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Corso di Filosofia teoretica sull'HABITUS o SECONDA NATURA (riassunto), Schemi e mappe concettuali di Filosofia Teoretica

Il documento riassume in modo concettuale un corso di 13 lezioni riguardo il tema dell'habitus o abitudine, attraversando vari autori: Aristotele (Etica Nicomachea, De memoria, De retorica, Politica) - Averroè - Tommaso - Hegel - Bourdieu.

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2015/2016

In vendita dal 12/08/2022

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lucatibe__95- 🇮🇹

4.6

(13)

20 documenti

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Scarica Corso di Filosofia teoretica sull'HABITUS o SECONDA NATURA (riassunto) e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Filosofia Teoretica solo su Docsity! Corso di filosofia teoretica LA SECONDA NATURA Lezione 1 Democrito, analogia tra natura (abitudine) e educazione (insegnamento): entrambe agisco sulla forma dell’uomo. Aristotele (Etica Nicomachea): - parla dell’abitudine (ethos) come una seconda natura che si apprende mediante un lungo esercizio, un processo di trasformazione. - TEMA: abitudine (ethos) e natura (fusis) - virtù: dianoetiche (intellettuale che viene dall’insegnamento) e etiche (legate al comportamento) Abitudine: - una sorta di costume che va ad impregnare la natura di un individuo - si radica e si iscrive in noi come una seconda natura - c’è differenza tra la mera naturalità e l’abitudine - il risultato di questo esercizio, di questa ripetitività, di questa abitudinarietà si sedimenta con una certa naturalità, una certa ricorrenza e costanza di comportamento, e questa ripetizione genera la natura QUINDI: l’abitudine è natura ma anche altro da essa. Tra abitudine e natura ci sono differenze e analogie. (De Memoria) In Aristotele, tra natura e azione c’è dualismo? No, —> tesi della naturalità dell’azione pratica: il comportamento rientra all’interno dei processi naturali, non si tratta di qualcosa di trascendente e autonomo rispetto alla naturalità. Sia la natura che l’abitudine hanno una regolarità che non è invariante, ma presenta casi irregolari e anomali che non rispettano l’andamento normale del processo. (De Retorica): - tema piacere/dolore: la disposizione naturale è appagante, mentre lo sforzo dell’abitudine è doloroso, faticoso - tema tra invarianza e variazione: ci sono dimensioni della naturalità che non stanno nella sfera dell’invarianza (la natura si dice secondo il sempre e secondo lo spesso), e anche per l’abitudine le azioni umane non posso essere connotate dal sempre, perchè ogni azione può essere diversamente da come è. (Etica Nicomachea): - distinzione tra abitudine e insegnamento (vs Democrito): l’abitudine delle virtù intellettuali può derivare dall’insegnamento, ma l’abitudine delle virtù etiche non deriva mai dalla natura, esse non nascono in noi per natura. Lezione 2 (Politica) tema abitudine/natura in relazione alla politica: - l’uomo è naturalmente politico, ma non è dalla disposizione naturale che si possono creare precise disposizioni politiche: Aristotele infatti non è un giusnaturalista, non definisce una piano di idee politiche stabilite per natura. Abbiamo la tendenza naturale ad agire politicamente, ma non è per natura che adottiamo una certa costituzione politica. Stessa cosa in ambito morale: non siamo buoni o cattivi per natura, ma abbiamo la capacità in potenza a sviluppare un certo tipo di disposizione morale. Il passaggio all’atto da questa potenzialità non avviene per natura, ma con l’esercizio, con un’attività precedente analoga a quella che succede. La virtù etica ha una naturalità che è insieme natura, e qualcosa che non è contro natura ma che non è neanche per natura (processi biologici). La ripetizione può portare ad abitudini buone sia cattive, il vizio è la ripetizione di un’abitudine cattiva. —> tema della medietà Distinzione tra abitudine e disposizione (termine più ampio di abitudine): disposizioni innate che non derivano dall’abitudine Tommaso proporrà varie ipotesi sul rapporto tra virtù e disposizione: - abitudine e disposizione appartengono allo stesso genere, e si distinguono secondo gradi di perfezione: l’abitudine sarebbe dunque più stabile della disposizione - abitudine e disposizione sono due specie distinte dello stesso genere, o abbiamo una disposizione o un’abitudine, non è che una disposizione perfezionandosi possa divenire un’abitudine Aristotele, Etica, Libro 2, Capitolo 5: Per esaminare cos’è virtù, occorre distinguere: passioni, capacità (possibilità o potenze) e disposizioni. La conclusione è: virtù è la disposizione, ciò per cui ci comportiamo bene o male di fronte ad una passione. Il processo di perfezionamento della virtù passa attraverso l’abitudine (che è il modo in cui noi acquisiamo e perfezioniamo una certa disposizione). Questo processo è insieme: - l’esito della possibilità di una scelta costitutiva, deliberata, a scegliere il giusto mezzo - l’esito di qualcosa di abitudinale che ha un certo grado di invarianza, di automaticità, perché riguarda lo svolgimento della nostra potenzialità che abbiamo per natura Lezione 5 Questione 49 Articolo 4. Se gli abiti siano necessari Sembra che la nozione di potenza sostituisca quella di abito. Ma A dice che poiché gli abiti sono perfezioni, le cose non possono mancare di perfezione essendo questa cosa necessaria avendo essa natura di fine. Lezione 6 Questione 50 Sul soggetto degli abiti Articolo 1. Se l’abito possa risiedere nel corpo. Gli abiti (disposizioni ad operare) sono operazioni compiute dall’anima, e solo secondariamente dal corpo. Non si possono attribuire gli abiti al corpo, perchè le potenze del corpo hanno una determinazione univoca mentre l’abito è una potenzialità a più cose. Averroè: l’abito è un mezzo col quale uno agisce quando vuole. 2 obiezioni: - certi processi del corpo non dipendono dal volere, sembrano sganciati dalla nozione di abito - tutte le disposizioni del corpo sono facili a perdersi, mentre l’abito no. Tommaso: - solo i processi dell’anima hanno abiti - le qualità del corpo possono essere considerate o di per sé o in relazione alla volontà: ci sono processi corporei che possono essere modificati dall’anima razionale, allora la nozione di abito può essere applicata anche al corpo. Articolo 2. Se l’anima sia sede degli abiti nell’essenza o nella potenza. Gli abiti risiedono nell’anima, ma nella sua essenza o nella potenza? Sembrano che gli abiti dell’anima risiedano nell’essenza che non nelle sue parti 1) La natura si desume più dall’essenza dell’anima poiché l’anima costituisce la natura corporea in virtù dell’essenza 2) Nessun accidente può essere il soggetto di un altro accidente, quindi l’abito (accidente) non può risiedere nell’anima in virtù delle sue potenze (accidenti) Ma A colloca gli abiti nelle diverse parti (potenze) dell’anima. 1) L’abito in ordine alla natura: nel corpo (se è l’anima che gli dà forma), nell’anima (se è la grazia che gli dà forma*). L’abito in ordine all’operazione: nell’anima. 2) essendoci un ordine tra gli accidenti, uno può essere soggetto di un altro, quindi un potenza (accidente) può essere soggetto di un abito (accidente). *vi sono abiti infusi nell’anima per via soprannaturale: una disposizione che non è acquisita con pratica ed esercizi ma tramite partecipazione ad una natura superiore. Articolo 3. Se qualche abito risieda nella parte sensitiva dell’anima. Possono esserci potenze dell’anima che non accolgono gli abiti: parte sensitiva, intelletto, volontà. 1) le potenze sensitive sono irrazionali 2) le facoltà sensitive sono comuni a noi e agli animali 3) nelle potenze sensitive non ci sono né scienze né virtù (negli abiti dell’anima si) A dice che alcune virtù sono proprie delle parti irrazionali dell’anima. 1) Le potenze sensitive possono operare: - per istinto: sono ordinate ad un unica cosa (non possono avere abiti, negli animali) - per comando della ragione: sono ordinate a più cose (possono avere abiti) 2) negli animali non ci sono abiti ma possono abituarsi ad una certa consuetudo grazie all’uomo, quindi l’appetito è irrazionale ma può essere governato. 3) è più naturale che gli abiti siano nelle facoltà sensitive di ordine appetitivo (5 sensi) che in quelle di ordine cognitivo (immaginazione e memoria): solo le prime agiscono sotto comando della ragione. cioè: l’appetito sensibile (5 sensi) è quello, non possiamo cambiare il nostro modo di percepire il mondo; mentre invece, il senso interno (immaginaizone e memoria) ha bisogno dell’abito per operare in modo corretto. Articolo 4. Se nell’intelletto ci sia qualche abito. 1. le operazioni dell’uomo sono dell’anima e del corpo, l’intelletto non è un atto del corpo, quindi nell’intelletto non v’è alcun abito. 2. una cosa che sia insieme in potenza e in atto non può trovarsi in un essere che è pura forma, ma soltanto in un soggetto composto di F + M. Ma siccome l’intelletto è pura forma, l’abito non può essere in esso, ma solo nel composto. 3. Gli abiti non possono trovarsi nell’intelletto separato, ma solo nel composto. Averroé: gli abiti sono individuali (ricevuti nelle facoltà inferiori) mentre l’intelletto è unico. a) errata interpretazione di A: in A ci sono abiti e virtù nell’intelletto, l’intelletto potenziale ha una struttura in grado di ricevere abiti in quanto prima attualità. b) errata di per sè: l’intelletto possibile può cogliere molteplici atti cognitivi, quando è in potenza a più cose. c) ulteriore obiezione: sembra che non l’intelletto non possa ricevere abiti perché immateriale, pura forma. in realtà può cmq riceverli perché ha componenti attive e passive. Qualcosa di immateriale può essere in potenza, infatti questa non richiede come condizione necessaria la materia. Articolo 5. Se nella volontà vi sia qualche abito. La volontà tende al bene, e ognuno tende al perfezionamento della propria natura. Quindi sembra che nella volontà non vi sia abito, sembra che non vi siano potenzialità a più cose non univoche. Questa tendenza naturale è una determinazione univoca che non lascia spazio per alcun abito. In realtà tendere a qualcosa di determinato fa sì che ci disponiamo in un determinato modo, quindi la volontà può ricevere abiti che la inclinano in un modo determinato. Articolo 6. Se nei angeli vi possano essere degli abiti. Da esser va escluso qualsiasi accidente, quindi ogni abito. Essi ricevono da sé stessi la propria conformità a Dio, non mediante abiti. Inoltre sono sostanze semplici, che non hanno disposizioni. Ma siccome hanno potenza (senza materia) devono avere degli abiti. l’intelletto angelico è un determinato atto (non atto puro) combinato ad una certa potenzialità. Poiché nessun angelo può raggiungere Dio ma a Lui dev’essere conforme e parteciparvi (essendo cioè in potenza a quello Atto puro), l’angelo ha bisogno di abiti che li rendano conformi a quell’Atto. Lezione 10 Eticità = oggettivazione della volontà libera Seconda natura = spirito oggettivo (interazione di abiti e costumi): - soggettiva (disposizioni individuali) - oggettiva (costumi, ethos) Relazione tra libertà e società: le pratiche del mondo sociale sono manifestazione del nostro agire, mentre però assumono una natura cosale. Cioè, i fatti sociali (la vita delle istituzioni) sono prodotti dall’uomo, ma acquisiscono il carattere di necessità esercitandola nell’uomo al pari delle leggi naturali. Le istituzioni esercitano un potere su di noi, ma solo se noi le riconosciamo come tali. La seconda natura come una immediatezza mediata: è il formarsi immediato di disposizioni soggettive che poi vengono perseguite mediatamente dalle istituzioni: 1) la mediazione sociale e culturale delle istituzioni (natura oggettiva-inorganica) 2) l’immediatezza dei processi naturali (natura soggettiva organica) La dimensione organica delle nostre disposizioni soggettive dà vita ad una realtà sociale (inorganica) che ha effetti su di noi. La libertà come autoriconoscimento delle proprie azioni: “Che io riconosca un’azione come una mia azione”. Una definizione compatibile sia col determinismo che non l’indeterminismo. Lo spirito soggettivo: corpo organico degli individui Lo spirito oggettivo: corpo inorganico delle istituzioni L’uso del termine seconda natura non è sostituibile senza residui con quello di “cultura” o “storia”, perché ci porta al di là del dualismo natura/cultura, ma ci porta invece a considerare la storia non in base a sé stessa. Lezioni 11 - 12 Antropologia. Si occupa del modo in cui le attività mentali emergono dal processo naturale, ovvero come autorganizzazione del corpo, sistema di incorporazione fisiologica delle attività intellettuali. La seconda natura può avere un doppio uso: - uso descrittivo: riporta il risultato di un’analisi (una certa attività si ripete nel tempo e diventa una disposizione stabile e naturale) - uso critico: include anche elementi arbitrari e diversi da ciò che è naturale L’abitudine è il modo in cui entriamo in possesso di noi stessi, essa è accompagnata dal sentimento di sé: l’abitudine è una relazione autoriferita e mediata da un sentimento di sé che è universale 1) perché realizza una forma di distacco da sé (dai singoli stati