Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Corso di diritto processuale civile, Libro I-Nozioni introduttive - agg. Riforma Cartabia, Sintesi del corso di Diritto Processuale Civile

Riassunto completo del primo volume "Nozioni introduttive" di Procedura civile I parte (1^) aggiornato alla Riforma Cartabia. Secondo volume "Il processo di cognizione" scaricabile qui https://www.docsity.com/it/riassunto-di-diritto-processuale-civile-prima-parte-agg-riforma-cartabia/10709597/?utm_source=generic&utm_medium=button&utm_campaign=document_share

Tipologia: Sintesi del corso

2023/2024

In vendita dal 28/11/2023

Eisblume98
Eisblume98 🇮🇹

3.6

(5)

11 documenti

1 / 67

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Corso di diritto processuale civile, Libro I-Nozioni introduttive - agg. Riforma Cartabia e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! DIRITTO PROCESSUALE CIVILE I Nozioni introduttive e disposizioni generali NOZIONI INTRODUTTIVE E DISPOSIZIONI GENERALI Il diritto processuale civile è una branca della scienza giuridica regolato dalle norme contenute del Codice di procedura civile che disciplinano i presupposti, la forma e gli effetti dei vari atti e attività compiute nell’ambito del processo civile, attraverso i quali viene esercitata la giurisdizione sulle controversie sorte per la tutela di situazioni giuridiche regolate dal diritto civile (cfr. strumento per l’attuazione dei diritti). In generale, le norme giuridiche descrivono e disciplinano determinati comportamenti umani, cioè li valutano in base ai fondamentali criteri o valori che sono la doverosità, liceità e idoneità a produrre effetti giuridici, facendo così configurare in capo ai soggetti le situazioni di dovere, facoltà o potere. Le norme seguono il criterio della struttura (modo con il quale l’ordinamento opera) e della funzione (finalità che l’ordinamento vuole perseguire), che devono essere correlati tra loro per far sì che si scelgano le norme strutturalmente più idonee per conseguire la propria funzione, costituendo così l’attività giurisdizionale. Attività giurisdizionale Funzione L’attività giurisdizionale civile ha la primaria funzione di attuare l’art. 24.1 Cost., che configura il diritto di tutti ad agire in giudizio per la tutela dei diritti e degli interessi legittimi, e l’art. 2907 c.c., che configura in capo all’autorità giudiziaria ordinaria il dovere di provvedere la tutela dei diritti, per la protezione degli stessi. Presupposta lesione Generalmente, gli effetti costitutivi dei diritti possono essere adottati indipendentemente dall’intervento dell’organo giurisdizionale, che infatti soccorre solamente quando vi sia la lesione o la violazione del preesistente diritto alla modificazione giuridica o diritto potestativo non necessario. Pertanto, la tutela giurisdizionale dei diritti consiste in una reazione dell’ordinamento per impedire o eliminare gli effetti dei pregiudizi. Da questa definizione si ricavano le caratteristiche fondamentali dell’attività giurisdizionale:  Strumentalità: l’attività giurisdizionale è lo strumento per l’attuazione dei diritti che vuole tutelare, nel caso in cui essa non avvenga spontaneamente, delineando la contrapposizione tra due sistemi di norme: o Diritto materiale o sostanziale: disciplinano direttamente, in via primaria, determinati comportamenti umani che il legislatore ha considerato idonei a soddisfare determinati interessi ritenuti meritevoli di protezione (cfr. diritti soggettivi sostanziali che implicano una prima tutela semplicemente giuridica); o Diritto formale o processuale: disciplinano i mezzi per l’attuazione della tutela secondaria, nel caso in cui quella primaria non risulti sufficiente (cioè la norma sostanziale viene violata), attivabili dai soggetti nel processo (cfr. tutela giurisdizionale).  Sostitutività: l’ordinamento, vietando l’autodifesa (eccetto casi particolari – e.g. legittima difesa, stato di necessità), offre una protezione sostitutiva a coloro che avrebbero dovuto tenere il comportamento previsto dalle norme sostanziali in via primaria, per attuare in via secondaria la protezione degli stessi interessi. In questo modo, il diritto processuale (cfr. gli organi giurisdizionali) realizza indirettamente ed in via sostitutiva la protezione di interessi che sta alla base del diritto sostanziale. Altri giuristi non divergono dalla definizione funzionale della giurisdizione, che viene altresì considerata come l’attuazione delle sanzioni (cfr. precetto secondario) o di composizioni delle liti. Senza previa lesione Sebbene l’attività giurisdizionale si occupi dell’attuazione dei diritti principalmente in via secondaria e sostitutiva (cioè sanzionatoria), vi sono alcuni casi in cui tale attuazione avviene in via primaria, cioè indipendentemente dalla preventiva violazione del diritto sostanziale:  Giurisdizione costitutiva necessaria (o a necessario esercizio giudiziale): l’ordinamento sottrae all’autonomia dei singoli la piena disponibilità di determinate situazioni giuridiche che hanno effetti sulla collettività (cfr. diritti potestativi), stabilendo che i loro effetti costitutivi (cfr. costituzione, modificazione, estinzione) necessitano di un intervento dell’organo giurisdizionale, che ha il previo compito di riscontrare l’esistenza delle circostanze dalle quali l’ordinamento vuole far dipendere il realizzarsi di tali effetti (e.g. l’ordinamento – indisponibilità del soggetto – può intervenire sul rapporto di filiazione attraverso il disconoscimento di paternità per impotenza). o A differenza dell’attività giurisdizionale non necessaria, qui l’esigenza o il bisogno della tutela giurisdizionale è in re ipsa, cioè nel fatto stesso che si siano verificate talune circostanze che implicano l’insostituibile intervento dell’organo giurisdizionale.  Accertamento mero (senza altre funzioni – vs. costitutiva): l’esigenza di tutela giurisdizionale è determinata dalla contestazione, consistente e seria, di un altrui diritto che il titolare considera esistente o di un vanto di un proprio diritto nei confronti di un soggetto che lo ritiene inesistente. Non si tratta di violazione, ma di incertezza obiettiva circa l’esistenza di un diritto. Pertanto, l’ordinamento giuridico offre gli strumenti per eliminare l’incertezza, prima che essa dia luogo ad una vera e propria violazione, trasformandola in certezza obiettiva. Struttura Tipi di attività giurisdizionale Il Codice di procedura civile disciplina diversi tipi di attività, con caratteristiche strutturali diverse, a ciascuna delle quali, d’altra parte, corrisponde una funzione particolare nell’ambito della generica funzione dell’attività giurisdizionale:  Cognizione: disciplina prevalentemente contenuta nel Libro II – del processo di cognizione, ma con accenni anche nel Libro I – disposizioni generali, III – processo di esecuzione forzata e IV – procedimenti speciali, e in numerose leggi speciali;  Esecuzione forzata: disciplina contenuta principalmente nel Libro III – del processo di esecuzione, ma anche nelle disposizioni generali e in numerose leggi speciali (e.g. crisi d’impresa e insolvenza);  Attività cautelare: disciplina contenuta principalmente nel Libro IV – procedimenti speciali, ma anche nelle disposizioni generali e in numerose leggi speciali;  Giurisdizione volontaria: disciplina contenuta prevalentemente nel Libro IV – procedimenti speciali sotto il titolo di disposizioni comuni ai procedimenti in camera di consiglio (artt. 737-742), ma anche in norme dedicate alla disciplina specifica di alcuni procedimenti e leggi speciali Attività di cognizione L’attività giurisdizionale si esplica in primo luogo in un’attività di cognizione che ha la caratteristica fondamentale di pervenire ad un accertamento idoneo ad assumere l’incontrovertibilità propria della cosa giudicata formale. Innanzitutto, il giudice (organo al centro dell’attività giurisdizionale) deve conoscere una regola concreta o l’esistenza di un diritto al fine di garantire l’attuazione delle posizioni giuridiche dei soggetti. Infatti, le norme sostanziali enunciano delle volontà astratte di legge che diventano fattispecie concrete quando si verifica uno dei comportamenti (valutati in astratto) idonei a concretare o costituire i diritti. La funzione di tale attività è quella di determinare la certezza obiettiva (seppur relativa) dell’esistenza o meno di un diritto tale da permettere che la regola possa essere imposta all’osservanza di tutti. Questo convincimento è il risultato di un giudizio attraverso cui gli organi giurisdizionali dovranno interpretare la L’attività giurisdizionale civile ha caratteri funzionali e strutturali simili alle altre giurisdizioni (penali e amministrative), ma presenta altresì differenze con le altre due attività fondamentali dello Stato:  Attività legislativa: regole generali ed astratte (cfr. norme giuridiche), mentre la giurisdizione fa sempre riferimento ai casi concreti, formulando una regola concreta o dandole esecuzione;  Attività amministrativa: pure con riferimento ai casi concreti, essa è svolta dallo Stato o da altri enti pubblici nell’interesse dello Stato stesso, cioè per il buon funzionamento della pubblica amministrazione (vs. imparzialità). La giurisdizione volontaria va considerata a parte, in quanto compie modificazioni giuridiche senza attuare diritti con i caratteri propri degli atti amministrativi (revocabilità e modificabilità), ma al contempo può essere inclusa nella nozione ampia di giurisdizione, in quanto è svolta da organi giurisdizionali (imparzialità) con ruolo attivo attribuito alle parti. Processo Situazioni giuridiche processuali Il processo è lo svolgimento dell’attività giurisdizionale in cui si alternato poteri e atti processuali posti in essere dai soggetti del processo. Infatti, le norme giuridiche pongono automaticamente le parti e il giudice in una determina situazione giuridica che, a seconda del tipo di valutazione contenuto nella norma, può essere di dovere o di potere di tenere un certo comportamento. L’attuazione di questi comportamenti astrattamente previsti come poteri, cioè gli atti giuridici processuali, determina la produzione di nuove situazioni giuridiche (di dovere, di liceità e di potere) fino all’atto conclusivo (cfr. sentenza nel processo di cognizione; atto realizzativo di un diritto nell’esecuzione).  Un soggetto può consegnare un atto di citazione (cfr. atto introduttivo del processo di cognizione) all’ufficiale giudiziario, in capo al quale si instaura una situazione di potere compiere la notificazione e di dovere attuare i propri compiti istituzionali. A sua volta, il convenuto potrà assolvere al comportamento richiesto e costituirsi in giudizio. In altri termini, il procedere giuridico consiste nella dinamica giuridica della serie alternata di situazioni giuridiche che introducono atti processuali e atti che danno luogo ad altre situazioni:  Semplici: anche se le situazioni che assolvono alla funzione essenziale nel progredire del processo sono solo i poteri, le norme giuridiche prevedono anche situazioni giuridiche soggettive processuali ognuna corrispondente ad uno specifico comportamento realizzabile con un unico atto: o Facoltà: sono rarissime e si esauriscono in sé stesse senza dar luogo a modificazioni giuridiche (e.g. ritiro del fascicolo di parte); o Doveri: contribuiscono alla dinamica processuale solo quando sono valutati anche come poteri in capo agli organi del processo (es. organi giudiziari) o in capo alle parti per cui sono solo apparenti; o Oneri: sono in realtà assimilabili (come i doveri apparenti) ai poteri o doveri ipotetici, in quanto si configura il dovere in capo ad un soggetto solo quando egli voglia far valere un diritto in giudizio.  Globali o composite: situazioni che concernono l’intera serie di atti considerata globalmente, cioè che si riferiscono al risultato unitario del processo (es. dovere decisorio del giudice che si realizza attraverso l’intera serie degli atti processuali fino alla pronuncia della sentenza; diritto alla tutela giurisdizionale – azione e diritto al processo). Presupposti processuali Il processo è un fenomeno giuridico dinamico, in quanto caratterizzato da una reciproca e complessa introduzione di situazioni e atti facenti capo ai diversi soggetti, strumentale e autonomo rispetto alle situazioni giuridiche o diritti sostanziali per la cui attuazione si svolge il processo. L’autonomia del fenomeno processuale dal diritto sostanziale è stata evidenziata come rapporto giuridico processuale, che si instaura quando un soggetto propone all’organo giurisdizionale una domanda di tutela nei confronti di un altro soggetto (rapporto trilaterale). In realtà, il concetto di rapporto giuridico si è evoluto nel tempo, in quanto troppo statico per poter rappresentare il complesso fenomeno odierno che si costituisce in una serie di rapporti in continua trasformazione nell’evolversi delle situazioni attraverso l’esercizio dei poteri. Seppur il concetto non sia interamente superato, si è oggi elaborata la nozione di presupposti processuali, cioè i requisiti che devono preesistere al compimento di un determinato atto (cfr. domanda con la quale si chiede la tutela giurisdizionale), affinché da esso discendano determinate conseguenze. In particolare, si distinguono:  Presupposti di esistenza del rapporto processuale: requisiti che devono preesistere affinché possa venire in essere un processo, che potrà poi arrestarsi in seguito (cfr. portata teorica, in quanto si esauriscono nell’esistenza di un giudice, cioè di un organo investito di potere giurisdizionale);  Presupposti di validità del rapporto processuale: requisiti che devono preesistere affinché il processo possa procedere fino al conseguimento del suo scopo normale, cioè fino ad ottenere la pronuncia di merito: o Competenza: effettivo potere del giudice di decidere sulla controversia; o Capacità processuale: serie di poteri in capo alle parti di compiere gli atti del processo; o Altre condizioni di procedibilità richieste da disposizioni specifiche (es. espletamento preventivo di una mediazione assistita). La possibilità del processo di pervenire ad una pronuncia sul merito dipende, oltre che dai presupposti processuali, dalle condizioni dell’azione, che non devono preesistere alla proposizione della domanda, ma sono requisiti intrinseci alla domanda stessa. Azione Potere di proporre la domanda La domanda è una situazione processuale semplice il cui esercizio di proposizione dà l’avvio al processo. In virtù dell’art. 24.1 Cost. il potere di proporre la domanda spetta a tutti, indistintamente a cittadini, stranieri o apolidi. Infatti, tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti o interessi legittimi, salve sole le disposizioni in tema di capacità, che sottraggono agli incapaci i poteri relativi all’esercizio dei loro diritti, per attribuirli ai loro rappresentanti legali. L’atto con il quale si propone la domanda può assumere le forme dell’atto di citazione o del ricorso, nel rispetto dei requisiti richiesti da ognuno di essi. In ogni caso, perché la domanda possa assolvere alla sua fondamentale funzione di introdurre un processo, indipendentemente dalla sua attitudine a pervenire ad una pronuncia sul merito, è necessario che essa possa obiettivamente considerarsi una domanda di tutela (vs. richiesta di solidarietà). Condizioni dell’azione La domanda deve contenere al suo interno le condizioni dell’azione che rendono la domanda ipoteticamente accoglibile, in quanto il possesso di tali requisiti ulteriori costituisce il primo atto di esercizio dell’azione, intesa come quella situazione giuridica composita che ricomprende in sé l’intera posizione giuridica del soggetto che chiede la tutela giurisdizionale. Innanzitutto, il giudice dovrà effettuare un esame sulla verità di quanto affermato nella domanda stessa (cfr. che vi sia la presentazione, esposizione o affermazione dell’esistenza di un diritto sostanziale, appartenente a colui che chiede la tutela e che sia effettivamente bisognevole di tutela perché violato) e solo in presenza di tali requisiti può introdurre l’ulteriore serie processuale di situazioni e di atti fino alla pronuncia del merito, mentre la loro mancanza comporterebbe il rigetto della domanda con una pronuncia sul processo, Per affermare un diritto, occorre affermarne i suoi fatti costitutivi, cioè indicare la norma astratta contenente quel diritto e l’accadimento concreto dei fatti previsti in astratto. In particolare, le singole condizioni dell’azione sono:  Possibilità giuridica: esistenza di una norma che contempli in astratto il diritto che si vuole far valere – portata prevalentemente teorica (es. esistenza della norma che obblighi al pagamento del prezzo);  Interesse ad agire: l’art. 100 c.p.c. stabilisce che, per proporre una domanda o per contraddire alla stessa, è necessario avervi interesse – che consiste nell’attuale esigenza di tutela giurisdizionale conseguente alla lesione di un diritto sostanziale. Per affermare il diritto occorre altresì affermare l’accadimento concreto di uno o più fatti costitutivi previsti in astratto dalla norma (es. Tizio afferma che Caio ha comprato una cosa per il prezzo di €100) che sono bisognevoli di tutela derivante dalla lesione del diritto (es. Tizio afferma che Caio non ha pagato il prezzo pattuito). Pertanto, l’interesse ad agire sta nell’allegazione dei fatti costitutivi e dei fatti lesivi di un diritto, che può assumere particolari caratteristiche: o Accertamento mero: l’affermazione del fatto lesivo è sostituita dall’affermazione della contestazione o del vanto; o Azione costitutiva necessaria: l’interesse ad agire è, in re ipsa, nell’affermazione del semplice fatto costitutivo del diritto alla modificazione giuridica. Il giudice dovrà verificare la sussistenza dell’interesse ad agire, in mancanza del quale arresta il processo, in quanto il difetto di interesse corrisponde al difetto di azione.  Legittimazione ad agire: l’art. 81 c.p.c., in corrispondenza (seppur in termini rovesciati) con l’art. 24 Cost. – che afferma che tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi – stabilisce che, fuori dei casi previsti dalla legge, nessuno può far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui. Infatti, la domanda non è neppur teoricamente accoglibile se manca la coincidenza soggettiva attiva, cioè tra chi propone la domanda e colui che nella domanda è affermato titolare del diritto, e passiva, cioè tra colui contro cui la domanda è proposta e colui che nella domanda è affermato soggetto passivo o violatore del diritto. o Legittimazione straordinaria ad agire o sostituzione processuale: la legge, per l’effetto di una valutazione politico-legislativa, prevede delle eccezioni alla regola di corrispondenza del lato soggettivo, in quanto, in alcuni casi, è possibile far valere i diritti altrui o non esclusivamente propri (cfr. rappresentante), in deroga al principio che suggerisce la disponibilità esclusiva della tutela giurisdizionale al titolare del diritto. Essa si può ricondurre a ragioni di opportunità (es. azione surrogatoria a favore del creditore nel caso in cui il debitore trascuri di far valere i propri diritti) o di natura sociale (es. art. 18 Cost., per cui si riconosce alle associazioni – es. associazione dei consumatori – la legittimazione di far valere interessi collettivi o diffusi dei singoli che vi appartengono: azione di classe risarcitoria o inibitoria collettiva, per cui un’organizzazione o associazione senza scopo di lucro può proporre domanda per far valere diritti individuali a cui gli altri appartenenti alla stessa classe possono aderire e subire gli effetti della sentenza pronunciata all’esito del procedimento collettivo). In mancanza di legittimazione ad agire, il giudice dovrà pronunciare il difetto di azione per difetto di legittimazione (o difetto di titolarità attiva o passiva). Autonomia e astrattezza Se sussistono le tre condizioni dell’azione, si instaura nel titolare il diritto ad agire nei confronti del soggetto passivo; in realtà, tale diritto all’azione di cognizione è autonomo (anche se strumentale al) dal diritto sostanziale, in quanto richiede la prestazione della tutela giurisdizionale del giudice quale organo dello Stato (e non del titolare passivo del diritto). La dottrina si è interrogata sul rapporto tra l’autonomia dell’azione e il diritto sostanziale, per cui inizialmente si distingueva:  Azione in senso concreto: l’azione è condizionata dall’esistenza del diritto sostanziale e quindi l’azione di cognizione è il diritto ad un provvedimento favorevole;  Azione in senso astratto: l’azione prescinde dall’esistenza del diritto sostanziale, che può affermarsi solo all’esito del processo, per cui esso è il diritto ad un provvedimento sul merito, che potrebbe essere favorevole. In realtà, il processo è un fenomeno dinamico, per cui è necessario far riferimento al momento in cui la domanda viene proposta, per cui si è concluso che l’azione è un diritto parzialmente astratto, in quanto l’esistenza dell’azione è condizionata dal fatto che nella domanda sia stato affermato (come esistente, bisognevole di tutela e spettante a colui che propone la domanda) un diritto sostanziale; pertanto, l’azione si Azioni cautelari L’azione cautelare è il diritto alla tutela giurisdizionale mediante cautela, la cui funzione è finalizzata ad ovviare ai pericoli che minacciano la fruttuosità della tutela giurisdizionale (di cognizione o di esecuzione forzata, a cui quindi è strumentalmente legata) di un diritto. Essa, si concreta in due fasi:  Accertamento sufficiente delle ragioni che rendono necessario ed opportuno l’intervento cautelare. L’ordinamento correla le esigenze cautelari alla probabilità di sussistenza del diritto, che è qualcosa di più della semplice affermazione, ma qualcosa di meno dell’accertamento vero e proprio (che presuppone l’attività di cognizione che darebbe luogo al ritardo, ai cui pericoli si vuole ovviare), in quanto il momento della proposizione della domanda cautelare è estremamente ravvicinato a quello dell’autorizzazione della misura, per cui se non fosse così (se si chiedesse un accertamento pieno) tanto varrebbe attendere l’esito del giudizio di cognizione): o Periculum in mora: il ritardo della tutela giurisdizionale potrebbe esporre al pericolo un diritto; o Fumus boni juris: probabile sussistenza del diritto stesso. Il giudice, se accerta la sussistenza delle ragioni, autorizza con provvedimento la misura cautelare;  Attuazione della misura cautelare: forme analoghe a quelle dell’esecuzione forzata, in cui le condizioni dell’azione sono espresse e si esauriscono nel provvedimento cautelare autorizzativo (cfr. titolo esecutivo). Dovere decisorio del giudice Di fronte al diritto di azione come diritto ad un provvedimento sul merito (cfr. generico diritto dei soggetti alla tutela giurisdizionale), si configura il corrispondente dovere dell’organo giurisdizionale di compiere tutti gli atti che, coordinandosi a vicenda e in correlazione agli atti delle parti, conducono effettivamente al provvedimento sul merito, ossia alla decisione (cfr. generico dovere dello Stato a prestare la tutela giurisdizionale, vista la funzione istituzionale del giudice). Tale dovere – che è anche esercizio di potere – deve rendere funzionale il suo comportamento all’atto finale che assolve alla funzione decisoria, che pertanto si svolgerà con le modalità richieste dal tipo di tutela:  Processo di cognizione: si dovrà decidere sull’esistenza o meno di un diritto;  Processo esecutivo: si dovranno svolgere le attività preordinate all’attuazione effettiva del diritto;  Processo cautelare: si potrà compiere l’una o l’altra attività in via provvisoria. L’art. 112 c.p.c. impone al giudice di decidere su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa. La norma, enunciando il dovere decisorio del giudice in senso globale, stabilisce:  Dovere decisorio in sé stesso:  Correlazione tra domanda e decisione: il dovere decisorio è condizionato e determinato dalla domanda;  Oggetto e ambito del dovere: i limiti della decisione devono coincidere con quelli della domanda. Contenuto del dovere decisorio Innanzitutto, la norma stabilisce un generico dovere del giudice di decidere, sia nei casi di accoglibilità della domanda per la sussistenza delle condizioni dell’azione (cfr. diritto ad una pronuncia sul merito, cioè sul diritto sostanziale oggetto della domanda), sia nei casi di mancanza delle condizioni o di domanda invalida (cfr. diritto ad una pronuncia sul processo).  