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Confronto Schopenhauer/Kierkegaard/Nietzsche, Temi di Filosofia

Un tema in cui sono evidenziate le principali analogie e differenze di pensiero tra Schopenhauer, Kierkegaard e Nietzsche.

Tipologia: Temi

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Scarica Confronto Schopenhauer/Kierkegaard/Nietzsche e più Temi in PDF di Filosofia solo su Docsity! Confronto tra filosofi: Schopenhauer, Kierkegaard e Nietzsche Schopenhauer, Kierkegaard e Nietzsche: tre filosofi che, pur essendo vissuti in diversi contesti storico- culturali e pur avendo seguito nelle loro opere linee di pensiero differenti, hanno inaugurato una nuova era della filosofia, contraddistinta dal venir meno di quelle certezze, punti fermi e, soprattutto, da quella solidità di cui l’ottimistico e ideale sistema hegeliano era stato un esempio eclatante. Trovo infatti possibile instaurare un confronto tra essi; in particolare, è stata provata l’esistenza di un concreto collegamento tra Schopenhauer e Nietzsche, in quanto quest’ultimo è stato profondamente influenzato dalle tesi esposte da Schopenhauer nel suo capolavoro “Il mondo come volontà e rappresentazione”. Nella sua opera il filosofo di Danzica propone la visione di un mondo costituito da un fondamentale dualismo: la realtà apparente e il noumeno, la cosa in sé, al quale è possibile accedere soltanto squarciando il velo di Maya, simbolo dell’illusione e della stessa apparenza. Egli si interroga sulla vera natura del noumeno, giungendo alla conclusione che l’essenza della realtà è il Wille, la Volontà; un impulso eterno e cieco, una Forza irrazionale insita nel mondo e nell’uomo stesso. Tutti gli esseri viventi, in generale, pur con differenti gradi di consapevolezza, vivono e agiscono mossi soltanto dalla Volontà. La nostra realtà, dunque, non si presenta più sottoforma di un sistema ordinato, ma è sostanzialmente caotica, nonostante il tentativo umano di restituirle equilibrio ed armonia. Circa cinquant’anni dopo, nel 1872, la stessa tesi viene ripresa da Nietzsche nell’opera “La nascita della tragedia”; pur trattando della storia dell’omonima forma d’arte drammatica di matrice greca, la trattazione assume contorni filosofici e pone la distinzione tra apollineo (l’equilibrio) e dionisiaco (il caos) alla base dell’interpretazione della realtà stessa. L’ordine nasconde il caos: questo è il punto comune a cui giungono entrambi i filosofi, definibili maestri del sospetto (pur in misura diversa) in quanto mettono definitivamente in crisi – Nietzsche in particolar modo - il tentativo umano di porre dei punti fermi alla propria esistenza, nonché delle certezze a cui aggrapparsi e da cui trarre conforto. Una vera e propria indagine di ogni aspetto della realtà (definita dagli studiosi una critica demistificante) viene infatti portata avanti dal filosofo tedesco a partire da “Umano, troppo umano”; essenzialmente umane e fallaci sono le presunte certezze dell’uomo del suo tempo e i valori generalmente ritenuti assoluti mostrano le loro sostanziali manchevolezze. Il filosofo tedesco elabora una sconvolgente filosofia del mattino, che nella “Gaia scienza” punta il dito contro la metafisica delineando i caratteri dell’ateismo nietzschiano, attraverso un uomo folle che annuncia la morte di Dio; un Dio che era già stato peraltro definito “la nostra più lunga menzogna”, un mero tentativo umano di dare un senso plausibile e un ordine rassicurante al caos che è alla base della vita stessa. L’uomo contemporaneo, a questo punto della trattazione, si trova totalmente in balia dello sgomento e del più profondo senso di smarrimento; davanti a sé “percepisce” soltanto il vuoto e il nulla (da qui il nichilismo). Tuttavia, a questa percezione, Nietzsche oppone il concreto delinearsi di infinite possibilità, un vero e proprio mare, che solo un uomo del tutto nuovo potrà cogliere, affermandosi come l’espressione più alta della volontà di potenza. Quest’uomo, definito Oltre-uomo poiché sorgerà soltanto al tramontare dell’uomo presente, impreparato ad affrontare la morte di Dio e la trasvalutazione dei valori sulla base dei quali ha sempre vissuto, saprà dare da sé un senso alla propria esistenza, agendo solo in quanto spinto dalla propria volontà, libero dai dettami di una morale antivitale come quella cristiana. Infatti, Nietzsche illustra come, a suo parere, tali convenzioni socio-religiose siano un mero frutto del risentimento degli uomini deboli nei confronti degli uomini forti, gli unici in grado di dire entusiasticamente “sì!” alla vita; e così pure dirà l’Oltre-uomo. È proprio a questo punto che si delineano delle forti divergenze di pensiero tra i tre filosofi; anche Soren Kierkegaard, infatti, aveva evidenziato lo stato di angoscia profondamente connaturato alla stessa condizione umana, un senso di vertigine riconducibile a quello che l’uomo nietzschiano prova nel momento in cui gli si delinea dinnanzi il vuoto lasciato dalle sue convinzioni pregresse e, allo stesso tempo, l’infinito delle nuove possibilità che ha acquisito. Kierkegaard definisce la stessa esistenza umana un aut-aut, un continuo scegliere, con tutti i rischi e le incertezze che ogni scelta – e così ogni rinuncia – comporta; un’eventuale negazione della possibilità (assimilabile alla volontà del nulla di cui parla Nietzsche) porterebbe inevitabilmente alla disperazione, malattia mortale dell’uomo. Tuttavia, mentre Nietzsche descrive l’avvento dell’Oltre-uomo come unico, possibile destino dell’umanità (in netta contrapposizione con l’uomo presente, tesi che contrasta con il concetto kierkegaardiano di ripresa), il filosofo danese aveva intravisto nella fede l’unica possibilità di salvezza. L’adesione al cristianesimo, la stessa religione che Nietzsche dichiara originata dal risentimento dell’uomo debole, è per Kierkegaard una decisione potenzialmente salvifica che ogni uomo pondera nella propria interiorità, tuttavia fonte di timore in quanto presuppone di credere ad una dottrina che è al contempo paradosso e scandalo della ragione. Si pensi, a ragion di ciò, all’esempio di Abramo, riportato dal filosofo nell’opera “Timore e tremore”: un uomo di fede che, per comando divino, si dimostra pronto ad uccidere il figlio tanto ardentemente desiderato, Isacco, contravvenendo ad ogni dettame razionale. Allo stesso modo di Kierkegaard, anche Schopenhauer, dall’altro lato, dimostra di essere giunto a delle conclusioni da cui Nietzsche si distaccherà profondamente. Secondo il filosofo, infatti, l’uomo mosso dal Wille è inevitabilmente destinato a soffrire, preda di un desiderio costantemente inappagato o che genera noia e ulteriore dolore se temporaneamente soddisfatto. L’unico modo per sfuggire alla sofferenza è, dunque, la soppressione della volontà di vivere attraverso l’ascesi, in modo tale da giungere alla negazione del mondo stesso: il nirvana. La via della salvezza secondo Schopenhauer, dunque, non è il “dire sì alla vita”, come avrebbe dichiarato successivamente Nietzsche, ma la piena espressione della propria noluntas, ossia la non-Volontà. Alla luce di quanto detto, è possibile comprendere come l’incredibile stravolgimento dei capisaldi della filosofia ad opera del filosofo tedesco, attraverso le parole profetiche di Zarathustra, sia stato anticipato da una prima pessimistica descrizione della natura irrazionale del mondo, ad opera di Schopenhauer, nonché da una prima riflessione di tipo esistenzialista sulla condizione umana e sulle sue problematicità (l’angoscia e la disperazione), per mano di Kierkegaard. Delle correnti di pensiero del tutto nuove, che si pongono in forte contrasto con l’idealismo di Hegel in cui la realtà coincideva con la razionalità, dichiarandone l’imminente declino.
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