchè se si forzano i fanciulli al lavoro tramite mezzi artificiali, si altera la loro salute, nuocendo addirittura allo sviluppo ulteriore delle loro facoltà. Solo studiando il gusto e le forze di un fanciullo lo si può condurre a percorrere il piano di studi, che gli è stato precedentemente tracciato. Il primo oggetto dell'educazione è di fare acquisire ad un fanciullo il maggior numero possibile di idee giuste: è necessario dunque allontanare da lui tutti gli oggetti di cui non può che farsi delle idee false. A questo riguardo si possono distinguere gli oggetti fisici in due classi: i primi sono tali che se ne possono avere idee incomplete senza tuttavia essere false; i secondi al contrario sono tali che se si acquisiscono idee incomplete, queste appariranno vaghe e si cadrà in errore. Il grande pericolo del fanciullo è di formarsi delle idee incomplete e false. 10 Le idee degli oggetti fisici, le idee morali e quelle astratte sono tre classi distinte, per ciascuna delle quali bisogna seguire un percorso differente. Le idee morali si acquisiscono con l'esperienza, con l'esercizio della sensibilità naturale, le si devono far nascere nei fanciulli solo seguendo questo cammino della natura. Si deve offrire loro come precetto il risultato del sentimento che l'idea dell'azione, stabilita dalle massime, suscita nella loro mente. La sola istruzione morale che si dà ai fanciulli nel primo periodo dell'educazione consiste nella narrazione semplice delle azioni che risvegliano nelle loro menti quei sentimenti che ci si prefigge di far nascere, e che collocandoli nelle situazioni dei personaggi, danno loro le idee invece della loro esperienza. Lo studio della storia, che è al tempo stesso uno studio di fatti e un esercizio delle facoltà morali, deve essere rinviato ad un successivo momento dell'istruzione, suscitando nel fanciullo 11 il desiderio di vedere i fatti isolati, collegati tra loro dal doppio rapporto di tempo e luogo. In quanto agli oggetti fisici ci si deve limitare inizialmente ad una descrizione di quelli che possono essere sottoposti alla loro attenzione, limitando questa descrizione alle proprietà facilmente verificabili. Le sole idee astratte alle quali conviene esercitarli direttamente sono dapprima quelle del numero, e in seguito quelle dell'estensione, perchè si presentano a tutti gli spiriti. Perchè tutti le acquisiscano occorre più tempo, abitudine ed esperienza. - educazione presso gli Egiziani: vi era nell'antico Egitto un corpo particolare di uomini dotti. Erano i preti, i medici, i filsoofi, i precettori della nazioni. Essi potevano scegliere o di elevarsi al di sopra della nazione o di abbruttirla: scelsero la seconda, e riuscirono così bene che gli egiziani finirono per adorare delle cipolle e per mangiare i loro dei. - educazione presso i Persiani: lo scopo di questa educazione non era quello di dare delle conoscenze, ma di fare acquisire l'abitudine di tutte le virtù. Era l'anima che si impegnava a rendere incapaci di terrore o di ingiustizia. Si voleva distruggere quella inclinazione naturale che ci porta a cercare il nsotro interesse. Questa idea che Senofonte attribuisce ai Persiani era anche quella di Platone. Nella sua Repubblica egli osservava che non si può sperare nulla di grande dagli uomini se non si è fatto assimilare nella loro infanzia l'abitudine di grandi cose. Allo stesso modo la repubblica non può avere base sicura se l'educazione non si è fatta amare dalla patria. - su Sparta: ciò che Platone propose, Licurgo lo mise in pratica in parte. Licurgo non pensava se non a preparare eccellenti soldati: poco gli importava se i Lacedemoni fossero onesti o miserabili, purchè essi fossero coraggiosi e si mostrassero liberi. A Sparta si insegnava ai fanciulli a diventare agili e robusti, a maneggiare le armi e a sfidare il dolore. - morale: poichè un uomo ha potuto concludere che gli esseri che vede intorno a se hanno una sensibilità simile alla sua, diviene capace di pietà, in effetti non può giudicare le sofferenze di un altro senza formarsi un'idea di quei mali. Per ogni male che immagina e che gli suscita immagini analoghe a