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Controstoria del liberalismo, Sintesi del corso di Filosofia

riassunto fatto bene e con appunti personali del manuale

Tipologia: Sintesi del corso

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Scarica Controstoria del liberalismo e più Sintesi del corso in PDF di Filosofia solo su Docsity! CONTROSTORIA DEL LIBERALISMO 1. CHE COS’E’ IL LIBERALISMO? 1. Una serie di domande imbarazzanti Il liberalismo è la traduzione di pensiero che mette al centro della sua preoccupazione la libertà dell’individuo, misconosciuta o calpestata invece dalle filosofie organicistiche di diverso orientamento. Callaoun proclama che la schiavitù è “un bene positivo” al quale la civiltà non può in alcun modo rinunciare. Egli denuncia ripetutamente l’intolleranza e lo spirito di crociata, ma non permettere in discussione l’asservimento dei neri o la caccia spietata agli schiavi fuggitivi Lord Acton , figura di primo piano del liberalismo delle seconda metà dell’800. Agli occhi di Acton, Callboun è un campione della causa della lotta contro l’assolutismo in ogni sua forma, compreso L’”assolutismo democratico”: gli argomenti da lui utilizzati sono la vera perfezione della verità politica”; si ha a che fare con uno dei grandi autori e dei grandi spiriti della tradizione e del pantheon liberali. Locke è “l’ultimo grande filosofo a cercare di giustificare la schiavitù assoluta e perpetua”. Ciò non gli impedisce per altro di bollare con parole di fuoco la “schiavitù”politica che la monarchia assoluta vorrebbe imporre, in modo analogo, in Callboun la teorizzazione della schiavitù nera come “bene positivo” va di pari passo con la messa in guardia contro un accentramento di poteri che rischia di trasformare “i governanti” in “schiavi dei governanti”. Francis Hutcheson è l’indimenticabile maestro di Adam Smith. La schiavitù può essere un’utile punizione: essa dev’essere il castigo normale per quei vagabondi fannulloni che, anche dopo essere stati giustamenti ammoniti e sottoposti a servitù temporanea, non riescono a mantener se stessi e le proprie famiglie con un lavoro utile. Calhoun legittima la schiavitù facendo riferimento anche lui all’arretratezza e alla minorità delle popolazioni di origine africana. Mill , ogni mezzo è lecito per chi si assume il compito di educare le tribù selvagge; la schiavitù è talvolta un passaggio obbligato per condurle al lavoro e renderle utili alla civiltà e al progresso. Questa è l’opinione anche di Calhoun. 2. La rivoluzione americana e la rivelazione di una verità imbarazzante Blackstone rinvia a Montesquieu, il quale parla dell’Inghilterra come di una nazione che ha per scopo diretto della sua Costituzione la libertà politica. L’Inghilterra è attualmente il paese più libero del mondo, senza escludere alcuna repubblica, la nazione libera, il popolo libero per eccellenza. Millar è un discepolo di Smith. Allorché dichiara che al governo libero, controllato dai proprietari di schiavi, preferisce il governo dispotico, capace di cancellare l’infamia della schiavitù, egli fa esplicito riferimento all’America. 3. Il ruolo della schiavitù fra le due rive dell’Atlantico Nella rivoluzione americana svolge un ruolo di primo piano la Virginia: qui è presente il 40% degli schiavi del paese, ma di qui proviene il maggior numero di protagonisti della rivolta scoppiata in nome della libertà. È questa colonia ovvero questo stato, fondato sulla schiavitù, a fornire al paese i suoi statisti più illustri: basti pensare a George Washington e a James Madison e Thomas Jefferson, tutti e tre proprietari di schiavi. L’Inghilterra scaturita dalla Gloriosa Rivoluzione non si limita a non mettere in discussione la tratta dei neri; uno dei primi atti di politica internazionale della nuova monarchia liberale consiste nello strappare alla Spagna il monopolio del commercio degli schiavi. Sul versante opposto, la rivoluzione scoppiata sull’altra riva dell’Atlantico in nome della libertà comporta la consacrazione ufficiale dell’istituto della schiavitù e la conquista e l’esercito per lungo tempo dell’egemonia politica da parte dei proprietari di schiavi. 4. Olanda , Inghilterra, America Locke scrive la sua prima Lettera sulla tolleranza in Olanda, in quel momento il centro della cospirazione contro l’assolutismo Stuart, ed è sempre in Olanda che nasce Bernard de Mandeville, senza dubbio una delle figure più importanti del primo liberalismo. Gli olandesi diressero il primo serio commercio di schiavi per fornire la manodopera necessaria alle piantagioni di zucchero: quando persero le piantagioni cercarono di restare sulla scena come mercanti di schiavi, ma nel 1675 terminò la supremazia olandese lasciando il campo alla Royal African Company appena fondata dagli inglesi. Della Royal African Company Locke è azionista. Fino alla metà del 600 a detenere “il predominio” sul commercio di schiavi è il paese in cui ha luogo il prologo delle successive rivoluzioni liberali, è l’Olanda: ancora all’inizio del 18 secolo tutti i suoi possedimenti sono fondati sulla schiavitù o sul lavoro coatto. Se per un verso è sinonimo di libertà, per un altro verso l’Olanda è in questo momento sinonimo di schiavitù, e di schiavitù particolarmente efferata. L’olanda abolisce la schiavitù nelle sue colonie solo nel 1863, quando oramai la confederazione secessionista e schiavista del sud degli stati uniti si avvia alla disfatta. 5. Irlandesi indiani e abitanti di Giava L’Inghilterra, proclama Paine nel 1776 , è la potenza barbara e infernale che ha incitato i neri e gli indiani a distruggerci” ovvero a tagliare la gola degli uomini liberi in America.. Per quanto riguarda più propriamente l’Olanda: più caratteristico di tutti è il suo sistema del furto di uomini a Celebes per ottenere schiavi per Giava. La gioventù rubata veniva nascosta nelle prigioni segrete di Celebes finché era matura a essere spedita sulle navi negriere, dove gli olandesi mettevano piede, seguivano la devastazione e lo spopolamento. La colonizzazione dell’Irlanda è il modello della successiva colonizzazione del Nord America. Se l’impero britannico nel suo complesso travolge irlandesi e neri, indiani e neri sono le principali vittime dell’espansionismo territoriale e commerciale prima delle colonie inglesi in America e poi degli Stati Uniti. 6. Grozio, Locke e i padri fondatori: una lettura comparata E’ in Grozio, che emerge la giustificazione esplicita e insistente della schiavitù. Essa è talvolta la punizione di un comportamento delittuoso. A doverne rispondere non sono solo singoli individui: anche i popoli possono essere ridotti a un assoggettamento pubblico a punizione di un crimine pubblico. Oltre che in quanto ribelli al Re dell’universo, gli abitanti dell’America e dell’Africa possono cadere in schiavitù anche in conseguenza di una guerra giusta, condotta da una potenza europea. I prigionieri fatti nel corso di un conflitto armato, proclamato solennemente e nelle forme dovute da parte della suprema autorità di uno Stato, sono legittimamente schiavi. E schiavi legittimi sono anche i loro discendenti. In quanto schiavo di colui che gli ha risparmiato la vita, il prigioniero entra a far parte della proprietà del vincitore, e tale proprietà può essere trasmessa per via ereditaria o essere oggetto di compravendita, esattamente come la proprietà delle cose. In conclusione, da un lato Grozio rende omaggio al “popolo libero”, che in Olanda si è avvalso del suo diritto di resistenza, dall’altro non ha difficoltà a giustificare la schiavitù e perfino quella sorta di caccia alle “bestie selvagge”, in atto in America a danno dei pellerossa. Gloriosa Rivoluzione e a Locke. I due trattati sul governo possono essere considerati momenti essenziali della preparazione e consacrazione di questo avvenimento che segna la nascita dell’Inghilterra liberale. Oltre che alla tratta degli schiavi, il filosofo liberale inglese è interessato alla marcia espansionistica dei coloni bianchi. Il secondo trattato fa riferimento al “selvaggio indiano”, che si aggira nelle foreste vergini e incolte praterie dell’America. Ignorando il lavoro e occupando una terra non messa a frutto dal lavoro, egli abita in zone che non appartengono a nessuno. Assieme al lavoro e alla proprietà privata, gli indiani ignorano anche il denaro: essi risultano non solo estranei alla civiltà ma anche non associati al resto dell’umanità. Per il loro comportamento, sono oggetto di una condanna che non proviene solo dagli uomini: indubbiamente da Dio. Documenti che presiedono alla terza rivoluzione liberale e alla fondazione degli Stati Uniti. A prima vista la Dichiarazione d’indipendenza e la Costituzione del 1787 sembrano ispirate e compenetrate da un pathos universalistico della libertà: tutti gli uomini sono stati creati uguali – è l’attacco solenne del primo documento; è necessario salvaguardare per noi stessi e per i nostri posteri il dono della libertà – è l’attacco non meno solenne del secondo. 7. Lo storicismo volgare e la rimozione del paradosso del liberalismo Secondo Hannah Arendt, a caratterizzare la rivoluzione americana è il progetto di realizzare un ordinamento politico fondato sulla libertà, mentre la persistenza della schiavitù nera rinvia a una tradizione culturale diffusa in modo omogeneo sulle due rive dell’Atlantico. 