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Confronto tra Kierkegaard e Schopenhauer, Appunti di Filosofia

Confronto tra i due filosofi con riferimenti a come potrebbero aiutarti nella vita personale

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 10/03/2022

gaia.capobianco
gaia.capobianco 🇮🇹

4.5

(8)

12 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Confronto tra Kierkegaard e Schopenhauer e più Appunti in PDF di Filosofia solo su Docsity! <<IO E ARTHUR, IO E SØREN>> La vita da sempre ci pone davanti delle scelte, che possono essere semplici nella quotidianità di sempre o anche più importanti, riguardanti il nostro futuro. Una delle scelte in cui mi sono interfacciata di recente è scegliere se vaccinarmi contro il covid oppure no. Non mentirò dicendo che sono sempre stata convinta di volerlo fare, anzi inizialmente quando a dicembre 2020 hanno somministrato le prime dosi ai medici, mi chiedevo come fosse possibile che, in meno di un anno dall’inizio della pandemia, ci fosse già la cura per porre fine alla guerra contro questo virus che ci ha privato della nostra libertà. Mi sembrava assurdo e non mi fidavo perché non credevo fosse scientificamente possibile. Con il passare dei mesi mi sono sempre più convinta di volerlo fare, anche facendo delle ricerche su siti accertati (per evitare di interfacciarmi con delle fake news). Ormai nell’anno dei miei 18 anni, i miei genitori mi avevano lasciato la libera decisione di voler fare o no il vaccino, così a giugno dell’anno scorso ho fatto il vaccino. Per molte persone magari potrà sembrare una scelta banale, ma dal mio punto di vista questo tipo di scelte sono delle piccole conquiste per arrivare alla libertà; sono molto favorevole ai vaccini, anche in quanto sono stata abituata a fare ogni tipo di vaccino, anche quelli non obbligatori, ma dal mio punto di vista gli schieramenti “pro vax” e “no vax” sono assurdi: si sa che il vaccino  è l’unica cura alla maggior parte delle malattie e i dati degli attuali ricoveri per il covid dimostrano come chi è in ospedale è perché non è vaccinato, altra tesi a favore dei vaccini. Dico che li trovo assurdi proprio perché il vaccino è una certezza scientifica e non credere ai vaccini sarebbe come non credere al progresso scientifico. Nonostante ciò, trovo giusto la possibilità di scegliere se somministrarsi il vaccino o no.  Il filosofo tedesco Kierkegaard si esprime a riguardo della possibilità di scelta, infatti secondo egli l’esistenza significa scelta, in quanto costituisce e forma la personalità stessa che sceglie vivendo o vive scegliendo; noi siamo quello che scegliamo di essere, ma anche rinunciare alla scelta è una scelta. Scegliere è legato al singolo umano e al suo agire, infatti Kierkegaard critica Hegel per aver eliminato nella sua filosofia il soggetto concreto e il suo pensiero. Inoltre, questa dialettica è qualitativa, si sviluppa sulla concretezza della vita. Nella vita, la scelta può essere collegata anche a delle emozioni forti, quali l’angoscia e la disperazione, che ci portano a situazioni di incertezza, instabilità e dubbio. Il filosofo ne parla e analizza questi aspetti. Secondo Kierkegaard l’angoscia è la condizione generata nell’ uomo dal possibile che lo costituisce; essa è strettamente legata con il peccato, anzi è colei che sta proprio alla base del peccato originale. Adamo è innocente perché non conosce le sue possibilità, ma l’ignoranza contiene il motivo della caduta, ovvero il niente, perché è proprio quest’ultimo a generare l’angoscia in quanto non si riferisce a nulla di preciso. L’angoscia è una libertà finita,  limitata e che si identifica con il sentimento della possibilità. È legata al possibile come quest’ultimo è legato all’avvenire perché il possibile corrisponde all’avvenire. Il passato genera angoscia come possibilità di ripetizione nel futuro. L’angoscia è inoltre legata alla condizione umana, infatti se l’uomo fosse una bestia non conoscerebbe questo stato d’animo perché manca. Ma l’uomo sottratto dall’angoscia è schiavo