quelle che gli facevano provare quegli stessi mali, diviene capace di pietà nella misura della sua sensibilità fisica e di ciò che egli ha provato. - su Atene: presso gli ateniesi non vi fu una vera e propria educazione pubblica, perchè non si chiama educazione quella regolata da leggi. I figli dei ricchi ateniesi andavano dai filosofi, dai grammatici, dai cortigiani ad apprendere le scienze, l'arte di parlare la propria lingua eccellentemente, l'arte dell'eloquenza. Quest'ultima fu tipicamente ateniese, ci si impegnava a parlare bene come a Sparta ci si impegnava a combattere bene. - su Roma: nei primi secoli di Roma i fanciulli non ebbero altre scuole che il campo di marte, dove si esercitavano alla corsa, alla lotta, alle armi, a cavalcare e lanciare il giavellotto, mentre al Foro i giovani venivano istruiti agli affari pubblici. Per qualche tempo i figli dei senatori vennero accompagnati dai loro padri al senato e, in una repubblica in cui non vi erano leggi scritte, questo era l'unico modo per formare i magistrati. Quando poi venne approvata la legge che impediva ai giovani figli di senatori di entrare al senato, non si trattò più di formare magistrati o guerrieri, ma avvocati. Si aprirono scuole, e la gioventù romana vi andò ad apprendere l'arte di eludere leggi con interpretazioni, e ad esercitarsi alle declamazioni. - l'educazione nei secoli dell'ignoranza: le nazioni dell'Europa erano allora suddivise interamente in tre classi: il popolo che veniva derubato e non sapeva niente; i nobili che non imparavano che a battersi, e i preti. L'educazione di questi ultimi consisteva nel leggere speditamente: si esercitavano a scrivere in latino, a riempire la testa di miracoli e leggende, miranti ad attirare il denaro del popolo e dei cavalieri. Quando gli abitanti si accorgono che non era nè utile nè (interruzione). Il testo ricomincia descrivendo che i fanciulli passano sette o otto anni ad apprendere la lingua degli antichi (otto ore al giorno). Si fa esporre loro Cicerone e Tito Livio, nei quali vedono i dettagli militari delle guerre puniche. Il fanciullo legge anche racconti di mitologia, preoccupandosi di accogliere insegnamenti di verità di un gusto un pò diverso. A questi racconti morali vanno aggiunte le favole fisiche (api che escono dal corpo di un giovane toro- cavalle fecndate dal vento) si dice ai fanciulli che questo non è vero, ma perchè dunque lo apprendiamo? Essi si chiedono. La fisica della Bibbia vale d'altronde pressappoco quella della mitologia, il sole e la luna sono due grandi lumi, sono le cataratte del cielo che crollano per dare la pioggia e l'arcobaleno. Oltre la storia della Bibbia si insegnano loro i dogmi. Un dio mascherato da piccione ha appena fatto un figlio con una vergine, che partorisce e resta vergine. Questo bambino è un altro dio piccione, e lo è per fare la stessa cosa: non è venuto sulla terra che per essere ucciso, e ritorna tutti i giorni dai preti per essere mangiato da loro. Tuttavia c'è un terzo dio che non viaggia affatto: è il padre del dio ucciso. Sono il figlio ed il padre che hanno fatto questo stesso dio piccione, il quale con la fanciulla ebrea ha rifatto il figlio. Disgraziatamente i fanciulli non venivano avvertiti che si trattava di fiabe. In seguito per formare il gusto essi studiano un anno di retorica e di declamazioni latine. Dopo aver insegnato a parlare a memoria e a credere a ciò che non comprendono affatto, li si esercita a parlare di ciò che non sanno affatto. Questa educazione è completata da ciò che si chiama Filosofia. Questa viene divisa in due anni. Nel primo si insegna la logica, la morale e la metafisica. In ogni tempo i teologi hanno adottato la filosofia volgare e vi hanno adattato i loro dogmi. Per il resto si apprende nel primo anno tutto ciò che è stato immaginato di più profodno sulla natura dell'anima, delle idee, e del dio stesso sul libero arbitrio. Il secondo anno è dedicato alla Fisica. Si insegna la fisica delle compilazioni stampate 30 anni fa, in modo che si insegna sempre ai giovani a provare dei sistemi dimostrati falsi e a confutare verità nuovamente scoperte. In