L’attività decisoria (sul merito) consiste in un giudizio destinato ad accertare l’esistenza o la non esistenza del diritto affermato nella domanda, che la qualifica come atto di esercizio dell’azione. Tale attività consiste nel sillogismo del giudice, cioè nell’enunciazione che, in un caso concreto, la volontà astratta di legge è diventata (o meno) concreta così come enunciata nella norma. L’operazione del giudizio è la sintesi di due distinti momenti logici, che in realtà finiscono per fondersi e coordinarsi a vicenda, in quanto l’uno è sempre il presupposto dell’altro: o Giudizio di diritto: momento logico in cui il giudice ragiona su un piano astratto e teorico, come puro giurista, in cui enuncia in astratto la portata attuale della norma, con riguardo alla precisa determinazione della sua volontà astratta e all’individuazione degli schemi astratti dei fatti costitutivi – esso in realtà presuppone un primo orientamento che non può essere dato che dai fatti; o Giudizio di fatto: momento logico in cui il giudice può operare con una totale assenza di vincoli, come uno storico, in cui riscontra che nel caso concreto si sono effettivamente verificati i fatti previsti in astratto dalla norma e affermati in concreto nella domanda, oltre agli eventuali fatti lesivi – esso in realtà presuppone la cernita e la messa a fuoco degli elementi rilevanti con riferimento alla norma. Correlazione con la domanda e i confini del dovere decisorio L’art. 112, nello stesso momento in cui enuncia la correlazione tra il dovere decisorio e la domanda, enuncia anche la correlazione tra i loro limiti; infatti, il dovere decisorio sorge solo se c’è la domanda, in quanto l’attività del giudice è dovuta solo in quanto richiesta, e con la stessa estensione della domanda. Pertanto, la pronuncia deve effettuarsi precisamente sul diritto (o diritti) che è affermato nella domanda (cfr. iudex secundum alligata judicara debet), cioè su tutto l’ambito del diritto affermato (cfr. se il giudice non decide su tutta la domanda può verificarsi l’omissione di pronuncia) e non oltre lo stesso ambito (cfr. se la decisione eccede i limiti della domanda, si verifica il vizio di ultrapetizione). La correlazione tra il dovere decisorio e la domanda della parte è espressione del principio della disponibilità della tutela giurisdizionale (art. 2907 c.c.), secondo cui la tutela giurisdizionale dei diritti è prestata su domanda di parte (cfr. diritti sostanziali disponibili, in quanto il titolare affermato è libero di chiedere o meno la tutela ed eventualmente rinunciarvi), e, quando la legge lo dispone, anche su istanza del p.m. o d’ufficio (cfr. diritti sostanziali indisponibili). Inoltre, quando la domanda sia stata proposta da soggetti diversi dal titolare affermato (cfr. legittimazione straordinaria o sostituzione processuale), si può ravvisare un fenomeno di disponibilità allargata del diritto con conseguente limitazione dell’esclusività nel disporre relativa tutela. L’art. 2907 trova una corrispondenza, in termini processuali, nel principio della domanda (art. 99 c.p.c.), secondo cui chi vuol far valere un diritto in giudizio deve proporre domanda al giudice competente. In questo modo, chi propone la domanda ha la disponibilità dell’oggetto sostanziale del processo con una sorta di esclusiva sul diritto al processo e sul conseguente dovere decisorio del giudice, in quanto esso sorge solo se c’è la domanda ed è la domanda stessa a vincolare e limitare il giudice (è sempre l’attore a dover allegare i fatti costitutivi e lesivi) con riguardo sia al tipo di azione esercitata (es. se l’attore chiede una condanna, la pronuncia di accertamento mero incorrerebbe nel vizio di parziale omissione di pronuncia; viceversa, nel vizio di ultrapetizione) sia all’ambito del giudizio stesso:  Giudizio di fatto: l’esclusività dell’attore nella determinazione del contenuto del dovere decisorio (e quindi dell’oggetto del processo) si manifesta soltanto nei riguardi del giudizio di fatto, in quanto i fatti costitutivi assolvono alla funzione costitutiva o concretante della volontà di legge e che devono essere allegati nella loro individualità;  Giudizio di diritto: la volontà astratta di legge, proprio per la sua astrattezza e generalità, non può costituire, per se stessa, oggetto di esclusiva. Pronuncia secondo diritto L’art. 113, in virtù del principio jura novit Curia, stabilisce che il giudice è libero di applicare le norme di diritto che ritiene meglio adattabili nel caso concreto, mutandone la qualificazione giuridica (nomen juris: anche se i fatti allegati nella domanda dicono che si concretizza il diritto al rilascio in virtù delle norme di locazione, il giudice potrà invece applicare quelle del comodato e quindi accogliere o respingere la domanda). Esso, infatti, deve seguire le norme del diritto, indipendentemente dal fatto che siano state indicate o meno nella domanda (cfr. tutte le norme e non solo quelle indicate dall’attore nella domanda). Naturalmente, la scelta delle norme applicabili al caso concreto presuppone l’interpretazione, cioè l’espressione in termini attuali e riferibili al caso concreto, di quella che fu l’espressione della volontà legislativa, facendo riferimento anche alle condizioni sociali, etiche ed economiche del momento, con anche elementi di creatività, con l’unico limite di non superare il contenuto obiettivo della norma (cfr. negli ordinamenti di civil law non vi è neppure un principio dello stare decisis) e fatta salva l’assoggettamento della norma così interpretata al controllo di conformità ai principi costituzionali o del diritto europeo, con relativa sospensione del giudizio fino alla pronuncia della Corte (Costituzionale o di Giustizia dell’UE); La libertà del giudice nella qualificazione giuridica, che si estende per tutto l’arco del giudizio (cfr. primo grado; fasi di impugnazione), rientrando tra i poteri ufficiosi del giudice, va coordinata con il dovere dello stesso giudice di assicurare alle parti il pieno rispetto al contraddittorio sulle questioni rilevabili d’ufficio. Pronuncia secondo equità In particolari casi disciplinati dalla legge, si eccepisce alla regola generale della pronuncia secondo diritto (art. 113) e si richiede la pronuncia secondo equità:  Giudizio necessario di equità (art. 113.2): il giudice di pace deve decidere secondo equità le cause il cui valore non eccede 1100 euro, salvo quelle derivanti da rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalità ex art. 1342 c.c. (moduli e formulari); o La Corte costituzionale ha preteso che tale natura necessaria deve sempre essere conforme ai principi informatori della materia oggetto della decisione giudiziale.  Giudizio facoltativo (o concordato) di equità (art. 114): il giudice togato può giudicare secondo equità una controversia su diritti disponibili, senza limiti di valore, quando entrambe le parti siano concordi nell’attribuire allo stesso giudice tale potere. La regola generale ex art. 113 (pronuncia secondo diritto) trova il suo fondamento nella funzione stessa della tutela giurisdizionale e nel suo oggetto (tutela dei diritti soggettivi e status personali); tuttavia, la controversia, pur sempre riferendosi alle norme del diritto, sorgendo in concreto con riferimento a determinati beni della vita, potrà essere risolta in base alle norme, ma potrà anche prescindere da esse, prendendo in considerazione la realtà puramente sociale ed economica di conflitto di aspirazione su quei beni. Pertanto, nei casi espressamente indicati dalla legge, il giudice opera come legislatore e giudice insieme, in quanto potrà lasciare da parte la norma generale ed astratta e formulare una regola particolare e proprio per quel determinato caso concreto, nella propria coscienza e in base a determinati orientamenti sociali e morali del tutto analoghi a quelli che ispirano il legislatore. L’equità, infatti, consiste proprio nella giustizia (o regola di giudizio) del caso singolo, che si sovrappone o deroga (equità sostitutiva) la regola di giudizio generale e astratta. La giustizia così amministrata garantirà un’inferiore certezza del diritto e uniformità di trattamento dei casi analoghi, ma una superiore adattabilità alle particolarità del caso concreto (cfr. per questo motivo, si prevedono casi limitati e costituzionalmente orientati di una giustizia di questo tipo, escludendo altresì la totale imposizione di equità alle parti). Principio della disponibilità delle prove Oltre al vincolo di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, l’art. 115 c.p.c. enuncia il vincolo del giudice alle prove indicate dalle parti, stabilendo che salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal p.m. e i fatti non specificamente contestati dalla controparte costituita. Il principio judex secundum alligata et probata judicare debet pone un doppio vincolo per il giudice che deve decidere secondo l’allegazione dei fatti e le offerte di prove effettuate dalle parti per convincere il giudice sulla verità dei fatti che allega (o per negare la verità di quelli allegati dalla controparte). In realtà, l’unione dei concetti di allegazione e di prova in un unico brocardo pone dei problemi, in quanto basati su un diverso fondamento logico:  Alligata: vincolo che si esprime nella regola della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (cfr. disponibilità dell’oggetto del processo) e che discende, come conseguenza logica necessaria, dal principio della domanda e da quello della disponibilità della tutela giurisdizionale;  Probata: vincolo che si esprime nel principio di disponibilità delle prove (o principio dispositivo), che, presupponendo già compiuta la richiesta di tutela (vs. principio di disponibilità dell’oggetto), concerne il modo tecnico con il quale il giudice svolge la sua attività decisoria e, in particolare, lo limita al servirsi delle prove come strumenti tecnici di convincimento. e delle prove), salva la non completa simmetria, in quanto il soggetto passivo entra nel processo in un momento logicamente distinto, quando l’attore ha già determinato l’oggetto del processo, i cui limiti è tenuto – in linea di principio – a rispettare, e con una funzione difensiva rispetto alla posizione offensiva dell’attore (salva la possibilità di farsi attore e determinare l’oggetto attivando un nuovo processo). Data la disponibilità del proprio diritto alla tutela giurisdizionale, il convenuto è autonomo rispetto all’esercizio dello stesso, in quanto non è obbligato a svolgere difese, reagire alla domanda o partecipare al processo:  Inerzia: il convenuto – che assumerà comunque la qualità di parte, in quanto regolarmente citato – potrà lasciare che il processo si svolge senza che egli assuma alcuna iniziativa. In ogni caso, la contumacia non impedisce lo svolgimento del processo, nel quale è già giuridicamente presente (cfr. si parla di un’assenza solo di fatto) e di cui sarà comunque destinatario del provvedimento, né ne vincola l’esito, lasciando il giudice libero nella formazione del suo convincimento (l’inerzia non conduce all’automatico accoglimento della domanda dell’attore, salvo provvedimenti speciali in cui la legge prevede espressamente il contrario – es. art. 663, per cui il giudice accoglie la domanda di licenza o di sfratto, anche se comunque formerà il proprio convincimento sui mezzi di prova forniti dall’attore circa la sussistenza del diritto) – ne deriva che l’inerzia potrà anche giovare all’attore stesso e nuocere al convenuto, in quanto l’attore ha comunque più facilità nel determinare il convincimento del giudice sia in diritto sia in fatto. o Il giudice potrà comunque arrestare il procedimento con una pronuncia sul processo (cfr. difetto di presupposti processuali, condizioni dell’azione, con riscontri fatti d’ufficio) o con una pronuncia sul merito, respingendo la domanda (cfr. inesistenza della volontà astratta di legge; inesistenza o assenza di prova dei fatti costitutivi o lesivi allegati).  Partecipazione attiva: il soggetto potrà altresì assumere iniziative difensive: o Rigetto: la partecipazione attiva si concreta nella richiesta di rigetto della domanda dell’attore, con la quale esercita un’azione di accertamento negativo della sussistenza del diritto vantato dall’attore con la sua domanda (cfr. azione di accertamento positivo nei confronti della domanda attorea che nega un diritto del convenuto), dovendo però rimanere nell’ambito dell’oggetto del giudizio determinato dall’attore stesso. Spesso, il convenuto non si limita a chiedere il rigetto, ma accompagna la sua richiesta allo svolgimento di un’attività difensiva, che potrebbe riguardare sia il diritto, contestando che la volontà astratta di legge debba essere interpretata come è stata invocata dall’attore (cfr. l’attività difensiva non influisce né sull’oggetto del giudizio né sui poteri del giudice, in quanto il giudice conosce il diritto e lo applica come ritiene più opportuno), sia il fatto costitutivo della domanda. Infine, il convenuto può:  Limitarsi a negare i fatti allegati dall’attore: l’ambito del giudizio non è modificato dall’attività difensiva, che si limita alla mera contestazione (es. il convenuto indica al giudice che un testimone, ascoltato ad iniziativa dell’attore si è contraddetto; indica come un certo documento prodotto dall’attore debba essere interpretato diversamente);  Offrire prove a sostegno della negazione dei fatti affermati dall’attore: il convenuto può fornire documenti o prove testimoniali, sia mediante prova contraria sia mediante prova su circostanze diverse. In questo caso, pur non influendo sull’ambito dell’oggetto del giudizio, influisce indirettamente sui poteri del giudice, in quanto si avvale della disponibilità delle prove. o Accoglimento: l’adesione del convenuto può implicare o accompagnarsi ad un riconoscimento esplicito dei fatti costitutivi allegati dall’attore. Tuttavia, anche in questi casi, il compito del giudice non è quello di prendere atto di un accordo tra le parti, ma deve compiere una pronuncia fondata su una certezza obiettiva che presuppone un convincimento del giudice, da acquisirsi in piena autonomia e libertà di valutazione. Pertanto, il giudice potrà assumere in decisione i fatti allegati non specificamente contestati, senza bisogno di prova, ma potrà comunque rigettare la domanda proposta dall’attore (e riconosciuta dal convenuto); o Rimessione al giudice: situazione rara che non differisce da quella del convenuto inerte. Eccezioni Il convenuto, nell’ambito della richiesta di rigetto, può anche allegare altri e diversi fatti. L’art. 2697 c.c. stabilisce che chi vuol far valere un diritto in giudizio (cfr. l’attore) deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento e che rendono il diritto attualmente esistente ed efficace (cfr. fatti costitutivi astrattamente previsti dalla norma come idonei a costituire un diritto), mentre chi eccepisce (cfr. convenuto) l'inefficacia di tali fatti o che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l'eccezione si fonda. Tale norma sostanziale si concretizza, sotto il profilo processuale, nell’art. 112 c.p.c. che attribuisce alle parti il potere di proporre eccezioni, cioè tutte le istanze con funzione di contrasto rispetto alla domanda, che si distinguono in:  Eccezioni processuali o di rito: rilievo del difetto dei requisiti e delle semplici argomentazioni difensive – rilevanti sotto il profilo processuale (cfr. nullità degli atti);  Eccezioni sostanziali o di merito: richiesta di una decisione negativa su una domanda altrui (vs. eccezioni in senso improprio, consistenti nella semplice negazione dei fatti costitutivi – es. negazione del diritto di credito) sul fondamento di: o Fatti impeditivi: l’attore non avrebbe la possibilità di far valere un diritto attuale, nel caso in cui la costituzione di un diritto fosse stata sottoposta ad una condizione sospensiva (es. il diritto di credito è fatto dipendere dalla pendenza di un termine); o Fatti modificativi (es. il diritto di credito si è modificato in virtù di un pagamento parziale); o Fatti estintivi: il diritto dell’attore si è estinto in ragione di fatti concretizzati con efficacia estintiva (es. il diritto di credito di Tizio si è estinto per il pagamento o per il decorso del periodo prescrizionale). Con l’eccezione di merito si allarga l’ambito dell’oggetto del processo rispetto a quello delimitato dalla domanda, ma non quello della domanda stessa. Pertanto, l’esclusiva dell’attore rispetto alla determinazione dell’oggetto del processo subisce un limite, in quanto il convenuto ha determinato un allargamento dei fatti dei quali il giudice può e deve conoscere, ancorché solo in funzione del rigetto della domanda. La seconda parte dell’art. 112, in particolare, stabilisce che il giudice non può pronunciare d’ufficio su eccezioni, che possono essere proposte soltanto dalle parti. La norma afferma implicitamente due categorie di eccezioni:  Rilevabili (anche) d’ufficio: il giudice, essendo tenuto a pronunciare sull’esistenza attuale del diritto affermato dalla domanda, deve conoscere tutti i fatti che, al momento della pronuncia, abbiano influito sull’esistenza di quel diritto e cioè anche dei fatti impeditivi, modificativi o estintivi che abbiano automaticamente prodotto i loro effetti sul diritto (es. pagamento del credito; risoluzione consensuale del contratto). Pertanto, in questi casi il giudice può tenere conto di tali fatti, purché risultanti dagli atti di causa e che siano non controversi e provati;  Riservate alle parti (eccezioni di merito in senso stretto): in molti casi, è lo stesso legislatore ad enunciare chiaramente ed esplicitamente che l’efficacia (impeditiva, modificativa o estintiva) di determinati fatti è subordinata all’iniziativa di chi li fa valere o afferma che di essi il giudice non può tenere conto d’ufficio (es. art. 1242 – eccezione di compensazione; art. 2938 – prescrizione) – secondo altri, l’art. 112 si deve intendere come un rinvio alle disposizioni di legge che contemplano la riserva alle parti (interpretazione non accolta). Inoltre, devono essere rilevati dalle parti quando i fatti (impeditivi, modificativi o estintivi) producono i propri effetti non automaticamente; infatti, il giudice non può tenere conto d’ufficio dei fatti che appartengono alla sfera riservata del convenuto e che possono essere fatti valere attraverso l’eccezione o con un’azione autonoma (es. risoluzione del contratto per inadempimento; annullabilità in tema contrattuale). Da queste premesse, si rileva che il convenuto non è del tutto privo di una zona di esclusiva sulla determinazione dell’oggetto del processo, anche se solo in funzione del rigetto della domanda. Infatti, si prospetta in capo ad esso un diritto paragonabile al diritto di azione, in quanto controdiritto alla tutela giurisdizionale, sia pur in modo marginale, in quanto fondato su fatti impeditivi, modificativi o estintivi appartenenti alla disponibilità di chi resiste alla domanda, e limitato, in quanto tendente al rigetto della domanda. Infine, il convenuto – come l’attore – ha diritto a ottenere il provvedimento sul merito, inteso come l’ottenimento di una pronuncia sul merito anche dei fatti sui quali essa si fonda (cfr. non è diritto al rigetto). Rimane fermo che, alle eccezioni – rilevate d’ufficio o proposte dal convenuto – possono essere fatte valere le controeccezioni (es. interruzione della prescrizione). Domanda riconvenzionale Il convenuto, oltre a chiedere il rigetto della domanda o a proporre eccezioni, può proporre un’autonoma domanda riconvenzionale nel medesimo processo, che allarga ancora una volta l’oggetto d’indagine del processo, e rispetto alla quale egli assumerebbe il ruolo proprio dell’attore, facendo conseguentemente assumere il ruolo di (contro o ri)convenuto all’attore originale (es. Caio, convenuto da Tizio per il pagamento di 100 in forza di un contratto di mutuo, riconviene Tizio per far valere il suo diritto al rilascio di un immobile che Tizio gli aveva venduto). Per evitare che tali domande creino una sovrapposizione caotica di diverse materie di giudizio in un unico processo, l’art. 36 (nell’ambito della deroga ai criteri di competenza in capo ai diversi giudici) circoscrive l’ambito di ammissibilità delle domande riconvenzionali. In particolare, la domanda riconvenzionale può essere proposta nello stesso giudizio soltanto in due particolari ragioni di collegamento, cioè quando la domanda del convenuto dipenda:  Dal titolo dedotto in giudizio dall’attore: la domanda è ammissibile quando dipende dai fatti collegati con i fatti costitutivi della domanda principale (cfr. ragione della domanda) – es. domanda di pagamento del canone da parte del locatore che era stato convenuto per il mantenimento in efficienza della cosa locata;  Da quello che già appartiene alla causa come mezzo di eccezione: la domanda è ammissibile quando dipende dai fatti impeditivi, modificativi o estintivi già introdotti in giudizio sotto forma di eccezioni dallo stesso convenuto (cfr. ragione dell’eccezione) – es. eccezione di compensazione proposta dal convenuto per far valere il diritto al pagamento della differenza, quando il controcredito apposto in compensazione ecceda il credito per il quale è stata proposta la domanda. Tuttavia, la domanda può essere proposta anche al di fuori delle ipotesi previste dall’art. 36, purché sussista un vincolo di collegamento tra la domanda principale e la riconvenzionale, tale da rendere opportuno il simultaneus processus. Infine, l’art. 171ter (1) stabilisce l’ammissibilità della reconventio reconventionis, cioè della domanda riconvenzionale proposta dall’attore rispetto alla riconvenzionale del convenuto, a cui vi si applicano i medesimi principi. Seppur impropriamente, la giurisprudenza include la domanda trasversale, cioè la domanda di un convenuto verso altro convenuto, nell’ambito della domanda riconvenzionale. Oggetto del processo L’oggetto sostanziale del processo è evidenziato dall’azione introdotta dall’attore, che determina i confini della pronuncia del giudice e i limiti delle contro-richieste del convenuto. Infatti, per determinare ed individuare i confini di una causa, cioè il singolo processo individuato nel suo oggetto sostanziale, occorre indicare l’ambito dell’azione, considerata come singolo fenomeno giuridico concreto e storicamente determinato. L’individuazione dell’azione esercitata in concreto è necessaria per l’applicazione il rispetto di alcuni principi fondamentali del processo:  Ne bis in idem: divieto a qualsiasi eventuale altro giudice di pronunciarsi nuovamente sulla materia che ha costituito oggetto della pronuncia passata in giudicato (cosa giudicata in senso processuale) e che costituisce il fondamento del principio per cui l’accertamento contenuto nella sentenza verso cui si sono esauriti i mezzi di impugnazione (cfr. art. 324) fa stato ad ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa (cfr. art. 2909 c.c. – cosa giudicata in senso sostanziale). Nel caso in cui, in violazione del divieto, l’azione su cui si è già formato il giudicato sostanziale venisse riproposta allo stesso o ad altro giudice, esso dovrebbe, anche d’ufficio, identificare l’oggetto del processo delle due azioni per stabilire se si stratta della medesima azione. Quando la questione investe l’ambito del giudicato, si presenta un problema di limiti soggettivi ed oggettivi del giudicato stesso; o Litispendenza: l’art. 39 e 273 dispongono che, nel caso in cui la seconda azione venga proposta quando il processo introdotto dall’esercizio della prima non è ancora terminato, cioè è ancora pendente e non si è ancora prodotta una decisione passata in giudicato, il secondo  Diritti eterodeterminati: nei diritti relativi (es. obbligazione ad una prestazione generica), il diritto si riconduce ad uno specifico fatto costitutivo, in quanto ogni fatto costitutivo corrisponde ad un diverso diritto – che può venire in essere più volte tra gli stessi soggetti – e quindi ad una diversa causa petendi che, almeno tendenzialmente, implica il petitum;  Diritti autodeterminati: nei diritti assoluti (es. diritti reali esclusi quelli di garanzia), il diritto consiste in un rapporto immediato sulla cosa e si individua indipendentemente dal fatto genetico, che possono anche essere molti senza che cambi né il diritto né l’azione (es. il diritto di proprietà su una cosa rimarrà identico e non potrà esistere più di una volta, sia che sia sorto per compravendita o per donazione, o per più ragioni distinte). La portata individuatrice dell’azione è polarizzata nel petitum che implica la causa petendi (es. è sufficiente dichiararsi proprietario di una cosa per determinare la causa petendi dell’azione). Successivamente, il giudicato sulla sussistenza del diritto di proprietà su una determinata cosa copre tutti i possibili fatti genetici del diritto di proprietà, esclusi quelli eventualmente sopravvenuti (es. se la domanda di rivendita a titolo di compravendita viene respinta, non è possibile riproporre la domanda per la rivendita a titolo di usucapione, salvo che si tratti di fatti successivi al giudicato). Infatti, il giudicato copre il dedotto e il deducibile, ma non ciò che non era ancora deducibile;  Diritti alla modificazione giuridica: nei diritti potestativi che fondano le azioni costitutive, diversi fatti genetici possono fondare lo stesso diritto e la stessa azione, ponendosi quindi in una situazione intermedia per cui la causa petendi può identificarsi con il singolo fatto genetico (cfr. diritti relativi) o con una serie di fatti genetici (cfr. diritti assoluti), in quanto considerati dalla legge come costitutivi di un medesimo diritto (es. il contratto può essere annullato per errore, violenza o dolo, configurando il diritto all’annullamento per tre azioni diversi). L’oggetto del giudizio trova un fondamento indiretto nell’art. 2909, per cui ciò che fa stato (che passa in giudicato) è la concreta decisione sulla domanda proposta, cioè il dispositivo della sentenza, escludendo le affermazioni estranee alla logica della motivazione (obiter dicta). Connessione, cumulo e concorso di azioni Le azioni possono definirsi identiche solo se vi è una piena identità di tutti gli elementi; viceversa, quando due o più azioni hanno in comune solo alcuni elementi, la comunanza parziale ha rilievo sotto il profilo dell’opportunità di cumulo, cioè verificare se le cause possano essere trattata insieme nello stesso processo, con la conseguente possibilità di derogare alle normali regole della competenza. La connessione tra le azioni può essere:  Soggettiva: comunanza degli elementi soggettivi, cioè quando vi siano due o più cause siano proposte dallo stesso attore contro lo stesso convenuto. L’art. 104 afferma l’eventualità di un cumulo oggettivo conseguente alla connessione soggettiva, cioè l’eventuale trattazione delle due o più cause nello stesso processo implicherebbe che anche gli elementi oggettivi vengano cumulati nello stesso processo. Infatti, dispone che, contro la stessa parte, possono proporsi nello stesso processo più domande anche non altrimenti connesse, salvo il rispetto delle regole di competenza del giudice (cfr. l’unione delle cause potrebbe innalzare il valore della stessa e adire a giudice diverso);  Oggettiva: comunanza degli elementi oggettivi, cioè quando tra le cause che si propongono esiste connessione per il petitum mediato o per la causa petendi. L’art. 103 afferma l’eventualità di un litisconsorzio facoltativo, cioè il cumulo soggettivo conseguente alla connessione oggettiva, per cui più soggetti possono agire o essere convenute insieme nello stesso processo. Ciò è possibile anche nel caso in cui vi sia la mera necessità di risolvere identiche questioni, senza elementi individuatori comuni (cfr. connessione impropria). Il codice individua particolari figure di connessione: o Riconvenzione; o Accessorietà; o Pregiudizialità; o Garanzia. La comunanza di alcuni elementi, per connessione di petitum (es. il diritto potestativo all’azione di interdizione della persona in stato abituale di infermità di mente spetta al coniuge, parenti, tutori, p.m. etc.), causa petendi (es. nel caso in cui Tizio abbia dato a Caio una cosa prima in locazione poi in comodato, l’azione – accolta – di comodato fa venire meno l’interesse ad agire per l’azione di locazione), o per gli stessi fatti storici (es. domanda di risarcimento sotto il profilo contrattuale ed extracontrattuale) può dar luogo al concorso di azioni, proponibili:  Cumulo alternativo: due azioni concorrenti vengono proposte nello stesso processo;  Cumulo condizionale: due o più domande vengono proposte nello stesso processo alla condizione che una di queste sia stata preventivamente accolta (cfr. cumulo successivo, o condizionale in senso stretto) o respinta (cfr. cumulo eventuale o subordinato). In questi casi, la pronuncia del giudice sulla domanda condizionale non presuppone il giudicato della pronuncia sulla domanda condizionante, che può essere effettuata con la medesima sentenza. Giudice, ausiliari e uffici complementari Giurisdizione L’art. 1 c.p.c. – richiamando l’art. 102.1 Cost., per cui la funzione giurisdizionale è esercitata dai magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario – attribuisce, in via generale, il potere giurisdizionale ai giudici ordinari secondo le norme del codice, salve speciali disposizioni di legge. L’elemento della generalità fa sì che il tema della giurisdizione si pone essenzialmente come un sistema di limiti alla generale spettanza di tutte le cause civili ai giudici ordinari, per cui – anche al fine di salvaguardare l’art. 25 Cost. (giudice legale precostituito per legge) – le singole disposizioni di legge:  Attribuiranno la giurisdizione agli organi diversi dai giudici ordinari italiani (cfr. giudici di altri Stati, organi dello Stato italiano che non siano giudici – es. Pubblica Amministrazione, giudici italiani non ordinari);  Stabiliscono i criteri in base ai quali i poteri decisori devono essere attribuiti a taluno degli organi: l’art. 5 – perpetuatio jurisdictionis, enuncia che la giurisdizione si determina con riguardo alla legge vigente e allo stesso stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda, restando senza conseguenze gli eventuali mutamenti successivi, di diritto o di fatto, rilevanti ai fini della determinazione della giurisdizione. Limiti della giurisdizione I limiti della giurisdizione dei giudici civili italiani possono derivare da:  Mancanza di domicilio o residenza in Italia del convenuto (cfr. L. 218/1995, che ha abrogato le disposizioni che limitavano la giurisdizione in riferimento alla cittadinanza delle parti): mentre l'attore straniero può tutelare i propri diritti davanti ai giudici italiani (art. 24 Cost), in virtù del principio di territorialità, l'esercizio della giurisdizione italiana nei confronti del convenuto straniero è condizionato al suo domicilio o residenza in Italia o alla presenza in Italia di un rappresentante autorizzato a stare in giudizio ex art. 77 c.c. o negli altri casi in cui è previsto dalla legge: o Stato straniero convenuto: in virtù dell'art. 10 Cost., si applica la consuetudine internazionale che esclude che uno Stato possa essere convenuto davanti ai giudici ordinari di un altro Stato per l'attività compiuta nell'esercizio della sua sovranità, pur potendo invece agire come attore o essere convenuto nei casi in cui operi come un normale soggetto di diritto privato; o Estensione della giurisdizione: la giurisdizione è strettamente legata ai criteri del domicilio o della residenza, salva l'applicazione di convenzioni o accordi internazionali che attribuiscano la competenza al giudice italiano indipendentemente da tali requisiti (es. Convenzione di Bruxelles per le controversie civili e commerciali) o in base ai criteri stabiliti per la competenza per territorio (es. l’obbligazione è sorta in Italia). Inoltre, la giurisdizione italiana sussiste anche quando, seppur in mancanza di criteri di collegamento, le parti l’abbiano convenzionalmente accettata e tale accettazione sia approvata per iscritto o non eccepita dal convenuto nel primo atto difensivo (vs. esclusione della competenza rispetto ad azioni reali aventi ad oggetto beni immobili situati all’estero); o Spazio giudiziario europeo (reg. 1215/2012): fissa una regola generale, per cui le persone domiciliate in uno degli Stati membri possono essere convenute davanti ai giudici di quello Stato, quale che sia la loro nazionalità;  Regole speciali: le persone domiciliate in uno Stato membro possono essere convenute davanti ai giudici di un altro Stato membro:  In materia contrattuale: davanti al luogo in cui l'obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita;  In materia di responsabilità per fatto illecito: davanti al giudice del luogo in cui è avvenuto o può avvenire l'evento dannoso;  In materia di azioni civili nascenti da reato: il responsabile può essere citato innanzi al giudizio giudice davanti al quale esercitata l'azione penale;  In materia di agenzia o succursale: davanti al giudice in cui essa è situata.  Competenza giurisdizionale esclusiva: indipendentemente dal domicilio del convenuto;  Regole sulla connessone tra cause (cfr. ragioni di garanzia o per la proposizione della domanda riconvenzionale, finalizzata a favorire la trattazione unitaria delle diverse domande);  Litispendenza: in caso di contemporanea pendenza della stessa causa davanti a giudici appartenenti a Stati membri diversi, prevale la causa proposta per prima (cfr. criterio della prevenzione) e di deroga alla competenza giurisdizionale non esclusiva, in forma espressa o tacita.  Rapporti con i giudici speciali amministrativi: quando la p.a. è convenuto (vs. attore, per cui gli atti possono essere portati ad esecuzione anche coattivamente e direttamente dai propri organi, con strumenti più efficaci) per la violazione di situazioni giuridiche dei privati, che si distinguono, a seconda del petitum sostanziale, in: o Diritti soggettivi: la p.a. può essere convenuta davanti al giudice ordinario come qualsiasi altro soggetto giuridico, entro i limiti fissati dalla L. 2248/1865. In particolare, i tribunali si limitano a conoscere gli effetti dell’atto in relazione all’oggetto dedotto in giudizio (es. condanna e azione costitutiva se l’oggetto della pronuncia interferisce con l’autonomia della p.a.; nei casi in cui la p.a. opera nella sfera propria, può essere ammissibile anche la condanna ad un facere, se non ha possibilità di scelta o di attività materiali), e il giudice civile può disapplicare l’atto amministrativo ritenuto illegittimo, nonostante la mancata impugnazione davanti ai giudici amministrativi; o Interessi legittimi o occasionalmente protetti: legittime aspettative di un soggetto determinato che trova una tutela riflessa nel fatto che coincidono con l’interesse generale, che costituisce l’oggetto della tutela diretta da parte della legge (es. l’interesse di un soggetto che fa ricorso contro l’esito di un concorso coincide con l’interesse pubblico che sia vinto dal soggetto più meritevole). Gli interessi legittimi trovano generalmente tutela attraverso un giudizio di cognizione di fronte ai giudici speciali amministrativi (TAR, Consiglio di Stato o Cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione; Corte dei conti, Tribunale superiore delle acque pubbliche) attraverso il quale i loro titolari possono ottenere, oltre alla tutela risarcitoria, l’annullamento dell’atto amministrativo per violazione di legge, incompetenza (per difetto, nell’autorità che lo ha emanato, del potere di emanarlo) o eccesso di potere (il potere amministrativo è stato impiegato per fini diversi da quelli in funzione dei quali è configurato dalla legge); l’azione avvero il silenzio della p.a. e l’azione per la declaratoria di nullità.  Giurisdizione esclusiva: l’art. 102 Cost. stabilisce che la funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari, non potendosi istituire giudici straordinari o speciali, salvo il mantenimento di quelli esistenti, ma potendo solo istituire sezioni specializzate per determinate materie presso gli organi giudiziari ordinari, anche con la partecipazione di cittadini idonei alla magistratura. o I giudici speciali hanno cognizione anche in materia di diritti soggettivi ed esercitano una giurisdizione completa ed esclusiva nelle rispettive materie:  Amministrativi: Tar e Consiglio di Stato, che hanno competenza per il procedimento amministrativo, per gli atti i provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, ai pubblici servizi, ad urbanistica ed edilizia, all'espropriazione per la pubblica utilità, ai pubblici appalti, alle altre materie previste dalla legge;  Tributari: in particolare, le commissioni tributarie di primo e di secondo grado, ora sostituite dalle corti di giustizia tributaria di primo e di secondo grado, la cui natura giurisdizionale viene riconosciuta per la sua disciplina del processo conforme a quella Competenza La competenza è la frazione della giurisdizione che spetta in concreto ad un determinato ufficio giudiziario rispetto ad una determinata causa. Infatti, una volta individuata la giurisdizione, è necessario distribuire il potere giurisdizionale tra i diversi uffici giudiziari civili per l’emanazione del provvedimento finale di merito. In particolare, vista la pluralità di uffici negli ordinamenti moderni, la distribuzione della competenza si concreta nella duplice scelta:  Distribuzione verticale: scelta tra uffici giudiziari di diverso tipo, con diverse caratteristiche intrinseche e strutturali per quanto riguarda la loro composizione o il loro funzionamento (cfr. giudice di pace; tribunale; corte d’Appello; Corte di cassazione) – competenza per materia e valore;  Distribuzione orizzontale: scelta tra uffici giudiziari dello stesso tipo, ciascuno con un proprio ambito, secondo la loro dislocazione sul territorio (cfr. in ciascun comune; circondario; distretto; a Roma) – competenza per territorio. Come per la giurisdizione, anche alla competenza si applica il criterio generale ex art. 5, secondo cui si deve avere riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistenti al momento della proposizione della domanda, restando senza conseguenze gli eventuali successivi mutamenti (anche ai fini dell’impugnazione).  Non si applicano invece le regole di distribuzione interna dei tribunali tra composizione monocratica e collegiali. Competenza per materia e valore Per la distribuzione tra giudici di tipo diverso, secondo la linea verticale, operano due criteri che il codice riunisce in un unico titolo (cfr. Capo I, Sez. II – della competenza per materia e valore):  Materia: consiste nel riferimento alla natura o al tipo di diritto su cui si controverte (es. diritti reali o obbligatori, questioni possessorie, questioni di stato o di famiglia);  Valore: consiste nel riferimento ad un determinato valore economico espresso in termini monetari dell'oggetto della controversia, salva la necessità di particolari criteri di valutazione nel caso in cui l'oggetto della controversia non consista in una somma di denaro. Gli ordinamenti moderni si ispirano ad entrambi i criteri facendoli operare insieme, stabilendo che il criterio del valore è generale, in quanto opera quando non esistano regole che stabiliscano diversamente con riguardo alla materia; altrimenti, il criterio della materia prevale su quello del valore. Inoltre, è possibile un’ulteriore ripartizione della competenza di determinate materie, secondo il criterio del valore e viceversa.  Infatti, se fosse sufficiente distribuire la competenza tra i giudici con riguardo ad uno solo dei criteri, sorgerebbero degli inconvenienti: qualora ci si riferisse solamente al valore alcune controversie potrebbero presentare una certa difficoltà o impossibilità di valutazione (es. stato personale o familiare), mentre il riferimento alla sola materia potrebbe attribuire ad uno stesso giudice cause di valore anche notevolmente diverso, senza considerare una proporzionalità tra il valore economico della causa e il dispendio di energie per risolverla;  Inoltre, ciascuno di questi due criteri viene incontro a diverse ragioni di opportunità: quello del valore, all'opportunità di attribuire le controversie di maggior valore al tribunale composto solo da giudici togati o di carriera che, seppur presenti in funzionamento meno agile dell'ufficio del giudice di pace, dà maggiori affidamenti di ponderatezza; quello della materia, ha l'opportunità di attribuire controversie al giudice di pace, quando l’oggetto ha esigenze particolari di rapidità e sveltezza, o al tribunale, quando l'oggetto sia particolarmente delicato. Secondo tali criteri si può ripartire la competenza tra:  Giudice di pace (art. 7): si determina la competenza: o Per le cause relative a beni mobili, indipendentemente dal diritto che si fa valere, fissando il limite generale di valore a €10mila, salva l’attribuzione della competenza ad altro giudice; o Per le cause di risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli o di natanti nei limiti di €25mila; o Per le materie elencate nel terzo comma, cioè 3 gruppi di controversie accomunati dalla materia di rapporti di vicinato (es. distanze alberi e siepi) senza limiti di valore; o Per le cause relative agli interessi o accessori da ritardato pagamento di prestazioni previdenziali; o [Dal 2025 dovrebbe ampliarsi la competenza per altre materie], per cui già d. lgs. hanno attribuito altre controversie (es. opposizione alle ordinanze-ingiunzioni di pagamento di sanzioni amministrative; verbale di accertamento del codice della strada).  