Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Corso completo di Storia dell'America Latina, Appunti di Storia Politica

Appunti di tutto il corso. Argomenti: 1 La dissoluzione del dominio coloniale e le lotte di indipendenza; 2 Politica e società nel XIX secolo; 3 Dall’economia di esportazione al modello ISI al neoliberismo; 4 I partiti politici (dalle formazioni ottocentesche ai partiti di massa); 5 Le rivoluzioni nel XX secolo; 6 Le relazioni interamericane; 7 La guerra fredda in America Latina; 8 Democrazia e autoritarismo; 9 La Chiesa cattolica in America Latina; 10 L’America Latina nel XXI secolo.

Tipologia: Appunti

2017/2018

In vendita dal 06/12/2021

france.sca.
france.sca. 🇮🇹

4.6

(69)

34 documenti

1 / 92

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Corso completo di Storia dell'America Latina e più Appunti in PDF di Storia Politica solo su Docsity! PRINCIPALI TAPPE DELL'AMERICA LATINA NELLA STORIA CONTEMPORANEA Per storia contemporanea si intende quella fase che inizia grossomodo ad inizio 1800 (o con la rivoluzione francese, o con la rivoluzione industriale o con quella statunitense, a seconda delle storiografie nazionali). Nel caso dell'America Latina la storia contemporanea inizia intorno alle lotte di indipendenza, quindi nella fase compresa tra il 1808 (anno dell'occupazione della Spagna da parte di Napoleone) e la metà degli anni '20 del 1800, quando terminano le lotte di indipendenza. Per meglio dire, la storia contemporanea inizia quando i Paesi ispano-americani diventano realmente indipendenti, ossia quando termina questa fase di lotte ed inizia quella “di liberazione”. Ovviamente non tutti i Paesi dell'America Latina raggiungono insieme l'indipendenza. Corso storico-politico: si incentra sulla sfera politica, dove gli “attori” sono lo Stato, le istituzioni, i partiti politici, i sindacati ecc., elementi che consentono di fare una riflessione di tipo politico. Per esempio è importante soffermarsi su alcuni elementi come I diritti politici oppure il suffragio universale soprattutto per comprendere le differenze rispetto ad altre aree geopolitiche. Un'altra chiave di lettura è infatti capire se l'area latinoamericana sia in ritardo rispetto ad altre aree oppure se viva lo stesso clima internazionale (come lo stereotipo che vede l'area latinoamericana perennemente arretrata, come un “continente desaparecido”). Tutto ciò è importante per cogliere le originalità e le peculiarità. Per esempio, il populismo (a parte i casi più noti, quello statunitense e quello russo) è una categoria che nasce nell'area latinoamericana e che fa ben comprendere la realtà politica di questa area (tralasciando la sua evoluzione nel corso del tempo, si può affermare che è una categoria genuinamente latinoamericana). La storia ovviamente non può omettere le dinamiche economiche e sociali; nel caso economico e sociale è fondamentale il passaggio da una società sostanzialmente agricola e rurale ad una industriale. In questo caso si noterà che effettivamente l'area latinoamericana è in ritardo rispetto ad altre aree. Infatti, nel 1800 si vive ancora sulla base di ciò che era accaduto nel periodo coloniale, ed è quindi una società che ancora vive di schemi, di rapporti di forza e di altri elementi tipici del periodo coloniale. Il passaggio alla fase dell'industrializzazione nel caso latinoamericano avviene molto tardi. Infatti, nel contesto europeo la fase dell'industrializzazione viene datata tra la fine del 1700 nel caso inglese e la prima metà del 1800 in gran parte d'Europa (con ritardi riguardanti solo alcune zone), mentre nel caso dell'America Latina avviene il pieno 1900, intorno agli anni 30-40 del 1900. Questa industrializzazione viene peraltro anticipata dai fenomeni di urbanizzazione (quindi in America Latina l'urbanizzazione precede l'industrializzazione e non il contrario come nella maggior parte dei casi). Fondamentali sono anche molti aspetti politici ed istituzionali, come ad esempio l'organizzazione istituzionale.I Paesi latinoamericani, quando diventano indipendenti, scelgono la forma repubblicana (seguendo il modello statunitense di repubblica federale), anche se in quella fase storica I principali stati sono delle monarchie. Un altro esempio di lettura dell'area latinoamericana è il protagonismo delle forze armate. Spesso non si possono comprendere le dinamiche di un paese, se non si ha presente come si muove e come si comporta l'istituzione militare, sia perché quest'ultima può prendere il potere, sia perché, come avviene in alcune aree, a seconda di dovesi collocano le forze armate possiamo capire che piega prenderà un determinato Paese dal punto di vista politico. Nel caso latinoamericano, oltre la Chiesa, la prima istituzione è quella militare, che è quella più solida e forte e con più consenso tra la popolazione. Questo elevato grado di consenso spiega anche la facilità con cui i militari vanno al potere storicamente (per esempio nel 1800-1900, ed anche durante il periodo d'oro delle dittature militari degli anni 60-70-80, e nel periodo della guerra fredda, della polarizzazione, del periodo comunista ecc.) Per esempio, nel Cile democratico, dove il partito socialista viene rovesciato ed inizia a partire dal 2 settembre 1973 una lunga dittatura che durerà 17 anni, soltanto una parte inferiore alla metà della popolazione non si riconosce con la rottura istituzionale, ma la maggioranza della popolazione si e si fida dei militari, ai quali attribuisce una capacità di guida e di governo. PERIODIZZAZIONI Possiamo dividere la storia latinoamericana in alcune grandi fasi: Dal 1530 quando termina la fase di conquista al 1820 quando iniziano le lotte di indipendenza. Questi tre secoli hanno delle sotto fasi: creazione delle impalcature istituzionali, dell’organizzazione sociale. con le lotte di indipendenza inizia un nuovo periodo in cui i paesi latinoamericani sono indipendenti ad eccezione di Cuba e Portorico che lo saranno solo alla fine del secolo con la guerra ispano-cubana/portoricana. Fase di anarchia, 1820-1850 e c’è il contrasto con i caudillos. Fase di origine neocoloniale e costruzione del sistema di esportazione, 1850-1880. Viene definita fase neocoloniale perché i paesi latinoamericani hanno come referente “internazionale” soprattutto sul piano economico e commerciale la Gran Bretagna. La Gran Bretagna gestisce quindi il modo in cui l'America Latina si posiziona sul mercato economico internazionale. É quindi la Gran Bretagna che fa sì che i territori delle nuove repubbliche si specializzino nella produzione e nell'esportazione dei prodotti primari. Massima espansione del sistema di esportazione, 1880-1929. Ancora negli anni 20-30 del 1900 tutti i paesi latinoamericani basano la propria economia sull'esportazione di uno o due prodotti della terra. Per esempio, l'Argentina all'inizio del 1900 era un paese molto ricco e basava la propria ricchezza sull'esportazione del grano e di cachi. Oppure il Cile, che basava la propria economia sull'esportazione di salnitro e di rame. Tutt'oggi, anche nei paesi che hanno un elevato grado di conoscenze tecnologiche ed industrializzazione, i periodi di crescita dipendono dall'esportazione dei propri prodotti. Questo significa che questi territori dipendono dalle fluttuazioni del mercato internazionale: quando i prezzi di questi prodotti salgono i paesi vivono periodi di crescita ed il PIL sale, ma quando il prezzo di questi prodotti cala, si vivono periodi di crisi. Per esempio, il Venezuela è sempre stato paese esportatore di petrolio: quando il prezzo del greggio sale, il paese sta economicamente bene, ma quando il prezzo del greggio cala, esso deve affrontare periodi difficili. Il 1929 è un momento di cesura: crisi economica internazionale, ed anche nel contesto latinoamericano, dove questa crisi ha avuto un impatto molto profondo. Essa è però anche importante perché in America Latina determina il passaggio graduale (negli anni 30, ma soprattutto 40-50) da un modello economico basato sull'esportazione ad un modello economico basato sull'industrializzazione: questo significa che i prodotti che non potevano più essere importati venivano, realizzati sul posto. L'America Latina nel periodo della crisi mondiali, 1930-1959. Sono i decenni delle crisi internazionali: crisi economiche, il primo dopo guerra, la Seconda Guerra Mondiale. Il territorio latinoamericano non è teatro di guerra durante la Seconda guerra mondiale ma rappresenta il “serbatoio” degli Stati Uniti, cioè l'area che fornisce agli Stati Uniti i materiali strategici, manodopera ed ancora basi militari. Questo è anche un periodo molto stimolante di novità sul piano politico e sociale: si affermano nuovi partiti, anche se con una caratterizzazione diversa e più legata al nazionalismo rispetto all'Europa (fascismo, populismo ecc.). Nel secondo dopoguerra si entra nella Guerra Fredda, ed il momento di cesura è rappresentato dal Rivoluzione Cubana. La Rivoluzione Cubana ci consente di dire che da questo momento, in un certo senso, inizia la Guerra Fredda in America Latina. La fase della polarizzazione, dal 1960 al 1989. Da quel momento inizia la Guerra Fredda perché c'è la possibilità concreta che quell'esempio possa essere seguito e possa essere replicato in altre aree. La Rivoluzione può essere replicata; quando Castro dichiara il carattere socialista della corruzione nell'aprile del 1961, significa che può essere replicata una rivoluzione socialista. contrastare questo progetto egemonico degli Stati Uniti, si comincia a creare un progetto che è culturale e la Francia si pone alla guida di un continente cattolico e latino per aiutare le Repubbliche sorelle. - A questa definizione la Spagna contrappone l'espressione di “America Ispanica”, cioè un'America che ha nel DNA una radice ben definita, quella coloniale. - Se vengono compresi anche il Portogallo ed il Brasile, viene chiamata “America Iberica” o “Iberoamerica”. - A queste due definizioni, che sono chiaramente delle imposizioni imperialiste, si contrappongono altre due definizioni: “Indoamerica”, che tiene conto della componente india, che è quella che ha dato luogo all'America latina e “Indolatina”, che tiene conto della componente india e di quella latina. FATTORI COMUNI, CERTEZZE - Lingua comune: si parla lo spagnolo. - Periferia del mondo: i paesi latinoamericani sono sempre stati inseriti nella “periferia del mondo”, non hanno mai fatto parte del centro. Sono poi cambiate le etichette (“terzo mondo”, “paesi in via di sviluppo”, “paesi in via di industrializzazione”, “paesi periferici”), ma sicuramente nessuno dei paesi latinoamericani fa parte del centro del mondo. Questo accade anche oggi: per esempio, anche se il Brasile era diventata la quinta potenza economica mondiale, superando anche la Gran Bretagna, è sempre stato considerato un paese periferico. Non essere un “attore” centrale del mondo significa banalmente non poter definire l'agenda di politica internazionale (decisioni economiche ecc.). - Paesi fornitori: essi forniscono e dipendono. - Influenze esterne: hanno sempre subito influenze esterne: Spagna e Portogallo prima, Gran Bretagna nel corso del 1800, Stati Uniti soprattutto a partire dalla fine del 1800 ed Unione Europea e Cina negli anni più recenti. Adesso un attore fondamentale nel contesto latinoamericano sono ancora gli Stati Uniti, ma sempre di più la Cina, che è un attore che ha sostituito altre e che segue le stesse logiche perché l'interesse che mostra nel contesto latinoamericano è simile all'interesse che storicamente ha avuto la Gran Bretagna e gli Stati Uniti. La Cina cerca ovviamente le materie prime e ciò significa che il tipo di relazione usa sempre lo stesso schema, cambia soltanto il referente e quando il referente non ha più bisogno, “abbandona”. - Invenzione dell'Europa. America Latina assume la definizione di “invenzione dell’Europa” perché con la presunta scoperta i territori già popolati vengono inseriti nella sfera culturale dell'Occidente (Europa di fine 400) ed è costretta a far parte di una storia occidentale che sostanzialmente è europea. Solo recentemente i popoli delle diverse zone dell'America Latina hanno iniziato a sentirsi parte di unico paese e sentirsi più “occidentali” infatti anche nelle scuole adesso vengono inserite cattedre di storia europea. Un esempio è lo studio del post-colonialismo. Questo studio ha rifornito diverse riflessione su cos'è e cos'era l'America Latina. L'America Latina è un'area molto estesa, è due volte e mezzo gli Stati Uniti che sono poco più grandi del Brasile, questo ci fa capire che se l'America Latina e gli USA si fossero uniti avrebbero potuto competere ma l'America Latina non fa molto gioco di squadra né con gli USA né con gli altri attori extra continentali. La storia ci dice che all'inizio del 20° secolo abbiamo un grosso numero di repubbliche che poi aumenteranno da 20 a 37. Il Brasile è il territorio più grande ma non solo dal punto di vista territoriale o della popolazione ma proprio dal punto di vista del PIL (anche più alto del Canada, secondo solo a quello degli USA) che è sempre stato ed è ancora ora il paese più forte economicamente. In America Latina ci sono 37 paesi e alcune repubbliche sono di dimensioni piccolissime come il Grenada. Possiamo considerare l'America Latina come un puzzle che ha diverse realtà messe insieme e i paesi più grandi non solo in termini territoriali ma anche di peso economico/politico/internazionale sono il Messico, Brasile, l'Argentina, il Perù e la Colombia (attore di primo piano perché è un paese ponte per gli Stati Uniti per il controllo dell'area Amazzonica -> riserva di risorse energetiche e naturali del pianeta) in alcune circostanze. Le occupazioni dei posti da parte dei spagnoli e ancor di più dei portoghesi avveniva attraverso le coste, ad esempio le coste del Pacifico, costruendo metropoli sulle macerie di altre città. Alcuni esempi sono: - Città del Messico è stata costruita su una vecchia città coloniale, quella della confederazione azteca che ha una popolazione superiore ai 24 milione di abitanti; - Brasilia, tipico progetto di costruzione di una capitale a tavolino voluta negli anni 60 in una fase di splendore di questo paese con presunzione di grandezza. È ancora oggi c'è una realtà dove sono previste grandissime disparità della densità territoriale, non c'è una distribuzione omogenea della popolazione. - In paesi centro americani-caraibici più piccoli come Haiti la disparità è presente anche all'interno dello stesso paese, così come in Brasile e in Argentina ci sono paesi densamente popolati e altri completamente deserti. Questo tipo di distribuzione della popolazione ha qualche impatto o potrà avere qualche impatto in campo economico e sociale, perché occupare un territorio non significa soltanto controllarlo ma anche renderlo produttivo. L'aria patagonica per quanto riguarda la popolazione è sempre stata inferiore a quella statunitense fino alla metà degli anni 40 ma oggi grosso modo tutta l'area latino americana si è allargata (650 milioni rispetto ai 330 milioni). Negli USA la componente di origine ispanica è significativa, 40/50 mila. Il primo paese a raggiungere l'indipendenza (quindi a liberarsi dal dominio spagnolo coloniale) fu Haiti nel 1804, e dal 1811 al 1821 tutti gli altri ad eccezione di Cuba e Portorico (1898). A partire dagli anni 60 del Novecento si registrano nuove indipendenze come Guyana (1966), Suriname (1975), Belize (1981) e altri paesi caraibici. Cuba sarà indipendente ma fino al 1959 avrà un protettorato statunitense, infatti il '59 a Cuba è considerato come un anno di inizio di una vita veramente indipendente. N.B: se il prof chiederà quando Cuba sarà indipendente dobbiamo dire formalmente nel 1898 ma di fatto nel 1959. Portorico non sarà mai indipendente perché verrà prima indentificata come un protettorato e dopo viene considerato come uno stato associato alla confederazione statunitense. Il senso comune tra le diverse zone non lo dà solo la storia ma anche i ritmi e problematiche economico-sociale-politico. Le analogie che si verificano su un altro piano che non devono per forza essere storiche, alcune analogie sono caratteristiche strutturali che troviamo nel corso di tutta la storia latino americana e possiamo dire che alcune le troviamo ancora oggi. Tipo di analogie: - Concentrazione della proprietà terriera cioè tutta l'area latino americana non ha mai risolto il problema dell'accesso alla terra nonché in alcune eccezioni. Questo significa, banalmente, assenza di riforme agrarie e ancora fino all'inizio degli anni '60, salvo Cuba che adotterà a distanza di 2 anni due riforme agrarie. Perfino in Messico che c'è stata poi una rivoluzione che però poi non viene adottata una vera e propria riforma agraria, il processo di distribuzione della terra è un processo molto lento e complicato che registra resistenze diffuse. - AI principio degli anni 60 (il prof non è sicuro) 1’1.4% della popolazione latino americana deteneva quasi il 70% delle proprietà terriere, questo aspetto si ripercuote sul livello di rimodernizzazione dell’agricoltura, sui livelli dei modelli di vita e di lavoro della popolazione rurale (se teniamo conto che negli anni ‘60 la maggior parte della popolazione dei vari paesi latino americana viene dai popoli rurale). Un ritardo nella rimodernizzazione dell'agricoltura produce ripercussioni sul paese in generale ma soprattutto in campo politico-sociale, perché se il potere economico è nelle campagne, si concentra attorno alla terra questo darà la possibilità a chi detiene la terra di esercitare anche sul piano politico e sociale. Ancora oggi molti paesi non hanno risolto questo problema a causa della diffusione delle multinazionali. L'industrializzazione di questa zona si registra molto più tardi dell'Europa, sappiamo che l'industrializzazione è una delle chiavi interpretative dell'inizio dell'epoca contemporanea in Europa, molte zone dell'Europa raggiungono l'industrializzazione a metà dell'800 mentre in America Latina negli anni 30-40 del 900 quindi circa un secolo dopo. Altro dato interessante oltre l'industrializzazione tardiva è l'urbanizzazione che la precede, il modello Europeo è al contrario perché l'urbanizzazione si afferma quando inizia l'industrializzazione. Questo a causa dei centri operai che nascono grazie alle fabbriche quindi l'industrializzazione nasce dai processi di espulsione dalle campagne. La diversità tra paesi è data di - Geopolitica: relazione con gli Stati Uniti. Più si è vicini al mediterraneo americano, cioè quella grande area caraibica e centro americana vicino alle coste degli Stati Uniti, più i paesi sono piccoli sia di dimensioni, popolazione, peso economico e più sono stati soggetti all'egemonia statunitense. Quando si usa l'espressione “cortile di casa” degli Stati Uniti ci riferiamo a quest'area centro americana e caraibica per estensione a tutta l'area latino americana. Dobbiamo ricordarci che c'è una differenza tra l'area centro americana e caraibica e l'America meridionale: in America Latina ci sono stati che non hanno mai subito l'occupazione militare statunitense e in più sono paesi che hanno avuto relazioni con altri paesi extracomunitari che hanno variato i 'partner' diplomatici e commerciali e sono paesi (Argentina, Cile, Brasile) che hanno storicamente una discreta dose di autonomia sul piano della politica internazionale, sono stati capaci di confrontarsi con gli stati uniti in alcuni casi anche in maniera efficace (Argentina terrorista o il caso emblematico il caso cubano); - Struttura sociale; - Clima: ci sono paesi con clima temperato e altri con clima tropicale; - Ambiente: cioè il modo in cui si sedimentano vari flussi di popolazione. Immaginario sull’ America Latina: Gli stereotipi non sono utili solo perché ci svelano qual’ è quel processo di costruzione/rappresentazione statunitensi perché spesso ci svelano anche elementi militari. Banalmente per gli Stati Uniti/Europa l'America Latina è sinonimo di colui che vive con il sombrero e fa la siesta oppure il gauchoe pippo che inoltre la Walt Disney ha riprodotto dei cortometraggi negli anni 42/45 con il nome di ‘saludos amigos! e 'los tres cabelleros' anche finanziati dal Dipartimento di Stato per far conoscere ai cittadini statunitensi le usanze americane latine per creare appunto un rapporto di pace e collaborare fra loro. Sul piano po. C'è uno stereotipo che ha sempre dipinto e dipinge ancora l'area latino-americana come un'area di pulsioni violenti e continue e dove regna l'instabilità. Un esempio è l'opera pubblicata anche Italia con il nome di 'Piazze e caserme: i dilemmi dell'America Latina dal Novecento a oggi' di Valerio Castronovo, la piazza sta per il populismo mentre le caserme stanno per la presenza dei militari. Alla fine dell'800 il Venezuela che aveva circa 2 milioni e mezzo di abitanti e contava 3000 generali e 3400 colonelli, quindi stiamo parlando di oltre 6000 persone impegnate nell'ambito militare che ci fa capire come già ci fosse una militarizzazione del paese. E inoltre i militari hanno anche un gran consenso dei cittadini anche perché non entravano in maniera diretta negli affari politici. Livello di stabilità: Nei paesi più grandi ci sono stati 1743 governi, di cui solo il 21% dei governi che sono preceduti dall'indipendenza fino agli anni 80 del '900 sono stati eletti democraticamente, in altri casi per colpi di stato, accordi tra nazione ecc. Solo il 20,5% riuscì a terminare il proprio mandato. Metà degli anni strettamente coinvolta nelle dinamiche continentali e lo è e tendiamo molte volte ad omettere, l'importanza per la stessa Spagna e per l'Europa, ciò che succede nelle Americhe. Solo nel 19 secolo, l'indipendenza delle colonie, rompe il cordone ombelicale tra le Spagna e l'America. Nel 1492 la scoperta dell’America, con la sua successiva conquista e colonizzazione, corona il rafforzamento della monarchia spagnola. In America vennero subito esportati tutti i mali che risiedevano nella penisola iberica: intolleranza religiosa, ingiusta divisione socio-economica ecc., così da modellare una società gemella alla madrepatria. Quest'ultimo, è uno degli aspetti rivisti negli ultimi anni dagli storici. Infatti, s'è sempre pensato che la società americana fosse semplicemente una replica di quella spagnola. Ma non è così, dato che non tiene conto di quel processo di contaminazione tra modello sociale e apporto locale, cioè tutto ciò che viene esportato va a tenere conto delle contaminazioni locali. Quindi è una società che si avvicina a quella spagnola, ma è completamente diversa, che tiene presente molto il patrimonio socio-culturale dei popoli originali. Il fatto che arrivino tutti i mali dalla Spagna, non offusca l'epoca dei colonizzatori né alcuni dei suoi risultati, come per esempio la difesa degli indios e l'espansione del cattolicesimo e della cultura classica europea. È un rapporto problematico da subito, che viene inteso come un incontro tra spagnoli e europei che tendono a civilizzare, quindi ad esportare la civiltà e tra i popoli americani che devono essere civilizzati, che hanno tutto da guadagnare. In realtà è un incontro, ma è prevalentemente un scontro. Scontro perché principalmente abbiamo un attore forte che domina l'altro, quindi non c'è collaborazione mutua. Quando noi sosteniamo che i popoli originari sono stati massacrati, questo non significa che non si sia stato uno scambio, un'interazione. Praticamente, lo spagnolo che arriva nelle Americhe e lì muore, è profondamente diverso da quello che era anni prima in Spagna, perché subisce appunto influenze locali, e nasce un soggetto nuovo. Ma è soprattutto uno scontro tra due concezioni del mondo completamente diverse, tra culture diverse che non erano entrate mai in contatto. Ed è uno scontro tra società a strati molto diversi dal loro gruppo sociale, quasi uno superiore all'altra, quindi una prima difficoltà fu entrare in contatto, a scambiarsi modelli ed ideali, ed è anche uno scontro che porterà subito a quella che viene chiamata destrutturazione sociale e culturale. La destrutturazione sociale e culturale è una delle cause che viene usata solitamente per spiegare il crollo della popolazione locale. Nell'area centro americana c'erano all'incirca 20 milioni di abitanti, e nell'arco di un secolo scendono a un milione. Per spiegare questo crollo molto veloce sono state formulate varie tesi, la prima è la tesi omicida, diffusa soprattutto dagli uomini di Chiesa. In poche parole, i conquistadores avrebbero ucciso la gran parte della popolazione locale, senza farsi scrupoli perché una parte della conquista richiedeva il ricorso sistematico della guerra. Qualche tentativo di assoggettare in maniera pacifica la popolazione è stato fatto, ma senza molto impegno. All'inizio, si discuteva perché non si sapeva come indentificare gli abitanti di queste terre, perché avevano pratiche culturali e sociali diversi, quindi decisero da quel schiavizzarli e preservare alcune comunità indie, che avranno anche un ruolo abbastanza importante all'interno della struttura sociale. Sulla destrutturazione sociale, si dice che ha avuto un ruolo determinante per tutto il periodo coloniale e post coloniale in America. Improvvisamente, il mondo si era rovesciato, ciò che fino a ieri era buono e desiderabile, i comportamenti che venivano apprezzati, gli Dei che venivano adorati e venerati, si trasformarono dal giorno alla notte in peccati, delitti e trasgressioni. Bisognava abbandonare i costumi ed i riti ereditati dalle precedenti generazioni. Gli Dei, che avevo protetto la vita degli antenati, venivano calpestati e distrutti dalla pelle bianca. Il dato interessante da segnalare è che gli spagnoli non riusciranno a fare tabula rasa, nel senso che questo patrimonio di valori culturali rimarranno nel tempo, nonostante varie difficoltà. A_ partire dal 1493, cominciano i successivi viaggi di Colombo, in tutto sono 4 tra cui, una, la scoperta. Per altro, dopo la prima spedizione, quelle seguono vedranno la partecipazione di uomini religiosi e funzionari regi, e questa esperienza spagnola nel nuovo mondo comincia a strutturarsi come un'avventura mercantile, cioè che viene appunto finanziata per interessi mercantili, soprattutto interessi privati, che consentono alla Spagna di commerciale con altre realtà e finanziare tutta la fase delle successive guerre. Si caratterizza questa esperienza spagnola nel nuovo mondo sempre di più, come un'impresa del grande stato metropolitano e in difesa della fede cristiana e della diffusione della fede cristiana. Ovviamente, alcuni interessi contraddittori danno luogo a problematiche: un punto è l'interesse dello stato, un altro è l'interesse dei soggetti privati ed un altro è l'interesse della Chiesa. Tutti i progetti imperiali di conquista e di potenza, hanno bisogno di una giustificazione. Negli ultimi anni, la giustificazione è stata la esportazione della democrazia, ovvero portare la democrazia dove questa non è presente. Da qui appunto le guerre nell'aerea medio orientale. E quindi, in poche parole, la democratizzazione in molti casi è stata la giustificazione di atti aggressivi. Ma può essere anche la difesa di comunità locali o impedire la violazione dei diritti umani. All'epoca, la giustificazione era l'evangelizzazione dei nuovi popoli e quindi la Chiesa è stata il braccio spirituale della Spagna. È un elemento importante non solo per il periodo coloniale, ma che ci svela anche il perché, nel corso del tempo, la Chiesa acquisisce un peso significativo nel contesto americano. Perché ha una lunga tradizione, senza dimenticare che accanto al potere religioso di aggiunge anche un potere politico e sociale, che viene maturato nel corso del tempo. Quando noi analizziamo il periodo coloniale dobbiamo necessariamente assegnare una posizione centrale alla Spagna, in termini di estensione del territorio. Il Brasile che conosciamo adesso, s'è costruito con il passare il tempo, soprattutto la "porzione" coloniale dell'impero portoghese. Questo non significa che anche il Portogallo non trasferisce in Brasile degli elementi culturali. Però la storia della colonizzazione, ma soprattutto del periodo di indipendenza, è profondamente diversa, cioè segue percorsi diversi, nel senso c'è meno dialogo, c'è più intreccio pacifico, altrimenti non ci potremmo nemmeno spiegare perché la corte portoghese si trasferisce in Brasile in periodo di guerra. E non ci spiegheremo neanche perché l'indipendenza brasiliana sia stata così pacifica. Il modello della storia nazionale, che considerava l'indipendenza un processo ineluttabile e necessario, creatore della nuova patria, è stato messo in questione dalla nuova storia politica che ha definitamente rifiutato la nuova prospettiva per spiegare l'indipendenza. Perché le lotte di indipendenza sono state a lungo spiegate dalla storia latina americana, cilena ecc., come il frutto di una sollevazione nazionale, cioè si è creato idealmente un progetto nazionale e l'élite ha lavorato per la realizzazione di questo progetto nazionale ed è sostanzialmente una replica di quel patriottismo, e di progetti di liberazione nazionale che avvengono in Europa nel corso dell’800, cioè l'applicazione di un modello interpretativo al contesto latino americano. Questo è importante non solo in chiave interpretativa, ma sulla base anche di un secondo aspetto che significa che le lotte di indipendenza un fatto essenzialmente americano, che hanno origine in quei territori, ma in realtà non è così. Le lotte di indipendenza dobbiamo considerarle come il riflesso di qualcosa che succede altrove, infatti gli stati sorti dalle ceneri della monarchia spagnola non solo la causa della sua dissoluzione, quindi non sono state le indipendenze nei territori ispano americani a determinare la crisi della monarchia, ma il contrario è solo il risultato solo di un processo più ampio iniziato nel 1808 con la crisi della monarchia, quindi è un fatto europeo non americano. Se non ci fossero stati squilibri in Europa, non ci sarebbero state le lotte di indipendenza in America Latina. In altre parole, mentre per lungo tempo si è pensato che furono le indipendenze a causare il crollo della monarchia e del suo impero, negli ultimi 20 anni si è passati ad una visione opposta. Fu la gravissima crisi innescata dalle abitazioni della casa reale a far collassare l'impero, che favorì l'emancipazione delle colonie americane, da qui la difficoltà di separarsi definitivamente dalla monarchia e la tortuosità dei percorsi che portano alla creazione dei nuovi stati nazionali. La complessità del processo, ci indica che non esiste un'indipendenza ispano americana, ma diverse indipendenze ispano americane. Ci furono diversi processi, a seconda dei territori. Per altro territori che durante il periodo coloniale non avevano interagito, non c'erano scambi economici, culturali tale da poter ipotizzare una qualche omogeneità' nella frase compresa tra il 1808 e 1824. È sufficiente dire che fino alla fine del 700, la Spagna impediva il commercio tra le colonie, si poteva commerciare solo con la Spagna. Quindi erano tante unità in un certo senso separate però parte di un'unica costruzione imperiale. Non esiste un percorso chiaro che vada alla ricerca di libertà contro l'oppressione coloniale all'emancipazione, ma una crisi imperiale, che genera diversi processi locali e soprattutto una gigantesca frammentazione territoriale. Non esiste una specie di totalitarismo, ma nemmeno un ideale che conduce alla creazione di stati nazionali, quindi non c'è un progetto nazionale, è del tutto assente, e l'obbiettivo è liberarsi del dominio coloniale, per problemi economici. LA PROSPETTIVA ATLANTICA: inserisce il rapporto tra la Spagna e i territori ispano americani, in un contesto spaziale molto grande, in cui viene dentro anche l'Africa, la Gran Bretagna ecc. Noi dobbiamo pensare la risoluzione dell'impero spagnolo in una prospettiva che geograficamente, dal punto di vista spaziale è molto ampia e così possiamo vedere l'interazione tra diversi imperi. In una riflessione di una prospettiva atlantica ha un peso maggiore rispetto ad altri il tratto degli schiavi, la circolazione delle persone, di poteri politici e costituzionale. E nel riflettere sul processo di indipendenza, dobbiamo tenere presente il rapporto di una prospettiva di questo tipo. Le lotte di indipendenza sono un periodo estremamente complesso, molto sfaccettato, fatto di avanzamenti ed arretramenti, una prima fase di guerra civile, tra chi sosteneva la Monarchia e chi cominciava a proporre rivendicazione indipendentiste, poi c'è una chiara guerra al dominatore, alla Spagna dal 1814/1815 in poi é una guerra contro la Spagna a tutti gli effetti. L'indipendenza è il momento di inizio e di origine di stati latino americani, della loro formazione moderna e nazionale come li conosciamo adesso, sebbene la configurazione dell'America Latina del punto di vista statale non è ancora quella definitiva, cioè quella che conosciamo al giorno d'oggi. Si arriva alla fine del dominio coloniale spagnolo sulla base di una serie di fattori, di cause che concorrono alla comprensione ed eventualmente alla spiegazione di questo processo storico. Le cause, nel tempo, ne sono state formulate diverse: 1) La prima: riguarda la circolazione urbana delle idee dopo il 1776 e il 1789. Si sostiene che la sollevazione del dominio coloniale spagnolo sia stato possibile a causa di due modelli di riferimento. Quello nord americano, che è un processo indipendentista a tutti gli effetti, che dimostra agli indipendentisti latino americani che si può combattere la madrepatria. E poi c'è l'apporto della rivoluzione francese. In questo senso, una qualche spiegazione c'è, anche se siamo sempre sul campo di un apporto egocentrico, cioè c'è l'applicazione di una categoria interpretativa che gira per l'Europa, perché l'Europa vive soprattutto questo, ovvero la circolazione di ideali liberali che vengono poi applicati al contesto latino americano. Tanto più, che i principali leader LIBERTADORES, come Simon Bolivar, sono stati anche degli intellettuali e non solo dei personaggi capaci di fare la guerra, ed erano uomini che avevano viaggiato ed erano entrati in contatto con altre realtà. Questa tesi nel corso del tempo è stata un po' delimitata e circoscritta, sulla base della conservazione e della diffusione di questi ideali che riguardava solo una strettissima cerchia di persone. Dato che il livello di analfabetismo impediva una reale circolazione di idee e questi intellettuali/condottieri urbani non avevano questa grande capacità di influenzare il popolo, però è un elemento che dobbiamo tener presente, perché a parte questa diffusione di ideali, contribuiscono anche altri due fattori. 