questo secondo anno, se i professori erano zelanti, si insegnava anche elementi di geometria ed i algebra. Pochissimi apprendono, e la maggior parte di essi dimentica in fretta. Lo si è fatto soprattutto per la morale, si è insegnato ai fanciulli che non si possono fare buone azioni senza la grazia, che il mezzo più sicuro di ottenerla da Dio è di mangiarlo. Per garantirsi il fuoco passeggero è sufficiente frustarsi, dare il proprio denaro ai preti, ma per il fuoco eterno non vi è altro rimedio che raccontare tutto ciò che si è fatto, in ginocchio ad un prete. Gli increduli e gli eretici sono i nemici di Dio e uomini che bisogna odiare e perseguire. Tutto ciò è un arte meravigliosamente adatta ad elevare l'anima, ad ispirare umanità e giustizia, a fare nascere entusiasmo per la virtù. - su alcuni costumi bizzarri: i caraibici comprimono tra due assi la testa dei neonati, e ciò li rende assolutamente stupidi. Nel Mogol quando si teme che un principe di sangue reale possa causare disordini lo si condanna a divenire imbecille: gli si prepara una porzione narcotica che garantisce questo effetto. - riforma dell'educazione: molto tempo fa tutti gli uomini di ingegno hanno sentito la necessità di una riforma dell'educazione. Ci si interessadi ciò a Ginevra e in Francia, con vedute differenti. I ginevrini vogliono estirpare assolutamente tutto ciò che resta nel loro collegio, dell'antica educazione monastica. In Francia si vorrebbe creare un nuovo corpo di monaci per affidargli l'incarico di educare la gioventù. Occorre, discutere i due progetti dell'educazione sacerdotale. - sull'educazione. Esame degli effetti dell'educazione sacerdotale. La morale: ciò che vi è di importante nell'educazione non è apprendere più o meno il latino o il greco, neanche la geometria o la fisica; è formare un'anima capace di grandi azioni, è dare principi che resistono alle passioni della gioventù, agli interessi dell'età matura, è fare amare la gloria e la patria. - I difetto di questa morale: supponendo che una religione sia utile, sarà senza dubbio quella che promette il cielo e le grandi azioni, che apre l'inferno a un criminale, ma lascia alla ragione e alla coscienza di ognuno di giudicare del giusto e dell'ingiusto. Se esistesse una religione ch promettesse il cielo alle buone azioni, supplizi aterni per i cattivi, non si potrebbe negare che una tale religione non fosse più adatatta a formare schiavi per i preti, che uomini per la patria. Tale è la religione cristiana. - II difetto della morale cristiana: in ogni buona religione le virtù devono essere collocate secondo un ordine della loro utilità: le grandi virtù sociali prima delle virtù private. Così la morale di una religione caratterizzata dal fatto che i preti predicavano la rinuncia di se stessi invece dell'amore della patria, umiltà invece che nobiltà d'animo, la carità piuttosto che l'odio per i malvagi, non potrebbe che essere una morale detestabile. - III difetto della morale cristiana: la felicità pubblica, allo stesso modo di quella di ogni individuo, chiede che ciascun cittadino divenendo padre, stabilisca nuovi legami con la patria. Una morale in cui lo stato di castità è considerato lo stato più perfetto è una morale politicamente cattiva. - IV difetto: non si potrebbero persuadere gli uomini che sono capaci di grandi cose. La dottrina cristiana in cui niente viene fatto senza la grazia, e che Dio concede solo agli eletti, sarebbe pericolosa. - V difetto: colui che ha ucciso il padre e colui che ha mangiato un pollo di venerdi, colui che ha tradito la patria e colui che ha desiderato una fanciulla, sono tutti bruciati per l'eternità secondo la religione cristiana. - VI difetto: un altra conseguenza dell'idea di crimine legata ad azioni in se stesse indifferenti, è che l'uomo che non ha altra nozione del giusto e dell'ingiusto, vedendo che una parte della morale è arbitraria, crederà che lo è interamente, quando le sue passioni glielo suggeriranno. - VII difetto: è sbagliato fondare la morale su dogmi assurdi; si riconosce l'assurdità di questi e si resta senza morale. - VIII difetto: secondo i cristiani si è dannati