Tribunale (art. 9): o Competenza per materia: attribuzione della competenza esclusiva per particolari controversie (cfr. imposte e tasse; persone; diritti onorifici; querela di falso; esecuzione forzata) e di ogni causa di valore indeterminabile; o Competenza per valore: attribuzione della competenza di tutte le cause che superino i limiti della competenza del giudice di pace, salva la competenza di altro giudice. L'applicazione del criterio del valore postula il riferimento a determinati criteri di valutazione, operanti soltanto agli effetti della competenza:  Art. 10: la determinazione del valore avviene con riferimento alla domanda o all'insieme delle domande eventualmente proposte dalla stessa parte contro la stessa persona (cfr. cumulo oggettivo), cioè quando vi sia lo stesso petitum mediato, in relazione con la causa petendi. La domanda riconvenzionale del convenuto o pregiudiziale con efficacia di giudicato può influire sulla competenza se questa eccede la competenza del giudice adito; altrimenti, si deve avere riguardo solo alla domanda dell’attore;  Art. 11: nelle cause sui rapporti obbligatori, il valore si determina con riguardo al rapporto in contestazione, parziale o, in caso di più soggetti, in base all’intera obbligazione;  Art. 12: nelle cause di divisione, il valore è quello della massa attiva da dividersi;  Art. 13: nelle cause per prestazioni alimentari, si fa riferimento all'ammontare delle somme dovute per due anni; per le rendite perpetue al cumulo di 20 annualità; per le rendite temporanee o vitalizie per il cumulo di 10 annualità;  Art. 14: per le cause su somme di denaro o beni mobili, si fa riferimento alla somma indicata e al valore dichiarato dall'attore nella domanda o presunto nei limiti della competenza del giudice adito. In mancata contestazione da parte del convenuto, il valore dichiarato o presunto, il valore rimane fissato anche agli effetti della decisione nel merito nei limiti massimi della competenza del giudice adito;  Art. 15: nelle cause relative alla proprietà e agli altri diritti reali su beni immobili, è sempre competente il tribunale, vista la soppressione dell’ufficio del pretore;  Art. 17: nelle cause di opposizione esecutiva, si ancora il valore della controversia. Il codice individua, seppur non tra le regole di competenza, la disciplina:  Corte d’appello: è competente, quale giudice di secondo grado, il giudice superiore rispetto a quello che ha deciso la causa in primo grado. Pertanto, il Tribunale può operare per le cause del giudice di pace (cfr. che è solo giudice di primo grado), mentre la Corte d’Appello può operare per le cause del Tribunale, salvo i casi eccezionali in cui può essere giudice anche di primo grado (es. opposizione al riconoscimento di sentenze o provvedimenti stranieri);  Corte di cassazione: competente per il controllo di legittimità nei confronti di tutte le sentenze. Competenza per territorio Per la distribuzione tra giudici dello stesso tipo, secondo la linea orizzontale, il riferimento è al territorio. Infatti, i vari uffici giudiziari sono dislocati nelle diverse circoscrizioni territoriali:  Foro generale: principio per cui si fa riferimento ai criteri soggettivi, cioè ai soggetti della controversia: o Persone fisiche: l’art. 18 enuncia il principio del foro generale, secondo cui, salvo che la legge disponga altrimenti, è competente il giudice del luogo in cui:  Il convenuto ha, al fine di garantirgli minori spostamenti territoriali, a discrezione dell’attore:  Residenza (art. 43.2 c.c.): luogo in cui la persona ha la dimora abituale (situazione di fatto) – la residenza amministrativa anagrafica non è, per sé stessa, determinante, anche se idonea a fondare una presunzione;  Domicilio (art. 43.1 c.c.): luogo in cui la persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi;  Dimora – solo nel caso in cui essi siano sconosciuti: situazione di fatto della presenza di una persona in un certo luogo, escluse le soste momentanee (es. pernottamento).  L’attore ha la residenza: criterio sussidiario, solo nel caso in cui il convenuto non abbia residenza ne domicilio né dimora nella Repubblica oppure se la dimora sia sconosciuta. o Persone giuridiche: l’art. 19 stabilisce, salvo che la legge disponga altrimenti, la competenza del giudice del luogo dove la persona giuridica ha sede (cfr. le associazioni non riconosciute e gli enti privi di personalità giuridica hanno sede nel luogo dove svolgono la loro attività in modo continuativo) o dove si trovi lo stabilimento e il rappresentante autorizzato a stare in giudizio per l'oggetto della domanda.  Foro speciale: eccezione (cfr. salvo che la legge disponga altrimenti) che prevale sul foro generale, con competenza esclusiva: o Criterio oggettivo prevalendo sui soggetti:  Petitum (art. 21): per le cause relative ai diritti reali o di locazione di immobili è competente il giudice del luogo dove è posto l’immobile (o l’azienda, nel caso di affitto di azienda), o nel caso di immobile in più circoscrizioni territoriali, quello dove si trova parte di esso; per le azioni possessorie e le denunce è competente il giudice nel quale è avvenuto il fatto denunciato;  Causa petendi: per le cause ereditarie è competente il giudice del luogo dell'aperta successione, cioè quel dell'ultimo domicilio del defunto; per le cause fra soci e condomini e fra questi ed il condominio è competente il giudice del luogo dove ha sede l'immobile o la società; per le cause relative alle gestioni tutelari e patrimoniali è competente il giudice del luogo di esercizio della tutela o dell'amministrazione; per le cause di opposizione all'esecuzione è competente il giudice del luogo dell'esecuzione; o Criterio soggettivo:  Foro erariale: nelle cause in cui sia parte la p.a. è competente il giudice del luogo dove ha sede l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato, nel cui ambito territoriale si trova il giudice che sarebbe competente secondo le norme ordinarie – il foro dello Stato si ritiene inderogabile;  Foro del consumatore: è competente il giudice nel luogo di residenza o domicilio elettivo del consumatore; o Esecuzione forzata:  Cose mobili o immobili: è competente il giudice del luogo in cui le cose si trovano o, se le cose immobili non sono interamente comprese nella circoscrizione di un solo tribunale, il giudice nella cui circoscrizione si trova una parte dell'immobile;  Crediti: è competente il giudice del luogo dove il debitore abbia residenza, domicilio, dimora o la sede;  Obblighi di fare o non fare: e competente il giudice del luogo dove l'obbligo deve essere eseguito.  Foto facoltativo: per le cause relative ai diritti di obbligazione è anche competente, in alternativa al foro generale, il giudice del luogo dove l'obbligazione è sorta o deve essere eseguita, o nel luogo di domicilio elettivo. Pertanto, l’attore può scegliere tra più uffici giudiziari competenti. o Si distingue dal foro speciale, in quanto non esclude la competenza del foro generale, ma si aggiunge ad essa. Infatti, nel caso del foro esclusivo, qualora l'attore avesse adito il foro generale, il convenuto potrebbe eccepire l'incompetenza, in mancanza della quale la legittimità del giudizio successivamente svolto innanzi al giudice del foro generale dipenderebbe dall'accettazione del giudice adito, salva l’inderogabilità della competenza.  Regolamento facoltativo (art. 43): quando il provvedimento pronuncia sulla competenza e, insieme, sul merito, la parte che è rimasta soccombente sulla questione di competenza può scegliere tra il regolamento, con il quale può impugnare soltanto il capo della sentenza che concerne la competenza, e l’impugnazione ordinaria, con la quale impugna la pronuncia sul merito e quella sulla competenza (cfr. non è l’unico mezzo di impugnazione, ma concorre con i modi ordinari – l’appello). o Tuttavia, esse non possono essere proposte contemporaneamente; pertanto, se è proposto il regolamento, l'impugnazione nei modi ordinari potrà investire soltanto il merito; viceversa, se viene proposta l'impugnazione ordinaria, le altre parti potranno chiedere il regolamento e il giudizio sull’impugnazione nei modi ordinari resta sospeso; o Se la pronuncia non venisse impugnata, il (successivo) giudicato sul merito supererebbe e toglierebbe il significato alla questione di competenza sanando ogni eventuale vizio ed essa inerente. Procedimento in Cassazione La proposizione del regolamento scaturisce il procedimento davanti alla Corte di cassazione in camera di consiglio. In particolare, il regolamento-impugnazione si propone con ricorso, entro 30 giorni dalla comunicazione (vs. notificazione, se vi sia già stata impugnazione ordinaria) dell'ordinanza, contenente l'indicazione del giudice che si ritiene competente e il motivo di censura. Il ricorso deve poi essere notificato alle parti che non vi hanno aderito (eventualmente con la sottoscrizione del ricorso), che possono altresì depositare, entro 20 giorni dalla notifica del ricorso o della comunicazione dell’ordinanza, scritture difensive e memorie con documenti. Infine, la Cassazione pronuncia, sulla competenza e sulle spese, in camera di consiglio con ordinanza. L’art. 50 stabilisce che, entro il termine stabilito dalla pronuncia della Cassazione (o di altro giudice) o, in mancanza, entro tre mesi dalla comunicazione della stessa, vi è l'onere della riassunzione della causa davanti al giudice dichiarato competente:  Translatio iudicii: se la riassunzione avviene nel termine, il processo continua davanti al nuovo giudice (non è un nuovo processo), con la conservazione degli effetti, processuali e sostanziali, della domanda e con la possibilità di utilizzare gli atti istruttori già eventualmente compiuti;  Estinzione del processo: se la riassunzione non avviene nel termine, il processo si estingue: o Ordinanza della Cassazione: sulla competenza statuita dalla Cassazione scende una sorta di incontrovertibilità processuale, nel senso che la competenza resta ferma anche in un'eventuale altro processo che venisse iniziato sulla stessa azione; o Ordinanza di un giudice di merito: la pronuncia perde ogni efficacia se non nei confronti dello stesso giudice che l'ha pronunciata. Pertanto, se la domanda venisse proposta innanzi al tribunale già dichiarato competente, egli sarebbe libero di dichiarare la sua eventuale incompetenza (cfr. non è obbligato a chiedere d'ufficio il regolamento di competenza). Litispendenza e continenza Quando si verifica la coincidenza di tutti gli elementi di identificazione, si verifica l’identità delle due o più azioni che sono in realtà una sola, in quanto vi è la necessità di osservare la regola del ne bis in idem, per il caso in cui sull'azione sia già intervenuto il giudicato o per il caso in cui l'azione sia già pendente davanti ad un giudice: In particolare, la litispendenza è la situazione che si determina quando la stessa causa pende dinanzi a giudici diversi nell'ambito della giurisdizione ordinaria, intendendosi per pendenza anche la situazione della causa già decisa in primo grado durante la decorrenza dei termini di impugnazione. Si distingue, a seconda che la stessa causa sia proposta davanti:  Stesso giudice: il giudice, anche d’ufficio, ne ordina la riunione (cfr. art. 273);  Giudici diversi: è necessario stabilire quale dei giudici è competente, secondo il criterio della prevenzione (cfr. art. 39). Pertanto, il giudice competente è quello adito per primo, avendo riguardo alla data di notificazione della citazione o di deposito del ricorso, mentre quello adito successivamente deve, in qualunque stato e grado del processo, anche d'ufficio, dichiarare con ordinanza la litispendenza e dispone la cancellazione della causa dal ruolo. Tali pronunce sarebbero assoggettate all'impugnazione con regolamento necessario di competenza; tuttavia, le SU hanno stabilito che la ratio della norma è che l’applicazione del criterio della prevenzione presuppone che la stessa causa sia proposta davanti a giudici diversi ugualmente competenti. La continenza di cause è una particolare figura di litispendenza (coincidenza di tutti gli elementi) che si verifica quando una delle azioni contiene l'altra per la maggiore ampiezza del petitum (es. in una causa si chiedono tutte le rate di un mutuo, mentre in un’altra se ne chiede una sola; contrapposte obbligazioni dello stesso contratto). In particolare, l'art 39.2 dispone che la competenza spetta al primo giudice se egli è competente anche per la seconda causa. Infatti, la diversa ampiezza delle cause esclude che per una delle due il giudizio possa essere semplicemente troncato (cfr. art. 39.1), e trattandosi di cause con oggetto di diversa ampiezza, potrebbe sussistere la competenza per l'una e non per l'altra. Pertanto, il giudice preventivamente adito dispone la riassunzione del processo, se egli è competente anche per la causa proposta successivamente; altrimenti il primo giudice deve disporre la riassunzione davanti al secondo giudice competente per essa. Le ordinanze dichiarative della litispendenza o della continenza sono da considerarsi pronunce sulla competenza anche agli effetti della loro impugnabilità con regolamento necessario di competenza. Connessione Quando si verifica la coincidenza di solo alcuni elementi di identificazione tra due o di più azioni, si determina il fenomeno della connessione, che ha altresì fenomeni di ripercussione sulla disciplina della competenza, in quanto il giudice competente per una delle cause connesse potrebbe non esserlo anche per l'altra o le altre. In linea di massima, la connessione può consentire deroghe della competenza per territorio e per valore, ma non per la competenza per materia, e può essere:  Connessione soggettiva: coincidenza di entrambi gli elementi soggettivi o personae, per cui l'art. 104 dispone il cumulo oggettivo soltanto quando, sotto ogni altro profilo diverso da quello del valore (cfr. le domande diverse si sommano tra loro, determinando una modificazione della competenza del giudice), sussiste la competenza del medesimo giudice;  Connessione oggettiva: coincidenza di uno o tutti gli elementi oggettivi, cioè del petitum e causa petendi, per cui l’art. 103 dispone il cumulo soggettivo, facendo convenire più persone nello stesso processo. In tal caso, è necessario scegliere tra i diversi fori generali dei convenuti (cfr. competenza per territorio, per cui si deve normalmente fare riferimento alla residenza o al domicilio) o, nel caso di competenza per valore, il processo si svolgerà dinnanzi al tribunale, se competente per una delle cause. Il codice regola particolari ipotesi di connessione oggettiva:  Rapporto tra cause: la connessione consente la modificazione della competenza per territorio e quella per valore: soltanto quando tra le cause connesse esista un rapporto tra la causa principale e: o Accessoria (art. 31): la decisione sulla causa accessoria dipende dalla decisione sulla causa principale (es. l'accoglimento della domanda di pagamento degli interessi dipende dall'accoglimento della domanda di restituzione di una somma data mutuo). In tal caso il giudice competente è:  Per territorio: il giudice competente per la causa principale è competente anche per quella accessoria;  Per valore: le diverse domande si sommano tra loro e si individua il nuovo giudice competente (art. 10.2). o Di garanzia (art. 32): premesso che le azioni di garanzia sono quelle azioni con le quali una parte fa valere il suo diritto sostanziale di essere garantita da un terzo, ossia risarcita dalle conseguenze della sua eventuale soccombenza (es. il compratore ha diritto di essere garantito dal venditore, nel caso in cui sia convenuto in giudizio da un soggetto che si vanta proprietario della cosa). L’opportunità che la causa di garanzia sia trattata insieme con la causa principale sta nell'interesse del garantito ad ottenere una pronuncia contro il garante contemporaneamente all'eventuale pronuncia contro di lui (altrimenti la garanzia non opererebbe). In tal caso, è competente:  Per territorio: il giudice per la causa principale, con conseguente possibile deroga della competenza per territorio;  Per valore: se la domanda eccede la competenza per valore del giudice adito (cfr. giudice di pace), questi rimette entrambe le cause al giudice superiore (cfr. Tribunale) assegnando alle parti un termine perentorio per la riassunzione.  Questioni pregiudiziali di merito (art. 34): la connessione è dovuta alla pregiudizialità- dipendenza tra le domande che, pur potendo costituire oggetto autonomo di una decisione, si inseriscono in un iter logico giuridico obbligatorio che necessita di una prima decisione sulla domanda principale (es. rispetto ad una domanda di alimenti da padre a figlio è pregiudiziale la questione relativa alla sussistenza del rapporto di paternità ove sia contestato): o Efficacia di giudicato: la questione pregiudiziale di merito, una volta sorta, va decisa con efficacia di giudicato se ciò debba avvenire per legge o per esplicita richiesta di una delle parti (es. questioni riguardanti lo stato delle persone). In questo caso, se la questione pregiudiziale appartiene per materia o valore alla competenza di un giudice superiore, quest'ultimo trae nella propria competenza anche la causa dipendente, derogando ai suoi criteri di competenza; o Incidenter tantum: al di fuori delle suddette ipotesi, la questione pregiudiziale di merito deve essere sempre decisa in via incidentale con efficacia limitata alla causa in corso (e non con efficacia di giudicato). In particolare, il codice individua due fenomeni della connessione per pregiudizialità-dipendenza: o Eccezione di compensazione (art. 35): nel caso in cui il convenuto sollevi un'eccezione di compensazione che abbia ad oggetto un controcredito contestato e il cui valore eccede alla competenza per valore del giudice adito, quest’ultimo può comunque pronunciarsi se la domanda principale sia fondata su titolo non controverso o facilmente accertabile, rimettendo al giudice superiore la sola decisione sul controcredito oggetto dell'eccezione di compensazione (cfr. condanna con riserva). Altrimenti, il giudice superiore trae la propria competenza l'intera causa, derogando ai criteri di competenza previsti per la domanda principale.  Viceversa, se il credito posto in compensazione non è contestato non si sposta la competenza, anche se quel credito dovesse superare i limiti della competenza del giudice adito in quanto la decisione è implicita. o Domanda riconvenzionale (art. 36): nel caso di domande riconvenzionali che eccedono alla competenza per materia o valore del giudice adito, il giudice superiore attrae l'intera causa alla propria competenza. Riunione delle cause connesse Nel caso in cui le cause connesse siano già state proposte e pendano davanti allo stesso o diversi uffici giudiziari, il giudice può valutare l'opportunità di cumulare le azioni connesse nello stesso processo:  Stesso giudice: il giudice davanti al quale pendono le cause connesse (o la stessa causa – litispendenza) può ordinare, anche d’ufficio la riunione;  Giudici diversi: la competenza spetta al giudice adito per primo (cfr. criterio della prevenzione), salvo che le cause connesse siano in rapporto di accessorietà (cfr. competenza del giudice della causa principale per entrambe le cause). Pertanto, il giudice adito successivamente (o quello competente per la causa accessoria) deve ordinare la riassunzione della causa (art. 40) innanzi al giudice della causa adito preventivamente (o della causa principale). Il rilievo della connessione, anche d'ufficio, deve avvenire entro la prima udienza e la riunione non può essere ordinata se la causa principale o preventivamente proposta se trovi in una fase già troppo avanzata. Inoltre, l’art. 42 stabilisce che la pronuncia della riunione è impugnabile con il regolamento necessario di competenza. Nel caso in cui le cause connesse appartengano a riti diversi, l'art. 40 (commi 3, 4 e 5) consente il simultaneus processus nonostante le differenze del rito: giudizio, il magistrato non può essere chiamato in causa, ma può intervenire in ogni fase e grado del procedimento (cfr. art. 105.2 – intervento adesivo dipendente). In caso di accoglimento della domanda e dichiarato il responsabile e condannato al risarcimento, lo Stato – attraverso il Presidente del Consiglio dei ministri – deve esercitare, entro due anni dall'avvenuto risarcimento, l’azione di rivalsa nei confronti del magistrato, con un autonomo giudizio nel quale al magistrato non è comunque opponibile la transazione eventualmente intervenuta nel giudizio di responsabilità.  La rivalsa non può superare la metà di un'annualità dello stipendio del magistrato al momento della proposizione della domanda (o il pagamento di rate mensili misura superiore ad 1/3, se questa viene effettuata mediante trattenuta dello stipendio), salvo che il fatto sia stato commesso con dolo. In ogni caso, il sistema di responsabilità giuridica dei magistrati, permane la responsabilità disciplinare degli stessi innanzi al Consiglio Superiore della Magistratura (vs. non esiste responsabilità politica o sociale). Cancelliere, ufficiale giudiziario e ausiliari del giudice Nell'assolvimento della sua funzione, il giudice si avvale della collaborazione di taluni uffici complementari impersonati da organi ai quali la legge attribuisce specifiche funzioni:  Organi permanenti: organi che appartengono in modo permanente all'organizzazione strutturale dei singoli uffici giudiziari: o Cancelliere (artt. 57-58): tipica funzione di documentare, collaborare e comunicare (cfr. provvedere alla documentazione dell'attività giurisdizionale; redige i processi verbali, stende sottoscrive con il giudice i provvedimenti, rilascia le copie e gli estratti degli atti e dei documenti; iscrizione delle cause a ruolo e alla formazione del fascicolo d'ufficio; conserva i fascicoli delle cause ricevendo il deposito degli atti che la legge prescrive come da effettuarsi in cancelleria; provvede alle comunicazioni degli atti e al rilascio delle copie); o Ufficiale giudiziario (art. 59): impersona, cioè svolge le funzioni di organo esecutivo e, nel processo di cognizione, collabora, provvedendo alle notificazioni (cfr. assiste il giudice in udienza, provvede all'esecuzione dei suoi ordini ed alle altre incombenze che la legge gli affida).  Organi occasionali: organi che sono estranei all'organizzazione degli uffici ed assolvono la loro funzione a seguito di un incarico specifico affidato loro occasionalmente di volta in volta: o Consulente tecnico (art. 61): ausiliario del quale il giudice si serve, scegliendo di volta in volta tra persone iscritte in albi speciali, quando la sua attività si svolge in un campo nel quale si richiedono particolari competenze e cognizioni tecniche non giuridiche. Il consulente, per rispondere ai quesiti (cfr. il giudice gli affida determinate indagini), riferisce di solito con una relazione scritta o anche con chiarimenti verbali in udienza o in camera di consiglio. Egli ha diritto al compenso, da liquidarsi con decreto del giudice che l'ha nominato.  In ogni caso, il giudice – il perito dei periti – rimane l’unico e solo responsabile del giudizio, anche tecnico. o Custode (art. 67): persona alla quale viene affidata la conservazione e, talora, l'amministrazione dei beni pignorati o sequestrati. Anch'egli ha diritto ad un compenso da liquidarsi con decreto; se non esegue l'incarico assunto può essere condannato ad una persona ad una pena pecuniaria (€250-500). L’art. 68 prevede la possibilità del ricorso ad altri più generici ausiliari (es. interpreti, traduttori, stimatori), all'assistenza della forza pubblica, al notaio. In generale, gli ausiliari del giudice che non appartengono all'organizzazione stabile dell'ufficio giudiziario ricevono un incarico occasionale che giustifica un compenso determinato con decreto del giudice. Entro 30 giorni dalla comunicazione o dalla notificazione del decreto, si prevede un'opposizione che introduce un procedimento contenzioso secondo le forme del procedimento semplificato di cognizione. Parti e difensori Parte, capacità e rappresentanza processuale Nozione di qualità di parte Nel codice manca una nozione di parte, generalmente intesa come l’assunzione di un ruolo coordinato con quello di altri soggetti (altre parti e soggetti imparziali) in vista di un risultato complessivo (parte in contrapposizione a tutto), e il legislatore la intende in modo alternativamente diverso:  Parte processuale: nonostante manchi una definizione all'interno del codice, parte sta a significare l'assunzione di un particolare ruolo soggettivo nei fenomeni giuridici (cfr. parte contraente in un contratto) e, in particolare, nel processo. Infatti, le parti nel processo sono quei soggetti che compiono gli atti del processo e ne subiscono gli effetti, in quanto destinatari dei provvedimenti del giudice. Generalmente, le parti sono il soggetto attivo, cioè colui che propone la domanda, in nome proprio o nel cui nome la domanda viene proposta (es. rappresentato; sostituito) e il soggetto passivo, cioè colui nei cui confronti la domanda è proposta. o In realtà, la qualità di parte – anche se il più delle volte ad essa si sovrappongono tutte o almeno alcune delle ulteriori qualificazioni soggettive (cfr. titolarità del rapporto sostanziale; titolarità dell'azione; potere di proporre la domanda, in quanto soggetto capace) – prescinde da ciascuna di esse ed esiste alla sola condizione che esista un processo. Infatti, essa è la qualificazione soggettiva minima, ma sempre presente nel processo. Infatti, se c'è una domanda, c'è un processo e quindi la parte: potrà mancare il diritto fatto valere, l'azione e il potere di proporre la domanda, ma permane la qualità di parte (es. se il soggetto che agisce risulterà non avere il diritto sostanziale che ha fatto valere o è incapace, il giudice potrà respingere la domanda per difetto di legittimazione solo dopo un processo nel quale il soggetto ha avuto la qualità di parte);  Parte sostanziale: in alcuni casi, il legislatore fa riferimento alla parte intendendo il rapporto sostanziale oggetto del processo (es. art. 2909 – cosa giudicata in senso sostanziale). In ogni caso, la legge si riferisce alla parte in senso processuale quando attribuisce i poteri, le facoltà o gli oneri processuali ai soggetti che operano nel processo o configura a loro carico doveri o responsabilità. Infatti, la qualità di parte la sola la qualificazione soggettiva che in un processo non manca mai, mentre potrebbe invece mancare la titolarità del diritto sostanziale dell'azione o del potere di proporre la domanda. Perciò, la qualità di parte, che pur prescinde da ogni preesistente qualificazione giuridica e sussiste per il solo fatto che è stata proposta una domanda, finisce col costituire la base minima di qualificazione giuridica del soggetto e perciò è titolare di tutte le situazioni giuridiche e processuali che la legge conduce alla parte (cfr. art. 125 – contenuto degli atti di parte). Capacità processuale La nozione minima di parte processuale può essere altresì affiancata da ulteriori qualificazioni soggettive che si sovrappongono ad essa:  Parte legittimata ad causam (o giusta parte): la parte che ha proposto la domanda ha anche la legittimazione ad agire, che si risolve nella titolarità dell'azione ed è configurata come condizione dell'azione;  Parte legittimata ad processum: la parte ha anche il potere di proporre la domanda. La legittimazione processuale è un presupposto processuale (vs. condizione dell’azione), cioè un requisito anteriore alla proposizione della domanda, che condiziona l'attitudine del processo a pervenire ad una pronuncia di merito. Infatti, la posizione soggettiva di colui che è titolare del potere di proporre o di ricevere la proposizione di una domanda e che, in quanto eserciti questo potere, diviene titolare anche delle serie ulteriori dei poteri processuali che conseguono la proposizione della domanda, esprimendo la permanenza di questo requisito durante l'ulteriore svolgimento del processo. o Anche se in mancanza del requisito di legittimazione processuale, si svolge comunque un processo (seppur destinato a chiudersi con una pronuncia che dà atto di quella mancanza), l’utilità pratica della nozione è proprio in funzione di una pronuncia sulla sussistenza o meno del requisito. Tuttavia, il codice non utilizza l'espressione legittimazione processuale, ma una nozione che gli corrisponde: capacità processuale. Infatti, l'art. 75 stabilisce che sono capaci di stare in giudizio le persone che hanno il libero esercizio di diritti che vi si fanno valere. Infatti, il potere di proporre la domanda spetta a tutti (ex art. 24 Cost.), con la sola limitazione che deriva dall'eventuale incapacità; pertanto, siccome tale potere dipende dalla capacità, il legislatore ha inteso esprimere con una sola nozione (cfr. capacità processuale) sia la capacità, intesa come modo di essere fisiopsichico del soggetto, sia la titolarità del potere di proporre o di ricevere la proposizione di una domanda e dei poteri successivi.  Inoltre, il legislatore, per precisare quali siano i soggetti capaci e che quindi possono stare in giudizio, non si è limitato a compiere un semplice richiamo alla nozione di diritto sostanziale della capacità di agire, ma ha attribuito genericamente la capacità a coloro che abbiano il libero esercizio dei diritti, riferendosi ad una situazione che non riguarda più soltanto e direttamente il modo di essere della persona, ma che si sostanzia in un'autentica titolarità di poteri. Infatti, vi sono soggetti che seppur siano capaci di agire sono comunque privi di libero esercizio dei diritti (es. imprenditore insolvente rispetto ai diritti patrimoniali). In questo modo, si è creata una norma concettualmente confusa, in cui valgono contemporaneamente due concetti: quello della capacità processuale (capacità di essere parte del processo) e legittimazione processuale (potere di stare in giudizio). L'uno dipende dall'altro. Rappresentanza processuale legale Persone fisiche Il secondo comma dell'art. 75, stabilisce che gli incapaci (o semi-capaci) cioè coloro che non hanno il libero esercizio di diritti, e quindi la legittimazione o capacità processuale, non possono stare in giudizio, se non rappresentate, assistite o autorizzate secondo le norme che regolano la loro capacità (o meglio, che ovviano alla loro incapacità):  Rappresentanza: l'art. 75 mutua dal campo sostanziale lo strumento della rappresentanza nel processo, con cui si conferiscono al rappresentante (o legittimato processuale rappresentativo) tutta la serie dei poteri che introducono la serie degli atti del processo (cfr. potere di proporre la domanda ed a proseguire col potere di compiere tutti gli altri atti) con la contemplatio domini, per cui il rappresentante deve dichiarare di agire in nome del rappresentato. Essa, in generale (cfr. diritto sostanziale), può essere: o Legale: la legge, mentre sottrae all'incapace il potere inerente all'esercizio del suo diritto, conferisce un potere equivalente (potere rappresentativo o, nel processo, legittimazione processuale rappresentativa), ad un altro soggetto, in virtù del quale il rappresentante può compiere un atto in nome dell’incapace rappresentato, ma con la manifestazione di voler produrre effetti in capo a quest'ultimo (contemplatio domini); o Volontaria: talvolta, il potere rappresentativo è conferito dallo stesso titolare del diritto (vs. legge) attraverso un negozio (procura). Ciò accade quando il titolare del diritto, pur potendo agire egli stesso, preferisce servirsi di un'altra persona (cfr. modo di esercitare i diritti degli enti che, essendo estrazioni giuridiche, devono estrinsecarsi attraverso il comportamento di persone fisiche).  Assistenza: tecnica che consiste in una partecipazione contemporanea dell'assistente (curatore) e dell'assistito (semi-capaci – inabilitati e minori emancipati) all'esercizio dei poteri. Pertanto, vi è una titolarità congiunta o co-titolarità dei poteri stessi che dà luogo ad una legittimazione processuale congiunta (co-legittimazione processuale), per cui l'assistito e il curatore devono agire o essere convenuti entrambi;  Autorizzazione: rimozione di un ostacolo all'esercizio del potere che già sussiste, che può riguardare sia l'attività del rappresentante legale (es. il giudice tutelare deve autorizzare il rappresentante ad agire in giudizio in nome dell'incapace nei casi ex 320 e 374 c.c.) sia quella dell'assistente insieme con il semi-capace o il soggetto interessato (es. il giudice tutelare deve autorizzare il minore emancipato per gli atti di straordinaria amministrazione).  Necessario (onere del patrocinio): ministero del difensore nei giudizi davanti alla Corte di cassazione, alle Corte d'appello e ai tribunali, salvi i casi in cui la parte ha essa stessa la qualifica professionale necessaria per esercitare l'ufficio di difensore con procura presso il giudice adito (cfr. art. 86 che esenta l’onere del ministero e non configura un ministero a favore di sé stesso);  Non necessario: o Giudice di pace:  Cause non eccedenti il valore €1100 o superiore con l'autorizzazione, anche implicita, quando ciò appaia opportuno in considerazione della natura e identità della causa;  Rappresentanza volontaria: facoltà di utilizzare, sempre davanti al giudice di pace, lo strumento della rappresentanza volontaria per fini di ausilio, eccezionalmente conferibile anche a persona che non è rappresentante sul piano sostanziale, sia essa o meno tecnica del diritto; o Rito speciale del lavoro: la parte può stare in giudizio personalmente in tribunale anche senza autorizzazione ogni qualvolta la causa non ecceda il valore di €129,11 (cfr. art. 417). L'art. 82.3 precisa che le parti devono stare in giudizio col ministero di un difensore legalmente esercente, che può essere conferito, insieme con l'assistenza, ad un avvocato iscritto in qualsiasi albo, la cui attività è disciplinata dalla legge professionale forense (L. 247/2012). Pertanto, il ministero può svolgersi senza limiti territoriali, ferma la necessità dell’elezione di domicilio nell'ambito della circoscrizione territoriale del giudice innanzi al quale si svolge il giudizio. Infatti, quando gli avvocati esercitano la loro attività in giudizio fuori dalla circoscrizione della Corte d'appello in cui sono iscritti, devono, all'atto della costituzione in giudizio, eleggere domicilio nel luogo ove ha sede l'ufficio giudiziario presso il quale il giudizio è pendente, in mancanza della quale, le notificazioni devono essere effettuate nella cancelleria del giudice.  Domicilio digitale (L. 221/2012): quando la legge prevede che le notificazioni degli atti materia civile al difensore siano eseguite, ad istanza di parte, presso la cancelleria dell'ufficio giudiziario, alla notificazione con le predette modalità può procedersi esclusivamente quando non sia possibile, per cause imputabili al destinatario, la notificazione presso l'indirizzo di posta elettronica certificata, risultante dagli elenchi o dal registro generale degli indirizzi elettronici gestito dal ministero della giustizia. Ministero del difensore L'art. 84 – poteri del difensore stabilisce che quando la parte sta in giudizio con il ministero del difensore, questo consiste nel potere di compiere e di ricevere, nell’interesse della parte stessa, genericamente tutti gli atti del processo, esclusi quelli riservati espressamente alla parte dalla legge o che in generale implicano disposizioni del diritto in contesa, se non ne ha ricevuto espressamente il potere, che sopravvivono all'eventuale morte della parte non dichiarata in giudizio dallo stesso difensore.  Tale disposizione consiste in un sub-conferimento al difensore dell’esercizio dei poteri che sono e restano della parte: infatti, si deve escludere la contraddittorietà degli artt. 75 ss. che conferiscono alla parte o al suo rappresentante la legittimazione processuale, diretta o rappresentativa, in quanto si deve ritenere che la parte può esercitare tali poteri soltanto avvalendosi di uno strumento tecnico, cioè del difensore, salva la disposizione diretta del diritto in contesa. Procura L'art. 83 stabilisce che è la parte a conferire lo ius postulandi, cioè una semplice designazione (vs. conferimento dei poteri, che è compiuto direttamente dalla legge) dei poteri al difensore di comparire davanti al giudice e compiere gli atti del processo in nome della parte o del suo rappresentante. In particolare, la procura deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata e può essere:  Generale (alle liti): riferimento generico a una serie indefinita di liti o a tutte le possibili liti;  Speciale (alla lite): riferimento alla singola lite, per cui la procura può essere apposta, dalla parte o dalla persona munita di poteri di rappresentanza per la persona giuridica, in calce o a margine dei documenti che contengono alcuni atti del processo (cfr. art. 83.3 – atti con i quali si compie il primo ingresso nel processo: citazione, ricorso, controricorso, comparsa di risposta o di intervento, precetto, domanda di intervento nell'esecuzione; la memoria di nomina di altri difensori in aggiunta o in sostituzione del difensore originariamente designato). L’art. 83.4 stabilisce che la procura, essendo speciale e quindi riferita alla singola lite, si presume conferita soltanto per un determinato grado del processo quando non è espressa una volontà diversa, e se viene rilasciata a più difensori, si presume che il conferimento sia disgiunto, salva esplicita risultanza contraria. o La procura si considera rilasciata in calce all'atto anche se rilasciata su foglio separato, ma congiunto materialmente a quello al quale si riferisce, o su documento informatico separato sottoscritto con firma digitale e congiunto all'atto in cui si riferisce. In tali casi, è lo stesso difensore che certifica l'autografia della sottoscrizione della procura ad opera della parte. La Cassazione ritiene che la mancata certificazione costituisca una mera irregolarità che non comporta nullità della procura ad litem, in quanto essa non è comminata dalla legge né incide sui requisiti indispensabili per il raggiungimento dello scopo dell'atto; o La mancanza di una valida procura determina un vizio di nullità della sentenza, che può essere fatto oggetto di motivo di impugnazione ed essere rilevato anche d'ufficio in ogni grado e stato del giudizio, salvo che il vizio sia stato sanato o sulla questione si sia formato il giudicato interno. L’art. 85 stabilisce che la procura può essere sempre revocata e il difensore può sempre rinunciarvi, ma la revoca e la rinuncia non hanno effetto nei confronti dell'altra parte finché non sia avvenuta la sostituzione del difensore. Inoltre, la procura rilasciata da un ente a mezzo di un organo che ne ha i poteri rimane valida nonostante i successivi mutamenti sia della persona fisica che riveste l'organo e sia dello stesso organo, compresa la sua soppressione. L'art. 125.2 dispone che la procura al difensore dell'attore può essere rilasciata anche in data posteriore alla notificazione dell'atto di citazione, purché anteriormente alla costituzione della parte rappresentata. Infatti, fino a quel momento, il codice presume – e considera sufficiente – la procura puramente verbale, a condizione che essa venga documentata prima della costituzione. Inoltre, l'art. 182.2 consente la sanatoria anche del mancato rilascio della procura al difensore negli atti introduttivi del giudizio. Assenza di procura Talvolta, la designazione del difensore non necessita della procura, in quanto è fatta direttamente:  Dalla legge (es. la p.a. è difesa dall’Avvocatura dello Stato);  A seguito dell'adozione di un particolare provvedimento: il Consiglio dell'Ordine degli avvocati può ammettere, in via anticipata e provvisoria, l’interessato che ne faccia istanza – che deve autocertificare la sussistenza dei requisiti (cfr. reddito, risultante dall'ultima dichiarazione, non superiore ad un determinato limite periodicamente aggiornato, attualmente stabilito €12.838,01) – al patrocinio a spese dello Stato, se le pretese che l'interessato intende far valere non appaiano manifestamente infondate. Chi è ammesso al beneficio può nominare un difensore scelto tra gli iscritti all'albo e presso il quale è tenuto un elenco degli avvocati che ne hanno fatto domanda e che siano in possesso di determinati requisiti – quando l'impugnazione, anche incidentale, è dichiarata inammissibile al difensore non è liquidato alcun compenso. Rappresentanza tecnica Il ministero del difensore è uno strumento che ha taluni caratteri comuni con quello della rappresentanza tecnica (vs. processuale in senso proprio, anche se il rappresentante legale o volontario possono operare insieme con il ministero del difensore), da cui tuttavia si differenzia perché il difensore non è un semplice nuncius (cfr. strumento di espressione o traduttore della volontà della parte in termini giuridici), in quanto nel campo tecnico-giuridico la legge gli affida un margine di discrezionalità e di autonomia più ampio del rappresentante, né un rappresentante vero e proprio (cfr. nel caso, sarebbe rappresentanza in parte legale e in parte volontaria), in quanto la maggiore autonomia si arresta ogniqualvolta si tratta di disporre direttamente dei diritti di contesa. Inoltre, la legge processuale si occupa solo degli aspetti processuali dell'attività del difensore, prendendo in considerazione solo i suoi rapporti con la parte solo per quanto concerne le conseguenze processuali (cfr. procura, revoca, rinuncia), mentre non si occupa dei rapporti tra la parte e il difensore che restano nel campo sostanziale senza produrre conseguenze immediate nel processo (cfr. contratti di patrocinio; munus publicum come nel patrocinio gratuito). La riforma Cartabia ha introdotto l'obbligo per l'avvocato, in determinate ipotesi, di procedere direttamente alla notificazione – a mezzo posta elettronica certificata o con altre modalità – senza potersi rivolgere all'ufficio giudiziario, e il potere di certificazione di conformità all'originale delle copie informatiche degli atti e dei provvedimenti presenti nel fascicolo informatico formati su supporto analogico e detenuti in originale o copia conforme (cfr. artt. 196octies e 196novies).  Con l'introduzione dell'obbligo di deposito di tutti gli atti processuali di parte, è stato anche previsto che le copie informatiche degli atti e dei provvedimenti presenti nei fascicoli informatici e trasmessi in allegato alle comunicazioni telematiche equivalgono all'originale anche se privi delle della firma digitale del cancelliere di attestazione di conformità all'originale e il difensore può estrarre copie analogiche e informatiche, anche per immagine, e attestarne la conformità ai corrispondenti atti e provvedimenti contenuti nel fascicolo informatico. Le copie così estratte e munite dell'attestazione di conformità del difensore hanno la stessa efficacia probatoria dell'atto che riproducono;  Il difensore ha lo stesso potere di certificazione di conformità all'originale o alla copia conforme delle copie informatiche anche per immagine di un atto di parte di un provvedimento del giudice informato sul supporto analogico e detenuto in originale o in copia conforme. Tali disposizioni non si applicano agli atti processuali che contengono provvedimenti giudiziali che autorizzano il prelievo di somme di denaro vincolate all'ordine del giudice, in quanto l'efficacia di tale provvedimento è subordinata all'ordine del giudice di prelievo di tali somme. Assistenza dell’avvocato e del consulente tecnico di parte L’art. 87 disciplina l’assistenza:  Avvocato: il difensore, con l'esercizio dell'assistenza, assume nel processo un ruolo più marginale (vs. esercizio del ministero che porta al difensore dentro il processo, in quanto lo porta a compiere personalmente gli atti, anche se in nome della parte), in quanto ausilio tecnico che non riguarda la forma degli atti, ma solo il loro contenuto. L'avvocato non opera in nome della parte, ma opera in persona propria a favore della parte. Pertanto, l'assistenza del difensore è quella realmente imperniata sul contenuto della difesa, in quanto svolge gli argomenti difensivi e cerca di determinare, con le sue argomentazioni orali e scritte, il convincimento del giudice;  Consulente tecnico di parte: il codice, tutte le volte in cui il giudice si avvale del consulente tecnico di ufficio per risolvere problemi di natura tecnica non giuridica, consente alle parti di indicare un proprio consulente che svolge funzioni paragonabili a quelle dell'avvocato limitatamente al piano tecnico. Doveri e responsabilità delle parti e dei difensori Deontologia forense In generale, sulle parti gravano solo situazioni semplici di potere (vs. dovere in capo agli organi del processo) a cui tuttavia si aggiungono dei doveri, interpretabili come oneri:  Doveri (art. 88): le parti e i loro difensori devono comportarsi in giudizio con lealtà e probità, non turbando l’applicazione del principio del contraddittorio e la corretta tutela dell’interesse sostanziale. Secondo parte della dottrina e giurisprudenza, si tratta di un mero dovere morale ed etico al rispettare le “regole del gioco”; in realtà, tale precetto si innalza ad avere un autentico contenuto giuridico, in quanto il comportamento delle parti può essere assunto a criterio di diverse valutazioni: o Applicazioni di sanzioni (cfr. art. 92): la trasgressione al dovere consiste in un’autonoma ragione di rimborso delle spese;  Deontologia forense (art. 88.2): la violazione da parte dei difensori comporta un particolare e autonomo iter per l’applicazione di una sanzione. o Argomenti di prova (art. 116): il giudice può desumere dal comportamento delle parti nel processo taluni argomenti di prova; o Direzione del procedimento (art. 175): il leale svolgimento del procedimento è un criterio generalmente ispiratore dei poteri del giudice.  Divieti (art. 89): le parti e i loro difensori non possono usare, negli scritti difensivi e nei discorsi pronunciati davanti al giudice, espressioni sconvenienti ed offensive, per cui il giudice può disporre  Processo esecutivo e cautelare (art. 96.2): esercizio dell’azione esecutiva ed esercizio della fase esecutiva dell’azione cautelare o ad altre iniziative o trascrizioni di provvedimenti, senza la normale prudenza. o Tali iniziative non sarebbero possibili senza un titolo esecutivo o un provvedimento cautelare, cioè senza accertamenti circa l’esistenza o probabilità del diritto per il quale si agisce in una misura che l’ordinamento ritiene sufficiente per far luogo all’esecuzione forzata o all’attuazione della cautela. In questi casi, colui che abbia uno strumento per realizzare coattivamente un diritto ha un’autoresponsabilità, in quanto il diritto in oggetto potrebbe non esistere o non esistere più (cfr. la realtà giuridica potrebbe mutare), che può implicare, quando sia risultata l’inesistenza del diritto portato ad esecuzione, un illecito ogniqualvolta non si adoperi la normale prudenza (viceversa, l’esecuzione rimane l’esercizio del diritto di azione).  Temerarietà attenuata (art. 96.3): applicazione di una misura a carattere sanzionatorio per un comportamento processuale quantomeno colposo dalla parte soccombente. In particolare, il giudice può, anche d'ufficio e in ogni caso, cioè prescindendo dalla temerarietà della lite, condannare la parte soccombente al pagamento di una somma equitativamente determinata;  Ulteriore sanzione pecuniaria (art. 96.4 – rif. Cartabia): il giudice deve, d’ufficio e in via accessoria, condannare la parte al pagamento, in favore della cassa delle ammende, ad una somma di denaro (da €500 a 5000), nei casi previsti dal primo, secondo e terzo comma. La natura di vera e propria sanzione della pronuncia giustifica sia la determinazione da parte dello stesso legislatore di un limite minimo e massimo per essa, sia la destinazione delle somme ricavate alla cassa delle ammende;  Condanna dei rappresentanti (art. 94): condanna alle spese per motivi gravi, in proprio, di tutori, curatori e rappresentanti – che in genere, operando in nome altrui, non subiscono le conseguenze della soccombenza che ricadono solo sull’assistito – con l’applicazione di principi affini a quelli che soprassiedono alla responsabilità aggravata. Distrazione delle spese L’art. 93 prevede il provvedimento di distrazione delle spese a favore del difensore della parte vittoriosa, consistente in un'eccezione alla regola generale secondo la quale il compenso al difensore è dovuto solo dal suo rappresentato o assistito, salvo il diritto di quest'ultimo se vittorioso al rimborso nei confronti della parte soccombente, al fine di garantire al difensore il conseguimento del suo compenso, facendola derivare direttamente dalla parte soccombente. In questo caso, il difensore assume, sia pure limitatamente alla proposizione dell'istanza e a questo aspetto della pronuncia, una posizione autonoma che gli attribuisce una veste assimilabile a quella della parte, mentre, per effetto della pronuncia, diviene creditore, oltre che del cliente anche della controparte soccombente. Litisconsorzio, intervento di terzi, estromissione e successione Litisconsorzio Il codice si occupa del fenomeno della comunanza delle liti, in cui le giuste parti che si affermano nella domanda come soggetti rispettivamente attivo e passivo del rapporto sostanziale che si fa valere (cfr. regola della legittimazione ad agire), sono più di due – oltre alle parti indispensabili senza le quali non sorgerebbe nemmeno il processo (attore e convenuto). In particolare, si distingue:  Litisconsorzio necessario: impossibilità di pronuncia della sentenza se non nei confronti di più parti;  Litisconsorzio facoltativo: mera possibilità del cumulo soggettivo. Litisconsorzio necessario L'art. 102 disciplina il litisconsorzio necessario, riferendosi ad una generica impossibilità di pronuncia se non in nei confronti di più parti che devono agire o essere convenute nello stesso processo – il codice non distingue tra l’agire insieme e il loro essere convenuti insieme, in quanto è sufficiente che vi siano più soggetti che partecipino al processo (cfr. cioè abbiano assunto la qualità di parte, a prescindere dal ruolo attivo, passivo o come intervenienti). In questi casi, vi è la legittimazione ad agire necessariamente congiunta per la contitolarità affermata del rapporto sostanziale che si fa valere; la partecipazione al processo di taluni soggetti potrebbe essere:  Espressamente prevista dalla legge: è la legge stessa a indicare nelle norme, sostanziali o processuali, la necessità del litisconsorzio nei rapporti plurisoggettivi, fondata su ragioni di diritto sostanziale, cioè per l'eventuale pluralità di soggetti nel diritto sostanziale affermato, o per ragioni di opportunità (es. art. 2900, per cui il creditore che agisce giudizialmente in surrogatoria deve citare anche il debitore al quale intende surrogarsi; art. 247, per cui il presunto padre, la madre ed il figlio sono litisconsorti necessari nel giudizio di disconoscimento di paternità);  Implicitamente presupposta: il litisconsorzio è effettivamente necessario e sussiste anche se la legge non l’abbia prevista espressamente, in quanto la natura del rapporto sostanziale è tale che gli effetti prodotti dalla sentenza non possono non investire tutti i soggetti del rapporto. In virtù di tale distinzione, si stabilisce il criterio secondo cui il giudizio sul rapporto sostanziale plurilaterale postula la necessarietà o meno del litisconsorzio:  Necessario: ogni qualvolta la pronuncia su di esso non possa essere efficace, neppure tra le parti in giudizio, se non resa nei confronti di tutti i soggetti (es. giudizi relativi a status personali; rapporti giuridici plurilaterali che abbiano ad oggetto azioni di natura costitutiva); o Necessario solo per ragioni di opportunità processuale: ipotesi espressamente previste dalla legge (es. art. 2900, al fine di salvaguardare il contraddittorio);  Non necessario: nonostante la plurisoggettività del rapporto, la pronuncia può utilmente regolare i rapporti tra alcuni di quei soggetti, lasciando impregiudicata la posizione degli altri (es. ogni altro tipo di giudizio su rapporti plurisoggettivi – es. nel caso di condanna di uno dei condebitori solidali non sarebbe inutiliter data). La partecipazione di tutti i soggetti è necessaria, in quanto condiziona il potere e il dovere del giudice di pronunciarsi sul merito; infatti, nel caso di difetto della partecipazione congiunta, il giudice deve ordinare – non agli assenti, ma alle altre parti in causa – di integrare il contraddittorio entro un termine perentorio da lui stabilito, pena l'estinzione per inattività, cioè chiamare a partecipare al processo coloro che dovrebbero parteciparvi, ma che ancora ne sono fuori. Se al processo non partecipano a tutti i soggetti che dovrebbero, neppur in seguito all'ordine del giudice, il processo non può pervenire la pronuncia sul merito. Pertanto, una sentenza eventualmente emessa senza la partecipazione del suo co-destinatario è invalida o inutiliter data, cioè priva di effetti non soltanto nei confronti del co-destinatario pretermesso (cfr. la produzione di effetti verso i soggetti rimasti estranei al giudizio sarebbe in violazione della regola del contraddittorio – che porterebbe all’inesistenza, e non alla mera nullità, della sentenza), ma anche nei confronti delle parti tra le quali è stata pronunciata (es. art. 784: è necessaria la pronuncia congiunta nel giudizio di divisione di una cosa che appartiene in comunione a tre soggetti, in quanto se partecipassero solo due, il sacrificio del terzo apparirebbe palesemente assurdo e iniquo; art. 274: non è possibile che il disconoscimento di paternità influisca sulla situazione giuridica della madre senza la sua partecipazione al primo procedimento). Litisconsorzio facoltativo L’art. 103 disciplina il litisconsorzio facoltativo, che consiste nella mera possibilità del cumulo soggettivo per ragioni di opportunità della partecipazione congiunta dei più soggetti al medesimo processo:  Connessione propria: connessione oggettiva – esigenza, oltre che per economia processuale, di evitare il formarsi di giudicati anche solo logicamente contraddittori;  Connessione impropria: identità di questioni, di fatto o di diritto, da risolvere per la decisione delle molteplici cause – sola esigenza di economia processuale. Il litisconsorzio facoltativo presenta dei casi particolari:  Litisconsorzio alternativo: caratterizzato da un medesimo petitum verso più soggetti in alternativa tra loro (litisconsorzio alternativo passivo) o dallo stesso petitum di più soggetti in alternativa tra loro contro lo stesso convenuto (attivo);  Litisconsorzio unitario: l'identità del petitum e della causa petendi esige uno svolgimento formalmente e sostanzialmente unitario (cfr. azione unica plurisoggettiva), per cui la decisione è necessariamente unica (es. art. 2377 – delibera assembleare da parte di più soci, ciascuno dei quali potrebbe agire da solo) – riferimento allo svolgimento del processo e non alla sua instaurazione. Intervento dei terzi Il fenomeno del litisconsorzio si può altresì realizzare a processo già instaurato, in seguito all'ordine di integrazione del contraddittorio (cfr. art 102.2: attuazione successiva del litisconsorzio), ma anche indipendentemente da esso o dalla necessità o facoltatività del litisconsorzio. In particolare, l’intervento si verifica ogni qualvolta uno o più soggetti entrino in un processo già pendente tra altre parti:  Litisconsorzio facoltativo: la legittimazione all'intervento si fonda su una connessione oggettiva tra l'azione in corso e quella che il terzo vuole esercitare che si vuole esercitare contro di lui;  Litisconsorzio necessario: la legittimazione all'intervento sussiste a fortiori sulla base di una connessione particolarmente qualificata. Sotto il profilo di fatto, come accade rispetto alla domanda, l’intervento può avvenire anche nei casi non consentiti dal codice; infatti, può intervenire nel processo (o fatto intervenire) un soggetto privo del potere di intervenire che assumerà la qualità di parte solo per il fatto di essere intervenuto. Tuttavia, il soggetto non legittimato, seppur abbia tale qualità, potrà subire la pronuncia negativa rispetto al potere di intervenire o potrà ottenere la stessa circa il potere di chiamarlo in capo a chi lo ha chiamato (cfr. ammissibilità). Il codice, però, si occupa di un profilo di diritto, per cui è necessario stabilire in quali casi con quale modalità l'intervento è possibile. In particolare, si distinguono due ipotesi di legittimazione ad intervenire (cfr. legittimazione ad agire, nella domanda) o titolarità dell'azione proponibile mediante intervento:  Intervento volontario: legittimazione attiva ad intervenire, in quanto le parti entrano spontaneamente;  Intervento coatto: legittimazione passiva a subire l’intervento, in quanto le parti vengono fatte entrare con una chiamata. Intervento volontario L'art. 105 disciplina l'intervento volontario per cui ciascuno può intervenire spontaneamente in un processo tra altre persone per far valere un diritto relativo all'oggetto (cfr. petitum: es. Sempronio rivendica un diritto sulla cosa che costituisce oggetto del processo pendente tra Tizio e Caio) o dipendente dal titolo dedotto nel processo medesimo (cfr. causa petendi: es. Sempronio afferma di avere subito un danno dal medesimo fatto illecito commesso da Caio a danno di Tizio e per il quale aveva già instaurato il processo), nei confronti di tutte le parti o di alcune di esse. Pertanto, la legittimazione all'intervento è fondata sulla connessione oggettiva. Siccome la sentenza rimarrebbe res inter alios acta (cfr. la sentenza resa tra le parti già in causa non può operare contro il terzo né limitare la sua libertà d'azione sul piano giuridico e pregiudicarlo in diritto, in quanto inefficace contro di lui, in relazione ai limiti soggettivi del giudicato, circa la regola del contraddittorio e al diritto di difesa), il terzo interviene per i possibili pregiudizi pratici o di fatto che potrebbe subire (es. una sentenza tra Tizio e Caio che afferma la proprietà di Caio, non limita Sempronio a contestare la proprietà e agire contro Caio; tuttavia, l’attribuzione della proprietà a Caio, potrebbe metterlo nelle condizioni di poter occultare la cosa per sfuggire alla rivendicazione di Sempronio). In realtà, l'intervento volontario costituisce un'opposizione di terzo anticipata; infatti, il terzo, anche se non intervenisse, potrebbe opporsi ex art. 404 alla sentenza inter alios, esecutiva o passata in giudicato, al fine di impedire il pregiudizio pratico che egli subisce, senza dover agire con azione autonoma. In questo caso, si attribuisce al terzo un rimedio esperibile ancor prima della pronuncia che potrebbe pregiudicarlo, attraverso l'intervento volontario. L’art. 105 distingue tre tipologie di intervento volontario: Successione nel processo Il fenomeno successorio rientra tra i fattori che implicano mutamenti nella posizione delle parti nel corso del processo:  Successione a titolo universale (art. 110): quando la parte vien meno per morte o altra causa assimilabile (es. estinzione della persona giuridica), il processo è proseguito dal successore universale o in suo confronto, salvo cessazione della materia del contendere, cioè la ragion d’essere della causa (es. morte del coniuge nel giudizio di separazione personale), o che la parte non cessi di esistere (es. fusione o incorporazione delle società). Infatti, la successione comporta il subingresso in universum ius, cioè in tutti i diritti appartenenti al defunto (o all’estinto), compresa l’assunzione della posizione giuridica processuale considerata complessivamente, con tutti i poteri e gli oneri del dante causa, senza poter proporre domande nuove o istanze istruttorie già precluse, e con le aspettative di pronuncia favorevole (cfr. non vi è subingresso nella titolarità del diritto sostanziale). o Modalità di subingresso: per evitare che il successore entri improvvisamente in un processo ad egli sconosciuto (es. situazioni complesse che potrebbero esigere rapidità nelle decisioni), il subingresso non avviene in modo automatico, in quanto la prima conseguenza della morte o dell’estinzione della parte è l’interruzione del processo, che deve poi essere proseguito attraverso un’autonoma iniziativa della parte interessata alla prosecuzione (cfr. il successore o nei suoi confronti), cioè attraverso la riassunzione (se compiuta dall’altra parte nei confronti del successore) o la spontanea costituzione (se compiuta dal successore).  Successione a titolo particolare nel diritto controverso (art. 111): avviene quando si verificano taluni eventi nella pendenza del processo che concernono il diritto sostanziale che ne costituisce l’oggetto in giudizio: o Atto tra vivi (es. alienazione di una cosa; trasferimento negoziale di un diritto – durante il processo che abbia ad oggetto la cosa/diritto): il processo prosegue tra le parti originarie, per cui l’alienante (che non è più titolare, affermato o sperato, del diritto controverso) potrà comunque agire in giudizio facendo valere un diritto che non è più suo (cfr. legittimazione straordinaria, in quanto il titolare sarebbe in realtà l’acquirente: applicazione controversa, in quanto se la successione non risulti, il dante causa potrebbe non affermare di far valere un diritto altrui). In questo modo, il codice consente l’alienazione della res litigiosa (cfr. divieto imposto dai Romani, ma che non si concilia con le esigenze di snellezza nel trasferimento dei beni e diritti nella modernità), ma la rende inopponibile all’altra parte e quindi inefficace nel processo, salvo l’eventuale consenso dell’altra parte al mutamento del contraddittorio (vs. automaticità della successione, che costringerebbe l’altra parte a subire il cambiamento della controparte). o Atto per causa di morte (es. legato): il processo è proseguito dal successore universale o in suo confronto. In questo caso, si fa quindi riferimento all’erede, che avrà la stessa posizione dell’alienante, in quanto potrà far valere un diritto non suo (cfr. sostituto processuale), e non al legato, che si trova nella stessa posizione dell’acquirente. Il criterio della prosecuzione del processo tra le parti originaria deve adeguarsi, rispetto alla successione tra vivi, al fatto che una parte è venuta definitivamente a mancare, con il conseguente trasferimento di tutti i rapporti giuridici. Se il nuovo titolare del diritto (cfr. successore a titolo particolare) interviene nel giudizio, il sostituto processuale (es. alienante o successore a titolo universale) può venire estromesso. In ogni caso, la sentenza pronunciata contro l’alienante o il successore universale spiega i suoi effetti anche contro il successore a titolo particolare che può impugnarla, salve le norme sull’acquisto in buona fede dei terzi (es. l’acquirente non intervenuto ha acquistato in buona fede la proprietà di una cosa mobile attraverso l’acquisto del possesso) e sulla trascrizione (es. atto di acquisto di un immobile prima della trascrizione della domanda), per cui il suo acquisto non può essere compromesso dall’eventuale soccombenza dell’alienante. Infatti, la legittimazione ad impugnare la sentenza sussiste indipendentemente dall’aver partecipato alla precedente fase del giudizio. Pubblico ministero Funzione Il pubblico ministero è tecnicamente una parte e funzionalmente un interprete degli interessi pubblici, in quanto è un soggetto appositamente creato per poter operare, a tutela di diritti e interessi rilevanti sul piano pubblicistico – sottraendoli alla disponibilità dei loro titolari –, con i poteri e le altre situazioni proprie delle parti, in un processo imperniato sulle iniziative delle parti. Il p.m. opera come parte a tutela degli interessi obiettivi dell’intero ordinamento statale, allo scopo di promuovere e controllare la tutela giurisdizionale nell'ambito dell'amministrazione della giustizia. In particolare, il r.d. 12/1941 indica genericamente le attribuzioni del p.m. nel vegliare all'osservanza delle leggi, alla pronta e regolare amministrazione della giustizia, alla tutela dei diritti dello Stato, delle persone giuridiche e degli incapaci; oltre che, con particolare riguardo al settore penalistico, nel promuovere la repressione dei reati e l'applicazione delle misure di sicurezza. Le persone che ricoprono l'ufficio del p.m. sono dei magistrati inquadrati in ruoli particolari che costituiscono la magistratura requirente (vs. magistratura giudicante). Ruoli La legge configura tre possibili ruoli del p.m., nel processo civile, a seconda dell'intensità per l'interesse pubblico nelle diverse situazioni sostanziali che costituiscono oggetto del processo:  Attore: massimo grado di intensità dell'interesse pubblico – l'art. 69 stabilisce che il p.m. esercita l'azione civile nei casi stabiliti dalla legge, sostanziale o processuale (es. art. 102, 117, 119 e 125 c.c. per l’opposizione e l’impugnazione del matrimonio; art. 417 per l’interdizione e inabilitazione), nel caso di inerzia o mancanza da parte titolare del diritto o della persona in grado di farlo valere – a cui viene sottratta la disponibilità esclusiva della tutela giurisdizionale. In particolare, la legge attribuisce al p.m. la legittimazione straordinaria ad agire, cioè un potere autonomo di agire in sostituzione di un soggetto, talora in via esclusiva, per far valere diritti altrui (cfr. egli può proporre la domanda e compiere i successivi atti processuali). o Si tratta di una sostituzione processuale o di mera azione (art. 81: fuori dei casi stabiliti dalla legge, nessuno può far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui), in quanto il giudicato che si forma a seguito dell'esercizio dell'azione da parte del pm investe solo le parti, e non anche il pm né tantomeno lo Stato.  