2) Il desiderio di maggiore autonomia politica e amministrativa dei creoli, ovvero di bianchi di origine europea/spagnola, che all'inizio del 19 secolo rappresentava all'incirca il 19% della popolazione totale latino americana, più o meno 17 milioni, quindi il 3% della popolazione complessiva a fronte di 150 mila spagnoli. Che è una fetta della società che ha un significativo potere economico, stiamo parlando di proprietari terrieri che però non hanno nessun peso politico ed amministrativo, in poche parole non hanno diritto di accedere ad alte carriere perché questi spettano solo agli spagnoli, perché sono di nomina regia. È importante questa ispirazione non nella fase precedente al 1808, ma quando i creoli devono gestire in prima persona gli affari locali. Questa aspirazione di autogovernarsi in prima persona, cominceranno a sperimentarla. Una delle poche eccezioni in questo quadro di conservatorismo precoce o annacquato dal 1808 fino al 1824 è il Messico che è stato il centro nevralgico del dominio coloniale spagnolo e territori americani. In una primissima fase, dal 10 al 15, le lotte vengono portate avanti da due uomini di Chiesa, due preti, Miguel Hidalgo e Josè Maria Morelos, quest’ultimo non solo è prete ma anche meticcio (il massimo dell’offesa per una società che si percepisce bianca) che danno una dimensione fortemente sociale alle lotte di indipendenza. Miguel Hidalgo non insorge contro i re, però c’è un forte contenuto sociale nel senso che Miguel Hidalgo e poi Morelos si battono per la restituzione delle terre sottratte alle varie comunità indie presenti in territorio messicano, abolizione della schiavitù ed altre questioni. L’area messicana seguirà un percorso legato ad una piena conservazione. Questa conservazione si traduce in una prima fase che dura almeno alcuni decenni una forte nostalgia per il passato. Il Messico, che nasce come monarchia, questo progetto di ritorno al passato sarà presente almeno fino agli anni 60-70 dell’800. Ha una sua spiegazione nell’essere stato il centro dell’impero spagnolo, quello più fedele alla madrepatria. Le lotte di indipendenza sono alle spalle. Nasce una nuova stagione, per quanto riguarda l’organizzazione degli stati, abbiamo raramente una continuità con l’impero coloniale come il Brasile. La continuità si rintraccia anche nel caso del Messico che ha lo stesso territorio di quando era vicereame della nuova spagna. La novità è rappresentata dai mutamenti. Da questo grande spazio coloniale nascono una pluralità di nuove entità statuari. Inizialmente tramite dei tentativi di unione, vengono portati avanti progetti per unire i territori che già dialogavano nel periodo coloniale, ad esempio la Federazione centro americana che poi si dissolve negli anni 30 dell’800 e dà luogo a 5 stati centro americani. Ma anche la Confederazione che prende il posto del Vicereame del Rio de la Plata nasce in questo modo e poi si disgrega e dà luogo agli attuali stati del Paraguay, dell'Uruguay che tuttavia segue un percorso anomalo perché nasce in una seconda fase dopo il 28, perché dal ’25 al ’28 Brasile e Argentina si fanno la guerra per questo territorio, nasce per volontà della Gran Bretagna come stato cuscinetto. Dai 4 vicereami del periodo spagnolo, Nuova Spagna, Rio de la Plata, Nuova Granada e Perù più il Brasile nascono 16 paesi. Questo significa che l’elemento da sottolineare in questa prima fase è quello della balcanizzazione dello spazio americano. Esso si deve in parte a spinte locali, abbiamo detto che è assente un progetto nazionale. Non si vuole costruire la nazione ma si vogliono delimitare i confini per interessi economici, per facilitare i rapporti con le altre potenze del mondo. Ma ci sono anche spinte esterne: un territorio balcanizzato è più facile da controllare. È la spinta che l'élite latinoamericana riceve dalle principali potenze internazionali. Se non dalle monarchie unite nella Santa Alleanza ma dalla Gran Bretagna, la quale è dietro alla nascita dell’Uruguay, voleva impedire che questo territorio entrasse a far parte o dell’Argentina o del Brasile perché la sua acquisizione avrebbe costituito l'ingrandimento dell’uno o dell’altro stato. Scomposizione in tante realtà: in un certo senso ha delle rivalità che iniziano ad affermarsi in territorio latinoamericano, rivalità tra attori diversi e che saranno alla base per esempio del fallimento di ogni progetto di cooperazione nel contesto latinoamericano, possiamo dire fino quasi ai giorni nostri, nonostante sia proprio in questa fase che si verifica il primo progetto di collaborazione e cooperazione. È quello di Simon Bolivar, una delle sue grandi aspirazioni è di creare una grande area latinoamericana, è consapevole che per avere relazioni con gli altri attori internazionali bisogna stare insieme sennò si viene penalizzati. Non ci riesce, c’è il progetto di Confederazione latinoamericana, cerca di mettere in piedi uno strumento di cooperazione. L’intenzione di Bolivar è un progetto da intendersi non solo dal punto di vista della cooperazione commerciale o economica, ma soprattutto della cooperazione politica sulla base di una condivisione forte di un passato, di una storia, che accomuna tutti i popoli latinoamericani. Ha una valenza politico-culturale-simbolico. Questo è ciò che ha spinto ad esempio alcuni personaggi politici in anni recenti a recuperarlo, strumentalizzarlo secondo una visione politica discutibile. Se oggi abbiamo un paese che rivendica di portare avanti una rivoluzione bolivariana qualcosa significherà. L’area latinoamericana non è stata teatro di guerre tra stati. È una fase in cui si verificano alcune tensioni. Abbiamo un conflitto tra Argentina e Brasile ma vi sono ad esempio i conflitti tra gli stati centroamericani che fanno implodere la Confederazione centramericana e un conflitto che durerà a lungo tra Cile da una parte e Bolivia e Perù dall’altra, inizialmente nel 1837 e poi in una seconda fase dal 1879 all’84. Nel secondo caso la guerra prende il nome di Guerra del Pacifico e si conclude con la vittoria del Cile. Che per altro in questa seconda fase acquisirà l’attuale parte settentrionale del paese, per intenderci quella che ospita il deserto che è anche la parte più ricca dal punto di vista minerario. La Bolivia è un attore fortemente penalizzato da questo conflitto perché perde l’accesso al mare. Il Cile si afferma come media potenza regionale e ha avuto la fortuna di essere un paese costiero e fino all’apertura del canale di Panama di essere crocevia dei traffici commerciali tra la costa dell’ Atlantico e la costa del Pacifico. In questa fase si incominciano a definire anche i rapporti con le grandi potenze. Posti fino i rapporti con la Spagna (rapporti formali). In questa fase parliamo soprattutto della Gran Bretagna. Quando iniziano gli screzi tra stati spesso sono dovuti al modo in cui i singoli attori intendono agire con la Gran Bretagna. Nel corso dei decenni a partire dalla metà dell’800 subentrerà un nuovo attore, gli Stati Uniti. Questo aspetto spiega anche il disinteresse che hanno gli attori latinoamericani a cooperare e dialogare. Non è importante avere relazioni con il paese vicino, è più importante averlo con un grande attore internazionale. Per quanto riguarda l’organizzazione dello stato, la maggior parte dei neonati stati latinoamericani sceglierà la forma di governo repubblicana, poi c’è una struttura federale e una struttura unitaria. Il modello privilegiato è la Repubblica. Poche sono le monarchie, tra cui Messico (1822-1823, questa forma la ritroviamo negli anni ’60 dell’800 con la rivoluzione francese) Haiti e il Brasile che nasce monarchico e rimane tale fino al 1889. La prima riflessione da poter fare sul modello repubblicano riguarda la circolazione delle idee. Non nasce in territorio latinoamericano. È un modello mutuato dall’esterno, il repubblicanesimo viene dall’Europa. Si cerca di applicarlo nel contesto europeo senza riuscirci, arriva in America latina e viene rielaborato. Poi in un certo senso ritorna in Europa cambiato, in un contesto diverso. L’adozione del modello repubblicano è un classico esempio di circolazione euro-latinoamericana. È una scelta innovativa e problematica perché rappresenta un chiaro segnale di rottura con il passato coloniale e di presa di distanza dal modello monarchico che era il modello dominante e creerà problemi con le monarchie europee che limitano il riconoscimento formale e instaurazione di rapporti politici e diplomatici stabili. Questo perché le monarchie europee non riconoscono piena legittimità agli stati latinoamericani, non fanno parte della società degli stati. Siamo nella fase della restaurazione, non solo i territori ispanoamericani hanno osato emanciparsi ma hanno anche operato un ulteriore scelta che è quella di scegliere un modello di governo diverso. Si comincerà a superarla grazie alla lungimiranza della Gran Bretagna, capirà che con questi nuovi stati l’aspetto istituzionale non deve ostacolare le relazioni commerciali. Lo scopo è avere un mercato libero e disponibile. Se vogliamo individuare il periodo che segna una svolta nel riconoscimento dell’area latinoamericana lo rintracciamo quando finisce l'occupazione francese del Messico, quando il signore d’Asburgo viene ucciso abbiamo una risposta forte del Messico ma anche presa d’atto da parte dell’Europa. È un gesto di rottura forte, un fatto inizialmente europeo che diventa americano e verso cui l’Europa oppone sempre resistenza fino agli anni ’60. I tentativi di favorire le istituzioni monarchiche saranno continui. L’unico attore latinoamericano che sfugge a questa tensione è il Brasile che con la sua scelta monarchica instaura subito rapporti stabili con tutti i paesi europei. Gli altri faranno fatica perché hanno messo in discussione il principio monarchico e la legittimità dinastica che era stata sancita dalla Pace di Westfalia nel 1648. C'è la necessità però di sviluppare almeno i rapporti economici e commerciali. Questo si deve al pragmatismo inglese. Gli inglesi recuperano dei Trattati di amicizia, di commercio e di navigazione, non potendo riconoscere ufficialmente le realtà latinoamericane si assicurano trattati di tipo commerciale. È l'Inghilterra che sponsorizza questa intesa. A partire dalla seconda metà degli anni 720 ma soprattutto negli anni 30 la Gran Bretagna firma una serie di trattati con tutti gli stati latinoamericani che hanno l’obiettivo di garantire la sicurezza e lo sviluppo commerciale. È un modello che la Gran Bretagna prende da quello che in parte avevano cercato di imporre gli Statu Uniti, la Prima Repubblica. Per questione di sicurezza gli Stati Uniti per fare in modo che non ci fossero tentativi di aggressione aveva sostenuto la tesi che si possono avere relazioni indipendentemente dalla forma di governo. L’altro aspetto che possiamo segnalare in questa fase è l’adozione del federalismo. Nel periodo successivo alle lotte di indipendenza prevale quasi dovunque la forma federativa. È una risposta che la classe dirigente trova più utile ad una sua azione complessa di gestione del territorio, di gestione dei territori, tentativo di armonizzare poteri e interessi, che rispondono ad una logica locale. Cerca di prendere il buono che viene da più parti. Alcuni si spingono fino a creare una Federazione di Stati. Questo federalismo continentale vene ben presto messo da parte perché nascono una serie di contrasti tra i protagonisti del processo di indipendenza e soprattutto il caudillismo di cui ci occuperemo in seguito rappresenta si una logica conseguenza a una fase di lotta ma è anche un problema da gestire e da superare, è un freno alla gestione del territorio e gestione economica perché si traduce in un potere a livello locale non controllabile. Per superare questa fase di caudillismo (fase di instabilità, anarchia) la maggiorparte dei neonati stati latinoamericani scelgono la via dell’assetto unitario e centralizzato. Oggi solo 4 nazioni latinoamericane sono rimaste fedeli al federalismo. È un federalismo molto annacquato che non è paragonabile a quello statunitense però riguarda 4 paesi che ospitano 3 della popolazione latinoamericana, sono i grandi colossi della regione: l'Argentina, il Brasile, il Messico e il Venezuela. Al loro interno hanno una pluralità di autonomie e prerogative tipiche di una struttura federale. Il federalismo a lungo è stato inteso nel contesto latinoamericano come una semplice mutuazione passiva e applicazione di un modello proveniente dall’esterno. Si è voluto applicare un modello che non corrispondeva alle esigenze locali nei territori che avevano vissuto fino a inizio 800 in una struttura fortemente gerarchica e piramidale. In realtà è vero che l'ispirazione viene dagli Stati Uniti ma anche qui si tratta di un processo di rielaborazione che tiene conto di esigenze locali, non è una copia. Brevemente analizziamo l’evoluzione del federalismo nel contesto latinoamericano. Possiamo individuare 3 tappe di federalismo: 1) La prima è comune a tutte le realtà latinoamericane e sono le nuove esperienze federaliste, quelle dei primi anni post indipendenza grosso modo fino agli anni ’30 dell’800. Ci sono applicazione di contrasti tra provincializzazione e centralizzazione, tra un potere che è presente a livello periferico e una debolezza del potere centrale. Possiamo dire quasi che c’è uno squilibrio tra centro e periferia a favore della seconda. Ed è anche una chiave di lettura della debolezza dello stato o difficoltà del processo di costruzione dello stato nazionale in un contesto latinoamericano. È un federalismo che possiamo considerare appena forzato, il potere federale non controlla il territorio, non ha molti meccanismi di gestione o di armonizzazione degli interessi dei vari stati e province. 2) Il primo federalismo viene messo da parte a partire dalla metà dell’800 e superato dal federalismo liberaldemocratico. Il risultato del trionfo del civil liberale, del liberalismo nel contesto latinoamericano. Lo rintracciamo nell’adozione di molte realtà di costituzioni liberali, in Messico nella metà degli anni ’50, in Argentina negli anni 60 ecc. È un federalismo abbastanza equilibrato. Il principio è che ciascuna delle due parti, centro e periferia, devono rinunciare a qualcosa e si devono armonizzare. Il potere federale cresce nelle sue competenze ad esempio la gestione della politica estera, ma gli stati che compongono la federazione hanno una serie di prerogative e di indipendenze che caratterizzano questo periodo: amministrativa, giuridica, possibilità di emanare costituzioni che non devono essere in contrasto con la costituzione federale. è l’unica fase in cui il federalismo funziona, c’è un rapporto equilibrato tra centro e periferia. 2) Costruire dei moderni stati liberali sacrificando talvolta i propri interessi. Ma sapendo che il cambiamento nel territorio dell’ America latina fatica ad arrivare, allora si può ben dedurre che c’è una propensione più accentuata verso la prima opzione (quella dei conservatori). La storiografia individua delle diversità di programmi delle due correnti sotto vari punti di vista: POTERE Liberali: sostengono un potere più centralizzato, contrari alle autonomie locali, sostenendo un regime più autoritario. Conservatori: sono favorevoli ad indirizzi e valori derivanti dal passato coloniale di cui si considerano eredi e favorevoli al mantenimento di restrizioni legali e sociali e ad una società fortemente gerarchizzata, si battono dunque per una riproduzione della società coloniale che era gerarchizzata con al vertice della piramide una ristretta cerchia di persone e poi un’indistinta massa popolare, quasi una strutturazione per classe della società. ECONOMIA Liberali: favorevoli alle autonomie regionali e locali, sono federalisti e favorevoli all’abolizione di privilegi che avvantaggiano determinati gruppi sociali (chiesa e militari) e difendono (almeno sulla carta) la sovranità popolare, i diritti individuali (parola, pensiero, religione, associazione) e l'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge; non devono pertanto esistere più tribunali speciali quali quelli ecclesiastici o militari. Infine demonizzano l’intervento dello stato in economia, poiché sono convinti che spetti al libero mercato la locazione delle risorse, cioè garantire benessere e progresso. È il mercato che garantisce a tutti prosperità. Sono per il libero scambio e per la piena e ampia libertà al capitale straniero, dunque aprire confini nazionali al capitale straniero. Conservatori: favorevoli ad un certo nazionalismo e ad una presenza seppur limitata del potere centrale e dello stato in economia, dunque approvano l’intervento dello stato nell'economia per indicare linee di indirizzo della politica economia e gestire vita economica, ma sono contrari allo sconfinamento dello stato in campi come quello dell’istruzione e quello assistenziale, che sono riservati invece alla Chiesa che deve continuare a gestire autonomamente. AI di là di queste differenze programmatiche i due partiti appaiono piuttosto simili e l’unico elemento che può rappresentare una vera e propria differenza tra i due partiti è il RAPPORTO STATO — CHIESA: Liberali: sono per una netta separazione tra stato e chiesa, laicità dello stato e confisca di tutte le proprietà della chiesa la quale deve svolgere un ruolo prettamente religioso e sono per il monopolio sull’istruzione sull’assistenza sanitaria e registro civile. Conservatori: la chiesa è la principale istituzione cui attribuiscono lo stesso peso che aveva nello stato coloniale perché è l’unico baluardo in mezzo al caos e all’instabilità e che dunque garantisce un minimo di ordine e pace sociale. Ciò sottintende un rapporto molto stretto tra classe politica e vertici religiosi, collaborazione continua e mutua e capacità di influenza nella politica. Tuttavia i due partiti si contraddistinguono per una certa elasticità nell’applicazione dei principi politici ed economici, dunque nel corso dell’800 e in parte del ‘900 questi schieramenti sono pronti a disattendere nella prassi ciò che dichiarano di voler fare in teoria, segnando un’enorme distanza tra teoria e prassi. Per cui ad esempio possiamo trovare conservatori che sono liberoscambisti che una volta saliti al potere confiscano i beni della chiesa per rimpolpare le casse dello stato o liberali che sono quasi per un eccesso di nazionalismo, di protezionismo doganale che sono favorevoli all’ingresso dei capitali stranieri. Le due correnti dunque hanno più punti di contatto che di discordia e tra i primi troviamo ad esempio il fatto che i due partiti fanno ricorso a forme che si possono definire di “dispotismo illuminato” (autoritarismo e forme di dittatura). La vocazione all’ autoritarismo si traduce nella soppressione e nella cancellazione di diritti e libertà sanciti nella costituzione in nome del progresso, macchia che pesa soprattutto sui liberali e il caso più noto è quello delle riforme liberali in Messico attuate da Benito Juarez che arriva al potere dopo la fase dell’occupazione militare francese e le cui riforme liberali vengono quasi adottate con la forza, con la violenza, dunque un governo dispotico illuminato. Il caso più estremo invece di assenza di differenze tra le due correnti è quello di Antonio Lépez de Santa Anna, personaggio chiave della storia messicana tra gli anni 20 e 50 e ha ruolo di I piano durante contesa degli stati uniti. Egli è al potere dal 1824 al 1855 per ben 11 volte di cui 5 come liberale e 6 come conservatore. DIFFERENZA BASI SOCIALI: Liberali: élite delle città periferiche, dell’oligarchia più dinamica che è quella esportatrice, liberi professionisti e i commercianti urbani. Conservatori: si identificano con i grandi proprietari terrieri o con i proprietari terrieri più tradizionalisti, con il clero e con l’élite dei centri urbani più importanti. Dunque, sostanzialmente, la storiografia applica al contesto latinoamericano lo schema europeo che contrappone l’aristocrazia (conservatori) alla borghesia (liberali), anche se spesso liberali e conservatori hanno la stessa classe sociale, hanno capacità di adattamento a tempi e trasformazioni e fanno parte delle stesse famiglie. La politica latinoamericana in molti paesi è gestita da poche grandi famiglie e all’interno di esse gli esponenti si dividono tra liberali e conservatori. E all’interno della famiglia ciò che più conta è la tutela degli interessi della famiglia e della propria classe e il mantenimento di una società personalista e patriarcale, dunque sostanzialmente coloniale. Pertanto tutte le trasformazioni che avverranno nel 900 non incideranno particolarmente (forme di governo). Nel corso dell’800 il liberalismo trionfa e si entra in una fase di stato liberale seguendo percorsi che avvicinano l'America Latina all'Europa. Questo trionfo implica l’affermazione della versione economica del liberalismo, ovvero il liberismo che è la principale novità del periodo. Spesso il confronto politico tra le due correnti scivola anche in lotte intestine violente come nel caso del Messico quando negli anni ‘60 l'occupazione francese è in primis possibile a causa di un contesto di elevata conflittualità tra conservatori e liberali dove i primi sono per un ritorno alla monarchia, creando le condizioni propizie ai francesi per intervenire e creare una sorta di impero che però verranno sconfitti in seguito dai liberali. Altro esempio che si registra in Colombia dal 1899 al 1902, la cosiddetta Guerra dei mille giorni riportata anche nell’opera dello scrittore Gabriel Garcia Marquez “Cent’anni di solitudine”. Tuttavia ci sono paesi in cui vi è un minor grado di conflittualità interna tra queste due correnti o non conoscono queste asprezze e il caso più noto quasi di assenza di lotte è quello del Cile poiché le due correnti si confrontano per lo più in modo pacifico, dovuto al fatto che sono poche le famiglie che stanno al potere politico, economico e sociale. Infine abbiamo paesi che non vedranno mai l’affermarsi di uno dei due raggruppamenti, come nel caso dell’Argentina che non vedrà mai nascere il partito liberale poiché lo spazio politico sarà occupato da altre formazioni che sono per lo più espressione dei ceti medi o ancora il Brasile non vedrà la nascita né del partito conservatore né di quello liberale. Nel Novecento ci sarà un ulteriore avvicinamento tra liberali e conservatori a livello programmatico, cioè tutto ciò che è dichiarato sulla carta e che costituisce la differenza tra i due partiti, viene “annullato” e dunque i due partiti arrivano quasi a fondersi in un contesto di partiti molto più vivace variopinto(nuove formazioni politiche) e rappresenteranno sempre più l’élite, cioè quel gruppo sociale ai vertici della società e non riusciranno pur tentando di entrare in contatto con i settori sociali emergenti, ovvero non riusciranno mai a rappresentare la classe operaia ad esempio. Dunque non riusciranno mai a rappresentare tutta la società e di conseguenza perderanno sempre più consensi di tipo elettorale non riuscendo più ad arrivare al potere e il declino sarà dovuto anche ad una serie di avvenimenti caratteristici del XX secolo (dittature, processi rivoluzionari). Tutto ciò spingerà i due partiti quasi a fondersi e a formare nuove formazioni politiche come nel Cile e il suo Partido Nacional (partito di destra). In seguito negli anni ’60 liberali e conservatori usciranno di scena ad eccezione di due realtà: Colombia ed Uruguay dove il sistema bipartitico arriva quasi ai giorni nostri. PARTITI LATINOAMERICANI (caratteristiche): Per quanto riguarda il sistema partitico dell’America Latina in generale possiamo dire che è un sistema fatto di forze molto deboli, poco strutturati e scarsamente interessante a diffondere la cultura politica o a dinamicizzare la società poiché l’interesse principale è quello di accedere al potere, tutelare interessi privati e diventano strumenti di corruzione con clientelismo e nepotismo, non rappresentano classi sociali omogenee e sono meri strumenti di potere, registrano un esiguo numeri di iscritti, non sono dunque partiti di massa. Le loro piattaforme programmatiche inoltre sono molto vaghe e quasi indefinite con ricorso eccessivo a fraseologie e formule mutuate dall’esterno applicate in maniera meccanica a contesti diversi. Queste vaghe piattaforme programmatiche implicano che i programmi elettorali vengono realizzati solo in coincidenza delle giornate elettorali e una volta ottenuto il potere vengono messi da parte e questo tipo di approccio consente cambi di linee politiche e creazione di alleanze tra partiti che hanno programmi elettorali altrettanto vaghi. Inoltre i partiti si identificano con una o poche figure, sono dunque partiti personali come nel caso del Brasile ed in particolare della crisi del PT dovuta in parte anche ad un eccesso di personalizzazione poiché il partito dei lavoratori si è identificato sostanzialmente con Lula e il rovescio della medaglia del personalismo è dunque il ricorso frequente allo scissionismo cioè partiti personali che si scindono e danno luogo a partiti di vario tipo quando il leader entra in conflitto o se esce di scena fonda un altro partito che si riconosce chiaramente col suo fondatore (Peronismo che nasce come partido justicialista è partito personale). Altro elemento di riflessione sui partiti è il regionalismo, cioè la presenza di partiti che sono fortemente radicati in alcuni contesti locali come negli stati federali che hanno anche una discreta forza politica in uno stato, ma sono assenti in un altro e sono pertanto partiti con una scarsa organizzazione interna dove mancano le strutture tipiche dei partiti (organizzazioni femminili, operaie, dei pensionati). Infine sono partiti con una scarsa democrazia politica, cioè non c’è un reale dibattito interno perché gestiti principalmente dai dirigenti, dai vertici mentre gli altri devono accettare passivamente queste decisioni. Elettorato passivo e attivo ruota attorno ad alcuni problemi, primo tra questi è legato al censo cioè il suffragio è legato al possesso di beni materiali dunque solo il possesso di ricchezze consente la partecipazione politica e di conseguenza ciò si traduce in una bassissima partecipazione alla vita politica Altro condizionamento riguarda l’alfabetizzazione, cioè si può votare solo se alfabetizzati sulla base del principio dell’istruzione elementare obbligatoria e ciò ha significato escludere a lungo una fetta molto ampia di popolazione sudamericana. Caudillismo è la categoria che più di ogni altra ci spiega la debolezza, la difficoltà della formazione di partiti politici fino agli anni ‘70 e ‘80 dell’800 poiché vi è l’eccesso di potere di poche persone. Diritti politici: elettorato passivo, elettorato attivo. La prima riflessione generale che si può fare sui diritti politici, elettorato passivo e elettorato attivo è il ritardo con cui l’area dell'America latina si adegua agli andamenti che riguardano l'Europa. Per quanto riguarda l'ambito politico il ritardo è di circa 40/50 anni, quindi quello che in Europa avviene intorno al 1860, frutto del passaggio allo stato liberale e quindi all'indebolimento della classica monarchia questi personaggi, proprio perché si affermano all'indomani delle lotte d’indipendenza, vanno a riempire un voto di potere: quindi dove non c'è Stato si inseriscono questi personaggi. Se si inseriscono in una situazione di vuoto istituzionale, in perdita di riferimenti, possiamo dire che i caudillos sono privi di alcun riferimento ideologico, anche di valori e principi, perché sono mossi esclusivamente da interessi personali. Hanno una condotta ambigua e contraddittoria proprio per questo, e questo spiega perché a lungo non ci sia spazio per i partiti politici, dato che questo spazio veniva riempito dai caudillos. Per quanto riguarda la formazione sino agli anni 40 i caudillos sono personaggi che hanno alle spalle una carriera militare perché si sono formati durante le lotte d'indipendenza. Per finire questa parte del caudillismo leggiamo l’ultima citazione di Angelo Trento. Sintetizzando dice che fino agli anni 60/70 del 19° secolo il caudillismo fu comune a quasi tutta l'America spagnola, salvo il Cile, perché non c’era alcun vuoto di potere. Ma risultò praticamente assente in Brasile dove il passaggio indolore dalla condizione di colonia a quella di stato indipendente, e il mantenimento dell'unità territoriale istituzionale consentirono che lo stato fosse caratterizzato sin dall'inizio da un forte potere centrale e da un esercito fedele, impedendo la formazione di milizie armate. I due partiti tradizionali, liberali e conservatori continuano ad avere un qualche peso ma gradualmente perdono quella capacità di incidere sulla vita politica. E dove conseguono una qualche importanza appaiono sempre più come espressione di un sistema politico a partecipazione molto ristretta ed una classe dirigente che è eventualmente modernizzante sul piano economico ma non è mai o quasi mai riformatrice sul piano politico e sociale. Quindi questa sorta di progressismo che noi attribuiamo almeno ai liberali, si manifesta più in campo economico ma sicuramente non in quello politico e sociale, e se è vero che una qualche dose di riformismo noi la possiamo attribuire ai liberali nel corso dell’800, facciamo più fatica ad attribuire a quest'ultimi nel corso del 900. Quindi come conservatori rappresenteranno un soggetto politico restio al cambiamento, soprattutto sul piano dei valori. Entrambi i partiti nel corso del 900 saranno partiti dell’oligarchia e tenderanno ad indebolirsi quando incomincia a declinare lo stato oligarchico. Questo declino si deve alla crisi dei regimi ma principalmente all'ascesa di nuove forze sociali e politiche, quindi quando la società inizia ad essere più articolata e si affermano nuovi soggetti sociali e nuovi partiti che li rappresentano, i partiti liberali e conservatori entreranno in crisi. Tutto ciò accade intorno alla metà del 900. Non dappertutto però usciranno di scena, infatti quasi fino ai giorni nostri in Colombia e in Uruguay è esistito una sorta di dipartismo quasi perfetto. Liberali e conservatori si sono alternati alla guida del potere, pur non essendo sempre un’alternanza pacifica. Abbiamo alcuni casi infatti in cui il confronto tra liberali e conservatori si è manifestato in forme violente come nel caso della Colombia alla fine dell’800/ inizio 900. La tensione tra i partiti dà origine al periodo della violenza e poi crea le basi per la guerra civile. Tuttavia il confronto armato tra liberali e conservatori è un’eccezione, non è un elemento caratterizzante tra i rapporti di questi due partiti, anzi noi possiamo dire che nel corso del 900 i motivi di divisione vanno sempre di più