eternamente quando non si crede ai loro dogmi, dunque ogni uomo che attacca questi dogmi è un nemico della salvezza eterna dei suoi concittadini. Colui che dà di un altro culto un esempio che potrebbe sedurre, deve essere punito. Un padre eretico o incredulo istruendo i suoi figli nell'errore li prepara a supplizi eterni: occorre così sradicarglieli. Ogni nemico è un mostro abominevole. - IX difetto: nella morale cristiana gli eroi sono coloro che si sono dati più colpi di frusta, che sono rimasti più tempo su una colonna, che hanno predicato ai pesci o dormito con donne senza valore. Sono queste le persone che si presentano come morali e non coloro che sono morti combattendo per la patria. Se malgrado, essi hanno avuto un'amante, se non hanno creduto alla messa o sono morti senza essersi confessati, è garantito che saranno bruciati per l'eternità. Una tale morale non è adatta a fare grandi uomini. - X difetto: secondo i cattolici, il principio di carità e di assoluzione, apre in un minuto il cielo a un parricida, ad un incendiario, ad un tiranno opprimente. Non c'è niente di più adatto ad incoraggiare il crimine. - XI difetto: secondo i teologi quando si è ricevuto uno schiaffo bisogna porgere l'altra guancia, secondo il mondo bisogna battersi: se si obbedisce ai teologi si è disonorato; se si obbedisce all'opinione pubblica si è dannato. Secondo i teologi Dio non può sopportare che si mangi carne il sabato (si consuma carne il sabato presso tutte le persone oneste). Un giovane, uscito dal catechismo, si vede sbarrata la strada sia che segua la religione che il mondo. - i costumi: il momento della pubertà decide spesso della felicità di tutta la vita e induce irrevocabilmente un giovane verso la virtù o verso il vizio. È un'epoca della gioventù che determina quasi sempre la felicità o la sfortuna della vita, delle nostre virtù o dei nostri vizi. Uno dei vizi più pericolosi almeno nello stato attuale dei nostri costumi, è quello dell'errore dei sensi che porta gli uomini ad attendere da un altro uomo i piaceri che sono legati alla propagazione della specie. Questo vizio, che consideriamo come un crimine, e che le nostre leggi puniscono come parricidio, era visto presso i greci come una cosa indifferente in se stessa e di cui essi non giudicavano se non gli effetti politici. Si tratta di una voluttà di altro genere, in cui l'azione dei sensi può deriva dal fatto che ci si è limitati ad insegnare loro, con l'abitudine di queste regole, le ragioni sulle qualiquesta abitudine è fondata. Le scienze si possono dividere in scienze astratte, naturali e morali. Le prime che si addicono a un fanciullo sono l'aritmetica, la geometria e in seguito l'algebra. Poichè un fanciullo non ha nessuna delle idee astratte che formano le scienze matematiche, apprendere significa per lui acquisire la facoltà di avere queste idee: dunque ciò non si acquista se non con l'abitudine. Ogni operazione o postulato che si insegna al fanciullo deve essere prima spiegato sulla lavagna, poi dovrà ripeterlo e infine scriverne sul quaderno, così che quando ne avrà bisogno potrà consultarlo. Per quanto riguarda le scienze naturali, la storia naturale e alcune conoscenze elementari di fisica e chimica sono tutto ciò che il fanciullo deve apprendere. In questo studio però occorre non fargli credere di essere diventato molto sapiente, perchè invece di dire "sasso" come tutti, egli potrebbe dire "selce" (per cui non bisogna prima fargli apprendere i nomi delle cose). Se gli si mostra un pezzo di poetra calcarea occorre fargli vedere che fa effervescenza con gli acidi, che messo sul fuoco si trasforma in una sostanza di un'altra natura, e quando il pezzo sarà sottoposto a tutte le esperienze, gli si dirà che si chiama pietra calcarea. Riguardo gli animali invece bisognerebbe essere molto più superficiali, perchè disgraziatamente la loro storia naturale è collegata con la nostra morale. Nei primi insegnamenti delle cose naturali, bisogna osservare che il fanciullo non deve vedere né sfere, né tavole di fisica. Quando conosce gli oggetti, le rappresentazioni non possono più fargli illusione. L'essenziale