corporei) 2) perché ha una sua generalità Il sentimento di sé realizza la libertà nella forma della necessità. La dialettica tra libertà e necessità dell’abitudine Hegel prende le mosse da Tommaso, e dice che la sensazione è suscettibile di abitudine, non possiamo pensare gli abiti a prescindere dalla sensazione, perchè essi hanno a che fare col senso motorio. Hegel definisce la libertà come “un essere presso di sè nell’altro”: essere nell’altro della sensazione, e tuttavia riconoscere come propria la sensazione. L’abitudine: - università formale: ci libera dalla sensazione, ci consente un distacco per vertere l’attenzione su aspetti superiori. E’ ciò che pone la struttura che rende possibile la libertà. - meccanismo: ci schiavizza nella ripetizione Lezione 13 La società moderna, che si basa sul libero mercato e che prevedeva il dominio di una certa classe, ha la struttura della TRAGEDIA DELL’ETICA di cui parlava Hegel, tende cioè a ridurre i rapporti tra uomini a rapporti tra cose. Gli uomini finiscono per essere asserviti a questo ordine che si presenta come una natura alienata. Lucaks utilizza l’immagine dello spirito congelato, ossificato, ridotto a natura organica ad indicare il risultato della modernità capitalistica come universalizzazione della forma della merce in cui le attività inter soggettive umane finiscono per essere scisse da ciò che è stato prodotto. Tutti i rapporti commerciali vengono commisurati al loro valore di scambio, alla loro potenziale mercificazione. “Seconda natura” qui vuol dire mondo congelato nella misura in cui riduce i rapporti tra uomini a rapporti tra cose. Adorno parla di una dialettica negativa, ovvero sostiene che nella modernità capitalistica non si parla più di uno SPIRITO DEL MONDO, di un regno della libertà, ma di una STORIA NATURALE che prosegue sé stessa. La storia non è ancora iniziata realmente, ma siamo ancora in una fase preistorica. Questo fenomeno per cui lo Spirito si presenta come una seconda natura deificata nasce da elementi contingenti che finiscono per diventare necessari. La società di mercato è data ma è storicamente posta. Si coglie uno scarto tra prima e seconda natura, la quale finisce per non essere altro che riproposizione apparente della prima natura (REALTA' e APPARENZA). Bourdieu identifica il compito della critica nell’identificare il paradosso della doxa e il processo di naturalizzazione in cui una costruzione sociale organizzata viene proposta come processo naturale, fondamento naturale della differenza di potere storicamente data. Questo ordine naturale continuamente legittima quella forma di potere storicamente data. Va ad analizzare ciò che struttura il rapporto tra i generi sociali, cioè il modo in cui l’ordine simbolico delle relazioni tra uomini e donne è il riflesso di un rapporto sociale di dominio che viene mascherato. La differenza maschile-femminile viene cosmologizzata. Questa differenza implica un disequilibrio che viene giustificato sulla base di opposizioni di termini contrapposti (secco/umido, attivo/passivo). I rapporti simbolici di dominio subiscono un processo di naturalizzazione che avviene tramite abituazione, è un processo di impiantazione di abiti maschili e femminile che poi si trasmettono attraverso i corpi in modo biologizzato. Quindi questa costruzione di simbolica è qualcosa che non opera solamente a livello di rappresentazioni linguistiche, ma è impiantata nelle disposizioni abituali. Bourdieu parla di un PROCESSO DI SOCIALIZZAZIONE che opera una SOMATIZZAZIONE DEI RAPPORTI DI DOMINIO. Le hexis vengono impiantate nei nostri corpi nella misura in cui gli individui sono socializzati in questo costrutto mentale. Le relazioni di potere si ripetono attraverso ogni pratica della routine quotidiana; e ciò avviene sia per le disposizioni corporee sia per quelle cognitive. Questi abiti finiscono per diventare una sorta di TRASCENDENTALE STORICO insuperabile, sotto forma di schemi di potere inconsci (cognitivi simbolici) inculcati negli individui dalle regole sociali. Questo processo diventa poi un circolo vizioso perché si riversa su chi l’ha prodotto subendone così gli effetti. Tuttavia Bourdieu pensa che è possibile una lotta cognitiva, certo però non è sufficiente prendere coscienza di questi schemi per liberarsene. E’ una forza che non può essere sospesa da un atto coscienza.
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