attenuandosi. Si assiste anche ad un sostanziale avvicinamento delle basi sociali. Probabilmente l’unico elemento di differenza di fondo rimane il rapporto fra stato e Chiesa, anche da questo punto di vista per effetto della secolarizzazione, tenderà a scomparire. Quindi piano piano liberali e conservatori si avvicinano e tenderanno a perdere peso, ciò significa che nel corso del 900 l'elemento caratteristico sono le analogie. La perdita di peso politico porta alla formazione di coalizioni di governo, ma porta anche alla presentazione di candidati unici: o liberale o conservatore. Nel 1966 in Cile, caso emblematico, il partito liberale e quello conservatore, danno luogo al partito nazionale. Altro elemento problematico nel contesto cileno ma anche altrove, è che nessuna delle formazioni riesce a rappresentare il centro politico. L'eccezione ad una perdita di peso significativa è il caso dell'Uruguay, dove almeno fino agli anni 30 del 900 abbiamo un progetto molto importante portato avanti dal partito liberale, che tende ad associare un progetto modernizzante anche al partito conservatore. Abbiamo un trentennio di presidenza liberale nel contesto Uruguayano che si basa su un’ampia base popolare. L’Uruguay degli anni 30 ha uno stato sociale in alcuni casi superiore anche a quello di molte altre epoche. Un altro fattore di indebolimento delle formazioni tradizionali di liberali e conservatori va individuato nella costante tendenza allo scissionismo, fenomeno molto presente nel corso del 900, che colpisce in particolare il partito liberale. I liberali tendono a scindersi perché non rappresentano più il ceto medio, perché altri partiti lo fanno al loro posto; i conservatori al contrario sono meno soggetti a scissioni, questo non significa però che non subiscono la sfida dei nuovi soggetti. Per chiudere questa parte possiamo dire che l’uscita di scena dei partiti liberali e conservatori si deve, tra la fine dell’800 e i primi tre/quattro decenni del 900, all'affermazione di nuovi soggetti sociali, proletariato urbano e proletariato rurale, ceti medi, e soprattutto alla nascita dei partiti che rappresentano interessi di questi nuovi soggetti. I partiti radicali che nascono come partiti che rappresentano gli interessi del ceto medio e come partiti di centro, sottraggono consenso ai partiti liberali. I partiti del movimento operaio che rappresentano appunto un settore della società che finora non era stato rappresentato. Modello stato nazione Per quanto riguarda il modello di stato nazione nel contesto latino-americano a partire dalla metà dell’800, nonostante la nascita è molto lenta, si afferma quindi molto tardi. La storiografia tende ad individuare in una prima classificazione due tipi di stato: lo stato oligarchico e lo stato post-oligarchico. Il primo è quello presente tra la metà dell'800 fino al 1930: la crisi economica del *29 è il momento decisivo della fine del regime oligarchico e dello stato che l’oligarchia rappresenta, che è uno stato escludente, cioè esclude la maggior parte della popolazione; è uno stato liberale; ha una forma di governo repubblicana; il modello economico è quello liberista; e l'ordine è neocoloniale, cioè è un colonialismo di patto non di diritto. Questo stato entra in crisi, e viene messo da parte a partire dagli anni 30 del 900. La crisi del 29 determina non solo degli stravolgimenti sul piano economico ma anche su quello sociale e politico perché significa che l’oligarchia in una fase di crisi non riesce né a comprendere né a gestire il cambiamento. In questa situazione di incapacità si crea un vuoto di potere che viene riempito da leader e forze populiste ed è per questo motivo che gli anni che vanno dai 30 fino ai anni 50/60, sono i decenni d’oro del populismo tradizionale. È uno stato corporativo, lo vedremo a proposito del fascismo, è uno stato anche fortemente nazionalista perché si inserisce in una fase di crisi dove il modello economico è proprio quello nazionalista: significa protezione del mercato nazionale, protezione dei beni e dei prodotti locali, come risposta alla crisi economica. Il nazionalismo economico è comune anche ad altre realtà mondiali. È il modello guida di formazioni o stati fascisti para totalitari, ma anche di stati dove abbiamo democrazie liberali. Questo stato populista viene spazzato via durante la fase autoritaria, quando in America Latina arrivano al potere attraverso colpi di stato, attraverso la violenza e l’uso della repressione, i militari. Parliamo di stato autoritario perché questa volta i militari arrivano al potere non come una fazione, ma durante gli anni 60 e 70, i regimi militari sono regimi delle tre armi, di tutte le forze armate. Quindi è tutta l'istituzione che prende il potere: guida lo stato, occupa i ministeri, occupa i posti pubblici. Con lo stato autoritario torniamo ad uno stato escludente, in cui appunto si escludono settori della società; il modello economico è nuovamente liberista; si ritorna diciamo al passato ma sarà un modello economico ultra liberista, anche perché il contesto storico sarà cambiato. Banalmente gli anni 70 e 80 sono quelli del Thatcherismo, della politica economica di Reagan. Il paradosso latino-americano è che l'applicazione di un modello economico ultra liberista, sponsorizzato a livello internazionale da Margaret Thatcher d'Inghilterra e da Ronald Reagan degli Stati uniti, viene applicato per la prima volta nel contesto latino-americano e in questo senso l'America latina funge da laboratorio. Lo stato autoritario termina quando finiscono i regimi militari. Questo modello economico viene soppiantato a partire dalla metà degli anni 80, ma soprattutto all’inizio degli anni 90, dallo stato democratico. Quindi finiscono i regimi militari e si entra in una fase, la prima vera fase democratica, dove è presente dovunque eccetto a Cuba. Le democrazie non ritornano al modello economico precedente a quello dei regimi autoritari ma seguono lo stesso modello economico, perché il contesto internazionale sostanzialmente non è cambiato, tuttalpiù inseriscono dei correttivi, una sorta di economia di mercato più sociale, più attenta ai bisogni dei settori sociali subalterni. MODELLO STATO-NAZIONE 1850-1990 Questo schema ci è utile per vedere come si evolve lo stato-nazione nel contesto latinoamericano. Nel momento in cui la classe dell'oligarchia terriera si afferma come ceto dominante e si dà luogo ad un progetto nazionale nasce lo Stato oligarchico (1850-1930), con diverse caratteristiche: - escludente-liberale; - repubblicano; =. semi rappresentativo; - modello economico liberista; - ordine neocoloniale; - costituzionalismo sulla carta. Lo spartiacque è rappresentato dalla crisi economica del '29 che pone fine a questo progetto di stato- nazione e a partire da questo momento si sostiene che lo stato possa essere individuato a seconda del vento che spira nel contesto latinoamericano. STATI POST-OLIGARCHICI Tra il 1930-1960 abbiamo lo Stato populista (corrente già presente in America Latina). È uno stato includente, semi rappresentativo, nazionalista, corporativo, modello economico nazionalista, primo vero stato-nazione dopo la Rivoluzione messicana. Con il vento dell'autoritarismo (regimi militari) tra il 1960-1980, nasce lo Stato autoritario. Questo vento era diffuso ovunque in quanto la democrazia fa parte di poche realtà ma si tratta comunque di una democrazia debole ma anche discutibile (come nel caso del Messico in cui abbiamo una democrazia escludente perché dominata da un solo partito nonostante la presenza di più partiti). È uno stato escludente con un modello economico liberista. Quando la democrazia inizia a diffondersi all'interno del paese, intorno al 1990 abbiamo la formazione dello Stato democratico, nasce dalla sconfitta del nazi-fascismo nella seconda metà del 900 ed arriva fino ad oggi. Gli elementi importanti di questa fase democratica sono due: 1) In questa fase non ci sarà più quell'alternanza caratteristica tra democrazia e autoritarismo. Abbiamo lunghi periodi autoritari e pause democratiche. C'è democrazia con la presenza di qualche forzatura istituzionale, questo si traduce anche in un’accettazione da parte dei militari e le forze armate del loro carattere politico, non devono sfociare in una sfera che solitamente si attribuisce ad altri ceti. 2) L'altro aspetto è la fragilità della democrazia dal '90 ad oggi: o viene interrotta o è una democrazia di bassa intensità, non è una piena democrazia perché esclude alcuni settori, non ci sono alcuni aspetti tipici democratici, ecc. Lo stato che a lungo ha dominato il contesto latinoamericano è lo Stato oligarchico. Angelo Trento si esprime riguardo lo stato-nazione, in particolare quello oligarchico ma lo possiamo estendere allo stato- nazione in generale tra 800-900. Egli afferma che lo stato in America Latina non ha nulla a che vedere con le caratteristiche che di solito si attribuiscono allo stato-nazione che abbiamo concepito nel contesto europeo che si afferma dagli anni 40 dell'800 (in Europa), con alcune alternanze temporali a seconda dei percorsi nazionali. Volendo fare un paragone, è lo stesso che succede in Italia nella fase che poi porterà al Risorgimento e all'Unità d'Italia. Inoltre, Angelo Trento parla di un passaggio da una fase coloniale ad un ordine neo-coloniale, un processo di egualizzazione molto parziale. Modello di sviluppo in questo periodo: 1850-1880 Ordine neocoloniale: inserimento delle economie latinoamericane in quella internazionale; paesi della regione fornitori di materie prime e generi alimentari e consumatori /importatori di prodotti finiti manufatti (specializzazione di ogni paese nell’esportare uno o un gruppo di prodotti - egemonia della Gran Bretagna). L'ordine neo-coloniale significa il passaggio da un referente ad un altro, un contesto che dal punto di vista formale è cambiato perché i neonati stati latinoamericani sono a tutti gli effetti indipendenti che però dipendono, soprattutto dal punto di vista economico, politico, culturale e militare da nuovi attori. Questa forte limitazione di sovranità economica significa margini di manovra molto ridotti nel contesto dell'economia internazionale. Alle oligarchie nazionali viene lasciata la funzione produttiva, quindi î capitali nazionali possono cimentarsi nel mercato della produzione agricola e mineraria però non possono intervenire in tutti gli altri settori perché lì dominano i capitali stranieri, in particolare gli inglesi. L’economia nel periodo precedente si era basata sul lavoro degli indios o schiavi africani. Molti si batterono per promettere l’abolizione della schiavitù, c’era anche il fatto della sua scarsa redditività, l’alto indice di mortalità in una situazione in cui non era più possibile far rifornimento dal continente nero, i sabotaggi, le fughe o proteste. Entro la metà degli anni 50 la schiavitù venne abolita in quasi tutta l’ America Latina e per sopperire alla carenza di uomini si fece ricorso alla manodopera asiatica. Ma la convinzione di un’indolenza da parte dei nativi portò a cercare altre soluzioni ed è questo il motivo del flusso migratorio proveniente soprattutto dall’ Europa. Composta soprattutto da italiani e spagnoli, l'emigrazione contribuì al popolamento di zone fino ad allora disabitate, alla crescita dell’esportazione, dell’edilizia, del commercio e dell’industria. Una legislazione li aiutò, arrivando a pagare la traversata oceanica, ma alla base c’era la convinzione che gli immigrati rappresentassero la civiltà a fronte della barbarie dei nativi e che fossero in grado di migliorare il tessuto sociale e produttivo. Tra l’ultimo ventennio dell’800 e il primo decennio del 900 si consolidò il modello primario esportatore per effetto dello sviluppo industriale di molte nazioni esterne che garantirono all’ America Latina sbocchi ai suoi prodotti. Ci fu un ampliamento delle terre coltivabili grazie al passaggio allo stato delle proprietà della chiesa e delle comunità indie. Se nell’800 la Gran Bretagna aveva dominato il panorama, a partire dall’inizio del 900 ci fu la concorrenza degli Stati Uniti. A differenza dell’imperialismo inglese, nel caso nordamericano il capitale si diresse verso i settori produttivi di esportazione, nell’industria mineraria e colture agricole. La presenza più visibile fu nei prodotti tropicali, dove furono capaci di agire sopra ai governi locali, configurandosi come Stato nello Stato. Nacque la United Fruit Company, che pose fine alle lotte tra ditte per accaparrarsi le posizioni migliori nei vari paesi. Dopo la prima guerra mondiale, il drastico calo degli scambi interoceanici obbligò i paesi a continuare quello che avevano iniziato già in precedenza, ovvero un’industrializzazione per soddisfare il fabbisogno locale. Nel 900 la maggior parte delle nazioni rimase ancorata ad un’economia agricola e la popolazione in condizioni di miseria. La vivacizzazione del settore terziario gettò le basi per la modernizzazione di qualche repubblica: si diffuse la pavimentazione stradale, l’acqua corrente, il sistema fognario, la raccolta dei rifiuti, l’elettricità. Dal centro storico si allontanarono i ceti più abbienti, trasferendosi in ville e palazzetti in quartieri residenziali. Tutti questi fattori produssero uno scossone del quadro politico grazie all’emergere di nuovi attori sociali. La borghesia imprenditoriale fu troppo debole e dipendente dalle classi dominanti, industriali e operai non mostrarono molto interesse nella partecipazione politica. Ceti medi costituirono così l’unica classe antagonista dell’oligarchia. I nuovi partiti radicali e VAPRA Le prime formazioni che ruppero gli schemi tradizionali furono quello radicali, con molta importanza solo in Cile e Argentina. Ottennero l’appoggio dei ceti medi, intellettuali e liberi professionisti, piccola borghesia. Non avevano in mente cambiamenti strutturali, ignoravano le tematiche sociali ed economiche ed aspiravano solo alla democratizzazione politica, si battevano per le libertà civili, allargamento dell’istruzione pubblica e denunciavano corruzione e clientelismo. Il Cile fu la prima nazione a veder nascere nel 1861 un partito del genere, frutto di una scissione liberale, che però solo alla fine dell’800 riuscì ad avere qualche peso, fu determinante nella coalizione che portò Alessandri Palma alla presidenza nel 1920. La formazione argentina nacque nel 1891, l’UCR (Union Civica Radical), la quale fu molto intransigente. Predicò l’astensionismo elettorale, promosse tentativi insurrezionali. Il governo varò una riforma elettorale che prevedeva il suffragio universale maschile a partire dai 18 anni, il voto obbligatorio e segreto, controlli sulla regolarità delle elezioni. Così ci fu una maggiore affluenza alle urne e nel 1976 venne eletto Yrigoyen. Il divieto di rielezione favorì l'elezione nel 1922 di Marcelo de Alvar, ma le sue posizioni conservatrici favorirono la prima scissione dell’UCR e Yrigoyen tornò a capo dell’esecutivo. Assimilabile ai partiti radicali ma di tutt'altro peso fu l’APRA (Alianza Popular Revolucionaria Americana), che rappresentò l’unico esempio di movimento politico latinoamericano che mostrasse originalità e non si facesse a modelli europei riadattati. Fu fondata nel 1924 in Messico da Victor Raul Haya de la Torre, ex dirigente studentesco, e si basava su 5 punti: 1. antimperialismo; 2. unità politica ed economica dell’ America Latina; 3. nazionalizzazione di vari settori produttivi; 4. internazionalizzazione del canale di Panama; 5. solidarietà con tutti i popoli oppressi. Haya predicava come meta finale il socialismo, ma sosteneva che fosse necessario prima passare attraverso il capitalismo. A esso si poteva giungere solo appoggiandosi al capitale estero, di cui bisognava spezzare il legame con l’oligarchia e c’era bisogno di uno stato antimperialista che controllasse la produzione e distribuzione della ricchezza. Nel 1928 decise di far agire 1 APRA solo in Perù dove era qualcosa di totalmente nuovo, diventando il primo partito di massa. Alle elezioni molti brogli sancirono la sconfitta dell’APRA. L’assassinio del presidente eletto da parte di un militante aprista spalancò le porte a un regime militare e a una forte repressione contro il partito, costringendolo alla clandestinità fino al 1945. Relazioni inter-americane, dal 1823 fino alla seconda guerra mondiale. Prima di entrare nei dettagli di questo rapporto tra nord e sud delle Americhe, farò alcune riflessioni generali. La prima riflessione da fare, partendo dall’inizio dell'800 quando i territori ispano-americani fanno ancora parte del dominio coloniale spagnolo, è quella di un processo di costruzione che poi si esprime in forme egemoniche tra l'800 e il 900 da parte degli Stati Uniti. Gli Stati Uniti fanno parte del continente americano, però ben presto si affermano come l'attore più importante del continente, sebbene c'è stata una fase in cui il futuro poteva essere diverso. Secondo alcuni questo è dipeso da un diverso tipo di dominazione coloniale, che ha dato la possibilità agli Stati Uniti di diventare prima una potenza regionale e poi mondiale. È dipeso dal fatto che siano stati inseriti nel dominio coloniale inglese e quindi con una mentalità anglosassone. La dominazione coloniale spagnola ha inciso sul presunto ritardo degli stati latino-americani, diciamo come affermazione in ambito regionale e poi internazionale. Il processo di costruzione che inizia nel corso dell’800 fino alla fine della guerra fredda, o fino al XX secolo o anche fino ai nostri giorni, è un processo lento, graduale e in alcune fasi un po' più accelerato per la ricostruzione di egemonia. La direttrice di questa ricostruzione di egemonia, va dal nord verso sud. Iniziato nei territori più vicini al confine nazionale, (per poi procedere all'area caraibica e centro americana, fino ad arrivare alla parte dell'America meridionale) è stato appunto un processo lungo a cui però gli Stati Uniti hanno sempre lavorato senza sosta, consapevoli di un aspetto che negli ultimi anni è stato riconosciuto anche negli studiosi della politica estera degli Stati Uniti americani. Noi ora siamo abituati a pensare agli Stati Uniti come una potenza mondiale, o una potenza che si afferma in un mondo bipolare e poi unipolare, però per arrivare ad essere una potenza mondiale ha comportato una serie di pratiche, di azioni, di elaborazioni, di costruzioni, non solo di politica estera in senso stretto, ma anche di costruzioni di mentalità, di diplomazia culturale, di pratiche economiche e commerciali. Insomma questo processo di costruzione si estende dal nord verso sud, ed è lento e la parte più a sud delle Americhe viene coinvolta in questo progetto egemonico un poco più tardivamente rispetto alle altre. Questo significa che anche il grado di influenza o di interferenza degli Stati Uniti si è esercitato in maniera differente nel corso del tempo. Per esempio fino agli anni 40 del 900 i paesi del cono sud sono stati poco interessati all'influenza diretta da parte degli Stati Uniti, cioè non solo non erano terra di conquista (e non lo saranno mai), nel senso di occupazione militare da parte degli Stati Uniti, ma non necessariamente dovevano tener conto dell'agenda di politica estera degli Stati Uniti per definire la propria agenda di politica internazionale. Non a caso è nel cono sud che troviamo gli attori che hanno avuto storicamente un grado maggiore di autonomia in politica estera, pensiamo al Cile nel corso dell’800. Il Cile è una media potenza regionale fino alla fine di questo secolo, una fase della storia dei rapporti inter-americani con un potenziale quasi bellico, sicuramente per quanto riguarda la marina che equivale a quello statunitense, poi prenderà una via differente e verrà ridimensionato come attore regionale. L'Argentina ha sempre avuto una politica estera pienamente autonoma e indipendente che mantiene fino al Peròn e questa autonomia e indipendenza si è sempre sviluppata proprio in contrapposizione agli Stati Uniti. L’allineamento dell’Argentina agli Stati Uniti è uno sviluppo che si registra solo con il militare al potere degli anni ’70, non prima. Il Brasile ha sempre avuto un atto di manovra molto elevato. Questo grado di interferenza è stato diverso a seconda degli attori latino-americani coinvolti perché appunto gli Stati Uniti hanno saputo modulare il tipo di condotta a seconda del paese o dei paesi. Una cosa era avere a che fare banalmente con un paese centro-americano e caraibico di debole peso politico, militare ed economico, un conto era a che fare con un gigante come il Brasile, l'Argentina, l'Uruguay, il Venezuela. E per esercitare quest’interferenza gli Stati Uniti hanno utilizzato tutta una serie di strumenti tipici della politica di potenza. Strumenti e interferenza che sono cambiati in base agli obiettivi da perseguire. Nell'area centro-americana caraibica, tra fine ‘800 e primi 2-3 decenni del ‘900 l’obiettivo era quello di penetrare le economie nazionali. Quindi lì si è ricorso un po' alla leva economica, un po' alla leva militare, in alcuni contesti solo a quella economica, in altri ancora solo alla questione diplomatica, all'utilizzo della diplomazia multilaterale, aggressioni di vario tipo, azioni coperte. Altro aspetto da considerare è una caratteristica delle relazioni inter-americane, cioè una sostanziale alternanza tra periodi di interesse ossessivo quasi compulsivo, con fasi di apparente indifferenza. Questo è un po' una caratteristica di fondo delle relazioni inter-americane, nel senso che ci sono fasi in cui gli Stati Uniti sono stati fortemente interessati alle relazioni inter-americane o ai rapporti con alcuni paesi, perché quella congiuntura richiedeva un'attenzione maggiore per ragioni sempre strategiche, di equilibri regionali internazionali: pensiamo alle gravi crisi internazionali, la prima, la seconda guerra mondiale, alcuni momenti della guerra fredda, ed altri di indifferenza in cui gli Stati Uniti sono un po' arretrati. Non è che hanno lasciato fare agli attori latino-americani, ma sostanzialmente sono stati meno attenti, hanno impegnato meno uomini e meno tempo nella gestione delle relazioni inter-americane. Questo non è un dato che riguarda solo la storia dei rapporti inter- americani dell’800 o del XX secolo fino alla fine della guerra fredda, è una riflessione che possiamo applicare anche alle ultime presidenze, come ad esempio quando arriva al potere un nuovo presidente che sa essere democratico e repubblicano, la domanda che ci si pone è: quale sarà la condotta, relativamente alla politica estera latino-americana, da parte del nuovo presidente? Ci sarà o un interesse, o indifferenza. Ad esempio Trump quando è arrivato al potere si è detto che sarà sostanzialmente indifferente, che ci saranno pochissime questioni che interesseranno la presidenza repubblicana in Messico, Venezuela ecc. Poi ci si rende conto che non sempre è così e che il bilancio lo si fa alla fine. Le date principali: +1823: Anno di formulazione della dottrina Monroe. Un discorso che il presidente Monroe fa appunto al congresso nel 1823 che è non solo il primo atto che attiene alle relazioni inter-americane, ma è uno dei primi documenti della politica estera degli Stati Uniti in generale. Gli Stati Uniti come attore continentale hanno individuato e poi praticato linee di azione che sono state poi quasi sempre replicate altrove. In questo senso noi possiamo considerare il continente americano e le relazioni inter- americane sicuramente per tutto l'’800 e buona parte del ‘900 come un laboratorio di pratiche di politica estera da parte degli Stati Uniti. Gli esempi sono tanti, non solo di interferenze palesi di occupazioni militari, ma anche con nesso sempre molto stretto tra leva militare e leva economica che nel contesto latino-americano è abbastanza evidente. L'idea di dover esportare per esempio la civiltà, ovvero la democrazia, che ha guidato ufficialmente la politica estera degli Stati Uniti per tutta la guerra fredda e nella fase post-guerra fredda fino ai giorni nostri, è stata giustificazione di pratiche neo-imperiali negli ultimi decenni. Lo ritroviamo nel corso delle relazioni inter-americane dell'800 ed è l'elemento guida del processo espansionista statunitense nelle Americhe, ma ci sono anche altri esempi che si possono fare, tutta la questione che attiene alla diplomazia culturale, per esempio che è un tassello importante nel contesto della guerra fredda, cioè guerra fredda che ha significato contrapposizione tra blocchi, è uno scontro che fino a pochi anni fa era stato interpretato solo dal punto di vista militare, politico- ideologico, strategico ed economico, adesso tiene conto anche della dimensione culturale. Questa —1964-1980: golpes militari. Questi anni ono un altro periodo chiave di questo macro-periodo della guerra fredda, che è caratterizzato dai colpi di stato unitari, in cui la guerra fredda consente una svolta autoritaria fortemente sostenuta da parte degli Stati Uniti. Gli Stati Uniti ufficialmente sponsorizzano sempre la democrazia, lo fanno fino ancora al 62-63 ufficialmente, a partire dal 64 non più, se c'è un governo anche autoritario che però tutela gli interessi statunitensi a loro va bene, meglio l'autoritarismo che la democrazia. —1981-89: conflitto centroamericano (“guerre di bassa intensità”). Altri momenti di crisi sono gli anni 80, che sono gli anni reaganiani (Da Reagan), della fase definita di guerra di bassa intensità, in cui Reagan si fa guidare da un acceso anti-comunismo che porta a considerare l’area centro-americana e caraibica come cuore della politica internazionale. —1982: guerra delle Malvinas/Falklands. La guerra delle isole Falkland segna la distanza tra l'Argentina, un attore molto alleato degli Stati Uniti e in più in generale di attori latino-americani a Washington. Questo perché gli Stati Uniti preferiranno appoggiare la Gran Bretagna e non l’attore latino-americano. —1980-90: transizione democratica. Si arriva alla svolta democratica. Negli anni ’90 gli Stati Uniti non sono più in grado di influenzare e condizionare gli attori latino-americani. *1990: Post guerra fredda e disinteresse USA. L’inizio del declino. Un po' perché per varie ragioni finisce la guerra fredda, non c’è più quella giustificazione che spinge ad attuare azioni anche molto discutibili, un po' perché gli stati latino-americani hanno maturato un grado di autonomia in politica estera che non è paragonabile al periodo precedente, cioè si sono formate delle potenze regionali. Il quadro regionale è in parte cambiato, e poi perché sempre a causa delle fine della guerra si sono affacciate nel contesto americano delle potenze extra-continentali. In realtà si è quasi riprodotto lo schema dei primi 6-7 decenni dell’800, quando gli Stati Uniti non sono altro che l’attore di primissimo piano e devono competere con attori extra-continentali. Secondo alcuni studiosi dall’89 in poi, diciamo dalla fine degli anni 90 fino ai giorni nostri, questa è un po' la realtà. Gli Stati Uniti che tendono a perdere egemonia o grado di influenza secondo una visione generale di declino dell'egemonia statunitense a livello internazionale, gli attori regionali sempre più presenti e forti a livello regionale ed internazionale anche se sotto un aspetto fortemente discutibile, come possiamo vedere a proposito del Brasile che è stata prima potenza regionale e poi arretra, ed altre potenze non se ne vedono se non in alcuni periodi. Il Venezuela è stato un attore in primo piano per circa un decennio, con la sua politica estera basata sulla mercanzia del petrolio, ma adesso non è in grado nemmeno di influenzare i paesi in cui continua ad essere alleato, tanto meno Cuba. Sicuramente c'è però da competere con altri attori extra-continentale. Altre riflessioni che si possono fare sempre per individuare le direttrici di fondo nei rapporti inter- americani: agli inizi degli anni 20 dell'800, quando si conclude il processo di indipendenza c'erano le condizioni per una relazione tra eguali. Gli Stati uniti erano una nazione giovane. Gli stati latino- americani stavano cominciando a nascere, però con un patrimonio di conoscenze, di risorse che avevano avuto potuto consentire una relazione tra eguali, ovviamente a seconda delle realtà dei paesi e delle aree. Ma già alla metà dell’800 possiamo dire che incomincia ad affermarsi una relazione tra diseguali, c'è già uno scarto troppo elevato in termini politico-istituzionali, di costruzione delle istituzioni e di affermazione della democrazia degli Stati Uniti, di potenziale economico, di potenziale militare e anche di potenziale culturale. A partire da quel momento la simmetria è sempre stata una caratteristica di fondo, non ci è stata più la possibilità di riequilibrare questo rapporto. Ovviamente in questa riflessione noi tiriamo dentro tutto l’area latino-americana. Se guardiamo il singolo paese il discorso può cambiare, cioè ci sono delle differenze sostanziali a seconda delle nazioni coinvolte. L’ultima riflessione riguarda al fatto che questo lungo arco cronologico tra 800 e 900 può essere suddiviso in due sotto-periodi che rispondono a logiche e processi differenti. Un conto è parlare dell’800 in cui gli Stati Uniti cominciano ad affermarsi. Un conto è invece parlare del XX secolo, il dominio degli Stati Uniti era evidente nella prima metà del XX secolo. In realtà questo processo di costruzione dell’egemonia arriva a conclusione proprio durante la seconda guerra mondiale. Durante la guerra fredda è meccanico l'inserimento dell’area latino-americana nella sfera d'influenza degli Stati Uniti. Per fare un esempio, quando le due super-potenze si dividono il mondo, i sovietici non battono ciglio, poiché l'America latina storicamente appartiene agli Stati Uniti, e per altro quest'accettazione passiva da parte dei sovietici spiega anche il lieve ritardo con cui Mosca sostiene per esempio la rivoluzione cubana, proprio perché c’è la consapevolezza che quell’area sia sempre stata storicamente una sfera d'influenza esclusiva da parte degli Stati Uniti. Paradossalmente però durante la guerra fredda, nonostante una dipendenza palese sul piano politico, militare, economico e culturale, si registrano questi numerosi contrasti con alcuni attori della regione, l'Argentina di Peròn, il Cile di Allende, la Cuba di Castro. E queste tensioni hanno inizio a partire dall'inizio del 1859. Per quanto riguarda le relazioni inter-americane, mi piace sempre cominciare con alcune citazioni. La prima citazione, che è una delle più note è attribuita a Simén Bolivar, il grande libertador, colui che porta a termine il processo di pro-cultura del rapporto coloniale che individua negli Stati Uniti la principale minaccia alla libertà, indipendenza dei territori ispano-americani che stanno diventando indipendenti, e quindi, dice: “Gli Stati Uniti sembrano destinati dalla provvidenza a rovinare l'America con la miseria, nel nome della libertà”. Già mette in guardia la classe dirigente latino-americana dal pericolo di una relazione troppo stretta con gli Stati Uniti, ed è il motivo per cui Bolivar si farà promotore di una conferenza panamericana. Lo vedremo a proposito della nascita del panamericanismo, ufficialmente si deve ad un interesse statunitense, ma prima ancora c'è quello bolivariano. Il primo che pensa di unire le repubbliche americane è Bolivar, ma è un progetto che però deve tenere fuori gli Stati Uniti, perché è un progetto di solidarietà, di cooperazione, di fratellanza delle repubbliche latino-americane e l’obiettivo appunto di stare insieme è proprio quello di potersi relazionare meglio con gli Stati Uniti e poi con gli altri attori internazionali. Un'altra citazione invece è attribuita a Octavio Paz, personaggio noto della cultura messicana che ci svela l'opinione che a lungo i latino-americani hanno avuto degli Stati Uniti, perché a lungo i latino- americani si sono sentiti superiori agli Stati Uniti almeno dal punto di vista culturale, però sono stati sempre consapevoli del loro potere militare. Octavio Paz scrive: “[I nordamericani] sono sempre tra noi, anche quando ci ignorano o ci voltano le spalle. La loro ombra copre tutto l'emisfero. È l'ombra di un gigante. E l’idea che abbiamo di questo gigante è la stessa che si può ritrovare nei racconti di fate e nelle leggende: un grande individuo di amabile aspetto, un po' sempliciotto, un innocente che ignora il suo potere e di cui ci possiamo burlare la maggior parte del tempo, ma la cui ira può distruggerci”. È chiara la percezione di un potere che può essere manifestato in qualsiasi momento e che poi può portare a stravolgimenti interni in alcune realtà. Ci sono due affermazioni, formulate grossomodo alla metà dell’800 e ruotano intorno alla proiezione naturale di