è fargli conoscere molti fatti isolati. È la giovinezza il periodo giusto per legarli e completare le sue conoscenze. È allora che l'uomo impiega la sua ragione per conoscere la natura. Non esiste affatto la morale da insegnare ad un fanciullo, bisogna solamente impedire ai vizi di nascere, fortificando in lui il sentimento naturale della pietà. Come non fa male ai suoi simili, è necessario che eserciti la pietà anche verso gli animali, così gli si deve insegnare a rispettare la loro vita, le loro libertà, il loro riposo e persino i loro piaceri. La sensibilità ai mali degli altri è l'origine di tutte le virtù e il fondamento di tutta la morale: non è per il fatto di essere ragionevoli che gli uomini hanno diritto al nostro aiuto, ma perchè sono sensibili. Per quanto riguarda la storia, essa si può considerare sotto due punti di vista. Dato che a durata degli imperi supera quella degli uomini, non esiste che la storia, la quale può insegnarci a conoscere la formazione dei corpi politici, le loro malattie, la loro morte, la loro influenza reciproca gli uni sugli altri. Da questo punto di vista è necessario che la storia sia vera, altrimenti sarebbe inutile. Ma la storia considerata così non è adatta ai fanciulli. Per questi, si sceglieranno i brani di storia che possano ispirare virtù che possano comprendere: l'umanità, la pietà filiale, l'amicizia, la semplicità, il coraggio. Per quanto riguarda lo studio della grammatica, esso sarà rinviato al tempo in cui egli apprende di metafisica. Quando un fanciullo avrà seguito gli studi che si sono indicati, il suo spirito avrà acquistato forza e l'abitudine della meditazione, allora gli si potrà parlare di filosofia. Con essa egli rifletterà sul modo in cui ha acquistato le sue idee, sulla morale che il suo spirito ha seguito. È impossibile comportarsi in modo che il fanciullo non senta fino a che punto ha bisogno degli altri, e di conseguenza della loro amicizia e della loro opinione. Così occorre aver cura che l'interesse del suo piacere gli faccia attribuire più importanza all'imicizia di suo padre, di sua madre e del suo precettore, anzichè quella di ogni altro. Circa i mezzi per realizzare questo piano, un precettore onesto, con gli elementi di matematica, alcuni libri di storia naturale e di chimica, un piccolo numero di strumenti e l'aiuto di un farmacista, per quanto ignorante sarà in grado di insegnargli tutte le scienze. Quanto alla religione consiglio di non parlarne affatto. Se ha un anima tenera e una immaginazione poetica, sara deista. Se ha una voontà forte e una immaginazione adatta ai sistemi, sarà ateo. Altrimenti resterà nel dubbio e se lo si è reso compassionevole e buono, poco importa ciò che crederà. Sentirà parlare di Dio e della religione malgrado l'opinione dei suoi genitori, ma sarà facile fargli vedere che coloro che parlano così pronunciano parole alle quali non attribuiscono affatto idee, e ciò lo disgusterà ascoltarli. È facile fargli comprendere che si feriscono uomini offendendo le loro opinioni, quindi bisogna offenderli solo quando ciò può essere utile. Ciò che rende la religione cattiva è il fatto di considerare preti giudici di ciò che è giusto o ingiusto, il fatto che non ci si comportà più secondo il proprio cuore, ma secondo un libro ebraico o il consiglio di un monaco. Non esiste più morale se si crede che con l'assoluzione o una elemosina alla chiesa si ottiene perdono di tutte le colpe. La morale, così come Condorcet la concepisce, è buona per i grandi animi, dato che gli uomini comuni hanno bisogno, per essere capaci di grandi virtù di avere una morale fondata sulla religione, e dei motivi più forti di quelli che possono trovare in loro stessi. Condorcet crede che i piccoli animi, al contrario, possano avere solo piccole virtù, e che la religione lasci gli animi tali e quali sono, ma facendo altresì degli animi forti dei mostri. La morale che egli suggerisce ha un vantaggio, cioè che la virtù fondata sulla sensibilità e l'entusiasmo deve essere al livello del grado di violenza sulle passioni. Condorcet racconta di un uomo che ha voluto dare al proprio figlio