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Correnti letterarie e autori del '900, Sintesi del corso di Letteratura Italiana

Sintesi delle varie correnti letterarie del '900 e dei principali autori.

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

In vendita dal 23/11/2020

carola-ferrini
carola-ferrini 🇮🇹

4.5

(69)

36 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Correnti letterarie e autori del '900 e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! DECADENTISMO si può considerare come la fase estrema del movimento romantico, ebbe la sua prima manifestazione letteraria in Francia, anticipato dall'opera di Baudelaire “I Fiori del Male” (1857), opera che propone una rivoluzione non formale in cui diventa importante la semantica del testo, e ci sono innovazioni del contenuto. È anche trattata la condizione estraniante del poeta dell' '800, considerato “POETA MALEDETTO” per diversi motivi: il poeta vive nell'era della rivoluzione industriale, in cui l'uomo ha perso la sua centralità e la cultura è messa da parte a favore del progresso tecnologico e industriale; vivono con pochi soldi, hanno una vita ai margini della sussistenza e con difficoltà ad inserirsi nella società contemporanea capitalistica, in cui si privilegia l'uomo borghese. È una società convenzionale che tende ad allontanare ciò che è considerato come “diverso”; il poeta ha perso il suo ruolo di insegnante e si sente come un uomo che non ha più nulla da comunicare, e i suoi scritti sono destinati solo a un gruppo che riesce a decifrare e a capire il suo messaggio, i simboli e i segni che usa possono essere decifrati in modo non univoco e universale. Un altro poeta importante è il “POETA VATE”, cioè il poeta divinamente ispirato e quasi profetico, in grado di proporsi come guida della comunità, impegnato attivamente per il ripristino di valori morali, ma anche filosofici. È il poeta sradicato dalla società e incompreso, che ridicolizza e disprezza la società borghese, della quale è il prodotto e di cui fa beneficio. Riesce a congiungere l'arte e la poesia alla sua vita inimitabile (bohemiènne, dandy). Il Decadentismo è un movimento di carattere culturale che individua gli aspetti orientati ad un gruppo fortemente èlitario, e si svilupperà in poesia attraverso il simbolismo. In Italia, alla fine dell' '800 la letteratura italiana è ancora fortemente condizionata dal romanticismo (Leopardi, Manzoni). Carducci poeta che recupera il tradizionalismo e il modello classico (post-romanticismo). GIOVANNI PASCOLI nasce nel 1855 a San Mauro di Romagna (Forlì) da una famiglia borghese. Ha un'infanzia agiata fino al 1867 quando il padre viene ucciso da un sicario. Successivamente muoiono anche la madre e due fratelli. Studiò all'università di Bologna dove divenne allievo di Carducci, in quegli anni si avvicinò al movimento socialista e partecipò a una manifestazione che gli costò alcuni mesi di reclusione in carcere. Questa breve partecipazione alla vita politica lo spaventò e si rifugiò in un suo mondo più intimo. Divenuto il capofamiglia Pascoli cerca di ricostruire il nucleo famigliare paterno con le sue due sorelle, Maria e Ida. Il rapporto con loro fu molto morboso e ossessionato dalla gelosia. Ida si sposò, Maria non si separerà più da lui, divenendone dopo la sua morte l'erede letteraria. Diventò professore di Letteratura italiana all'università di Bologna, al posto di Carducci. Muore a Bologna nel 1912. Diventerà il poeta che celebrerà la politica italiana attraverso una poesia civile e patriottica e attraverso discorsi (La grande proletaria si è mossa dedicato a sostenere l'impresa coloniale italiana in Libia, Giolitti). Sarà sempre legato ed ancorato al mondo dei classici, e la sua appartenenza al simbolismo decadente è per buona parte istintiva. Aveva l'abitudine di occuparsi e lavorare contemporaneamente a più generi di scrittura “RAPSODISMO PASCOLIANO”, ed è noto che il poeta avesse tre scrivanie diverse, per la poesia italiana, quella latina e per la critica dantesca. L'opera di Pascoli si intreccia con uno studio psicanalitico, soprattutto per quanto riguarda la sua ossessione per il nido famigliare. La sua ideologia e poetica è che la poesia non può salvare l'uomo dalle ingiustizie, ma può consolarlo; infatti lui non mette in discussione la sua funzione sociale e morale, ma è considerata da lui secondo gli schemi del mondo classico, come consolazione e pacificazione delle tensioni sociali. TEMI DELLE OPERE: nido famigliare violato in maniera ingiusta; male dell'uomo e del mondo; natura e morte. La natura è descritta in modo specifico, con termini biologici e vernacolari e con un linguaggio onomatopeico e simbolista. I quadri di natura da lui descritti sono semplici e con allusioni soggettive. La sua poesia è definita “delle piccole cose comuni”, cioè descrive azioni, oggetti della vita quotidiana che allo stesso tempo trasfigurano, e danno un senso di morte e solitudine. “MYRICAE” → il titolo corrisponde all'italiano “tamerici”, ed è una parola tratta da un verso di un'opera di Virgilio, che recita: “cantiamo cose un po' più elevate. Infatti non a tutti piacciono gli arbusti e le basse tamerici”. Per quanto riguarda la retorica, utilizza una poesia meno narrativa e con meno significato logico, a favore di una poesia impressionista e frammentata. Il testo è formato da un susseguirsi di impressioni soggettive rapportate a una serie di particolari oggettivi a esse correlati. Le impressioni ricavate dal mondo naturale e la loro simbolicità rimandano a un sentimento di mistero e sospensione, a volte aperto alla speranza, ma spesso minaccioso. Utilizza il FONOSIMBOLISMO, le ONOMATOPEE, le FRASI ELLITTICHE (senza verbo), e le ANALOGIE (accostamento di due parole che apparentemente non hanno nulla in comune e che hanno un significato soggettivo nel contesto, e sono connesse da un procedimento analogico e non più logico). È composta da 150 componimenti, divisi in 15 parti. L'opera presenta un sistema di parallelismi interni, e le varie sezioni “dialogano” tra loro. La morte è la grande protagonista, ed il tema centrale che si snoda in tutta l'opera. L'opera è una sperimentazione formale, con componimenti sempre diversi tra loro. POETICA DEL FANCIULLINO → il poeta coincide con il fanciullino, ovvero con quella parte infantile dell'uomo che negli adulti tende ad essere soffocata e che invece nel poeta trova libera espressione. Il fanciullino vede ciò che generalmente passa inosservato, attraverso vie intuitive e percezioni non razionali; guarda il mondo con uno stupore infantile, ed è in grado di cogliere il lato oscuro e segreto delle cose, che genera poesia. “CANTI DI CASTELVECCHIO” → è stata scritta in buona parte congiuntamente a “Myricae”, ed è come una sorta di prosecuzione. Molti sostengono che sia un'opera sottotono e con una minore compattezza dell'ispirazione, rispetto a Myricae. Castelvecchio è un paese vicino a Barga in Garfagnana, dove Pascoli era andato a vivere con la sorella Maria. È un opera con un andamento più discorsivo e si cerca una liricità più distesa; è evidente il recupero dei Canti leopardiani, dai quali riprende il tema della ricordanza e il motivo del rapporto uomo-natura. Nella struttura agiscono due motivi: quello naturalistico (trascorrere delle stagioni) e quello famigliare (l'uccisione del padre). Tema della morte è di nuovo molto importante. “POEMETTI” → Pascoli tenta di superare il frammentismo di Myricae, questa è un'opera con una tendenza narrativa, con testi più lunghi e con la presenza di figure umane dialoganti. Forte sperimentalismo linguistico. È presente la volontà del poeta di rappresentare il mondo popolare e la sua sofferenza, denunciando le ingiustizie sociali. “Italy” è un poemetto in cui si descrive la situazione degli emigrati italiani andati in America, che ritornano a casa, i dialoghi sono scritti con un misto di dialetto d'origine e di inglese elementare. All'aggressività e alla negatività della società di massa, si contrappongono i miti della bontà naturale e della poesia. I temi della decadenza, della corruzione e della morte fa dei Poemetti la raccolta più vicina al Decadentismo europeo,a anche per la denuncia dei limiti della civiltà moderna. “POEMI CONVIVIALI” → innalzamento di tono rispetto ai libri precedenti. Le ambientazioni sono nei grandi scenari del mondo greco classico e orientale, che non esprimono un interesse storico, ma vengono rivisitate proiettando le ansie e la sensibilità del mondo moderno. (Tecnica usata poi nel '900 per es. da Joyce con l'”Ulisse”). Il gusto prezioso ed erudito si esprime nella forma dell'ALESSANDRINISMO (ogni tendenza letteraria e artistica che miri alla cura formale, alla raffinatezza espressiva ed erudita), il linguaggio classico è riprodotto attraverso la ripresa di termini tecnici e di calchi, soprattutto dal greco, oltre che per mezzo dei frequenti nomi propri di origine erudita. ANALISI DEL TESTO “Temporale” da Myricae Lirica breve; ballata di settenari e il verso iniziale (che è una frase ellittica, cioè senza verbo) è distaccato dagli altri. Descrizione dei fenomeni naturali, in questo caso di un paesaggio di campagna con il temporale. È una poesia costituita solo da immagini, rese secondo la tendenza impressionistica del poeta. Vi è una totale assenza di verbi, l'unico è “Rosseggia”, che ha una funzione predicativa. Le immagini sono implicitamente caricate della soggettività che le registra e le esprime, come dimostra la tendenza metaforica che le accompagna, cioè la tendenza ad essere accostate e fuse ad altre immagini che non appartengono alla realtà oggettiva della rappresentazione ma alla reazione soggettiva dell'io lirico. La punteggiatura è analogica. Uso di metafore, analogie e suoni onomatopeici. PARAFRASI Un rombo lontano... sul piano biografico, dal viaggio-pellegrinaggio dell'autore nell'Ellade; la riepilogazione della propria esperienza e lo slancio verso nuove conquiste e nuove forme di espressione costituiscono i due poli delle “Laudi”. È presente l'affermazione di una religiosità paganeggiante, centrata sul primato del corpo e del piacere, che rovescia i riferimenti cristiani presenti nella struttura allegorica del viaggio e nel titolo medievaleggiante, che richiama le “laude” d'ispirazione religiosa. L'importanza delle “Laudi” dipende, oltre che dal valore artistico di Alcyone, dalla sperimentazione metrica in esse condotta. Accanto alla rivitalizzazione di molti metri tradizionali (dal sonetto alla canzone) s'incontra un ricorso sistematico al VERSO LIBERO. L'oscillazione tra i luoghi del mito classico e una natura astratta e favolosa non esclude riferimenti al presente delle moderne società di massa, dove le “città terribili” sono dominate dalla “folla”, sulla quale il poeta-eroe deve sapersi innalzare. Il suo occhio profetico coglie nell'orrore della massa l'annuncio di un futuro rigenerato dall'industria e dal commercio, segni della laboriosità umana. Il PANISMO: l'adesione panica alla natura diventa immedesimazione sensuale nel mondo vegetale e animale. L'Io sparisce, il soggetto si dissolve nella natura, smarrendo la propria storicità per divenire mito o paesaggio o tutto insieme. “ALCYONE” → considerato da molti il capolavoro di D'Ann, è il terzo libro delle “Laudi”. La sua composizione si stende tra il giugno 1899 e il novembre 1903, poco più di quattro anni. L'opera rappresenta una vicenda stagionale legata all'arrivo, al trascorrere e alla fine dell'estate. D'Ann mostra di vivere con intensa partecipazione il rapporto tra creazione e condizione esistenziale. La sua struttura è divisibile in 5 sezioni, con 88 versi in totale. Ogni sezione è caratterizzata dal riferimento a un momento stagionale e a un ambiente naturale-paesaggistico, nonché da un corrispondente stato d'animo. Alcyone costituisce una “tregua” del superuomo, un momento di riposo e di meritato abbandono alla dimensione della natura e del mito (VACANZA DEL SUPERUOMO). TEMI: i temi rappresentati sono molto pochi, ripetuti e riproposti da innumerevoli punti di vista. 1) Metamorfosi panica. L'eroismo del superuomo dannunziano consiste nell'eccezionalità, al cospetto della massa degli altri uomini, verso i quali egli rivendica un'identità forte e superiore. Al cospetto invece della realtà naturale, il superuomo rivela la capacità di fondersi in essa, di perdere la propria identità personale, per assumere in modo panico l'identità del paesaggio circostante. Alcyone rappresenta una capacità di entrare in contatto diretto con la natura, di ascoltare la sua voce, di vivere le sue misteriose leggi fino a raggiungere la chiave dei suoi segreti. 2) La riattualizzazione del mito. Perché la natura possa innalzarsi a questa funzione privilegiata sul piano dei significati, è necessario restituirle la vitalità e la verginità distrutte dal mondo moderno. (RECUPERO DEL MITO). D'Ann rivitalizza il binomio mito-natura. Da una parte recupera i grandi miti naturali della classicità, cioè di una cultura precristiana e premoderna; dall'altra rappresenta la propria vicenda individuale di immersione nella natura in termini mitici. 3) L'esaltazione della parola, dell'arte e della figura del poeta. Ciò che permette di stabilire un nuovo contatto tra autenticità interiore dell'io e rivelazione naturale è la parola poetica. È dunque essa lo strumento suscitatore del mito, e creatore di nuovi miti. (ESALTAZIONE DELLA PAROLA E DELLE SUE POTENZIALITA'). D'Ann possiede anche una vasta produzione in prosa, che comprende romanzi, racconti, e “prose d'arte”, cioè impressioni frammentarie. I più importanti sono il romanzo “Il piacere” e “Notturno”. “NOTTURNO” → è una raccolta di frammenti scritti quando, tornato in Italia per partecipare alla prima guerra mondiale, fu costretto all'immobilità in seguito a un incidente aereo. Perduto l'occhio destro, rischiava di perdere anche il sinistro se non fosse rimasto a letto nella completa oscurità per almeno tre mesi. In tale situazione scrisse i frammenti del Notturno su migliaia di strisce di carta: era infatti bendato, e poteva scrivere solo controllando con le dita i bordi dei “cartigli” preparati appositamente dalla figlia. Rielaborato e ordinato, il libro viene diviso in 3 parti, chiamate “Offerte”. È definito dall'autore un “commentario della tenebra”, contiene ricordi di guerra, anche se in realtà memoria e sensazioni presenti si fondono di continuo. È un D'Annunzio nuovo e più intimo. “IL PIACERE” → è il primo romanzo. Con esso penetra per la prima volta in Italia la nuova cultura decadente. Fu scritto nel 1888. Protagonista del romanzo è Andrea Sperelli, ALTER EGO dell'autore ed eroe dell'estetismo. Per Andrea l'arte è il valore assoluto, la vita stessa viene concepita come arte, e “l'arte per l'arte” non è solo un programma estetico ma anche uno stile di vita. D'altra parte la confusione tra arte e vita e la sovrapposizione tra i due piani caratterizza gran parte della cultura decadente. Identificare arte e vita significa subordinare