Stati Uniti sempre più a sud, ed esportazione della democrazia sulla base di una presunta superiorità raziale. La prima: “Non rinunceremo alla nostra parte nella missione della nostra razza, fiduciari di Dio, della civilizzazione mondiale. Dio non ha preparato i popoli di lingua inglese e teutonici nel corso di mille anni solo per la contemplazione vana e pigra, e per l’auto-ammirazione. No! Ci ha assegnato il compito di maestri organizzatori del mondo, per stabilire ordine dove regna il caos” (Albert Beveridge). Perché la percezione che hanno gli Stati Uniti dell'America latina è di un'area appunto caratterizzata dal caos, ricordiamoci l'immaginario dell'America latina di rivoluzioni, di instabilità politica ed economica e quant'altro. Anche la citazione di Daniel Dewey Barnard rientra in questo tipo di riflessione: “Contemplando questo futuro, vediamo tutti i mari coperti dalle nostre flotte; le nostre guarnigioni presidiano le più importanti stazioni commerciali; un immenso esercito professionale difende i nostri possedimenti; i nostri mercanti sono diventati i più ricchi, i nostri demagoghi i più potenti e il nostro popolo il più corrotto e docile del mondo”. L’ultima che è quella che è rimasta di più nell'immaginario collettivo latino-americano, attribuita all'ultimo presidente messicano prima della rivoluzione del 10-17 che è Porfirio Diaz, che è stato un dittatore che ha governato a lungo questo paese e sostiene che gli stati del Messico sono: “Così lontani da Dio, così vicini agli Stati Uniti”, questo è vero principalmente per il Messico, ma la sventura che hanno avuto storicamente gli attori latino-americani è stata quella di essere stati inseriti in un contesto areale dove c'è una grande potenza che ha attuato pratiche di tipo imperialistico. La storia delle relazioni inter-americane comincia con la dottrina Monroe, e l'enunciazione di Monroe in realtà secondo gli studiosi deve essere in qualche modo collegata al discorso di commiato fatto nel 1796 da George Washington. Questo è un discorso che secondo gli studiosi segna l’inizio di una condotta molto tipica degli Stati Uniti definita “isolazionismo”, che guida gli Stati Uniti a livello internazionale da fine ‘700, da quando gli Stati Uniti nascono, secondo alcuni fino al 1939. Gli Stati Uniti non vogliono interferire negli affari mondiali perché hanno come obiettivo principale quello di costruire una nazione, rafforzare la repubblica e sostanzialmente guardare all'interno del proprio paese, quindi non vogliono essere immischiati nelle questioni internazionali. Il punto è che l’isolazionismo non si è mai applicato al contesto americano, nel senso non è una linea che gli Stati Uniti hanno seguito nel continente americano, perché la storia dell’800 e di parte del ‘900 ci dice che gli Stati Uniti interferiscono spesso e quando è necessario. Però questa è una citazione in cui Washington, appunto uno dei primi responsabili della politica estera degli Stati Uniti, pensavano dovesse guidare la condotta di questo paese in politica internazionale sempre, senza alcuna modifica: “La grande regola di condotta nei rapporti con le altre nazioni deve essere quella di avere con esse i minori legami politici possibili. L'Europa ha una serie di interessi primari che con noi non hanno alcuna relazione. non sarebbe saggio rimanere coinvolti nella sua politica, nei suoi conflitti o alleanze”. In un certo senso la dottrina Monroe del 1823 è già una prima sconfessione di quel discorso, di quell’invito fatto da George Washington che avrebbe dovuto guidare le generazioni successive, perché a distanza di 20 anni, già in una parte significativa della classe dirigente è maturata una consapevolezza diversa che spinge gli Stati Uniti ad essere sempre più intraprendenti nei confronti dei vicini del sud. Soprattutto a partire dalla fase in cui l'impero spagnolo comincia a sgretolarsi, quindi comincia a cadere, ad avere fine questo dominio coloniale. Queste sono tre citazioni formulate a ridosso della dottrina Monroe che già rappresentano un'inversione di tendenza da una parte, rispetto appunto all'enunciazione di fine ‘700, ma che soprattutto ci svelano qual è l'opinione che la classe dirigente statunitense ha dei latino-americani. La prima di John Quincy Adams, quest’ultimo è stato uno dei personaggi più influenti della politica estera degli Stati Uniti, è colui che materialmente scrive il discorso di Monroe, e dice: “I latino-americani non rispondono degli elementi di base di un governo libero e capace. Il potere arbitrario, militare ed ecclesiastico è stato impresso sulle loro consuetudini e sulle loro istituzioni”, e ancora dal senatore della Virginia, John Randolph: “Dalla materia spagnola non è possibile estrarre la libertà”, e ancora di più una prestigiosa rivista molto influente sempre degli anni 20, North American Review: “La violenza e la pigrizia delle popolazioni sud-americane sono le conseguenze naturali della degenerazione di una razza ibrida, rovinata dalla tirannia e afflitta dalla malvagia influenza delle condizioni climatiche tropicali”. In questo senso noi possiamo anche inserire la dottrina Monroe in un contesto diverso, non sono al punto di enunciazione, chiaro obiettivo di contenere gli attori europei, ma anche di creare le premesse in avventura statunitense verso sud. La dottrina viene elaborata da John Quincy Adams nel 1823 è parte del discorso annuale che il presidente Monroe rivolge al Congresso, quindi è ad uso e consumo interno. Sancisce alcuni punti molto importanti: il primo la netta contrapposizione tra il peggio mondo delle monarchie e il nuovo mondo delle repubbliche; siamo due mondi completamente differenti, e siccome noi siamo la prima repubblica, siamo la guida di questo nuovo processo, dobbiamo essere da questo momento due cose separate. Il secondo aspetto sanciva il principio che proibiva alle potenze europee di intervenire e interferire nel contesto latino-americano. Con la dottrina del 1823 non si sono ancora concluse ancora le guerre di indipendenza, quindi le potenze europee non possono fondare nuove colonie, non possono intervenire negli anni affari interni delle relazioni latino-americane di quei paesi che sono o che si stanno rendendo indipendenti. Se leggiamo questa parte del discorso diventa tutto più chiaro, che cosa dice il presidente statunitense: “I continenti americani, per la condizione libera e indipendente da loro assunta e mantenuta, non devono essere d'ora in avanti considerarsi oggetto di colonizzazione da parte di nessuna potenza europea [...] Siamo necessariamente coinvolti in modo più immediato nei movimenti di questo emisfero [...] Pertanto ,considerati i rapporti franchi e amichevoli esistenti tra gli Stati Uniti e quelle potenze, è nostro dovere informarle che noi riterremo ogni loro tentativo di estendere il loro sistema ad una qualunque porzione di questo emisfero pericoloso per la nostra pace e la nostra sicurezza”. Una dichiarazione forte in un contesto internazionale, in cui il mondo è ancora dominato dalle potenze europee. Eppure questa dottrina viene enunciata e afferma tre principi fondamentali: non- colonizzazione: l'impero ispano-coloniale sta finendo finisce il periodo coloniale nelle Americhe, non intervento: gli stati europei non devono assolutamente intervenire nelle Americhe, cosi come noi Stati Uniti non interveniamo negli affari europei, non trasferimento di territori: nel senso che le lotte di indipendenza si snodano in un modo, ci sono altri territori coloniali che appartengono a potenze europee, il quadro da questo momento non deve cambiare l'equilibrio strategico regionale. In quest’ultimo, gli Stati Uniti pensano soprattutto all'area caraibica, dove ci sono ancora possedimenti potere a partire dagli anni 20 del 900, a causa di trasformazioni, economiche (crisi del 29 e inizio fase d’industrializzazione) e sociali politiche (nel momento in cui si avvia l'industrializzazione nasce la classe operaia e il ceto medio si amplia). Con l'affermazione dei nuovi ceti sociali vediamo il fiorire di nuovi partiti della sinistra radicale al contempo però l'oligarchia inizia a perdere il potere. Fino agli anni 60 le grandi famiglie che hanno costruito il Cile erano incentrate sul prestigio e sul potere economico. Dagli anni 20 agli anni 50 del 900 ci sarà il ceto oligarchico militare. ESPANSIONE TERRITORIALE DEGLI STATI UNITI Gli Stati Uniti diventano una nazione bio-oceanica proiettata sull'Oceano Atlantico e anche sul Pacifico quindi verso l'Asia aumentando così di due terzi il loro territorio. I risultati sono stati ottenuti solo mediante l'uso della forza militare e la rinuncia a qualsiasi negoziato con la nazione vicina. Nel 1853 i territori vengono ceduti al Messico. Le iniziative Usa in relazione al Texas e in occasione della guerra con il Messico svelano ai governi latinoamericani che la minaccia alla loro integrità nazionale non viene dall'Europa ma dai loro vicini del Nord (Stati Uniti). L'interesse degli Stati Uniti a partire dal Messico si estenderà fino all'area Caraibica in quanto si possono esportare prodotti agricoli-tropicali. Questa proiezione oltre ad intrecciarsi con fattori economico-politici si intreccia anche con fattori culturali che si esprimono nella concezione di credersi superiori dal punto di vista razziale, che sfocia in uno scontro non più politico ma tra civiltà: anglosassone e sud americana. Gli Stati Uniti nel contesto americano hanno svolto il compito di civilizzazione culturale; ciò porterà al divario continuo tra nord e sud America sia storicamente che tradizionalmente (ancora oggi vi è la convinzione che l'uomo bianco americano fosse superiore rispetto agli altri, un esempio può essere Trump il quale si rivolge ai messicani con disprezzo). La costruzione di una potenza deve sempre tenere conto di tutti gli elementi. Nel caso degli Stati Uniti la costruzione tiene conto di tutti gli elementi: politico, economico, culturale. (Gli Stati Uniti controlleranno sempre i Caraibi in modo da evitare qualsiasi tipo di minaccia nazionale; quest’ultima si concreta nel 60 dove ci sarà un vero e proprio scontro tra i due). La Spagna perde in seguito il controllo di tutto tranne di Cuba, Porto Rico, le Filippine e altre isole. L'interesse statunitense per Cuba è un interesse precoce, viene formulato nel 1823, c'è la teoria del “Frutto Maturo” che viene formulata nel 1823 stesso periodo in cui viene redatta la dottrina Monroe: gli Usa sono proiettati a Sud e Cuba viene attratta dagli Stati Uniti. Sulla base della teoria del frutto maturo, gli Stati Uniti formuleranno proposte d'acquisto alla Spagna, l'ultima proposta verrà fatta quasi vicino all'ultima lotta d'indipendenza del 1895. La Spagna resisterà e non cederà presto Cuba; significativa sarà la guerra ispano-americana del 1898. L'acquisto di Cuba da parte degli americani poteva rappresentare l'ultima tappa di un processo di espansione territoriale e da questo momento in poi gli Stati Uniti non penseranno più di acquisire territori. L'obiettivo degli americani è quello di creare una grande rete di relazioni economiche, commerciali e politiche da un lato tale obiettivo viene visto come una sorta di “imperialismo mondiale” da un altro dalle altre potenze politiche viene visto come “colonialismo”. La costruzione di potere egemonica da parte degli Stati Uniti non si basa solo su strumenti militari o su repressioni economiche ma ricorre anche a vie diplomatiche (bilaterale e multilaterale). Importante fu la conferenza di Washington (1889-1890), convocata dagli Stati Uniti per raggiungere due obiettivi: 1) soluzione pacifica delle controversie; 2) unione doganale (obiettivo principale). L'unione doganale si vuole raggiungere per due motivi specifici: 1) la costruzione di un'unione doganale con a capo il governo statunitense permette di controllare economicamente e commercialmente i paesi latino americani; 2) gli Stati Uniti importano più di quanto esportano. L'obiettivo principale è quello di creare una grande famiglia americana e di sviluppare l'economia. Tale progetto degli Stati Uniti riceve una risposta negativa dai paesi Latino Americani, i quali sono legati in parte anche alla Gran Bretagna (soprattutto l'Argentina, il Brasile, Uruguay, Venezuela). Ciò significa che i risultati raggiunti durante il congresso sono modesti: nascita Unione Internazionale delle repubbliche americane che viene chiamata Unione Panamericana. Viene creato così un organismo regionale che dipende dagli Stati Uniti, in cui tutti gli stati sono costretti a farne parte. L'Unione Panamericana diventa un luogo anche di denuncia degli Stati Uniti, soprattutto negli anni 30 in cui l'Argentina denuncerà la politica statunitense aggressiva all'interno di tale unione. Tuttavia l'idea di costruire una grande comunità americana non nasce negli Stati Uniti ma tale idea deve essere attribuita a Simon Bolivar. Simon Bolivar ha come obiettivo l'organizzazione continentale e si propone di creare un'unione delle repubbliche nate dalla dissoluzione dell'impero spagnolo. Nel 1826 organizza la Conferenza di Panama, nella quale non verranno invitate la Gran Bretagna e Stati Uniti in quanto l'idea di Bolivar è quella di creare un organismo di cooperazione latinoamericano in cui gli Stati Uniti sono esclusi. Nonostante la Conferenza di Panama in seguito si rivelerà un fallimento il progetto di Bolivar non morirà ma verrà accantonato. Dall'1826 e 1890 si avranno due diverse concezioni di Panamericanismo: 1) nordamericana: con a capo la guida Statunitense che si rifà alla dottrina Monroe. Incentrata sulle questioni economiche e commerciali, ciò che cercheranno di fare gli Stati Uniti fino alle conferenze della 2 guerra mondiale in quanto l'attenzione si sposterà sugli affari politici. 2) latinoamericana: basata sulla cooperazione e solidarietà tra i paesi latinoamericani; ha una natura una natura non solo economica e commerciale, ma un obiettivo soprattutto politico-culturale seguendo gli ideali di Bolivar. Incentrato quindi sulle radici comuni culturali, linguistiche e storiche dei paesi Sud Americani. L'espansionismo territoriale degli Stati Uniti si manifesta verso la metà dell'800 continuando verso Sud. Tra la fine dell'800 e inizio 900 gli Stati Uniti saranno quelli più sviluppati economicamente, militarmente e commercialmente ed è proprio per questo che saranno gli unici in grado di dettare leggi nel contesto americano. Le azioni e gli interventi degli Stati Uniti porteranno anche alla nascita di due nuovi stati: Cuba e Panama (costruito quasi a tavolino). Il primo intervento viene fatto dagli Stati Uniti quando a Cuba è in atto la prima guerra d'indipendenza. A Cuba ci saranno 2 guerre d'indipendenza: 1) dal 68 al 78, la cosiddetta Guerra dei dieci anni, dalla quale non otterrà i risultati prestabiliti sia perché non riuscirà ad espandersi verso occidente e sia perché la Spagna gestiva ancora l'isola. Nella prima guerra d'indipendenza ci sarà una divisione di pensiero della popolazione, da un lato c'è chi lotta per ottenere l'indipendenza e dall'altro c'è chi vuole rimanere sotto il dominio spagnolo e non che Cuba diventi uno stato dipendente dagli Stati Uniti. Nella Prima guerra d'indipendenza non vedremo un intervento statunitense, cosa che non avverrà nella seconda guerra d'indipendenza. 2) dal 1895 al 1898, la cui motivazione è quella di liberare il popolo cubano dal dominio coloniale. Viene definita Guerra lampo, alla fine della quale Cuba riuscirà ad ottenere la propria indipendenza; nascerà da un lato un nuovo stato indipendente però dall'altro diventerà un protettorato degli Stati Uniti (fino al 1959, dipenderà dagli Stati Uniti). Di particolare importanza nel contesto cubano è José Martin considerato il padre della patria cubana, uno dei padri dell'identità latinoamericana. José Martin afferma: se vogliamo ottenere e avere l'indipendenza dobbiamo sconfiggere gli spagnoli, e rassegnarci al vincolo che abbiamo con gli Stati Uniti. La Spagna è il primo paese che dopo la seconda guerra d'indipendenza ricorre ai campi di concentramento, allo spostamento forzato per la lavorazione nei campi dei latinoamericani. Così gli Stati Uniti intervengono anche perché Cuba rappresentava l'epilogo del grande progetto espansionistico dell'America del Nord. La classe statunitense prima della seconda guerra d'indipendenza è divisa, c'è chi non ammette un'espansione territoriale e chi sì. Gli Stati Uniti intervengono perché cambia lo scenario: il fatto che ci possa essere la vittoria da parte degli "insorti" viene considerata una rovina rispetto al passato, in quanto l'indipendenza non può essere gestita più dagli Stati Uniti e non solo si avrà disordine e caos ma anche un'insicurezza nazionale. Gli Usa interverranno nel conflitto in corso dal 24 febbraio 1895 (anno in cui inizia la 2° guerra d'indipendenza) tra il movimento indipendentista cubano guidato da José Martin, Màximo Gòmez e Antonio Maceo e la Spagna. Gli Usa decisero di intervenire utilizzando come pretesto l'affondamento della corazzata statunitense Uss Maine, ancorata nel porto dell'Avana. Gli Stati Uniti erano entrati in contatto con Cuba già prima del 1895: le banche statunitensi erano le principali finanziatrici del paese, mentre lo zucchero, già da decenni veniva esportata in quantità maggiori nell'America del nord rispetto alla Spagna. Gli Stati Uniti a Cuba avevano fatto in precedenza investimenti nel settore minerario, nell'industria dei beni di consumo, nell’elettricità, telefoni e ferrovie. A Washington si riteneva che se l'indipendenza non fosse stata gestita dagli Stati Uniti, il paese sarebbe scivolato in una situazione di caos e instabilità. Il ruolo della stampa scandalistica nordamericana fu decisivo nel preparare l'opinione pubblica al conflitto. Essa scese in campo decisamente a favore dell'intervento dei militari statunitensi montando spesso a dismisura le notizie provenienti da Cuba e alimentando un'esaltazione da parte del governo nordamericano il quale non riuscirà ad essere neutrale. Con la morte di Maine gli Stati Uniti iniziarono ad intervenire militarmente nella guerra d'indipendenza; il presidente McKinley presentò un ultimatum alla Spagna, nel quale chiedeva un armistizio temporaneo e soprattutto la possibilità per gli Usa di agire come arbitro nella disputa. Il 20 aprile del 1898, il Congresso approvò l'intervento militare al fine di calmare Cuba, non prevedendo però il riconoscimento del governo rivoluzionario cubano e soprattutto escludendo l'annessione di Cuba (emendamento Teller). A differenza della precedente questa dichiarazione di guerra non prevede l’annessione, ovvero una volta fatta la guerra bisogna ritirarsi e il territorio cubano non deve essere annesso a quello statunitense. È una guerra molto breve in quanto durerà circa 3 mesi, grazie alla superiorità militare degli Stati Uniti i quali essendo più vicini rispetto alla Spagna possono inviare truppe più velocemente. Il conflitto si chiude con il Trattato di Parigi sottoscritto in assenza di rappresentanti cubani nel 1898: in cui La Spagna cede agli Stati Uniti: Porto Rico, l'isola di Guam, l'arcipelago delle Filippine e Cuba. Nei fatti quest'ultima si era trasformata in un protettorato statunitense in quanto a Washington si riteneva che i cubani non erano in grado di autogovernarsi, e quindi insegnare a loro le pratiche democratiche. A tale scopo dall'America del nord a Cuba viene inviato un governatore militare che ha il compito di creare l'impalcatura istituzionale cubana. Quindi decide di convocare un'assemblea costituente a suffragio universale ristretto, la quale nel 1901 si avrà la formazione di una nuova costituzione. La costituzione cubana del 1901 a carattere formalmente democratico, garantiva la separazione dei poteri, il suffragio universale maschile (con l'esclusione degli analfabeti) e un presidente eletto a suffragio diretto. Veniva creato un governo civile, subordinato però al potere militare statunitense. Gli Usa occuparono l'isola fino al 1903 e solo dopo aver obbligato i cubani ad accettare l'inserimento nella costituzione di una clausola discriminatoria: L'emendamento Platt, il quale prevede che gli Stati Uniti hanno il diritto di intervenire ogni qualvolta fosse minacciata l'indipendenza dell'isola e si considerasse opportuno farlo per proteggere “la vita, le proprietà e la libertà individuale”; inoltre la Casa Bianca otteneva il possesso di basi militari e Cuba si impegnava a non conferire diritti o privilegi ad altre nazioni e a non contrarre prestiti senza il consenso statunitense ( dipendenza economica dagli Usa). L'emendamento fu trasformato due anni più tardi in Trattato Permanente fra i due paesi con il quale gli Stati Uniti si assicuravano anche le basi di Guantanamo a Cuba, l'isola di Pini e Bahia Honda. Nel 1898: la dottrina Monroe da esiti negativi, fu convertita in una positiva rivendicazione dell'interesse statunitense alla stabilità dell'America Latina. Inizia la stagione imperialista degli Stati Uniti tale fase è associata alla figura del presidente Roosevelt (1901-1909). Subito dopo, gli Usa sperimentano tutto il loro acquisito potenziale politico, diplomatico e militare, in occasione della costituzione dello Stato di Panama, separatosi dalla Colombia per la questione del canale intra oceanico. In politica estera Roosevelt è stato un presidente molto abile e capace infatti viene definito “un tattico di superbo livello con una raffinata padronanza del linguaggio delle minacce, della forza, della simulazione e della dissimulazione, delle ritirate, cioè dell'intero armamentario della politica di potenza”. Fondamentale in Roosevelt è il suo concetto di ordine che cerca di applicare nel contesto latinoamericano; questo ordine secondo la sua visione comportava un sistema fondato sulla protezione e obbedienza. Le regole dell'ordine dovevano essere definite dagli Stati Uniti e punito i trasgressori, dovevano essere obbligati a dare protezione, istruzione e benessere in quanto modello da imitare. In modo da condurre i “selvaggi” verso la civilizzazione. Quindi il suo obiettivo era quello di creare nel contesto latinoamericano una realtà a immagine e somiglianza degli Stati Uniti. Il luogo più adatto per applicare il concetto di ordine è l'area centro americana e caraibica, in quanto Roosevelt si propose di costruire un canale interoceanico a Panama. Tale canale permette non solo di aumentare il traffico commerciale statunitense ma ha anche una funzione di controllo dei traffici commerciali tra i due oceani e di valorizzare a pieno il controllo statunitense dei Caraibi. La proiezione degli interessi e della potenza degli Usa avrebbe potuto così acquisire una dimensione globale. Il progetto di costruire un canale a Panama era già stato realizzato dal 1878 al 1889, dove gli Stati Uniti delegano la costruzione del canale a dei francesi i quali non riescono a portare a termine il progetto. Cercano così di istituire un accordo a favore dello stato cubano, il cui accordo non viene accettato dallo stato Colombiano nel 1903. Avendo tentato la via pacifica dell'accordo il quale non è SECONDA FASE + L'AUMENTO DELLE CAPACITA” CORRISPONDE AD UN AUMENTO DELLA CONFLITTUALITA” Le autorità locali non riconoscono l’esistenza di queste associazioni operaie. Infatti quello che lo stato fa è espellere gli agitatori che vengono considerati responsabili di turbare il clima idilliaco che si è creato tra capitale e lavoro. Un esempio tipico di queste misure è la legge varata nel 1902 in Argentina ley residencia che sarà abolita solo nel 1958, è una legge che consente di deportare qualsiasi straniero sospettato di essere un ribelle, perché si ritiene che l'immigrazione, che è stata una risorsa per l'espansione del modello primario esportatore, viene considerato un pericolo, perché con l'immigrazione arrivano anche quegli ideali che consentono al proletariato di creare una questione sociale all’interno del contesto latinoamericano. L'atteggiamento dei governi latinoamericani in questo contesto storico è quello di considerare il problema del mondo del lavoro come una questione di ordine pubblico, una questione di polizia. Essendoci questo scontro tra esigenze e istanze dei lavoratori e del proletariato e l'atteggiamento rigido e di non riconoscimento da parte dei governi latinoamericani si arriva ad uno scontro aperto, e soprattutto ad una reazione da parte dei governi. Ci sono alcuni casi emblematici di repressioni di manifestazioni di protesta in Cile: nel 1905 uno sciopero generale di lunga durata “la settimana rossa” provoca numerosi morti a Santiago, nel 1907 “massacro di Santa Maria de Iquique” (nord del Cile) alcuni minatori stanchi di essere pagati a gettoni si erano diretti verso la sede centrale della compagnia per la quale lavoravano, e avevano trovato un riparo all’interno di una scuola; furono repressi dall’esercito il quale mitragliò i lavoratori provocando all'incirca 2000 morti. Dopo gli insegnamenti ricevuti da queste disgrazie, agli inizi del ‘900 nascono le prime strutture sindacali che si sviluppano sotto l’influenza dell’'anarchismo, e in particolare dell’anarcosindacalismo e del socialismo rivoluzionario, e in parte minoritaria sotto l’influenza dell’assalismo (proveniente da Ferdinando d’Assal) quindi sostengono la nascita di organizzazione operaia unitaria, hanno scarsa rilevanza e successo. Quindi i due gruppi fondamentali sono il sindacalismo rivoluzionario e l’anarchismo. Protagonisti quasi sempre a capo delle rivendicazioni sono quasi sempre immigrati europei (italiani, francesi e spagnoli). In alcuni paesi (Cile, Argentina, Perù, Bolivia, Messico, Brasile, Cuba e Uruguay = in questi paesi vivono molti immigrati) gli anarchici sono sostanzialmente egemoni, almeno negli anni 1925-30, per poi perdere la loro capacità di influenzare il mondo sindacale. Ci sono delle incongruenze ideologiche trai due movimenti socialisti, anche se spesso i socialisti e gli anarchici confluiranno in alcune azioni unitarie: da un lato i sindacalisti si battevano per ottenere una maggiore tutela dei lavoratori da parte dello stato, cosa che invece viene rinnegata dagli anarchici perché non negano la possibilità di una contrattazione con i componenti parlamentari. È diverso anche l'atteggiamento di entrambi i movimenti nei confronti del clero: gli anarchici sono anticlericali perché convinti che il laicismo sia un fattore di coesione del mondo del lavoro, i sindacalisti appoggiavano il clero. Un'altra differenza riguarda l’atteggiamento dei due movimenti nei confronti dello sciopero generale perché, anche se entrambi sono fautori dello sciopero, vi è una differenza nel modo in cui lo sciopero avviene: per gli anarchici arrivare allo sciopero generale significa procedere per gradi, quindi attraverso lotte parziali, per i sindacalisti rivoluzionari lo sciopero generale e l’azione violenta è da perseguire fin dall’inizio. Gli anarchici, su questa base sono favorevoli ad una formazione ideologica in un lungo periodo di tempo (istituzione di cooperative e di un’'organizzazione strutturata che porta successivamente alle condizioni oggettive che possono produrre lo sciopero generale, e lo sciopero generale a sua volta è lo strumento attraverso cui si può abbattere lo stato borghese). I sindacalisti pensano invece che si debba agire immediatamente attraverso lo sciopero generale e con lo sciopero generale determinare la caduta dello stato borghese e quindi la formazione ideologica avviene secondo questa concezione di agire nell'immediato. Essendo quelli più numerosi, gli anarchici sono quelli che vengono più duramente repressi dagli stati latinoamericani; si arriva a creare addirittura dei campi di concentramento dove vengono deportati gli anarchici, ma ciò nonostante gli anarchici mantengono una sorta di egemonia all’interno del movimento operaio. L'anarcosindacalismo ha più successo rispetto agli altri movimenti operai: abbiamo l’origine rurale del proletariato urbano, quasi sempre di origine immigrata. Un peso determinante dell’artigianato e quindi una componente importante di anticapitalismo (è seducente l’idea anarchica della confederazione dei produttori) che comporta a sua volta il rifiuto del parlamentarismo: questo rifiuto è condiviso anche dai piccoli artigiani europei sono restii alla naturalizzazione, quindi non possono avere diritti politici (diritto di voto). Quindi gli artigiani immigrati non piegandosi alla naturalizzazione trovano nell’anarcosindacalismo una via percorribile che si adatta alle loro esigenze. C'è da dire che all’interno del movimento anarchico c’è una divisione tra gli anarcosindacalisti e gli anarchici individualisti. Questi ultimi usano il movimento operaio come uno dei tanti strumenti di agitazione perché non credono nelle conquiste intermedie sul posto di lavoro, le quali vengono assorbite in breve tempo dalle contromosse dei padroni, tuttavia credono nel sindacato come un luogo di formazione rivoluzionaria. In America Latina è prevalente la corrente anarcosindacalista e non quella anarcoindividualista: perché gli anarcosindacalisti tendono maggiormente a collaborare tra di loro e a vedere un'importanza determinante dello sciopero generale (quindi anche della formazione all’interno del sindacato), mentre gli anarchici individualisti promuovono l’azione violenta individuale (questi fenomeni di violenza individuale si verificano solo in Argentina). L'anarcosindacalismo ha maggiore successo anche dal punto di vista del dialogo che talvolta c'è con i sindacalisti, arrivando a concordare delle misure che possono essere migliorative per le condizioni di lavoro dei propri associati. Il paese in cui hanno maggiore importanza gli anarcosindacalisti è in Argentina dove gli scioperi sono frequenti. Nel 1901 nasce la Federacién Obrera Regional Argentina. Da questa federazione si staccano i sindacalisti (lo scissionismo è una delle caratteristiche sia del mondo anarchico sia del mondo sindacalista) per poi riunirsi nel 1914. In realtà anche in Argentina il sindacalismo rivoluzionario e l’anarcosindacalismo perdono importanza, ciononostante all’inizio degli anni 30 viene fondata la Confederaciòn Nacional del Trabajo. Solo in Messico i sindacalisti rivoluzionari sono prevalenti (soprattutto tra i lavoratori tessili), ma perdono la loro autonomia nella seconda metà degli anni 30 non per volere proprio ma per le riforme che vengono impiantate dal cardenismo a partire dal 1936. In ogni caso (come in Argentina) né la repressione né la detenzione né il sequestro dei periodici né la repressione generalizzata da parte degli stati sono in grado di fermare il movimento sindacale e soprattutto gli anarchici. Questo è testimoniato da un'ondata di scioperi tra il 1917 e il 1919: in questo triennio ci sono comunque gli influssi della Rivoluzione Russa e della Prima Guerra Mondiale. Il triennio si chiude con alcune conquiste che poi vengono immunizzate a partire dagli inizi degli anni 20. In tutti gli anni 20 si assottiglia la partecipazione al sindacalismo, soprattutto in termini di iscritti e vale la pena segnalare che vi è negli anni 30 l’unico tentativo di organizzazione sindacale a livello governativo, ed è quello della CROM (Confederacién Regional Obrera Mexicana) che crea una sorta di commistione tra gli interessi dello stato e gli interessi dei lavoratori. (non a caso il cardenismo viene visto da alcuni storici dell'America Latina come uno degli esempi di regime comunista, perché i regimi comunisti latinoamericani si caratterizzano per sostenere una fusione tra gli interessi del mondo sindacale e il governo e lo stato). Specifichiamo che tutto questo fenomeno riguarda quasi esclusivamente il mondo urbano. La situazione nonostante la partecipazione, la sindacalizzazione è bassa. Peggiore è quanto avviene nel mondo rurale, le campagne restano completamente escluse da questi processi rivoluzionari, nonostante la campagna fosse la base della produzione dei prodotti soggetti all'esportazione (in campagna ci sono forme arcaiche di lavoro, anche di rapporto tra “servo e padrone”). Gli unici posti dove compare una sindacalizzazione è in quei luoghi in cui esistono grandi piantagioni di proprietà straniera, come in Colombia (ma anche questa viene repressa). Le forme di protesta nel mondo oligarchico delle campagne erano comunque presenti anche se meno frequenti rispetto ai centri urbani. I governi centrali impediscono legalmente la sindacalizzazione nel mondo rurale, e molto poco faranno i governi progressisti o i governi dei fronti popolari, quindi i contadini restano così lungamente esclusivi dal movimento operaio. Per quanto riguarda il marxismo, quindi i partiti socialisti, c'è da dire che le correnti marxiste si estendono in America Latina a partire