un'educazione razionale. Egli temeva il pericolo delle idee superstizionse, ma non voleva che suo figlio altresì fosse motivo di scandalo. Ecco cosa ha fatto. Ha separato il dogma dalla morale e ha detto al proprio figlio che vi era in ogni paese una certa dottrina, genericamente accettata e che il resto del mondo aveva altre opinioni. Rigurado le pratiche gliele ha fatte considerare come una conseguenza di queste opinioni. L'educazione appena tracciata ha il vantaggio di fargli avere tutte le qualità dell'anima al più alto grado di cui i suoi organi siano suscettibili: quanto al suo spirito saprà riconoscere i diversi tipi di verità, e non li confonderà affatto. Avrà acquisito le conoscenze necessarie alla vita, il metodo che bisogna seguire per acquisirne delle nuove, e non vi sarà alcun tipo di lavoro al quale non possa rendersi adatto. Un punto fondamentale dell'educazione è quello relativo alla condizione cui il fanciullo è destinato. Il problema è relativo non al disprezzo della morte, ma alla sua indifferenza, e la paura che ispira non può essere se non il frutto di una cattiva educazione. Non è la morte che si teme, ma il dolore. Questo modo di considerare la morte come la fine delle sofferenze è reale, poichè è facile mostrargli che le sofferenze hanno preceduto tutte le morti di cui ha potuto essere testimone e sono cessate proprio nell'istante della mrote. Bisognerebbe persino abituare il fanciullo a non essere scosso dalle sofferenze fisiche. Gli Spartani ad esempio mescolavano vivi dolori ai giochi dei loro fanciulli. Gli uomini vanno distinti in quattro classi: 1 gli uomini ai quali si addice una vita dolce e oscura, che hanno bisogno solo dei beni della natura. Questi uomini sarebbero comuni in una società in cui le opinioni e le leggi non sarebbero continuamente in contraddizione. 2 una seconda classe è quella degli uomini nati per studiare, per dipingere la natura, per illuminare gli altri uomini o per dare loro una nuova esistenza. Se il fanciullo manifesta tali disposizioni bisogna lasciarlo seguire il suo cammino. La maggior parte degli uomini ha bisogno di qualche considerazione e uno stimolo per svolgere le proprie attività. C'è poi un'altra classe di uomini, quelli che sono nati per l'azione, che hanno bisogno di comandare un esercito o di governare un impero. Questi uomini devono essere abbandonati all'impulso delle loro attività: sono questi che diventano grandi uomini o grandi scellerati. È difficile che con l'educazione morale or ora descritta un fanciullo diventi uno scellerato. - sull'istruzione (sull'educazione e sui premi da istituire): un'educazione pubblica non può meritare questo nome se non quando si estende a tutte le classi di cittadini, e il suo scopo deve essere quello di perfezionare fin tanto che è possibile l facoltà di ogni individuo e di ispirargli il desiderio di farne uso più utile per gli altri. Il bene altrui non è mai il motivo immediato di alcuna delle nostre azioni: noi agiamo sempre per procurarci un piacere presente o allontanarci da un dolore attuale. Se ci procuriamo un male in vista di un bene più lontano è perchè il dolore di rinunciare a questo bene sarebbe più grande di quello al quale ci esponiamo. Occorre dunque educare i fanciulli in maniera tale che trovino il piacere o la speranza di qualche vantaggio nel fare del bene ai concittadini. Nella maggior parte delle circostanze in cui ogni uomo si trova, occorre distinguere due casi: quello in cui colui che fa del male ad un altro ha il diritto di farlo; e quello in qui non ha tale diritto. Nel primo caso io ho questo diritto perchè esso viene stabilito dalla società tramite una legge generale e senza eccezioni. Nel secondo caso è un reato. Ecco cosa distinguere un comportamento onesto da uno disonesto. Quello che occorre fare è fortificare tramite accorgimenti il bisogno che ogni uomo ha dell'opinione degli altri uomini, se il desiderio e la gloria della virtù è qualche volta il frutto di questo bisogno. Esso produce più spesso l'ambizion, l'asservimento all'opinione popolare, le azioni fatte contro la coscienza per favorire pregiudizi assurdi e crudeli. I premi che si distribuiscono nei collegi e di cui si è tanto lodata l'istituzione, sono stabiliti in modo che si aumenti il bisogno dell'opinione. I fanciulli che vedono che gli uomini si radunano per vederli premiati, si ingannano riguardo il motivo di questo concorso;credono ingenuamente di attirare l'ammirazione, meritare gli applausi. Essi acquisiscono rapidamente un'opinione esagerata delle loro doti, che permane talvolta per tutta la vita e può essere spesso fonte di umiliazione, di rovina. Non accade mai che colui che ha fatto il migliore lavoro venga lodato; si induce dunque l'ambizione dei giovani a dare il massimo: ne risulta che si aumenta in loro la voglia già innata di essere primi dappertutto. Questa ambizione di essere il primo non è buona se non in coloro che possono realmente aspirare al primo posto. Quanto ai premi di memoria essi si dovrebbero ottenere non per aver recitato i versi del Virgilio o altri autori ma per aver fatto comporre ai giovani tanto un estratto di memoria, quanto una descrizione di un brano di storia, di cronologia, di nomenclatura. È questa la sorte di memoria che è utile nella vita, la sola al quale uno spirito ben fatto possa attribuire qualche premio. In verità non occorre offrire altro ai giovani che la morale delle virtù che possono capire. I tratti della bontà si esercitano per la prima infanzia. In un secondo momento verrebbero le azioni di semplicità, di generosità, di giustizia, l'indifferenza alla morte, gli attaccamenti dei bambini per il loro padre, per i loro fratelli, per gli amici. Ma non gli si deve parlare di eroismo, dell'amore coniugale, della preferenza per la patria: occorre conservare questi tratti per l'età in cui potranno conoscere l'amore, in cui avranno capito che hanno una patria. - sull'istruzione degli studi superiori: qui si daranno piccoli dettagli sugli animali che vivono nelle loro zone, estendendo lo studio anche agli animali domestici. Vi si aggiungeranno dettagli sulle macchine come mulini, pompe. I postulati di chimica necessari nella pratica delle arti comuni nel paese. In fisica le conoscenze utili sul fuoco, la luce, l'elettricità. Alcune nozioni di topografia e di geografia. Un quadro storico generale e una storia della loro nazione più particolare. I principi del diritto pubblico e nazionale. Infine la morale. È da qui che si tratterà dei doveri rispettivi degli uomini come cittadini, come fanciulli, come padri, mariti. Questa parte finale è la più difficile da trattare e parlerà dell'infedeltà del matrimonio che è un vero crimine (violazione di una convenzione reciprocamente fatta). Il piacere di apprendere e l'utilità dell'istruzione devono essere considerati anche per i motivi dell'educazione. L'utilità dell'istruzione è sembrata a Rousseau essere il motivo principale. In effetti sembrerebbe a primo acchito che lo scopo dell'educazione essendo soprattutto quello di formare un uomo ragionevole, è di contraddire questo scopo piuttosto che fare agire il bambino senza ragione, facendogli apprendere cose inutili. Supponendo che si possa completare questo progetto, è inattuabile in una educazione pubblica a causa della diversità degli spiriti. Ciò che deve essere utile apprendere nell'educazione è acquistare l'abitudine di esercitare la propria ragione, la propria memoria, la propria intelligenza: è difficile far capire a un fanciullo questa utilità. Ciò che è ancora utile è la conoscneza di quelle verità familiari epratiche delle scienze e delle arti che rendono gli uomini più indipendenti, più capaci di provvedere ai loro bisogni, e di rendersi più abili. Occorre distinguere due punti: la conoscenza puramente pratica e la curiosità. Entrambi sono i motivi dell'apprendere. Per quanto riguarda la curiosità diremo che la natura ispira a tutti gli uomini un desiderio vago di conoscere (vi è un piacere reale e fisico di conoscere la verità). In generale i fanciulli sono più o meno curiosi. Utilizzando buoni metodi di insegnamento si può fare della curiosità uno stimolo per i fanciulli. - riflessioni sulla coscienza e l'educazione del senso morale: la coscienza come tutte le altre facoltà dell'uomo si fortifica e si perfeziona tramite l'abitudine, e di conseguenza può indebolirsi o deteriorarsi a causa di abitudini contrarie. La coscienza si indebolirà tutte le volte che si insegna agli uomini una morale arbitraria, che non sia fondata sulla coscienza illuminata dalla ragione, morale alla quale si sia obbligati a conformarsi: pena la punizione. Allora è il sentimento del timore che è sostituito a quello della coscienza. Questo effetto è spiacevole maggiormente quando questa morale ispira questo sentimento di timore per azioni indifferenti alla coscienza o per azioni che la ostacolano. Il ciò che abbiamo appena detto della morale si applica anche all'ordine sociale; affinchè la coscienza si perfezioni, occorre poterla ascoltare e ciò non ha luogo se la maggior parte degli uomini è forzata ad occuparsi dei propri interessi in modo continuo. La coscienza è inoltre indebolita per la causa esposta nella lettera 7: la contraddizione che le costituzioni mettono tra l'interesse personale e la coscienza. - commento ai manoscritti: l'analisi attenta dei manoscritti, per le problematiche ivi affrontate, evidenzia alcune difformità che,, solo in apparenza possono sembrare vere e proprie contraddizioni tra il primo ed il maturo Condorcet. La più evidente tra queste è quella riguardante il diverso atteggiamento assunto dal Condorcet, nel corso della sua attività di pensiero, relativamente al problema dell'educazione. Sorprende infatti come il Condorcet, convinto sostenitore dell'educazione pubblica nelle Memorie e nel Rapporto, abbia potuto, nel manoscritto dal titolo Riflessioni e note sull'educazione del 1773, esaltare l'educazione particolare o domestica, opponendo a quella pubblica un netto e drastico rifiuto. La sua adesione all'educazione particolare non si configra come scelta momentanea, ma come una vera e propria presa di posizione. Ci si chiede quale sia la causa. Il concetto di educazione pubblica sarà in seguito, dapprima condiviso e infine totalmente accettato e fatto oggetto di un Piano negli anni seguenti. Una motivazione che giustifichi questo mutamento si può cogliere nell'innata, ma anche ragionata, avversione di Condorcet verso il clero, ed in particolare verso i gesuiti ed il loro modello educativo. Condorcet, nonostante fosse imbevuto di pregiudizi propri dei nobili e fosse stato educato nel più rigoroso cattolicesimo, riuscì ad emanciparsi dalle idee in cui viveva. La sua famiglia non gli perdonerà mai questa sua condotta, che lo portò ad esere repubblicano nel pieno del sistema monarchico, e democratico nel pieno assolutismo politico. Al tempo in cui Condorcet si faceva sostenitore dell'educazione particolare, quella pubblica era esclusivo dominio del clero; il rifiuto di quest'ultima pul essersi configurato così, indirettamente, come rifiuto della religione gesuitica e della sua morale. L'unica possibilità di sottrarsi all'influenza del clero era necessariamente quella di assumere posizione opposta in fatto di educazione: l'educazione domestica, cioè quella fornita dai genitori, era perciò forse l'unica alternativa. Con la cacciata dei gesuiti, poi, il campo educativo rientrò sotto il diretto controllo dello Stato e non aveva più senso opporsi all'educazione pubblica, di cui anzi Condorcet si fece convinto sostenitore. Più che come contraddizione quindi, tale passaggio si configurò come adattamento del suo pensiero alle circostanze sociali e storiche in evoluzione. La preferenza accordata da Condorcet all'educazione domestica si spiega anche con l'approccio individualistico con cui egli continuò costantemente ad affrontare il problema dell'educazione, anche nel corso dell'esperienza rivoluzionaria, punto di approdo di una presa di coscienza lenta, ma continua, nel rapporto tra pubblico e privato, individuale e sociale, già iniziata nei decenni precedenti: la prospettiva pedagogica di Condorcet mirò costantemente alla formazione del singolo individuo attraverso lo sviluppo, in ambito sociale, delle potenzialità personali. Alla luce del principio di ineguaglianza
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