tutto, anche la morale, a una visione estetica della vita. La raffinatezza, la bellezza come dono prezioso e aristocratico vanno raggiunte a ogni costo, in un processo sociale d'innalzamento al di sopra degli altri e in un processo psicologico di affinamento del gusto e delle sensazioni. Si mescolano e si intrecciano, la TRADIZIONE NATURALISTICA DEL ROMANZO D'AMBIENTE e la nuova tendenza decadente della NARRATIVA LIRICO-EVOCATIVA. La scrittura dannunziana ricerca una musicalità cui spetta la funzione di legare le diverse unità narrative, di fondere e omogeneizzare una materia per altri versi frantumata e dispersiva. ANALISI DEL TESTO “LA PIOGGIA NEL PINETO” da “Laudi” Eleonora Duse è la donna amata, chiamata con il nome mitologico “Ermione”. Tutte le strofe si chiudono con il suo nome. La pioggia cade in una pineta, producendo suoni diversi, a seconda dell'intensità e di quale elemento della natura tocca. Il testo rappresenta la consueta vicenda di fusione con la natura, fino alla vegetalizzazione dell'umano. Le strofe sono lunghe con versi liberi, cioè che non seguono una metrica precisa. Si susseguono attraverso versi di lunghezza diversa. Rime al centro, al mezzo e alla fine che danno musicalità. Uso insistente dell' ALLITTERAZIONE. Poesia presa come modello dai poeti successivi. 4 strofe di 32 versi ciascuna. Rime e assonanze libere, anche interne. Ripetizione del termine “PIOVE”: ANAFORA cioè ripetizione della parola all'inizio del verso. “Su i freschi pensieri” → SINESTESIA associazione di due elementi sensoriali. “t'illuse, che oggi m'illude” → verso diviso in due parti con un ASSONANZA, cioè la ripetizione delle vocali in fondo al verso. Alternanza di versi più lunghi con versi più corti. “al pianto il canto”; “e varia nell'aria” → rima interna “più rade, men rade” → EPANALESSI, ripetizione della stessa parola nello stesso verso “altro suono, e il ginepro altro ancora, stromenti” → ANAFORA METAFORE e SIMILITUDINI ; ENJAMBEMENT insititi “MERIGGIO” Esprime l'apoteosi, il culmine dell'estate. Descrive la natura in un momento preciso, quello del mezzogiorno. La poesia esprime il momento più significativo del panismo dannunziano, il poeta si dissolve nell'universo e l'universo si dissolve in lui, in una metamorfosi che annulla i confini umani e naturali in un'esperienza assoluta, fuori del tempo. Il testo è divisibile tematicamente in due parti: nelle prime due strofe c'è in primo piano il paesaggio marino alla foce dell'Arno; nelle ultime due si manifesta la trasfigurazione panica del poeta che, annullando se stesso nella natura, smarrisce la propria identità umana per acquisirne una divina. La perdita del nome è il momento culminante dell'immersione del poeta nel meriggio estivo, che diventa di fatto l'unica realtà; spariscono sia l'io, sia il paesaggio, ridotto all'entità indifferenziata del meriggio. 4 strofe lunghe, ognuna di 27 versi liberi variamente rimati. Un verso isolato chiude la poesia. FUTURISMO è un movimento d' AVANGUARDIA (termine tecnico militare che indica chi sta davanti nell'esercito). Nel significato letterario indica un movimento di rottura con il passato, e la necessità di cambiare la cultura, ritenuta “vecchia”. Si forma nel periodo della BELLE EPOQUE, in cui ci fu una fede nel progresso che porterà a una sorta di euforia in cui si arriva a pensare che la guerra sia l'unica soluzione per arrivare al progresso vero e proprio. È un movimento organizzato intorno a manifesti teorici che ne definiscono la linea in ogni campo, dalle arti, figurative e non (INTERARTISTICITA'), alla politica. Il Futurismo italiano, esaltando la macchina, la tecnica, la grande industria, la velocità e l'aggressività, tende ad interpretare la tendenza al nuovo, al progresso meccanico, alla modernità della civiltà industriale; e nonostante le sue dichiarazioni anti-borghesi, si comporta come un'avanguardia borghese, in quanto accetta e celebra il CAPITALISMO IMPERIALISTICO. Nel 1909 Marinetti pubblica il PRIMO MANIFESTO del Futurismo sul giornale “Le Figaro”, affermando la necessità di abolire i musei, le accademie e le biblioteche, in quanto istituzioni che intendono salvaguardare i valori della tradizione e del passato. La nuova arte deve invece partire dal presente, dalla realtà industriale, dalla vita della grande città moderna, deve capire ed esaltare la bellezza della velocità e della macchina. La celebrazione del movimento, dell'azione, del gesto violento induce a “glorificare” il militarismo, la guerra, la virilità, e a disprezzare la donna e il femminismo. LE 3 FASI DEL FUTURISMO: • 1° FASE dal 1909 al 1912. Molto forte è l'influenza del Simbolismo e importante è l'uso del VERSO LIBERO. Aderiscono Govoni e Palazzeschi. Il movimento si allarga a tutte le arti, e rivela capacità di espansione facendosi propaganda nelle SERATE FUTURISTE, in cui gli artisti recitano le loro poesie e provocano il pubblico, non senza risse. • 2° FASE dal 1912 al 1915, segnata da una serie di manifesti che mettono l'accento sul rivoluzionamento delle tecniche espressive e sulla proposta di un nuovo tipo d'uomo, completamente meccanizzato. La svolta avviene con il “Manifesto tecnico” del 1912. Si passa dalla proposta del verso libero a quella delle PAROLE IN LIBERTA', che presuppongono la distruzione della sintassi, l'abolizione della punteggiatura, l'uso degli aggettivi e dei verbi all'infinito ecc. • 3° FASE dal 1915 al 1920. Con l'avvicinarsi della guerra la tendenza alla politicizzazione del movimento si accentua. I futuristi sono interventisti e vedono nella guerra e nel conflitto un modo positivo di scatenare le energie primordiali, di promuovere l'invenzione di nuove macchine, di selezionare i popoli e le nazioni più forti. Subito dopo la guerra si organizzano in partito politico, oscillando fra posizioni anarchiche, democratiche, antimonarchiche e anticlericali e sovversivismo di destra, volto ad esaltare la guerra, l'espansione imperialistica e l'azione violenta. All'inizio prevalse la prima posizione, con una conseguente rottura fra Marinetti e Mussolini. Subito dopo invece prese il sopravvento la seconda: la maggior parte dei futuristi aderì al fascismo, e Marinetti, l'eversore dei musei e delle accademie finì segretario della classe di lettere della fascista Accademia d'Italia. Nel 1920 si chiude la cosiddetta “fase eroica” del Futurismo. Esso continua a sopravvivere anche negli anni Venti e Trenta, ma senza più incidenza nella vita culturale e politica. Il movimento di prolunga fino alla morte di Marinetti nel 1944. FILIPPO TOMMASO MARINETTI Fondatore del Futurismo. Nato ad Alessandria d'Egitto nel 1876, compie i suoi superiori tra Parigi e Genova. Si formò su autori naturalisti (Zola) e simbolisti, e su pensatori come Nietzsche e Bergson, e non riuscì mai a liberarsi del tutto da una cultura ottocentesca, naturalistica e simbolistica. La sua produzione letteraria giovanile è soprattutto in francese. Vive tra Parigi e Milano, dove fonda la rivista “Poesia”. Interventista, partecipa alla prima guerra mondiale. Aderisce poi al fascismo, dal quale riceve, nonostante alcune incomprensioni, la nomina ad accademico d'Italia. Muore a Bellagio nel 1944. l'importanza di Marinetti come poeta è inferiore a quella dell'organizzatore di cultura e del teorico. Nei suoi testi più fedeli alle regole da lui stesso dettate, presenta soluzioni PAROLIBERISTE (cioè con parole in libertà, senza nessi logico-sintattici). Il meccanismo associativo finisce così con il privilegiare quella funzione lirica del soggetto che in teoria si sarebbe voluta distruggere. “MANIFESTO TECNICO DELLA LETTERATURA FUTURISTA” → programma TECNICO con proposte che riguardano lo stile, la sintassi, l'uso delle parole e un programma IDEOLOGICO, che rivela compiutamente la poetica di Marinetti. Il programma ideologico si suddivide in una parte DISTRUTTIVA e in una COSTRUTTIVA. La parte distruttiva comprende: 1) a critica della psicologia e del culto dell'interiorità; 2) critica alla sacralità dell'Arte, della sua autonomia, del suo valore supremo e separato e del Sublime estetico; 3) la critica dell'intelligenza e del calcolo razionale a cui viene contrapposta la “divina intuizione, dono caratteristico delle razze latine”. La parte costruttiva muove appunto dall'esaltazione del potere dell'intuizione e dell'immaginazione che, percependo le analogie fra fenomeni diversi, possono cogliere l'essenza della materia. Quest'ultima si esprime attraverso l'energia delle “forze cosmiche”, che agisce nella natura, nel corpo umano e nella macchina. L'uomo stesso deve diventare sempre più espressione di tale energia, trasformandosi in macchina. La connessione fra programma tecnico e programma ideologico è evidente: distruggendo la sintassi si distruggono i legami logici, con la conseguenza di porre in primo piano l'intuizione e l'immaginazione. Ne derivano però teorie niente affatto nuove e già messe in luce e praticate dal Simbolismo. “Sì, Sì, COSI', L'AURORA SUL MARE” → Il tema (sorgere del sole sul mare) è lontano da quelli caratteristici del Futurismo e di Marinetti, è un tema molto tradizionale. C'è in questo caso una volontà di affrontare in modo rivoluzionario un argomento logoro. Uso originale della disposizione del testo sulla pagina, che ricorda i CALLIGRAMMI, e una notevole tensione rappresentativa. Dominio delle METAFORE, delle SINESTESIE, che testimoniano la natura simbolistica del testo. La violenza linguistica è un modo di confermare il naturalismo impressionistico entro le coordinate irrazionalistiche della sua poetica e della su ideologia. Uso del VERSO LIBERO. limite della prosaicità, con costruzioni sintattiche simili al parlato. Esaltazione della vita semplice, vissuta giorno per giorno, assaporandone i piccoli piaceri. Si delinea così una nuova figura di poeta, che si vergogna di essere tale, in antitesi alla tradizione ottocentesca. LE RIVISTE “LA VOCE” & “LACERBA Durante il periodo giolittiano nacquero diverse riviste che influenzarono il panorama letterario del '900 in Italia. Sono tutte riviste caratterizzate da un forte impegno sociale e culturale, gestite da giovani intellettuali, e nate tutte a Firenze. Erano riviste orientate al culto dannunziano preso come modello. “LA VOCE” → la rivista nasce come settimanale, con nuovo tipo di impianto giornalistico e un nuovo impegno di diffusione. Si sforza di individuare e di organizzare il proprio pubblico, raggiungendolo anche nelle provincie e nelle campagne, sollecitando inchieste sulla situazione culturale delle città italiane e aprendo un dialogo continuo con i lettori. Essa mira a creare un movimento d'opinione. Il titolo indica l'intento di dare “voce” alla nuova generazione di intellettuali, per fare in modo che possa affermarsi come classe dirigente. Nasce nel 1908 a Firenze, fondata da Prezzolini che la dirige sino alla fine del 1914, quando si trasforma radicalmente. Dalla fine del 1914 al 1916 esce “La Voce” bianca diretta da De Robertis, la nuova rivista non è più politico-culturale, ma solo concentrata verso tematiche artistiche e letterarie. “La Voce” prezzoliniana si può dividere in 3 fasi. La 1° fase è la più viva, ricca e stimolante con un forte impegno civile e sociale. Messa in evidenza delle dinamiche sociali. C'è un apertura verso le nuove correnti europee, soprattutto verso 2 tendenze che influenzarono i poeti: quella IMPRESSIONISTA (prosa e poesia tese a descrivere elementi naturali, attenzione dei particolari) e quella ESPRESSIONISTA (visione deformata della realtà, si parte da un dato reale e lo si deforma con effetti esagerati e grotteschi, visioni allucinate). I temi proposti erano: l'analfabestismo, l'istruzione obbligatoria, il divorzio, il suffragio universale, la questione meridionale, il femminismo, la moderna psicologia ecc... Nei primi tre anni la rivista subisce l'influenza di uno dei suoi più attivi collaboratori, Salvemini, democratico e antigiolittiano. I vociani lo seguirono nell'opporsi all'impegno bellico e alla spedizione in Libia, ma dopo lo scoppio delle ostilità lasciarono cadere la questione. Salvemini si ritira. Inizia così una seconda fase di crisi e confusione che portò “La Voce” a perdere del tutto le caratteristiche originarie che ne avevano fatto una sede di dibattito e di confronto per un intera generazione di intellettuali. Gli intellettuali iniziano a chiudersi su se stessi: “La Voce” bianca di De Robertis esprime questo momento di ripiegamento e di ritorno all'ordine. Essa propone un FRAMMENTISMO IN PROSA diverso da quello espressionista, meno teso e concentrato e più tradizionalmente “poetico” ed estraneo a ogni impegno etico- politico; la prosa diventa sofisticata. Esso riconosce e accelera la crisi dell'io come capacità unitaria e sintetica, come centralità unificante delle esperienze, e riconosce il carattere frantumato della realtà, la sua disgregazione, la mancanza di ordine della vita moderna, vista nel suo carattere convulso, caotico e dispersivo. La letteratura torna ad apparire come l'unico rifugio e l'unica religione. Questa fu un esperienza importante che anticipa il fenomeno dell'ERMETISMO. “LACERBA” → nata parallelamente a “La Voce”, fondata nel 1913 da Papini e Soffici che non si riconoscevano nei termini del rapporto fra letteratura e cultura proposto dalla “Voce”, e vogliono mettere al primo posto l'arte e il momento intuitivo, irrazionale e individuale. Si pone come rivista d'avanguardia artistica che vuole fregarsene della politica e occuparsi solo di questioni artistiche. Aderì al Futurismo di Marinetti ma l'intesa non durò a lungo. Durò fino al 1915. CAMILLO SBARBARO nasce a S. Margherita Ligure nel 1888. Nel 1914 scrive “Pianissimo”, la raccolta di versi più significativa. A questi anni risale anche la collaborazione ad alcune riviste come “La Voce” e “Lacerba”. Sbarbaro condusse una vita molto appartata ed estranea agli ambienti letterari, e solo raramente si allontanò dalla Liguria. Scrisse pochissimo nella sua vita, e il suo percorso culturale fu quello di un uomo molto legato alla Liguria (Montale). Morì a Savona nel 1967. La sua poesia rientra entro le coordinate dell'Espressionismo che caratterizza i primi due decenni del secolo. L'Espressionismo di “Pianissimo” riguarda piuttosto i temi e lo stile, il lessico è in genere banale e quotidiano, lo stile è prosastico, e la metrica tradizionale. Domina un tono pacato e oggettivo, a metà tra la narrazione e l'autoanalisi. La materia è quasi sempre autobiografica ma il taglio è ragionativo e distaccato. Il suo distacco non è mai quello dell'ironia, esso registra fedelmente una condizione di scarsa vitalità, di inerzia e di aridità, descritta in modo allucinato. Il soggetto lirico si presenta come un “SONNAMBULO”, come un'esistenza privata di anima e di energie vitali, reificata e alienata. Il poeta per lui è una persona che vive in un mondo reificato, che non gli appartiene e che non comprende; è indifferente e non trova una comunione tra lui e le cose, e questo lo porta a diventare anche lui una “cosa”; la sua condizione è quella degradata dell'uomo della massa. Resta al poeta un'unica possibilità di conoscenza di tale condizione, che coincide con il diventare uno spettatore di sé, di praticare un'autocoscienza che comporta la scissione dell'io. È il TEMA DELLO SDOPPIAMENTO. La freddezza distaccata della sua poesia si fonda su una volontà di autocontenimento e autorepressione, e molti testi rivelano un contrasto tra desiderio di amore e di vita e consapevolezza della sua irrealizzabilità. Un altro elemento è la dimensione sociale nella quale sono costretti a svolgersi i rapporti umani e dove si aggira il poeta. Questa dimensione è la CITTA', rappresentata con un procedimento di deformazione grottesca e allucinata. L'aridità del soggetto è equivalente al “deserto” cittadino, e lo sdoppiamento dipende dall'impossibilità di entrare in rapporto reale con le persone e con gli oggetti della civiltà moderna. La “CHIAROVEGGENZA” (la consapevolezza) rispetto alla propria condizione individuale acquista il valore di una denuncia sociale e realismo che rappresenta la verità della condizione umana nella società di massa. “IO CHE COME UN SONNAMBULO CAMMINO” → poesia tratta da “Pianissimo”. Il verso con cui si apre la poesia definisce la condizione esistenziale di Sbarbaro, quella del vagabondaggio metropolitano in stato di semincoscienza. A sbloccare per un attimo tale condizione di sospensione dalla vita è l'apparizione di una donna che passa. L'effetto procurato da questa apparizione è quello dello choc, improvvisamente sveglio e cosciente il poeta riacquista la pienezza vitale del desiderio amoroso. La donna è l'incarnazione stessa del desiderio e rappresenta un'occasione di vita e di felicità. L'abbandono alla gioia si esprime nell'accordo (anche ritmico) tra il cuore del poeta e il passo della donna, e viene a rappresentare una possibilità di armonia tra soggetto e realtà. L'aridità di Sbarbaro rivela in questa poesia la propria complessità e ambivalenza. La struttura si costruisce attorno ad alcune parole chiave ripetute almeno due volte nel testo: il pronome personale IO, il verbo CAMMINARE, i sostantivi PASSO e CUORE. METRICA: 4 strofe di endecasillabi con frequenti ENJAMBEMENTS a sottolineare l'apparizione della donna e il cambiamento esistenziale che provoca nel poeta. LESSICO COMUNE e descrizione precisa della realtà, ma con distacco. DINO CAMPANA nasce a Marradi nel 1885. Fin da giovanissimo inizia a dar segni di squilibrio mentale, favoriti dall'ossessiva religiosità bigotta della madre, infelice e gelida, che lo accusa di essere l'Anticristo. Si alternano periodi di lucidità con momenti di furore anche violento. Fu internato molte volte in manicomio, fino al ricovero definitivo del 1918. Ebbe problemi con la giustizia a causa del suo carattere rissoso. Tra il 1903 e l'internamento del 1918 viaggia moltissimo, facendo mestieri diversi. Nel 1913 consegna a Papini e Soffici il manoscritto di poesie “Il più lungo giorno”, ma Soffici lo smarrisce così che, non esistendone copia, Campana deve riscrivere le poesie a memoria. Nel 1914 vengo editi i “Canti Orfici”, venduti personalmente dal poeta, e pubblica su “La Voce” e “Lacerba”. Tra il 1916 e il 1917 ha una relazione tempestosa con Sibilla Aleramo. Muore nel 1932 nel manicomio di Castel Pulci dopo 14 anni di internamento. Nella sua poesia convivono due tendenze che sembrano inconciliabili. Da una parte si nota una immediatezza quasi primitiva nel rapporto con la realtà e nella sua rappresentazione. Dall'altra è evidente l'influenza, esplicita e confessata, di modelli di forte letterarietà (Carducci) o caratterizzati in senso ideologico (Nietzsche). Al fondo della sua psicologia e arte c'è un sentimento lacerante di esclusione e di disarmonia. Nel disadattamento e nello sradicamento di Campana si esprime in modo personale la instabilità della condizione intellettuale primonovecentesca. Ma la sua reazione di differenzia da quella degli altri poeti dell'espressionismo vociano per una tendenza a resistere nella nuova condizione cercando di difendersene e di negarla. Campana insegue una concezione alta e sublime della poesia, come momento misterioso di identificazione con la vita universale, e quindi come momento assoluto di verità e liberazione: è questo il senso dell'aggettivo “orfico” che ricorre nel titolo dell'opera “I Canti Orfici”. Mescola elementi della cultura, facendoli diventare criptici, usa analogie e musicalità. Nei “Canti Orfici” si agita la condizione dell'emarginato e il senso dello sradicamento, che smentiscono la desiderata armonia cosmica. Anche in Campana la crisi del Simbolismo è subita come una dolorosa necessità e coincide con un sentimento di fallimento e di perdita. All'esaltazione della poesia come momento di armonia e di verità si contrappone la degradazione della figura del poeta. Il simbolismo frustrato si rovescia in un furore espressionistico, dove il singolo oggetto o evento mostrano di non essere più in rapporto di unità con il tutto. La violenza espressionistica è tanto più presente quanto maggiore è stato il bisogno di integrazione e armonia. I temi possono essere gli stessi nei due atteggiamenti, ma vengono diversamente rappresentati. Il tema del VIAGGIO può esprimere una condizione di apertura all'esperienza, di contatto con la molteplice realtà “cosmica”, di armonia nel rapporto tra soggetto e oggetti; ma può anche diventare immagine di una situazione di sradicamento e di alienazione, incontrandosi con i temi espressionistici del vagabondaggio e del sonnambulismo. Nel secondo caso, al paesaggio naturale viene preferito quello cittadino, rappresentato in modo allucinato e deformante. Tra l'anonima folla spiccano i volti degli emarginati e quello del poeta che si aggira portando con sé una carica di violenta aggressività e un bisogno di tenerezza: ogni incontro può suscitare una commossa adesione emotiva e psicologica, o può liberare le energie aggressive. In particolare la TEMATICA SESSUALE è rappresentata in termini sadici. È però anche un momento di verità: rivela il volto reale dei rapporti umani: a partire da un bisogno di rapporto e di conoscenza, si configurano i modi perversi nei quali tale bisogno è costretto a ridursi nell'orizzonte degradato della società industriale di massa. “DONNA GENOVESE” → testo pubblicato dopo la sua morte. Il tema principale è a ricerca di rasserenamento e di equilibrio. La donna diviene occasione di un rapporto positivo e confidenziale con i segni della natura e del paesaggio, è simbolo di vita, conoscenza e liberazione, che avvicina il poeta alla realtà. Questa poesia testimonia la presenza di un fondo simbolistico nella formazione del poeta. È una lirica anomala nel panorama dei “Canti Orfici”, ed è considerata criptica. ERMETISMO periodo della 2° guerra mondiale, che dà vita a poeti interventisti. (PARTITO SOCIALISTA e PARTITO FASCISTA) 1922. I giovani “fascisti di sinistra” sostenevano a necessità che il fascismo si avvicinasse al socialismo e approfondisse le proprie radici popolari. Sostenevano un progetto utopico volto ad abolire la differenza fra lavoro manuale e intellettuale. Il popolo è sinonimo di cultura, di civiltà e umanità. Si battevano contro i caratteri elitari della riforma Gentile e della cultura dell'idealismo e dell'attualismo e affermavano l'esigenza per l'intellettuale d'impegnarsi politicamente rivendicando il diritto al dissenso all'interno del fascismo. Mussolini inizia a controllare la cultura e la letteratura, inducendo a una chiusura della società; il fascismo vuole una cultura non impegnata e senza posizioni ideologiche. GIOVANNI GENTILE: intellettuale fascista, tutte le opere dovevano avere la sua approvazione. Sconfitti e amareggiati ripiegarono sulla letteratura, e la rivista che gli dette voce fu la fiorentina “Campo di Marte”, dove l'Ermetismo e il nascente Naturalismo trovarono fecondi punti di contatto. L'ERMETISMO recupera ed estremizza la tendenza alla “poesia pura”, cioè assoluta, solamente lirica ed estranea al discorso logico ed ideologico. Nasce intorno al 1932, quando escono “Isola” di Gatto e “Oboe sommerso” di Quasimodo. Affonda le proprie radici in una ideologia volta ad identificare la vita e la poesia. La vita è concepita come esperienza tutta interiore e spirituale e come tensione a un'umanità universale. La letteratura viene elevata a religione o a teologia. È un movimento poetico che si qualifica per il suo estremismo simbolista. Punta all'uso dell'ellisse analogica, a trapassi bruschi e immotivati di derivazione surrealistica, a giochi di corrispondenza sonora e musicale. I maestri sono individuati in Mallarmé, alcuni surrealisti e nel Campana orfico. Importanza della parola (criptica), che comunica per vie nascoste un pensiero, incomprensibile a molti. Il gruppo degli ermetici fonda una “scuola”, con una sua precisa “grammatica”. Esiste una “maniera” ermetica, determinata dai seguenti elementi: 1) uso prevalente dell'endecasillabo; 2) astrazione delle immagini, in senso non concettuale ma “lirico”, in modo da potenziarne il valore evocativo; 3) uso di accostamenti analogici; 4) riduzione del lessico a poche parole-chiave; 5) soppressione delle determinazione in modo da rendere assoluta e allusiva la parola; 6) uso di plurali indeterminati al posto del singolare; 7) riduzione a zero dei nessi grammaticali e sintattici; 8) empatia tra il poeta e la natura. SALVATORE QUASIMODO nasce a Modica nel 1901. Va a vivere a Firenze su invito di amici legati all'ambiente della rivista “Solaria”, sulla quale pubblica le prime poesie. Nel 1932 esce “Oboe sommerso”. Si stabilisce poi a Milano dove trova un'attività stabile come giornalista. Nel 1942 esce “Ed è subito sera”, che raccoglie tutta la produzione precedente. Poi insegna letteratura italiana al Conservatorio musicale milanese, senza abbandonare l'attività giornalistica e partecipando attivamente al dibattito letterario e politico.
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