Scarica CONFESSORE DELLA REGINA e più Sintesi del corso in PDF di Storia dell'Europa solo su Docsity! Il saggio di Elisa Novi Chavarria – “Il confessore della regina” – è incentrato sulla figura del confessore della regina Maria Carolina, Anton Bernhard Gurther che si è distinto presso la corte dei Borboni non solo come direttore spirituale, ma anche come brillante uomo di cultura, erudito, responsabile dei progetti di riforma degli studi universitari, del riordino delle biblioteche reali, impegnato in faccende di natura politica e diplomatica e nel ruolo di mediatore culturale tra l’Italia e l’Austria. Partendo dall’esempio di A.B. Gurther, la ricerca rimanda ad un tema più ampio e oggetto di interesse soprattutto per la storiografia più recente: l’intreccio inestricabile tra politica e religione. Il saggio è articolato in tre paragrafi. 1. I TEMPI DEL CONFESSORE: gran parte delle informazioni riportate qui di seguito sono tratte dai diari personali di Maria Carolina. Da essi sappiamo che il confessore regio, originario della Boemia, arriva a Napoli nel maggio del 1768. Già in Austria si era distinto per meriti e doveri, tant’è che la stessa Maria Teresa lo raccomandò a sua figlia sia come valido supporto spirituale, che come consigliere nelle questioni politiche. Tuttavia Gurther non fu subito ben accetto a Napoli, di fatto fu criticato, divenne bersaglio di false informazioni e quasi intimato a ritornare a Vienna. A testimonianza di ciò, vi è una lettera del segretario Tanucci a Carlo III (datata febbraio 1768, ossia ancor prima dell’arrivo di Gurther) nella quale il politico riferisce che il religioso è particolarmente legato al gesuitismo e pertanto, considerando l’aria ostile che tirava tra giansenisti e gesuiti, era ritenuto non adatto al ruolo di confessore della regina. Poi ancora fu messa in giro una voce secondo cui il Gurther stesse per essere rimosso dal suo incarico e fosse stato richiamato a Vienna da Maria Teresa stessa. Insomma, furono impiegati vari tentativi per cacciare il confessore dalla corte napoletana e per sostituirlo con il padre agostiniano Agostino Gervasio, molto più “popolare” e benvoluto tra gli ambienti ecclesiastici. Diciamo pure però, che il motivo di tanto accanimento è da ricercare nell’evidente slittamento da Madrid verso Vienna degli equilibri della corte napoletana che sarebbe conseguito proprio dalla presenza dell’entourage di origine austriaca di Maria Carolina, e che non era visto di buon occhio da molti politici ed ecclesiastici napoletani. Tuttavia, contrariamente ad ogni aspettativa, Gurther rimase saldamente al timone della coscienza della regina fino alla morte (1791) e conquistò anche uno spazio sempre maggiore a corte, rafforzando col tempo anche il suo ruolo politico sia a livello istituzionale, affiancando il Cappellano Maggiore del Regno in molti suoi compiti (la scelta dei vescovi), sia a livello informale, nella regolamentazione del cerimoniale di corte, oltre che in molte pratiche della mediazione culturale tra Vienna e Italia. Ma soprattutto Gurther rimase per ben 23 anni il direttore incontrastato della coscienza e del cuore della regina, c’era un tale livello di confidenza ed intimità che non conosceva momenti e spazi prestabiliti per una confessione: di fatto dal diario della regina si legge che spesso i colloqui avvenivano anche nella tarda sera, nelle sue stanze, in cui la sovrana si preparava esteticamente per un momento così profondo e solenne. Dunque si evince che il momento della confessione è per la regina qualcosa di necessario e fondamentale, atteggiamento questo frutto dell’educazione religiosa ricevuta dalla madre Maria Teresa; sono infatti riportati aneddoti sull’infanzia della regina in cui l’atto della confessione riveste una funzione formativa, indispensabile. Motivo per cui Maria Carolina da adulta adempie a tutti i suoi doveri di cattolica: partecipa alle messe, si dedica con frequenza alle devozioni delle 40 ore e del Rosario. E’noto anche quanto, bene o male, si fosse uniformata ad altre forme proprio della religiosità napoletana, richiamando a palazzo carismatici e servi di Dio la cui fama taumaturgica era ben nota in città: pensiamo al frate Michelangelo di San Francesco, al domenicano Gregorio Rocco conosciuto come “idolo delle plebi”. Tuttavia su questi ultimi non ci sono tanti riferimenti nel diario della regina, ennesima dimostrazione, come sottolinea l’ambasciatore veneto Soderini, che a fare un certo effetto sulla regina era il Guther e altri esponenti della sua corte austriaca che l’hanno certamente fiancheggiata in quel brillante progetto di politica estera di cui si occupò M. Carolina che ora fa risuonare il suo nome nei libri di storia. 2. UNO SGUARDO ALLA STORIOGRAFIA: il tema dei confessori, quasi sempre appartenenti ad ordini religiosi, presso le famiglie reali non è del tutto nuovo. Ci sono pervenute notizie a riguardo già a partire da documenti storico-giuridici settecenteschi ed ottocenteschi, poi ancora, Romeo di Maio ne parlò nel suo libro del 1971. Tuttavia recentemente l’attenzione su questa tematica si è concentrata e ravvivata grazie agli studi sulla sacralizzazione del potere, sulla corte e sulla nuova storia diplomatica. Il ruolo dei confessori presso le corti era uno dei più rilevanti poiché non solo essi avevano accesso alla sfera più intima della conoscenza del re e quindi contribuivano al controllo degli equilibri cortigiani, ma erano anche le figure più vicine ai centri del potere e agenti delle decisioni politiche sia per profilo istituzionale, che come direttori di coscienza. Ne emerge in maniera evidente che c’è un intreccio forte tra religione e politica che condizionava profondamente le pratiche della sovranità, e il formidabile ascendente che i confessori reali potevano esercitare sia come guide spirituali che come consiglieri politici. Di molti confessori sono stati ricostruiti i profili che hanno indicato che la maggior parte di essi appartenevano generalmente o all’ordine dei domenicani o a quello dei gesuiti: i primi esercitavano il