Interveniente necessario: l'art. 70 stabilisce che il p.m. deve intervenire (cfr. figura particolare di litisconsorzio necessario), a pena di nullità rilevabile d'ufficio, in una serie di ipotesi tassativamente elencate nel testo della norma (cfr. quelle in cui il p.m. assume il ruolo di attore e una serie di altre situazioni sostanziali nelle quali l'interesse pubblico è meno intenso). In questi casi, non si sottrae la disponibilità esclusiva al titolare del diritto, ma il processo non può svolgersi se non con la partecipazione del p.m.: il giudice ha l'obbligo di trasmettere gli atti del processo (ex art. 71), e il PM potrà intervenire fino alle conclusioni delle parti. Il pm, oltre al caso in cui deve intervenire perché il titolare è rimasto inerte (p.m. è l’attore), può intervenire in casi tassativi: o Cause che il p.m. potrebbe proporre o che avrebbe potuto proporre, ma che in concreto non ha proposto: nel caso in cui l'azione sia già stata proposta dal titolare del diritto, vi è la pendenza di un processo su una materia che l'ordinamento pone al vertice degli interessi pubblici, ma che, tuttavia non è stato introdotto dal pm; o Cause matrimoniali, comprese quelle di separazione personale dei coniugi e di scioglimento del matrimonio; o Cause riguardanti lo stato e la capacità delle persone; o [cause di lavoro: abrogato]; o Altri casi previsti dalla legge (es. art. 221 – querela di falso; casi in cui deve essere sentito il p.m.); o Figura particolare (art. 70.2): intervento obbligatorio con forme e funzioni particolari nei giudizi davanti alla Corte di cassazione in pubblica udienza (cfr. art. 76 ord. giud.: il p.m. è tenuto ad intervenire sempre e l’intervento avverrà con le forme dell’esposizione orale delle sue conclusioni motivate), mentre nei procedimenti in camera di consiglio, il p.m. formula conclusioni scritte nei casi previsti dalla legge. In questi casi, l'art. 50bis prevede la decisione da parte del tribunale in composizione collegiale, salva espressa previsione contraria del legislatore (es. art. 225.1).  Interveniente facoltativo: l'art. 70 stabilisce che il p.m. può intervenire in ogni altra causa in cui ravvisa un interesse pubblico; pertanto, l'intervento del PM è lasciata alla sua facoltà, senza limitazione a particolari materie, ma con un generico affidamento nella valutazione della sussistenza o meno dell'interesse pubblico. Se decide di intervenire, la sua posizione coincide con quella in cui l’azione o il suo intervento è necessario. Poteri Sotto il profilo delle diverse attribuzioni di poteri, le posizioni del p.m. sono due:  P.m. che ha proposto o che avrebbe potuto proporre l’azione: in quanto investito, dalla legge, della titolarità di un'azione concretamente o meno proposta, il PM ha tutti i poteri della parte inerenti all'esercizio dell'azione e alla tecnica del processo (es. fornisce mezzi di prova; documenti), può proseguire autonomamente il processo, anche in contrato con la volontà delle parti, e può proporre impugnazioni, anche nell’inerzia delle stesse (art. 72);  P.m. interveniente: il p.m. non è titolare di un'azione autonoma, infatti non può introdurre il processo, ma solo sorvegliare il modo col quale sia condotto dalle parti. Pur potendo compiere senza limiti tutti gli atti inerenti alla tecnica del processo, trova limiti ai suoi poteri nell'iniziativa delle parti, ogni qualvolta si tratti di poteri rilevanti per il sé del processo, della sua prosecuzione o per il suo ambito oggettivo. In particolare, può prendere conclusioni nei limiti delle domande proposte dalle parti, senza poter concludere per il loro accoglimento o rigetto: o Impugnazione: nonostante il generale divieto di proporre impugnazioni non sollevate dalle parti, l’art. 72.3-4 prevede eccezioni per le cause matrimoniali (es. scioglimento, negli interessi patrimoniali dei figli minori o legalmente incapaci; efficacia o inefficacia di sentenze straniere relative a cause matrimoniali), salvo che per quelle di separazione personale dei coniugi. In questi casi, il potere di impugnare, entro un termine che decorre dalla comunicazione della sentenza, spetta in concreto sia al pm presso il giudice che ha pronunciato la sentenza sia a quello presso il giudice competente a decidere sull’impugnazione (vs. nelle altre cause, solo al PM presso il giudice che ha pronunciato la sentenza); o Revocazione: quando sia stata pronunciata sentenza senza che il p.m. sia stato sentito o quando la sentenza è l'effetto della conclusione posta in essere dalle parti per frodare la legge, il p.m. è titolare di un potere di impugnazione suo proprio ed esclusivo, cioè il potere di proporre la revocazione della sentenza.  Nei casi ex art. 391quater, cioè nei casi di revocazione della sentenza per contrarietà alla CEDU, tale impugnazione può essere promossa anche dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione (art. 397). L’art. 73 estende ai magistrati del pm le disposizioni in materia di astensione (non di recusazione) dei giudici. In conclusione, il PM attore – o che tale avrebbe potuto essere – si trova in una posizione in tutto assimilabile a quella della parte, anche se con una finalità diversa che si aggancia agli interessi pubblici; il p.m. interveniente si differenzia dalle parti per i poteri limitati proprio da esse, ma rimanendo indipendente in quanto non è mai vincolato ad appoggiare o a contrastare le domande di esse. Gli uffici del p.m. in sede civile sono istituiti presso i giudici collegiali e si impersonano nei Procuratori della Repubblica per i tribunali e nei Procuratori generali per le Corti, e possono agire personalmente o per mezzo dei magistrati addetti ai relativi uffici. Si tratta di una ripartizione interna tra uffici in collegamento gerarchico, la cui mancata osservanza non dà luogo a un'esistenza, ma solo a nullità con possibilità di sanatoria. Il d. lgs. 116/2017 ha istituito nelle procure della Repubblica presso i tribunali l'ufficio di collaborazione del procuratore della Repubblica, che si avvale dei viceprocuratori onorari, con la funzione di coadiuvare il magistrato professionale e compiere, sotto la sua direzione coordinamento, tutti gli atti preparatori utili.  Svolgimento delle udienze: momenti in cui avvengono i contatti tra il giudice e le parti (e/o i loro difensori) in apposite sale dell'ufficio giudiziario: o Art. 127 – direzione dell’udienza: l'udienza è diretta dal giudice singolo o, se si tratta di un giudice collegiale, dal presidente che regola opportunamente la discussione. La Riforma Cartabia ha aggiunto un terzo comma, per cui il giudice può disporre, nei casi e secondo le disposizioni di cui agli artt. 127bis e 127ter, che l'udienza si svolga, sempre che non sia richiesta la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti, dal pm e dagli ausiliari del giudice, mediante:  Collegamenti audiovisivi a distanza (art. 127bis): può essere disposta dal giudice e con le modalità e requisiti tecnici ex art. 196duodecies disp. att. Il provvedimento del giudice che dispone la modalità di svolgimento deve essere comunicato alle parti almeno 15 giorni prima della stessa udienza; esse, entro 5 giorni dalla comunicazione, possono chiedere che l'udienza si svolga in presenza e allo stesso giudice di decidere definitivamente in merito negli ultimi negli ulteriori 5 giorni (i termini possono essere abbreviati in caso di particolare urgenza). In ogni caso, se anche dovesse essere disposta la modalità con collegamento audiovisivo, le parti potrebbero sempre decidere di partecipare in presenza;  Deposito di note scritte (art. 127ter): l'udienza può essere sostituita dal deposito di note scritte, contenenti le sole istanze e conclusioni, anche se ne fanno richiesta tutte le parti costituite (cfr. disposta dal giudice o su richiesta congiunta delle parti, nei casi in cui avrebbe potuto chiederla il giudice). Il provvedimento del giudice fissa il termine non inferiore a 15 giorni per il deposito delle note scritte, salva la facoltà di opposizione delle parti entro 5 giorni dalla comunicazione, quando essa sia stata disposta dal giudice (i termini possono essere abbreviati in caso di particolari ragioni di urgenza). Il mancato rispetto dei termini è assimilato alla mancata comparizione delle parti all'udienza in presenza (art. 181), in quanto il giorno di scadenza del termine assegnato per il deposito è considerato data di udienza a tutti gli effetti con la conseguente, ove ciò accada due volte consecutive, cancellazione della causa dal ruolo e l’estinzione immediata del processo. o Art. 128 – udienza pubblica: l'udienza in cui si discute la causa è pubblica a pena di nullità, ma il giudice che la dirige (istruttore) può disporre che si svolga a porte chiuse, se ricorrono ragioni di sicurezza dello Stato, di ordine pubblico o di buon costume; o Art. 129 – doveri di chi interviene o assiste: chi interviene non può portare armi o bastoni, deve restare a capo scoperto e in silenzio, e non può disturbare in alcun modo irregolare svolgimento dell'udienza (es. segni di approvazione o disapprovazioni); o Art. 130 – redazione del processo verbale: il cancelliere redige il processo verbale di udienza sotto la direzione del giudice e sottoscritto da chi presiede l'udienza e dal cancelliere; di esso non si dà lettura, salvo espressa istanza di parte. Termini Nel processo, un fenomeno giuridico dinamico in quanto si svolge nel tempo, l'elemento temporale assume un aspetto particolarmente rilevante nella disciplina dei singoli atti, in quanto sono i periodi di tempo che la legge stabilisce per il valido compimento dei singoli atti del processo, ispirandosi a criteri di opportunità e ragionevolezza, per influire sulla maggiore o minore rapidità dell'evoluzione del processo. L’art. 152 stabilisce che i termini sono di regola disposti dalla legge; e possono essere stabiliti dal giudice, anche a pena di decadenza, purché la legge lo permetta espressamente. Sotto il profilo funzionale, si distinguono:  Termini acceleratori: il legislatore stabilisce che un determinato atto deve essere compiuto entro un determinato tempo, al fine di accelerare il processo (es. termini per proporre l’impugnazione). Sotto il profilo strutturale, i termini acceleratori sono detti termini finali e si distinguono con riguardo alle conseguenze dell’inosservanza: o Perentori: la decorrenza del termine dà luogo decadenza automatica del potere di compiere l'atto.  L’art. 153 stabilisce che essi non possono essere abbreviati o prorogati nemmeno sull’accordo delle parti, salva la possibilità di richiedere la rimessione in termini, nei casi in cui la parte dimostri di essere incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile (il giudice provvede ex art. 294.2, rimessione della parte già contumace che decida di costituirsi) – la Cassazione riconosce la rimessione in termini anche in assenza di apposita istanza, quando la parte, nel compiere una determinata attività processuale, abbia fatto affidamento incolpevole su un consolidato orientamento della giurisprudenza poi mutato (cfr. overruling). o Ordinatori: l'inosservanza del termine non produce decadenza dal potere di compiere l'atto, se non a seguito di una valutazione discrezionale del giudice – si presume la natura ordinatoria del termine, salvo che la legge lo qualifichi espressamente come termine perentorio.  L’art. 154 prevede la possibilità di un’abbreviazione o di proroga da parte del giudice, che può essere anche rinnovata in presenza di motivi particolarmente gravi.  Termini dilatori: il legislatore stabilisce che un determinato atto va compiuto dopo e non prima di un certo termine (cfr. terminus post quem o ne ante quem), al fine di ritardare il cammino processuale (es. termine a comparire ex art. 163bis). L’art. 155 stabilisce il computo dei termini:  Termini: o Mesi o ad anni: va osservato il calendario comune; o Giorni o ad ore: si escludono il giorno o l’ora iniziale (dies a quo non computatur in termino), ma si computa il dies ad quem.  Proroga: il termine è prorogato quando il giorno di scadenza sia: o Festivo: non si tiene conto del fatto che uno o più giorni compresi nel termine siano festivi, salvo che sia festivo il giorno di scadenza, nel qual caso la scadenza è prorogata di diritto al primo giorno seguente non festivo; o Sabato: quando i termini degli atti processuali svolti fuori dell'udienza scadono nella giornata di sabato, si ammette la proroga al primo giorno non festivo. Resta però fermo il regolare svolgimento delle udienze di ogni altra attività giudiziaria, anche svolta da ausiliari, nella giornata di sabato, che ad ogni effetto è considerata lavorativa.  Giorni liberi: se la legge indica il termine riferendosi ad un certo numero di giorni liberi, il suddetto numero di giorni deve escludere tanto il dies a quo quanto il dies ad quem;  Sospensione: tutti i termini processuali subiscono una sospensione di diritto dal 1° al 31 agosto di ciascun anno. Se il decorso inizio durante il periodo di sospensione, tale inizio è differito alla fine di questo periodo, salvo taluni procedimenti tassativi rispetto ai quali il ritardo potrebbe produrre grave pregiudizio alle parti e alle controversie (es. materie alimentari; procedimenti cautelari). Il mancato compimento dell'atto nel termine finale previsto dalla legge o dal giudice e l'inosservanza della preordinata sequenza degli atti (es. la legge dispone che un la domanda riconvenzionale debba proporsi in concomitanza con la comparsa di risposta; nell’ambito di un grado o fase del processo) comporta la decadenza, automatica o previa valutazione del giudice, dal compiere l’atto, che dà luogo alla preclusione, cioè la perdita, l'estinzione o la consumazione di un diritto o una facoltà processuale. Gli effetti della decadenza, fenomeno tendenzialmente irreversibile, possono essere rimossi attraverso la restituzione o remissione in termini. Provvedimenti del giudice I provvedimenti sono gli atti giuridici processuali con i quali il giudice assolve alle sue funzioni decisorie (vs. atti materiali e con funzione puramente preparatoria complementare – es. attività con la quale il giudice ordina materialmente e dirige lo svolgimento dell'udienza nel processo di cognizione). L’art. 131 prevede tre tipi di provvedimento (cfr. sentenza, ordinanza, decreto), precisando che la legge prescrive in quali casi ci si deve servire all'uno piuttosto che all'altro; in mancanza di tale prescrizione il provvedimento va pronunciato nella forma più idonea al raggiungimento del suo scopo (cfr. formula di chiusura del sistema). Quando il giudice pronunci per errore un provvedimento con una forma diversa da quella che la legge prescrive con riguardo al suo contenuto e la sua sostanza, la giurisprudenza prevalente ha ritenuto che, al fine di stabilire il regime di impugnabilità, la sostanza deve prevalere sulla forma. In virtù dell'art. 111.6 Cost. tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati: nonostante non sia specificato, tale criterio opera inderogabilmente solo con riguardo ai provvedimenti decisori (cfr. sentenza). Sentenza La sentenza è il provvedimento con il quale il giudice assolve alla sua funzione giurisdizionale decisoria, salvo i casi in cui il codice lo autorizza ad adottare, con riguardo ad esigenze particolari di procedimenti speciali, ordinanza (es. ex art. 663 – mancata comparizione o mancata opposizione dell'intimato o decreto; art. 279 – pronuncia sulla competenza) o del decreto (es. art. 641 – accoglimento procedimento ingiuntivo). Innanzitutto, si può distinguere tra:  Pronuncia sul processo: accoglimento o rigetto della domanda;  Pronuncia sul merito: quando non vi siano ostacoli e il giudice accetta la domanda, dovrà decidere in base ai diversi tipi di azione esercitata, per cui si distingue: o Sentenza di mero accertamento: accertamento del diritto assolvendo ad un'esigenza di certezza determinata dalla contestazione o dal vanto; o Sentenza di condanna: oltre ad accertare il diritto, accertamento dell'esigenza della sua ulteriore tutela mediante esecuzione forzata, nonché la sussistenza dei presupposti per far luogo a tale esecuzione forzata; o Sentenza costitutiva: dopo aver accertato un diritto ad una modificazione giuridica, assolvimento interamente alla relativa esigenza di tutela mediante modificazione giuridica e facendo luogo a tale modificazione. La forma della sentenza è prescritta dalla legge per l'atto conclusivo finale del procedimento giurisdizionale di cognizione o di un suo grado, ossia per l'atto con il quale il giudice assolve, almeno in parte, alla sua funzione decisoria. Si distingue:  Sentenza definitiva: assolve interamente alla sua funzione decisoria sul merito del giudizio: o Pronuncia nel merito: l'organo giudicante conclude o definisce il giudizio (art. 277); o Pronuncia sul processo: l’organo si arresta prima di prevenire la pronuncia sul merito, risolvendo in negativo le questioni pregiudiziali di rito (es. difetto di presupposti processuali o di condizioni dell’azione: nega la propria giurisdizione, la legittimazione processuale della parte – eccetto la competenza, che va rigettata con ordinanza) o le questioni preliminari di merito (es. prescrizione del diritto);  Sentenza non definitiva: non definisce il giudizio, perché il giudice decide il merito solo parzialmente (es. decide solo su alcune domande cumulate) o risolve una questione pregiudiziale di rito (es. afferma la propria giurisdizione) o preliminare di merito (es. nega che sia intervenuta la prescrizione del diritto eccepita dal contenuto, in modo tale da consentire la prosecuzione del giudizio e impartisce distinti provvedimenti per l'ulteriore istruzione della causa). Forma-contenuto L’art 132 elenca i requisiti di forma-contenuto della sentenza, che deve essere pronunciata in nome del popolo italiano:  Indicazione del giudice che l’ha pronunciata;  Indicazione delle parti e dei loro difensori;  Conclusioni del p.m. e quelle delle parti;  Concisa esposizione dei motivi di fatto e in diritto della decisione (motivazione);  Dispositivo, cioè l’essenza volitiva della sentenza (portata precettiva rinvenuta in relazione alla motivazione e non limitata al dispositivo);  Data della deliberazione;  Sottoscrizione del giudice, la cui mancanza rende la sentenza inesistente (art. 161.2). o Organo collegiale: sentenza viene emessa da un organo collegiale deve essere sottoscritta soltanto dal Presidente e dal giudice estensore, pena nullità assoluta e insanabile. Se il o Se il destinatario è un'impresa o un professionista iscritto nell'indice INI-PEC, l'avvocato, se la notificazione a mezzo pec non sia possibile o non abbia esito positivo, deve eseguirla mediante inserimento nell'area web riservata;  Ufficiale giudiziario (art. 137): modalità ordinaria solo in via residuale, ove non sia disposto altrimenti dalla legge, su istanza di parte, su richiesta del pm o del cancelliere, o su richiesta dell’avvocato laddove il destinatario sia una persona fisica un ente di diritto privato e non tenuto all'iscrizione in albi professionali o nel registro delle imprese. La potestà notificatoria (disciplinata dalla L. speciale 1229/1959, in combinato disposto con gli artt. 106-107) spetta in via concorrente all'ufficiale giudiziario del luogo dove deve essere eseguita la notificazione e quello addetto all'ufficiale giudiziario competente a conoscere della causa alla quale attiene la notificazione, che potrà operare anche fuori della circoscrizione territoriale, solo a mezzo del servizio postale. La notificazione è anch’essa disciplinata con forme ispirate al principio della congruità al suo scopo: il rispetto delle forme proprie dell'atto di notificazione è condizione necessaria e sufficiente per la sua efficacia, cioè una presunzione assoluta di conoscenza legale dell’atto da notificarsi (i.e. le forme che la legge prescrive sono precisamente tali che se rispettate, non possono non mettere il destinatario in condizioni di conoscere l'atto). Viceversa, l'effettiva conoscenza dell'atto, al di fuori della notificazione, non produce gli effetti propri della notificazione stessa, salvi i casi nei quali risulti raggiunto lo scopo nell'atto e la notificazione non si è richiesta per l'esistenza stessa dell'atto (es. atto di citazione). Gli effetti di notificazione potrebbero verificarsi in momenti diversi per il richiedente e per il destinatario. Infatti, se, di regola, il rispetto delle forme consiste nella conoscenza legale dell'atto, talvolta, esso non è sufficiente perché l'atto venga tempestivamente fatto entrare nella sfera di disponibilità del destinatario (es. ritardi non imputabili al richiedente, per negligenza di terzi). Pertanto, la Corte costituzionale ha affermato che la notificazione deve intendersi perfezionata, per il richiedente, nel momento in cui egli ha consegnato l'atto da notificare all'ufficiale giudiziario, mentre per il destinatario essa si perfezioni soltanto con l'avvenuta notificazione dell'atto. In questo modo, si scinde il momento perfezione attivo della notificazione per il richiedente per il destinatario, soprattutto in merito agli effetti della decorrenza dei termini per il compimento delle attività successive. L’art. 147 stabilisce che la notificazione non può essere effettuata prima delle 07:00 e dopo le 21:00, salvo notificazione elettronica che possono essere eseguite senza limiti orari (essa si intende perfezionata, per il notificante, quando è generata la ricevuta di accettazione e, per il destinatario, la ricevuta di avvenuta consegna; ma se questa è generata tra le 21 e le 7 del giorno successivo la notificazione si intende perfezionata per il destinatario alle 7 del giorno successivo). Modalità La notificazione può essere effettuata in varie modalità, a determinati luoghi e a vari soggetti individuati dal legislatore:  In mani proprie (art. 138): l’ufficiale giudiziario effettua la consegna personalmente al destinatario presso l'abitazione dello stesso o, se ciò non sia possibile, in un luogo qualunque compreso nella circoscrizione dell'ufficio giudiziario al quale appartiene. Se il destinatario rifiuta di ricevere la copia, l'ufficiale giudiziario ne dà atto nella relazione e la notificazione si considera fatta in mani proprie; o Domiciliatario: l’art. 141 stabilisce che, se un soggetto ha eletto domicilio presso una persona o ufficio, la notificazione avviene con la consegna della copia alla persona o al capo dell’ufficio domiciliatario (obbligatoria se tale è prevista in un contratto) con le stesse regole ex art. 138 (mani proprie) o, in caso di assenza del destinatario, dell’art. 139.  Nella residenza, nella dimora, nel domicilio (art. 139): se il destinatario non viene trovato presso la sua abitazione o dove ha l'ufficio o esercita l'industria o il commercio (cfr. non è possibile la consegna in mani proprie), l'ufficiale giudiziario consegna copia dell'atto a una persona di famiglia o addetta alla casa, all'ufficio o all'azienda, purché non minore di 14 anni e non palesemente incapace. In assenza delle persone suddette, la copia è consegnata dall'ufficiale giudiziario al portiere dello stabile o ad un vicino di casa, dando atto nella relazione delle modalità di accertamento dell'identità e comunicando con raccomandata al destinatario l'avvenuta notificazione;  Irreperibilità o rifiuto di ricevere la copia (art. 140): in caso di irreperibilità del destinatario, di rifiuto o incapacità di ricevere la copia da parte delle persone summenzionate, l'ufficiale giudiziario (che deve indicarne le ragioni nella propria relazione) deve depositare la copia nella casa del comune dove la notificazione deve eseguirsi affiggendo poi avviso di ciò in busta chiusa e sigillata alla porta dell'abitazione nell'ufficio del destinatario che viene avvertito con lettera raccomandata con avviso di ricevimento. o La Corte costituzionale 3/2010 ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 140 nella parte in cui, secondo il diritto vivente, fa decorrere gli effetti della notifica, per il destinatario, dal momento della spedizione della raccomandata informativa, anziché dal ricevimento della stessa o comunque decorsi 10 giorni dalla relativa spedizione, così come previsto per la notificazione a mezzo posta il quale aggiunge che, decorsi sei mesi alla data di deposito, l'atto sarà restituito al mittente.  Residenza, dimora o domicilio sconosciuti (art. 143): se non si conosce la residenza, la dimora o il domicilio del destinatario, il deposito va fatto in una copia nella casa comunale dell'ultima residenza o, se questa è ignota, in quella del luogo di nascita. Se neppure questi luoghi sono noti, la copia va consegnata al p.m. In tutti questi casi, la notificazione si ha per eseguita nel ventesimo giorno successivo a quello in cui sono compiute le formalità prescritte;  Mancanza di residenza, dimora o domicilio in Italia (art. 142): nel caso in cui il destinatario non abbia residenza né dimora né domicilio in Italia, è necessaria la spedizione di una copia dell'atto a mezzo di plico raccomandato, accompagnata dalla trasmissione di un'altra copia al p.m. che, per il tramite del Ministero degli esteri, ne cura la consegna alla persona alla quale diretta, salvo quanto è disposto nel secondo comma (l’art. 142 ha ruolo residuale, in quanto la spedizione avviene soltanto nei casi in cui risulti impossibile eseguire la notificazione in uno dei modi consentiti dalle Convenzioni internazionali e dal d.p.r. 200/1967 o Reg. 1393/2007). o La Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionali gli articoli 142.3 e 143.3 e 680.1 laddove non prevedono che la notificazione all'estero del sequestro si perfezioni, ai fini dell'osservanza del prescritto termine, col tempestivo compimento delle formalità imposte al notificante, così estendendo le notifiche all'estero il principio del riferimento al termine al compimento delle prescritte formalità.  Persone giuridiche (art. 145): le notificazioni si eseguono nella loro sede legale o anche solo effettiva, mediante consegna di copia dell'atto alla persona fisica che rappresenti l’ente (cfr. art. 140 o 143) o persona incaricata di riceverla o ad altra persona addetta (alle società prive di personalità, alle associazioni non riconosciute e ai comitati, si consegnano nei luoghi in cui svolgono la loro attività);  Amministrazioni dello Stato (art. 144) le notificazioni devono essere effettuate in conformità delle leggi speciali, cioè in persona del Ministro in carica e presso gli uffici dell'avvocatura dello Stato nel cui distretto ha sede l'autorità giudiziaria innanzi alla quale si procede;  Militari in attività di servizio (art. 146): notificazione che va effettuata, se non a mani proprie, tramite il pm. La notificazione può altresì avvenire tramite mezzi diversi:  Servizio postale (art. 149): l'ufficiale giudiziario può eseguire le notificazioni anche al di fuori dell'ambito territoriale di sua competenza a mezzo del servizio postale, salvo espresso divieto dalla legge. L'ufficiale giudiziario deve scrivere la relazione di notifica sull'originale e sulla copia dell'atto, indicando l'ufficio postale dal quale spedisce la copia al destinatario mediante plico raccomandato con avviso di ricevimento. o Se la notificazione non riesce, l'atto va depositato presso il punto di deposito più vicino al destinatario, dandone notizia al destinatario, a cura dell'operatore postale, mediante avviso in busta chiusa mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Nell'avviso deve esservi l'espresso invito al destinatario a provvedere al ritiro del piego entro sei mesi, con l'avvertimento che dopo 10 giorni dalla data di spedizione della raccomandata, la notificazione si ha comunque per eseguita e che, dopo sei mesi, l'atto verrà restituito al mittente.  Posta elettronica certificata (art. 149bis): l'ufficiale giudiziario ha l'obbligo di procedere a mezzo pec, anche previa estrazione di copia informatica del documento cartaceo, quando il destinatario è un soggetto per il quale la legge prevede l'obbligo di munirsi di un indirizzo pec risultante dai pubblici elenchi oppure quando il destinatario abbia eletto domicilio digitale. In tal caso, l'ufficiale giudiziario redige la relazione di notificazione su documento informatico separato, sottoscritto con firma digitale e congiunto all'atto cui si riferisce, e la notifica si intende perfezionata nel momento in cui il gestore rende disponibile il documento nella casella pec del destinatario. Una volta eseguita la notificazione con modalità telematiche, l'ufficiale giudiziario restituisce all'istante o al richiedente, anche per via telematica, l'atto notificato, unitamente alla relazione di notificazione e agli allegati. o Nell'albo degli avvocati tenuto dal Consiglio dell'Ordine deve essere indicato l'indirizzo di pec reso disponibile al consiglio nazionale forense e al ministero della giustizia.  Pubblici proclami (art. 150): se la notificazione deve essere effettuata nei confronti di un numero rilevante di destinatari o di soggetti difficilmente identificabili , può essere autorizzata dal capo dell'ufficio giudiziario davanti al quale si procede (escluso il giudice di pace) notificazione per pubblici proclami, con la possibilità di instaurare il contraddittorio nei confronti di persone non specificamente individuate. L’art. 151 stabilisce che, in particolari circostanze, il giudice può prescrivere, caso per caso, forme particolari della notificazione (es. notificazione telegrafica). Indipendentemente dalla modalità di notificazione utilizzata, la Cassazione ha affermato che se il procedimento notificatorio non si conclude tempestivamente per causa non imputabile al richiedente, quest'ultimo ha la possibilità e l'onere di riprendere tale procedimento entro un termine ragionevole (cfr. entro la metà dei termini indicati ex art 325, salvo circostanze eccezionali). La L. 53/1994 ha stabilito che l’avvocato, oltre all'obbligo di eseguire le notificazioni a mezzo pec e comunque previa autorizzazione del Consiglio dell'Ordine di appartenenza, può eseguire direttamente le notificazioni sia a mezzo del servizio postale, salvo che la notificazione debba essere eseguita personalmente, sia direttamente a mani proprie mediante consegna di copia dell'atto al domicilio del destinatario che sia avvocato, se questi e il notificante sono iscritti nello stesso albo, previa vidimazione e datazione dell'originale la copia da parte del Consiglio dell'Ordine di appartenenza. Deposito telematico L’art. 196quater disp. att., al fine di incrementare l'utilizzo delle modalità telematiche nel processo, prevede l'obbligo di deposito telematico degli atti e dei documenti di parte nei procedimenti civili davanti al giudice di pace, al tribunale, alla Corte d'appello, alla Corte di cassazione, salva la possibilità per il giudice di ordinare il deposito della copia cartacea di singoli atti per ragioni specifiche.  Lo stesso obbligo vale anche per il deposito dei provvedimenti del giudice e dei verbali di udienza. In ogni caso, il capo dell'ufficio giudiziario può autorizzare il deposito con modalità non telematiche quando i sistemi informatici del dominio giustizia non siano funzionanti e sussista una situazione di urgenza, dandone comunicazione attraverso il sito istituzionali dell'ufficio. L’art. 196sexies stabilisce che il deposito telematico si ha per avvenuto nel momento in cui è generata la conferma del completamento della trasmissione secondo quanto previsto dalla normativa regolamentare concernente la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici ed è tempestivamente eseguito quando la conferma è generata entro la fine del giorno di scadenza. Si applicano altresì i commi 4 e 5 dell'art. 155, in quanto se il giorno di scadenza è festivo, la scadenza è prorogata di diritto al primo giorno seguente non festivo e che tale proroga si applica anche quando si tratti del compimento degli atti processuali svolti fuori di udienza la cui scadenza nel giorno di sabato. Inoltre, il difensore può estrarre, con modalità telematiche, duplicati, copie analogiche o informatiche degli atti dei provvedimenti contenuti nel fascicolo informatico e degli allegati alle comunicazioni informatiche della cancelleria e attestarne la conformità ai corrispondenti atti. In questo caso, le copie Il rimedio originario per la rilevabilità dei vizi, propri o derivati, della sentenza (cfr. il giudice si è spogliato dei suoi poteri decisori con la pronuncia della sentenza) era la querela nullitatis, istituto gradualmente assorbito nel mezzo di impugnazione al quale il provvedimento è assoggettato, cioè in appello (gravame, per le sentenze di primo grado) e ricorso in Cassazione (motivi di impugnazione, per le sentenze di secondo grado). In questo modo, avviene la conversione dei vizi di nullità della sentenza in motivi di impugnazione, da cui discendono particolari corollari:  Il mezzo di impugnazione è l’unico modo per far valere la nullità delle sentenze;  Le modalità proprie della proposizione del mezzo di impugnazione (cfr. limiti, termini, preclusioni) si ripercuotono sulla possibilità di far valere la nullità della sentenza;  La decadenza del mezzo di impugnazione, in quanto rende la sentenza passata in giudicato (cfr. l’actio nullitatis – autonoma azione di cognizione di accertamento mero – è ammissibile solo per i provvedimenti non idonei al giudicato), dà luogo alla decadenza della rilevabilità del vizio e, perciò, alla sua sanatoria, che copre tutti i vizi non fatti valere (cfr. art. 161.1 per cui la nullità delle sentenza soggette ad appello o a ricorso in cassazione può essere fatta valere soltanto nei limiti e secondo le regole proprie del mezzo). Inesistenza e irregolarità L’art. 161.2 dispone che la regola della conversione o assorbimento (ex art. 161.1) non si applica quando la sentenza manca della sottoscrizione del giudice, in quanto il vizio di nullità può essere fatto valere con un’actio nullitatis, anche al di fuori delle modalità e oltre i termini propri del mezzo di impugnazione. La dottrina, sulla base del secondo comma, crea la figura dell’inesistenza dell’atto (cfr. aspetto più intenso della nullità, qualcosa in più di essa), per cui il secondo comma ha mera portata esemplificativa, in quanto vi è l’inesistenza quando il vizio è talmente grave da poter essere fatto valere anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza (cfr. vizio insanabile in modo assoluto: sentenza pronunciata da un soggetto che non sia giudice; quando manchi la redazione per iscritto; carenza, assurdità o impossibilità del dispositivo). Viceversa, vi è irregolarità quando il vizio non pregiudica l’idoneità dell’atto a conseguire il suo scopo, per cui non si dà luogo alla nullità (cfr. qualcosa di meno della nullità), che la legge attribuisce a meno gravi disformità del modello legale (es. art. 617 che indica le ragioni che possono fondare l’opposizione agli atti esecutivi; art. 182.1; art. 350.2; art. 421.1; art. 650.1). Rinnovazione Per ragioni di economia processuale e limitare i danni della nullità, l’art. 162 dispone che il giudice che pronuncia la nullità è automaticamente investito del dovere, in presenza di obiettive condizioni, di disporre la rinnovazione dell’atto nullo e degli atti successivi ai quali la nullità si estende (vs. atti successivi indipendenti, che sono già salvi dall’estensione), compiendo un nuovo atto destinato a produrre i medesimi effetti che avrebbe prodotto l’atto colpito dall’estensione della nullità, con il conseguente recupero degli atti successivi. La rinnovazione può essere compiuta spontaneamente dalle parti (es. appello proposto con un atto di citazione nullo) o in adempienza dell’obbligo del giudice (in via generale ex art. 162 o con disposizioni specifiche – es. art. 291). Nullità della notificazione L’art. 160 dispone che, in virtù del principio di strumentalità delle forme, la notificazione è nulla se non sono osservate le disposizioni circa la persona alla quale deve essere consegnata la copia o se vi è incertezza assoluta sulla persona a cui è fatta o sulla data, salva l’applicazione ex art. 156 o 157, compresa la sanatoria per il raggiungimento dello scopo (cfr. art. 156, caso in cui la legge commina espressamente la nullità).  Inesistenza: le SU hanno stabilito che si configura l’inesistenza, in totale mancanza materiale dell’atto e nelle ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei alla notificazione (cfr. ogni altro vizio ricade nella sanzione della nullità). Codice di procedura civile Il Codice di procedura civile, entrato in vigore il 21 Aprile 1942, consta di quattro libri: 1. Disposizioni generali: ogni tipo di attività giurisdizionale civile, con riferimento più specifico al processo di cognizione; 2. Processo di cognizione; 3. Processo di esecuzione forzata; 4. Procedimenti speciali: disciplina di alcuni provvedimenti di condizione speciali, procedimenti cautelari, procedimento arbitrale e procedimento di giurisdizione volontaria. Al di fuori del codice, si collocano:  Disposizioni di attuazione: appendice del codice;  Disposizioni di natura e contenuto tipicamente processuale contenuto in altri codici;  Leggi speciali: disciplina di istituti processuali (es. ordinamento giudiziario; legge fallimentare; legge di riforma del sistema italiano di diritto internazionale). La prima elaborazione del codice, dovuta dalle personalità e studiosi più qualificati dell'epoca, era caratterizzata da un'applicazione timida dei principi dell'oralità, concentrazione e immediatezza, e da una serie di compromessi. Per cercare un coordinamento all'interno del codice, i pratici, contro l'opinione quasi unanime della dottrina, hanno imposto la novella concretatasi nella L. 581/1950, che ha modificato alcune delle norme-chiave del codice, attenuandone e snaturandone i caratteri più salienti. Tra gli anni ‘50 e ‘70, vi furono riforme limitate a settori influenzati dal mutamento dei costumi, dalla pressione dell'opinione pubblica e dalla pressione di ben organizzate e consapevoli forze sindacali (es. legge sul divorzio; statuto dei lavoratori; nuovo processo del lavoro). Pertanto, vi fu la necessità di una riforma organica del codice; tuttavia, viste le lunghe tempistiche per fare ciò, vi fu la tendenza verso la predisposizione di provvedimenti urgenti settoriali (es. giudice unico; sostituzione del conciliatore con il giudice di pace; soppressione della figura del pretore e istituzione del Tribunale monocratico; rito societario) e interventi legislativi successivi (es. mediazione; negoziazione assistita degli avvocati; semplificazione dei riti civili; procedimenti collettivi). La L. 206/2021 ha poi delegato il governo per un'ulteriore riforma del Codice di procedura civile (D. lgs. 149/2022 – Riforma Cartabia), con l'obiettivo di assicurare la semplicità, la concentrazione e l'effettività della tutela e la ragionevole durata del processo (es. rito unico per le controversie in materia di persone, minorenni e famiglie). Principi costituzionali Il sistema attualmente vigente in Italia è costituito innanzitutto dai principi fondati, più o meno direttamente, sulla Carta costituzionale:  Parità delle armi: concetto fondato sul principio del contraddittorio, dell'uguaglianza, formale e sostanziale, tra le parti che del conseguente principio delle pari opportunità, salvi i limiti nell'ambito della ragionevolezza (cfr. art. 3 – regola di uguaglianza; art. 24 – dritto nella difesa inviolabile, in quanto trascende gli aspetti tecnici della difesa per assurgere ad imprescindibili necessità di consentire ai destinatari del provvedimento del giudice di influire sul contenuto del provvedimento; art. 111 – giusto processo, processo regolato dalla legge, che ravvisa il confine tra cognizione piena imprescindibile per la tutela dei diritti e cognizione sommaria o superficiale nella sottrazione al giudice di ogni discrezionalità circa le modalità di realizzazione del principio del contraddittorio). Su tali principi si fonda l’art. 101 c.p.c. – regola del contraddittorio, intesa come espressione concreta dei principi costituzionali con riguardo al meccanismo introduttivo ed all'ulteriore svolgimento di ogni tipo di procedimento;  Disponibilità dei diritti: i diritti costituzionali sono disponibili alle parti, da ciò discende il principio della disponibilità della tutela giurisdizionale, della domanda e dell'oggetto del processo;  Imparzialità e indipendenza dei giudici (artt. 101, 107, 108 e 111): ogni provvedimento deve essere motivato e conforme a diritto (cfr. art. 111, 113 e 113 c.p.c.), predisponendo dei controlli idonei a garantirlo. Il mancato rispetto o la non sufficiente attuazione nel sistema positivo dei principi costituzionali fondano autentici doveri del legislatore e criteri per l'eventuale intervento della Corte costituzionale (es. patrocinio a spese dello Stato per l'attuazione del diritto alla difesa garantito anche ai non abbienti; attuazione della ragionevole durata del processo attraverso il risarcimento del danno per il mancato rispetto, istituzione degli uffici per il processo e programmi per la gestione dei procedimenti). Principi costituzionalmente orientati Taluni principi ispiratori del codice sono riconducibili solo indirettamente alla Costituzione o non riconducibile ad essa, costituendo criteri tecnici in attuazione di un determinato orientamento di politica legislativa:  Congruità delle forme allo scopo (o strumentalità delle forme): orientamento di tecnica legislativa privo di fondamento diretto nella costituzione, ma che manifesta una politica legislativa facilmente riconducibile alle esigenze di una giustizia rapida e non formalistica virgola che è genericamente alla base di molte disposizioni costituzionali;  Libera valutazione delle prove (v. supra);  Disponibilità delle prove: criterio orientativo di tecnica legislativa privo di correlazione con orientamenti costituzionali e, talvolta, in contrasto con essi;  Economia processuale;  Conservazione degli atti;  Doppio grado di giurisdizione. I principi dell'oralità, concentrazione e immediatezza, pur costituendo un orientamento di politica legislativa precostituzionale che si traduce in una serie di criteri di tecnica processuale, sono in realtà riconducibili indirettamente ed eventualmente per analogia alla Costituzione stessa, per l'attuazione dell'idea di un processo il più possibile rapido ma al tempo stesso idoneo a consentire concretamente alle parti di difendere i loro diritti in un contraddittorio effettivo e diretto (vs. l’applicazione integrale di tali principi avrebbe condotta configurare il processo prevalentemente in forma orale con svolgimento concentrato in tempi estremamente ravvicinati e con contatti immediati tra il giudice e le parti). Principi europei La normativa dell’Unione Europea costituisce altresì limiti dell'autonomia legislativa, in quanto i Regolamenti, con la loro immediata efficacia prevalente sulle norme dei singoli Stati membri costituiscono lo strumento attraverso il quale l'unione ha avviato l'attuazione del suo programma di elaborazione di un nucleo comune di diritto processuale europeo, coesistente e da coordinarsi con i singoli ordinamenti (cfr. art. 65 T. CE; art. 81 T. Lisbona).
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved