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Continuazione sbobine geografia umana, Dispense di Geografia

Continuazione del file precedente, vale la stessa descrizione.

Tipologia: Dispense

2021/2022

Caricato il 13/12/2023

mariateresa-musone-1
mariateresa-musone-1 🇮🇹

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Scarica Continuazione sbobine geografia umana e più Dispense in PDF di Geografia solo su Docsity! GEOGRAFIA DELL’AGRICOLTURA L’Italia fino al 1918-1920 era un’area con un elevato numero di persone che lavoravano nell’agricoltura. Quante persone, in Italia, occupano percentualmente il settore primario? Circa il 3-4%, questo significa che la restante percentuale è occupata da persone che fanno altro. Questo numero sta ulteriormente calando e non sta aumentando; l’agricoltura che facciamo noi, è l’AGRICOLTURA DI MERCATO. Una superficie media di un’azienda in Italia sono 8 ettari (1 ettaro=10mila metri quadrati<1kmq), sono molto pochi, è una superficie piccolo e questo comporta l’ereditarietà del nostro sistema e della parcellizzazione agricola (che è un problema da un punto di vista del mercato ma da un punto di vista europeo questo non è un grossissimo problema), le persone che si occupano dell’agro-alimentare sono circa un milione. SETTORI DI ATTIVITÀ ECONOMICI Settore primario • È generalmente inteso come agricoltura ma è un settore più ampio che riguarda la pesca, la caccia, le attività forestali, le estrazioni dei minerali, sono tutte quelle attività da cui riusciamo avere risorse direttamente dalla terra. i paesaggi rurali, da non confondere con la ruralità (che è la cultura che sta dietro i paesaggi rurali), sono la matrice territoriale occupata più rilevante per estensione (in Italia abbiamo 120mila kmq di superficie agricola su 300mila kmq di superficie nazionale), anche se non sempre è così. Settore secondario • Oggi si intende l’industria (che sono nate dopo la rivoluzione industriale, a partire dall’700-800), sono tutte quelle attività di trasformazione delle materie prime ricavate dalle attività primarie: anche l’artigianato è una forma proto-industriale delle materie prime, fare il pane è legato ad ambiente secondario (frumento->farina- >pane). Si parla di industria BASE, come la siderurgia, o abbiamo anche industria robotica. I siti industriali hanno una copertura territoriale piuttosto ridotta, rispetto ai paesaggi rurali. Settore terziario • Si intendono i servizi alle persone, come il commercio, il centro commerciale, servizi al consumo, alla popolazione o anche servizi alle imprese cioè rivolto alla produzione. I servizi possono essere di tipo commerciali o specializzati per qualcosa, quindi rispondono ad una domanda. La loro occupazione è relativa alle città, perché è qui che nascono i servizi, quindi occupano un piccolissimo spazio. Settore quaternario • È relativo alle attività di gestione e di controllo che non rispondono ad una domanda, sono molto importanti, e sono i grandi uffici finanziari di grandi società industriali, le multinazionali, i grandi istituti finanziari, attività governative. Al quaternario fa riferimento il CNR (centro nazionale della ricerca), l’ONU (organizzazione delle nazioni unite) orienta le politiche, la BORSA orienta i prezzi, le AGEZIE DI FINANZIARIE orientano le politiche che il governo deve fare per evitare di essere declassato. Essere una località in cui ci sono presenti i grandi operatori del mercato, questi ultimi rendono la stessa molto importante è meta ambita. Un grande protagonista di questo settore è Amazon, anche se risponde più al settore terziario perché risponde ad una domanda ma è anche azioni in borsa, Twitter anche è relativo alle azioni in borsa, Facebook, i social media ci classificano. La geografia economica cerca dei modelli interpretativi (cercano di modellizzare come si distribuiscono le cose) su come si organizza lo spazio rurale (cioè agricolo), industrie e città, è la geografia nomotetica alla ricerca di regole a cui fa riferimento la scuola funzionalista. ancora oggi della tradizione culinaria di quei popoli. In America abbiamo POMODORI, COTONE, AVOCADO, FAGIOLI. Quindi questa è una prima forma di agricoltura che ha delle conseguenze culturali importantissime. Forse la rivoluzione agricola è stata più determinante della rivoluzione industriale anche se siamo abituati a pensare che tutto ciò che è rurale fa parte di un mondo vecchio, ma chi si occupa di agricoltura oggi sa che così non è, e quindi questo ci fa capire che non si tratta di un settore vecchio ed arretrato, l’agricoltura prende piede da quei paesi quella Mezzaluna fertile. Oggi si parla di TRE FORME PRINCIPALI DI AGRICOLTURA: AGRICOLTURA DI SUSSISTENZA è un’agricoltura destinata alla sopravvivenza quindi è povera, essa • permette di produrre beni e servizi che servono alla propria famiglia e alla comunità. Le risorse ambientali non circolano a livello globale ma a livello locale, i prodotti agricoli circolano dunque a livello locale cioè circolano nei mercati della zona; le terre spesso sono in COMUNE e non vi sono accumuli di ricchezze, le civiltà in cui si usa questo tipo di agricoltura non sono ricche e sono poco sviluppate a livello tecnologico e culturale. Questo tipo di agricoltura è molto distante dal nostro modo di vivere. Viene praticata in India, Africa sub-sahariana, la parte interna della Cina. È un’agricoltura poco meccanizzata e le dimensioni delle aziende sono molto piccole. AGRICOLTURA DI MERCATO, è quella che domina a livello globale ed è quella in cui i beni e i servizi • non servono solo al mercato locale ma prevalentemente al mercato globale, le aziende agricole sono molto grandi per sostenere i guadagni, c’è oltretutto una forte maccanizzazione delle colture. In Italia chi coltiva superfici di mediamente di 300 ettari, perché siccome non si può vivere di agricoltura e i figli di agricoltori difficilmente intraprenderanno la strada dei genitori, i terreni vengono dati in affitto ai terzisti cioè coloro che lavorano per conto terzo. È il mercato che decide, il consumatore si limita a consumare quello che c’è ma determina anche quello che c’è. Le multinazionali del settore agroalimentare pianificano l’agricoltura perché sono loro a decidere i prezzi, c’è un dibattito aperto su questa questione. AGRICOLTURA PIANIFICATA sono cooperative che mettono insieme più contadini così da finalizzare • come obiettivo la coltura di un unico prodotto, lo Stato decideva di definire delle regole, i territori venivano dati ai contadini che poi formano cooperative, questo accade nella Germania dell’Est, in Russia, in Polonia, dove lo Stato impone le proprie regole cioè impone cosa produrre, cosa va nel mercato globale e cosa va nel mercato locale, la distribuzione tra le persone per garantire cibo a tutti. Questo tipo di agricoltura viene associato a regimi comunisti come l’ex Unione sovietica, la Nord Corea, Cuba dove però lo stipendio non è molto elevato, la meccanizzazione non è così vinta ma comunque è presente perché è lo Stato a decidere quali macchinari comprare. Era tipica dei paesi socialisti. Qual è l’agricoltura prevalente a livello globale? Sono due, quella di mercato, se parliamo soprattutto di produzione, e quella di sussistenza, sono due modi di pensare completamente opposti, se penso al fatto che circa il 53% delle persone vive in aree urbanizzate per cui il 47% vive in aree rurali in cui si praticherà agricoltura di sussistenza (la stessa che si pratica in Bangladesh, in India, Africa subshariana, sono aree abitate da molte persone) questo ci fa capire che l’agricoltura di sussistenza non è affatto secondaria, ma anzi forse in aree come le regioni africane, le regioni indiane e del Sud America questo tipo di agricoltura occupa un territorio immenso forse ancor più superiore di quello dell’agricoltura di mercato. Questa agricoltura di sussistenza è stato importato in questi territori grazie alla colonizzazione porta un nuovo modello culturale e anche colturale. L’agricoltura di sussistenza può essere intensiva o estensiva. AGRICOLTURA INTENSIVA E ESTENSIVA Intensiva, dove si ha una piccola superficie da sfruttare al massimo, è fortemente impattante • sull’ecosistema, (la nostra agricoltura di mercato è intensiva, negli Stati Uniti invece si parla di agricoltura estensiva), in più ha una struttura agraria fortemente parcellizzata. Estensiva, si sfruttano grandi superfici, è più sostenibile ed è meno impattante sull’ambiente, ci sono poche • persone che lavorano su aree piuttosto estese. Tra le varie forme di agricoltura estensiva di sussistenza, cioè un’agricoltura che viene fatta su grandi superfici però è di sussistenza, ne esistono due tipi (sono in forte declino ma ancora presenti al mondo): NOMADISMO PASTORALE, è un movimento di trasporto di bestiame che si alimenta per vegetazione • spontanea (trasumanza), cioè i nomadi che controllano il loro bestiame; AGRICOLTURA ITINERANTE, gli agricoltori sfruttano sommariamente un suolo e poi si spostano per • coltivare un altro perché non conoscono il metodo per rinnovare la fertilità di quel suolo. È una forma di sfruttamento del territorio a latitudini medio-basse, agricoltura itinerante vuol dire tagliare (foreste ad esempio) e bruciare quello che c’è, per poi coltivare, è stata fatta anche in Italia (fertilizzanti prima della rivoluzione industriale era bruciare boschi e foreste per avere fertilizzante naturale, oltre al letame, e poi il territorio veniva abbandonato per un lungo periodo), questo mette a rischio queste zone, in caso dell’Indonesia significa bruciare le colture di questi territori come la PALMA DA OLIO, è una monocoltura (cioè la coltivazione di un solo tipo di pianta) e questo ha un fortissimo impatto sull’ambiente, perchè questa zona è caratterizzata dà molta biodiversità. Questi due tipi di agricoltura occupano spazi molto grandi, le agricolture di sussistenza in particolare quelle del nomadismo pastorale venivano praticate in aree anecumenali (come in Siberia), e queste vengono messe a grosso rischio dai cambiamenti climatici: come si traduce il riscaldamento globale in a bassa latitudine come le aree subshariane? Aumento della desertificazione che rende molto difficile la sopravvivenza (viene messa a dura prova anche da guerre) anche del bestiame. Una forma di nomadismo pastorale c’è anche in Italia, come i tratturi, molto evidenti al sud. Ad oggi i tempi si sono accorciati è la fertilità del suolo crolla, e quest’ultima si riesce a mantenere se si riesce nello stesso tempo a portare avanti un ciclo ventennale o decennale. Si aggiunge a questo elenco anche un’agricoltura di sussistenza intensiva, cioè fatta su piccole superfici, come nel caso dell’India e della Cina, nella valle del Gange, in Vietnam, aree ricchissime di acqua sono zone in cui si coltiva il RISO (sfama circa 3 miliardi di persone) quindi viene coltivato da un numero di persone molto una parte era coltivabile e nell’altra c’era il prato, questo cambio di rotazione, da biennale a triennale, comporta la coltivazione in territori in cui non è possibile coltivare, si assiste ai disboscamenti (soprattutto in Francia e Germania centrale) per avere più terre, più campi. La seconda rivoluzione agricola tradizionalmente è quella che porta la rotazione da biennale a triennale, con l’introduzione di nuove tecniche, ma che porta anche a disboscamenti di aree nel centro Europa. Ogni rivoluzione ha un forte impatto, ma è l’agricoltura stessa ad avere queste conseguenze. TERZA RIVOLUZIONE AGRICOLA La terza rivoluzione agricola è la cosiddetta RIVOLUZIONE VERDE, che verde non è, ma l’aggettivo serve per indicare che c’è un nuovo approccio rispetto al passato, generalmente viene datata negli anni 60’-70’, alcuni dicono anche negli anni 50’ dello scorso secolo (altri parlano di questa rivoluzione in contemporanea alla rivoluzione industriale quindi all’inizio dell’800’, dove però si assistito ad un progressivo decadimento dell’agricoltura perché ne inizia la meccanizzazione), dove abbiamo un forte aumento demografico e quindi cresce anche la domanda del fabbisogno alimentare e quindi o si aumenta la superficie coltivabile, disboscando, o si aumenta la produttività, cioè la quantità di prodotto che si ottiene per unità di superficie, e questo accade grazie all’introduzione dei fertilizzanti o dei concimi (servono per dare nutrienti al terreno) prodotti dall’industria, grazie ai pesticidi (per eliminare insetti che possono portare malattie) e ai diserbanti (servono ad eliminare ‘i concorrenti’, cioè a non consentire alle colture di mischiarsi), l’industria chimica entra in maniera importante nell’agricoltura e determina un aumento della produzione agricola di quasi del 50% in soli 30 anni, l’incremento demografico ha determinato questo successo. La rivoluzione verde garantisce l’aumento della produttività dei suoli agricoli (Alla fine degli anni 60’ fu scritto un libro che denunciava l’agricoltura che veniva fatta negli Stati Uniti). RISCONTRI POSITIVI Domesticazione, si selezionano le piante per produrre cereali, questo si è fatto da sempre. • OGM, organismi geneticamente modificati, non si fa più solo selezione naturale ma è possibile introdurre • segmenti di DNA nelle piante per migliorare il loro patrimonio fenotipico, questo diminuisce l’utilizzo di pesticidi. Si incrociano geni, e questo determina anche dei rischi in termine di genetica. Aumento dei fattori produttivi, c’è più cibo. • Negli anni 70’ sono state salvate molte persone dalla fame • Tutto questo non è avvenuto in modo omogeneo in tutto in mondo (in Africa tutto questo non arriva) RISCONTRI NEGATIVI C’è la perdita della ruralità, cioè la perdita del nostro patrimonio di conoscenze delle nostre tradizioni • agricole e questo si ricollega benissimo alle migrazioni interne avvenute in Italia perchè le persone dalle aree rurali non essendoci più lavoro nell’agricoltura che si è fortemente meccanizzata si spostano nelle città. L’impatto dell’agricoltura sull’ambiente, perdita della biodiversità, c’è un grande impoverimento delle falde • acquifere (perché quello che noi iniettiamo alle piante, al suolo non viene assorbito completamente dagli stessi e quindi va a finire nelle falde acquifere più superficiali e dunque queste sostanze chimiche finiscono in mare). Si perde la parte più superficiale del suolo, si verifica l’impoverimento dei suoli • Abbandono della pratica tradizionale del ‘terreno a riposo’ (l’Unione europea ha deciso infatti di finanziare • questo problema, e quindi ‘obbliga’ a tenere a riposo per un anno il terreno) Abbiamo tutta una serie di impatti negativi, ma l’impatto positivo è che abbiamo avuto una produzione elevata che però non ha colpito tutto il mondo in modo egualitario. OGM Sono gli organismi geneticamente modificati, sono visti come minaccia per le piante tradizionali. Gli Stati Uniti fanno agricoltura geneticamente modificata, sono piante che resistono agli insetti, ai pesticidi e ai diserbanti, come il mais, cotone e soia, gli Stati Uniti non sono un paese secondario nella produzione agroalimentare. L’Europa invece non è unita su questo argomento, alcuni paesi dell’est Europa (Bulgaria, Repubblica Ceca, Romania) fanno uso di OGM, l’Italia li ha fortemente limitati, altri paesi li hanno del tutto eliminati. Oggi si parla di globalizzazione, si assiste all’agricoltura di sussistenza perlopiù intensiva (riso in India, Bangladesh e in Cina), però la tendenza è quella verso una standardizzazione del settore primario per cui si va verso una globalizzazione dell’agricoltura. L’agricoltura di mercato è molto impattante, ma ne abbiamo bisogno, questo comporta la coltivazione in territori estesi non piccoli e quindi ad esempio negli Stati Uniti si utilizzano le seminatrici, si coltiva con l’areo, c’è l’introduzione di sistemi di irrigazione estensiva per gestire meglio l’acqua su questi territori, ma questo comporta anche l’utilizzo di elementi chimici; ci si aspetta aumento dei costi perché l’agricoltura non è più sola ma si è fusa con l’industria, vediamo che l’andamento della produzione è molto altalenante perché si produce per il mercato globale e non locale, entrano in gioco i grossisti, esportazioni e importazione dei prodotti. È la domanda che fa l’offerta. L’industria detiene il potere dell’agricoltura. A seguito di tutto ciò, ci sono molte proteste, a febbraio del 2019 agricoltori sardi buttano il latte prodotto, l’Europa da’ moltissimi fondi all’agricoltura eppure porta avanti politiche altalenanti che creano confusione, sono politiche un po’ contraddittorie, come la politica del terreno a riposo, sono politiche commerciali che vengono fatte a scala continentale alterano il mercato stesso. A questo esistono delle risposte che il mercato agricolo fornisce, sono però anch’esse risposte impattanti sul territorio: Quali sono gli effetti dell’agricoltura sul territorio? Il territorio rurale è spesso la matrice territoriale più importante: il territorio coltivato dell’Europa è caratterizzato da forte frammentazione rurale perché siamo abituati al fatto che le terre, per questioni di ereditarietà, vengono suddivise per i vari figli, quindi ci ritroviamo con superfici agricole molto ridotte e l’agricoltura di mercato su superfici piccole non funziona. La suddivisione delle superfici agricole sono legate al sistema catastale. CATASTO: un enti dello Stato che si occupa di cartografia, è un ente che si occupa di proprietà, per cui una superficie appartiene ad una persona o ad un’altra, le superfici vengono cartografate, per cui le tasse vengono pagate in base ai territori che si possiedono. Il territorio americano è caratterizzata dal TOWNSHIP che è un ereditarietà, che risale al 1785, dove le aree sono divise in piccole quadrati di circa 250 ettari, che sono tanti (adatti per l’agricoltura di mercato), questo tipo di sistema di ereditarietà si sviluppa nella parte sud degli Stati Uniti fino al Canada, che ricorda molto la matrice centuriale romana (700x700 metri sono circa 50 ettari) che caratterizza il nostro territorio ancora oggi. Un altro tipo di suddivisione sono i LONG LOTS o RANG dove i francesi vanno a colonizzare il Canada (QUEBEC) lungo il fiume di San Lorenzo dove dispongono tutti questi lotti in maniera ortogonale rispetto al fiume, che costituiva anche il mezzo con cui venivano trasportate le merci prodotte. Tutto questo ha un riflesso anche nei centri urbani, spesso nell’Europa del Nord, dove si trovano villaggi piccoli e raggruppati circondati da terra, erano chiusi per motivi difensivi dove al centro c’era il mercato, esistono villaggi lineari che si sviluppano lungo una strada, la suddivisione modifica la distribuzione del villaggio (Marcianise e Capodrise erano piccoli villaggi agricoli con un sistema a GRIGLIA e questo ha condizionato la suddivisione delle strade oggi). RUNDORF tipoilogia di villaggio, riferito alla Germania meridionale, Baviera, con il mercato al centro. TEORIA DELL’USO DELLO SPAZIO RURALE o MODELLO DI VONT THUNEN A cavallo fra il XVIII-XIX secolo vive un geografo economico tedesco che si chiama VONT THUNEN che propone il primo modello spaziale per cercare di analizzare la distribuzione territoriale/spaziale di un’attività economica, è un modello semplice che risponde alla domanda ‘i suoli avendo una loro fertilità possono essere impiegati in modo diverso, esiste così una regola (geografia nomotetica)?’ Siamo all’alba della rivoluzione industriale, ci parla di STATO ISOLATO. Ci troviamo nella regione nord orientale della Germania, che funge da esempio per il geografo, ci sono delle condizioni forzate dove la pianura era l’unica area dove venivano prodotte le merci di mercato, le decisioni vengono fatte in funzione dei fattori economici, è uno SPAZIO ISOTROPICO cioè è tutto pianura non ci sono montagne, alture, quindi lo spazio è uguale, per cui non può essere applicato al caso italiano che invece non è uno spazio solo pianeggiante, infatti si parla di SPAZIO ANISOTROPO, cioè c’è un elemento che deforma lo spazio isotropo, come un fiume che diventa un elemento lungo cui si possono muovere le merci, è un elemento che deforma la struttura isotropa ma comunque mantiene la struttura del territorio. Si osserva che allontanandosi dal centro del villaggio rurale, gli spazi si dispongono ad anelli e ognuno di essi è caratterizzato da un tipo di coltivazione, appena si esce fuori dal villaggio c’è la foresta, perchè fa riferimento a Meclemburgo, in Germania del Nord, questo rende difficile l’agricoltura per cui veniva fatta nei pressi del villaggio e la maggiore produzione era quella di orticole, ancora c’è il sistema di rotazione triennale e biennale, fino ad arrivare all’allevamento estensivo di carne che si trova molto lontani dal centro del villaggio. Zone dalla più centrale alla più lontana: 1. colture di pregio e deperibili: frutta e verdura fresca, latte, bovini al pascolo. Assenza di maggese e rotazione fissa; concime dalla città 2.attività forestale: legna da ardere e da costruzione 3. seminativi a coltura intensiva: patate, segale, avena, grano 4. arativo a rotazione triennale: segale, orzo, avena, pascolo su maggese di bovini e ovini 5. arativo a rotazione biennale: segale, orzo, maggese, bovini e ovini 6. allevamento estensivo da carne: burro, pecore da lana, lino Si può passare dal modello a cerchi, se parliamo di uno spazio isotropico, a modelli deformati se parliamo di spazio anisotropo. Se produciamo orzo abbiamo costi fissi per produrre quella coltura e abbiamo costi variabili, più siamo distanti più bisogna trasportare merce e quindi si ha un guadagno minore. Più ci si allontana dal mercato e minore sarà il profitto netto, che crolla nel momento in cui si è distanti, per cui non conviene fare agricoltura così lontano ma conviene fare un tipo di agricoltura che garantisca un grande reddito; questo modello dunque si lega alla distribuzione spaziale per cui questo fa sì che lo spazio isotropico possa essere semplificato in cerchi. Questo è un modello sicuramente superato, però oggi l’agricoltura va a confrontarsi con l’edilizia, più si va verso il centro più c’è competizione per il suolo perché costa di più (il costo varia in funzione della distanza). Questo modello è stato importato negli Stati Uniti, per vedere se potesse funzionare, e si è visto come prima e dopo 1920 le cose sono cambiate: sulla costa est degli Stati Uniti abbiamo grandi città, quindi c’è mercato ovvero il punto in cui si vede la produzione, in funzione della distanza rispetto al mercato vediamo che con la crescita urbana le superfici agricole di mais e grano aumentano, le varie produzioni agricole sono in funzione di uno specifico mercato in cui troviamo mais, frumento, cotone e la loro distribuzione vagamente ricorda quella di Von Thunen. oggi (i vestiti vengono prodotti nel sud-est asiatico). Liverpool e Manchester crescono così tanto e si parla di CONURBAZIONE cioè crescono insieme (parliamo anche di conurbazione di Caserta). Giocano un ruolo fondamentale anche lo sviluppo della rete ferroviaria che diventa essenziale per trasportare i prodotti, soprattutto il carbone, di cui è ricca Manchester, e quindi si inizia a garantire lo sviluppo industriale in tutta la regione dell’Inghilterra, nascono le prime stazioni. La prima rivoluzione industriale dunque nasce a Manchester dove le prime industrie sono LEGGERE cioè di tipo tessile. Se la Gran Bretagna è il paese in cui nasce l’industria, ci sono poi le aree TRAINANTI e le aree TRAINATE, come un’onda l’industrializzazione si diffonde in modo globale, l’industria diventa un fenomeno globale, poi si diffonde anche in Europa dopo circa 50 anni, prima nei Paesi Bassi, Germania, Francia che sono paesi trainanti di tutto il sistema industrial , mentre l’Italia è la Spagna sono paesi trainati, l’industria arriva fino a DONBAS che è una regione molto ricca in termini di carbone (come la parte sud della Polonia, la Sassonia), poi c’è l’Africa che è un area neutra ma che negli ultimi tempi è un’area trainata dalla Cina. La prima rivoluzione industriale si è basata sul carbone per cui l’industria si localizza in zone dove ci sono risorse carbonifere. Altro paese trainante sono gli Stati Uniti e poi arriva anche in Estremo Oriente. Le fasi della rivoluzione industriale sono diverse: la macchina a vapore = energia meccanica, energia che noi produciamo con il carbone; l’artigianato del tessile diventa industria tessile così come la lavorazione del ferro diventa industria siderurgica. Nella seconda rivoluzione industriale siamo alla fine dell’800’, caratterizzata dalla produzione di massa e di catena di montaggio di Henry Ford cioè si parla di massima standarizzazione, anche l’uomo diviene prodotto è un ingranaggio del sistema industriale, questo significa aumento della produttività grazie alla catena di montaggio, l’industria non è più vincolata ma comincia ad essere svincolata dalle fonti di energia perché alla fine dell’800’, inizio 900’, entra in gioco il PETROLIO che è il combustile fossile per eccellenza con il migliore potere calorifero, quindi con poco petrolio si ottiene molta energia, è un prodotto che si può trasportare quindi non serve che l’industria nasca dove c’è il petrolio ma può nascere anche da altre parti, perché il petrolio non è altamente infiammabile e si può facilmente trasportare. L’energia si può distribuire attraverso l’edificazione del territorio cioè attraverso la rete elettrica che distribuisce l’elettricità su tutto il territorio, non esiste più il vincolo della risorsa energetica. Nella seconda rivoluzione industriale l’elettricità non è più solo meccanica come nella prima ma è energia vera e propria come la conosciamo oggi. L’Europa è uno dei continenti con molti bacini carboniferi, in Italia abbiamo in Sardegna la città di Carbonia, anche in Friuli ci sono anche miniere di carbone, sicuramente non possiamo competere con paesi come Cina, Stati Uniti e Russia che sono i maggiori possidenti di carbone. Si individuano 4 fasi industriali: Tra la fine del 700’ e la fine dell’800’, in Italia l’industrializzazione comincia alla fine dell’800’, l’arco di 1. tempo è molto ampio perché varia a seconda delle zone che prendiamo in considerazione. Nella seconda fase la cambia il modello produttivo, c’è l’introduzione della catena di montaggio e alla fine 2. del XIX secolo scopriamo il PETROLIO, quindi c’è lo svincolo dall’energia. La terza fase industriale si può datare nella fine degli anni 80’ con l’introduzione dei COMPUTER che 3. diventano strumento di massa alla fine di questi anni ed entrano nell’industria, è l’inizio della RIVOLUZIONE INFORMATICA, dove l’uomo da ingranaggio dell’industria viene completamente escluso perché ora esiste il computer. La quarta rivoluzione industriale nasce in Germania, dove si inizia a parlare di INDUSTRIA 4.0, cioè 4. l’informatica ha trasformato completamente l’industria, si comincia a porre attenzione alle fonti energetiche che si utilizzano, si parla di SMART ENERGY, di SMART SERVICE cioè l’importanza che hanno i centri di ricerca nelle industrie così da migliorare la tecnologia industriale, e si parla infine di SMART PRODUCTION; chiaramente questo riguarda UNA parte di mondo, è un’industria che pone l’attenzione alla sostenibilità, se pensiamo all’India e alla Cina questa attenzione riguarda solo parte del settore industriale (anche l’Italia). Oggi ci troviamo proprio nella 4 fase. L’industria diventa matura attraverso un percorso, un geografo italiano parla di fase PRE industriale, NEO industriale e POST industriale. Uno dei fattori importanti per gli Stati Uniti sono la Connessione con i coloni inglesi (i padri della rivoluzione industriale), migrazione significa portarsi dietro la propria cultura quindi questo ha accentuato lo sviluppo dell’industria. Durante queste fasi si nota che il settore dell’agricoltura è quello in cui la maggior parte delle persone lavorano in una fase preindustriale ma poi questo numero scende perché inizia ad essere importante anche il settore terziario (commercio) nella fase dell’industrializzazione matura ed infine nella fase post-industriale prende piede anche il settore quaternario. In Italia vediamo come all’inizio del 1900 eravamo un paese rurale poi con il sopraggiungere dell’industria le cose sono cambiate, infatti, ad oggi la percentuale di persone più elevata lavora nel settore terziario (le persone impiegate nei SERVIZI come ospedali, scuole…), mentre la percentuale delle persone nel settore agricolo subisce un fortissimo crollo. Se parliamo di connessioni e vincoli, i combustibili hanno a che fare con l’industria. Distinguiamo: La fase pre industriale è la fase in cui non c’è l’industria, si parla di • manifattura, le fonti di energia sono la legna (il consumo della legna in Italia è crollato) o l’acqua o il vento con i mulini. ovvero la differenza d”altezza tra il bacino che viene creato e l’industria che sta a valle), Venezia e Milano sono state le prime città illuminate, questo tipo di industria è molto usata lungo l’Appennino e sulle Alpi soprattutto, anche a Caserta c’è ancora un impianto idroelettrico molto importante a Piedimonte Matese. All’inizio del 900’ esistevano degli ingegneri che venivano denominati i ‘cacciatori di Valli’ che girovagavano per capire dove posizionare le dighe e sfruttare l’energia idroelettrica. La diga più grande in Italia è una turbina idroelettrica sotterranea in provincia di Belluno che convoglia tutte le acque del Piave in un sistema costruito tutto sotto terra, la cui costruzione è iniziata ai tempi del fascismo è completata negli anni 50’-60’, si tratta della centrale di Soverzene. Purtroppo anche l’energia idroelettrica, pur essendo una fonte rinnovabile, ha i suoi effetti negativi, ha comportato anche molti morti, come la diga del Gleno, a nord di Bergamo, perché la struttura costruita non ha retto l’impatto dell’acqua, si rompe e determina la morte di 250 persone. La prima fonte di energia idroelettrica è il PROGETTO VAJONT (1958-1963) che ancora oggi esiste, vicino Belluno, un progetto molto importante per l’Enel che però negli anni 60’ (9 ottobre 1963) a causa di una frana dal Monte Toc provo la morte di circa 2000 persone. Nella fase neo industriale o post industriale, l’energia elettrica arriva non solo da industrie idroelettriche ma anche dai carbon fossili, non esistono più vincoli localizzativi perché si può trasportare l’energia a varie distanze. L’Italia fino agli anni 60’ sfrutta energia idroelettrica poi diviene un paese che sfrutta energia termoelettrica che viene prodotta dal carbone, petrolio e gas, tutti materiali importati, negli ultimi anni c’è stat l’introduzione dell’energia eolica e dei pannelli fotovoltaici. Le grandi centrali nucleari si trovano in Francia, Germania che sono territori sismici, l’Italia ancora non sfrutta questo tipo di energia. Le centrali termoelettriche sono spesso localizzate in aree portuali perché il carbone viene importato, siamo un paese che dipende dal petrolio infatti sono stati costruiti oleodotti (nei pressi di Venezia ci sono centrali che sfruttano il petrolio), anche il gas viene importato dalla Russia e dai paesi arabi, il gas può essere portato allo stato liquido con le navi e quindi si parla di rigassificatori (noti quelli di Livorno) che riportano il materiale allo stato gassoso. Siamo un paese oggi come oggi legato ai combustibili fossili e queste centrali spesso vengono realizzate in corrispondenza di aree costiere perchè queste fonti vengono importate da altri Paesi. L’energia è la protagonista del nostro mondo. Per l’industria le materie prime sono un elemento importantissimo, la manodopera, i trasporti non a caso le industrie si localizzano in aree costiere, entra in gioco la disponibilità di capitale (c’è lo insegna la Gran Bretagna all’alba della prima rivoluzione industriale o la Cina che investe nei territori africani) e le politiche governative (ad esempio l’Europa ha sempre dato importanza più al settore primario, al territorio). Nel processo produttivo sono importanti i materiali che possono essere UBIQUITARI, si trovano dappertutto (grano, ferro), o UBICATI, cioè non presenti su tutti i territori e sono più costosi, si parla infatti di TERRE RARE cioè da cui hanno origine minerali estremamente rari al mondo, la cui importanza è centrale perchè l’industria è flessibile nel tempo, queste terre si trovano in Africa, territorio verso cui la Cina sta investendo. Si parla proprio per questo motivo di industria orientata alle materie prime e industria orientata al mercato, entrambe legate al concetto di localizzazione: Industria orientata alle materie prime è localizzata nei pressi di • quest’ultima, per diminuire anche i costi di trasporto; esempi possono essere industrie di prodotti che perdono il loro PESO come riso, rame, canna da zucchero, prodotti agroalimentari dove l’inscatolamento e congelamento (prodotti DEPERIBILI) avviene nella stessa zona in cui questi prodotti sono stati realizzati, le segherie e le cartiere, come materiale INGOMBRANTE, è meglio localizzarle lontane dal mercato perché aumenterebbero i costi di trasporto. Generalmente sono industrie di base che si interessano dello stadio iniziale del ciclo di trasformazione delle materie prime. Industria orientata al mercato, pone importanza a dove verranno venduti i prodotti, dove è il mercato • che comanda (si parla di scala globale), in realtà è il consumatore che orienta quest’industria, e generalmente le materie prime sono quelle ubiquitarie, ci sono minori costi di trasporto. Un esempio è l’industria di prodotti DEPERIBILI, come prodotti da forno, come il grano, prodotti che arrivano dal settore primario; industria di prodotti INGOMBRANTI come le automobili, dove i vari pezzi si producono in zone diverse e l’assemblaggio avviene in un’unica industria, vicino alle grandi aree urbanizzate; industrie di prodotti PESANTI, come l’imbottigliamento di bibite. Sono industrie produttrici di semilavorati o beni di consumo. La forma di trasporto prevalente a scala globale sono le NAVI perché trasportano ogni tipo e quantità di materiale, spostandosi da una parte all’altra del mondo, i costi sono ridotti, per di più la Cina ci ha insegnato che le industrie si sviluppano lungo la costa (Shangai). Attraverso questo grafico si mettono in relazione la distanza e i costi di tre tipi di trasporti CAMION (mezzi più utilizzati per trasportare merci finite e non finite, a scala non solo nazionale ma anche internazionale, ma non sono sostenibili, e su lunga distanza sono molto costosi mentre su breve distanza convengono, quindi i costi aumentano con l’aumentare della distanza, in realtà con l’abbattimento dei muri con l’UE i costi si sono ridotti perché abbiamo un gran numero di camionisti rumeni, albanesi), FERROVIA (a lunga distanza i costi vanno ad appiattirsi), NAVE (dove le merci si spostano a livello globale). Il trasporto su navi è quello più economico ma esistono delle diseconomie, cioè le economie negative, di dell’industria, dei corrieri). La suggestione che ci vuole trasferire questo modello è che esistono vincoli localizzativi = trasporti manodopera e energia (di cui ci siamo oggi svincolati), quindi restano dei vincoli per l’industria. TEORIA DEL POLO INDUSTRIALE DI PERROUX Intesa anche come teoria del polo di sviluppo o del polo economico, questa teoria appartiene al francese F.PERROUX, è un’industria che sfrutta le risorse, i capitali, la manodopera, le conoscenze di un territorio, intorno al quale si sviluppa il territorio stesso. L’idea di polo deriva proprio dal concetto di polo magnetico, è un centro di attrazione, dove il polo è l’industria che è capace di attrarre le persone e trasformare il territorio radicalmente, è l’idea di una funzione industriale che trasforma il territorio, l’industria diventa il fulcro dell’organizzazione territoriale. Un esempio di polo industriale nel secondo dopo guerra è Torino, dove c’è la FIAT, un’industria fortemente nazionalizzata in cui l’Italia ha investito tanto, attorno ad essa si è organizzato un territorio, ovvero la città di Torino, dove sono stati investiti capitali, risorse ed infatti si sono sviluppate varie strutture e residenze. Torino negli anni 50’-60’ diviene meta di migrazioni interne, è polo di attrazione che trasforma non solo il territorio adiacente, ma tutta la nazione: questo si traduce in tipologie edilizie, come i Quartieri mirafiore dove andavano a vivere gli operai, sono dei quartieri per gli operai, anche in infrastrutture perché l’industria deve essere ben collegata, informazione, cioè tecnologia, crescita dei redditi perché l’industria porta benessere, ci sono nuove professioni perché l’industria inizia ad essere specializzata e ci sono nuovi modelli di vita (Italia da paese rurale inizia a pensare in modo diverso). Il polo industriale modifica radicalmente il territorio in cui si insedia e l’industria automobilistica di Torino ne è la prova. Il polo industriale è il risultato di un processo di AGGLOMERAZIONE ma questo comporta delle diseconomie come l’aumento del costo del suolo, inquinamento idrico (la sensibilità ambientale è un qualcosa di molto recente), decentramento territoriale cioè le industrie si deglomerano in tutto il territorio (la Fiat non solo a Torino ma anche in altre zone dell’Italia) e questo decentramento può avvenire verso le cinture periferiche e determina lo sviluppo del cosiddetto fenomeno suburbanizzazione (stadio industriale), o verso aree esterne (stadio industriale) o ancora su scala globale quindi verso Paesi emergenti (stadio postindustriale). Il modello del Polo industriale è un modello anche pericoloso perché dipendere da una sola industria non è sempre positivo, perché quando crolla quell’industria di riferimento che non ha più mercato, crolla l’intero sistema e questo determina anche un crollo demografico perché le persone non hanno più lavoro e si spostano, come il caso di Detroit. TEORIA DEL DISTRETTO INDUSTRIALE È un area in cui ci sono tante piccole imprese (si differenzia dalla grande impresa per il numero degli addetti) specializzate in un determinato settore produttivo (l’Italia è il paese delle piccole medie imprese), i distretti industriali sono aree in cui le industrie di riferimento sono quella tessile, meccanica, chimica, e queste industrie raccolgono una tradizione del territorio e se crolla un’industria non significa che crolla tutto il sistema: un esempio è il distretto della ceramica di Modena che agglomera in sè tanti comuni come Sassuolo, Carpi, Mirandola ecc., o ancora il caso del distretto agroalimentare di Nocera inferiore della pasta di Gragnano (agglomera 30mila imprese), il distretto aerospaziale della Campania, sono tutti distretti su cui la Campania conta. Esiste anche un consorzio (molti caseifici si mettono insieme per proteggere un prodotto, attraverso il marchio di qualità, DOP) importante della mozzarella di bufala campana la cui sede è posta a ridosso della reggia di Caserta. Capiamo che in un paese esiste un’industria che conta e una che conta meno, senza l’industria un paese difficilmente si può definire sviluppato, l’industria va’ di pari passo con la ricerca, la ricerca manda avanti la tecnologia di un paese: l’Olanda è un paese in cui è molto sviluppato al punto di vista ospedaliero grazie alla tecnologia; la Silicon valley è l’icona della ricerca soprattutto del settore informatico negli Stati Uniti, avere questi centri di ricerca è fondamentale per un paese. Esistono vincoli anche per i centri di ricerca che si localizzano in cui c’è buon capitale, buona qualità della vita e lontani dalle aree metropolitane. Esempi sono Silicon Valley, Città della scienza a Pozzuoli, e sono centri importantissimi per lo sviluppo della ricerca e quindi anche dell’industria per lo Stato. Quindi quando pensiamo all’industria non dobbiamo pensare solo all’industria base con la catena di montaggio ma per quanto riguarda i paesi sviluppati l’industria è molto attenta alla ricerca, alle fonti di energia, raccolgono l’eredità culturale di un territorio in piccole-medie industrie specializzate strettamente connesse alla ricerca, quindi oggi come oggi, molto spesso l’operaio è un ingegnere informatico, capiamo che in Italia dunque l’industria non è assente, ma è un’industria diversa. LO SMARTPHONE Simbolo della globalizzazione del nostro mondo è lo SMARTPHONE. Lo smartphone è alta tecnologia che contiene tanti elementi (plastica, vetro, palladio, oro, rame, argento, cobalto, terre rare), per produrlo servono quantitativi enormi di queste materie e questo ha un impatto ambientale enorme. Una delle terre rare fondamentali per produrre uno smartphone è il Coltan che diventa oggetto di guerre geopolitiche per estrarre questa terra rara importante per la produzione di un cellulare, queste terre rare sono fondamentali anche per fonti di energia rinnovabili, verso le quali si sta muovendo negli ultimi anni la Cina. 30mila persone per kmq). In Italia la città più grande, in termini di numeri di abitanti, è Roma con oltre 4milioni di abitanti, poi c’è Milano, Napoli e Venezia, per densità Napoli occupa il primo posto (aree densamente abitate portano problemi sociali), si nota che l’area metropolitana va aldilà del comune di riferimento ma comprende un area più estesa che circoscrive anche i comuni limitrofi. Siamo un mondo in via di urbanizzazione, ai primi anni del 2000 abbiamo avuto un sorpasso in termini numerici di persone che vivono in città rispetto a quelle che vivono in campagna, questo accade perché le persone si spostano (migrazioni interne) per migliorare le condizioni di vita, per lavoro, il fenomeno dell’urbanizzazione è strettamente connesso alla rivoluzione industriale in una prima fase, quando i paesi sono in fase post industriale le cose cambiano leggermente. Vediamo come nel 1950 1 persona su 3 viveva in aree rurali, nel 2009 il 55% delle persone vivono in aree urbane. Si è verificata un’accelerazione del fenomeno dell’urbanizzazione nel secondo dopo guerra e questo processo interessa perlopiù i paesi in via di sviluppo (quindi non l’Europa centrale e l’America del Nord) perché l’agricoltura di sussistenza non permette di vivere in condizioni di benessere ed è progressivamente minacciata dall’agricoltura di mercato = minor numero di posti di lavoro perché è fortemente meccanizzata. Le città con più di un milione di abitanti all’inizio del 900’ erano solo 12, adesso sono 412: questa accelerazione riguarda tutti i paesi del mondo perché tutti vanno in incremento. L’Europa è un continente fortemente urbanizzato 3 persone su 4 vivono in aree urbane (quasi 75%, questo perché ci sono stati diversi eventi che hanno determinato la forte urbanizzazione di questo continente come la costruzione delle città romane, la costruzione delle città del commercio nel Medioevo e lo sviluppo della rivoluzione industriale, le città però non si sviluppano prevalentemente lungo le cost), l’America del Nord quasi l’80% vivono in aree urbane (le città sono nate per un processo di controurbanizzazione ma comunque sorgono sulle fasce costiere), l’Oceania e l’America del Sud (le principali realtà sono tutte lungo la fascia costiera) hanno anche queste percentuali molto alte, l’Africa (ci sono aree anecumeniche enormi soprattutto nella parte Nord, le città si sviluppano tutte lungo prevalentemente la fascia costiera o anche in zone in cui la colonizzazione è penetrata) e l’Asia (la Cina ha le aree più importanti lungo la fascia costiera, così anche il Giappone, l’India, il Pakistan e il Bangladesh invece lungo tutto il territorio sono densamente abitate) invece non presentano questi numeri così elevati e questo ha un grosso significato, infatti si hanno modelli socio- culturali diversi: l’Asia è il continente con un maggior numero di persone sbilanciate verso Est e l’Africa è un paese in crescita. Il riflesso del numero di mega città è strettamente connesso alla distribuzione della popolazione, l’urbanizzazione riguarda soprattutto la parte asiatica, nel mondo in cui le città diventano numericamente molto rilevanti si nota che sono localizzate lungo la fascia costiera perchè sono le zone dove si sviluppano le industrie, c’è opportunità lavorativa, o anche per ragioni di colonizzazione (pensiamo alle coste del Nord America). Lagos è una città capitale della Nigeria con oltre 24milioni di abitanti, questo elevato numero di persone porta la formazione di nuovi ghetti come la Water communities che viene soprannominata la Venezia d’Africa o la Venezia nera, è un luogo dove le persone si spostano con piccole barche. APPROCCIO GEOGRAFICO AL TEMA DELLA CITTÀ Ci si pongono interrogativi riguardo all’aspetto territoriale, funzionale, demografico rispetto al concetto di città, a cui la geografia urbana cerca di dare una risposta. Dove si sviluppano le città? A ridosso dei focolai dell’agricoltura, dove c’era benessere: ad un certo punto l’eccesso di produzione agricola è in grado di garantire benessere, chi va a vivere presso questi agglomerati si occupa non di agricoltura ma di commercio, artigianato o altri servizi. Possiamo datare l’origine delle città a circa 10mila anni fa, nel neolitico, di solito sorgevano in una posizione nodale nel sistema delle grandi vie di comunicazione perché la loro funzione è quella commerciale, per infrastrutture non si intendono solo quelle stradali ma anche quelle marittime, quest’idea di essere al centro della rete infrastrutturale. La città nasce in un SITO ma poi diventa importante la POSIZIONE. Che differenza c’è tra SITO e POSIZIONE ? Un piccolo villaggio, che si trova al centro di una pianura, per un surplus di produzione e questo viene destinato ad una popolazione che non vive di agricoltura e non vive lì quindi viene affidata al commercio. SITO: è il luogo in cui si sviluppa il primo agglomerato: il sito si può sviluppare per motivi geografici come • accade in Friuli Venezia Giulia ci sono tutti piccoli borghi rurali che si dispongono lungo e un allineamento dove c’era la Linea delle Risorgive (motivo geografico) che è un fenomeno geografico per cui c’era una linea immaginaria che distingueva alta pianura e bassa pianura, a Nord c’è una scarsità di acqua perché il suolo è caratterizzato perlopiù da sassi che non sono capaci di trattenere l’acqua e quindi i piccoli borghi rurali si sono sviluppati a sud della linea delle risorgive dov’è c’era abbondanza di acqua perché il territorio era caratterizzato da argilla che essendo impermeabile dava vita alle ‘risorgive’, l’acqua era più superficiale ed era più facile costruire pozzi. L’acqua è un elemento limitante. Negli Stati Uniti sulla costa est, alcune città sono tutte disposte lungo un’immaginaria linea chiamata FALL LINE, questo è accaduto perché i migranti hanno disposto le loro città in zone di pianura. Il sito può nascere anche per motivi storici il sito nasce perché ad esempio nel primo Medioevo i piccoli borghi andavano a collocarsi in alto per motivi difensivi. Il sito è legato dunque alla geomorfologia del territorio POSIZIONE: Le prime città crescono in punti nodali rispetto alle infrastrutture, come Bologna, dove • passano tutti i treni, c’è la Via Emilia; anche Londra nasce sul fiume Tamigi per un motivo storico ma poi diviene importante da un punto di vista del commercio. Quindi vediamo come un borgo possa diventare Dove finisce la città? Coloro che si occupano di urbanizzazione si occupano anche di pianificazione territoriale, ogni comune dovrebbe avere un piano urbanistico aggiornato perché sulla base di esso si possono costruire nuove industrie, nuove strade. Spesso la città non ha limiti ben definiti: ad esempio se osserviamo la città di Napoli notiamo che i confini per definire dove finisce la città sono difficilmente delimitabili; a Phoenix in Arizona, che occupa un territorio molto ampio, c’è un confine ben definito tra città e campagna, come anche a Mumbai dove la distinzione tra la città è le zone particolarmente degradate è evidente, Favela Ronchina a Rio de Janeiro, questo riguarda anche le città enormi della Cina, come Shenzen -città che fa parte della conurbazione Guangzhou (Canton)- è una città con oltre 10milioni di abitanti (le città cinesi ad occhio si distinguono dalle città americane per i grattacieli, per gli edifici, e soprattutto perché le città americane sono più concentrate nell’area del CBD -central business district-, comunemente chiamata DOWN TOWN, dove è più diffusa la congestione stradale). A volte c’è una fusione tra modello rurale e urbano, infatti si parla di territorio ‘rurbano’: la città di Guangzhou in 30 anni è cresciuta tantissimo, lo shock city che ha colpito le città inglesi all’alba della rivoluzione industriale si è evoluto in 100 anni, nel caso di questa città ci è voluto pochissimo per far evolvere questo fenomeno che ha avuto effetti anche in Estremo Oriente per l’avvento della globalizzazione. CITTÀ POLICENTRICA È città con molti centri che generalmente riguarda città estese: una città piccola può avere anche 5000 abitanti in un contesto territoriale a bassissima densità, il numero minimo di abitanti che deve avere una città varia in funzione della densità di quel territorio, una città troppa piccola è concentrata rischia di essere scarsa da un punto di vista dei servizi, una città troppo grande rischia di essere caotica e comportare bassa qualità della vita. Una città troppo estesa ha bisogno più centri funzionali che rispondono alla domanda di un territorio in modo organico: Los Angeles e New York sono due estremi di città diverse, New York è una città più concentrata, Los Angeles è una città molto estesa ed occupa un territorio di 1300kmq che oltre il centro principale presenta anche altri centri funzionali che possano offrire servizi ai cittadini e vengono definiti SUBCENTRI; la città policentrica è costituita da aree metropolitane abitate da un minimo di 50mila/100mila abitanti in cui la densità è maggiore rispetto a quella che c’è nel territorio con termine e la popolazione non è occupata nel settore primario, inoltre devono essere aree interconnesse tra loro da un punto di vista delle infrastrutture ma anche da un punto di vista amministrativo. AREA METROPOLITANA o AREA VASTA Nel 2014 in Italia sono state riconosciute 14 aree metropolitane, dove il primo posto è occupato dalla città di Roma fino ad arrivare a Cagliari, in cui si ripropongono le stesse problematiche: Napoli è un’area metropolitana molto estesa che accorpa a sè altri 92 comuni, così per Torino che ha 316 comuni. La città metropolitana è un ente di area vasta che non è il comune, nè la provincia nè la regione, il sindaco di quest’area coincide con quello della città più importante (nel caso di Napoli il sindaco Manfredi è anche il referente e responsabile dell’area metropolitana di Napoli, come c’è il consiglio comunale, c’è anche il consiglio metropolitano che si occupa di quest’area metropolitana vasta), si occupa dei vari servizi, dei trasporti, dell’acqua, dell’energia, degli ospedali, delle linee di sviluppo economico, di cosa fare il futuro… L’area metropolitana è stabilita per legge, i vari comuni di quest’area sono delimitati da un punto di vista demografico. CICLO DI VITA URBANO DI VAN DON BERG Nel 1982 parla di questo ciclo di vita urbano e considera circa 185 città di 14 paesi europei, analizza l’andamento della città per capire se ha un ciclo che si ripete: distingue all’interno di ogni città due aree, il CORE (centro storico, ovvero il centro urbano vero e proprio) e il RING (corona, ovvero la parte esterna), la parte centrale deve avere almeno 200mila abitanti, le municipalità contigue per essere considerate ‘anello’ devono avere almeno un 15% di persone che vanno a lavorare nel core (pendolarismo), si nota come i ritmi di incremento del core e della corona cambiano nel tempo. Le fasi del ciclo di vita urbano sono essenzialmente quattro: Urbanizzazione (concentrazione) o fase di innesco, dove c’è il core che cresce, l’industria determina, 1. spesso nelle città in Europa, una forte concentrazione di persone nella città, ci sono due fasi , la prima detta di CONCETRAZIONE ASSOLUTA, la seconda viene detta CONCENTRAZIONE RELATIVA. In questa fase cresce esponenzialmente nel centro e cala nelle aree limitrofe(ring) perché le persone si spostano verso le industrie per maggiore opportunità lavorativa. Suburbanizzazione (espansione) dove crescono i sobborghi, la corona, l’industria non è più non 2. matura, ma tende a spostarsi dal centro urbano e si sposta verso la parte esterna (per questioni iodi inquinamento, ricordiamo le coke town di Charles Dickens), quindi questo determina un calo nel cuore della città ma un aumento nelle aree limitrofe ma comunque c’è una crescita della città. Disurbanizzazione (svuotamento) dove i sobborghi perdono abitanti e la città inizia a calare, c’è un 3. decremento della popolazione nel cuore della città ma comincia a soffrire anche la periferia, c’è una perdita di popolazione, questo ha riguardato prima città nord americane, poi negli anni 80’ le città dell’Europa occidentale, oggi le città dell’Europa orientale. Nella regione Campania, tra gli anni 70’-90’, si nota che nelle aree interne (zona del Sannio, Irpinia, Roccamonfina, Cilento) c’è stata una forte perdita della popolazione perché le possibilità lavorative non sono molte, ci si trova spesso isolati, ma non solo: anche Napoli inizia a soffrire di questo stesso problema, mentre Caserta cresce, così anche Salerno cala, realtà urbane sono in decremento demografico, ma si osserva che l’area limitrofa da un punto di vista demografico sta aumentando (perciò si tende a parlare ancora di suburbanizzazione). Anche la parte dei comuni posti sotto il Vesuvio che conoscono anch’essi decremento di popolazione. Uno studioso locale, M.Bencardino, ha fatto in analisi a scala locale, quasi comunale, identificando l’area centrale e l’area limitrofa prendendo in considerazione gli elementi a partire dagli anni 2000, e si nota che il calo demografico ha riguardato perlopiù la parte esterna di Napoli, mentre le aree a ridosso della costa cominciano a crescere. La disurbanizzazione è un processo che ha colpito soprattutto quest’area metropolitana di Napoli, ma perché le persone si sono sposate da Napoli e dalle aree limitrofe? Cosa ha esterne alla città) e BANALI (funzioni per chi abita in città ma sono essenziali, come la funzione educativa, la produzione del pane). Si parla di settore di base cioè l’insieme dei lavoratori che si occupano di attività di esportazione di beni e servizi per coloro che abitano fuori la città, maggiore è questo numero e più importante sarà la città stessa (come chi si occupa dell’industria, del settore terziario avanzato, del settore quaternario, quindi delle multinazionali, del settore bancario) e settore non di base sono coloro che si occupano di beni e servizi per i residenti nell’area urbana. Quindi gli occupanti di una città sono coloro che si occupano delle attività di base e delle loro famiglie + coloro che si occupano delle attività locali, per cui la popolazione totale è la popolazione occupata moltiplicata per questo EFFETTO MOLTIPLICATORE, è un parametro che definisce l’importanza della città, più è elevato più la città è importante in termini di rango. Maggiore è il numero dei lavoratori di base e maggiore sarà l’effetto moltiplicatore associato alla crescita economica. Come si classificano le funzioni ? CULTURALE, coloro che lavorano nell’istruzione, nei musei, nella ricerca scientifica, ad esempio in Italia • la prima che occupa il posto è l’Universita del Bo di Padova, che può avere un’influenza nazionale ma anche a livello internazionale le università vengono giudicate anche in base ad un parametro di internazionalizzazione. DIREZIONALE, coloro che lavorano al comune, in enti amministrativi, sono le funzioni a cui afferiscono i • lavoratori di un’area urbana, riguarda tutti ciò che è direzionale a livello amministrativo. funzioni cui afferiscono quei lavoratori che lavorano in un’area urbana; riguardano tutto ciò che è direzione del governo, pubblica amministrazione, apparati politici e sindacali, difesa. Se pensiamo alla difesa Napoli, come Gaeta, ha un ruolo importante non solo nazionale, ma anche internazionale perché c’è la base NATO. Un ruolo nazionale ma anche sovra-nazionale è di Montecitorio a Roma, del Parlamento Europeo a Strasburgo, del Consiglio Europeo. La città di fondazione è un insediamento urbano nato non spontaneamente, ma sulla base di una precisa volontà politica e di un progetto urbanistico (definizione presa da Wikipedia per disperazione). Washington (come Latina) è città di fondazione, su una palude del fiume Potamac, dove adesso abbiamo il Congresso Americano, i vari musei e la Casa Bianca. Quindi è stata costruita una città molto rappresentativa e istituzionale. Anche Cremlino (area recintata a Mosca) è città del potere; all’interno abbiamo la Duma, il Parlamento della Russia, ma anche le chiese più importanti della stessa Russia. Anche Pechino ha ruolo direzionale. La BCE è la Banca Centrale Europea, banca internazionale con sede a Francoforte. Francoforte è una città europea un po’ strana, anche se ormai siamo abituati: attualmente lo skyline delle città europee è caratterizzato da grattacieli che spesso corrispondono ai cosiddetti “centri direzionali” (come a Napoli), però prima non era così. Negli ultimi 30-40 anni la città post-moderna ha visto diffondersi il modello americano anche dalle nostre parti. Spesso sono palazzi legati a servizi del settore quaternario, quindi il loro raggio di influenza è almeno continentale. PRODUTTIVA, coloro che lavorano nell’industria, nel mercato urbano, la rivoluzione industriale cambia • il nostro mondo verso questa funzione, è la funzione industriale. Città industriali sono: Torino, che associamo al modello del polo industriale automobilistico; Matera, polo industriale petrolchimico; Detroit; aree industriali nel mondo dell’est, la Togliatti (Grad) era una città in cui si producevano auto e la toponomastica ci riporta che Togliatti uno dei dirigenti del Partito Comunista Italiano durante gli anni del blocco sovietico, così comprendiamo che la toponomastica non “decide i nomi”, ma ci serve per capire la storia di un territorio. DISTRIBUTIVA, cioè si distribuiscono servizi, coloro che lavorano nel commercio e altri servizi ad esso • collegati, come il turismo, è una funzione importantissima perché le industrie nascono dove c’è una buona interconnessione dei trasporti, l’influenza può essere meso o macro-regionale, comprende anche sevizi che riguardano la sanità. è una funzione importantissima, perché le industrie nascono dove c’è una buona interconnessione col sistema dei trasporti: l’industria comporta l’urbanizzazione, per cui la funzione distributiva è uno degli elementi di base per la crescita di una città. Con “trasporti” ci riferiamo chiaramente alla stazione ferroviaria, alla stazione marittima e così via; l’influenza può essere regionale o macro-regionale. Così se parliamo di Capodichino siamo già a un livello abbastanza alto e il ruolo è continentale (pensiamo ai voli Napoli-New York), mentre l’aeroporto di Trieste è un piccolo aeroporto con ruolo nazionale. Nell’ambito di questa funzione è importante parlare anche di commercio, pensiamo ai corrieri. Altro servizio importantissimo nel contesto della funzione distributiva è quello relativo alla sanità: il piccolo ospedale è una cosa, il punto di riferimento internazionale o nazionale è un’altra. Avere dei centri di riferimento (ad esempio il Cardarelli per la cardiologia) fa sì che una città assuma una funzione che va ben al di là della funzione su scala regionale. Chiaramente avere funzioni con un’influenza che va al di là della scala regionale fa sì che la città abbia un ruolo internazionale. Lo stesso vale per il turismo. Se la città nasce come il luogo per il commercio, come luogo del mercato, poi diventa commercio nazionale e internazionale. Così città come Napoli, Rotterdam, New York hanno funzioni importantissime che rendono quella città importante a livello internazionale tra cui la funzione turistica. Rimini è una città che ha una funzione turistica in scala nazionale; la prima città per turismo interno degli Stati Uniti è Las Vegas (Nevada), visitata largamente anche dagli europei; in Cina abbiamo Macao. La città svolge un ruolo all’interno del territorio e le vengono riconosciute alcune funzioni. A Napoli abbiamo tutta un’area metropolitana in cui le industrie vanno a posizionarsi nella parte nord-est della città (Caivano, fino ad arrivare a Marcianise). Le funzioni suddette sono classificate dall’ISTAT in funzioni di tipo: culturale, direzionale, produttivo, distributivo, altro. La città è il luogo produzione, quindi dell’industria, il luogo della distribuzione, il luogo della direzione e certamente ha un ruolo culturale. L’area di influenza di una città può essere più o meno grande: influenza micro-regionale (grande scala, piccolo territorio, fino a 10 km); influenza meso-regionale (scala regionale, fino a 100 km); macro-regionale (piccola scala, territorio ampio, raggio > 100 km). La nostra università ha un raggio d’influenza meso-regionale, la Federico II macro-regionale. In termini concreti: il giudizio, ad esempio, su un’università, deriva anche dal grado di internazionalizzazione, quanto siamo in grado di attrarre studenti che vengono dal di fuori della nostra nazione. Il raggio d’influenza è quindi molto importante. Città di primo rango: Tokyo; secondo rango: New York e così via. Esempio della Spagna: le due città più importanti sono Madrid e Barcellona, due città primate, con un sistema abbastanza squilibrato. Un sistema leggermente più equilibrato è quello della Germania, in cui le città importanti e con dimensioni non così diverse sono Berlino, Monaco, Francoforte. Lo stesso in Italia: abbiamo tante città. Se pensiamo alla Francia, è un sistema fortemente in disequilibrio: abbiamo La Ville, Parigi e poi gli stessi francesi parlano di “deserto demografico”. Anche l’Austria ha solo Vienna. Quindi questa condizione di disequilibrio può riguardare una singola regione o un intero Stato. Le conseguenze di questo disequilibro sono: spostamenti per il lavoro (pendolarismo), localizzazione squilibrata dei centri ospedalieri (e della sanità in genere), localizzazione squilibrata dei servizi legati all’educazione, problemi di congestione. Dunque spesso abbiamo città che crescono o decrescono secondo una determinata regola data dal rango e dalla dimensione della città, però che cosa è importante? Londra, Parigi, Vienna, Madrid, volendo anche Lisbona, che cosa hanno in comune? La storia: Commonwealth, l’impero francese, l’impero spagnolo. Dunque la storia ha un ruolo fondamentale in questa distribuzione territoriale. LA TEORIA DELLE LOCALITÀ CENTRALI DI CHRISTALLER Christaller, geografo ed economista tedesco (1933), con la sua tesi di dottorato si spinge a cercare di capire se esistesse una regola che determinasse una distribuzione spaziale delle città. Talvolta le città sono distribuite in maniera quasi regolare in un territorio e l’area oggetto di studio del tedesco è stata la Baviera, a sud della Germania. Nota che esiste quasi una regola, che è legata alla funzione che una città ha; funzione significa che una città è in grado di fornire beni e servizi al territorio circostante. Ricordiamo che siamo nel 1933, quasi un secolo fa, quindi non esisteva urbanizzazione e l’accessibilità era limitata. Ogni piccola città ha un proprio raggio di influenza, ad esempio la Cumberland Valley (Pennsylvania) è una valle in cui le città si dispongono in maniera quasi regolare ogni circa 10.000 km. La geografia è alla ricerca delle regole che riguardano specialmente la distribuzione spaziale. Perché queste cittadine si dispongono così? Perché - e qui conta l’accessibilità - chi vive in mezzo in un giorno a piedi deve andare e tornare questo fa sì che la localizzazione di questi primi centri fosse regolare. Quindi la portata di una città è la distanza massima, mentre la soglia è il numero di persone minimo per mantenere in piedi tale attività. Il geografo non parla semplicemente di città, ma parla di località centrali. La località centrale è un centro di distribuzione di beni e servizi alla popolazione non urbana che vive nelle aree più prossime. Pertanto, quando parliamo di rete urbana parliamo di come sono disposte le città in un territorio. Le città sono una realtà geografica molto importante perché sono gli attori territoriali in grado di trasformare il territorio (il cui concetto è spazio antropizzato, nel territorio e l’uomo che comanda), la disposizione è casuale o esiste una regola? È legata soprattutto alla storia (come capitali di ex imperi, sono quindi realtà urbane sovra dimensionate rispetto al territorio circostante, come Vienna capitale dell’impero austro-ungarico, ora capitale dell’Austria) ma anche alla posizione all’interno di uno stato o territorio. I geografi hanno tentato di definire delle regole, a volte anche fantasiose: come la teoria di Auerbach, che aveva osservato che il numero di persone che abita nella città è direttamente proporzionale al rango che quella città ha in quel territorio, per cui le città all’interno di un territorio hanno via via ruoli meno rilevanti, infatti immagina che la seconda città più importante dovrebbe avere la metà della popolazione rispetto alla prima città più importante, la terza città dovrebbe avere un terzo della popolazione della prima città ecc. spesso questa condizione non si verifica come il caso di Vienna, Madrid, Parigi, e si parla di città primate, cioè città che primeggiano in un territorio. La seconda regola era quella promossa da Christaller secondo cui la città è una località centrale, si chiama appunto TEORIA DELLE LOCALITÀ CENTRALI, in cui queste ultime hanno una funzione prevalentemente di mercato, dove si offrono perlopiù beni e servizi. Le città non si dispongono a caso ma secondo una regola legata alla distanza e secondo una gerarchia legata a quel territorio, una città importante hanno un raggio di influenza più ampio mentre una meno importante ha un raggio di influenza minore. Questo istituisce una sorta di gerarchia ed infatti si parla di RETE GERARCHICA, in realtà oggi questa idea è un po’ passata, perché si è verificata la deglomerazione dell’industria, il modello del polo industriale è stato superato con il modello del distretto industriale (esiste anche il modello del distretto culturale con il marchi di qualità), e quindi le persone si muovono verso questi punti di attrazione, la rete non è più gerarchica ma è più COMPLESSA, a tal proposito si verifica un fenomeno negativo legato al territorio ed è l’urban spawl. Quindi la rete urbana è costituita da nodi (cioè città) e maglie (cioè le infrastrutture). RETE URBANA EQUILIBRATA In una rete urbana equilibrata ci sono tanti centri in un territorio, non c’è un unico centro, ci sono città più importanti e altre meno importanti (così come le immaginava Christaller), il territorio ha funzioni diversificate, c’è maggiore accessibilità e non ci sono difficoltà per i cittadini, è equilibrato anche da un punto di vista di pianificazione; le infrastrutture sono strette e ben strutturate. Esempi a scala internazionale di stati con questa situazione sono la Svizzera e la Germania. RETE URBANA NON EQUILIBRATA La rete urbana non equilibrata significa che i nodi non sono distribuiti in maniera omogenea (spesso la storia ha molta influenza su questo) e l’ordine gerarchico non è rispettato; le maglie (strade e infrastrutture) sono difficili da raggiungere, sono infatti larghe e non strutturate (negli Stati Uniti c’è una maglia infrastrutturale impressionante ma non c’è una rete ferroviara efficiente perché le distanze sono enormi ma ci sono moltissime strade e autostrade). Un esempio di quanto detto è la Francia: è una rete urbana non equilibrata, gli studiosi parlano di DESERTO FRANCESE, tutto si organizza intorno Parigi, c”è una situazione di monocentrismo e queste sono le conseguenze dell’impero francese, quindi della storia di questa paese, i nodi e le maglie sono molto difficili da realizzare; così anche la Spagna che è di eredità imperiale, c’è Madrid, il porto, Barcellona, il resto conta ben poco, chi si trova in aree remote non può godere di beni e servizi e farà molta difficoltà per usufruirne. Anche la Germania e parte dell’Italia hanno una situazione poco più migliore: l’Italia ha una rete gerarchica abbastanza equilibrata a nord, meno equilibrata a sud come a Napoli, Bari, zone della Calabria, Basilicata, esistono regioni come il Lazio in cui esiste solo una città, Roma, e questo porta disequilibrio in quella regione, ma anche come in Campania. centralità. Nella città di San Antonio, in Texas, ha poco più di un milione di abitanti, ed è stato notato che la città nel 1890 la città era molto concentrata poi è cresciuta lentamente fino agli anni 20’, ma resta sempre localizzata, poi cresce in modo violento soprattutto nei nodi infrastrutturali: capiamo che nelle vicinanze delle autostrade, in questi nodi si localizzano attività commerciali e anche residenze e quindi nascono nuove città, quindi non esiste solo il CBD ma anche nodi secondari densamente abitati, e sono posti in zone dove si intersecano con le infrastrutture. Il modello dunque mantiene al centro il CBD, poi c’è un centro produttivo che si sviluppa dove c’è forte accessibilità (presso le infrastrutture importanti, presso i fiumi che erano la più importante rete infrastrutturale prima delle auto), la zona residenziali degli operai, la zona dei residenti più benestanti. Un esempio è la città di Calgary in Alberta. MODELLO A NUCLEI MULTIPLI DI HARRIS e ULLMAN L’ultimo modello è quello di Harris e Ullman del 1945 dove non esiste più il concetto di centralità, viene chiamato MODELLO A NUCLEI MULTIPLI, cioè si rendono conto che soprattutto le città americane hanno più di un centro, e sono gli stessi che determinano la conformazione del territorio, perché ognuno di essi ha una propria funzione specifica. La città a cui fanno riferimento è Los Angeles dove non c’è un centro vero e proprio, ma ci sono tanti centri che si formano per interessi comuni; i nodi, quindi le città, possono avere funzionalità diverse come funzione commerciale, i nodi non sono poi così distanti e la città diventa un tutt’uno si assiste ad un processo di agglomerazione (come il caso di Caserta che è una realtà unica che va da Maddaloni fino a Santa Maria Capua Vetere, dove ogni città ha una funzione diversa). Questo modello non è poi così distante dalla nostra realtà, in più comporta anche conseguenze negative come il TRAFFIC JAM cioè la congestione stradale. SOSTENIBILITÀ La prima scuola di geografia vedeva l’uomo subire la natura non essere in grado di trasformarla, la visione è legata al 1800, stesso periodo in cui Malthus aveva dettato la sua teoria. Si è passati dal fatto che la natura è immanente e l’essere umano non ha forza per poterla contrastare, i disastri idrogeologici che accadono ci fanno capire che l’uomo è niente in confronto alla natura, l’uomo conta poco, il sistema terra è così resiliente che l’uomo può anche scomparire; per questo motivo si parla di ANTROPOCENE cioè l’era geologica in cui l’uomo è al centro, questo può provocare la sua stessa autodistruzione per cui la questione ambientale è molto importante. Un’epoca che comincia con la rivoluzione agricola nel neolitico, alcuni credono che abbia avuto inizio con la rivoluzione industriale, altri credono che questa visione sia troppo limitata ai paesi sviluppati, e abbia una visione troppo eurocentrica. Malthus parla di un concetto fondamentale, la CAPACITÀ DI CARICO che è un concetto pragmatico—> quante persone possono vivere su un territorio in base alle risorse che dispone quel territorio; per cui ci si può trovare di fronte a due situazioni: SOVRAPPOPOLAMENTO, la popolazione di un’area è superiore alla capacità portante, la soluzione 1. che propone Malthus è il controllo delle nascite ma questa situazione di per sè ha come conseguenza flussi migratori, gli abitanti si spostano per avere condizioni migliori verso AREE DI DESTINAZIONE dove non ci sono problemi di sovrappopolazione. L’Africa sub sahariana è caratterizzata da una forte espansione demografica, questi paesi hanno una condizione di sovrappopolamento, è caratterizzata anche da processi di desertificazione e questo determina una scarsità di risorse, motivi per cui le persone se ne vanno. SOTTOPOPOLAMENTO, la popolazione di un’area è inferiore alla capacità portante. 2. Negli anni 70’ i neomalthusiani portano al centro nuovamente questo concetto, perché c’è stata la rivoluzione demografica, e quindi si parla di BOMBA DELLA POPOLAZIONE e anche di LIMITS OF GROWTH, la capacità di carico non è costante nel tempo, ma cambia, perché la nuova tecnologia ha portato molti benefici come quello di avere un numero di risorse maggiore, quindi quando Malthus parlava di crescita lineare delle risorse, ad oggi la crescita non è più la stessa ma è sicuramente maggiore. Migliorare le risorse significa migliorare la gestione dell’acqua, regimando meglio l’acqua riusciamo a produrre di più, diminuisce anche la desertificazione, abbiamo migliorato le nostre risorse con la rivoluzione verde (cioè quando l’industria entra nell’agricoltura -fertilizzanti, diserbanti- che ha portato all’aumento delle risorse); questo però ha anche effetti negativi come l’effetto serra che favorisce la desertificazione, la gestione sbagliata della risorsa idrica comporta morte di persone (anche quando l’uomo costruisce secondo modalità non convenevoli per quel territorio), le epidemie sulle agricolture abbassano la capacità di carico (come il caso della patata in Irlanda), l’inquinamento dei suoli. Quindi esistono dei parametri che abbassano la carrying capacity. La nostra terra ha una storia lunga 4mila milioni di anni e la presenza dell’uomo sulla terra e di 300milioni di anni e alla fine del diciottesimo secolo, quindi con l’avvio della rivoluzione industriale, ha modificato l’ambiente che ci circonda e questo ha determinato l’accelerazione dei cambiamenti climatici. La sostenibilità è una chiave, un mercato di trasformazione del nostro mondo. Si parla di plateau omeostatici, è un concetto chiave per i geologi, con questa espressione si intende che le innovazioni in campo scientifico-tecnologico hanno aumentato le risorse, e quindi aumenta anche la popolazione perché c’è maggiore disponibilità di riso, frumento, granoturco; fino all’avvento della rivoluzione industriale la popolazione non è crescita molto, solo dopo il diciottesimo secolo si è verificata una maggiore crescita. L’urbanizzazione si è rafforzata anche con l’avvento delle industrie. Ci siamo accorti che dopo la rivoluzione agricola, industriale, medica e digitale, è aumentata la capacità di carica ma si sono accorciati i tempi, aumenta la velocità, e quindi questo comporta una crescita veloce della questo motivo vengono promosse molto dall’Europa. POTENZIALMENTE RINNOVABILI come l’acqua, il suolo, il paesaggio e i beni culturali, si • definiscono così perché sono rinnovabili solo se sono usate in maniera compatibile, le comunità umane devono utilizzarle secondo il principio di RESILIENZA, cioè la capacità delle risorse di subire uno stress (in questo caso l’utilizzo poco corretto) e resisterlo, quindi la comunità può assumere un comportamento resiliente o meno, lo stress determina il deterioramento della risorsa stessa e rischia di farne perdere le caratteristiche, quindi quando una risorsa è persa resterà tale. Un esempio è il suolo, è una risorsa a tutti gli effetti, è una risorsa abiotica, non vivente, che risponde alle esigenze della comunità umana perché consente di produrre alimenti; ci stiamo trovando di fronte ad una perdita del suolo, perchè è caratterizzato da componenti organiche, ma quando queste ultime si disperdono, il suolo non è più recuperabile e non è più una risorsa (questo è quello che avviene nel processo di desertificazione). L’avanzamento delle aree urbane risponde all’esigenza di costruire più aree residenziali, ma questo comporta anche l’erosione del suolo, per cui si spinge a recuperare case già esistenti ma non abitate e non costruirne altre; anche l’inquinamento del suolo va a determinare la perdita delle sue caratteristiche (il caso della pianura campana è l’esempio più eclatante, che essendo di origine vulcanica e alluvionale, dovrebbe avere un suolo molto ricco ma avendo subito avanzamenti di aree urbane non giustificati e inquinamento ha perso molto delle sue peculiarità). Anche l’agricoltura deve essere fatta con un atteggiamento resiliente perché non è del tutto innocua per il suolo, non a caso si è introdotto il metodo della rotazione triennale per fare in modo che la risorsa si rigeneri, l’Unione europea mette a disposizione dei soldi per i contadini per invogliarli a lasciare il terreno a riposo per evitare che quest’ultimo perda le sue componenti organiche e non sia più per l’uomo una risorsa. Il suolo è a forte rischio anche con gli impianti fotovoltaici posti a terra. Anche la caccia e la pesca devono essere praticate con un comportamento resiliente perché ci sono specie che non possono essere sottoposte a stress; perdere un paesaggio o un bene culturale sarebbe un disastro, significherebbe perdere una risorsa (di questo non è curante la Cina che non assume un comportamento sostenibile). RISORSE NON RINNOVABILI o FONTI FOSSILI CARBONE, è la prima risorsa che abbiamo 1. iniziato ad usare per mandare avanti l’industria, ed è anche l’elemento più inquinante perché emette moltissima CO2 nella combustione (l’anidride carbonica è il gas serra per eccellenza); è una risorsa che è presente più o meno in tutti gli Stati (i maggiori possidenti sono gli Stati Uniti, la Russia, la Cina), c’è anche in Italia, ma non viene più utilizzata perché sarebbe diseconomico rispetto agli altri carbonfossili (vediamo come sono importanti i fattori economici-produttivi). Il carbone si genera attraverso un processo di decomposizione di legnami nelle foreste, in ambiente anaerobico (cioè privo di ossigeno), ed è così che si originano depositi carboniferi (l’Europa ne ha alcuni in Inghilterra, nella valle della Ruhr, nella Slesia a confine tra Germania e Polonia, infine a Donbass), questo è quanto è successo 300/400milioni di anni fa e ad oggi viene sfruttata questa risorsa. Capiamo che è una risorsa limitata per l’uomo (si stima che c’è ne sarà ancora per 100-150 anni), esistono varie forme di carbone ma non tutte sono efficienti e di buona qualità (la migliore è l’antracite e la lignite), la Cina, l’India, gli Stati Uniti e l’Australia sono degli Stati ricchissimi di carbone, ma gli impianti carboniferi sono anche molto inquinanti. In Italia ci sono centrali carbonifere localizzate lungo le aree costiere, e circa il 12% della nostra energia viene dal carbone. PETROLIO è un materiale organico, si origina attraverso un processo di decomposizione dei legnami in 2. condizioni anaerobiche ad elevata pressione, subiscono poi trasformazioni per cui si trovano allo stato liquido o gassoso, spesso ai giacimenti di petrolio sono associati anche materiali gassosi. I primi processi di trivellazione, grazie all’evoluzione tecnologia, si sono avuti circa alla metà dell’800’ quando diviene anche una risorsa; il petrolio ha un potere calorifero molto elevato, ci vuole poco per avere una buona efficienza, è anche difficilmente infiammabile (il comburente più a rischio è il gas), è anche più facile da trasportare. Il medio Oriente è il maggior produttore di petrolio, come i Paesi Arabi, il Venezuela, gli Stati Uniti, l’Algeria, la Libia, sono paesi protagonisti mondiali di una risorsa limitata. Il geofisico americano Hubbert, nel 1956, predice che il petrolio, risorsa fossile importantissima per il suo potere calorifico, finirà presto, e quindi la società dovrà sfruttare qualcos’altro: in realtà per fattori economici, le cose non sono andate proprio così, perché il petrolio a differenza del carbone era più economico estrarlo, si sono cercati dei modi per recuperare questa risorsa, cosa che hanno fatto gli Stati Uniti che a partire dagli anni 2000 hanno visto una crescita di produzione del petrolio. Una tecnologia utilizzata per estrarre il petrolio è la tecnica della fratturazione idraulica, sfruttata perlopiù in aree anecumeniche, che determina un fortissimo inquinamento perché nelle falde acquifere vengono inseriti anche elementi chimici, non solo acqua, e questo comporta gravi disastri ambientali GAS è un sottoprodotto del petrolio, il protagonista mondiale del gas è la Russia, è tra i carbonfossili 3. quello che produce meno CO2, oltre il 70% del gas è concentrato tra medio oriente, Russia e Qatar, oggi si parla tanto di rigassificatori sono infatti degli strumenti che portano il materiale dallo stato liquido (il gas si trasforma allo stato liquido per poterlo trasportare all’interno delle navi) allo stato gassoso. Il gas era un prodotto di scarto fino agli anni 90’, perché non era considerato come prodotto, ora è una risorsa fondamentale. L’Italia è un paese che sfrutta anche il gas che arriva dalla Russia, dalla Slovenia, dalla per produzione di elettricità e la combustione del carburante delle autovetture, questo porta a conseguenze come la perdita di clorofilla nelle piante che perdono le proprie foglie. Le piogge acide colpiscono anche i beni culturali, come i monumenti i marmo, che si deteriorano. La Deforestazione, è un qualcosa che l’uomo fa sempre per poter fare agricoltura (la seconda rivoluzione • agricola ha ridotto al minimo la presenza delle foreste, per poter avere più aree coltivabili), ora i paesi africani, come il Congo, o anche i paesi del Sud America, sono quelli più a rischio di deforestazione, sicuramente questo fenomeno avanza sempre di più in Africa mentre in Sud America sta diminuendo. Le foreste, che, perlopiù, vengono abbattute, sono quelle equatoriali, ad elevatissima biodiversità poste a bassissima latitudine, una delle più note è la foresta amazzonica, in Brasile ad esempio i terreni deforestati sono adibiti alla produzione di monocolture di olio di soia da cui si possono ricavare i biocombustibili (sono combustibili ottenuti da componenti di natura animale o vegetale e non da fonti fossili), olio di palma che viene utilizzato non solo per gli alimenti ma anche per la produzione di biocombustibili. L’Aumento del livello del mare. • Per combattere questi effetti negativi dell’effetto serra, si sta parlando molto di energie rinnovabili, energie che non hanno alcun impatto sull’ambiente e non vanno a deteriorare il nostro Pianeta. COS’È LO SVILUPPO SOSTENIBILE? È diventato il modello di riferimento come risposta all’impatto che l’uomo ha sulla Terra: se nell’800’ l’uomo non sapeva di essere impattante sull’ambiente, oggi è ben conscio te dei danno che può provocare all’ambiente, e quindi cerca di migliorare, di crescere. Lo scorso secolo si è iniziato a prendere consapevolezza che lo sviluppo ha dei limiti. Questo modello riguarda soprattutto i paesi post-industriali, dove si parla di industria 4.0, i concetti chiave sono: CRESCITA, si misurano le trasformazioni attraverso indici di natura • quantitativa, il cui paradigma dominante è lo sviluppo economico, cioè l’insieme delle modifiche nella struttura economica, sociale (come il miglioramento della sanità, dell’istruzione sono uno sviluppo, una crescita), istituzionale e politica necessarie per realizzare la transizione da un’economia agricola precapitalista ad una economia capitalista industriale. Un esempio di questa società è la Cina, è un paese in cui si è verificata questa crescita perché sono migliorati i parametri quantitativi, quindi il PIL, la Cina procede a passi da gigante per quanto riguarda il prodotto interno lordo (la ricchezza di uno stato), anche il reddito pro capite, gli incrementi in termini di importazione ed esportazione, tutto ciò è CRESCITA ECONOMICA che ha benefici sulla società. Anche l’Italia è passata da una società rurale a una società in cui c’è molto benessere. Crescita economica significa anche crescita di una tecnologia che permette di aumentare la capacità di carico (carrying capacity); questa situazione riguarda anche altri paesi emergenti dal punto di vita industriale, non solo la Cina, ma anche il Brasile, Russia, India e Sud Africa, sono paesi che danno molta importanza alla crescita/sviluppo economico e ai relativi parametri. Negli anni 70’ questa idea della crescita economica viene messa in forte dubbio dalla crisi petrolifera di quegli anni, perché ci si rende conto che il petrolio è una risorsa importante, e che non è illimitato, inoltre si aggiunge che la capacità di resilienza di un territorio non deve essere superata. SVILUPPO, è un processo che implica sempre trasformazioni • qualitative, senza escludere trasformazioni quantitative, nel 1987, la ministra norvegese Brundtland, parla di sviluppo sostenibile, con cui si introduce il nuovo concetto di eredità di ricchezze, l’uomo deve avere un comportamento resiliente nei confronti dell’ambiente per non rovinarlo e pensare che sarà utile alle generazioni future, si devono limitare gli utilizzi delle fonti fossili, si promuovono così politiche sostenibili, il cui obiettivo è passare da una società rurale ad una società post-industriale con tre obiettivi: CRESCITA ECONOMICA, EQUITÀ SOCIALE che può essere intragenerazionale (cioè è attenta alle trasformazioni qualitative solo all’interno di quella società) o intergenerazionale (cioè è attenta anche alle generazioni future), TUTELA DELL’AMBIENTE. Capiamo che lo sviluppo sostenibile non è solo AMBIENTE, ma è il terzo pilastro portante di questo concetto, a cui si arriva tramite altri due concetti importanti che sono l’economia e la socialità, infatti chi ha problemi economici e sociali, pensa prima a risolvere questi ultimi e poi può pensare dai problemi ambientali (come l’India che pur avendo una grande ricchezza ha problemi a livello sociale e non può dare priorità all’ambiente). La Cina è la leadership mondiale nell’utilizzo di fonti rinnovabili.
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