dagli ultimi decenni del XIX secolo. Si portano avanti idee di progresso generali: degenerazione sociale, laicità, allargamento dell'istruzione pubblica, diritto di voto, parità dei sessi, riforme fiscali. Questi sono gli obbiettivi che praticamente volevano raggiungere i partiti socialisti latinoamericani. Praticamente, però, le formazioni che si ispiravano al socialismo europeo finirono spesso per essere molto continuisti dal punto di vista politico. Questo vuol dire che la direzione di queste formazioni era spesso nelle mani degli intellettuali o della piccola borghesia o dell’aristocrazia operaia, quindi ciò tendeva a comportare come conseguenza la volontà di consolidare i partiti piuttosto che sovvertire il sistema. Quindi a ciò si aggiungeva che l'applicazione di schemi generali di ideologie pensati inizialmente per l'Europa. Tutto ciò non portava all'elaborazione di strumenti e meccanismi adeguati al contesto latinoamericano. I partiti socialisti si trovano a difendere il libero scambio, la vocazione agricola o mineraria (a seconda dei paesi), l’ortodossia monetaria, e attaccano soprattutto il protezionismo doganale. Quest'ultimo in una fase di pre industrializzazione il protezionismo doganale avrebbe aiutato lo sviluppo di una industria nazionale, e dunque lo sviluppo del proletariato, classe alla quale si sarebbero dovuti rivolgere i partiti socialisti. Per questo I partiti socialisti nell’area latinoamericana hanno una scarsa influenza, non riescono quasi mai a superare la soglia del 3% dei voti proprio per la loro debolezza come piattaforma programmatica, e la loro debolezza li porta anche ad assumere una vena opportunistica infatti spesso collaborano con i partiti in carica. Nel caso dei partiti socialisti latinoamericani non vi è una corrispondenza di obbiettivi tra il socialismo e il partito e, soprattutto, i partiti socialisti latinoamericani non giungono ad esplicitare quella funzione di educazione cinica delle masse popolari che nello stesso periodo stavano facendo i loro compagni in Europa. (il termine “partito socialista” contiene delle declinazioni molto differenti al proprio interno e che spesso si distanziano dalla concezione di partito socialista europeo) Ci sono delle eccezioni: il partito socialista in Argentina nasce nel 1896, arriva ad eleggere 9 deputati nel 1914 e arriva ad ottenere il 16% dei consensi nelle elezioni del 1930. Ha un orientamento moderato, fautore di conquiste progressive ed esclusivamente per via parlamentare. Una delle caratteristiche fondamentali di questo partito è quella di non credere nel collegamento con il sindacalismo e con il mondo operaio. Si dirige a ceti medio-bassi o a ceti interclassisti. I socialisti argentini fanno breccia nell’elettorato arrivando nel 1914 ad avere la maggioranza relativa, tuttavia uno dei loro svantaggi sarà quello di essere lacerati da divisioni interne e la spaccatura più rilevante fu quella in personalisti (tendenza alla personalizzazione della politica verso il populismo nel sistema argentino) Un caso differente e di grande importanza c’è in Cile: qui l'intenzione di far nascere raggruppamenti socialisti rimonta al 1898, in realtà solo nel 1912 si arriva alla fondazione di un partito socialista. Il leader sindacale Recabarren fuoriuscito dal partito democratico forma con altri compagni il Partido Obrero Socialista. Al contrario di quello argentino si basa sulla fusione dei propri interessi con la politica sindacale divenendo realmente un partito di classe simile a quelli europei. Il partito socialista cileno vive una vita turbolenta: nel 1921 trasforma il partito socialista in partito comunista e i socialisti vivono una fase di polverizzazione della loro forza, fino a riunirsi poi a metà degli anni 30. C'è da dire che dal 1936 al 1957 ci sono vari gruppi socialisti; tuttavia il Cile è l'esempio in cui nella storia novecentesca il partito socialista ha la maggiore influenza. I partiti comunisti hanno sicuramente un maggiore peso e una maggiore diffusione soprattutto negli anni 30. Il primo partito comunista nasce in Messico e come in Italia nasce come scissione del partito socialista o anche per iniziativa di gruppi anarchici che decidono di abbracciare la forma partito. Sorgono in tutti i paesi latinoamericani dopo il 1919, solo in Bolivia nel 1950. In questa prima fase di sviluppo l'ideologia dominante è quella leninista, dunque i comunisti si propongono come l'avanguardia rivoluzionaria gerarchizzata e disciplinata. A differenza dei sindacalisti e dei socialisti cercano di saldare l'agitazione politica sindacale con l’agitazione politica, quindi si muovono lungo una linea che va dall’antimperialismo alla collettivizzazione. Anch’essi come i sindacalisti e i socialisti sono completamente assenti nelle campagne. Anche i partiti comunisti che generalmente vivono nell’illegalità ma non nella clandestinità hanno come orizzonte quello urbano (proletariato urbano). Hanno uno scarso numero di iscritti eccetto nel periodo che va dal 1935 al 1948, periodo che consente ai comunisti di partecipare alla vita politica locale per varie ragioni (contesto mutato soprattutto). Uno dei grandi problemi dei comunisti fu l'incapacità di elaborare una linea autonoma che fosse dedicata e incentrata sulla realtà latinoamericana, una linea indipendente da Mosca; il comunismo e il marxismo era stato abbracciato come una sorta di religione, considerandolo adatto ad ogni contesto. È una caratteristica che coinvolge anche alcuni partiti comunisti europei soprattutto negli anni 20. Questo limite comporta una sostanziale subordinazione alla terza internazionale, la quale non riconosce la realtà latinoamericana in quanto area, la subordina alla realtà coloniale (la terza internazionale ignora la presenza di vaste comunità indigene, di una parte di popolazione di radici africane). La linea della una legalizzazione, eccetto in Brasile, di tutti i partiti e quindi possono operare in maniera libera. Avere mano libera in questo periodo comporta scelte opportunistiche, alleanze anche con governi autoritari che fino a poco tempo prima erano stati criticati, inoltre diviene quasi vincente la linea proposta dal segretario del partito comunista statunitense Earl Browder che è quella della collaborazione tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Sia per quanto concerne il mondo operaio, sia per quanto concerne i partiti marxisti e il mondo comunista, importanza determinante ha un altro fenomeno che si sviluppa in contemporanea ovvero quello dell'Emigrazione e della Grande Migrazione. La grande migrazione tra la fine dell'800 e gli inizi del 900 riguarda tutta l’area latinoamericana. Per quanto riguarda il fenomeno migratorio è quasi sempre un fenomeno che ha uno stimolo economico quindi quando siamo difronte a una migrazione di massa nella maggior parte dei casi abbiamo la volontà di migliorare la propria condizione. Si conciliano quindi due esigenze ossia quella dei paesi americani che hanno bisogno di mettere manodopera e popolare territori vasti e disabitati e di contro le popolazioni europee che si trovano in una fase travagliata in ci susseguono svariate ci Vi è poi un altro tipo di migrazione che è un’emigrazione politica che precede la grande migrazione perché inizia nei primi anni dell'’800 e fa seguito alla fine delle lotte napoleoniche. L'emigrazione è un'esperienza umana perché incide quasi sempre sull'identità e fa sì che si crei un’identità molteplice perché sia nel caso in cui si decida di restare definitivamente nel Paese di emigrazione, sia nel caso si rientri nel proprio Paese, l’esperienza vissuta durante il corso degli anni trascorsi all’estero muterà definitivamente l’identità di ciascuno. Dalla seconda metà dell’800, l'America Latina sperimenta un cambiamento da un punto di vista etnico e demografico che non ha paragoni, soprattutto ciò che incide è l’arrivo di un enorme contingente di popolazione europea e in parte anche asiatica e medio-orientale che modifica il panorama etnico latinoamericano, quindi abbiamo una diminuzione della popolazione di origine indigena e di origine africana, Il decennio in cui possiamo parlare di migrazione di massa è 1880 e 1930 durante il cosiddetto ‘Periodo Alluvionale’ (grande mole di persone). In questo fenomeno dell'aumento dell'emigrazione che inizia nella metà dell'’800 incide il miglioramento tecnologico e quindi il passaggio dalla navigazione a vela alla navigazione a vapore che consente di avere imbarcazioni più grandi, tempi più rapidi, viaggio meno difficile e possibilità di ottenere informazioni sempre più dettagliate sull'area verso cui si va ad emigrare perché con le navi viaggiano anche le idee e le informazioni. Nel periodo che va dal 1850 al 1930 in America Latina si recano circa 14 milioni e 150 mila persone. Il 76,8% di questi immigrati si dirige verso 3 Paesi che sono le tre principali mete di immigrazione in America Latina: al primo posto abbiamo l'Argentina che assorbe il 41,1% degli immigrati; al secondo posto abbiamo il Brasile che assorbe il 30,7% degli immigrati e al terzo posto abbiamo l'Uruguay che assorbe il 4,9% degli immigrati; di tutti questi immigrati il tasso di rientro è intorno al 50%. Nel caso uruguayano abbiamo questo Paese, l'Uruguay, che è molto piccolo ed ha una popolazione esigua concentrata quasi esclusivamente nella capitale Montevideo; agli inizi del 900 il totale della popolazione uruguayana è costituita per il 30% da immigrati e la capitale Montevideo che raccoglie il 50% di tutta la popolazione ha nel 1908 oltre il 51% di popolazione immigrata e il 50% sono italiani. Tra il 250 e l'89 abbiamo un andamento, una crescita positiva in tutti e tre i Paesi; una crescita forte l'abbiamo tra il 1902 e il 1912; una fase di stagnazione e arretramento dell'emigrazione tra il 1913 e il DO 18/19 di causa della I Guerra Mondiale; e poi abbiamo una ripresa dell'emigrazione Da il ’2leil rerà fino al 19 linare negli anni * 9 sia per le ni dino dell'emigrazione che vengono presi dai Paesi di Sa dali dai paesi latinoamericani e dai paesi di emigrazione quindi dai paesi europei. L'emigrazione verso l'America Latina riprende dopo la II Guerra Mondiale e sarà un fenomeno migratorio legato a motivi economici perché i Paesi europei escono distrutti dalla II Guerra Mondiale; mentre i paesi latinoamericani si trovano in una nuova fase di espansione economica permessa dall’arretramento dei paesi europei sulla scena del mercato internazionale e dunque riprende l'emigrazione verso il sub-continente sempre verso le tradizionali mete: Argentina, Brasile e Uruguay. Per l'Argentina l'emigrazione declina a partire dal ‘49/’50; per il Brasile si mantiene per altri dieci anni fino al ’60 e tra gli anni '50 e '60 c'è l'emergere di un nuovo attore importante ovvero il Venezuela, con il boom petrolifero venezuelano c'è anche un boom migratorio e anche in Venezuela la maggior parte delle persone che si dirigerà saranno italiani. Tra gli anni '50 ed '80 abbiamo 1,3 milioni di immigrati che si dirigono verso l'America Latina, tra 1'81 e il 1930 sono quasi 13 milioni di persone che vanno nel sub-continente. L'immigrazione contribuisce: = alcambiamento della composizione etnica; = alpopolamento di zone scarsamente popolate; = alconsolidamento di zone frontaliere; = all’inurbamento. Un contingente importante migratorio si dirige a Cuba in cui giungono soprattutto spagnoli, mentre i portoghesi si dirigono per lo più in Brasile per motivi di vicinanza etnica e linguistica. Altri paesi interessati sono ad esempio il Cile che accoglie in primis immigrati tedeschi e svizzeri. Ma avremo anche polacchi, russi, ucraini e soprattutto ebrei ucraini che si dirigono in Argentina o tra Buenos Aires e Montevideo. Una certa importanza hanno gli immigrati medio-orientali definiti ‘turcos’ perché viaggiano con passaporto turco ma si tratta per lo più di libanesi, siriani, turchi. A differenza di ciò che avviene quasi contemporaneamente negli Stati Uniti, dove molti immigrati riescono a trasformarsi in piccoli proprietari agricoli, nel caso dell'America Latina questa è una fattispecie che avviene con molta più difficoltà perché in alcuni paesi dell'America Latina c'era una concentrazione della proprietà fondiaria e dunque saranno o pochi i piccoli proprietari o lavoratori salariati o per lo più troveranno impiego nelle piccole imprese e quindi in tutte le occupazioni che riguardano il mondo urbano. Questa difficoltà di accesso alla terra è anche il motivo del grande numero di rientri (50%). Anche se in America Latina la possibilità di diventare proprietario terriero è inferiore rispetto a quella dell'America, lo stimolo principale che induce gli emigranti dal continente europeo ad andare nelle Americhe è la terra cioè la possibilità di acquisire la proprietà della terra e questa possibilità di acquisizione viene propagandata dagli stati latinoamericani perché c'era una grande mole di terre. Ma ci sono dei fattori che tendono ad espellere gli emigranti dall'Europa e in primis sono le crisi economiche che si susseguono a partire dal 1870 in Europa; in secondo luogo abbiamo il peso del nuovo Stato unitario perché lo Stato-Nazione comporta un peso economico eccessivo a livello di tassazione sulle famiglie soprattutto dei contadini; a questo fattore sin aggiunge la pubblicità delle società di arruolamento che creano dei veri e propri ‘network’ dell’immigrazione e in questo senso un fattore importante è quello della catena migratoria ovvero di reti sociali (familiari, parentali o a livello di villaggio o di comune) che fanno sì che si crei un'immigrazione a catena. Dall'altro lati gli stati europei tendono a favorire l'emigrazione perché in un periodo di crisi di sovrapproduzione hanno manodopera in eccesso, però dall’altro lato nei paesi latinoamericani c’è bisogno di manodopera quindi anch'essi propagandano la possibilità di avere successo nel paese di destinazione e soprattutto vi è uno strumento che viene attuato, in primis dall'Argentina e poi dal Brasile, che è quello dell’immigrazione sussidiata ovvero lo Stato paga il viaggio, quindi col sistema del viaggio prepagato si ha un incentivo enorme a espatriare e si aggiunge la promessa di avere successo. Nei paesi di immigrazione vi è una concezione favorevole all’immigrato soprattutto tra gli anni '50 e ’80, quando il fenomeno non è ancora massiccio, quest'ideologia favorevole consiste nel fatto che si pensa che l’immigrato proveniente dall'Europa possa arricchire a livello culturale il Paese di destinazione e in alcuni casi possa contribuire anche allo sbiancamento della popolazione. Tuttavia questa ideologia della ‘superiorità razziale’ degli europei non ha grande successo e in realtà alcuni studiosi non la condividono. La primissima migrazione si dirige verso le colonie agricole e quelle di popolamento; quando l'immigrazione inizia a essere più consistente, nel caso del Brasile, si dirige verso le ‘Fazendas’ che hanno necessità di manodopera e che hanno due elementi corrispondenti: abolizione della schiavitù ed esplosione mondiale del mercato del caffè, quindi necessità di aumentare la produzione di questo bene primario. Nel caso argentino anche vanno a lavorare nella grande proprietà però vi sono delle differenze tra i due perché nel caso della Fazenda c'è necessità di una fissità della manodopera perché nel caso del caffè c'è una cura costante per tutto l’anno, mentre nel caso argentino ci sono soprattutto aziende cerealicole che lavorano 4/5 mesi l'anno. L'altra destinazione, quando non si ha successo né nelle colonie agricole né nella grande azienda, è la città perché si ritiene si possa avere maggiore possibilità di successo. Sia le condizioni agricole che urbane sono caratterizzate da condizioni di vita durissime che non differiscono molto da quelle del Paese di partenza, però dopo i sacrifici c'è possibilità di migliorare con gli anni e con le seconde generazioni. Le condizioni di lavoro sono difficili, la norma è: = lavoro minorile dai 9 anni in su; = giornata lavorativa media tra le 14 e le 16 ore; =. assenzadilegislazione sociale; = mancanza di tutela sul lavoro anche infortunistica; = scarsa capacità di incidenza e di incidere sull'aumento dei salari e scarsa capacità di contrattazione con i padroni per due motivi: 1) perché vi è un surplus di manodopera soprattutto nelle città; 2) perché c'è una scarsa capacità di incidenza a livello politico rispetto a queste problematiche perché gli immigrati sono restii ad acquisire la cittadinanza del paese a cui si sono legati e questo li esclude dalla lotta politica. Due parole che completano il discorso che abbiamo fatto sull'immigrazione italiana: gli italiani sono in prima fila a livello quantitativo e qualitativo per quanto concerne il fenomeno migratorio, l'emigrazione italiana inizia in una fase precedente a quella della grande migrazione, precisamente già intorno agli anni 10-15 del 19 secolo. Si tratta di un'immigrazione politica, sono esuli mazziniani e delle lotte napoleoniche. E a questa prima migrazione politica si aggiunge una seconda migrazione politica, e arriva questo moto intorno agli anni 30, a causa dei moti che si stanno susseguendo nella penisola per tentare l'unificazione della medesima. E quindi questa prima ondata migratoria è un'ondata che preludia a quella che sarà la grande migrazione. Già in questa fase gli italiani si concentrano prevalentemente nella zona del Rio della Plata, soprattutto fra Montevideo e Buenos Aires. Insieme a questa migrazione politica già dagli anni 30, tutto verso gli anni 50 inizia ad arrivare una emigrazione più economica: sono soprattutto marinai, commercianti, piccoli artigiani che approfittano dell'apertura dei porti delle nuove nazioni indipendenti e iniziano a intraprendere le proprie attività al di là dell'Atlantico. Quindi questa è una sorta di preludio. L'emigrazione politica italiana sarà molto importante perché si salta ad esempio da Montevideo e Buenos Aires fra le lotte che stanno conducendo i giovani intellettuali argentini, quella che sarà chiamata la Generazione del "37, ovvero contro la dittatura di Rosas. Montevideo in questo caso diventa un centro di aggregazione di esperienze, di esperienze anche per gli italiani, che saranno importanti anche per coloro che torneranno a combattere in Europa per l'unificazione della penisola. Fra tutti ovviamente la figura più conosciuta sarà Garibaldi, anche se in questa fase non è la figura più importante, ma è importante la sua parabola perché l'apprendistato che egli compie nei territori latinoamericani sarà fondamentale dato che inizierà a comandare delle truppe molto eterogenee e, al medesimo tempo, a fare scuola di una sorta di guerriglia. Esperienze che poi farà fruttare in Italia. A questa prima migrazione politica fa seguito la vera e propria Grande Migrazione, in cui appunto anche gli italiani sono protagonisti, fra il '75 in Argentina e gli anni 10-20 del '900. In Brasile inizia un po' più tardi, nel 1888-89 con una certa consistenza, ed è in coincidenza proprio dell'abolizione della schiavitù. Per gli italiani l'aspirazione principale è quella della terra, e si vanno ad occupare in una prima fase, prendiamo il caso dell'Argentina e del Brasile che sono i paesi che accolgono il maggior numero di emigranti, che vanno ad occupare colonie agricole, in questo caso si tratta di una migrazione essenzialmente familiare, che viene sovvenzionata dagli stati recettori. In una seconda fase, negli anni '90 in Argentina, soprattutto diventano salariati per la grande proprietà, cosa che avviene anche nel caso brasiliano, ma il lavoro che si compie nella fazenda è un lavoro di tipo sostanzialmente semi-schiavo. Man mano che diminuiscono le possibilità di impiego nel mondo rurale confluiscono nelle città e, dalla seconda metà degli anni novanta del novecento, anche l'emigrazione italiana si configura come una emigrazione urbana. Quindi, come dicevamo anche parlando del movimento operaio, contribuiscono enormemente alla formazione della classe proletaria e dei movimenti ad esso connessi, così come ai partiti socialisti. Emiliano Zapata, Pancho (?), Alvaro Obregor. Dunque la lotta si fa più cruenta e si trasforma in una vera e propria guerra civile. Tutto questo fronte che si oppone a Huerta è particolarmente ampio, e non gli consente di tenere insieme le redini del paese e le sorti del governo. A quest'opposizione interna si somma un altro elemento sempre determinante nella storia del Messico, ovvero la presenza degli USA. Nel 1848 USA e Messico si erano affrontati in un conflitto, e il Messico aveva perso 1/3 del proprio territorio. La Rivoluzione Messicana sviluppa sin dall'inizio una grande quantità di violenza, tra il '10 e il '13 si hanno circa quarantamila morti. Questo mette quasi sempre a repentaglio l'incolumità dei cittadini nordamericani, che sono presenti soprattutto sulla frontiera settentrionale. Soprattutto i cittadini USA. sono fondalmentalmente presenti perché controllano alcuni dei più importanti snodi economici del paese, gli USA sin dalla fine degli anni '89 e '90 dell'800 hanno una presenza economicamente fondamentale per il Messico in più settori, innanzitutto sono il primo partner commerciale, poi sono il primo partner a livello di investimenti, e soprattutto a partire dagli anni '90, gli investimenti USA si concentrano nel settore produttivo, nelle ferrovie e nel settore estrattivo (minerario e petrolifero), dov'è presente la Standard Oil. Nel settore petrolifero la presenza degli USA è fondamentale: già nel 1910 il Messico è il terzo produttore mondiale di petrolio, e due anni dopo il 60% del greggio messicano viene estratto e raffinato da compagnie statounitensi. Alcuni elementi aggravano la situazione: soprattutto negli stati del nord, nord-est e nord-occidentale i grandi proprietari terrieri, per paura di vedere espropriate le proprie terre dai rivoluzionari, hanno iniziato a venderle a cittadini USA. Questo ha reso la presenza USA ancora più ingombrante, attirando la loro attenzione verso le questioni politiche messicane, pur mantenendo in un primo momento un'amministrazione neutrale (cioè non intervengono). Wilson, però, nel 1914 stabilisce un embargo alle forniture militari per tutti le parti in lotta, sia per Huerta sia per gli oppositori. Va detto che secondo Wilson il presidente del Messico avrebbe dovuto essere Pancho Milla (?). Possiamo dire che Wilson si opponeva a Garranza, che diventà la figura prioritaria, perché lo considerava come un rappresentante della vecchia classe politica messicana, perché era già stato governatore. Gli USA sono sempre più interessati a trovare pretesti per intromettersi in maniera reale nelle vicende della rivoluzione messicana, e ne trovano due: 1. Arresto di alcuni marines americani a Tampico; 2. Impedire lo sbarco a Vera Cruz di un contingente di armi destinato a rifornire gli uomini di Huerta. Wilson invia circa 6000 marines ad occupare il porto di Vera Cruz, azione altamente lesiva dell'integrità nazionale. Lo stesso Huerta non riesce a rimanere al potere perché, a questo punto, deve fronteggiare l'opposizione interna, l'opposizione degli USA e l'impossibilità di rifornirsi di armi. In questo modo, nel luglio del 1914 rassegna le dimissioni. Ma questo non risolve la problematica, soprattutto quelle presenti nel fronte costituzionalista. Ciò induce il presidente Wilson a mantenere il contingente militare presente a Vera Cruz. Dal '14 al '16 le cose cambiano enormemente, perché vi è lo scoppio della prima guerra mondiale, muta rapidamente l'opinione di Wilson e, intorno al '16, c'è già la volontà di partecipare alla grande guerra. In tutto questo rientra anche il Messico, perché i tedeschi, consci del pericolo di un'entrata in guerra degli USA, cercano fare un accordo militare con Città del Messico, offrendogli una copertura militare; questo per provocare una reazione da parte degli USA, in modo che si impegnino sul fronte Messicano anziché sbarcare in Europa. I tempi erano però ormai maturi, i nodi stavano per venire al pettine all'interno del fronte costituzionalista, e gli USA avevano ormai già deciso di entrare in guerra. Nel frattempo, Pancho Milla, convinto che tra Wilson e Garranza si sia creata una sorta di accordo segreto, non contento di espropriare e sottoporre ad arbitrio le proprietà dei nordamericani che rientravano nel territorio da lui governato, invade gli USA e fa una spedizione a Columbus, nel New Mexico. Ciò determina la fortissima reazione degli USA i quali, a loro volta, inviano un contingente militare e invadono il Messico quasi fino alle porte della capitale. Tuttavia, nel '17, gli USA decidono che i tempi sono maturi per abbandonare il Messico, contemporaneamente viene eletta un'assemblea costituente e dunque nel 1917 termina la fase più acuta della lotta e della guerra civile con l'emanazione della Costituzione, nel febbraio del '17, e l'elezione, nel marzo dello stesso anno, di Menustiano Carranza (?) alla presidenza della Repubblica. La Costituzione è di particolare importanza, perché al suo interno vi sono degli articoli che determinano un netto cambiamento rispetto al costituzionalismo americano in genere. Il primo articolo che riguarda anche le relazioni con gli USA è il 27, che riguarda le possibilità e le capacità di sfruttamento delle risorse minerarie del suolo e del sottosuolo. Questo articolo riguarda gli USA perché prevede la possibilità da parte del governo messicano di poter espropriare le compagnie estrattive degli stati esteri. L'articolo 27 prevede che la nazione è proprietaria di tutti i beni, del suolo e del sottosuolo, in maniera inalienabile. Questo riguarda soprattutto il petrolio, le cui compagnie estrattive sono per la stragrande maggioranza di USA e UK. Ciò comporta l'opposizione netta degli USA e il non riconoscimento del governo di Carranza fino a quando non si trova un accordo. Quest'ultimo viene trovato: non si potrà procedere all'esproprio di quelle compagnie che avevano già iniziato la produzione prima del 1917. Ma comunque le tensioni con gli USA continuano (essendo l'accordo informale), e la situazione viene risolta solo, nel 1923, con l'Accordo di Ucareli (?). In questo modo il Messico sancisce i diritti di proprietà alle compagnie petrolifere che prima del '17 avessero iniziato operazioni produttive (ovvero le estrazioni o semplicemente impiantato un pozzo petrolifero). La costituzione messicana è importante non solo perché stabilisce, sancisce questo principio della proprietà inalienabile da parte dello stato delle proprie risorse, ma perché introduce anche una legislazione sociale molto avanzata per l'epoca, e questa è prevista nell'articolo 123 che sancisce: giornata lavorativa di 8 ore (quando la norma era di 12-16 ore), salario minimo, diritto di sindacalizzazione e diritto di sciopero. Inoltre, questa stessa costituzione si caratterizza per la volontà di dare allo stato funzioni di indirizzo della politica economica e sociale. Nonostante questa costituzione, il Messico continua a non trovare una stabilità politica, perché il governo di Carranza viene anch'esso minato dall'opposizione e soprattutto dall'ascesa della figura di Alvaro Obregon, il quale prima era stato un suo uomo di fiducia, e adesso inizia a fargli ombra. Nel 1920 Carranza viene assassinato e Obregon gli succede, ma in pratica in questo breve lasso di tempo scompaiono tutti i protagonisti del fronte costituzionale. Nel '19 muore Zapata, nel '23 Pancho. Pian piano Obregon, con coalizione di forze sociali, esercito, ceti medi, mondo operaio, riesce a stabilizzare il governo del paese attraverso il Partito liberale-costituzionalista. Nel '24 gli succede Calles. A loro due si deve quella che viene definita Istituzionalizzazione della Rivoluzione. Il Messico però mantiene sostanzialmente irrisolto uno dei principali nodi problematici all'interno del paese e dell'intera area latinoamericana, ovvero la questione agraria. All'interno della costituzione è prevista la redistribuzione delle terre ai contadini (parcellizzazione delle grandi proprietà), che però viene condotta con estrema cautela, causando la resistenza e il sollevamento soprattutto dei contadini delle regioni meridionali. Nel '26 poi le lotte agrarie delle zone centromeridionali del paese si saldano con una protesta su base religiosa, inizia la Cristiada, un confronto tra i contadini guidati dalle gerarchie ecclesiastiche che protestano contro l'azione di secolarizzazione e laicizzazione dello stato. È quindi non un conflitto solo economico o solo religioso, ma un incontro fra queste due matrici. Lo spunto per questa sommossa è dato dal fatto che lo stato ha posto delle gravi restrizioni alla libertà di culto e, soprattutto, ha imposto l'educazione laica e si è arrogato tutta una serie di privilegi che prima erano della chiesa. Ma vi è anche uno scontro su quello che deve essere il sistema con cui bisogna redistribuire le terre, con la chiesa che essenzialmente è contraria allo statalismo ed è favorevole alla creazione di un operativismo rurale. Il conflitto dura più o meno dieci anni, con un accordo tacito fra chiesa e stato in cui si riconoscono alcune libertà alla chiesa, fatto salvo la priorità dell'istruzione laica, e tutto questo viene fatto a discapito del movimento cristero e dei contadini. Altra questione è quella operaia. Nel '18 viene creata la Confederazione Mexicana che più che essere un sindacato è una sorta di braccio armato del governo all'interno del mondo sindacale. Questa confederazione ha vita breve, subisce varie scissioni al suo interno e da una di queste spaccature nasce la Confederacion... (min 45) nel 1933. Sul piano politico, per mettere fine alle lotte intestine fra partiti e piccoli movimenti politici che si erano susseguiti a partire dal 1917 viene creato il partito nazionale rivoluzionario. Questo gestisce il potere fra gli anni '20 e '30 e la figura di spicco è Calles, che si rivela come leader massimo della rivoluzione messicana nonostante gli succedano altre figure a capo della presidenza della repubblica. Possiamo dire che tra il 1924 e il 1928 termina completamente la fase di maggiore turbolenza della rivoluzione messicana. Gli stati belligeranti hanno bisogno di materie prime. Soprattutto i paesi produttori di materie prime essenziali e strategiche si giovano dello scoppio del conflitto in Europa, potendo aumentare enormemente le esportazioni. Questo non riguarda tutti i paesi, i paesi che producono beni non necessari, come il Brasile, che produce soprattutto caffè, inizia a subire gravi danni dal punto di vista delle esportazioni, e quindi un crollo dei prezzi del caffè. Da questo paese inizia un cambiamento nella posizione economica degli USA, che inizia a sostituirsi alla Gran Bretagna. In particolare nel settore produttivo confluiscono gli investitori USA, ma anche nel flusso di capitali, quindi nel mercato finanziario, sono sempre di più gli USA ad essere i principali detentori del debito estero, finanziatore degli stati latinoamericani. Già pochi anni dopo la guerra NY si sostituisce a Londra come centro finanziario di riferimento per le nazioni latinoamericane. Nonostante l'incremento delle importazioni e un leggero incremento del tessuto industriale, quest'ultimo resta molto modesto e questo avviene anche nei paesi che avevano già iniziato un percorso di industrializzazione, come l'Argentina o il Cile. Un altro momento di cesura da un punto di vista economico e non solo è dato dalla crisi del '29. La depressione del '29 rappresenta un momento decisivo di transizione da parte dei paesi latinoamericani da un modello di sviluppo che si basa essenzialmente su un'espansione perso l'esterno a un modello di sviluppo che guarda all'interno. Quindi in questo periodo inizia ad affermarsi l'industrializzazione per sostituzione delle importazioni. La crisi di Wall Street ha un impatto enorme sull'economia della regione, innanzitutto perché vi è una generale contrazione del commercio internazionale, e dunque essendo i paesi latinoamericani soprattutto esportatori, con una diminuzione dei flussi commerciali subiscono particolarmente il colpo. C'è un crollo dei prezzi delle materie prime a cui fa eco un crollo dei prezzi delle importazioni. I paesi latinoamericani esportano essenzialmente uno o più prodotti/materie prime, e importano quasi tutto quello che gli serve, prodotti lavorati, semilavorati o finiti. Il boom delle esportazioni aveva consentito quindi di avere anche alti livelli di importazione. In questo momento crolla il prezzo delle esportazioni, cala il prezzo delle importazioni, ma non nella stessa misura, creando un dislivello che nei paesi latinoamericani non è possibile compensare. Ovviamente non tutti i paesi sono colpiti allo stesso modo: i paesi che esportano prodotti minerari sono maggiormente colpiti perché i paesi europei colpiti dalla crisi potevano far fronte a questa crisi ricorrendo alle proprie scorte. Altri paesi che producono derrate essenziali vengono colpiti di meno perché le scorte dei paesi europei non sono sufficienti a far fronte al mancato ingresso. Argentina, Brasile, Perù, Equador sono meno colpiti di Messico, Cile e Bolivia. Un caso a sé stante è quello del Venezuela, perché esportava soprattutto il petrolio, prodotto che sostiene meglio il crollo del '29. Un'altra conseguenza della crisi, oltre il calo delle esportazioni, è l'aumento del debito pubblico. Siccome diminuiscono le esportazioni, diminuiscono anche le entrate fiscali, quindi lo stato è costretto a chiedere credito e contrarre debiti con i paesi esteri. Si crea dunque un doppio squilibrio: uno squilibrio esterno, determinato dal collasso delle entrate, delle esportazioni e dalla diminuzione dei flussi di capitale, e da uno squilibrio interno, che è creato dalla contrazione delle entrate fiscali, che non può essere totalmente coperta dai prestiti esteri, anche perché la crisi finanziaria proviene proprio da quei paesi che detengono il debito, primi fra tutti gli USA, UK, Francia. Quali soluzioni vengono adottate per superare la crisi del ventinove? In primis vi è il controllo del cambio, per evitare fluttuazioni della moneta. In secondo luogo, si ricorre a misure protezionistiche. Questo significa imporre dazi doganali sulle importazioni per far sì che le importazioni possano essere penalizzate, sfavorendo le merci che entrano dall'estero si tende a incentivare la produzione Brasile, che si propone di trasformare il proletariato in uno strumento di canalizzazione, vengono aboliti i partiti e c'è una politica di concessione per certe classi e repressione di altre. In questi regimi vi è un chiaro intento manipolatore delle classi sociali, ma non si può negare che con i regimi populisti abbiamo un'implementazione di una legislazione sociale, abbiamo il favorire di una socializzazione all'interno di quelle classi sociali che sono avvantaggiate dalle misure poste in essere dai governi populisti, e abbiamo una policizzazione anche di settori marginali che fino ad allora erano rimasti ignorati, perché appunto una delle caratteristiche è quella di voler sempre di più allargare il consenso. Un'altra caratteristica fondamentale è quella di cercare un nemico esterno e quella di volersi porre come un'entità indipendente. È il caso di quella che viene chiamata la terza forza da Peron in Argentina, che si intendeva come forza indipendente da USA e URSS, basata sul cattolicesimo, molto forte in Argentina. È una posizione opportunista, perché condanna l'imperialismo USA, condanna il comunismo URSS per i suoi aspetti imperialistici e per la minaccia che può avere all'interno del paese, ma allo stesso tempo apprezza la funzione di argine di Mosca rispetto all'espansionismo USA all'interno dell'America latina. È una posizione opportunistica che cerca di contrattare con gli USA maggiori benefici per l'Argentina, paese sempre stato una spina del fianco di Washington, perché in una posizione di alterità. Delle esperienze degli anni '30 vi sono delle caratteristiche del populismo anche in altri stati, quali il tentativo di controllare le classi subalterne, per il desiderio di rinnovarsi delle élite, per il tentativo di incanalare la mobilitazione sociale, per il diffuso nazionalismo economico, quello che manca alle altre esperienze è una certa progettualità a lungo tempo. Il populismo non risponde solo alle esigenze immediate, ma ha un progetto a lungo-medio periodo. Due casi si possono accomunare ad esperienze populiste: il Messico di Cardenas, che insiste soprattutto sul nazionalismo economico e sulla nazionalizzazione delle risorse fondamentali, e quello della Bolivia di German Bush e David Toro, un'esperienza breve denominata socialismo militare. L'esperienza di Cardenas è importante perché il cardenismo recupera quel famoso articolo 27 della costituzione ed espropria le compagnie petrolifere USA. Il conflitto permarrà fino alla fine della seconda guerra mondiale. Uno dei momenti chiave dell'interazione nord sud delle Americhe del ventesimo secolo è dato dal corollario Roosevelt, questa nuova linea di indirizzo della politica estera degli stati uniti, attribuita al presidente Theodor Roosevelt e formulata all'inizio del suo mandato, rappresenterà da una parte un cambio di prospettiva dalla dottrina Monroe, ma che informa la politica estera latino-americani negli stati uniti negli anni 10 e 20. È quella che abbiamo definito “big stick diplomacy”, condotta di politica diplomatica che fa affidamento sull'uso della forza, o comunque su forme interventiste, ma che si basano sostanzialmente sul ricorso ai marines, quindi alle forze armate. Non è un caso che a partire del corollario Roosevelt, per la gestione anche solo di crisi di tipo debitorio, che riguardano alcuni paesi latino-americani, gli stati uniti scelgano di inviare i militari in alcuni paesi, che sono sostanzialmente quelli centro americani e caraibici. Questo significa che negli anni 10 e 20, e parte dei 30, sono caratterizzati dalla presenza un po’ diffusa dei militari statunitensi, quasi dovunque nell'area centro americana e caraibica, rappresentano così la palese violazione della sovranità nazionale, di quelle relazioni che fanno parte del così detto “circuito caraibico”, cioè area centro americana, Caraibi, Venezuela, Colombia, quindi anche la parte settentrionale dell’America meridionale. L'opposizione, che in realtà si intreccia alla big stick diplomacy, c'è invece la diplomazia del dollaro, che si basa su un flusso significativo di capitali di investimenti che da Washington si dirigono verso i paesi latino-americani. questo dà il senso del potenziale economico raggiunto dagli stati uniti. Se con la big stick diplomacy, prendiamo atto dell'acquisito potenziale militare e anche politico diplomatico, con la diplomazia del dollaro comprendiamo quanto siano cresciuti economicamente, finanziariamente e commercialmente gli stati uniti, almeno in ambito regionale. Per la prima volta rispetto al periodo precedente, cioè all'800, l'economia e il sistema finanziario statunitense, sono in grado di penetrare nei paesi latino-americani attraverso, appunto investimenti diretti o la presenza, la partecipazione di capitali statunitensi nelle attività produttive. questa è una novità di non poco conto, perché ancora alla fine dell'800 ai primi del 900, la presenza di capitali d'investimento statunitensi è molto ridotta, e soprattutto caratterizzata da un'altissima concentrazione agraria, sono presenti a Cuba, Messico e qualche altra realtà centro americana e caraibica. A partire da questo momento, con la diplomazia del dollaro, i capitali d'investimento statunitensi sono sempre più presenti anche nel resto dell'America latina, cioè nell'America meridionale, secondo una tendenza che raggiungerà l'apice dopo la crisi del 1929. Possiamo dire che la crisi, nonostante rappresenti un duro colpo al capitalismo statunitense, consente agli stati uniti di essere presenti dovunque, cioè si cambia questo rapporto, e dove, in alcune realtà in particolare del cono sud, come l'Argentina, il Brasile il Cile e l’Uruguay fino a prima della crisi del 29, a farla da padrona erano soprattutto i capitali di investimenti europei, adesso invece dominano i capitali statunitensi. Possiamo leggere questa tendenza, in questo modo, nel senso che a partire dagli anni 30 gli stati uniti sono la nazione egemone, sicuramente sul piano militare, politico, diplomatico e anche culturale, ma anche economico e finanziario, quindi una regione che rientra sempre più sotto tutti i punti di vista nell'orbita statunitense. La diffusione del dollaro, che in molti casi va di pari passo con la presentazione delle armi, attraverso appunto l'uso della forza, incide in maniera diversa a seconda del paese. Nel senso che, se i paesi del cono sud sono un po' più forti economicamente e finanziariamente, per reagire all'offensiva economico finanziaria statunitense, diverso è il caso delle repubbliche più piccole, quelle centro americane e caraibiche, perché hanno un potenziale economico e finanziario, oltre che i tassi di crescita diversi più bassi, che non consentono di contrastare o di negoziare con gli stati uniti. Questo significa che, la presenza di capitali d'investimenti statunitensi è molto penalizzante per le repubbliche più piccole. Sono, quindi, molto vulnerabili queste economie centro americane e caraibiche, e quindi significa che la loro sovranità economica è palesemente condizionata, anche perché spesso la penetrazione economico e finanziaria, soprattutto negli stati uniti avviene attraverso la concessione di prestiti allo stato, e prestiti che sono condizionati, da parte degli operatori statunitensi, spesso condizionati al controllo delle dogane, che rappresentavano la principale attività che gestiscono gli stati a quel tempo, o di settori chiave dell'economia di esportazione , il sistema ferroviario o comunque tutte quelle infrastrutture funzionali all'economia di esportazione. Big stick diplomacy e diplomazia del dollaro, sembrano essere messe da parte durante la fase di amministrazione di Wilson, dopo oltre un quindicennio di amministrazioni repubblicane, un democratico torna alla presidenza degli stati uniti. Wilson gestisce sostanzialmente il periodo immediatamente precedente e la fase immediatamente successiva alla prima guerra mondiale, fino all'inizio degli anni 20. Wilson verrà associato a quella che sarà definita la diplomazia missionaria, nel senso che è un personaggio imbevuto di spirito jeffersoniano, crede nel riportare gli stati uniti a una condotta iniziale, più basata sugli aspetti etici, morali, quindi punta l'indice, almeno all'inizio del suo mandato su quelli che sono stati i capisaldi della politica estera degli stati uniti nella regione fino ad allora, cioè da una parte la big stick diplomacy, e dall'altra parte la diplomazia del dollaro. Nei confronti della prima, sostiene che gli stati uniti non dovrebbero ricorrere all'occupazione militare, o a forme di intervento così palese; se proprio non possono farne a meno questa occupazione deve essere limitata nel tempo; quando Wilson formula questo auspicio, i militari statunitensi sono presenti dovunque nell'area centro americana e caraibica. Nei confronti della diplomazia del dollaro, sostiene che il capitale statunitense debba avere una sorta di missione, che solitamente noi non affidiamo al settore privato, quindi non solo fare profitto e contribuire al rafforzamento e alla crescita economica negli Stati Uniti, ma anche portare benessere nei paesi dove questi capitali e questi investimenti si dirigono. Capirete bene che sono interessi contradditori, è difficile che dei capitali possano portare benessere o almeno, generalmente, questo può avvenire quando la presenza di capitali d'investimento di un attore esterno viene regolamentato dallo stato, dal paese che ospita questi capitali. C'è quindi una sorta di negoziato a priori, se si lascia libertà di manovra al capitale straniero questa ricaduta sul territorio nazionale non ci sarà mai, perché i capitali saranno orientati a trarre il massimo profitto, il quale esce poi dal confine nazionale del paese dove si trova. Wilson quindi punta l'indice sui due capisaldi della condotta di politica estera dei presidenti che lo hanno preceduto , ma questo sulla carta, nel senso sono linee d'indirizzo che Wilson dichiara ad inizio mandato , ma che rimarranno lettera aperta, nel senso che nella pratica Wilson sostanzialmente, un po’ perché costretto dagli eventi, un po’ perché costretto dalle pressioni interne all'amministrazione, un po’ perché costretto dalle lobi economiche finanziarie e statunitensi, anche perché costretto da una serie di attori esterni e interni alla sua amministrazione, Wilson si comporterà come i suoi predecessori. Continueranno quindi ad esserci occupazioni militari statunitensi, per altro a Wilson si deve l'intervento in Messico, quindi un palese violazione della sovranità nazionale. Il paese confinante, quindi, non gestisce solo occupazioni già in atto, ma promuove un’occupazione militare nuova, sarà dovuta ad interessi contingenti, ma usa gli stessi strumenti si Roosevelt e di chi lo aveva seguito, e usa anche gli stessi strumenti della dollar diplomacy, quindi in pratica non si discosta dai suoi predecessori. Per altro, volendo fare un bilancio semplicistico dell'amministrazione Wilson, anche in America latina, non riesce ad ottenere quegli obbiettivi che si era prefissato a livello internazionale. La sua tensione verso la pace e la democrazia verrà smentita dal suo stesso paese, e il fallimento di questo progetto si ha con la mancata adesione degli stati uniti alla società delle nazioni, che era uno degli obbiettivi principali dell'amministrazione Wilson e su cui, in base al principio della determinazione, Wilson aveva molto insistito come nuovo ordine internazionale post prima guerra mondiale, che avrebbe dovuto garantire la pace e la fratellanza fra tutti i popoli, dopo un conflitto così dirompente come la prima guerra mondiale. Questo progetto democratico viene, quindi, accantonato e gli anni 20 sono caratterizzati da una lunga stagione di governo dei repubblicani, però in realtà questo non si traduce in un ritorno al passato, non un ritorno a tutte le pratiche dei primi del 900, per varie ragioni, perché il contesto regionale è cambiato, il contesto internazionale pure, insomma il mondo è cambiato a distanza di una ventina d'anni. Ciò che è certo è che, da questo momento in poi, la condotta di politica estera latino americana degli stati uniti si basa su un intreccio molto forte tra politica ed economia. Detto in altri termini, se prima possiamo dire che con Roosevelt e i suoi immediati successori, la politica estera poggia soprattutto sulla leva militare e politico diplomatica e con qualcun altro sulla leva economico finanziaria, adesso questa distinzione non c'è. Roosevelt era più legato ad ambienti della difesa militare ed altri agli ambienti di Wall Street, adesso questa separazione non c'è più, quindi politica ed economia vanno di pari passo e tutto è funzionale, tutto viene messo in campo per accrescere il peso degli Stati Uniti nella regione, con l'obbiettivo di diventare da lì a poco tempo una potenza globale. Tuttavia, gli anni 20 preannunciano la svolta che avverrà a partire dal 33, con l'amministrazione di Franklin Roosevelt con il piano della politica di buon vicinato. Questo significa che, già le amministrazioni americane incominciano a ricorrere sempre meno all'intervento militare e incominciano a terminare alcune occupazioni militari, nel 24 le repubbliche domenicane, in realtà gli stati uniti si ritirano anche dal Nicaragua, che nell'immaginario collettivo è uno dei paesi che più di ogni altro richiama alla mente l'espressione " repubblica delle banane" insieme al Guatemala, ma vi ritornano subito dopo perché questo paese è lacerato da una guerra interna, da un conflitto tra liberali e conservatori. Per altro questo è un altro aspetto. c'è una questione di violenza interna, una replica politica così violenta spinge gli stati uniti ad intervenire, non certo per mettere ordine, pace tra fazioni contrapposte, ma perché questa guerra civile sta ledendo gli interessi statunitensi di quelle compagnie, di quelle multinazionali del settore di prodotti agricoli tropicali presenti ad esempio in Nicaragua, come attore in centro America. Il ritiro definitivo da questo paese avverrà solo nel 1933, e si deve alla prima vera lotta anti imperialista, da leggere come antistatunitense, in America latina del XX secolo. Detto in altri termini, se la rivoluzione messicana ha una sua spiegazione tutta interna, che noi possiamo considerarla una sorta di rivoluzione ottocentesca, per quanto sia una rivoluzione del ventesimo secolo è abbastanza evidente, però con un patrimonio di valori, di idealità molto collegato all'ottocento, che poi ovviamente prenderà una piega diversa, perché è una rivoluzione abbastanza lunga e quindi l'eredità della rivoluzione messicana sarà dirompente, non a caso viene scelta come momento di cesura, della fine del lungo ottocento e dell'inizio del secolo breve latino americano. Nel caso del Nicaragua e della lotta di Sandino, siamo in presenza del primo rivoluzionario novecentesco e il primo che osa sfidare seriamente l'egemonia statunitense, anche se la lotta di Sandino ha un unico scopo, nel senso che è un personaggio che ha una formazione politica molto rurale. Decide di utilizzare la lotta armata Proprio a voler dimostrare la volontà che li stati uniti hanno di intraprendere un nuovo corso, 1 delegazione statunitense viene guidata dal segretario di stato, questo è un fatto nuovo rispetto al passato, mai una delegazione era stata guidata dal segretario di stato. In questa circostanza, quindi, gli stati uniti accettano ufficialmente il principio di non intervento in un altro stato americano. Dopo questa conferenza si passa realmente ai fatti, il momento dell'emendamento platt, è un emendamento inserito nella costituzione cubana che attribuiva agli stati uniti il diritto di intervenire, praticamente sempre, quindi è il più chiaro esempio di violazione della sovranità nazionale in un paese americani. In questo momento, gli Stati Uniti sono disposti a deviare questo emendamento e da questo momento in poi formalmente la repubblicana cubana è la repubblica sovrana, perché non ha limitazioni formali. Inoltre, gli Stati Uniti si ritirano da Haiti, che è l'ultimo paese che ospitava truppe statunitensi, occupazione che arriva al 1915. Questo significa che, da questo momento, con l'eccezione della base di Guantanamo a cuba, non vi è più un paese latino americano che ospiti truppe militari statunitensi. In realtà questo non basta, nel senso che le tensioni sono ancora presenti, in ambito americano, perché ci sono paesi che continuano a nutrire indifferenza nei confronti degli Stati Uniti, e sostanzialmente ci sarebbe voluto del tempo per arrivare ad una piena armonia e cooperazione. Per esempio, la conferenza panamericana del 36 di Buenos Aires è lacerata dalle tensioni tra alcuni stati latino americani e gli Stati Uniti, in particolare tra l'argentina e USA, un po’ perché l'Argentina è un paese che fino ad allora ha un grado di indipendenza e di autonomia in politica estera più elevato rispetto ad altri paesi della regione. Il problema è che ci sono due visioni contrapposte di quale deve essere il ruolo dell'organismo panamericano e quale deve essere il ruolo della società delle nazioni: l'Argentina continua a credere, sempre per controbilanciare il potere degli stati uniti all'utilità della società delle nazioni. In questa conferenza si manifestano due visioni diverse: da una parte in merito al ruolo dell'organismo panamericano, quindi che ruolo deve avere nella gestione o comunque nel rapporto tre le Americhe e il resto del mondo; dall'altra parte nel ruolo che deve avere la società delle nazioni, nel senso che l'argentina continua a credere che il principale foro multilaterale, per affrontare i termini della pace e della cooperazione, sia la società delle nazioni e non l'organismo panamericano. gli Stati Uniti, da parte sua, vogliono fare in modo che, questo organismo panamericano sia sempre più uno strumento funzionale alla loro politica estera globale, sostanzialmente questa unione deve sancire l'allineamento degli stati latino americani e degli Stati Uniti, perché nel 36 la guerra sembra realmente imminente, il nazismo è già al potere in Germania, con problemi legati all'intraprendenza della Germania nazista in America latina, un po’ meno quella dell’Italia fascista. Gli Stati Uniti avrebbero voluto giungere all'elaborazione di un meccanismo automatico di difesa collettiva, appunto in caso di attacco, di aggressione esterna, avrebbero avuto una convocazione automatica straordinaria di una conferenza panamericana, proprio perché erano consapevoli del rischio imminente. Questo meccanismo, però, non viene creato, si approva solo una dichiarazione di solidarietà e un impegno a consultarsi in caso di aggressione. Le leggi di neutralità danno un po’ il senso di qual è il modo degli stati uniti di rapportarsi alle dinamiche europee, cioè sono 4 leggi di neutralità, che gli stati uniti approvano credendo di poter isolarsi dal contesto europeo, in realtà non è più una fase di isolazionismo, ma gli stati uniti sono fortemente coinvolti nelle dinamiche europee a partire dall'ingresso nella prima guerra mondiale. L'ultima conferenza panamericana, prima dello scoppio della guerra è quella in Libano, in cui gli Stati Uniti ripropongono l'approvazione di un meccanismo automatico in caso di aggressione, ma non si va oltre a una dichiarazione di solidarietà, che però ha una qualche utilità, infatti verrà utilizzata in un secondo momento. Possiamo dire che, dal 33 al 38, Roosevelt introduce alcuni cambiamenti e tutto sommato nonostante le battute d'arresto, le tensioni e le diffidenze, ancora presenti in America latina, le Americhe sono un po' più unite e soprattutto sono un po' più unite in un progetto americano guidato dagli Stati Uniti e si arriva alla fase che precede la seconda guerra mondiale. Quali sono le preoccupazioni degli stati uniti per quanto concerne il contesto americano prima dello scoppio della guerra, diciamo nei primi anni del conflitto? sono preoccupazioni di tipo politico ideologico e di tipo economico. Per quanto riguarda quelle ideologiche, gli Stati Uniti sono preoccupati della sfida che i fascismi, parte quello italiano, ma soprattutto quello tedesco, stanno portando alla democrazia liberale, è in atto uno scontro politico ideologico: da una parte ciò che resta delle democrazie liberali, dall'altra parte appunto questa nuova visione, che è la visione fascista. Questa sfida per gli stati uniti è una preoccupazione, una minaccia, non tanto per quello che significa a livello mondiale, perché sono convinti che le leggi di neutralità li hanno messi a riparo da forme di contaminazione o di scontro, ma rappresentano una minaccia perché queste ideologie, cioè il nazifascismo, cominciano a penetrare nel contesto latino americano, sono percepite come una minaccia, perché stanno entrando nel contesto latino americano, e attraverso il subcontinente potrebbero sfidare la democrazia liberale statunitense. Viene percepita come minaccia per alcuni aspetti: il fascismo affascina alcuni settori della società latino americana, quelli che sono i principali valori dei fascismi, ma in generale del movimento nazionalista degli anni 20 e 30, che solo in parte si ricollega al nazionalismo di fine ottocento, e quindi l'anticomunismo, l’anticapitalismo, il militarismo, la difesa nazionale e quant'altro, tutti la quelli che sono gli aspetti principali del fascismo italiano e solo in parte del nazismo, rappresentano un richiamo importante per alti settori della società latino americana, le forze armate, la chiesa, ma anche in quei settori conservatori di destra, nel senso che è un modello di riferimento. Detto in altri termini, quei gruppi conservatori, che noi possiamo definire di destra politica, che in questa fase, in questa congiuntura sono in difficoltà, poiché questi sono gli anni del populismo di annientamento dei partiti nazionali , ricevano dai fascismi europei nuova linfa, nuovi elementi, per riattualizzare la loro forza politica. Questa ridefinizione della proposta politica avviene in chiave fascista in un certo senso, cioè che prende degli elementi dai fascismi europei, attraverso un lavoro di sintesi molto locale però, cioè nel senso che l'ideologia fascista e quella nazista viene rielaborata sul piano nazionale sulla base di quelle che sono le esigenze locali, detto in altri termini anche in America latina nasceranno forze e partiti di ispirazione fascista, che o si richiamano esplicitamente come il movimento nazional socialista, o in altri casi come il partito fascista, però sono dei fascismi locali, che per atro prendono da una tradizione tradizionalista e conservatrice locale di fine ottocento. C'è appunto un terreno fertile , questa naturale tendenza autoritaria di quelli che sono i principali soggetti, attori e istituzioni latino americani, il fatto che i fascismi europei possano rappresentare degli interlocutori diversi, che consentono di contrastare l'egemonia statunitense e aspetto molto importante, che preoccupa gli stati uniti, la diffusione e la penetrazione dell'ideologia fascista avviene grazie alla presenza di consistenti comunità italiane e tedesche. il terreno fertile per la diffusione dei fascismi, dell'ideologia fascista è rappresentata da questa che è una sorta di vocazione autoritaria degli attori politici locali, in realtà di qualunque orientamento, hanno la tendenza a essere poco democratici, a preferire una forma di governo, di pratica politica autoritaria, che spesso prevede non tanto il ricorso all'uso della forza, ma strumenti repressivi, di controllo dell'opposizione, quindi non democratici. Dall'altra parte, questa diffusione si avvale sella presenza fisica in molti paesi, pensiamo a quelli del cono sud, ma in realtà un po’ dovunque, di comunità di rappresentanti dei due paesi fascisti, quindi della Germania e dell’Italia. Gli italiani sono presenti principalmente in argentina, Uruguay e Brasile, ma sono in realtà presenti un po' dovunque, anche in Cile c'è una piccola ma influente comunità di italiani. I tedeschi poi, sono presenti ovunque, in numeri molto più bassi ,ma sono presenti anche nei paesi andini, non solo in quelli del cono sud, perché si inseriscono nello stesso flusso migratorio di fine ottocento inizio 900, sono presenti nei paesi centro americani e caraibici, per latro a differenza degli italiani i tedeschi hanno quasi dovunque posizioni di rilievo, gestiscono molti settori economici, a ridosso della guerra i tedeschi gestiranno dei settori sensibili come quelli del trasporto aereo e atri settori. Perché le forze di destra, conservatrici riescono a mutuare idee e ideologie dall'Europa con facilità e partiti comunisti no? Prima di tutto c'è un passato, un'eredità più feconda per quanto riguarda il conservatorismo, per questo il fascismo viene rielaborato sulla base della tradizione locale e viene rielaborato sulla base di categorie controrivoluzionarie, di stampo conservatrice. Nel senso che, la seconda metà dell'800 latino americano, nonostante il trionfo dei principi liberali, e i primi decenni del 900 sono il trionfo della conservazione in America latina. È un terreno più fertile, non solo sul piano politico, ma è un terreno più propizio sul piano culturale, sul piano dell'intreccio con gli interessi economici: stiamo parlando di una destra politica che è anche forte come destra economica e anche sul piano culturale, quindi è più pronta e ha più strumenti e una forza maggiore nel recepire degli ideali e rielaborarli, ci sono intrecci che favoriscono questo processo di rielaborazione, come la chiesa cattolica. nel caso della destra politica c'è una chiara volontà di rielaborare quelle idee, di farle diventare una proposta originale. Ad esempio, quelle formazioni di ispirazione fascista argentine, dopo una prima fase di mutuazione del fascismo italiano, arrivano a ritenere che il vero fascismo sia quello argentino, cioè che la proposta fascista argentina sia andata anche oltre quella italiana, e non ha più bisogno di un collegamento forte con il fascismo italiano. Nel caso dei partiti comunisti, non c'è nessun processo di rielaborazione, ma c'è un processo di accettazione passiva e acritiche di direttive che provengono dall'esterno, da mosca. Si prende il marxismo, si prendono le direttive che arrivano e si applicano acriticamente, cioè senza tener conto delle condizioni locali. è un contesto in cui per il movimento comunista internazionale guidato dall'unione sovietica l'area latino american viene considerata al pari di un'area coloniale, ciò 1’ America latina, sebbene sia indipendente da oltre un secolo viene equiparata alle realtà africane e asiatiche, questo è l'elemento fondamentale. Tanto è vero che, l'unico vero marxista latino americano in questi anni è Mariati, poiché sa che quell'ideologia va poi contestualizzata, bisogna quindi occuparsi della questione rurale e indigena, quindi il marxismo va rielaborato e riadattato al contesto locale. Quindi, significa una diversa capacità di entrare in sintonia con qualcosa che arriva dall'estero e rielaborarlo sul piano locale, ma significa banalmente anche un diverso peso politico e culturale, la destra politica è presente dovunque i partiti comunisti sono presenti in pochissime realtà. la stoia del comunismo latino americano è una storia di secondo piano e di scarso successo. In Europa ci sono elementi nuovi, come in Portogallo, in Spagna già nel 36 comincia la guerra civile, la spagna pare essere un riferimento anche sul piano ideologico e poi c'è un'attenzione da parte della chiesa cattolica che vede nei fascismi un nuovo movimento quasi di rinascita e poi la simpatia, che in realtà va ben oltre, delle forze armate locali, che per altro sono forze armate che in molti casi si sono formate grazie a missioni militari tedesche e italiane, nel senso che, la professione delle forze armate latino americane è avvenuta in molti casi attraverso accordi di cooperazione militare con a Germania e l’Italia. La principale preoccupazione riguarda la presenza di capitali d’interessi fascisti, questo è l’’aspetto che più preoccupa gli analisti dell’amministrazione di Roosevelt, e spinge subito a trovare delle contromisure. Dal punto di vista economico e strategico gli Stati Uniti non hanno una posizione egemonica dovunque nel subcontinente, è vero che tendono ad essere sempre più presenti anche nell'America meridionale, ma una chiara posizione egemonica, ancora nella metà degli anni 30, più o meno verso la fine del conflitto, ce l’hanno solo nel circuito caraibico. Per esempio, ci sono alcune realtà, pensiamo l’Argentina, il Cile, l'Uruguay che continuano ad avere rapporti con i paesi europei, la Gran Bretagna, la Germania nazista, e l’Italia fascista. In termini strategici gli Stati Uniti non sono l’unico attore in campo in America latina, cioè devono competere ancora con dei rivali extracontinentali per altro in un contesto dove vi sono degli attori che hanno margini ampi di autonomia sul piano della politica estera. è il caso dell'argentina, che dalla seconda metà degli anni 30 vede una presenza sempre più forte dei militari al poter, che simpatizzano, che sono legati ai fascismi, non solo dal punto di vista ideologico, ma anche di altri attori come il Brasile guidato all'inizio degli anni trenta da Vargas che è un populista, che però ha un addestramento militare e che gioca un po' con i vari contendenti, cioè si sposta un po' verso gli Stati Uniti, un po' verso la Germania, un po' verso l'Italia, in maniera molto strumentale, è sarà questa la linea che il Brasile seguirà nei primi anni della seconda guerra mondiale, fino a quando non firmerà un accordo con l'amministrazione Roosevelt, funzionale ad un grande progetto di politica industriale che è la costruzione della prima centrale e azienda siderurgica latino americana. Quindi, si arriva alla guerra in una situazione in cui gli Stati uniti nono sono sicuri, non solo di essere egemoni in tutta 1’ America latina, ma di avere tutta l’America latina dietro di sé, nell'ipotesi di dover poi entrare in guerra, o comunque di dover relazionasti con altri attori. La seconda guerra mondiale, come la prima produce delle ripercussioni, delle distorsioni, dei contraccolpi, quello più evidente è di natura economica., la guerra europea anche solo inizialmente, che poi diventa mondiale, è una guerra che crea grossi problemi agli stati latino americani, che nonostante l'industrializzazione è ancora un'economia che si basa sull’esportazione di prodotti primari, che sono per alcuni paesi esportati principalmente verso l’Europa. Quindi, la guerra significa un'interruzione o comunque problemi ai traffici commerciali del 48, che sanciscono la definizione del nuovo ordine americano, perché portano a tre risultati concreti. Quella del 47 di Rio de Janeiro, in una fase di inizio della guerra fredda, determina l'approvazione di un patto militare, il “trattato interamericano di assistenza reciproca”, è il primo e unico patto militare del continente, ancora oggi vigente, e che per altro funge da modello per il successivo patto della NATO. America, come laboratorio di pratiche e di condotte degli stati uniti, significa anche questo, cioè che un patto militare viene sperimentato in America latina e poi applicata in un contesto diverso. Nel caso americano del TIAR è un patto militare difensivo che ha una cornice politica, in caso di aggressione bisogna difendersi tutti quanti insieme, ma non ha una cornice militare, che invece ha la NATO, cioè non prevede un comando militare congiunto, non c'è proprio una struttura militare, se c'è un caso di aggressione che richiede ricorso al TIAR gli stati poi si devono mettere d'accordo. Tra l'altro, il trattato viene considerato già all'epoca come un patto che risponde alle logiche della guerra fredda, nel senso che implicitamente, viene concepito nell’ottica del confronto bipolare, dello scontro ideologico bipolare. La conferenza di Bogota, del 48, è fondamentale per due o tre motivi. Prima di tutto, porta alla nascita dell'organizzazione degli “stati americani”: l'unione panamericana nata alla fine dell'800 viene sostituita da un nuovo organismo, che ovviamente riflette gli anni in cui viene approvato, nel senso che è un organismo che rientra in una grande spaccatura istituzionale delle nazioni unite, quindi è un organismo regionale riconosciuto dalle nazioni uniti e che ha una cooperazione di vario tipo, commerciale, economica , politica sociale. È un organismo che tuttora gestisce gli affari americani di cui fanno parte tutti i paesi del continente. È una conferenza che porta anche all'approvazione di una risoluzione che ha come obbiettivo il comunismo internazionale, cioè nel senso che il comunismo viene considerato un'ideologia contraria alla democrazia delle Americhe, cioè un'ideologia esterna che non ha nulla a che fare con le Americhe, ed è un’ideologia che va a ledere gli interessi democratici di tutti i paesi americani. Così definita, in termini di minaccia alla democrazia delle Americhe, prevede delle risposte: se dovesse affacciarsi il comunismo internazionale nelle Americhe bisogna reagire e si possono mettere in campo ogni tipo di misura e di reazione. Per farla breve, la risoluzione del 48 sarà alla base delle decisioni di molti governi, di molti paesi, tese a mettere nell'illegalità i partiti comunisti, fin anche in quei paesi in cui il comunismo ha avuto un ruolo importante, ha avuto in un certo senso un ruolo democratico. Il caso del Cile è emblematico: il partito comunista ha fatto parte del fronte popolare, fa parte dei governi che gestiscono la guerra, il Cile, a parte quella titubanza, rompe le relazioni. Nel 46 un nuovo presidente radicale viene eletto con il sostegno del partito comunista decisivo, ciò nonostante viene messo nell'illegalità nel 48. Questa scelta, decisa dal governo radicale cileno si deve alla risoluzione approvata nel 48, e si deve al contesto della guerra fredda. Definito quest'ordine americano, anche l'area latino americana entrerà pienamente nel contesto della guerra fredda, questo significa che gli stati uniti nel relazionarsi con in paesi latino americani, leggeranno le dinamiche interne, i rapporti bilaterali secondo la logica della guerra fredda, da una parte individuando dovunque il pericolo rosso, il pericolo comunista, anche dove non e presente, dove i partiti comunisti sono deboli o inesistenti. È il caso del Guatemala nel 54, che spinge gli stati uniti a finanziare una controrivoluzione, è quello che succederà a Cuba a partire da 59. Il pericolo rosso viene interpretato in un'accezione molto ampia, molto flessibile, e un pericolo rosso che non è rappresentato solo dalla sinistra marxista, ma anche da tutte quelle forze progressiste, riformiste che tendono a cambiare lo stato. Nel momento in cui c'è un governo progressista e riformista, che attua anche solo un piano di riforme moderate , che vanno a ledere gli interessi economici degli stati uniti , viene etichettato come comunista, e se viene etichettato in questo modo, giustifica una serie di contromisure da parte degli stati uniti, che possono essere questioni diplomatiche o economiche, ma possono portare anche a forme di interferenza e di interventismo che erano state messe da parte con la politica di buon vicinato. il governo del Guatemala di Martinez è riformista, che viene rovesciato attraverso macchinazioni organizzate dal dipartimento di stato, dalla CIA e altri servizi di intelligent statunitensi, di intesa con forze della destra politica e di militari locali, perché ha avuto l’ardire di approvare una riforma agraria, che va a ledere gli interessi delle multinazionali statunitensi del settore. Quindi hanno un governo riformista e viene etichettato come comunista. Il governo del Guatemala viene presentato come un governo dominato dai comunisti locali, e attraverso questi guidato da Mosca, dal comunismo internazionale. Questo significa che a partire dalla metà degli anni 50 tutto viene letto attraverso la lente della guerra fredda, e spinge gli stati uniti ad abbandonare il rispetto della democrazia. La seconda guerra mondiale si apre con la svolta democratica del contesto americano, gli stati uniti sono sostenitori della democrazia e non può essere diversamente, ma questa tensione verso la democrazia viene abbandonata da lì a pochi anni. Ufficialmente, gli USA continuano a sponsorizzare la democrazia, ma preferiscono regimi conservatori, perché sono quelli che più di ogni altro riescono a tutelare gli interessi statunitensi. A partire dal 64, dal golpe in brasile, dichiarano di essere disposti a trattare con governi autoritari, perché evidentemente i governi democratici che sono saliti al potere fino a quel momento non hanno saputo fronteggiare il pericolo rosso , questo si deve al fatto che la rivoluzione cubana è ormai presente già da alcuni anni e ha già dichiarato il suo carattere socialista. Comparazione dell’esperienza cilena, uruguayana e argentina. Cronologia: La prima dittatura di nuovo tipo è quella del Brasile: golpe del 1964. Parliamo di nuovo tipo di dittatura, precedentemente il continente ne aveva di certo conosciute altre, ma abbiamo due differenze sostanziali: 1. Queste dittature nuove non hanno un carattere autoritario ma un’intenzione totalitaria, ovvero l’intenzione dei militari e civili che li appoggiano nel potere di reprimere, controllando tutto. Si vuole ottenere un controllo della popolazione. Le vecchie dittature non si interessavano di ciò che la gente pensava. 2. L’altra differenza riguarda il voler imporre quello che il governo pretende. Se in una vecchia dittatura uno studente protestava, lo portavano in commissariato e veniva picchiato, ma dopo due giorni veniva fatto portare a casa dai genitori sperando che avesse imparato la lezione. Con le nuove dittature vengono introdotti sistemi di tortura come lo shock elettrico, ma soprattutto nell’interrogatorio si vuole sapere di eventuali complici. Similitudini ideologiche e strategiche: La dottrina di sicurezza nazionale. Fu disegnata negli Stati Uniti e inculcata durante gli anni 60 agli ufficiali dell’esercito latinoamericano. Consiste in una serie di ipotesi di conflitto. L'esercito si prepara ad un eventuale conflitto. Definisce il nemico non come un paese straniero ma come i cittadini che hanno appreso un’ideologia straniera, quindi il nemico è all’interno. Il nemico degli anni ’60 era il Marxismo internazionale, che aveva tre accezioni: 1. I lavoratori influenzati dal Partito comunista; 2. Organizzazioni studentesche di sinistra; 3. Intellettuali ispirati dal Marxismo. Tutti questi passano per nemici. Un altro elemento in comune è la mentalità militare. Le vecchie élite che vogliono conservare potere sociale sono arrivati alla conclusione di non poterlo conservare senza la forza militare. Questo porta alla militarizzazione della vita sociale. non è solo vigilanza, ma controllare lo stile di vita, modo di vestire. Il terzo elemento in comune è la collaborazione tra dittature. Le dittature capiscono che per imporre il potere bisogna collaborare. Il nome che danno a questa collaborazione è Plan Condor. E un piano operativo, dei servizi di intelligence delle dittature del cono sud, esteso al Paraguay. Un altro elemento in comune è il liberalismo economico. Quando salgono al potere queste dittature non hanno un piano economico o un’idea chiara di quello che vogliono fare dal punto di vista economico. Uno dei problemi è che sono dittature che sorgono come reazioni, per questo chiamate controrivoluzioni, senza avere un piano proprio. Alla metà degli anni 70 si adotta un’ideologia creata nell'Università di Chicago, che va a fare i primi esperimenti neoliberali nel mondo. Essi si fanno in condizioni ottime perché sono condizioni di laboratorio, non ci sono sindacati, non ci sono proteste. Differenze: La prima differenza è il contesto. Il primo caso è quello del Cile, che è un caso speciale; in Cile il golpe militare non avviene solo per replicare gli effetti della rivoluzione cubana ma per abolire un governo che era salito al potere in forma democratica però si considerava rivoluzionario e che pretendeva di trasformare il Cile in un paese socialista, non si trattava di una rivoluzione preventiva per prevenire qualcosa che sarebbe potuto succedere oppure una rivoluzione per fermare un processo che stava avanzando. C’era già una rivoluzione, una realtà di sinistra molto forte, socialista, comunista, che era salito al potere e iniziato un periodo di riforme molto importanti. Il golpe militare cileno inizia con un bombardamento con aerei del palazzo presidenziale di Salvador Allende; la morte di migliaia di persone. Era un golpe violento. In cambio il golpe uruguaiano è abbastanza distinto. Le sinistre politiche avevano già creato un fronte politico che non aveva però ottenuto una vittoria elettorale. In Uruguay governava un presidente, eletto democraticamente ed era di destra, rappresentava gli interessi più conservatori. In Uruguay il colpo di Stato verrà fatto perché questo presidente di destra non aveva una maggioranza parlamentare. Il parlamento era diviso in tre partiti e il partito del presidente aveva soltanto il 30% dei voti. Il presidente chiama e militari per chiudere il parlamento, cioè un’auto golpe. Un'altra caratteristica importante è che c’è una continuità nel governo, per assicurarla chiamano i militari e chiudono il parlamento, si reprimono le proteste e si mettono fuori legge i partiti di sinistra. Non ci fu nessun bombardamento. Il caso argentino è un caso anch'esso distinto. In Argentina non fu il primo colpo di Stato ma il primo colpo di stato militare di nuovo tipo. Il governo del 1966 era molto simile a quello brasiliano con una differenza: il governo brasiliano era repressivo, violento, non aveva problemi ad assassinare gli oppositori. La dittatura argentina durò dal 1966 al 1973. Alla fine degli anni 60 a Còrdoba ci sarà una ribellione popolare, poi sorge un gruppo che realizza azioni guerrigliere tra gli anni 69 e 72, fino al punto in cui la dittatura argentina militare decide di negoziare con Perdn, il leader populista, che si trovava ammalato in Spagna e riportarlo in Argentina per frenare la rivoluzione. La repressione non era servita a frenare il movimento popolare e i movimenti guerriglieri allora la dittatura argentina si ritira e sono convocate le elezioni alle quali vince Peròn. La sua terza moglie assume il potere, la situazione continua come un caos in cui ci sono movimenti di estrema destra che uccidono quelli di sinistra, di guerriglieri di sinistra che rapiscono dirigenti e affrontano la destra peronista. In questa situazione di caos interviene l’esercito, chiamati da alcuni civili: questo avviene nel marzo del 1976, quindi la violenza è antecedente al golpe. Abbiamo capito che si tratta di tre contesti diversi e questo è importante per capire il resto delle differenze. La seconda è la metodologia della repressione. Nel caso cileno abbiamo un'esibizione nei primi mesi del golpe, un’esibizione di violenza. Si concentrano tutte le persone nello stadio nazionale del Cile, non si fa segreto che tutte le persone prese sono portate lì. Si fa dimostrazione di crudeltà perché tutti abbiano paura. Questo avrà un effetto collaterale perché crea un’indignazione nel resto del mondo e questo creerà abbastanza problemi al governo militare cileno. In Uruguay c’è un altro elemento: per prima cosa il golpe non era così drammatico. Il governo aveva interesse nel dimostrare che c’era una continuità, Una cosa comica è uno dei primi decreti del governo militare uruguaiano in cui alla stampa è vietato attribuire intenzioni dittatoriali al governo. Il governo non vuole che il sangue scorra per le strade, e quando i sindacati fanno uno sciopero generale in risposta al colpo di stato, l’esercito non uccide nessuno. La dittatura militare argentina del ‘76 guarda quella cilena e prende spunto da essa, non conviene che scorra sangue anche per il resto del mondo, ma si pone il problema di come creare una violenza estrema che si noti, allora nascono le sparizioni. Questo confuse all’epoca l’opinione pubblica. Quando ci fu il mondiale in Argentina nel 1978 ci fu l’intenzione di boicottarlo ma questo fallì. Durante il mondiale ci furono interviste alle famiglie di queste persone però la versione delle vittime non veniva quasi ascoltata perché non aveva credibilità. Alla fine si capì che questa non era la strada giusta perché avevano un problema di immagine serio. La terza differenza riguarda la vita politica, le tre dittature dopo aver conquistato il potere hanno un dilemma: come fare la democrazia? Questi regimi non erano solo militari, ma civico militari. Il golpe attraverso la lotta armata. Prende corpo un nuovo percorso, la via pacifica la via democratica. Dal 68- 70 sul campo ci saranno due opzioni rivoluzionarie: una violenta quella cubana e una pacifica in Cile. In questo periodo inizia la stagione autoritaria, l’inizio è il 1964, si apre una stagione di dittature civico-militari basate su una sfiducia delle democrazie rappresentative e una nuova collocazione delle forze armate. In realtà il militarismo è presente un po’ dovunque ma hanno un’ideologia progressista riformista, a significare che i militari non sono tutti di destra. Per quanto riguarda l’amministrazione statunitense di Kennedy, di grosse speranze, le presidenze successive registriamo un ritorno alla rigidità e un’attenzione verso l’autoritarismo, nel senso che non si fanno scrupoli a dichiarare di preferire regimi autoritari. In questo contesto, da Kennedy fino a Reagan l’unica eccezione è rappresentata da Carter, un politico democratico che ha puntato sul rispetto della democrazia e tutela dei diritti umani con ripercussioni sul contesto latinoamericano perché quando va al potere i militari sono alla guida un po’ dovunque. C’è un allontanamento dai regimi autoritari che verrà messo subito da parte da Reagan e inizia l’ultima fase della guerra fredda. Inizia la sua presidenza con molte critiche e individua nell’area centroamericana l’area di principale preoccupazione e minaccia alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti, in termini strategici. Questo perché dopo la prima ondata rivoluzionaria guerrigliera e le guerriglie urbane, durante l’amministrazione di Reagan si manifesterà la terza ondata guerrigliera che riguarderà quasi esclusivamente l’area centroamericana. La guerriglia prenderà il potere in Nicaragua. La presa di potere dei calvinisti in Nicaragua alla fine degli anni 70 è un forte campanello d’allarme per gli stati uniti perché è accaduta la “seconda cubana”, hanno lavorato per far sì che non ci fosse una seconda rivoluzione cubana. La maggior parte delle risorse vengono destinate alla sconfitta dei paesi nemici. Dopo Reagan c’è il primo Bush, a cui spetta chiudere la pagina della guerra fredda e gestire il secondo dopoguerra. Gli ultimi decenni, delle amministrazioni successive di Bill Clinton e Bush, hanno come sfide il narcotraffico e l’immigrazione. Ci fu una pesante situazione economica. Il debito si era aggravato con l’aumento del petrolio. Una soluzione per uscire dalla crisi possibile è ricorrere ai prestiti internazionali, agli aiuti forniti da altre nazioni e dagli organismi finanziari internazionali. Gli stati latinoamericani scelgono questa via, iniziano a chiedere sempre più prestiti. Tra gli anni 70 e 80 il livello di capitali aumentò enormemente, liquidità internazionale da parte dei paesi produttori di petrolio. Questa liquidità vengono utilizzate nelle anche internazionali per offrire prestiti alle economie emergenti, tra cui quelle latinoamericane. L’aspetto fondamentale di questo periodo di indebitamento è che questi prestiti vengono concessi facilmente e a tassi di interesse molto bassi e secondo scadenze molto comode. L'economia latinoamericana considera l’indebitamento come una strada conveniente senza tener conto del fatto che quando lo stato si indebita i costi ricadranno sulla popolazione. L'aspetto che non viene considerato dalle economie latinoamericane è che è una cosa momentanea, quando questi paesi hanno disponibilità di petrolio. Questa situazione di disponibilità di capitali si deve alle due crisi petrolifere a livello internazionale del 73-74 e 79-80. Se la crisi petrolifera del 74 non dà problemi perché pone disponibilità di liquidità, quella del 79-80 è differente perché a distanza di un decennio le banche internazionali si rendono conto che l’economia latinoamericana sono troppo indebitate e quel debito non lo potranno mai più restituire, rischia la crisi. Dall’oggi al domani non concedono più prestiti. Si arriva alla crisi del debito. Nel 1982 la crisi esplose con il Messico che dichiara fallimento per primo, seguito dal Brasile. Questa situazione costringerà gli organismi finanziari internazionali a trovare una soluzione e fare una sorta di fondo internazionale per sostenere i paesi debitori, gli stessi stati uniti entrano in campo con due piani, voluti dall’amministrazione Reagan, dovuti al fatto che tra i paesi che dichiarano fallimento c’è il Messico, l’economia messicana è vincolata a quella statunitense. Quando gli Stati Uniti si rendono conto che il Messico trascina i paesi latino americani e tutta l'economia Latinoamericana può trascinare l'economia statunitense, entrano in campo con una serie di strategie che in questa fase sono tese al contenimento cioè creano una sorta di prestiti che devono aiutare come se fossero prestiti in più, che possono pagare interessi più bassi rispetto a interessi di mercato. Aspetto nuovo: l'Economia messicana è un aiuto condizionato non solo in termini di modalità di pagamento di quel debito ma è condizionato dal punto di vista della scelta politica, economica. L’Imposizione che viene fatta ai paesi latino americani non riguarda le condizioni del pagamento del debito nei suoi interessi, ma dal tipo di condotta che i paesi latino americani devono seguire da quel momento in poi. E L’ imposizione prende il nome a livello internazionale con il termine di “consenso di Washington” che ha riguardato l'economia mondiale dalla Fine degli anni 80 fino ai giorni nostri. le Economie latino americane devono seguire una nuova condotta di politica economica liberista, neoliberista, ultra liberista. Significa abbandonare quel Principio degli anni 49-50-60 dell'industria, allo stato al centro Soprattutto lo stato deve cominciare a liberarsi di tutti quelle icone che creano un peso economico e sociale. Significa vendere le aziende pubbliche, le industrie, privatizzare la sanità, gli ambienti pubblici. Questo è il liberismo neoliberismo oggi che Ha riguardato le economie europee. poi una sorta di decennio. La crisi del debito cerca di uscire adottando una ricetta di politica economica nuova che viene teorizzata nelle accademie statunitensi. L'America Latina funge da laboratorio Perché quel liberismo lo troviamo nella Seconda parte dell'amministrazione Reagan. Subito dopo, in tutta l'Europa occidentale, la soluzione della crisi del debito e l'adozione di un nuovo modello economico, è un ritorno al passato l'economia basata su quel poco di industria che era presente. Ritorno dei militari in caserma L’America Latina subisce un passaggio di nuovo governo politica economica e poi di mutamenti dell’amministrazione statunitense che avvengono nella periodizzazione anni 80 e inizio anni 90 in cui da una parte i paesi latino americani lasciano lentamente alle spalle i regimi militari poiché gli anni 80 sono il periodo in cui decadono e in cui vi è la fine di questi ultimi (1982 si sciolgono i regimi militari in Argentina). O per esempio nell’89 con le prime elezioni democratiche della dittatura in Cile in cui questo decennio registra il passaggio da una fase di autoritarismo abbastanza diffuso (con caratteristiche diverse per quanto riguarda il cono sud ma comunque su linea di regime burocratico-autoritario) ad una fase di democrazia, che non è comunque una democrazia piena perché è una fase di transizione democratica, nel senso che il passaggio da autoritarismo a piena democrazia prevede secondo anche una fase transitoria in cui si riprendo le regole, i principi e i meccanismi tipici della democrazia liberale e soprattutto la fase di transizione dovrebbe prevedere una sorta di messa in soffitta dei retaggi del periodo autoritario. Quindi si attua un passaggio graduale teso a far maturare le condizioni democratiche. Nel caso Latino Americano è ovviamente una transizione molto problematica, in cui gli studiosi stanno cercando di paragonarla a quella dell'Europa Orientale, paragonandola inizialmente alla transizione Spagnola per vicinanze culturali ed è quello per altro a cui si sono ispirate le opposizioni latino americane nel formulare una proposta di uscita dalla fase autoritaria, come nel caso Cileno in cui il modello di riferimento era proprio quello spagnolo , che prevede in un certo senso una democrazia “concordata” con i militari quanto più possibile pacifica e indolore e che facesse i conti con il passato. Definita per questo nel caso cileno “Democrazia Pactada” (concordata) fra civili e militari. Si tratta inoltre di una transizione problematica anche a seconda dei contesti diversi dal punto di vista dei paesi coinvolti in cui ogni paese segue la linea generale ma in realtà vi è una situazione profondamente diversa, e questo dipende appunto da diversi fattori i quali: O Peso delle Istituzioni Militari; O Tipo di dittatura militare e dalla sua durata; O Mutamenti introdotti dai militari; o E dal modo in cui i militari ritornano in caserma: Cioè per esempio nel caso Argentino: I militari escono di scena perché perdono il conflitto delle Maldinas Folkland con la Gran Bretagna (Guerra delle Maldinas) in cui non sono riusciti a rispettare l'impegno sul piano economico , poiché il processo di organizzazione nazionale dei militari argentini prevedeva non solo il pacificare del paese in termini di ordine e di stabilità sociale , ma comportava soprattutto l’obbiettivo di favorire il passaggio Argentino ad una fase di pieno sviluppo , in poche parole l'obbiettivo dei militari in Argentina era quello di avvicinare il paese quanto più possibile alle grandi economie del mondo. Falliscono su questa operazione sul piano militare venendo sconfitti sul nel loro stesso campo e sono costretti ad uscire di scena in poco tempo comportando il fallimento di riuscire a concordare alcun ché con la classe civile, per esempio non possono concordare l’amnistia e tutta la questione dei crimini commessi, e non possono nemmeno imporre una riorganizzazione dell’impalcatura istituzionale (non approvano nessuna nuova Costituzione). E quindi per questi motivi la transizione democratica Argentina è stata più veloce ma non meno problematica, perché i militari hanno sempre ostacolato e condizionato in modi i primi presidenti democratici nella seconda fase. Nel caso del Cile siamo invece all’estremo opposto poiché il passaggio alla democrazie viene imposto invece dai militari un po’ di tempo prima dalla loro uscita di scena con l’adozione di una nuova carta Costituzionale del 1980 (tutt'ora vigente) che stabilisce in minimi dettagli tutte le fasi non solo di continuazione del regime civico-militare, ma tutte le fasi della transizione democratica attraverso l’inserimento nella Costituzione di Norme Transitorie che assegnavano un grosso potere di influenza proprio all’Istituzione Militare. Prevedevano ovviamente tanti altri condizionamenti , come il sistema elettorale binominale che avvantaggiava i partiti di destra (espressione dei militari e che li aveva sostenuti) , una quota di senatori a vita che condizionava il Senato a cui venivano attribuite determinate competenze rispetto alla camera dei Deputati, i vertici delle armi non potevano essere sostituiti tramite un processo civile ma bensì tramite una votazione interna delle forze armate , la destinazione di quote del bilancio militare alle spese e alla formazione militare. Nel caso cileno quindi la transizione democratica è stata molto lunga durato un quindicennio quindi fino al 2005 poiché in questa data si registrano le prime modifiche costituzionali: Emendamenti alla Costituzione, che sottraggono finalmente una serie di privilegi alle istituzioni militari: abolizione dei senatori a vita, attribuita al governo la facoltà di nomina dei vertici militari ed altre condizioni. Secondo alcuni studiosi il Cile è ancora in una fase di transizione perché sostanzialmente la costituzione è ancora quella e il sistema elettorale è cambiato solo di recente. Quindi vi sono una serie di retaggi sul modello economico e sociale del lavoro tali che il Cile sia ancora in quella fase. Anni 80: > Piano politico: da Totalitarismo a Democrazia con il bivio del se fare o no i conti con il passato, con una ferita ancora aperta fino ai giorni nostri. > Piano sociale: completamente stravolto, poiché tutto il duro lavoro che era stato fatto negli anni 50 per rendere la società un po’ più orizzontale e per dare piena cittadinanza a settori medio-bassi o subalterni viene completamente spazzato via dai militari. (in Argentina, Brasile e Uruguay e Cile). Le società militari sono sostanzialmente piramidali e con potere economico, politico e sociale nelle mani di una ristretta porzione. > Piano economico: Decennio di profonda crisi economica. Nono solo abbiamo il problema di una pessima gestione polito-economica (caso argentino e uruguayano, del cileno un po’ meno in cui la crisi riguarda questo decennio ma ha una ripresa dall’ 86 all’89) un po’ perché si innesta la crisi del debito. Quindi azione concentrata in due fattori: -incapacità della classe dirigente militare e civile nella prima fase di crisi di transazione controrivoluzionario senza riuscire sostanzialmente a sconfiggere il governo Sandinista, stessa cosa che farà anche con altri governi locali. ® Bilancio Reagan Dal punto di vista delle ricadute sull’area Latino Americana è un bilancio non proprio roseo se gli obbiettivi di Reagan erano quelli di: - Sconfiggere le guerriglie - Eliminare il pericolo rosso (riferito ai Sovietici Comunisti) - Pacificare L’area Latino Americana e stabilizzarla sul piano economico Facendo in modo che ci fossero più regimi possibili allineati a quello degli Stati Uniti. Questi obbiettivi non vengono raggiunti, infatti in Nicaragua i Sandinisti non vengono sconfitti e sono ancora al potere, anche se Reagan li ha costretti a rinnegare buona parte dei loro ideali allontana doli dall’aspirazione iniziale. In Salvador il gruppo guerrigliero del Frente Farabundo Martì è ancora attiva e sfida il governo Demo-Cristiano. Nemmeno Reagan è riuscito a sconfiggere Castro anche se ci ha provato introducendo qualche misura di natura economica. Non riuscito a rafforzare i regimi autoritari, nonostante la polemica in campagna elettorale nei confronti di Carter, presentandosi per la politica estere latinoamericana dicendo che è stato troppo debole e che puntando sul rispetto dei diritti umani ha penalizzato alcuni partner fedeli degli USA Argentina, Cile ed Uruguay dei militari. Arrivando in campagna in elettorale a voler riprendere le relazioni con questi paesi, ma gli esiti furono nulli. Questa è la linea amministrativa di Reagan nella prima metà degli anni 80. Nella seconda metà il quadro è diverso siccome il suo interesse era quello della diffusione piena della democrazia a certe condizioni. In Cile per esempio l’uscita di scena dei militari avviene accompagnata proprio da una netta presi di posizione di Reagan nei confronti dei militari per esempio di Pinocher esponendo fortemente la sua forte imposizione a vederlo ormai fuori dalla scena ed esortando il governo alla transizione democratica garantendo però alcune condizioni come l’esclusione totale dei comunisti dal governo anche in opposizione non permetto dogli di cambiare la Costituzione. Sul piano economico è il presidente che si trova a fare i conti conla crisi del debito. Il bilancio Reagan ha sostanzialmente dei risvolti problematici che si ripercorrono sui paesi centro americani. Reagan decise di puntare sull’istituzione militare rafforzandola facendo modo che possa condizionare la politica in termini di unità e di risorse. Militarizzando i territori dei paesi centroamericani e assegnando un peso preponderante alle istituzioni militari. Tutto questo portò inevitabilmente ad un esplosioni di violenza poiché la modalità di azione dei militari non è mai sono mai state dialogo e diplomazia, quindi non si ha un percorso democratico ma bensì violento e di scontro basato sul ricorso alla forza. Questo tipo di logica di eccesso di potere ai militari ha avuto un coronario di effetti collaterali fra quali perdite civili. Muoiono quasi 200 mila persone nel corso degli anni 80 e coloro che non muoiono scelgono la via dell’esilio circa 2 milioni di rifugiati sono stati calcolati come esilio di tipo politico. L’amministrazione Reagan non si rende conto che questo esilio politico rappresenterà tutti quelli che adesso sono negli USA accolti a quel tempo da Reagan (fra cui centroamericani e cubani). A dispetto comunque di queste scelte sbagliate di Reagan l’area latino americana entra comunque in una nuova fase: quella Democratica. È stato calcolato dal 79 al 90 si calcola che 11 nazioni sono passate ad un governo civile della prima vera democratizzazione veramente diffusa per governi democraticamente eletti realmente e che godono di un consenso popolare reale. (60-70% della popolazione rispetto ad oggi che il consenso raggiunge a malapena il 50%). Anche i settori economici politici e sociali che avevano sempre sostenuti i militari, chiudendo gli occhi di fronte ai loro crimini e alle violazioni dei diritti umani adesso sono orientati alla democrazia. Un po’ perché vi era ormai un nuovo clima, ma il motivo importante che spinge i regnanti latino americani ad entrare anche loro nella fase della transizione democratica è quello di poter riuscire a competere con gli altri continenti che ormai erano già in questa fase. (Europa desiderosa di intrattenere affari con nuovi partner). Presidenza di George H. W. Bush Pur venendo da ambienti reaganiani e circondandosi dei suoi vecchi consiglieri, Bush segue una linea di governo differente molto meno rigida ed interventista poiché il contesto internazionale sta mutando e gli USA sotto la sua presenza hanno meno vincoli. Secondo la storiografia oscilla fra un ricordo di vecchio stampo agli strumenti diplomatici e di dialogo relazionale e pressioni che portino ad una soluzione pacifica come nel caso di Nicaragua e Salvador, e una linea nettamente interventista come nel caso di Panama. Nel caso del Nicaragua e del Salvador crede che sia sufficiente accompagnare il cambiamento con una soluzione ad una crisi politi possa avvenire dalle dinamiche locali, e creare le condizioni affinché si passi da governo Sandinista ad un governo di un colore diverso pienamente democratico (vittoria nel Febbraio 1990 di Violeta chamoro), creando le condizioni secondo cui il governo Sandinista accetti le condizioni non solo secondo pressioni da parte degli Statunitensi ma con pressioni internazionali, convincendolo a convocare le liberi dizioni (non ho proprio capito cosa ha detto scusate) che sono convinti di vincere ma che purtroppo perdono e sono quindi costretti ad uscire di scena. Lo stesso discorso avviene nel caso del Salvador ance se è stato più problematico è più lento pacificare il paese con il governo di Alfredo Cristiani e i ribelli del Frente Farabundo Martì che firmarono, sotto la supervisione dell'ONU un accordo di pace che entrò in vigore nei primi giorni del 1992. Completamente problematico è stato invece il caso di Panama, perché in quest’area gli USA si erano confrontanti a lungo con l’uomo forte del paese Rappresentato da Manuel Norega militare proveniente dalla guarda nazionale. Panama era un paese legato fortemente agli stati uniti