delle circostanze che lo spingono in situazioni senza meta. L’angoscia è sia gravosa che necessaria allo stesso tempo: le parole di Cristo “ciò che tu fai, affrettalo” rappresentano l’autentica angoscia perché esprimono ciò che può accadere e rivela l’umanità del figlio di Dio perché umanità significa angoscia. Kierkegaard collega all’angoscia il principio dell’infinità e dell’onnipotenza del possibile, che si esprime spesso così “nel possibile , tutto è possibile”: è quindi l’infinità delle possibilità a rendere l’angoscia insuperabile. Per quanto riguarda la disperazione, invece, è il sentimento riguardante la possibilità che l’uomo percepisce in rapporto alla sua stessa esistenza e interiorità. Kierkegaard la trova diversa dall’angoscia, in quanto si riferisce al rapporto dell’uomo con sé stesso, alla sua interiorità, infatti è inerente alla personalità della stessa dell’uomo. La disperazione come l’angoscia è fondata sulla struttura problematica dell’esistenza umana, ma la differenza tra le due è verso cosa è indirizzata. È strettamente legata alla natura dell’io: l’io può anche non volere di essere sé stesso, ma ciò urta contro un’impossibilità di fondo, infatti elude un aspetto che gli è costruttivo. Mentre se vuole essere sé stesso non raggiungerà lo stesso un equilibrio in quanto non è autosufficiente. Perciò in entrambi i casi ci riscontriamo con la disperazione, che viene classificata come una “malattia mortale” perché onore nel vivere la morte dell’io: è un tentativo di negare la possibilità dell’io. Se la disperazione nasce da una mancanza di necessità, l’io fugge verso delle possibilità che si moltiplicano indefinitamente e l’individuo diventa un miraggio; la disperazione diventa “evasione”, un rifugio in possibilità illimitate che però non si concretizzano mai. Se invece la disperazione nasce da una mancanza di libertà, la possibilità è l’unica cosa che salva, perciò per il filosofo solo chi è credente possiede l’antidoto per la disperazione. Le tesi di Kierkegaard sono una prova di come la filosofia possa aiutarci nella vita quotidiana. Nella mia situazione queste argomentazioni possono aiutare a farci capire che cos’è effettivamente la scelta e a che cosa può comportare. Alla diagnosi presentata esiste anche una cura, che è diversa secondo vari filosofi in quanto si basa anche ai loro ideali. Una cura è stata offerta anche dal filosofo Schopenhauer. Secondo quest’ultimo, la vita è un pendolo che oscilla tra noia e dolore e la volontà è il desiderio, il quale se è il più profondo è irrealizzabile, ma la sua mancanza causa dolore; però, il piacere del compimento del desiderio spesso svanisce e questo causa noia. A questa condizione il filosofo propone una via per salvarci, ovvero la salvezza si può ottenere grazie all’arte, alla compassione, ovvero soffrire insieme, e agli ascesi, che puniscono il nostro corpo per purificare l’anima. Kierkegaard propone un’altra soluzione, ovvero secondo lui solamente il fedele possiede l’antidoto sicuro: la fede, la quale è l’unica via per eliminare, in questo caso, la disperazione. È la condizione in cui l’uomo riconosce la propria dipendenza da Dio. Il rapporto contraddittorio del singolo con l’assoluto è definito dal filosofo come lo scandalo del cristianesimo, che nessuna speculazione può eliminare o diminuire. La speranza e la fiducia data dalla fede è un aiuto che però non aiuta concretamente perché non si sostituisce a lui nel momento della decisione; perciò la fede è un paradosso che porta l’uomo oltre la ragione. Ma allo stesso tempo è il capovolgimento paradossale dell’esistenza. Entrambe le tesi dei filosofi sono valide, ma per l’esperienza che ho vissuto e che altre persone si sono trovate a vivere, la cura più effettiva può essere quella presentata da Kierkegaard. Quando si parla di novità scientifiche che nessuno prima d’ora ha sperimentato bisogna avere fede e molta fiducia in ciò che sappiamo non potrà distruggerci. In questi casi l’angoscia o addirittura la
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