8. Espansione coloniale e rinascita della schiavitù: le posizioni di Bodin , Grozio e Locke Pur essendo contemporanei in quanto entrambi a cavallo tra 500-600, Ugo Grozio da un lato e Bodin dall’altro esprimono posizioni direttamente contrapposte. Il primo giustifica la schiavitù richiamandosi all’autorità sia della bibbia sia di Aristotele, il secondo confuta entrambi gli argomenti. Bodin conclude : “i popoli delle tre religioni hanno tagliato per metà la legge di Dio che riguarda la schiavitù, come se il divieto di questo istituto riguardasse soltanto i consanguinei piuttosto che l’umanità nel suo complesso. Bodin respinge anche la tesi di Aristotele secondo cui ci sarebbero uomini e schiavi per natura. A conferma di ciò, si ama spesso citare il fatto della diffusione universale nel tempo e nello spazio dell’istituto della schiavitù; ma , obietta l’autore francese non meno universalmente diffuse sono le rivolte degli schiavi. Grozio e Bodin sono contemporanei, se il primo è espressione dell’Olanda liberale, il secondo è un teorico della monarchia assoluta, ma è il secondo, non il primo a mettere in discussione il potere assoluto che il padrone esercita sui suoi schiavi. Bodin traccia una breve storia della schiavitù nel mondo o, più propriamente, in Occidente e nell’area geografica da esso dominata. Se Locke, campione della lotto contro l’assolutismo monarchico, giustifica il potere assoluto del padrone bianco sullo schiavo nero, a condannare tale potere è un teorico dell’assolutismo monarchico qual è Bodin. Bodin condanna la schiavitù anche per i vagabondi e fannulloni. Sono le forze dell’Antico Regime a svolgere un’azione di freno e di contenimento nei confronti del nuovo rappresentato dalla schiavitù razziale. CAPITOLO 2 LIBERALISMO E SCHIAVITU’ RAZZIALE: UN SINGOLARE PARTO GEMELLARE 1. L’imitazione del potere ed emergere di un potere assoluto senza precedenti A metà del 700 è la Gran Bretagna a possedere il maggior numero di schiavi (878.000). A occupare il secondo posto è il Portogallo. Agli occhi di Jhon Weslei, la “schiavitù americana” è la più vile mai apparsa sulla terra”. La schiavitù nella sua forma + radicale trionfa nei secoli d’oro del liberalismo e nel cuore del mondo liberale. Ci sono 2 tipi di schiavitù: “”ancillare(ovvero domestica) e quella sistemica legata alle piantagioni (lavoratore all’interno della piantagione),la prima si è molto diffusa nel 700 in spagna, la seconda in America del sud. Un abisso separa uomo libero bianco, da schiavo nero, vietato qualsiasi contatto tra i due, ne matrimoni ne rapporti sessuali, la pelle era una prigione, nero = schiavo per generazioni. Per limitazione del potere si intende: limitazione della libertà personale degli schiavi ridotti a oggetti. Per potere assoluto senza precedenti: Il bianco si accentra tutto il potere, vita/morte delle persone o se preferite degli oggetti che ha comprato al mercato (schiavi). Senza precedenti, perché non era mai successo che degli uomini si sentissero autorizzati a sterminare, uccidere e essere convinti di fare bene. di lavoro in un edificio “panottico”, che consenta al direttore di esercitare un controllo segreto e totale, e cioè di osservare in qualsiasi momento ogni singolo aspetto del comportamento degli ignari detenuti. Case di lavoro chiamate a funziona come case azienda. 4. Il servo come soldato È lo stesso Bentham a paragonare la condizione del detenuto nelle case di lavoro a quella del soldato. Calhoun denuncia come Franklin, la schiavitù dei marinai arruolati forzosamente. La figura del soldato tende a coincidere con quella del servo. 5. Codice penale , formazione di una forza – lavoro coatta e processo di colonizzazione Il mestiere del soldato è affidato soprattutto a uomini provenienti dalla forca. Si comprendono allora le difficoltà del reclutamento militare: “le prigioni vengono rovistate per tirarne fuori malfattori da arruolare. Locke esige ripetutamente la schiavitù penale per colui che attenta la vita o alla proprietà di un altro. Nello stato di natura la persona danneggiata ha il potere di appropriarsi dei beni o dei servigi di colui che l’ha offesa. La teoria della guerra coloniale come guerra giusta e la teoria della schiavitù penale legittimano e stimolano la deportazione rispettivamente degli schiavi neri e ei semischiavi bianchi di cui ha bisogno lo sviluppo delle colonie. E’ in tal modo che viene alimentata una fonte inesauribile di forza-lavoro coatta. 6. I servi a contratto È una forza-lavoro che si rileva preziosa al fine di popolare e mettere a frutto le colonie via via conquistate. Il servo contrattuale, nel momento in cui stipula il contratto, lungi dall’essere ostacolato nella sua libertà, egli la esercita nel modo che più gi conviene. Per la durata del contratto, il servo non può esercitare la libertà da lui ceduta, ma è una regola generale che la libertà di un individuo non si estende mai sino al punto di nuocere agli altri. 7. Il “grande ratto erodiano dei fanciulli” poveri Fra la forza-lavoro coatta chiamata ad assicurare lo sviluppo delle colonie c’erano anche i fanciulli di condizione povera, tratti in inganno con qualche dolciume, rapiti e deportati al di là dell’atlantico. Altre volte, arrivavano in America assieme ai loro genitori, però spesso erano costretti a venderli per non vederli mai più. La società può disporre in modo totale dei figli dei poveri. 8. Centinaia o migliaia di miserabili “quotidianamente impiccati per delle inezie” Nella stessa Inghilterra il godimento pieno di una sfera privata di libertà garantita dalla legge, la libertà moderna o negativa, è il privilegio di una ristretta minoranza. Locke, l’avvio del lavoro dei bambini poveri già a partire dall’età di tre anni è una misura benefica non solo sul piano economico ma anche su quello morale: essa offre l’opportunità di obbligarli a recarsi in chiesa con regolarità ogni domenica, insieme coi propri maestri e maestre, e per questo mezzo d’insegnar loro il senso della religione. A sua volta Mandeville esige che la frequentazione domenicale della chiesa diventi un obbligo per ipoveri e gli illetterati. 9. Un Intero dalle caratteristiche singolari Mandeville, Blackstone , Locke chiamano ripetutamente a non perdere mai vista l’interesse pubblico, il bene della nazione , il bene pubblico, la salvezza del popolo ovvero la “sopravvivenza della totalità” dello Stato nel suo potere. Mandeville :” per rendere felice la società è necessario che la grande maggioranza rimanga sia ignorante che povera. 10. Lavoro salariato e categoria della schiavitù Mandeville nel condannare la diffusione dell’istruzione tra i ceti popolari, paragona il lavoratore salariato a un cavallo: “nessuno si sottomette volentieri ai propri eguali e se un cavallo sapesse tutto quello che sa un uomo, non vorrebbe di certo essere il suo cavaliere”. Burke sussume il lavoratore salariato sotto la categoria di instrumentum vocale. Sieyès parla della maggior parte degli uomini, definiti “macchine da lavoro, strumenti di lavoro” o “strumenti umani della produzione” ovvero “strumenti bipedi”. Smith: a causa della costrizione e della monotonia del lavoro, un lavoratore salariato “in genere diviene tanto stupido e ignorante quanto può esserlo una creatura umana, incapace di prendere parte a una qualsiasi conversazione razionale” e di concepire un qualsiasi sentimento generoso. Gli schiavi sono considerati incapaci di avvertire pienamente l’umiliazione, le frustrazioni, gli affetti, il dolore così come tutti gli altri sentimenti che caratterizzano la vita spirituale dell’uomo. CAPITOLO 4- ERANO LIBERALI L’INGHILTERRA E GLI STATI UNITI DEL 700-800? 2- Dominio assoluto e obblighi comunitari dei proprietari di schiavi A partire da Constant, la libertà moderna ovvero liberale è stata descritta e celebrata come il tranquillo godimento della proprietà privata. Ma i proprietari di schiavi sono in realtà sottoposti a tutta una serie di obblighi pubblici. Sulla sua legittima proprietà il padrone di schiavi esercita un potere assoluto, ma non fino al punto di poter liberamente mettere in discussione l’avvenuto processo di reificazione e mercificazione. Significativa è la legislazione che vieta i rapporti sessuali e matrimoniali interraziali. In Virginia agli inizi del Settecento, a essere puniti non erano solo i diretti responsabili del rapporto sessuale o matrimoniale; “pene estremamente severe” potevano essere combinate al sacerdote colpevole di aver consacrato il legame famigliare interraziale. E dunque, assieme alla “libertà di contratto” era in qualche modo colpita la stessa libertà religiosa. Il nero libero sorpreso a violare il divieto di miscegenation , rischia di essere venduto come schiavo. La legislazione di New York trasforma automaticamente in schiavi tutti i figli nati da madre schiava. A far rispettare il divieto di miscegenation intervengono , negli anni 50 dell’800 , bande di vigilantes impegnate a spiare intimidire, e colpire i bianchi inclini a subire il fascino delle loro schiave e di donne di colore. 3. Tre legislazioni, tre caste, una “democrazia per il popolo dei signori” Stato razziale, articolato in “ 3 caste, i bianchi liberi, la gente di colore libera, la gente di colore schiava”. L’assoluta centralità della linea di colore stimola lo “spirito di eguaglianza”nell’ambito della comunità bianca, col dileguare abbastanza rapido delle discriminazioni più odiose. Hamilton distinzione tra libertà e schiavitù: nel primo caso un uomo è governato da leggi alle quali egli ha dato il suo consenso; nel secondo caso è governato dalla volontà di un altro. La discriminazione razziale esercita negli Stati Uniti un ruolo decisivo a livello nazionale. Herrenvolk democracy , cioè di democrazia che vale solo per il “popolo dei signori”. La netta linea di demarcazione, tra bianchi da una parte e neri e pellerossa dall’altra, favorisce lo sviluppo di rapporti di uguaglianza all’interno della comunità bianca. I membri di un’aristocrazia di classe o di razza tendono ad auto-celebrarsi come i pari; la netta diseguaglianza imposta agli esclusi è l’altra faccia del rapporto di parità che s’istaura fra coloro che godono del potere di escludere gli inferiori. 4. I liberi, i servi, gli schiavi Locke distingue nettamente fra tre gruppi: gli uomini “per legge di natura soggetti al dominio assoluto e al potere incondizionato dei loro padroni, ovvero sottoposti a una condizione di schiavitù perfetta, sono gli schiavi neri provenienti dall’Africa”, “abbiamo poi i liberi e infine i servi bianchi consanguinei dei liberi”. La persona venduta non è certo soggetta ad un potere assoluto, arbitrario e dispotico: il padrone non ha in nessun momento il diritto di uccidere colui che ad un certo punto dovrà assolvere dal suo servizio. Locke, schiavitù imperfetta definita col termine di servitù o servaggio. 5- L’Inghilterra e le tre caste Wakefield, ritiene di poter distinguere tre figure, l’uomo libero, lo schiavo, il miserabile. 6- La riproduzione della casta servile e gli inizi dell’eugenetica I lavori + pensanti e peggio pagati sono affidati a un ceto che tende a riprodursi di generazione in generazione e dunque a una sorta di casta ereditaria servile. La riproduzione di questa casta o razza è assolutamente necessaria. Secondo Mandeville, è assolutamente da evitare, l’accesso all’istruzione dei poveri laboriosi: ne risulterebbe compromesso l’equilibrio della società. 7- Il liberalismo introvabile del regno unito di gran Bretagna e Irlanda Gli Irlandesi rappresentano per l’Inghilterra, quello che i neri sono per gli USA, si tratta di due fenomeni della stessa natura. In Irlanda la miscegenation è un reato punito con grande severità: un prete colpevole di celebrare clandestinamente un matrimonio misto può perfino essere condannato a morte. In Irlanda si cerca di ostacolare l’accesso della popolazione nativa all’istruzione. I non- conformisti (fra i quali gli ebrei) erano privi non solo dell’eguaglianza politica ma anche della piena eguaglianza giuridica. Locke, alla schiavitù politica contrappone una libertà intesa come il non essere soggetto a nessun potere legislativo fuori di quello fondato per comune consenso nella civitas. L’aristocrazia inglese mirava a svolgere realmente una funzione politica di primo piano. La stessa Camera bassa del Parlamento fu essenzialmente un club di proprietari terrieri fin quasi alla fine dell’Ottocento. L’aristocrazia esercitava direttamente il potere politico. Elemento costitutivo di un regime liberale dovrebbe essere la competizione fra diversi candidati. Molte elezioni avvenivano senza contrasti. 8- Liberalismo “individualismo proprietario,”società aristocratica Nel Settecento e Ottocento non si parla più di liberalismo, ma di individualismo proprietario. In questo periodo il potere politica inizia a presentarsi come violenza; e a questa violenza è bene resistere. L’individuo si riprende il potere che aveva nello stato di natura, che consiste nell’utilizzare tutti i mezzi adatti e che la natura gli offre per la sua proprietà. L’ambito della legalità è l’ambito del rispetto della proprietà privata, mentre la violenza è definita in primo luogo dalla sua violazione. L’individualismo proprietario si concentra sulla comunità bianca nella metropoli capitalistica e sul conflitto proprietari/ non- proprietari; promuove e legittima colossali espropriazioni a danno degli irlandesi e dei pellerossa. Esso conferma l’autocoscienza ideologica delle classi che in Inghilterra e in America arrivano al potere agitando le parole d’ordine della libertà e della proprietà. L’Inghilterra non è che una vasta, opulenta e vigorosa aristocrazia. 9- La “democrazia per il popolo dei signori”tra Stati Uniti e Inghilterra Constant non ha dubbi: l’Inghilterra è il paese in cui “le differenze sociali sono più rispettate” (a tutto vantaggio dell’aristocrazia), ma in cui , al tempo stesso, “i diritti di ciascuno sono + garantiti”. E questa è l’opinione anche di Tocqueville. Concezione aristocratica intesa non come diritto comune bensì come privilegio. E’ quest’ultima visione a prevalere in Inghilterra, come nelle società aristocratiche con la conseguenza che non c’è posto per la libertà generale. Tocqueville osserva che negli Stati Uniti i bianchi si rifiutano di riconoscere nei neri “i tratti generali dell’umanità”. Ma anche in Inghilterra le diseguaglianze sono cosi nette e invalicabili che vi sono “tante diverse umanità quante sono le classi”. La società scaturita in Inghilterra dalla Gloriosa Rivoluzione si configura come una sorta di “democrazia per il popolo dei signori”, a condizione , si intende di interpretare questa categoria in un senso non puramente etnico. L’autore che in Inghilterra meglio esprime l’ideale della democrazia per il popolo dei signori è Sidney. Fortissima è in lui l’insistenza sull’eguaglianza degli uomini liberi. Esso è un autore di riferimento per la comprensione dei principi generali di libertà cui s’ispirano gli Stati Uniti. Sidney è un ammiratore della libertà polacca, di un paese dove la servitù della gleba nella sua forma più dura, cui sono sottoposti i contadini, si intreccia con la ricca vita politica dell’aristocrazia che domina la Dieta e rende omaggio alla libertà repubblicana. CAPITOLO 5: LA RIVOLUZIONE IN FRANCIA E A SANTO DOMINGO, LA CRISI DEI MODELLI INGLESE E AMERICANO E LA FORMAZIONE DEL RADICALISMO SULLE DUE RIVE DELL’ATLANTICO 1. Il primo inizio liberale della rivoluzione francese Il popolo inglese è l’unico sulla terra che sia giunto a moderare il potere dei re, è l’unico autenticamente libero. Due anni prima della presa della Bastiglia e dell’intervento delle masse popolari sulla scena politica, il modello inglese sembra dover trionfare anche in Francia: sostenuti da un largo consenso popolare, i parlamenti nobiliari sfidano l’assolutismo monarchico: “il liberalismo aristocratico”diventa il portavoce di una “rivendicazione liberale”. La nobiltà che , si apre alla borghesia, i parlamenti francesi sembrano per un momento destinati a tenere a battesimo l’avvento di una monarchia costituzionale e a svolgere una funzione analoga a quella della camera dei pari e della camera dei comuni in Inghilterra. Purtroppo questo momento felice e promettente è stato di breve durata. La svolta rovinosa ha luogo allorché , nel corso della riunione degli stati generali indetta dal re , la buona costituzione che finalmente vedeva la luce, si impone l’abbandono della tradizione per cui gli ordini sedevano in camere separate e si decide il passaggio al voto per testa, con la conseguente trasformazione, il 9 luglio, degli stati generali in assemblea nazionale costituente, nell’ambito della quale l’ex terzo stato gode ormai della maggioranza. Ecco irrompe la cattiva costituzione, che dissolve l’intero di una massa incongrua e mal connessa. Tutto inizia il 9 luglio. La rivoluzione francese risulta fatalmente degenerata ancor prima della presa della Bastiglia e dall’intervento delle masse popolari, in un certo senso ancor prima di iniziare. Tocqueville dopo il ’48, procede a un’esaltazione del periodo in cui il movimento è diretto dai Parlamentari, tutti protesi a rovesciare l’antico potere assoluto e il vecchio sistema arbitrario e a conquistare la libertà politica, nell’ambito di una lotta promossa e diretta non già dalle classi basse ma da quelle più alte. Tocqueville sottolinea che siamo in presenza di una autentica rivoluzione. Guizot , indica nell’irrompere della lotta del terzo stato contro la nobiltà e il clero, il momento in cui la rivoluzione francese cessa di avere per obbiettivo la libertà, per mirare esclusivamente al potere. 2. Parlamenti, diete, aristocrazia liberale e servitù della gleba Per Burke, la rivoluzione in Francia avrebbe dovuto in ultima analisi limitarsi a liberalizzare l’antico regime. Ad ammirare la Polonia è anche Sidney. Essa è animata dalla amore per la libertà: lo dimostra fra l’altro il fatto che il re è il risultato di un’elezione popolare, e cioè di una designazione da parte della Dieta nobiliare. In Burke c’è perfetta coerenza fra i riconoscimenti tributati alla Polonia e quelli tributati ai Parlamentari francesi. In conclusione: “ le diete, gli stati, i parlamenti e i consigli, tutti difendevano la libertà con coraggio, e professavano molte idee genuinamente liberali, ma , al tempo stesso, chiaramente insistevano sul mantenimento o su un allargamento dei loro privilegi”. Il liberalismo aristocratico rappresentato in Francia dai parlamenti ha dunque una larga diffusione in Europa e in particolare in Europa centro-orientale. Montesquieu si esprime negativamente sulla Polonia, dove i contadini sono schiavi della nobiltà. Esso vede all’opera la libertà nelle colonie inglesi in America ma non in Polonia. 3. La rivoluzione americana e la crisi del modello inglese A Parigi il modello inglese va incontro a una rapida sconfitta. Nel processo che mette in crisi in Francia il modello inglese, il momento di svolta è costituito dalla rivoluzione americana. Condorcet guarda in primo luogo all’America, col suo magnifico spettacolo dell’eguaglianza. Ora non ci si richiama + all’Inghilterra, da cui è scaturita la terra liberale, ma anche aristocratica, bensì alla felice rivoluzione di oltre atlantico, che ha dato vita a una realtà politico-sociale nettamente superiore: “non c’è alcuna distinzione di ordini” e “non c’è nulla che confini una parte della specie umana in un abiezione che la consegna alla stupidità cosi come alla miseria”. Secondo Diderot il nuovo paese , offre “a tutti gli abitanti dell’Europa un asilo contro il fanatismo e la tirannia, costituisce un modello alternativo rispetto all’Antico Regime. Nel 1787 Brissot e Clavière, due personalità destinate a svolgere un ruolo di primo piano nella rivoluzione francese, pubblicano un libro dedicato al Congresso americano e agli amici degli Stati Uniti nei due mondi e tutto attraversato dall’ammirazione per i liberi americani e la libera America, per la sua costituzione libera ed eccellente e per i suo nobili costumi repubblicani. Malouet, diviene il portavoce degli interessi dei proprietari di schiavi nelle colonie e richiama l’attenzione sulle differenze radicali che sussistono tra Stati Uniti e Francia. Nel primo caso abbiamo una società interamente composta di proprietari già avvezzi all’eguaglianza. Nel secondo caso invece vediamo agitarsi una moltitudine immensa di uomini continente americano, all’istituto della schiavitù. Il radicalismo individua e denuncia la barbarie in primo luogo nei responsabili e nei complici di quella che è la violazione più macroscopica dei diritti e della dignità dell’uomo. Eredi critici del radicalismo possono essere considerati Marx ed Engels. 13. Liberalismo , auto- celebrazione della comunità dei liberi e rimozione della sorte inflitta ai popoli coloniali La rimozione della sorte inflitta ai popoli coloniali attraversa in profondità il discorso sviluppato dal liberalismo. L’auto-celebrazione della terra dei liberi ovvero del popolo dei liberi risulta tanto + persuasiva quanto + sorvola sulla schiavitù inflitta alle popolazioni coloniali o di origine coloniale: solo a questa condizione i rivoluzionari americani possono additare come modello di libertà l’Inghilterra ovvero gli Stati Uniti. Tocqueville descrive con lucidità e senza indulgenze il trattamento disumano imposto a pellerossa e neri. I primi sono costretti a subire i mali terribili che accompagnano le emigrazioni forzate cioè le successive deportazioni imposte dai bianchi, e sono ormai vicini a essere cancellati dalla faccia della terra. Per quanto riguarda i secondi, al di là delle dure condizioni materiali di vita, dell’esistenza precaria e miserabile, della miseria disperata e di una mortalità più elevata che tra gli schiavi, sul nero in teoria libero pesa anche l’esclusione dal godimento dei diritti civili oltre che politici: egli è sottoposto alla tirannia delle leggi e all’intolleranza dei costumi. Egli celebra come luogo della libertà uno dei pochi paesi del Nuovo Mondo in cui vige e fiorisce la schiavitù-merce su base razziale e che, al momento del viaggio del liberale francese, ha come presidente Jackson, proprietario di schiavi e protagonista di una politica di deportazione e decimazione a danno dei pellerossa. Laboulaye riconosce che la schiavitù fa sentire il suo peso oppressivo sullo stesso padrone bianco: a lui è negato il diritto di istruire e di emancipare liberamente il proprio schiavo, perfino se si tratta del figlio nato dal rapporto con una schiava; egli è obbligato dalla legge a infliggere allo schiavo colpevole le punizioni anche più drastiche, compresa quella della castrazione. 14. La questione coloniale e il diverso sviluppo del radicalismo in Francia, Inghilterra Stati Uniti Bentham inserisce la legittimazione della schiavitù domestica fondata sul colore tra le imperfezioni di dettaglio che si possono rinvenire perfino nel sistema impareggiabilmente felice degli Stati Uniti. Il liberale inglese insiste sul fatto che un progetto di emancipazione degli schiavi deve essere all’insegna di una gradualità estrema ed essere condotto esclusivamente dall’alto. Il radicalismo, col suo riconoscimento del diritto degli schiavi neri o dei semi schiavi irlandesi a impugnare le armi contro i loro padroni, costituiva una seria minaccia alla stabilità degli Stati Uniti e all’integrità territoriale del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda. Jefferson a prima vista è il più vicino al radicalismo. Egli interpreta in modo radicale il principio dell’uguaglianza, ma sempre nell’ambito della comunità bianca; non ha mai creduto alla possibilità di una convivenza su basi egualitarie di bianchi e neri. 15- Il riflusso liberale del radicalismo cristiano Negli Stati Uniti il radicalismo si forma su una base cristiana. 16- Liberalsocialismo e radicalismo Ad avvicinarsi al radicalismo è Kant intervenendo nel 1795, a un anno di distanza dall’abolizione della schiavitù nelle colonie francesi, individua le isole della canna da zucchero come le sedi della più crudele schiavitù che sia stata mai immaginata. Kant problematizza nettamente il confine tra civiltà e barbarie: è l’Inghilterra a rappresentare la causa della schiavitù e barbarie. Kant non si limita a criticare Pitt ma aggiunge che lo statista inglese ha ragione è odiato come un nemico del genere umano. Il radicalismo del filosofo tedesco non sfugge ai suoi contemporanei. Per quanto riguarda l’Inghilterra, ad avvicinarsi al radicalismo è John S. Mill, che individua nella schiavitù la più flagrante delle possibili violazioni dei principi liberali e bolla coloro che la difendono come le forze del Male. Egli è il teorico di una schiavitù nuova, di carattere temporaneo e pedagogico, a carico dei selvaggi. L’autore inglese afferma che l’ultima tappa della sua evoluzione è caratterizzata al tempo stesso dall’avvicinamento al socialismo e da una rinnovata diffidenza nei confronti della democrazia: a provocarla e giustificarla erano l’ignoranza e specialmente l’egoismo e la brutalità delle masse. Mill è lontano dalla democrazia abolizionista e radicale. La “democrazia per il popolo dei signori” può anche dare oltre e configurarsi come socialismo per il “popolo dei signori, mentre a definire il radicalismo è per l’appunto la polemica contro la protesta di un determinato gruppo etnico o sociale ad atteggiarsi a popolo dei signori”. Nel 1860, nel corso della seconda guerra dell’oppio, è Victor Hugo a rivelarsi l’erede del radicalismo con la sua denuncia della barbarie perpetrata dai sedicenti civilizzatori. CAPITOLO 6 LA LOTTA PER IL RICONOSCIMENTO DEGLI STRUMENTI DI LAVORO NELLA METROPOLI E LE REAZIONI DELLA COMUNITA’ DEI LIBERI 1. Lo strumento di lavoro diventa cittadino passivo Per quel che riguarda la Francia il quadro comincia a cambiare in modo sensibile a partire dalla rivoluzione, per qualche tempo Siejes parla indifferentemente dei lavoratori salariati come dell’insieme delle “macchine di lavoro” e delle macchini bipedi. Ma dopo il 14 luglio 1989 , egli avverte un bisogno nuovo, il bisogno di una maggiore chiarezza di linguaggio. Ecco allora distinguere fra diritti naturali e civili ovvero diritti passivi da un lato, e diritti politici ovvero diritti attivi dall’altro. I primi che comportano la protezione della persona , della proprietà, della libertà , competono a ogni uomo. L’ex macchina bipide si vede ora riconosciuta la dignità non solo di uomo ma anche di cittadino, e sia pure di una “cittadino passivo” escluso dalla partecipazione alla vita politica come lo sono le “donne”, i bambini , gli stranieri. Blackstone : il diritto di voto non può essere esteso a persone indigenti, che proprio per questo sono sotto il dominio immediato di altri. Ci si può chiedere se non sarebbe opportuno trasformare la “schiavitù del bisogno” di fatto esistente in una schiavitù sancita dalla legge, secondo il modello adottato in America per i servi bianchi a contratto. La Rivoluzione Francese mette in discussione la configurazione del servo quale semplice strumento di lavoro. Nella figura del cittadino passivo c’è qualcosa in +, essa è si l’espressione di una esigenza interna alla comunità dei liberi, ma anche e soprattutto una risposta alla lotta per il riconoscimento condotta dai servi della metropoli. 2. Invenzione della cittadinanza passiva e della libertà negativa e restrizione della sfera politica La concessione della cittadinanza passiva non ferma la lotta per il riconoscimento . in Inghilterra e in America, nel corso del conflitto con la monarchia, la comunità dei liberi aveva rivendicato una ben diversa libertà, per nulla disposta a rinunciare alla gestione della cosa pubblica. Ma è chiaro che questa piattaforma non può sopravvivere all’emergere di un movimento di lotta delle classi popolari, che protesta contro l’esclusione dei diritti politici e al tempo stesso pretende di modificare i rapporti di lavoro e le condizioni materiali di vita. l’elitè dominante sviluppa ora un discorso ben diverso la partecipazione alla vita politica non è un elemento essenziale della libertà; in secondo luogo i rapporti di lavoro e le condizioni materiali di vita rientrano in una sfera eminentemente privata, ed è dunque assurdo e illecito volerle modificare con l’azione politica. Ora la condizione che assoggetta l’operaio a una “stretta dipendenza”, lo costringe a lavorare in istituzioni simili al carcere, e a vendere la sua forza lavoro ad acquirenti i quali risultano in ultima analisi “padroni della sua esistenza”. 3. Leggi civili e leggi politiche La restrizione della sfera politica è cosi radicale da apparire paradossale. Nell’analizzare il sistema penitenziario vigente negli Stati Uniti Tocqueville richiama l’attenzione su una legislazione che getta i poveri in prigione anche per i debiti assolutamente insignificanti. Il liberale francese è costretto a riconoscere il peso non solo indiretto ma anche diretto che la ricchezza esercita sull’amministrazione della giustizia. Il “vagabondo” è rinchiuso in carcere senza aver commesso alcun reato. Peggio, in attesa del processo, il testimone o il querelante povero perde la libertà, mentre la conserva il ladro capace di pagare la cauzione. Tocqueville: “tra tutti i popoli moderni gli inglesi sono coloro che hanno infuso la maggiore libertà nelle loro leggi politiche e fatto l’uso + frequente della prigione nelle loro leggi civili”; gli americani, a loro volta, pur avendo largamente modificato le leggi politiche, hanno “conservato la maggior parte delle leggi civili “ dell’Inghilterra. Abituato com’è a Lois civiles , ben diverse , il viaggiatore proveniente dalla Francia esprime negli Stati Uniti il suo disappunto per una legislazione che gli appare “mostruosa”; ma “la massa degli uomini di legge” americani non si trova nulla da ridire ne la vede in contraddizione con la costituzione democratica. È proprio questo il punto di vista che Tocqueville finisce con l’assumere. 4. De politicizzazione e naturalizzazione dei rapporti economici e sociali Agli occhi di Burke è al tempo stesso folle e blasfemo ritenere che fra i compiti del governo ci sia quello di fornire ai poveri quanto la divina provvidenza ha voluto momentaneamente negare loro. La miseria è il risultato dello scontento divino, ed esso non può certo essere placato, mettendo in discussione le leggi del commercio, che sono le leggi della natura e di conseguenza di Dio. L’economia politica per un verso si fonde con la teologia, per altro verso tende a prendere il posto, nel senso che ora è tale “scienza” a essere chiamata a sancire e santificare i rapporti sociali esistenti. Tocqueville ritiene necessario diffondere tra le classi operaie qualche nozione tra le + elementari e + certe dell’economia politica, che faccia loro comprendere, ad esempio, ciò che di permanente e necessario vi è nelle leggi economiche che reggono il tasso dei salari, perché tali leggi , essendo in qualche modo di diritto divino, in quanto scaturiscono dalla natura dell’uomo e dalla struttura stessa della società sono collocate al di fuori della portata delle rivoluzioni. Bentham : “ la povertà non è opera delle leggi, il povero è come il saggio che non è riuscito a superare lo stato di natura”. 5. Liberalismo e radicalismo: due diverse fenomenologie del potere Espressione di socialismo e dispotismo ogni misura legislativa tesa ad alleviare la miseria delle classi inferiori. Tocqueville ricostruisce la storia del crollo dell’Antico Regime. Egli traccia un quadro drammatico della condizione della classi operarie. Contro i “mendicanti” e i “vagabondi” si procedeva talvolta in modo violentissimo, con l’arresto e la condanna ai lavori forzati, senza processo, di decine di migliaia di persone. non molto migliore è il trattamento riservato ai contadini: se sul piano materiale e sociale vivevano in un abisso di miseria e isolamento, sul piano dei diritti civili essi risultavano privi di qualsiasi tutela. In conclusione: i contadini erano visti un po’ come i negri delle colonie. La rivoluzione era dunque legittima e necessaria? Non è questa l’opinione di Tocqueville. La Francia, che con gli economisti critica in modo radicale e si appresta a rovesciare l’antico regime”desiderava + le riforme che i diritti”. Espressione dell’aristocrazia nobiliare e dunque corresponsabili della degradazione dei contadini a negri”, i parlamenti sono invece l’organismo che, prima di essere dissolto dalla rivoluzione, incarna la causa della libertà. 6. La nuova auto rappresentazione della comunità dei liberi quale comunità degli individui Alla rivendicazione rivoluzionaria dei diritti dell’uomo e della pari dignità di ogni individuo, che rischia di frantumare la società nella polvere e nel pietrisco dell’individualità, Burke contrappone la sacralità di una partnership, di una comunità che non vincola solo ii vivi ma vivi,i morti e coloro non ancora nati. Barnave mette in guardia in questi termini contro la rivendicazione dell’estensione dei diritti politici anche ai non proprietari: “un passo + sulla via dell’eguaglianza significherebbe la distruzione della libertà”. Il diffondersi tra le masse popolari della rivendicazione dei diritti politici e l’accento posto sul loro godimento rischiano di far perdere di vista la centralità dell’indipendenza privata, ovvero del incidenza individuale, stimolando l’assoggettamento al corpo collettivo. Nel respingere le rivendicazioni sociali scaturite dalla rivoluzione di febbraio Tocqueville esprime tutto il suo disgusto per il profilarsi all’orizzonte dello spettro di una società livellata, ovvero di una società di api e di castori, costituita più da animali sapienti che da uomini liberi e civili. È interessante vedere in che modo Tocqueville respinga le proposte di riforma del sistema penitenziario promosse in primo luogo dal movimento radicale socialista: la pietà per i malvagi è una grande crudeltà verso i buoni. L’interresse sociale,che non è null’altro se non l’interesse della massa onesta, esige che i malvagi siano puniti con severità. Anche sul piano concreto Tocqueville si preoccupa di far valere quelle che per lui sono le esigenze della società. Negli anni della monarchia di Luglio, dinnanzi al dilagare della miseria di massa, per prevenirla, egli non riesce a proporre altro che misure di pulizia gravemente lesive della libertà dell’individuo. Disgustato dal radicalismo della rivoluzione del 48 e del colpo di stato di Luigi Bonaparte, Tocqueville giunge a una amara conclusione: “la rivoluzione d’Inghilterra è stata fatta unicamente in vista della libertà, mentre quella di Francia è stata fatta principalmente in vista dell’uguaglianza”. 7. Diritti economici e sociali, “formicaio”socialista e “individualismo”liberale A questo punto conviene analizzare la professione di fede individualistica dei liberali dell’800. Dopo il 48, sull’onda della lotta contro la massificazione rimproverata al socialismo, essi sembrano tal volta considerare l’individualismo una realtà pre moderna, disgraziatamente dileguata nel corso dei successivi sviluppi storici. A detta di Mill, “nell’antichità, nel Medio Evo, e , in misura decrescente, durante la lunga transizione dal feudalesimo alla società odierna, l’individuo costituiva un potere a se; non si dissolveva nella folla e nelle masse. Anche Tocqueville rende omaggio al “individualismo del medioevo”. Egli non prende in considerazione la sorte dei servi della gleba, cosi come non tiene conto della sorte degli schiavi e dei neri in generale, addita agli Stati Uniti come il paese in cui ogni individuo gode di un indipendenza senza precedenti. Il socialismo sfocia nel riconoscimento di ogni individuo, indipendentemente dal censo, dal sesso o dalla razza, come soggetto fornito, sul piano morale di pari dignità umana e titolare sul piano politico di diritti inalienabili. È per questo che Nietzsche condanna con sdegno individualismo e socialismo. 8. Le critiche al liberalismo come reazione antimoderna? Si verifica un fenomeno paradossale. Mentre da un lato coltiva nostalgie pre- moderne, dall’altro il liberalismo contrasta il movimento impegnato nella rivendicazione dei diritti politici e di quelli economici e sociali, accusandolo di sostanziale incapacità a comprendere e accettare la modernità. Il primo a incamminarsi in questa direzione è Constant:tenendosi aggrappati all’ideale di partecipazione corale alla vita politica e dunque alla libertà antica, i giacobini dimenticano che quest’ultima si fondava sulla schiavitù, l’istituto che consentiva ai liberi di godere dell’otium necessario per essere realmente cittadini attivi a tutti gli effetti. Allorché il liberale francese cosi argomenta siamo nel 1819: “in questo momento, in tutti i paesi in cui fiorisce la libertà moderna la schiavitù continua in un modo o nell’altro a essere una realtà vitale, e , per di + ha assunto una durezza e una rigidità naturalistica sconosciute all’antichità classica, certo, se pure non ha cessato di svolgere un ruolo importante, questo istituto è per lo + isolato e occultato nelle colonie. Piuttosto che inseguire un modello anticheggiante, la rivoluzione francese e le correnti + radicali da essa scaturite talvolte accusate di stimolare nostalgie per il medioevo. A partire dalla rivoluzione francese, la tradizione liberale ama assimilare, i sindacati alle corporazioni medioevali, ancora alla fine dell’800 Lecky rimprovera ai sindacati e al movimento operaio di aspirare a una “organizzazione industriale”simile a quella del medio evo , i sindacati, pretendono di godere e godono di una sorta di immunità medievale. In conclusione, + che per l’antichità classica come in Costant , giacobinismo, socialismo e talvolta la stessa democrazia sono ora accusati di coltivare nostalgie per l’antico regime, che si tratti del medioevo ovvero della monarchi assoluta. 9. Individualismo e repressione delle coalizioni operaie A vedersi negato il diritto di organizzazione autonoma dal basso è il lavoratore salariato, misconosciuto nella sua autonomia soggettiva e dignità e degrado e intrumentum vocale. Alla fine della libertà dell’individuo dichiara a sua volta di mirare anche la legge le Chapelier , che nella Francia del 1791 vieta le coalizioni operaie: in nome di “protesi interessi comuni”, esse violano la libertà di lavoro che compete a ogni individuo. A tale legge si richiama Tocqueville che dopo il 48 cosi condanna il movimento operaio e socialista: se la rivoluzione ha spazzato via tutti gli intralci che ostacolavano la libertà del cittadino e cioè le corporazioni e le associazioni di mestiere, i socialisti si propongono di reintrodurre questo ciarpame , sia pure sotto una nuova forma. Il motivo che bolla i sindacati come residuo o reminescenza del medioevo o dell’antico regime,si diffonde largamente nella seconda metà del 800. In conclusione, mentre cercano di imporre allo stesso governo borghese un intervento dall’alto, gli operai promuovono un movimento autonomo di trasformazione dal basso. Sennonché la borghesia liberale non tollera solo l’intervento del potere politico ma neppure quello proveniente dal seno della società civile. In Inghilterra nel 1825, i sindacati continuano a essere colpiti dalla magistratura, nella misura in cui sono assimilati a corporazioni che ostacolano la libertà di commercio. Acquisiscono piena legittimità del 1871. Per quanto riguarda la Francia, la legge lechapelier è abrogata soltanto nel 1887. 10. Rivendicazione dei diritti economici e sociali e passaggio dal liberalismo paternalistico al liberalismo social darwinistico dicotomia liberale - servile tende progressivamente a perdere la sua connotazione di classe per far riferimento soltanto alle ideologie politiche. Resta fermo che il termine liberale nasce da un auto – designazione orgogliosa, che ha al tempo stesso una connotazione politica, sociale e perfino etnica. Siamo in presenza di un movimento e di un partito che intendono a chiamare a raccolta le persone fornite di un educazione liberale e autenticamente libere, ovvero il popolo che ha il privilegio di essere libero, la razza eletta , per dirla con Burke, la nazione nelle cui vene circola il sangue della libertà. 2. La piramide dei popoli Si tratta di un auto-proclamazione è che al tempo stesso un atto di esclusione. A essere colpiti non sono solo i popoli coloniali. Franklin istituisce una gerarchia delle nazioni, che pretende di catalogare l’intero genere umano: “l’Africa è interamente nera o bruna, l’Asia è prevalentemente abitata da gente con la pelle scura”. Lo stesso vale per l’America pre colombiana : è scura. Netta è la prevalenza dei popoli di colore. A rappresentare l’umanità + alta restano gli inglesi insediati sulle due rive dell’atlantico: “il nucleo principale del popolo bianco” del popolo bianco in modo puro, e l’unica comunità che incarna la causa della libertà. La piramide di Franklin continua a essere ben presente nella cultura liberale . la ritroviamo in Lieber . resta fermo che al vertice si colloca la razza anglicana, che esprime in modo compiuto l’autentica libertà, mentre a costituire la base sono i popoli coloniali ( non solo i neri ma anche i cinesi). Nel mezzo vediamo agitarsi gli spagnoli, i portoghesi i napoletani. 3. La comunità dei liberi e la sua dittatura sui popoli indigeni della libertà Ovviamente , la carica di esplosione implica nell’auto.-proclamazione della comunità dei liberi si rivela in tutta la sua forza nel rapporto coi popoli coloniali. La costituzione addita come modello consacra la nascita del primo stato razziale, mentre l’autogoverno qui osannato garantisce ai proprietari di schiavi del sud il legittimo godimento della loro proprietà, senza interferenze da parte del governo federale. Il passaggio della schiavitù ereditaria alla semi schiavitù. A carico dei popoli coloniali non produce mutamenti nel quadro complessivo. È un rapporto di potere che , per tutto un periodo storico, bel lungi dall’essere combattuto o contenuto, deve essere esteso e generalizzato: dato che “un dispotismo vigoroso” è l’unico metodo capace di innalzare ad un livello superiore i popoli arretrati, ovvero i “barbari” , il dispotismo diretto dei popoli progrediti su quelle arretrati è già la condizione ordinaria, ma essa deve diventare generale. 4. Come fronteggiare tempestivamente la minaccia dei barbari della metropoli Oltre che provenire dalle colonie, la sfida alla comunità dei liberi può insorgere nella stessa metropoli. E come alla barbarie esterna , cosi a quella interna il rimedio è la dittatura. In effetti si tratta di una espropriazione: prolungandosi nel tempo, le leggi a favore dei poveri finirebbero col trasformare i proletari nei beneficiari effettivi della terra e i proprietari in semplici loro fattori. Mill ribadisce le posizioni già viste: “ogni diritto di voto” nelle mani di chi non paga tasse è una violazione del principio fondamentale di un governo libero, attribuire i diritti politici a cittadini poveri, non soggetti all’imposizione fiscale, è la medesima cosa che permettere alla gente di frugare nella tasca del prossimo per scopi che ci si compiace di chiamare pubblici. A sua volta Leckay dopo aver ripreso la tesi già in vista di Constant secondo cui i non proprietari titolari di diritti politici sarebbero portati a perseguire obbiettivi predatori e anarchici, e perfino a demolire la società, definisce un sistema di confisca velata, quello che consente ai non proprietari di imporre tasse che gravano sulle spalle degli abbienti. In tal modo, questi ultimi vengono di fatto a essere completamente privati dei diritti politici. L’indebita emancipazione politica delle classi popolari comporta la de-emancipazione delle sole classi abilitate alla guida del paese. 5. La tradizione liberale e le sue tre teorie della dittatura Oltre che a sventare la minaccia reale o potenziale dei barbari delle colonie o della metropoli, la dittatura può essere utile e indispensabile anche al fine di affrontare i problemi + gravi che la comunità dei liberi non riesce a risolvere per via ordinaria. Mill : “io sono ben lontano dal biasimare che, in caso di urgente necessità si ricorra al potere assoluto sotto una forma di dittatura temporanea”, il dittatore , “per un tempo limitato”, può impiegare tutto il potere che gli è dato per rovesciare gli ostacoli che si frappongono tra le nazioni e la libertà. Abbiamo visto emergere 3 teorie della dittatura: la dittatura dei popoli civili sui barbari delle colonie, la dittatura che nelle metropoli stronca la sovversione popolare, la dittatura che in una situazione di stallo impone dall’alto le riforme necessarie. 6. Le malattie della comunità dei liberi pisco patologia del radicalismo francese Osserva Burke il 9 Febbraio 1790 – con la trasformazione degli stati generali in assemblea nazione costituente e quindi col ridimensionamento del peso politico della nobiltà e del clero, i francesi hanno rivelato di essere affetti da una “malattia”: passando dal dispotismo al sovversivismo anarcoide hanno dimostrato di essere un popolo il cui carattere non conosce via di mezzo, “è scritto nella costituzione eterna delle cose che uomini di spirito intemperante non possono essere libere!”. L’ulteriore processo di radicalizzazione della rivoluzione scoppiata a Parigi conferma tale diagnosi. Ai Francesi manca il “buon senso pratico”, che ha consentito agli anglo- americani e agli USA di evitare i tempi di rivoluzione, gli sconvolgimenti e l’avventura della guerra civile. Tocqueville: “il socialismo è la nostra malattia “ i francesi hanno paura dell’isolamento, e nutrono il desiderio di essere nella folla,si sentono membri di una nazione che marcia con il medesimo passo e tutta allineata; essi vedono nella libertà la meno importante delle loro proprietà, e cosi sono sempre pronti ad offrirla con la ragione nei momenti di pericolo. Ecco allora la Francia inguaribilmente rivoluzionaria e servile. Tocqueville pronuncia una sorta di giudizio sulla nazione francese: “ essa è incapace e, lo dico certo con rammarico indegna di essere libera”. 7. La lettura dell’interminabile ciclo rivoluzionario francese: dalla malattia alla razza L’approdo alla lettura in chiave psicopatologica del conflitto politico-sociale non è casuale. Già subito dopo la rivoluzione di febbraio Tocqueville si preoccupa di precisare: non sono i bisogni, sono le idee che hanno condotto a questo grande sconvolgimento e che hanno reso i francesi “cosi malati”. È la follia a stimolare la pretesa socialista di modificare non solo le leggi politiche, ma perfino le leggi civili e sociali, in particolare i rapporti di proprietà e di produzione consacrati dalla natura e dalla provvidenza. Il ricorso alla spiegazione in chiave psicopatologica del conflitto è immanente alla tradizione liberale. Man mano che si sviluppa il movimento abolizionista, diventa un luogo comune degli USA condannarlo in quanto espressione di spirito illiberale, di fanatismo e di follia. La lettura in chiave psicopatologica degli sviluppi della situazione in Francia ha il vantaggio di fugare i possibili turbamenti della comunità dei liberi che si auto-assolve da ogni responsabilità per l’esito bonapartista della rivoluzione del 48. 8. La malattia come sintomo di degenerazione razziale Dalla malattia, si è passati alla “razza”: sono compatibili queste due letture del conflitto politico - sociale? Burke, che denuncia l’insorgere della malattia al di la della manica per un altro verso celebra la nazione nelle cui vene circola il sangue della libertà, la razza eletta dei figli d’Inghilterra. Si tratta di una nazione e di una razza forse meno esposte di altre alle manifestazioni morbose che infuriano in Francia. Negli USA, al tradizionale pericolo di miscegenation coi neri si aggiunge, a partire dalla metà dell’800 quello rappresentato dall’immigrazione dei gialli, dei poolies. Fin qui abbiamo a che fare con popolazioni di origine coloniale, e non è stupefacente il consenso di Lieber e Spencer per la legislazione che vieta ai non bianchi l’accesso alla terra della libertà: egli va oltre, teme che a provocare la diluizione del sangue americano possa essere anche l’afflusso di immigrati provenienti dall’Europa meridionali e di razza latina. Il morbo ha ora una precisa base etnica. A veicolarlo in Francia e nel resto del mondo sono i non ariani. Tocqueville e Lieber sono pienamente d’accordo nella diagnosi del morbo che infuria in Francia e che, in virtù dei flussi migratori rischia di avere un influenza nefasta anche negli USA. Avanzando sulla via dell’interpretazione in chiave etnica , il secondo contrappone allo spirito gregario dei celti, il senso geloso dell’individualità proprio dei teutuno. Come si vede, siamo alle soglie della mitologia ariana: “giapedici “ sono i discendenti di Japhet in contrapposizione alle progenie di Sem “i semiti” e di Cam i “camiti”. E il liberale americano esprime riserve nei confronti della categoria di “giapetici” ovvero ariani solo per il fatto che essa rinvia alle gesta di un popolo che avrebbe preso le mosse dall’India cioè da un area estranea all’occidente. Dunque, non è grande la distanza rispetto a “Gobineau” anche se quest’ultimo preferisce parlare di ariani piuttosto che far ricorso alle categorie da lui considerate meno rigorose, di “Giapetici” caucasici e indo-germanici. 9. Gobineau, il liberalismo e i miti genealogici della comunità dei liberi Fin dagli inizi l’auto proclamazione della comunità dei liberi avverte il bisogno di far ricorso ai miti genealogici che diano un fondamento a questo gesto di distinzione. Montesqueu indica nei boschi abitati dai “germani” il luogo di nascita del governo libero e rappresentativo. Questa origine non è casuale: se la schiavitù è di casa tra i popoli del sud, al contrario i popoli del nord hanno ed avranno sempre uno spirito di indipendenza e di libertà sconosciuto ai popoli meridionali. “ i popoli del nord Europa “, i quali hanno saputo dar prova di saggezza ammirevole contro la potenza romana, che si finirono col distruggere si distinguono altresì per il buon senso, il coraggio, i sentimenti generosi, la forza di spirito che è necessaria per agire in modo autonomo. 10. Disraeli , gobineau e la razza come chiave della storia Perché sugli Stati Uniti si va addensando una crisi senza precedenti? La risposta di Gobineau è sostanzialmente identica a quella di Tocqueville: a causa dei massicci flussi migratori di provenienza eterogenea, l’originario elemento anglo sassone sta smarrendo la sua identità. In Gobineau la spiegazione antropologica conosce un irrigidimento naturalistico cosi breve da spingere Tocqueville a ironizzare sul ruolo decisivo del “sangue”. La razza è “la chiave della storia”. Solo cosi possiamo comprendere che, pur di numero assai ridotto, i conquistadores spagnoli, riescono a trionfare in America e gli inglesi in Cina. È cosi che si spiegano gli incessanti sconvolgimenti che devastano la Francia: assistiamo alla grande rivolta dei celti ovvero di antiche razze assoggettate contro le razze nordiche e occidentali, che hanno assimilato il principio semitico e incarnano la civiltà. Si tratta di un fatto fisiologico ed è necessario dunque studiare la fisiologia per potersi correttamente orientare nei conflitti del mondo storico e politico: “linguaggio e religione non costituiscono una razza a costituirla è solo una cosa: il sangue”. A partire da questa mitologia del sangue, anche Disraeli insiste sulla superiorità delle “pure razze caucasiche”, fra le quali rientra la razza ebraica. 11. Rimozione del conflitto, ricerca dell’agente patogeno e teoria del complotto Se pur respinge la facile soluzione ariana, non per questo Tocqueville è meno ossessionato di Gobineau dal problema dell’individuazione dell’agente patogeno che attacca un organismo sociale di per se sano. Dopo il 48 non ci sono dubbi: il veicolo della “malattia rivoluzionaria”, della “malattia permanente”, il “virus di una specie nuova e sconosciuta” che non cessa di infuriare in Francia è costituito da una “razza nuova” ; “siamo sempre in presenza degli stessi uomini, benché le circostanze siano diverse”. È da aggiungere che tale virus ovvero tale razza si è diffusa minacciosamente nel mondo intero. Dopo aver fatto la loro apparizione in Francia, questi rivoluzionari di una specie sconosciuta hanno formato una razza che si è perpetuata e diffusa in tutte le parti civili della terra e che dovunque ha conservato la stessa fisionomia, le stesse passioni, lo stesso carattere. Attraverso un crescendo, la spiegazione di tipo antropologico tende a divenire una spiegazione di tipo razziale. A questo punto si affaccia l’idea di una soluzione radicale. Di questa razza detestabile costituita da agenti patogeni non ci si può che augurare l”estirpazione : è la condizione preliminare per ristabilire la salute e la salvezza della società. Decisamente + avanti si spinge Burke . al di la di uno strato sociale ben determinato ( gli intellettuali non – proprietari, non legati alla terra e privi di radici), L’ intossicazione ideologica di cui si rende colpevole il radicalismo rinvia a un blocco sociale che comincia a rivelare una dimensione etnica. A spiegare la catastrofe della rivoluzione francese è ora l’alleanza di due ceti sociali sensibilmente diversi: da un lato “gli intellettuali politicanti”, dall’altro i “nuovi ricchi”, i grandi della finanza . le due parti hanno intanto l’odio per il cristianesimo. Ma, se sono noti l’irreligiosità e l’ateismo degli intellettuali influenzati dall’illuminismo, non bisogna perdere di vista il fatto che: “gli ebrei della borsa”, già estranei per motivi religiosi e ideologici alla cristianità, hanno anche un interesse materiale al suo indebolimento o alla sua distruzione: sperano di ipotecare le “entrate appartenenti all’arcivescovo di Canterburi “. Sinistro è il programma dei rivoluzionari: “proclameremo l’assoluta inutilità della camera dei Lord, aboliremo i vescovi, venderemo le terre della chiesa ai giudei e speculatori”. A voler distruggere una società, che ha i suoi pilastri nel cristianesimo e nell’aristocrazia terriera, è l’alleanza fra gli intellettuali sovversivi raccolti nella “società per la rivoluzione” e il “pulpito del vecchio ghetto”, ovvero i “signori del vecchio ghetto”, impegnati a falsificare il reale significato della gloriosa rivoluzione e a diffondere gli “spuri principi rivoluzionari del vecchio ghetto”. Come si vede, Burke non si stanca di insistere sul ruolo degli ebrei. Livellando e omologando tutto, la rivoluzione francese finisce col far valere un'unica “differenza”, quella costituita dal “denaro”, dunque con il sancire il predominio della finanza ( in larga parte controllata dagli ebrei). Se non si corre prontamente ai ripari, un “universale terremoto” minaccia di abbattere l’ordinamento sociale e la società. Siamo in presenza della prima organica teoria della rivoluzione come complotto ebraico. Burke, intende spiegare un conflitto politico – sociale nuovo e che è destinato a durare a lungo. Nella visione del Whig inglese , da un lato abbiamo la campagna, come luogo che incarna l’ordinamento naturale della società, e i valori dell’attaccamento alla terra e a una comunità nazionale cementata, come sappiamo, da un “legame di sangue”; dall’altro la città, come luogo dello sradicamento e della sovversione apolide, promossi congiuntamente da finanza ebraica, intellettuali astratti e rivoluzionari e plebaglia. Per la prima volta, gli ebrei sono accusati di muoversi al tempo stesso tramite una finanza rapace e parassitaria tramite un movimento plebeo animato da cieca furia distruttiva. Ci troviamo di nuovo dinnanzi a una teoria del complotto destinata ad avere una funesta fortuna del 900. Infine: sempre nell’ambito della tradizione liberale il grido d’allarme contro il “complotto” risuona anche in occasione di un ulteriore grande sconvolgimento rivoluzionario. Al momento in cui il tentativo della Francia napoleonica di reintrodurre la schiavitù a Santo Domingo si scontra con la dura resistenza degli ex schiavi, Malouet mette in guardia contro la “ congiura universale dei neri” i quali, con la complicità degli abolizionisti, aspirano a dominare e massacrare i bianchi. 12. Il conflitto dei due liberalismo e le reciproche accuse di tradimento Nell’affrontare le sfide rappresentate dalla lotta per il riconoscimento condotta dagli esclusi, la comunità dei liberi, ovviamente, non da risposte sempre unitarie. Non poche volte si scontra al suo interno e si divide. A grandi linee possiamo distinguere due tendenze. Una frazione si identifica in modo più o meno ostinato con le posizioni di quell’esponente del proto liberalismo inglese che fa coincidere la “vera libertà” dal controllo indisturbato esercitato dal signore sulla sua famiglia, nonché sui suoi servi e i suoi beni. Un'altra frazione si sforza invece di fare i conti con l’idea di libertà originariamente agitata dai servi, i quali rifiutano di lasciarsi assimilare ai beni del signore, e si impegnano a conseguire l’emancipazione grazie all’intervento a loro favore del potere politico, quello già esistente, ovvero quello che si forma sull’onda di una rivoluzione dal basso. Le lotte scatenate dai servi acutizzano il sentimento di disagio di certi settori della comunità dei liberi. È l’intrecciarsi e lo scontrarsi di queste due diverse idee di libertà, e dei soggetti politico- sociali che ad esse si richiamano, a spiegare il carattere particolarmente complesso e tortuoso della priama rivoluzione inglese e francese in quanto tale. Da questo conflitto non sono stati risparmiati neppure gli USA : allorchè, nel corso della guerra di secessione , si sono scontrate da un lato l’idea di libertà intesa come autogoverno della classe e della razza dominante, dall’altro l’idea di libertà che avverte un disagio crescente a causa della permanenza dell’istituto della schiavitù. Smith identifica la libertà con l’autogoverno della società civile egemonizzata dalla grande ricchezza; nel chiamare, invece, il “governo dispotico” ad abolire la schiavitù, egli abbraccia un diverso paradigma teorico, che identifica la libertà con la cancellazione dei rapporti di oppressione esistenti nell’ambito della stessa società civile. Piuttosto che il luogo della libertà, l’auto governo è qui la condizione del perpetuarsi del male della schiavitù. A cancellarla potrebbe essere solo un potere forte. Tocqueville non si spinge fino a pronunciarsi per il “governo dispotico”, come invece fa Smith; ma nel caso dell’Irlanda, lo stesso liberale francese accarezza l’idea di una dittatura temporanea che metta fine ai terribili mali inflitti alla popolazione nativa dall’autogoverno dei proprietari anglo- irlandesi e protestanti. Possiamo comprendere due svolte importanti che si verificano nel corso della tradizione liberale. Inizialmente, la dicotomia liberali- servili ha una forte connotazione sociale ed etnica; questa connotazione tende ad attenuarsi, quanto + forte divine la lotta per il riconoscimento e quanto + significative diventano le concessioni che le comunità dei liberi si vede costretta a fare. Si comprende allora il tentativo di certi settori del movimento liberale di discernere tra liberalismo e liberismo, e di prendere cosi le distanze da quei settori, che gridando allo scandalo per ogni intervento dello stato in ambito economico- sociale , si rifiutano di mettere in discussione i rapporti di dominio e di oppressione presenti all’interno della società civile, della “sfera privata”. La lotta per il riconoscimento continua a svilupparsi in condizioni nuove e + avanzate. Al di la della cittadinanza politica, la “moltitudine”, in precedenza bollata come “suina”, rivendica il diritto alla salute, all’istruzione, a un minimo di tempo libero. Essa riesce a strappare conosciuta per la severità delle sue leggi sull’empietà, l’irriverenza e la non osservanza delle feste comandate”. Indipendentemente dal divieto di miscegenation , che rimane in vigore oltre la metà del 900, la libertà sessuale conosce negli USA limitazione in larga parte estranee alla disprezzata e statalista Europa continentale. Siamo nel 1961 i 50 stati avevano tutti leggi che bandivano la sodomia . la maggior parte degli stati che hanno ancora leggi contro la sodomia vietano il sesso anale o orale tra adulti consenzienti, indipendentemente dal loro sesso e dal tipo della loro relazione. A tutto ciò bisogna aggiungere l’emendamento costituzionale che nel 1919 cerca di bloccare la produzione e il consumo di “ liquori nocivi”, con un nuovo intervento sulla vita privata dei cittadini, esso stesso con scarsi paralleli in altri paesi dell’occidente. 2. La rivoluzione liberale come intreccio di emancipazione e de emancipazione Sgomberato il campo dall’agiografia, nella ricostruzione della storia del liberalismo, conviene prendere le mosse dallo slogan agitato dai coloni americani : “non vogliamo essere trattati come negri”. La ribellione inizia per un verso rivendicando l’eguaglianza, per un altro verso ribadendo e approfondendo la disuguaglianza. Conviene analizzare nel loro complesso le 3 rivoluzioni dalle quali abbiamo preso le mosse. Per quanto riguarda la prima, quella che ha luogo in Olanda, Huizinga osserva che “la rivoluta contro il governo spagnolo fu una rivoluzione conservatrice e non poteva essere diversamente”. Filippo II si preoccupava di “esigere che i vescovi fossero tecnicamente preparati (cioè teologi e non figli dei grandi signori)” e si opponeva alla protesa della nobiltà di trasformare il consiglio di stato in un “corpo esecutivo esclusivamente aristocratico” si comprende allora che “gran parte dei nobili dei paesi bassi temettero all’improvviso che il sovrano non facesse + i loro interessi”. Abbiamo dunque da un lato Filippo II che si circonda “di segretari di nascita modesta”, strumenti passivi della sua volontà”; dall’altro “una principesca repubblica oligarchica di città comunali e di signorie feudali”, una grande aristocrazia, un oligarchia feudale, impegnata a difendere i privilegi e consuetudini . nel suo stadio iniziale, la rivolta contro Filippo II non è molto diversa dalla coeva agitazione della fronda in Francia. In entrambi i casi a dare fuoco alle polveri è il contrasto fra le aspirazioni autonomiste e in qualche modo liberali della grande libertà e le tendenze accentratrici della corona; solo che, nel secondo caso, il peso esercitato dalla lotta di indipendenza nazionale e l’intervento in essa delle massi popolari modificano profondamente il quadro di partenza. Per quanto riguarda l’Inghilterra, la gloriosa rivoluzione spazza via gli ostacoli che ancora si frappongono alle recinzioni. Per dirla con Marx, giunti al pieno controllo del potere, proprietari terrieri e capitalisti “inaugurano l’era nuova esercitando su scala colossale il furto ai danni dei beni demaniali, che fino a quel momento era stato perpetrato solo su scala modesta.” Infine, non è da perdere di vista l’aumento spaventoso dei reati contro la proprietà che comportano la pena capitale, con l’instaurazione di un regime di terrore sulle masse popolari. L’aspetto della de- emancipazione è ancora + evidente nella rivoluzione americana. Se nulla hanno guadagnato i pellerossa della rivoluzione americana, come si pone la questione in relazione ai neri? La fondazione degli stati uniti comporta l’avvento di uno stato razziale e il consolidamento senza precedenti di una schiavitù- merce su base razziale. È vero, in coerenza con le parole d’ordine di lotta contro la schiavitù (politica) agitare nel corso della rivolta contro l’Inghilterra, gli stati del nord aboliscono la schiavitù ma non per questo i neri acquistano la libertà, confinati come sono in una casta, che non è quella degli uomini liberi. 3. La prospettiva della lunga durata e della comparatistica Osservata nella prospettiva della lunga durata e della comparatistica, la rivoluzione americana appare come l’approdo di una lunga serie di tentativi dei coloni bianchi di sbarazzarsi dell’impaccio costituito dal potere centrale, ecclesiastico o monarchico che fosse. Nel 1537 Paolo III dichiarò che i sacramenti dovevano essere vietati ai coloni che, negando l’umanità degli indios, li riduceva in schiavitù. “interferenze moralistiche” furono messe in atto anche dalla corona spagnola e portoghese. Si faceva cosi avvertire la “tensione continua tra schiavi e ideali cristiani”. Ma i coloni per i quali il lavoro coatto era una necessità ineludibile, rispondevano espellendo i gesuiti dal Brasile o provocando insurrezioni coloniali. Le prime ribellioni degli schiavi neri tendono a fare appello alla corona e a cercare nel potere centrale un contrappeso al dispotismo dei padroni locali. Sappiamo che, contro la politica di emancipazione degli schiavi rimproverata al potere politico centrale, anche i coloni francesi e inglesi agitano la bandiera dell’autogoverno e dell’indipendenza e dell’imitazione del modello statunitense. Significativo quello che avviene in Africa australe, alla fine del 700 scoppiano rivolte che, in nome della libertà e della lotta contro il dispotismo, denunciano le interferenze del potere centrale e la sua pretesa di limitare il diritto dei padroni di punire i loro schiavi. 4. Realizzazione del governo della legge nell’ambito dello spazio sacro e approfondimento dell’abisso rispetto allo spazio profano Quella liberale è la tradizione di pensiero che con più rigore ha circoscritto un ristretto spazio sacro nell’ambito del quale vigono le regole della limitazione del potere, è una tradizione di pensiero caratterizzata, + che dalla celebrazione della libertà o dell’individuo, dalla celebrazione di quella comunità degli individui liberi che definisce lo spazio sacro. Lo spazio sacro, la minuscola isola sacra risulta cosi delimitata in modo quanto mai netto rispetto allo sconfinato spazio profano: si potrebbe dire che al di fuori del popolo eletto, tutto tende a ridursi a natura sconsacrata. 5. Delimitazione dello spazio sacro e teorizzazione di una dittatura planetaria Giunto al trionfo planetario, l’occidente liberale ritiene di identificarsi in modo permanente con la causa della civiltà e della libertà. A partire da questa assoluta e immodificabile preminenza vediamo un ellitè esclusiva, la ristretta comunità dei liberi, formulare in modo esplicito la pretesa, fino a quel momento ignota e inaudita, di esercitare una dittatura planetaria sul resto dell’umanità. 7- Oscillazioni e limiti del modello marxiano Marx richiama l’attenzione sul “carattere conservatore della rivoluzione inglese”: se per un verso segna “il passaggio dalla monarchia assoluta alla monarchia costituzionale” e promuove lo sviluppo dell’industria e della borghesia, per un altro vero, essa da impulso a una gigantesca espropriazione dei contadini, condotta con metodi spietati. Locke, il padre del liberalismo, il protagonista della grande battaglia ideologica che dissacra la monarchia assoluta e la spoglia dei suoi veli cristiani e biblici. Alla “vita + potente” della proprietà dei coloni corrisponde l’agonia di una forma di proprietà. È un gigantesco processo di espropriazione ( giustificato da Tocqueville e Locke) che si sviluppa a danno non solo dei popoli coloniali- in America e Irlanda ma anche dei contadini inglesi. Il principio dell’uguaglianza razziale diviene un elemento costitutivo dell’identità liberale solo a partire dalla metà del Novecento. CAPITOLO 10: LIBERALISMO E CATASTROFE DEL 900 1. Lotta per il riconoscimento e colpi di stato: il conflitto nella metropoli La crisi catastrofica che, a partire dallo scoppio della prima guerra mondiale, si abbatte sull’Europa e sull’intero pianeta matura già nell’ambito del mondo liberale. Ognuna delle sue tappe è caratterizzata non solo dalle lotte acute ma anche da profonde lacerazioni nello schieramento liberale: se un’ala è disposta anche a qualche concessione, l’altra si rivela intransigente e cerca la prova di forza. Le lotte degli esclusi costringono il liberalismo ha porsi il problema dell’universalità. 3- De umanizzazione dei popoli coloniali “e cannibalismo sociale” Alla fine dell’Ottocento, Roosevelt lancia un avvertimento alle razze inferiori: se una di esse dovesse aggredire la razza superiore , questa è autorizzata a reagire con una guerra di sterminio, chiamata a mettere a morte uomini, donne e bambini, esattamente come si trattasse di una Crociata. 6- Dopo la catastrofe e al di la della geografia: l’eredità permanente del liberalismo La comunità dei liberi si afferma rivendicando per sé al tempo stesso la libertà negativa e positiva ed escludendo da entrambe sia le popolazioni di origine coloniale sia i semischiavi e i servi della metropoli. Ragione + importante: all’intreccio di emancipazione- e de. emancipazione che connota le singole tappe del processo di superamento delle clausole d’esclusione che caratterizzano la tradizione liberale.
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