per la questione del canale, siccome la zona la zona di quest’ultimo è area sensibile in termini commerciali e di sicurezza nazionale e strategica per gli USA. Norega fu un personaggio molto utile per gli USA, diventò un personaggio scomodo siccome era un dittatore e non un democratico e si scopro che Panama era il grande luogo di transito e traffico della droga gestito dal “narcogoverno” di Norega e quindi bisognava sbarazzarsi di lui poiché Norega non aveva nessun interesse a collaborare allo sbarazzarsi dei traffici come intervento democratico. Bush adopera dapprima una strategia diplomatica ma che non richieda intervento diretto da parte degli USA e convince il dittatore a convocare le libere elezioni che si svolgono ma Norega le annulla (“Casus Belli” maggio 1989), quindi il presidente USA sostiene un corpo di stato che fallisce e quindi passa all’intervento armato promuovendo un ‘invasione di Panama: “Operation Just Cause” 20 dicembre 1989, prima in 10.000 e poi 23 mila unità di forze armate già presenti a Panama e inviate. Tutto avviene in pochi giorni, Norega viene catturato nel centro di detenzione federale a Miami e poi condannato nel 1992 uscendo di scena per contrabbando di droga. Questa rappresenta la prima azione militare e invasione bilaterale degli USA dagli anni 20. Ciò significa che nonostante vi era un contesto mutato e quindi ci si aspettassero forme pacifiche di conflitti Bush Senior non si fa scrupoli invece a ricorrere all’intervento, dandoci la misura della forza di manovra che hanno gli USA a livello internazionale. È un messaggio che viene lanciato ai Latino Americani molto forte di ripresa di pratiche che sembravano ormai essere abbandonate. Questo loro sentimento di atteggiamenti democratici determina il condizionamento dei rapporti futuri delle relazioni interamericani. Cuba Quando Bush sale al potere Cuba ha già anni di crisi economica alle spalle essendo totalmente un paese isolato e senza partner esterni. Bush non sta a guardare un’evoluzione politica interna che non ha una reale opposizione a Castro o comunque abbastanza ridotta, con la pressione di lobi cubane in Florida spingono Bush a dare l’ultima goccia per l’uscita di scena di Castro. Attua questo piano non potendo intervenire internamente con un inasprimento dell’embargo (che era già in vigore dagli anni 50-60) successivamente diventato Embargo Totale che riguarda tutti i settori: “Cuban Democracy Act” 1992 su iniziativa del democratico Robert Torricelli, in base al quale la fine dello stesso è collegato all’inizio immediato della transizione democratica. Ancora oggi gli USA non hanno voluto interagire con Cuba (a parte il governo Obama che ha bay passato questo ostacolo e ripreso le relazioni diplomatiche ma non ha appunto potuto eliminare l’Embargo) perché non hanno la democrazia attiva. L’inasprimento dell’Embargo dava una serie di limitazioni importanti fra le quali: ® Divieto perle filiali di aziende statunitensi presenti in paesi terzi di commerciare con Cuba ® Divieto di accesso nei porti nordamericani alle navi, di qualunque nazionalità, che nei mesi precedenti avessero fatto scalo a Cuba ® Embargo esteso ai medicinali ® Attribuzione di potere decisionale del presidente di applicare ritorsioni economiche per quei paesi che fomissero assistenza all’Isola Rendendo così definitiva la distruzione imminente del governo Castro non permettendo a Cuba di aprirsi all'economia mondiale, portò un duro colpo all’economia cubana già in crisi a causa dell’interruzione dei rapporti con l'URSS. Ciò che crea in questi anni il governo Bush condiziona per sempre il destino dell'America Latina attraverso la sua linea di indirizzo politico. In cui i partner e i paesi nemici sono sempre gli stressi e quindi ci troviamo in una situazione di continuità con parziali prese di distanza a secondo del presidente Americano di turno. A Bush si deve l’iniziativa di aver creato una grande area di libero commercio delle Americhe: “Free Enterprice Initiative for the Americas”, dato l'obbiettivo perenne degli USA di creare un ‘unione doganale, per arrivare ad un ‘area di libero commercio dall’ Alaska alla “Terra del Fuoco”, il primo passo è quella di creare un’area di commercio con i paesi confinati: Canada e Messico poiché sono paesi già fortemente vincolati all’economia statunitense. Nell’ottica statunitense questo è solo il primo passo, visto che l’obbiettivo USA è il commercio Intercontinentale e preparano il campo per farlo arrivando all’accordo del NAFTA “North American Free Agreedment” approvato da Clinton nel 1993 (che con Bush Junior prenderà il nome di ALCA, ma che verrà accantonato). Linee di politica estera degli Stati Uniti - Clinton La condotta di politica estera si intreccia con alcuni fenomeni di natura prevalentemente economica, con ricadute sociali e anche regionali. A Bush senior spetta la gestione degli anni immediatamente successivi alla fine della guerra fredda, quindi chiudere questa lunga fase storica. Bush senior arriva al potere tra la fine degli anni 80 e inizio anni 90, e questo è un decennio che ancora ricordiamo come un decennio di grandi speranze, di grandi aspettative; erano aspettative che in parte sono state disattese, come ha dimostrato la congiuntura di inizio millennio che ha introdotte una serie di turbolenze economiche, sociali e anche di politica internazionale, che stiamo vivendo fino ai giorni nostri. Gli anni novanta sono appunto un decennio di grosse speranze e nel contesto americano sono associate alla figura di Bill Clinton che arriva al potere dopo 12 anni di esecutivi a guida repubblicana, (prima Reagan e poi Bush senior), che sostanzialmente si trova nei primi anni abbastanza favorevole, perché Clinton eredita un quadro di relazioni inter americane tutto sommato pacificato. Abbiamo visto che Bush Senior gestisce le crisi ancora aperte, l'unico tassello che non passaggio della centralità come paesi produttori di attività criminali dalla Colombia al Messico; se negli anni 80 e 90 il centro del problema della lotta alla droga, del fenomeno criminale associato alla droga è la Colombia, in una fase successiva, quindi negli ultimi decenni, il tutto si è spostato in Messico, per una ragione molto semplice, perché il confine messicano statunitense è diventato la principale zona di transito dei traffici illegali, perché sono un po’ più difficili da controllare rispetto alle rotte marittime o a quelle aeree. Ora, quindi i grandi cartelli li troviamo nella zona di confine, per altro avvalendosi di una maggiore convivenza da parte della polizia locale. Nel caso colombiano, invece, negli anni si è fatta una politica di controllo, ma anche di repressione molto importante, secondo l'azione concentrata tra Stati Uniti e le forze militari colombiane che piano piano ha ridimensionato il fenomeno. Quindi, Clinton segue sostanzialmente la linea adottata dai suoi predecessori, della lotta nei confronti dell'offerta. Mette in piedi una serie di programmi che sono destinati alla sostituzione delle coltivazioni, a sostituire la produzione della coca con altre produzioni, qui si crea il primo problema. La produzione delle sostanze stupefacenti da parte dei contadini colombiani, boliviani e peruviani è molto più redditizia rispetto ad altri prodotti, quindi incontra resistenza da parte dei contadini. L’aspetto importante però, non è solo questo, ma che pian piano la lotta alla droga viene intesa come un problema di natura militare, il contrasto deve essere quello militare, violento. Questo significa che, le risorse che gli Stati Uniti mettono in campo, si dirigono soprattutto al rafforzamento delle forze armate locali. Nel caso colombiano, questo è ancora più problematico, perché significa problematizzare ancora di più la guerra civile in atto già dal 48, con la ripresa dal 60 e che si risolverà solo in tempi molto recenti con l'accordo di pace. Con questa logica, Clinton arriva alla definizione di un vero e proprio piano che ha come obbiettivo quello di sconfiggere il problema della droga, e prende il nome di Plan Colombia. È un piano stilato dal governo statunitense e dal governo colombiano, che prevede una quota significativa di aiuti statunitensi alla lotta al narcotraffico, questo piano andrà avanti per poco più di un quindicennio. Il principale destinatario di queste quote, sono le forze armate colombiane, la polizia locale, spesso anche le bande paramilitari, questo è un altro elemento di cui tenere conto quando si cerca di capire la realtà colombiana. Quindi solo una potenza militare può portare alla sconfitta dei narcotrafficanti e delle guerriglie rurali. Si parla di guerriglie perché, nel corso del tempo, si sono sempre più cimentate nella produzione e commercio della droga, hanno finito per competere con i narcotrafficanti, questo è il motivo per cui si parla di narco guerriglie. Questo Plan Colombia, viene sostituito solo di recente dal nome Paz Colombia, cioè la logica non è più quella di sconfiggere i gruppi criminali o guerriglieri, ma di garantire la pace in Colombia, e di fare in modo che questo paese possa essere finalmente pacificato. Per farla brave, da Reagan a Clinton, la lotta alla droga ha significato una ripresa della militarizzazione delle società locali, questo significa rendere ancora più difficile il passaggio di alcune realtà a una piena democrazia. Nel contesto colombiano, anziché favorire una pacificazione, gli stati uniti lo hanno reso ancora più problematico, anche perché si sono sempre dichiarati indisponibili a fare in modo che i governi colombiani potessero dialogare con i gruppi guerriglieri. Solo in anni recenti la pacificazione è stata possibile, poiché l'amministrazione Obama ha deciso che si dovesse appunto chiudere questa ferita. L’altra minaccia è l'immigrazione. Gli Stati uniti sono storicamente un paese di immigrazione, sono nati così e continuano ad essere un paese aperto al mondo. Quindi hanno sempre considerato l'immigrazione come una risorsa, come fonte di ricchezza, di crescita e giovamento, è in un certo senso collegato al grande sogno americano, realizzato proprio dagli immigrati. Il punto è che nella congiuntura fine secolo e inizio nuovo millennio, più che una risorsa, l'immigrazione viene sempre più come un problema, e qui c'è una sorta di richiamo alla presunta superiorità razziale, perché il grosso degli immigrati è composto dai latino americani, non è composto più dagli europei, né dagli asiatici, ma dai latinos. I latinos hanno una particolarità rispetto alle altre comunità, tendono ad integrarsi con molta difficoltà, cioè a non interiorizzare quelli che sono gli elementi essenziali dell'identità statunitense, non integrandosi, l'esempio più basso è quello di usare la lingua, ma anche di pratiche sociali e usi propri degli stati uniti. Ad esempio, gli italo-statunitensi sono caratterizzati da un elevato livello di integrazione, quindi nonostante una fase iniziale in cui l'italiano negli USA era visto con preoccupazione, riesce ad integrarsi. Questo invece non ha riguardato i latino americani, siano essi centro americani e messicani, e questo ha creato dei grossi problemi: uno legato al tessuto economico e sociale, è un elemento di disturbo in un certo senso e dell'altra parte è un elemento di disturbo sul piano identitario, è quindi una sfida molto più profonda. Questa è una riflessione che hanno fatto soprattutto intellettuali vicini ad ambienti governatori. I latinos sfidano l'identità statunitense, è una sfida così importante che l'immigrazione deve essere contenuta. Se oggi abbiamo Trump che pone al centro della sua politica la lotta all'immigrazione, le radici vanno ritrovate in questa fase qua, anche perché c'è una sorta di continuità e rielaborazione dal punto di vista intellettuale. Il problema riguarda soprattutto coloro che entrano negli USA come illegali, e poi perché da un fenomeno particolare di giovani maschi si è convertito in un’immigrazione di famiglie, abbiamo quartieri latinos nelle grandi città, in paesi come la California e la Florida. È un problema che riguarda solo i latino americani. Il censimento del 1990 registra che c'erano 400 milioni di persone di origine latino americana, questa percentuale comincia a crescere nel corso del tempo, arriva al 12% della popolazione totale nel 2000, e i numeri ci dicono che nel 2050 un quarto della popolazione statunitense potrebbe essere di origine latino americana, ovviamente questo avrà un impatto forte non solo sul tessuto sociale ed economico, ma anche sul tessuto politico. Pensiamo a quanto può incidere questo aspetto sul piano elettorale: ci sarà un cambio di programma elettorale, di parole, di linguaggio, ci sono infatti alcune realtà in cui l'elettore statunitense è di origine latino americana. Il primo che ha compreso questa novità è stato George W. Bush, che parte della sua campagna l'ha fatta in spagnolo, il secondo è stato Obama, ma anche la Clinton. Questo per dire, che è diventato sempre più importante entrare in sintonia con l'elettore latinos. C'è poi il problema degli immigrati illegali e anche qui i numeri sono cresciuti nel corso del tempo e rappresenta una sfida seria dal punto di vista sociale. Bisogna parlare poi della gestione generale dell'immigrazione da parte degli stati uniti, che è cambiato nel corso del tempo. C’è stata una prima fase di una gestione selettiva degli ingressi a seconda dei gruppi nazionali, ciò significa che l'immigrazione in questo caso è stata prevalentemente di natura politica, ad esempio i cubani a cui si aprivano le porte poiché fuggivano dall' isola per questioni politiche o anche i centro americani, c'è la fase negli anni 80 in cui gli Stati Uniti favorivano l'ingresso ai centro americani perché questi ultimi lasciarono i rispettivi paesi per la guerra civile. C’è poi il problema di come il fenomeno sia stato gestito sul piano interno e qui le resistenze sono soprattutto volute dalla classe imprenditoriale, che come sempre per aumentare il profitto ha spinto a concedere il permesso di soggiorno a quote consistenti di immigrati illegali per avvalersi della mano d'opera illegale, perché questo consente di tenere più bassi i salari. L'altro elemento problematico è quello di controllare molto di più le zone di ingresso degli Stati Uniti. Se il controllo via mare è facilitato, quello via terra è un po’ più problematico, ha significato controllare la frontiera, quella tra Messico e Stati Uniti, ma soprattutto militarizzare la frontiera, quindi destinare le risorse sempre più alte alle forze di polizia di frontiera, questo ha reso più problematico l'ingresso negli stati uniti e questo ha alimentato i mercanti di vite, quello che accade oggi nel mediterraneo. I grandi cartelli criminali messicani, non solo si occupano del traffico di droga, ma si occupano anche del traffico di esseri umani. GEORGE W. BUSH: Torna al potere un repubblicano, figlio di Bush senior, è al potere per due mandati consecutivi, a differenza del padre. Nel suo caso l'aspetto interessante, da sottolineare, è che c'è una netta separazione tra le aspettative di inizio mandato, quelle di quando lui entra in carica fino agli attentati del settembre del 2001, in realtà anche fino al 2002, e quello che è successo nella fase immediatamente successiva. Bush entra in sintonia con l'elettorato latino, ma soprattutto con Giorgino Bush si parla di un nuovo corso di relazioni interamericane, cioè finalmente una fase in cui si può dar inizio a relazioni più equilibrate, basate sulla cooperazione e sulla solidarietà tra paesi americani, un po' perché si avvale dei lavori fatti dal suo predecessore. Nel senso, Clinton lascia in eredità a Bush una regione che è realmente pacificata. Bush dichiara in campagna elettorale di volere in un certo senso riprendere uno degli assi centrali della politica estera degli stati uniti, olazionismo che rimonta a una fase iniziale della costruzione di questo paese, ma un neo isolazionismo che non deve riguardare i paesi dell'area latino americana, anzi dichiara esplicitamente che al centro dell'agenda di politica estera degli stati uniti c'è l'America latina. [Ricorda: l’isolazionismo degli Usa non ha mai riguardato l’area latinoamericana]. Se c'è un'area verso la quale gli stati uniti hanno interesse, intenzione di rafforzare le relazioni queste sono le Americhe. Bush arriva anche a dichiarare una sorta di disimpegno in altri contesti geopolitici, quindi si mette alle spalle le guerre di Clinton e privilegia le relazioni nord-sud delle Americhe. Questo nuovo corso viene però spazzato via dagli attentati dell'11 settembre del 2001. Tendenzialmente rappresentano qualcosa di abbastanza singolare, interessante sul piano delle relazioni interamericane, perché la relazione dei partner latino americani è quella di piena solidarietà a sostegno degli stati uniti. Questo è un fatto nuovo perché i partner latino americani non avevano fino ad allora mai appoggiato o sostenute delle iniziative di politica internazionale da parte degli stati uniti. Cioè si spingono i partner latino americani fino a richiamare il trattato interamericano di assistenza reciproca, che è stato siglato nella fase immediatamente successiva alla seconda guerra mondiale, che non era mai stato dichiarato o utilizzato fino ad allora. Gli attentati dell’11 settembre 2001, sconvolgono un po’ il quadro: inizialmente no, perché la reazione in America Latina di questi attentati è una reazione in linea ancora con queste aspettative (si recupera il Trattato interamericano di assistenza reciproca: pare che la grande famiglia americana possa marciare insieme e contrastare questa nuova minaccia del terrorismo internazionale). Ci sono alcuni aspetti che rafforzavano questa aspettativa: 1. La continuazione della politica di Bill Clinton, che era stata senza grossi motivi di tensione; per altro Clinton, in un quadro di disinteresse per l’area latinoamericana (perché gli Usa erano impegnati in altre aree geopolitiche), non aveva tuttavia dimenticato di intervenire quando era il caso (per esempio la crisi messicana del ‘94, quella brasiliana del ’98), quindi era intervenuto per tenere unita la grande famiglia americana. Per questo motivo, anche da parte di George Bush e dei suoi consiglieri e analisti, c’era un’opinione favorevole della precedente gestione, continuando questa condotta; 2. La democrazia era presente dovunque, altro aspetto molto caro a Clinton, ma in realtà diventato uno dei punti fermi degli USA nella fase della post guerra fredda (sempre prima del settembre 2001) ad eccezione di Cuba. Sulla democrazia si potrebbe fare una riflessione relativa alla qualità: dal punto di vista formale, tutti i paesi latinoamericani erano e sono tuttora delle democrazie (eccetto Cuba); dal punto di vista della qualità, no. Non è sufficiente il rispetto formale, ma ci sono aspetti più sostanziali che caratterizzano il livello democratico. All’epoca si poteva applicare questa riflessione al caso venezuelano: all’inizio del XXI secolo, i politologi mettevano in discussione la democrazia venezuelana, nonostante Chavez fosse arrivato al poter in maniera regolare: diciamo che già i primi passi, le prime misure governative, facevano pensare ad una democrazia molto debole, o che si stesse allontanando dalla democrazia liberale. 3. All’inizio mandato non c’erano segnali scoraggianti per quanto concerneva questo grande progetto “unione doganale” che comprendesse tutti i paesi dell’area latinoamericana, anzi si era abbastanza fiduciosi di poter arrivare in tempi brevi, entro il 2005, alla costruzione di questa grande area di libero commercio delle Americhe che è sempre stata una delle aspirazioni degli Stati uniti, fin dalla nascita dell’unione panamericana a fine 800. Il quadro però cambia in poco tempo, a distanza di due anni. In questo senso, gioca un ruolo di primo piano quello che succede nel settembre del 2001, da una parte. Gli Stati Uniti e l'America latina, dopo quella data, si posizionano a livello internazionale in maniera differente. Il terrorismo internazionale viene vissuto come una grande sfida alla democrazia occidentale, Bush ha recuperato uno schema ideologico che era stato applicato durante la guerra fredda, ovvero una divisione in due blocchi: o si è con coloro che sostengono la democrazia o si è con i terroristi anche se il terrorismo o i gruppi terroristici non sono presenti in un determinato paese. Si possono fare alcuni esempi: Cuba è inserita nella lista dei paesi dell’asse del male, nonostante Cuba non sostenesse il terrorismo islamico; il Venezuela viene inserito in questa stessa lista. Il caso del Venezuela è un po’ diverso internazionale per un grande progetto di politica estera, per fare in modo che il Venezuela diventi un grande attore regionale e poi anche internazionale. Secondo un’operazione ideologica, quasi costruita a tavolino, Chavez entra in sintonia con Cuba, la quale riceve aiuto dal Venezuela di tipo finanziario, così Castro lascia questa sorta di scettro di guida della sinistra mondiale a Chévez). Ciò per dire che la politica estera venezuelana ha una forte caratterizzazione soprattutto in continuità col grande progetto portato avanti in epoca di guerra fredda da Cuba (cioè, quel nazionalismo cubano, per intenderci, adesso spetta al Venezuela) anche perché Chavez si lancia in progetti ambiziosi: l'’ALBA, l’alternativa bolivariana per 1’ America, che è uno strumento di cooperazione, nasce per iniziativa venezuelana per contrastare l’ALCA o per contrastare l’organizzazione degli Stati americani, in cui il Venezuela non si riconosce (cioè per contrastare quei progetti a guida statunitense). L’ALBA è un accordo che ha al centro l’organizzazione politica e culturale: tant'è vero che aderiscono solo paesi che hanno più o meno una stessa ispirazione politico-ideologica (sono paesi guidati da leader di sinistra o “di sinistra radicale”), tra cui Cuba, la Bolivia di Morales, l’Ecuador di Correa e altri. Tutto ciò avviene in una congiuntura nuova che è quella di uno spostamento della regione su posizioni di centrosinistra, cioè sta cambiando sostanzialmente il panorama politico dell’area latinoamericana. Non è più un panorama in cui ci sono governi di centro, centrodestra, no: quasi dovunque ci sono governi di centrosinistra. E anche questa deve essere considerata e così percepita da Bush: una sfida alla visione neoconservatrice dell’amministrazione repubblicana. Quindi abbiamo due visioni opposte: la novità rispetto al passato è che la visione di sinistra o di centrosinistra, è solida, cioè riguarda quasi tutta l’area latinoamericana (possiamo parlare di blocchi contrapposti: da una parte gli Stati Uniti e qualche alleato, sostanzialmente il Messico e la Colombia; dall’altra parte tutta l'America meridionale), c’è una contrapposizione abbastanza evidente sul piano ideologico, politico e culturale. Questa nuova fase è definita “svolta a sinistra” inaugurata dall’elezione di Hugo Chavez in Venezuela nel 1998. Ci sono anche altri motivi di tensione, che sono il frutto delle scelte che l’amministrazione Bush compie sul piano internazionale, una diretta conseguenza sempre di attentati terroristici dell’11 settembre 2001. Per esempio, i partner latinoamericani non condividono la ridefinizione dell’impianto di difesa collettiva, perché non hanno mai percepito quella stessa necessità che avevano gli Stati Uniti, sia in epoca delle guerre mondiali, sia in epoca della guerra fredda, perché i problemi dell’America Latina non erano quelli ideologici ma quelli legati al sottosviluppo. In questa fase però lo dichiarano pubblicamente: si oppongono alla cosiddetta “guerra preventiva”, e prendono distanze in occasione della seconda guerra in Iraq. Il punto non è che lo dichiarano solo pubblicamente, bensì lo fanno nei fatti. Ci sono due paesi latinoamericani che sono membri del consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite: il Messico e il Cile. Il Cile in questo momento stava negoziando il Trattato di Libero commercio, il Messico, invece, aveva come questione aperta con gli Stati Uniti quella migratoria (quindi erano due paesi che potevano essere condizionati dagli Stati Uniti), eppure entrambi si dichiarano contrari a questa condotta degli Usa. Questo perché la minaccia del terrorismo internazionale non viene percepita allo stesso modo, cioè i partner latinoamericani capiscono che questa non è una priorità per loro, bensì le loro priorità continua ad essere quelle che affliggono i paesi latinoamericani da molti anni (instabilità politica, ritardo economico e problematiche sociali, permanenza delle disuguaglianze sociali). Anzi, secondo la logica dei latinoamericani, l’adesione a questa guerra preventiva può rappresentare una minaccia ai risultati che sono stati ottenuti fino ad allora in termini istituzionali e democratici e anche economici. Chi invece non assume questa posizione, lo fa in maniera molto simbolica (o perché ne riceve un qualche tornaconto). Se questo è il quadro che evolve nel corso dei due mandati dell’amministrazione di Bush, capirete bene che la distanza tra Stati Uniti e America latina aumenta. Il paradosso è che all’inizio del mandato di Bush c’è la speranza che le relazioni interamericane possano migliorare, che la distanza storica tra queste due parti possa essere ridotta; pochi anni dopo ci si trova in una situazione completamente diversa, cioè la distanza sembra ormai incolmabile. Vista anche dagli Stati Uniti, si tratta di un patrimonio di relazioni, posizioni, a cui aveva lavorato Clinton, che è stato sperperato in poco tempo. Per altro aumenta l’antiamericanismo (si registrano delle manifestazioni anche popolari che non si registravano dagli anni 60). Ad aumentare questa distanza favorisce anche l’amministrazione Bush sulla base del piano programmatico di politica estera. Il documento “The National Security Strategy of the United States of America”, dedica solo tre paragrafi all’area latinoamericana: il primo è la formazione di coalizioni flessibili con Messico, Brasile, Canada e Cile; il secondo riguarda la lotta alla droga; il terzo riguarda la Colombia. Non è un caso che vengano scelti solo questi paesi: sono quelli a cui gli Stati Uniti decidono di puntare (Messico perché è il principale partner commerciale; il Brasile perché è grande potenza e teatro strategico regionale; il Cile per questa scelta di politica economica internazionale ma anche perché è uno dei pochi paesi che ha capito come si sta spostando l’asse delle relazioni internazionali verso gli attori asiatici, facendosi compratori di nuovi rapporti tra l'Asia pacifica e le Americhe che affacciano sul Pacifico; la Colombia ha sia il terrorismo, sia il narcotraffico, sia il problema del contenere il Venezuela, paese confinante, ed è un paese strategico, perché si trova dal punto di vista geografico in una posizione molto favorevole per quello che è diventato una nuova area di interessi da parte degli Stati Uniti: l’area amazzonica, area dove si sono posizionate la maggior parte delle risorse energetiche del mondo= un paese chiave per controllare le dinamiche politiche, economiche, naturali ed energetiche dell’area meridionale). L’amministrazione Bush decide in questo caso di continuare la politica seguita dai suoi predecessori: la soluzione al conflitto interno colombiano non può che essere di tipo militare o comunque che non preveda forme di dialogo con i gruppi guerriglieri; si continua a sostenere il Plan Colombia (che solo in anni recenti viene modificato e prende il nome di “accordo di pace” per la Colombia), e l’assenza di dialogo coni guerriglieri (che viene posta come condizione al governo colombiano per continuare a sostenere il Plan Colombia) avviene anche sulla base di cambiare nome al nemico interno nel caso colombiano (quindi non si tratta più di una guerriglia bensì di un “narcoterrorismo”= un gruppo armato che può essere associato ad altri gruppi, fazioni del terrorismo internazionale: quindi se altrove abbiamo il terrorismo islamico, nell’area latinoamericana abbiamo il narcoterrorismo rappresentato da i gruppi guerriglieri storici colombiani). Tutto sommato, vista dagli stati latinoamericani, le scelte che fa l’amministrazione Bush, non sono così penalizzanti: è vero che la condotta è una condotta rigida, militarista, interventista e radicale, però significa anche un aumento della distanza, un disinteresse ma anche di incapacità di interferire in maniera diretta sulle scelte dei partner latinoamericano (cioè, detto in altri termini, la condotta dell’amministrazione Bush crea la possibilità di essere più intraprendenti). Questo non solo va nella direzione dell’emancipazione, ma dà la possibilità agli attori latinoamericani di rafforzare legami con attori extra continentali. Così anche in America latina si rafforza la presenza della Cina, la quale potremmo dire che sostituisce l’Unione Sovietica della guerra fredda. La Cina ha bisogno in una fase di sostenuta crescita economica di materie prime, e queste materie prime le ricerca proprio nell’area latinoamericana. Uno dei paesi che più si lega alla Cina è il Cile che basa la propria esportazione principalmente sul rame: la Cina quindi, diventa il principale acquirente del rame cileno e oggi è il suo primo partner commerciale. La svolta a sinistra 1998= ascesa di Hugo Chavez nel Venezuela: momento di inizio della svolta a sinistra. A partire da questo momento troviamo alcuni paesi leader di sinistra o di centrosinistra: il caso del Cile non è una novità, ma Lagos ha una formazione socialista, quindi è un leader socialista e viene quindi seguito da Bachelet che è socialista, abbiamo Lula, Kirchner, insomma un po’ dovunque abbiamo leader di centrosinistra o di sinistra, fino al 2015 (il Cile non è più guidato da un governo di sinistra ma di destra, però il Messico è tornato a sinistra). Nel 2001 resistono il Messico che ha quest’oscillazione tra partito della rivoluzione e il PAN (partido de acciòn nacional), la Colombia, il Perù e pochi paesi centroamericani. Quali sono le ragioni della svolta a sinistra? Sono quello che succede sul piano economico nel periodo precedente. Debito estero, di “decennio perduto” e del consenso di Washington, quelle vicende neoliberiste che hanno il merito di favorire la ripresa, ma questo consenso di Washington ha altissimi costi sociali: aumenta la povertà, aumenta la miseria, la disoccupazione, la sottoccupazione, cioè significa che le ricadute sociali di questa scelta di politica economica vanno sui ceti medio bassi e sui ceti popolari e quindi c’è insoddisfazione. Quindi si pone, in termini di mercato elettorale, in una situazione di ricerca di nuovi interlocutori, nuovi partiti che possano rappresentare i propri bisogni, intercettati dai partiti di sinistra o di centrosinistra. Questa possibilità che si offre ai partiti di sinistra e centrosinistra, deriva dal fatto che quasi mai siano stati al potere, cioè sono formazioni che non hanno né governato prima (eccetto poche eccezioni), né negli anni 80 né in quelli 90, perché al potere ci sono stati governi o centristi o di centrodestra. Anche in Cile, dove ne ’90 c’è una coalizione al potere di centrosinistra, i primi due presidenti democratici, sono democristiani e sono due personaggi centristi (quindi è un centrosinistra più di centro che di sinistra). Questo significa che questi personaggi di sinistra non sono responsabili dell’insoddisfazione che prova la popolazione e quindi sono interlocutori validi a cui chiedere delle riforme strutturali. Abbiamo varie idee di “sinistra”. Per comodità, sulla base di una riflessione fatta da un intellettuale messicano, sono state individuate due sinistre: una sinistra corretta e una non corretta. La corretta è quella che ha un’ispirazione socialdemocratica (come quella di Lagos, Lula); quella incorretta è quella troppo radicale (Chàvez, Fidel, Morales, Correa, i leader di sinistra, per capirci, nostalgici di una sinistra novecentesca, che credono ancora alla possibilità di una rivoluzione, che è fieramente antimperialista e che però ha un rispetto delle regole e dei principi democratici molto molto basso e che punta sull’abbandono del neoliberismo). Sono sinistre completamente diverse: nel 2011 il 60% della popolazione latinoamericana è governata da governi di sinistra e centrosinistra. Come punto di contatto tra le due sinistre abbiamo questa comune diffidenza nei confronti degli Stati Uniti, maturata nel periodo dell’amministrazione Bush: occorrerebbe ridefinire i rapporti tra nord e sud ed è quello che si cercherà di fare durante l’amministrazione Obama senza risultati (per cui Obama avrà solo un interesse latinoamericano che è Cuba, probabilmente unico successo della sua politica estera).
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved