Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Corso di Storia Moderna - Rosolino, Sbobinature di Storia Moderna

Sbobine di Storia Moderna a.c. 2022/2023

Tipologia: Sbobinature

2022/2023

Caricato il 17/04/2023

about-me
about-me 🇮🇹

5

(3)

21 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Corso di Storia Moderna - Rosolino e più Sbobinature in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! STORIA MODERNA – LEZIONE 1 28/09/22 La storia moderna tendenzialmente inizia con la scoperta dell’America (1492) e finisce con la restaurazione. La stessa parola “moderna”, l’idea di modernità nasce da un’esigenza di distinzione nei confronti dell’antichità e dell’età medievale. Le periodizzazioni da un lato lasciano il tempo che trovano, e dall’altro sono funzionali in base a quello che vogliamo raccontare, al taglio che vogliamo dare alle cose. Le periodizzazioni le fanno gli storici in base alle loro esigenze narrative e interpretative – come abbiamo detto la storia moderna si fa coincidere tradizionalmente con la scoperta dell’America (1492) e con la rottura del mondo cristiano europeo, cioè l’avvio della riforma di Lutero (1517), il famoso anno in cui Lutero affigge le sue 95 tesi sulle porte della cattedrale di Wittenberg. La fine invece è rappresentata da 2 grandi rivoluzioni, che di fatto sono i veri pilastri della modernità – se la modernità è quella che noi stiamo vivendo e l’utopia che continuano i modernisti è quella di spiegare le basi del mondo che noi calpestiamo, molte cose che per noi sono scontate ma che sono elementi costitutivi del mondo in cui noi viviamo nascono con la modernità: lo stato, la globalizzazione, le colonie e gli imperi etc. Se ci pensate la Rivoluzione Francese per ciò che riguarda i rapporti sociali, ma soprattutto la politica, e la Rivoluzione Industriale per ciò che riguarda l’economia, ma anche la cultura materiale, la società, le classi, il modo in cui è strutturata la società, avvengono alla fine della nostra età moderna. Quindi c’è un inizio e una fine, ma potremmo quasi dire che ci sono 2 inizi: molti contemporaneisti sono costretti a retrocedere un po’ il loro momento di inizio per includere la Rivoluzione Francese e la Rivoluzione Industriale. La politica così come la intendiamo noi, i partiti di destra e sinistra, è prodotto della rivoluzione. Voltaire (uno degli illuministi), negli anni 20 scrive in una delle sue opere che la storia più rilevante, quella che occorre sapere, è la Storia Moderna, è quella che ci riguarda, che comincia con l’espansione europea, che vede la rottura con il mondo cristiano-europeo, l’invenzione della stampa e quindi la diffusione della cultura in un altro modo, è la storia che riguarda gli stati – non è un caso che gli stati vengano denominati Stati Moderni. La nostra esperienza politica, dello stato, è un’esperienza che nasce nella modernità. Ma è un lungo processo di costruzione, lo stato moderno si perfeziona lungo i secoli dell’età moderna, lo vedremo ben costruito e completo solo alla fine dell’età moderna, e questo processo costerà un sacco di soldi e un sacco di sangue. È l’età in cui, per la prima volta nella storia dell’umanità, anche rispetto alla storia antica e medievale, il tempo si storicizza e la storia diventa progressiva – il concetto di progresso è qualcosa che noi ereditiamo dagli illuministi che prima ho menzionato, l’idea che il mondo fosse migliorabile; l’utopia degli illuministi era di rendere più felici i popoli e le nazioni, l’idea che l’umanità potesse soltanto migliorare se avesse seguito determinate strade. Quindi l’idea stessa del progresso nasce dentro la modernità. Se chiedete ai vostri nonni, per loro era scontato che il mondo che avrebbero avuto i loro figli sarebbe stato migliore del loro. Voi, nella vostra generazione, siete sicuri che il mondo che lascerete ai vostri figli sarà migliore? Probabilmente no, questo perché il concetto stesso di progresso è stato messo in crisi, ma ci hanno creduto generazioni e generazioni di persone per 300 anni. D’altro canto, la storia moderna è importante sostanzialmente dal 400-500, e non è un caso che quel periodo si chiami Rinascimento. Rispetto all’immagine del medioevo come secolo buio, loro stavano rinascendo, avevano scoperto nuovi territori, inventato la stampa, stavano costruendo lo stato, avevano inventato una cultura che si sostituisse a quella dei preti – stavano pensando di rendere migliore il mondo, e per capire come quel mondo stava diventando migliore, bisognava raccontare una storia che partisse proprio dal rinascimento, è da lì che viene la modernità. Modernità equivale alla storia dell’Ancien Régime (Antico regime), cioè la storia di quei 3 secoli, 500-600- 700, e anche la parola stessa “Ancien Régime” ha una connotazione non positiva, è il grande nemico della Rivoluzione, il nemico da uccidere. I Rivoluzionari pensano di fare piazza pulita della società dell’antico regime, vogliono distruggerlo e creare un mondo del tutto nuovo. L’idea stessa di politica nasce con la rivoluzione: non più gestione di un governo esistente, ma immaginare e costruire un mondo così come lo desideravano. La politica fino a quel momento era stata governo di ciò che esiste, il governo degli stati è, come diceva Machiavelli, far fronte agli imprevisti, tenere in piedi la baracca – Machiavelli diceva che gli stati potevano morire, come muore qualunque altra cosa, e la politica è chiamata a svolgere questa funzione non di salvare, poiché Machiavelli sosteneva che le creature politiche non fossero salvabili e si poteva solo ritardare quanto più possibile la loro morte, ma di costruire il mondo come noi lo vogliamo, ha una dimensione ideale. [Ritornando al discorso delle periodizzazioni] Capite quindi che le parole e le date sono funzionali a quello che noi vogliamo raccontare – non ha senso, ad esempio, raccontare la scoperta dell’America senza raccontare prima la caduta di Costantinopoli. È soltanto con l’avanzata islamica nel mediterraneo, con la caduta di Costantinopoli nel 1443, ben 40 anni prima di Cristoforo Colombo, che cambiano le cose, perché cambia l’economia del mondo e cambiano i rapporti di forza con l’Oriente. L’espansione europea ha una matrice ideologica, quindi culturale e politica, ma ha soprattutto una forte matrice economica, perché occorreva individuare una via alternativa per poter fare affari con l’oriente ed evitare le vie tradizionali che non solo erano diventate difficoltose ma avevano fatto sì che i prezzi lievitassero enormemente. Dovete immaginare la stessa situazione del gas di oggi; il pepe e le spezie servivano a un sacco di cose e arrivavano in Europa, che aveva una bilancia commerciale molto passiva rispetto all’oriente perché era dall’oriente che arrivavano tutte queste cose per cui gli europei pagavano in oro, e gli orientali volevano poche cose dagli europei – nel momento in cui cade Costantinopoli e l’avanzata islamica procede nel mediterraneo, quella via tradizionale dei commerci di Venezia e dell’Egitto (poi ne parleremo) fa lievitare i prezzi nei mercati europei. Quindi gli europei cominciano a sforzarsi di immaginare nuove vie – infatti sappiamo che prima del viaggio di Colombo lo sforzo è quello di scendere giù in Africa nella costa occidentale, per cercare di arrivare in India, poi Colombo suggerirà di fare al contrario, quindi capiamo che questa espansione europea ha una forte motivazione economica. Questo per dirvi che le periodizzazioni e le date servono a noi a seconda di quello che vogliamo raccontare, se vogliamo parlare della scoperta dell’America e l’espansione europea da un punto di vista economico bisogna parlare anche della caduta di Costantinopoli. È ovvio che sotto tutti i punti di vista sia un momento cruciale – perché è un momento cruciale? Intanto l’economia assume una dimensione planetare; per noi è scontato ragionare sul fatto che i mutui e le bollette delle nostre case dipendono dalla Cina, dalla Russia e la guerra in Ucraina, dipendono da tutta una serie di situazioni nel mondo, ma prima non era scontato, la globalizzazione è qualcosa che nasce e comincia a cambiare radicalmente il mondo proprio con l’inizio della modernità, cioè con l’espansione europea. Gli europei scoprono il mondo, si confrontano con l’altro – l’Antropologia, ad esempio, nasce in queste circostanze, sono i missionari che cominciano a pensarci, occorreva individuare degli strumenti che servissero a relazionarsi con l’altro, e che prima non esistevano. Ovviamente occorrevano una serie di istituzioni per poter spiegare quello che stava succedendo – vi racconterò il ruolo che hanno avuto i giuristi in questa gigantesca impresa. C’è chi si sofferma sul commercio, sull’introduzione di prodotti come i pomodori che prima non esistevano, chi si sofferma sugli antropologi e i missionari, io vi racconterò il ruolo che hanno avuto i giuristi nel pensare delle istituzioni e delle regole che consentissero di spiegare, a sé stessi e agli altri, cosa stava succedendo, e cominciare a dare dei nomi alle cose, e che consentissero di dominare gli altri e i territori conquistati e soprattutto di sfruttarli. L’idea di “guerra giusta” nasce in quella circostanza e non è un caso, la pensano e la perfezionano i domenicani – Francisco de Vitoria è uno dei più grandi domenicani che insegnava a Salamanca, che era in quel momento uno dei più grandi centri di cultura cattolica, teologica e giuridica; dentro l’antico regime, la teologia non è separata dal diritto, sono due terreni attivi che spesso finiscono l’uno nell’altro, e non è un caso che Francisco de Vitoria sia non solo un grande teologo domenicano ma anche un grande giurista e teorico politico. Questa globalizzazione comincia in quel momento e coinvolge, fa sì che gli europei riescano a mettere su una rete economico-istituzionale che avvolga il mondo. Globalizzazione significa fare in modo non solo che risolvere i conflitti e prima non esisteva, poi lo stato si doterà di una forma di amministrazione e di burocrazia, perché servono uomini che conoscano i territori e le popolazioni, che consentano ai sovrani di sapere ciò che accade nell’angolo più remoto e più lontano dal centro dello stato. La burocrazia serve a due cose: a governare lo stato e a conoscere quello che succede in ogni angolo dello stato, e soprattutto serve a portare in ogni luogo del territorio la volontà elaborata al centro, quindi acquisire informazioni/ordini/decisioni dal centro e comunicarle in tutto il territorio. Quello dell’antico regime, che i rivoluzionari francesi vogliono uccidere e che riescono ad uccidere, è un mondo fondato su 2 cose: il privilegio e la disuguaglianza. Il grande sforzo quasi utopico che viene messo in campo nei secoli dell’età moderna in vari contesti è proprio quello di gestire, governare e conservare una società giusta e disuguale. Il concetto di giusto all’epoca era un concetto diverso dal nostro, un concetto che risente dell’esistenza del privilegio e della disuguaglianza. Per noi è scontato, ma questo mondo viene capovolto, la rivoluzione non inventa solo un nuovo concetto di politica ma inventa anche un mondo in cui tutti sono uguali, e per farlo deve uccidere l’antico regime. Quelle generazioni lì non erano nate in quel momento, nell’89, erano nati negli anni ’60-70, erano persone che sapevano cosa fosse l’antico regime. Thomas Paine è un inglese che lo sa benissimo, ha vissuto sulla sua pelle che cosa sia la società inglese costruita sulle gerarchie e la disuguaglianza, che ancora ha un re/regina. Lui chiama a raccolta gli americani e dice che bisogna costruire una creatura politica che non solo si separi dalla madre ma che dev’essere radicalmente diversa. Viene quindi ripensato l’esercizio stesso del potere, viene concepito il diritto di resistenza al potere. Lutero si immagina un’autorità superiore a tutti nel suo cuore (la coscienza) che gli consentisse di disubbidire, non può ascoltare il papa o l’imperatore perché deve ascoltare un altro giudice, cioè la coscienza. Con il diritto di resistenza viene concepita un’altra cosa per noi scontata, non tanto come resistenza al potere ma come limite al potere; noi siamo abituati all’idea che il potere non sia tutto nelle mani di una sola persona, esistono 3 poteri: il potere di fare le regole, il potere di attuarle e il potere di giudicare, cioè legislativo, esecutivo e giudiziario. Quest’idea che noi vedremo applicata nella rivoluzione americana viene concepita come esigenza contro la tirannia, come bisogno di uno strumento e di un limite al tentativo da parte di chi esercita il potere di fare un atto di tirannia. Il soggetto che viene in mente quando si ascolta questa parola è Montesquieu, un illuminista e un magistrato, uno dei più grandi giuristi, il quale preoccupato per la fine che poteva fare il regime se manipolato, piegato, stravolto da un sovrano o sovrani che ascoltava quegli illuministi (di cui poi faceva parte ma di cui non condivideva tutte le opinioni) che dicevano di cambiare la società, di eliminare privilegi e disuguaglianze, perché non potevano attribuirsi un potere tale da scavalcare le istituzioni o si rischiava di uccidere la società e di travolgere lo stato. La divisione dei poteri la vedremo applicata con Thomas Paine; gli americani sentono l’esigenza di stabilire due cose: di non fare come gli inglesi, che non avevano la costituzione, bisognava avere una costituzione e doveva essere scritta; l’altra esigenza è di evitare che il potere finisca nelle mani di un solo soggetto, quindi sono i primi ad applicare quello che Montesquieu aveva detto, cioè separiamo i poteri, facciamo in mondo che i poteri non solo siano nelle mani di un unico soggetto ma che si bilancino e controbilancino reciprocamente. L’altra cosa su cui insisterò è l’idea che il mondo che noi viviamo sia prodotto della modernità soprattutto in termini economici – prima ho fatto riferimento alla globalizzazione, e mi è stato chiesto “istituzioni in che senso?”, gli europei si sforzano di pensare delle istituzioni che siano in grado di governare questa rete che collega il mondo e di controllare e sfruttare le popolazioni e i territori. L’encomienda viene pensata dai giuristi per questo. L’altro elemento per noi scontato ma che è figlio della modernità è il mercato; il mondo ereditato dai primi moderni è un mondo dove tendenzialmente chi detiene la terra, il potere immobiliare, detiene anche potere politico. Tradizionalmente chi affianca il sovrano nell’amministrazione degli stati sono gli aristocratici. Quando Montesquieu dice di dividere il potere perché in Francia rischiamo il colpo di autorità (tirannia) perché gli aristocratici sono troppo indaffarati nello spendere e fare feste, dice l’aristocrazia non fa più il suo mestiere. Ma il mondo della modernità è un mondo in cui comincia a prendere sempre più piede e ad essere sempre più legittimata la ricchezza mobile, cioè il mondo dei soldi – il mercato non può funzionare in un mondo di disuguali. Un mercato presuppone che se io mi sedio a un tavolo di poker tutti dobbiamo giocare con gli stessi soldi e le stesse poste, non possiamo avere diritti diversi. Questo significa che il mercato presuppone l’uguaglianza giuridica che prima non esisteva. La Rivoluzione francese è essenzialmente una rivoluzione borghese (secondo anche la visione marxista), è la borghesia che l’ha fatta, il mondo dei soldi che non soltanto voleva l’uguaglianza giuridica riguardo i diritti di proprietà, ma voleva che un mondo di disuguali fosse sostituito da un mondo retto dall’uguaglianza giuridica. Il feudo non poteva sopravvivere in un’economia di mercato, i diritti di proprietà devono essere certi e dovevano circolare in un mondo dove tutti avevano gli stessi diritti e opportunità (ovviamente non era così, anche il mondo dei soldi ha le sue gerarchie). Il grande salto che viene fatto è proprio questo, man mano che emerge questo mondo dei soldi ha bisogno di essere riconosciuto e legittimato da una politica che invece era legata a quella vecchia concezione per cui chi ha la terra comanda. Guardando ai partiti inglesi, il partito Tory è un partito ancorato a quelle concezioni, e la spiegazione che daranno i Tories è che soltanto di coloro che avevano la terra noi possiamo fidarci perché se difendono la propria casa difenderanno anche tutta l’Inghilterra, mentre non possiamo fidarci di quelli che fanno gestiscono i soldi in giro per il mondo, perché un giorno si stancheranno dell’Inghilterra e ci abbandoneranno. Il partito Whig invece capisce che l’Inghilterra ha acquisito un ruolo in termini politici e internazionali che deriva proprio dal mondo dei soldi, da quella globalizzazione di cui parlavamo prima, e dirà che non possiamo non rappresentare questi interessi perché è da questi che deriva la nostra grandezza. Questo passaggio da un mondo ancorato dove terra e politica sono legati, e che poi verrà sostituito da un mondo in cui la dimensione del denaro, del commercio e del mercato busserà alla porta prima timidamente e poi in maniera violenta con la rivoluzione. Per certi versi i marxisti lo avevano intuito, la dichiarazione dei diritti e doveri del cittadino e l’abolizione della feudalità sono i primi prodotti della Rivoluzione francese; cancella il diritto feudale (terra=potere) e dice che tutti sono uguali, uccide l’antico regime e apre la strada al mondo dei soldi ma anche all’uguaglianza. Ripensa la società uccidendo privilegio e disuguaglianza. LEZIONE 2 3/10/2022 STORIA MODERNA Quello di cui parleremo oggi è osservare lo spazio politico europeo all’inizio della modernità. Quali sono i soggetti in campo, quali sono i linguaggi, che cos’è il potere e quali sono le partite in gioco. Se noi osserviamo l’Europa all’inizio dell’età moderna, ci accorgiamo che al centro del.. (il prof spezza il discorso) Vi ricordo che, rispetto all’Europa medioevale, nell’età moderna l’Europa acquisisce un ruolo che prima non aveva e questo ruolo verrà consolidato nel corso dell’età moderna, tanto che le tre armi: culturali, politiche ed economiche che gli europei utilizzano, consentiranno loro di “impadronirsi” del mondo. Quindi l’Europa, se noi immaginiamo questo processo di globalizzazione, diventa un po’ il centro, questo perché globalizzazione non è semplicemente quel processo che finirà per avvolgere, in una rete economico istituzionale politica, il resto del mondo e mettere in comunicazione ogni parte del mondo con il resto del mondo ma significherà anche costruire un sistema mondo che presupponga dei centri e delle periferie e il destino delle periferie del mondo verrà ripensato e reso funzionale ai rapporti di forza che vengono a definirsi. Se noi osserviamo questo spazio europeo, in termini geografici, ci accorgiamo che al centro ha una realtà politica, che è anche ideologica, che ha pretese universalistiche. Questa realtà è l’impero, ed era l’unico esistente da quando quello d’oriente, erede diretto di quello romano, viene spazzato via; Costantinopoli era l’ultimo residuo 1453. Questo impero enorme, in termini geografici, va dall’attuale Polonia, Ungheria, fino al cuore della Francia e dal baltico fino al mar tirreno, si affaccia anche sull’adriatico ma non include Venezia, che rimane, per così dire, autonoma e che insieme con Costantinopoli costituisce, per così dire, la porta con l’oriente. L’Europa scambia e continuerà a scambiare con l’Oriente i beni e nel momento in cui Costantinopoli finisce nelle mani dei turchi 1453, i servizi segreti veneziani sapevano che c’era questo rischio, in ogni caso si sono mossi tardi, ma ciò che li preoccupava(i veneziani/Venezia) era il riuscire a ristabilire un rapporto commerciale con Costantinopoli. Sono due nemici che hanno bisogno l’un dell’altro. Questo grande impero, di cui sto parlando, non è uno stato e né una nazione, allora cos’è? Possiamo dire che è una gigantesca confederazione che, in realtà, non è altro che una comunità di carattere politico ed ideologico, non è una realtà, in termini culturali, non ha una sola cultura, non ha una sola lingua, in termini politici, non ha un solo esercito, non ha una sola amministrazione e non ha un solo diritto. Quindi è una realtà rurale, l’unico elemento che accomuna tutti questi soggetti che fanno parte di questa gigantesca comunità è l’elemento religioso, è tenuto insieme da questo collante, che è la religione e, infatti, quando affronteremo il tema della riforma protestante, ci accorgeremo che la riforma protestante è un tema, una questione politica perché nel momento in cui viene messo in discussione quel collante religioso, viene meno l’impero. L’imperatore, che in questo caso è Carlo V, si preoccuperà di quello di cui competizione di un’altra realtà politica che era la monarchia francese e se ci pensiamo, le guerre in Italia non sono spiegabili se non consideriamo questa competizione, perché, ovviamente, l’ ambizione dell’imperatore era quella di avere dei territori che in qualche modo gli consentissero di saldare questo gruppo di territori tedeschi, con quelli spagnoli e l’Italia diventa uno spazio in cui questi 2 soggetti mettono alla prova le proprie forze militari, ma soprattutto, la loro competizione. Le guerre di Italia che durano fino al 59 ed incominciano nel 95, quindi più di metà secolo. Perché l’Italia viene invasa e diventa il teatro di guerra per più di 50 anni? Questo impero ha una capitale ideale, che è fuori dal suo territorio, cioè Roma, infatti continuano a chiamarsi Il Sacro Romano Impero, l’elemento religioso è un elemento fondamentale; è una capitale ideale perché non è soggetta al dominio dell’imperatore, anche perché è la capitale dello stato della chiesa, quindi ancor di più ideale. Dobbiamo considerare il Papa sempre come un soggetto che ha due teste:  da un lato il Papa è il capo temporale di uno stato a tutti gli effetti. Lo stato della chiesa, ha un amministrazione, una diplomazia etc..  dall’altro lato il Papa è il capo spirituale dell’intera comunità Il Papa faceva si che questo stato avesse un elemento di fragilità in più rispetto agli altri, perché una volta che moriva il Papa, era un’assemblea ad eleggere quello successivo, c’erano i cardinali e questo momento di rottura di crisi e di ricostituzione del potere, era un elemento che rendeva fragile lo stato, soprattutto perché il potere mancava di continuità e per non essere messo in discussione deve essere continuo, senza fine. Anche se la Chiesa da qualche tempo si era attrezzata per fare in modo che questo momento fosse quanto meno traumatico possibile, in che modo? I Papi, durante la loro vita, facevano in modo di indicare il famoso cardinal nipote, cioè una persona che, in qualche modo, già si sapeva sarebbe diventata il successore e per fare in modo che il cardinal nipote diventasse Papa, occorreva fare in modo che l’assemblea dei cardinali che poi avrebbe eletto il nuovo Papa, effettivamente,si orientasse in quel modo. Come si faceva? Il Papa nominava tutta una serie di cardinali per fare in modo che avessero, quei cardinali, la maggioranza all’interno dell’assemblea, che poi avrebbe eletto. Quindi cercavano di manipolare la nuova elezione. Tanto l’impero quanto la Chiesa stavano attraversando momenti di crisi per ragioni diverse. Tutta questa vicenda, per cercare di rendere meno traumatica l’elezione del successivo Papa, per rendere la soluzione di continuità quanto meno percepibile, la Chiesa aveva compromesso il suo tesoro morale, perché fare in modo che l’assemblea dei cardinali eleggesse le persone indicate, l’attività di corruzione, i cardinali vecchi andavano corrotti, comprati; d’altro canto non ci spieghiamo la riforma se non consideriamo le crisi che stavano attraversando l’impero e la chiesa. Dobbiamo prendere la riforma come l’indizio fondamentale che ci dà la misura di quanto queste due creature, con pretese universalistiche, per ragioni diverse. Non c’è alcun potere che non discenda da Dio, è la frase di San Paolo, tratta dalla epistole ai romani, ed è il principio secondo cui il potere non era il prodotto delle società umane, non era altro che il risultato del volere di Dio. Questo significa che qualunque sovrano esercitava le sue funzioni e il suo potere perché gli era stato incaricato da Dio di amministrare quel potere e questo significa anche che qualunque cambiamento di sovranità, poteva avvenire soltanto per volontà divina e non per volere degli uomini. Quando Lutero capisce di aver messo in discussione l’impero e gli viene chiesto:” Caro Lutero, noi principi, possiamo mettere in discussione l’autorità dell’impero?” Lui si trovò in difficoltà perché lui, ex cattolico, ci arriverà dopo notti a studiare, a mettere in discussione la figura dell’imperatore. Non era legittimo resistere ad un sovrano se quest’ultimo era stato indicato da Dio, a meno che non avesse commesso un peccato nei confronti di Dio. La particolarità storica dell’Europa Occidentale è che la linea attraverso cui il potere discendeva da Dio e finiva nelle mani di chi lo amministrava, si era, per così dire, doppiata. C’era un potere politico o quello che noi definiamo temporale che apparteneva all’imperatore, ai re.. a tutti quelli che amministravano la vita politica e le creature politiche, città, stati o monarchie che fossero. Poi vi era un potere spirituale che era amministrato dal Papa e tutti questi signori, oligarchie o imperatori che amministravano il potere politico, avevano bisogno,proprio perché il potere discendeva da Dio, che il vicario di Dio in terra riconoscesse il loro ruolo e che riconoscesse quel potere. Il vicario di Dio era il Papa. In virtù di questo principio, si riteneva che dovesse essere la chiesa a svolgere la funzione di indicare e di riconoscere, effettivamente, dove e come e perché il potere da Dio, fosse finito nelle mani di questo o di quell’altro soggetto; d’altro canto continuava ad essere veicolata una frase, che è quasi come se fosse il contrario di quello appena detto, ovvero, “date a Cesare quel che è di Cesare”, cioè che Cesare non aveva bisogno di nessun riconoscimento da parte di nessuno per i poteri che lui esercitava. Queste due interpretazioni avevano prodotto la famosa guerra delle investiture, guerra molto cruenta e sanguinosa, tuttavia non dobbiamo pensare solo al sangue, dobbiamo anche pensare che da secoli queste due dimensioni: temporale e spirituale, trovavano, l’una nell’altra, un reciproco sostegno. La Chiesa trovava nel potere politico la necessaria protezione, quando si trattava di proteggere, in termini politici e militari, il Papa, la Chiesa, chiedeva sempre aiuto al potere politico. Dopo che gli inquisitori avevano svolto i loro processi ed, eventualmente, ritenevano colpevole, quindi da condannare e giustiziare un eretico, non si macchiavano mai le mani di sangue, si diceva che formalmente rilasciavano il soggetto al braccio secolare, significa che gli inquisitori consegnavano l’eretico di turno, al braccio secolare, il quale si occupava di giustiziare l’eretico. Questa è un immagine di come il potere spirituale, si appoggiasse e avesse sempre bisogno dell’apporto fornito dal potere politico. Gli inquisitori erano sempre ecclesiastici. D’altro canto il potere politico aveva sempre bisogno della chiesa, la quale forniva i suoi uomini, i suoi spazi, i suoi linguaggi e forniva i suoi riti. La Chiesa, aldilà dell’elemento religioso, cioè l’amministrazione dei sacramenti, cioè la cura delle anime, grazie a quest’ultima la chiesa forniva le risposte ultime alle questioni che ogni individuo aveva. La chiesa aveva un enorme potere perché era l’unico soggetto a poter usufruire di un canale di comunicazione pubblica, quantomeno una volta alla settimana, era l’unico soggetto che aveva la possibilità di parlare alle masse, sempre. Aveva il monopolio dell’assistenza dei poveri e dei malati, non c’era nessun altro che si occupasse degli ultimi della terra ed era l’unica fonte di legittimazione del potere, era l’unica fonte che riconoscesse e che desse forza ideologica al potere stesso, dato che era Dio a dare questo potere e l’unico che potesse riconoscere questo potere era il suo vicario in terra, il Papa. La Chiesa, d’altro canto, indicava per chi era giusto andare in guerra, indicava a chi pagare le tasse, indicava le persone che, in qualche modo, andavano riconosciute come soggetti che amministravano il potere, quindi l’ubbidienza e il governo della società era anche in mano agli ecclesiastici, i quali era un po’ limitativo denominarli solo come coloro che curavano i mali, loro influivano molto sul potere della democrazia cristiana, perché i preti, oltre che a confessare i fedeli, indicavano anche per chi votare. La chiesa era il garante dell’ordine, spiegava il mondo e nella spiegazione del mondo c’era anche l’indicazione di coloro per i quali bisognava combattere e che bisognava ubbidire. Questo significa che la Chiesa aveva un potere enorme. Alle soglie dell’età moderna, oltre alla chiesa e all’impero, lo spazio politico è popolato dai signorio(46:46), da coloro che gestiscono il potere e che vengono riconosciuti tanto dalla chiesa quanto dall’impero ed è contrassegnato dalla presenza di monarchie e da quello che gli stati ci chiamano Stati Moderni. È un soggetto nuovo, tant’è che gli storici lo hanno designato come moderno, nel senso che non lo ritroviamo prima dell’età moderna, non c’è una data precisa, sono processi di lungo periodo. Questo stato moderno ci lascia immaginare l’avvio di un processo di riordino e unificazione dei territori, in termini di sicurezza, protezione e giustizia; riordino significa anche ripensamento, in termini di una nuova razionalità. Gli Stati Moderni sono più razionali rispetto alle creature politiche medioevali, ma sono organizzati in maniera diversa, quindi sono più razionali secondo una nuova logica. In questo processo di costruzione dello Stato, ci sono 4 soggetti che noi ritroviamo più avanti rispetto agli altri e sono: Francia, Inghilterra, Spagna e Portogallo, prima degli altri hanno incominciato ad abituarsi all’idea che a ogni sistema politico dovesse corrispondere una nazione e per capire meglio questo processo di costruzione dello Stato, parliamo di centralizzazione, quindi, sostanzialmente, lo stato è una creatura politica che si dota o che ha un centro e che organizza le sue periferie, che insistono sul territorio dello stato, in rapporto concentrico. Hanno bisogno che le informazioni dalle periferie arrivino al centro e che le decisioni prese al centro arrivino alle periferie e la Burocrazia adempie a questo compito. Comincia a prendere sempre più piede che dovesse essere lo stato a proteggere i sudditi, a garantire al loro sicurezza, la giustizia e a fare in modo che ci fosse una certa corrispondenza tra un ordinamento di istituzioni e un’identica culturale e politica. Abbiamo parlato di un rapporto tra territorio e potere, di centralizzazione, di riorganizzazione di una nuova razionalità rispetto alla razionalità politica medioevale, di corrispondenza tra identità politica e culturale e sistema o ordinamento di istituzioni. È ovvio che il terreno su cui si gioca la principale sfida per l’affermazione di questa nuova logica è il terreno della giustizia, infatti tutti i capi di questi stati, di queste monarchie, si dotano di tribunali che si impongono come il più avvio alla rivoluzione, cos’è? Il re, impossibilitato a risolvere una questione gigantesca, cioè un debito pubblico ormai fuori controllo e una politica incapace a risolvere i problemi del paese e soprattutto un paese sull’orlo del fallimento, cosa fa il re? Convoca gli stati generali, cioè l’assemblea dei rappresentanti dei 3 ordini che compongono la società perché deve patteggiare, discutere con loro ed è lì che si vede che è un signore feudale. I tre ordini della società, che sono una parte di questa, sono: nobiltà, clero e terzo stato. Questa istituzione noi la ritroviamo più o meno ovunque e, in primo luogo, il ruolo di queste assemblee rappresentative è quello di acconsentire o meno alle richieste fiscali che provengono dal re. In altri termini, tutte le volte che questi monarchi sono costretti a, in termini di auxilium, chiedere soldi alle proprie comunità, cioè alle comunità che vivono nel territorio dello stato, sono costretti a convocare gli stati generali, quindi convocare quell’istituzione deputata a patteggiare con il re, per un eventuale misura fiscale. E’ quell’istituzione che rappresenta la società. Il parlamento nasce come un tavolo al quale il re chiama a raccolta i principali uomini appartenenti alla nobiltà del regno, per risolvere questioni, spesso di natura giudiziaria. Piano piano, questa chiamata a raccolta, dei nobili, si trasforma in una chiamata a raccolta di tutti i nobili del regno, dopodiché, insieme con tutti i nobili del regno, venivano chiamati a raccolta i rappresentanti delle città, infatti poi avremo due camere. Questo parlamento che, inizialmente, non è altro che uno spazio in cui vengono composti i conflitti, si trasforma lentamente e inesorabilmente in uno spazio di rappresentanza, perché si sa che in parlamento siedono i rappresentanti della nobiltà, poi anche del clero, e i rappresentanti della città, cioè la camera dei comuni. Quel parlamento è l’istituzione con la quale il sovrano deve patteggiare e discutere di qualunque misura di natura fiscale, dal momento che questi stati sono sempre pieni di debiti, qualunque politica, qualunque guerra e misura, costa soldi e qualunque richiesta di soldi deve essere patteggiata, in questo caso specifico con il parlamento o con l’assemblea degli stati. E’ ovvio che se io assemblea o parlamento, alcune misure te le volgo e altre no, è ovvio che sto influendo sulla tua politica, diventa un controllo di natura politica e non solo fiscale. (Anticipazione di una lezione successiva: ASSOLUTISMO) Questo sovrano che non può fare a meno di queste istituzioni rappresentative e che noi immaginiamo come un sovrano feudale e no solo come un re teocratico, quando diventerà un sovrano assoluto, noi lo troveremo sempre lì, incline a fare meno di patteggiare la sua politica con queste istituzioni. L’Inghilterra è l’unico posto dove, quando questo verrà tentato, ci sarà una rivoluzione. Il sovrano assoluto è colui che fa meno di venire a patti con l’istituzione che rappresenta i principali rappresentanti. Questi sovrani dobbiamo immaginarli come dei giudici, ma sono: 1) dei giudici che esercitano il proprio potere sulla base di un diritto che pre-esiste a loro, che loro hanno trovato già, non hanno trovato e quel diritto è un limite, un vincolo perché loro esercitano la loro funzione giurisdizionale sulla base di quel diritto; 2) Esercitano le loro funzioni dovendo tener conto del fatto che sono signori feudali, che hanno siglato dei patti, delle costituzioni, dei contratti con le città con i signori, con tutta una serie di soggetti che formano, che popolano il loro stato e non possono venir meno a questi patti, in molti libri delle città, dove vengono raccolte le costituzioni della città, quest’ultime si garantivano un diritto a resistere nel caso in cui il sovrano avesse calpestato i loro privilegi, una resistenza armata. Quindi, queste assemblee di stati devono indurci a considerare che il sovrano, oltre che amministrare il proprio poter su una base che pre-esiste, amministra il proprio potere con l’assistenza e il controllo degli ordini che costituiscono la società, pochi scelti. 1)Quando parleremo di assolutismo, diremo che questi sovrani governano senza tener conto di cosa dicono queste assemblee rappresentative, tranne per il caso dell’Inghilterra, dove ci fu una rivoluzione. La vendita delle cariche è un modo per fare soldi e rendere la politica autonoma da quelle assemblee degli stati; 2) Quando parleremo di assolutismo, non faremo riferimento solo a questo, faremo riferimento anche al fatto che i sovrani governano senza tenere conto dei propri limiti, e i limiti non sono nient’altro che gli ordinamenti che loro trovano già fatti e quella parte di patti o di costituzioni o contratti che loro hanno stipulato con i tanti soggetti di cui abbiamo parlato in questa lezione. La parola assolutismo viene da “Rex legibus solutus” un sovrano sciolto, svincolato dalle leggi, quindi il sovrano di cui abbiamo parlato oggi, oltre ad essere qualcuno indicato da Dio, è qualcuno che è imbrigliato da una serie di sistemi giuridici che danno corpo allo stato 5 ott 2022 STORIA MODERNA Scoperte Geografiche (nel manuale) L'inizio della modernità coincide anche con l'inizio di quel processo che noi chiamiamo globalizzazione e con l’inizio di quel lungo processo attraverso il quale gli europei mettono il naso fuori da casa propria e, di fatto, si impossessano del mondo (o, almeno, di buona parte di esso). Abbiamo, infatti, detto che l’inizio dell’età moderna coincide con una nascita di un'organizzazione del potere che riguarda il mondo intero e dell'avvio di un processo attraverso il quale viene strutturata l'economia del mondo, tanto da far riferimento a quell’autore che, per così dire, è un po’ ‘la Bibbia’ per ciò che riguarda questo processo, Wallerstein(?), che ha fatto sociologia e, in quell’ambito disciplinare, viene largamente usato. Due novità contraddistinguono l’inizio di questo processo di globalizzazione: 1. l’Europa comincia ad organizzare gli spazi degli altri continenti attraverso una rete commerciale sempre più fitta, sempre più densa, che avvolge il mondo. Di fatto, l’Europa organizza questa rete commerciale che riguarda il mondo, imponendosi come suo centro e organizzando il resto delle periferie in funzione del proprio dominio. Quindi, le economie di queste società periferiche furono costrette a produrre e a consumare in funzione di questo centro che era l’Europa; 2. riorganizzazione dei rapporti centro-periferia all’interno dell'Europa. Con la scoperta dell'America, il Mediterraneo, uno dei cuori dell’economia europea, comincia ad essere sostituito, in termini di preferenza e di rilevanza, lentamente ed inesorabilmente. L’Europa comincia a girare il suo sguardo verso quei rapporti commerciali che la legavano all'Atlantico. Piano piano, quindi, il Mediterraneo finisce un po’ in ombra e, lentamente ed inesorabilmente, l’Europa si volge verso l’Atlantico. Dunque, una sorta di rete unica, tendenzialmente di natura economica, avvolge il mondo ed è sulla base delle leggi dell'economia che il mondo intero conosce quest'organizzazione unitaria - non è un caso che Wallerstein (?) parla di sistema, un’organizzazione unitaria sulla base delle leggi dell’economia. Questa rete economica viene governata attraverso istituzioni che prima non c'erano e di cui l’Europa si deve dotare per gestire queste nuove realtà commerciali, prime fra tutte, le compagnie monopolistiche di commercio, che prima non esistevano e che faranno la propria comparsa proprio all'inizio dell'età moderna. I capitali cominciano a spostarsi e a vedersi in nuovi centri di questa economia mondiale, prima Anversa, poi Amsterdam, poi Londra. Sono le capitali del nuovo capitale, che è interessato a gestire questo sistema economico mondiale. 1450-1520: sono gli anni in cui si verifica una specie di accumulo di conoscenze tecniche, ovviamente, scientifiche e, ovviamente, geografiche. Ѐ possibile aggiungere anche etnografiche; nel momento in cui tutto ciò avviene, gli europei hanno anche il problema di individuare degli strumenti di natura culturale per relazionarsi con quello che prima non conoscevano, cioè l’altro. Un libro, menzionato in antropologia ed in sociologia, del linguista russo Todorov, s’intitola Colombo era lì a seguito di importanti famiglie mercantili genovesi, che hanno un ruolo fondamentale in termini finanziari (o “capitalistici”) nella costruzione di un ponte commerciale che mette in comunicazione l’Europa e le nuove colonie. 1492: Isabella e Ferdinando, regina e re di Spagna, finanziano Colombo nella sua spedizione e riesce nella sua impresa; Colombo sceglie di partire le Canarie, piuttosto che nelle Andorre (?), molto più a sud, e farà la fortuna dell'impresa, perché evita i venti occidentali. Da quel momento comincia l'avventura di Colombo. Giunge alle Bahamas, poi a Cuba, Nicaragua, Venezuela ecc. Il mondo si europeizza e la storia si mondializza (essenza della storia moderna): quando si pensa a questi due processi si deve pensare anche alle armi politiche e militari, armi economiche, che pongono le basi del capitalismo. Infatti, man mano che avanzano, i portoghesi reinvestono i capitali guadagnati e ciò garantisce la loro crescita: la costruzione dell’impero è possibile solo reinvestendo i capitali guadagnati. Accanto alle aree politiche ed economiche (semplificate in “capitalismo”) ci sono le armi culturali: l’avventura di Colombo e dei conquistadores è un'impresa giuridica, oltre che geografica, economica e politica: gli europei provano anche a dare un nome alle cose, progettando istituzioni che garantissero il dominio ed il controllo di questo sistema. Gli europei, in altre parole, usano il diritto per spiegare la conquista del mondo. atto politico del 4 maggio 1493: bolla papale con cui Papa Alessandro VI definisce le zone di influenza, per evitare che gli europei cadessero in un bagno di sangue per il controllo delle rotte commerciali. Il Potere papale, quindi, è superiore a quello imperiale. 1494: trattato di Tordesillas, adatto a stabilire il controllo delle rotte commerciali. n.b. "scoperte": inventio (latino), significato proprio di ‘acquisizione’; l’accezione giudica è doppiamente appropriata, perché, agli occhi degli europei, appariva come un'acquisizione di una cosa che loro pensavano essere di nessuno, dunque era legittimo appropriarsene. Per questo, l’America viene definita Mondus Novus. La grande impresa di Colombo non fu tanto scoprire l’America, quanto tornare indietro, evitando che gli altri facciano la stessa strada. Le carte nautiche devono rimanere segrete. Diventa, quindi, una specie di gara di spie, legata alla circolazione delle carte nautiche, che non potevano circolare. 3 categorie di persone da evitare: 1. prostitute: ufficialmente bandite, in quanto bisognava evitare la promiscuità sessuale dei conquistadores con le indigene; 2. infideles (infedeli): non bisognava mettere a repentaglio questa immane opera di conversione (religiosa) degli indios alla Chiesa di Roma. Il papa, infatti, interviene per stabilire le zone d'influenza, poiché bisogna convertire ed evangelizzare il mondo; 3. giuristi: bisognava stare attenti a loro, perché il diritto serviva per istituire, modificare o, anche, estinguere rapporti giuridici. I giuristi erano costantemente interpellati e coinvolti da politici e mercanti per definire il nuovo mare, che non è stato ancora definito, per assoggettare gli indios, per l'organizzazione ed il controllo di queste nuove terre e per controllare i conquistadores, poiché non poteva essere il territorio dell'anarchia. Pertanto, i conquistadores vengono irregimentati in un nuovo sistema di regole (nuovo perché prima non c'erano le colonie). Nasce il diritto patrimoniale, che viene costituendosi generazione in generazione attraverso un processo di sedimentazione, qualcosa che si costituisce lentamente ed inesorabilmente (gli inglesi applicheranno questa forma di diritto con il Common Law, pensando di avere la migliore costituzione del mondo). Il diritto del '400-'500, quindi, non è la manifestazione volontaristica di un’autorità statale, ma il prodotto di generazioni che si sono susseguite; viene percepito come un diritto in cui la consuetudine è, per così dire, la regina. n.b. Sulla nave di Colombo c'è un notaio, Rodrigo Escobedo: doveva definire "realmente vera", tramite una sua certificazione, la scoperta di Colombo. Quando, infatti, si scoprivano nuove terre, veniva fatto un rituale che simboleggia la presa di possesso e c'era un notaio che certifica che queste cose venissero fatte. Sin da subito, emerge un altro problema con le terre: quest’ultime, per essere acquisite, dovevano essere res nullius (lat. “cosa di nessuno”). Il problema è che c’erano gli indios in queste terre. Diventa necessario, quindi, dare un nome, oltre che al mare e alle terre, agli indios. Ci vuole tempo, infatti, prima che venissero definiti come uomini. Fino ad allora, vennero definiti “schiavi per natura” (ius predae) per sottolineare la loro incapacità di possedere territori ed amministrarli. Intanto, gli spagnoli pensavano di essersi impossessati di nuovi mari perché li avevano solcati per la prima volta. Il concetto, però, fece subito acqua quando si resero conto che il rituale che veniva fatto per il possedimento delle terre non si poteva fare con i mari. Per questo, il mare viene considerato "terra di nessuno": i pirati, infatti, commettevano un diritto di minore gravità rispetto ai ladri. Il mare diventa, quindi, una "zona grigia" e la presa di possesso non poteva essere notificata da nessuno. I giuristi spostarono l'ordine di ragionamento dal diritto di proprietà ad un problema più politico, "imperium" e "iurisdictio"(?). Risoluzione del problema politico: esercitazione del potere sul mare sulla base del vecchio diritto, considerando l’evento come problema riguardante la res pubblica. n.b. Francisco de Vitoria (giurista spagnolo) affermava che tutti i mari correnti dovevano poter essere utilizzati da tutti, poiché è un diritto naturale che tutti avevano. Uno dei grandi sostenitori che riprende questa idea, un altro giurista è Ugo Grozio, dicendo che "il mare è libero" (Mare Liberum). Quando nel '92 Colombo si impossessa delle terre e si scopre che le terre non erano disabitate, le prese di possesso erano incerte. L'istituto che i giuristi spagnoli pensarono ad organizzare per l'amministrazione di questi territori è l'encomienda: agli indios viene imposto di devolvere un tributo e, di rimando, gli europei devono impegnarsi a proteggerli, educarli e gestirli. Nessuno, infatti, poteva dire:"Su di loro (gli indios) giudico io", né in termine giuridico né penale, perché il re non stava dando un potere agli encomenderos, ma stava praticamente affidando loro gli indios e un pezzo di terra. Si segue, come dicono gli storici, "la logica feudale", anche se, in realtà, si sta dando agli encomenderos un gruppo di persone per proteggerli ed evangelizzarli e per farli lavorare gli dava la terra, vista come "accessorio". Gli ecclesiastici erano accanto ai conquistadores ed encomenderos per nascondere gli atti di violenza e sfruttamento di cui si macchiarono, diventando i principali testimoni di quelle violenze. Alcuni di questi vollero sensibilizzazione dei sovrani europei e Isabella, che si rivelò abbastanza sensibile alla sofferenza dei nativi americani, nel 1503 stabilì che gli indios andavano considerati come persone libere. Gli europei, in realtà, avevano il bisogno di sfruttare gli indios, ma non potevano chiudere gli occhi di fronte alla catastrofe demografica che stava verificandosi. Il papa, d’altronde, aveva legittimato tutta questa popolazione in virtù dell'evangelizzazione. Tuttavia Ferdinando, meno sensibile alla violenza fatta sugli indios, intensificò lo sfruttamento degli indios in alcune zone e deportò questi ultimi laddove servivano. Le cose cambiano radicalmente con Carlo V perché, quando questi stati moderni nascono, sono già indebitati e gran parte di queste risorse venivano utilizzate dai capitali prestati dai finanziari. Si comincia a mettere in discussione la fondatezza stessa dell’encomienda. Gli encomenderos capiscono che il loro destino è in bilico, dunque mettono subito in tavolo la partita che si sta giocando e riaffermano la necessità dell’emcomienda. Verrà, poi, abolita nel 1718. Metà '500: Conquista spagnola in continente Americano più o meno conclusa. Il diritto di cui si parla è pieno di contraddizioni: quando Colombo arrivò in America si impossessa di qualcosa che appartiene ai nativi americani. Pur notificando successivamente gli indios, i giuristi dicono di non pregiudicare le popolazioni che trovano lì. Quando, però, vengono interpellati, si sforzeranno per dire che qualunque diritto esistente sulla terra, perché sia fondato, presuppone in diritto divino e di proprietà. Quindi, si deduce che gli indios non fossero religiosi e gli infideles potevano essere in primo luogo depredati dei loro territori. Il ragionamento faceva acqua; quelle terre erano appena state scoperte nessuno aveva potuto evangelizzarli, dunque il diritto era infondato. C'era bisogno di un processo di evangelizzazione e, pertanto, di civilizzazione. La giurisdizione sugli infideles era del re, mentre sugli eretici spettava al Papa. Pertanto, dare un nome agli indios era fondamentale per stabilire chi su loro poteva esercitare politicamente. 1537: papa Paolo III dice "gli indios sono uomini e se sono uomini devono essere convertiti come uomini liberi". La Chiesa ricordava ai sovrani che c'era un elemento religioso da ricordare e "se il vangelo può essere comunicato con forza e violenza o se solo ed esclusivamente con la dolcezza". Napoli. Milano era la porta verso il nord, Venezia la porta verso l’oriente e Napoli era la più grande città europea, un territorio vastissimo e città strategica per il dominio dei traffici del Mediterraneo. Il problema è che questo sistema politico imperniato sull’asse Milano-Napoli, escludeva il Papato. A Roma non volevano che nessuno di questi antichi stati italiani potesse mettere in ombra il Papa e lo Stato Pontificio, tutti dovevano rimanere al loro posto, la Chiesa è il soggetto che tiene le fila di questo delicatissimo equilibrio e ne beneficia. Ma paradossalmente la Chiesa diventa elemento di instabilità: molte di queste guerre hanno un regista, le alleanze e i vari fronti vengono caratterizzati dal ruolo che svolge la Chiesa. Infatti vantando un potere su Napoli, prova a chiamare i francesi in Italia per dare loro la signoria di Napoli, poi la cosa non si conclude ma è la Chiesa ad avviare questo processo di ridefinizione politica. L’occasione si presenza più tardi quando Ludovico il Moro, il signore di Milano, chiama in aiuto il re di Francia che avanzava di diritti ereditari sul regno di Napoli e a quel punto la cosa si concretizza. I francesi, quindi, testano la propria forza mandando una spedizione in Italia e si tratta della famosa passeggiata di Carlo. La miccia viene innescata da Roma, poi la prima alleanza degli stati italiani per cacciare il sovrano francese, viene avviata proprio dalla Chiesa che non voleva che i francesi rimanessero in Italia e sconvolgessero l’equilibrio. Piccola parentesi su Roma: la Chiesa che noi ritroveremo nel Concilio di Trento nel 1545 e la Chiesa di cui stiamo parlando è diversa, è una chiesa la cui struttura e ossatura è stata capovolta perché quella che ritroviamo nei Concili di Costanza e Basilea svolti nel 1514-18 e 1531-45, è una chiesa dominata dal Concilio in cui la figura del papa è una figura sottomessa all’autorità e alla forza del Concilio. La Chiesa che ritroveremo a metà ‘500 è una chiesa dove l’autorità del papa si è affermata sull’autorità del concilio, di fatto è una chiesa capovolta, in cui è la figura del papa a dominare e la costruzione di un robusto potere monarchico è lo scopo dei papi dal ‘400 in poi. Non dimenticate mai che la chiesa è un mostro che ha due teste: il papa è il capo della cristianità e il capo politico del suo stato, Roma è la capitale ideale di tutta la cristianità e anche la capitale di questo stato. Abbiamo detto quando abbiamo affrontato il tema della chiesa, che è una monarchia un po’ sui generis perché è una monarchia elettiva, i pontefici venivano eletti in grande età, non avevano molto tempo per sfruttare a proprio vantaggio il proprio ruolo e l’elemento di fragilità di questo soggetto politico derivava dal fatto che c’è una soluzione di continuità, il potere non poteva beneficiare perché morto un papa se ne fa un altro, non valeva la frase francese morto il re, viva il re. Per cercare di sopperire a questa fragilità costituzionale dello stato pontificio, si era cercato di rendere quanto più ereditario possibile il potere che i papi ricevevano, individuando la figura di un erede designato, la famosa figura del cardinal nipote, il papa indicava ai cardinali che poi si sarebbero riuniti per eleggere il papa successivo quello che lui in qualche modo voleva come successore. Dall’altro lato portava avanti la strategia di costruire dei piccoli soggetti politici assoggetti della propria famiglia. Cesare Borgia, per esempio, che viene menzionato nel Principe di Machiavelli che lui stesso pensa possa diventare il principe che avvii un processo di ricostruzione e di costruzione dello stato moderno che mancava in Italia, è il figlio del papa. Ora se ci pensate è un po’ una contraddizione perché da un lato i pontefici non fecero altro che rafforzare questo potere per presentare lo stato pontificio sempre più come una monarchia, centralizzata, dall’altro lato questo processo di costruzione e rafforzamento dello stato pontificio era in contraddizione con l’idea di lasciare che intorno allo stato pontificio emergessero dei piccoli staterelli che però avevano la funzione di fiancheggiare militarmente, economicamente e politicamente le strategie del Papa. L’istituzionalizzazione del cardinal nipote e la creazione di piccoli poteri limitrofi allo stato, furono le due strategie che i papi perseguirono per rafforzare il proprio potere. Non dimenticate che lo stato pontificio di cui stiamo parlando è una monarchia di tipo moderno a tutti gli effetti, per molti versi Roma costituisce l’esempio. L’altro elemento di fragilità dello stato pontificio è quello di non avere a disposizione una forza militare che potesse sostenere e accompagnare le strategie politiche di volta in volta pensate. La Chiesa ha sempre cercato e molto spesso trovato la complicità del potere politico. Il potere spirituale non poteva fare a meno del potere politico e viceversa e infatti la politica dei concordati che viene avviata proprio in questi decenni è una politica finalizzata a fare in modo che la Chiesa potesse avere a disposizione la complicità politica di altri soggetti. Come titolare del potere su tutto il corpo ecclesiastico e sui suoi bene, il Papa era solito concedere alle case regnanti europee due risorse: una di carattere politico e l’altra di carattere economico. La prima si concretizzava nella possibilità di scegliere i vescovi per le diocesi del proprio stato. In tutta Europa c’erano delle diocesi i cui capi, i vescovi, rendevano conto al Papa. La Chiesa quindi era un’istituzione ramificata che usciva fuori dal proprio territorio. Se io papa lascio che il re possa indicare il nome che poi io confermo in sede di nomina, dispongo di un potere politico enorme che ha anche una sua caratteristica in termini giurisdizionali: i vescovi indicevano giustizia. Il diritto di scegliere i vescovi fu la merce di scambio garantita dalla Chiesa per beneficiare della complicità e dell’eventuale supporto politico-militare in caso di conflitto. L’altra merce di scambio è di natura economica e di fatto la chiesa concesse la possibilità di riscuotere una tassa che veniva indicata come decima (chiamata così perché era la decima parte del raccolto). In cambio però fornisci protezione e supporto politico militare se io ne ho bisogno. Attraverso la politica dei concordati quindi la Chiesa aveva sviluppato una fittissima rete politico- diplomatica che le garantiva un appoggio straordinario e non è un caso che a Roma concepirono una rete diplomatica moderna ancora prima che gli stati sentissero il bisogno di pensare alla diplomazia. Tutto questo ha un prezzo enorme perché la Chiesa laddove non arrivava con le risorse usava il denaro, la complicità o si otteneva con le risorse o si comprava. Non capiamo quindi la crisi che sta attraversando la chiesa se non consideriamo tutto questo, la Chiesa era un’istituzione che si era compromessa moralmente e culturalmente proprio in virtù di queste ragioni. Vi faccio un esempio: tutto questo costa, come venne riempito quel vuoto economico determinato da queste strategie? L’elemento esplosivo della riforma di Lutero è la famosa indulgenza, un’elemosina in cambio della salvezza che era qualcosa che la Chiesa aveva cominciato a utilizzare sempre più frequentemente proprio per sopperire a questa mancanza di soldi. Lutero attaccò dicendo che a Roma fanno cose che non si possono fare perché le famose indulgenze venivano spiegate ai fedeli dicendo che il Papa era una sorta di custode di un tesoro di salvezza, come se il papa potesse garantire salvezza a proprio piacimento e non c’è scritto da nessuna parte nei testi sacri. Lo stato francese aveva un territorio compatto, sotto il profilo politico aveva un esercito serio e la penisola italiana diventa il campo di prova dove poter testare la propria forza. Nel momento in cui arriva Carlo e cominciano le guerre d’Italia, tutti stanno lì ad osservare e sono meravigliati terrorizzati. Tutto quello che succede diventa materia di riflessione e gente come Machiavelli (che ha un doppio ruolo, da un lato è uno dei più grandi intellettuali di quel momento ed è anche coinvolto nella vita politica fiorentina) dice che questo sistema era fragile, che in Italia non c’era stato e dice che la nostra debolezza e il nostro decadimento politico, derivano anche dal nostro decadimento morale. I libri di Machiavelli vengono messi all’indice, egli si scaglia ferocemente contro la chiesa di Roma perché secondo egli non c’era nessuno stato che potesse reggere senza una struttura morale che la supportasse e ai suoi occhi, il paradosso che stanno vivendo gli italiani è che pur avendo la chiesa in casa sono diventati il popolo meno religioso di tutta Europa e la loro decadenza politica deriva in parte dal loro decadimento morale. In molti luoghi viene riservata un’accoglienza da trionfatore al re francese e da lui molti cominciano ad aspettarsi pace e giustizia ma soprattutto questi piccoli stati italiani cominciano ad immaginare che dalle guerre di Italia possano in qualche modo guadagnarci qualcosa ma nell’Arte della Guerra (unica opera pubblicata) Machiavelli dirà che non avevano poi tutto questo potere. Il Principe è un grido disperato di un uomo che sta vedendo il sistema politico degli antichi stati italiani che si sta sbriciolando. Lui immagina il principe come qualcuno che possa avviare un processo per smentire tutto questo, è un grido disperato che fa si che Machiavelli fornisca un’opera di grandissime riflessioni ma anche una specie di manuale utilizzato dai principi per far si che il proprio stato potesse sopravvivere. Machiavelli racconta di come gli stati vengono costruiti, sopravvivono e muoiono. La sua ossessione è la corruzione degli stati, quando parla di corruzione non si riferisce in termini morali ma nel senso di deterioramento delle istituzioni politiche, è questo che appassiona e ossessiona Machiavelli e il principe è chiamato a cercare di ritardare quanto più è possibile questo processo di deterioramento del proprio stato. Per quanto riguarda la scena fiorentina, Machiavelli vive e Firenze e avrà poi un ruolo politico nel momento in cui finisce l’esperienza savonaroliana, quando nel 1498 viene condannato Savonarola, la Repubblica cerca qualcuno che gestisca i rapporti diplomatici dello stato fiorentino con gli altri e viene fatto il nome di Machiavelli che inizia la sua carriera politica e che si concluderà solo nel 1512. Nel 1494 quando arriva Carlo viene cacciato Piero figlio di Lorenzo de’ Medici che aveva preso il posto del padre ma non era minimamente all’altezza del ruolo tanto che per Machiavelli e per Guicciardini il destino italiano si compie quando arriva Lorenzo. Girolamo non era fiorentino, i Savonarola erano originari di Padova. Era nato il 1452 ed è figlio di una famiglia borghese, di imprenditori ma che poi caddero in bassa fortuna. Lui studiò a Bologna che fu uno dei maggiori centri della cultura italiana. Fra i vari studi c’erano storia, filosofia e filosofia rurale penserà per un certo periodo di studiare anche medicina seguendo le orme del nonno. Bologna fu una delle maggiori sedi universitarie europee, attira studenti da ovunque. Comunque lui approfondisce gli studi teologici dopo la laurea e nel 1482 l’ordine lo inviò a Firenze, svolgendo li alcune funzioni da capo e istruttore di teologia e di lettore delle scritture. Non era un ordine di semplici studiosi ma ebbero il compito di catechizzare. Firenze comunque è una città diversa da Ferrara (città tranquilla dominata da una famiglia), Firenze aveva la repubblica fiorentina o almeno fino al momento della morte di Lorenzo dei Medici nel 1490, cioè 4 anni prima dell’avventura politica e non di Savonarola. Firenze solo su Carta resta Repubblica fiorentina in questi 10 anni da 1480 al 1490 trova Lorenzo come Capo Supremo. C’è da dire che Firenze era una città abituata a parlare di politica, già prima dei medici era una città abituata a governare se stessa, dove la popolazione aveva partecipazione “popolare” al governo, ed è rilevante. Oltre che ad essere città politica ed avere un popolo che parlasse attivamente di politica per la città, era uno dei più importanti centri industriali e manifatturieri, non industria ma artigianato e i Medici acquisirono un ruolo importante nel mondo della finanza. Ma quando Savonarola arriva a Firenze ottiene più o meno un disastro quello che ottiene. Non è in grado di svolgere il suo lavoro, un po’ perché caratterialmente e fisicamente non si trova nel contesto fiorentino e un po’ perché la sua 1 ) affiancare al suo lavoro di profeta, predicatore che fa sermoni a qualcuno che scrivesse e pubblicasse le cose, perché Savonarola da prima dell’arrivo di Lutero intuisce il potere della stampa, e man mano che racconta e spiega quello che sta dicendo e quello che dovrebbe succedere, dalle stamperie fiorentine usciranno dei libri 2 ) l’altra grande intuizione è che questi libri inizialmente scritti in latino saranno poi scritti in volgare, lui stava parlando alla masse e cercava il supporto degli intellettuali. Fra il 1494 e il 1495 Savonarola iniziò ad essere in pericolo di vita, molti lo volevano morto. E da quel momento in poi a Firenze si assiste ad una scena abbastanza curiosa di un fraticello che gira per la città scortato, perché vero che aumentano gli amici ma anche i nemici che lo volevano morto sia a Firenze che Roma. Addirittura Machiavelli fu fra quelli intellettuali scettici a Savonarola, ma dice che benchè il frate non abbia realizzato il suo miracolo ha comunque convinto le persone di star parlando con Dio. L’innovazione retorica di Savonarola è quella di utilizzare è quella di utilizzare un registro retorico dove lui finge di parlare con Dio e per questo ebbe successo. Non è però una rivoluzione sociale però perché il suo è un progetto conservativo, un programma conservativo che ridarà fiato alle istituzioni repubblicane fiorentine, la sua idea è di ridare vigore all’animo repubblicano fiorentino, perché prima è stato calpestato dai Medici. In questo momento stesso comunque Savonarola finisce in pericolo di vita e Savonarola raccoglie anche intorno a se gli uomini che di fatto hanno il governo della città. Quindi da una parte vuole rinnovamento culturale e dall’altra parte si ritrova li a Firenze. Avrebbe avuto quell’inizio da li per poi idea di espanderlo in tutti gli stati Italiani. Altro protagonista è Papa Alessandro. Il suo nome Rodrigo Borgia lo si accosta alla simonia, corruzione e incarna esattamente la sua Chiesa. Era spagnolo e nato ad inizio degli anni 30, grandi abilità intellettuali ed ebbe la fortuna di beneficiare di suo zio Alonso, fratello di sua madre, diventato Papa. Era esperto di diritto economico, divenne Vescovo a Valencia, Cardinale e infine Papa, Rodrigo segue lo zio in Italia, che lo favorisce in tutti i modi nominandolo in varie istituzioni ecclesiastiche, studia diritto economico a Bologna e grazie allo zio papa non ebbe difficoltà a fare carriera. Tutte le elezioni in Chiesa coinvolgono politica, soldi, corruzioni, rapporti diplomatici, bisognava in tutti i modi orientare con l’elettorato , cioè l’assemblea cardinalizia che avrebbe eletto il nuovo Papa. Rodrigo ci prova nell’84 e non ci riesce, ci riprova 8 anni dopo nel 1492 riuscendoci. Nel frattempo si fa strada in quella Chiesa per come era fatta e inizialmente sottovaluta Savonarola, le cose si faranno serie quando la chiesa diventerà regista della Lega Santa, succede nel 1945 ci sarà l’obbiettivo di cacciare i francesi. A questo punto si capì che Firenze e Savonarola diceva sul serio, nel moneto in cui il papa manda a raccolta tutti gli Stati Italiani, fra cui anche Firenze, ma quest’ultima dirà di essere alleata di Carlo in termini politici e militari, spezzando in maniera sensibile i rapporti fra Firenze e Roma, si vocifera dell’interdetto (scomunica è quando un fedele è espulso alla comunità di fedeli e non può più pronunciare i sacramenti, avviene comunque nei confronti di un soggetto. Invece l’interdetto avviene nei confronti di un’intera comunità). Quindi Firenze viene minacciata con l’interdetto, ma si vocifera solo, si inviterà però il frate ad interrompere le sue prediche e soprattutto lo si invita a recarsi a Roma, ma Savonarola sapeva che lo volevano a Roma perché si desiderava morisse. C’è da dire che per un po’ interrompe le sue prediche, viene così annullato l’ordine di recarsi a Roma e verranno sospese le censure nei confronti del frate ma si chiede di continuare a interrompere le sue prediche fin quando la sua situazione non fosse stata studiata a fondo. Fra il 95 e il 96 Savonarola tace e fu la città di Firenze a chiedere a Roma che il frate ritornasse a fare le sue prediche, quindi Savonarola nonostante stia a tacere ha gran parte della città a sua parte, il suo partito sta governando la città. Allora nel 96 Savonarola ritorna sulle sue inventive e comincia a parlare di Concilio. Sappiamo che in quella situazione della Chiesa era il papa a dominare il concilio, Savonarola vuole convocare il concilio per discutere di quella situazione di decadenza della Chiesa . A fine periodo del 97 il frate deve affrontare una profonda crisi economica, mentre Roma e le monarchie che affiancano le istanze romane faranno sentire la loro voce perché ci sarà l’espulsione di vari banchieri fiorentini da varie città europee, sarà un ricatto che Roma eserciterà nei confronti della città di Firenze visto che comunque era città di Mercanti industriali e banchieri , sarà questo il costo politico da pagare per l’alleanza con i Francesi. Quindi Savonarola sarà una sorta di icona, ma la città di Firenze ne risente di questa crisi economica. Nel frattempo Savonarola farà un errore, si scopre di una congiura nei confronti del governo che controlla le esecuzioni politiche fiorentine e Savonarola chiederà che queste persone vengano giustiziate. Quindi troviamo prima Savonarola che chiede agli esiliati di ritornare per creare una riconciliazione politica, ma quando si scopre di coloro che vogliono mandare all’aria il governo fiorentino, Savonarola si mostra intransigente. Al momento delle condanne di questi uomini si crea un momento di non ritorno, li si compie il destino di Savonarola. Nel frattempo andrà a prodigarsi nella cura di ammalati, legge la scrittura e invia lettere ai corrispondenti della sua campagna a Roma, il papa continua ad accusare Savonarola e la svolta arriverà nel 98 quando la città attraverso l’istituzione della signoria non è più dominata dal partito vicino al frate. Succede che Roma fa sentire il suo peso politico anche in termini economici. Si crebbe che un interdetto nei confronti della città avrebbe avuto effetti devastanti non solo dal punto di vista religioso ma soprattutto in termini economici e sociali. La minaccia dell’interdetto è sempre più forte e si comincia a parlare di ordalia, si va in questo ricatto architettato dai francescani e si chiede di far sopravvivere chi ha ragione, poi non avviene nulla se non che Savonarola pian piano perde tutto il sostegno che aveva creato. Firenze tradisce Savonarola e lo accuserà di essere al ragione della crisi economica fiorentina. L’8 Aprile 1498, durante la domenica delle palme, dopo un lungo assedio inizialmente i frati provano a resistere mai frati vengono catturati, Savonarola viene condotto al palazzo del governo preso a calci e pugni e non avendo più appoggio politico fiorentino, anche se molti gli restarono fedeli come Guicciardini, che crebbe che quell’uomo abbia creato un vero processo di rinnovamento culturale e politico. Roma chiederà di portare quegli uomini li, mentre Firenze voleva processarli, allora Roma concorda ma chiede che prima vengano spretati, degradati dal loro status di uomini di chiesa e poi processati. Il 23 Maggio avverrà prima la cerimonia della degradazione, poi l’esecuzione di Savonarola e altri 2 uomini fedeli che vennero portati al patibolo e i loro corpi ridotti in cenere. LEZIONE DI STORIA 12/10/22 L'argomento di oggi è Machiavelli. Alcuni di voi lo avranno studiato a scuola. Quello che interessa a noi è di leggere le sue interpretazioni sulla base di quello che lui stesso ha sotto gli occhi durante le Guerre d'Italia di cui abbiamo parlato la scorsa lezione, e da queste letture mettere a frutto le considerazioni che lui stava facendo. Cominciamo col dire che c'è un doppio binario, una doppia dimensione che in qualche modo si intreccia nelle letture: da un lato, Machiavelli ha sotto gli occhi quello di cui abbiamo parlato e sulla base di ciò ragiona da intellettuale e da uomo politico. Quella che ha sotto gli occhi è una realtà in cui lui stesso è coinvolto come uomo di stato, come qualcuno che sta ricoprendo un ufficio pubblico nella Repubblica fiorentina. Dall'altro lato è un uomo di lettere, che eredita un po' di libri dal padre Bernardo; un po' se li procura lui. Diventerà un intellettuale del Rinascimento italiano. Nasce nel 1469, suo padre Bernardo è un dottore di legge. Machiavelli dice di essere povero e di aver dovuto imparare a studiare. I Machiavelli erano una famiglia in parte dedita al commercio da generazioni, in parte dedite agli uffici pubblici. Machiavelli partecipa alla vita pubblica quando cade il regime controllato da Savonarola. Abbiamo visto Savonarola la volta scorsa: quattro anni di vita politica fiorentina dal 94 fino a quando arriva Carlo VIII (il re francese) che sconvolge la vita dello stato fiorentino. Abbiamo detto che quando cominciano le Guerre d'Italia viene sconvolta la vita in ognuno di questi stati italiani e viene sconvolto l'equilibrio fra questi, quindi un doppio processo si intreccia. Savonarola aveva dominato la vita fiorentina negli ultimi 4 anni; viene arrestato per eresia, condannato a morte, giustiziato e bruciato insieme con due suoi collaboratori. Per rimpiazzare colui che aveva ricoperto la carica di capo della cancelleria viene fatto il nome di Machiavelli. Il capo della cancelleria era colui che guidava l'ufficio che si occupava della politica estera dello stato. Questo non è un dettaglio nella vita di Machiavelli, perché alla fine della sua carriera sa un sacco di cose, non soltanto perché le ha viste dentro il suo stato, ma perché le ha viste e ha potuto osservarle viaggiando in qualità di diplomatico dello stato fiorentino. Lui interagisce e ha a che fare con molti altri uomini di governo non solo della repubblica di Firenze, ma degli altri stati italiani proprio in qualità di di diplomatico. La prima cosa che apprende è che i metodi di governo fiorentini sono quantomai deboli e incerti. Questo sistema di antichi Stati italiani con cui lui si confronta mostra tutta la sua fragilità e la mostra (come abbiamo detto) nel momento in cui cominciano le Guerre d’Italia. In un primo momento, Machiavelli pensa che sia possibile consolidare queste formazioni politiche; cioè gli Stati italiani. Dopodiché dovrà arrendersi all’idea che era inevitabile il dominio delle potenze straniere, e viene da qui la doppia lettura della fortuna. C’è per così dire un doppio modo di leggere la fortuna. Un lato è nel Principe, l’altro è nei Discorsi. Nel Principe ancora c’è un Machiavelli che tutto sommato mostra un lato ottimistico e artistico della politica come quell’arte e quella capacità di governare la fortuna o comunque di fare in modo che essa accompagni i nostri destini. Nei discorsi ormai Machiavelli è abbastanza lontano; più disincantato, disilluso e tutto sommato ormai abbastanza arreso di fronte alla realtà (cioè che gli Stati italiani non sono in grado di avviare questo processo di costruzione di veri stati; quelli che in realtà si stanno contendendo il dominio e il controllo del territorio italiano). Ormai Machiavelli dei discorsi è un Machiavelli per cui non è più tanto possibile prevalere sulla fortuna; tantomeno controllarla o fare in modo che essa accompagni il nostro destino. Il primo Machiavelli dà una diagnosi dalla crisi italiana quantomai spietata e amara. L’unica opera che Machiavelli pubblica in vita è “L’Arte della guerra”. Tanto il Principe quanto i Discorsi non verranno pubblicati mentre era in vita; circoleranno delle copie. Machiavelli legge i riscontri e l’impatto dei suoi scritti sugli uomini che lui reputa all’altezza della sua penna. Questa diagnosi amara e spietata è contraddistinta da due elementi. Intanto, la mancanza di una potenza in grado di unificare la penisola. Non c’è nessuno degli antichi Stati italiani in grado di avviare un processo di costruzione di una realtà politica che possa inglobare, inghiottire, mescolare le realtà politiche esistenti. La seconda constatazione che emerge dalle parole di Machiavelli è che la principiale L’idea di politica di Machiavelli cambia anche con il cambiare della situazione italiana e man mano che cambia la stessa idea di fortuna e di virtù. Due idee di politica convivono nello stesso Machiavelli: da una parte (che si avvicina più al primo modo di concepire la fortuna) abbiamo la politica del principe, che prende in mano la situazione, fonda lo Stato e gli dà i caratteri e le armi per sopravvivere a se stesso. Dall’altro lato (che somiglia più al secondo modo di concepire la fortuna) le virtù del politico si vedono quando è costretto a fronteggiare l’imprevisto. Deve fare in modo che, durante il temporale, la sua casa non crolli; tenere il timone ben saldo quando lo stato finisce dentro la burrasca in maniera del tutto inaspettata. In Machiavelli c’è anche l’idea che gli uomini non possano modificare la propria natura. E con la natura degli uomini Machiavelli si confronta, tanto che volgarmente o in maniera un po’ rozza di dice che Machiavelli sia per così dire il fondatore della scienza politica. Come se la politica avesse le sue regole legate alle natura degli uomini, e come se Machiavelli le avesse individuate e le avesse per così dire utilizzate per scrivere un manuale destinato al politico che deve avere a che fare con gli uomini. Quindi, l’uomo virtuoso è colui che è in grado di saper leggere la realtà tenendo conto della natura degli uomini. Per questo si dice che Machiavelli va oltre le leggi della morale, fonda le leggi della scienza politica e considera in maniera schietta l’uomo per quello che è, non per quello che dovrebbe essere. Per i moralisti romani, le virtù cardinali erano quattro: la prudenza, la giustizia, il coraggio e la temperanza. Ora, gli umanisti fino ad allora avevano sostenuto che la condotta del Principe dovesse essere sempre morale. Per cui l’onestà era la miglior politica possibile e in aggiunta a questa affermazione gli umanisti avevano anche accolto l’obiezione cristiana contro ogni separazione della morale dal regno dell’utile. Ciò significa che gli umanisti avevano accolto quell’affermazione Cristiana per cui tutto ciò che era utile era morale e viceversa. Utilità e morale coincidevano. Qui, con Machiavelli, c’è una rottura radicale, tanto che si dice che il suo sia un pensiero rivoluzionario. Lui stesso diceva di volersi allontanare dagli insegnamenti tradizionali e gli umanisti avevano detto che bisognasse essere liberali, clementi, veritieri e che tutti i governanti non potevano che coltivare queste qualità. Quindi c’è una contrapposizione tra le leggi di colui che governa, il regno delle morale e il regno dell’utile. In realtà, queste tre cose sono sovrapposte in un’unica linea. Machiavelli rigetta completamente l’assunto umanistico per il quale queste sono le virtù che un governante deve avere se desidera realizzare i fini più alti. Se il principe deve cercare di procacciarsi la gloria e mantenere il suo stato non può immaginare di farlo compiendo azioni riprovevoli in termini morali. Il problema è che il principe non sempre si trova a fare delle scelte per cui può rispettare tutto ciò. Qui Machiavelli si confronta con la realtà, dice che se tutti i principi sono costretti a rimanere buoni, non solo non faranno grandi cose, ma faranno anche grandi rovine. In altri termini: non sempre è razionale essere morale. Il regno della moralità non ha nulla a che vedere con il regno della razionalità. La politica ha le sue proprie regole e logiche. Pertanto, il principe deve essere innanzitutto guidato dai dettami della necessità (termine che ricorre stesso nelle righe di Machiavelli) Machiavelli dice: “un principe saggio deve non partirsi dal bene, potendo, ma sapere entrare nel male, necessitato.” Quindi, per Machiavelli i principi devono essere pronti ad allontanarsi dal bene e a sapere usare il male se costretti dalla necessità. Il male, nelle parole di Machiavelli, resta tale. La famosa frase “il fine giustifica i mezzi” è in parte impropria. La politica non nobilita il male, non c’è una redenzione dal male. Però, il principe deve abituarsi all’idea che se costretto dalla necessità deve agire contro la fede, contro la carità, contro la religione, contro l’umanità. E infatti come ricordiamo, il principe deve essere un po’ volpe e un po’ leone (saper essere astuto, e saper usare la forza), deve all’occorrenza saper usare la frode, deve essere in grado di fare grandi imprese, deve essere in grado di tenere dice lui ‘’sospesi e ammirati gli animi dei suoi sudditi’’ e per farlo deve usare qualunque mezzo. Per questo lui è così tanto ammirato da Borgia, perché inizialmente gli sembra che Borgia stia incarnando questa forma di principe, è un uomo spavaldo, un uomo che sa di avere alle spalle il potere del padre e ,ovviamente, si comporta di conseguenza. In Machiavelli il ruolo della finzione è fondamentale perché (come diceva il prof prima) se devi tenere gli animi dei tuoi sudditi sospesi e ammirati, devi anche fingere, devi mostrare di avere quelle caratteristiche che in realtà non hai e devi essere spregiudicato nel fare ciò. Per questo Machiavelli viene considerato come qualcuno che ha scritto dei libri che in realtà sembrano scritti dalla mano del diavolo, e per questo finiscono all’indice, per questo la chiesa li considererà per secoli libri pericolosi e per tanto da proibire. Quindi l’ipocrisia non è un problema per Machiavelli, se funzionale e necessaria alla conservazione dello stato. In altri termini, per Machiavelli, la politica non si risolve nella dimensione dell’essere contrapposta alla dimensione della morale, il suo problema non è dire ‘’guardate che la politica è il contrario della morale’’ o ‘’deve essere necessariamente essere il contrario della morale’’, però dice ‘’la politica ha le sue proprie logiche, e queste sue proprie logiche vengono prima, e tal volta entrano in contraddizione, in conflitto, con le logiche della morale’’. Il più valido esempio di tutto ciò è il RISPETTO DEI PATTI: dice Machiavelli è ovvio che rispettare i patti è una delle principali regole della morale, chi non li rispetta è un traditore: sta tradendo sia il soggetto con cui ha stretto il patto, che la sua stessa promessa, ed ‘è ovvio che, in termini morali, è un uomo spregevole. Ma se io, per conservare il mio stato, devo non rispettare una promessa fatta , o una parola data, non c’è morale che tenga io sono costretto dalla necessità a rinunciare, quindi a mostrarmi come un traditore. Lo stesso ragionamento si può fare per un altro termina di cui parla Machiavelli ovvero ‘’Universalità’’. Quando Machiavelli parla di ‘’Universalità’’, non si avvicina mai allo stesso modo con cui la tradizione, che aveva utilizzato San Tommaso, riconduceva il termine ‘’universalità’’ al famoso ‘’bene comune’’. Per Machiavelli ‘’Universalità’’ era una dimensione riconducibile al vivere politicamente; quindi, ‘’Universalità’’ era qualcosa che riguardava una popolazione sotto uno stato. Non è che lui stava parlando dell’umanità o del bene comune, l’universalità per lui è un GRUPPO DI PERSONE CHE VIVONO IN UN TERRITORIO GOVERNATO DA UNO STATO. Quello che sconvolse i suoi lettori (e che tutt’ora sconvolge il lettore che si avvicina al principe), era il modo freddo con cui Machiavelli racconta le radici del potere politico, i procedimenti con i quali si conquista e lo si mantiene, e perché si perde. Ora, il problema è che Machiavelli scrive in un momento in cui l’Italia sta vivendo un momento di decadenza, o decadimento se vogliamo, sia morale che politico. ‘’Il Principe’’ se vogliamo, è una risposta a questo decadimento, o decadenza, politica ed è un modo per fornire un testo che debba guidare colui che decide di ricondurre gli uomini al vivere politico. Dice ‘’c’è un’Italia che si sta decomponendo, io sto fornendo uno strumento che forse finirà nelle mani di qualcuno che decide di invertire questo processo, edi riportare gli uomini al vivere politico (perché per lui stato e vivere politico non sono la stessa cosa). Ed era un’impresa difficile, quasi un’utopia, un sogno, quello di Machiavelli e infatti egli immagina che questo progetto debba essere svolto da qualcuno straordinario, UN PRINCIPE nuovo. PERCHE NON LO CHIAMA RE? Perché nella cultura di Machiavelli, il re ,come ricordiamo, è sia il re teocratico, che il re feudale, il signore feudale, quindi è qualcuno che è legato da una serie di rapporti con gli ordini che costituiscono la società, non è un sovrano assoluto. Non è qualcuno che può fare ciò che vuole, ma è qualcuno che deve rispettare i patti, rispettare le istituzioni, e gli ordini che in qualche modo lo riconoscono come re e che con lui hanno siglato una serie di rapporti formali. Machiavelli dice che lui immagina che il principe deve introdurre dei nuovi ordini, cioè è colui il quale deve riplasmare la realtà e non può avere catene. Alunna: allora, per quanto riguarda la visione del principe, si può dire che Machiavelli è ispirato anche alla visione del Princeps Ciceroniano? Prof: anche in parte, infatti non è tanto un sovrano che è un giudice sulla base di un diritto preesistente, ma è quasi un sovrano legislatore è colui che FONDA LE REGOLE E RIPLASMA LA REALTÀ. Quindi bisognava fondare il nuovo, e per farlo occorreva qualcuno in grado di farlo e per lui è IL PRINCIPE. Ora una volta avviato il nuovo corso, la sopravvivenza dello stato dipendeva dal mantenimento del potere. E il tema principale dell’altra grande opera di Machiavelli ‘’i discorsi sopra la prima decada di Tito Livio’’, che non hanno una data, riguarda soprattutto ciò che può garantire la sopravvivenza del potere. E qui Machiavelli si confronta con un’altra delle sue ossessioni: da un lato quindi nel caso del principe era uscire da un momento di decadimento, decadenza, o corruzione, cioè sgretolamento, e riportare gli uomini verso la vita civile, cioè politica il VIVERE POLITICO. Nei discorsi l’ossessione di Machiavelli è fare in modo che questo stato ,una volta fatto, non muoia. E si confronta con un problema ,ansi con una certezza, che secondo Machiavelli qualunque stato ,come qualunque altra creatura, è costretto a morire. E se nel principe la politica è l’arte di costruire uno stato nuovo, cioè di dargli le fondamenta ed instradarlo verso una strada giusta e virtuosa, nei discorsi la politica non è altro che la capacità di ritardare quanto più possibile questa morte che prima o poi arriverà. Siamo intorno al 1513- 1514, Machiavelli ormai si era ritirato quindi non ha più l’ambizione che aveva nel Principe di ritornare a fare politica. Infatti, ormai è distante, cioè lui sta dialogando di storia romana con i suoi amici verosimilmente repubblicani. Quindi non c’è più l’urgenza pulsante e viva della realtà con cui confrontarsi ma sta pensando alla storia romana, roba morta e sepolta. Però anche ne ‘’i dicorsi’’ la realtà che lui ha sotto gli occhi torna sempre, c’è l’ha sempre sul tavolo. Ciò non significa che sono due libri diversi, ma non sono contrapposti: affrontano problemi diversi con soluzioni diverse e alla base de ‘’i discorsi’’ benché ormai Machiavelli sia abbastanza disilluso, c’è ancora una speranza: cioè che se abbiamo individuato l’origine del successo di Roma, forse possiamo non tanto ripetere quell’esperienza, ma avvicinarci cioè ‘’scovare il segreto di una ricetta’’. La parola ‘’Libertà’’ nel testo di Machiavelli è sinonimo di ‘’Autogoverno’’. Lui a un certo punto dice ‘‘si vede per esperienza le città di non avere mai ampliato né di dominio, né di ricchezza, se non mentre sono state in libertà’’. Libertà significa ‘’Autogoverno’’: significa non essere governati da un altro. È ovviamente un riferimento all’Italia cioè il fatto di essere un territorio di piccoli stati che vengono calpestati e le cui sorti vengono manipolate dalla presenza straniera. Quindi come vediamo c’è ancora la realtà. Machiavelli chiama di nuovo in causa la FORTUNA, ma a questo punto la fortuna è abbastanza diversa dalla fortuna che troviamo nel Principe. E così anche la VIRTÙ. La virtù nel Principe la ritroviamo tutta in un contesto dominato dalla figura del Principe, il problema che si pone Machiavelli è come fare in modo che l’intera cittadinanza cioè tutti i soggetti che fanno parte di quello stato, siano tutti dei soggetti virtuosi. Di nuovo Machiavelli chiama in causa la FORTUNA e dice ‘’è fondamentale per la sopravvivenza di uno stato, che quello stato abbia avuto un buon fondatore’’. Questo è un passaggio fondamentale, perché per Machiavelli sono due le dimensioni politiche con cui lui si confronta: da un lato il momento fondativo che è uno, e che ,per essere un buon momento, non può che essere governato da un solo soggetto. Dice Machiavelli ‘’non ci sono stati che sono stati fondati da due persone, e che sono stati fondati in maniera virtuosa, non ci possono essere due soggetti che intervengono nel momento fondativo’’. D’altro canto ,dice Machiavelli, perché una città riesca a conservarsi nella virtù è necessario che questa virtù sia infusa negli animi di tutti. Quindi se ci si può aspettare che la virtù arrivi grazie ad un buon fondatore, diversamente è quasi impossibile che ciò si verifichi grazie ai comuni cittadini. Perché lui dice che la maggior parte degli uomini sono più inclini al male che al bene e sono, naturalmente, indotti ad ignorare l’interesse della comunità. Lui ha un’idea del genere umano abbastanza disillusa, non si fida tanto degli uomini. Infatti, tanto spera nelle virtù del Principe, quanto spera nella capacità delle istituzioni di far sopravvivere lo stato. Se uno stato è stato ben fondato è per virtù di un soggetto, se uno stato riesce a governarsi è perché le istituzioni che ha ricevuto, sono delle istituzioni valide che consentono allo stato di sopravvivere e superare le intemperie. L’idea che ha Machiavelli che anche le migliori comunità siano destinate a corrompersi, cioè a deteriorarsi, non è un’idea sua ma di Aristotele---> ARISTOTELE PENSAVA CHE OGNI CREATURA POLITICA, COSÌ COME OGNI ALTRA CREATURA, ERA IMMAGINTA COME UN CORPO NATURALE E QUINDI AD ESSERE (come dice Machiavelli) DISORDINATA DAL TEMPO’’. Il tempo disordinava le cose, soprattutto le deteriorava e così come deteriora i corpi fisici delle persone, deteriora anche le istituzioni politiche, e quindi gli stati. Machiavelli è anche uno storico, per questo si interessa della storia romana. Ma attenzione: quello che abbiamo detto prima di individuare ‘’il segreto della ricetta politica dell’esperienza romana’’ non significa che Machiavelli sia convinto che se studiamo la storia, sapremo predire il futuro, o ripetere esperienze già avvenute. Machiavelli pensa che LA STORIA NON SI RIEPETE MAI, MA È UTILE STUDIARLA PERCHÉ: FORNISCE DELLE COSTANTI, DELLE COSE CHE NON SI RIPETONO ESATTAMENTE ALLO STESSO MODO, MA CHE IN QUALCHE MODO SI ASSOMIGLIANO. E SOPRATTUTTO LA STORIA CI FORNISCE DEI CASI SUI QUALI RIFLETTERE ED IMPARARE AD AVERE UNA CASSETTA DEGLI ATTREZZI PER REGGERE GLI ALTRI. Quindi la storia semplicemente fornisce una ‘’cassetta degli attrezzi’’--> OGNI COSA CHE LEGGERAI ,ED INTRPRETERAI, SARÀ DIVERSA. MA NEL FRATTEMPO ,MAN MANO CHE QUESTA CASSETTA DEGLI ATTREZZI È STATA ARRICCHITA E PERFEZIONATA, TU AVRAI DELLE ARMI IN PIÙ PER LEGGERE DELLE COSE. La monarchia romana era degenerata in una tirannide che poi era stata abbattuta dai più nobili e sostituita dall’aristocrazia, in seguito alla sua corruzione era stata eliminata da una sollevazione popolare e da cui Lezione 6. 17/10/22 Viene deciso nel 1516 di porre un rimedio ad esperienze del calibro di Savonarola perché quelle modalità insieme alle sue idee rappresentavano una minaccia per la Chiesa, adirata per il suo comportamento, pertanto viene stabilito che i vescovi dovevano imporsi ed evitare che si potesse ricreare la stessa situazione in futuro. Al di fuori dell’ambiente ecclesiastico si diffuse la convinzione che la Chiesa non poteva affrontare una ‘modernizzazione’, non ne era capace ed è per questo che si idealizza una Riforma (serie di modifiche) per rispondere a al periodo storico. Bisogna ricordare che a cavallo con tutto ciò abbiamo: 1) La percezione che così non si poteva andare avanti; 2) Le critiche severe di uomini di un certo spessore, quali Machiavelli, Savonarola , Gucciardini (…) Ormai la situazione era chiara agli occhi di tutto e questo periodo inquieto rappresentava uno ‘scarto’ tra le origini e la modernità. Cosa vuol dire riformare? Si può interpretare come modifica, come cambiamento del modo dei fedeli di vivere la propria religiosità e sicuramente c’era qualcosa che agitava questi ultimi. Il motivo da cui è scaturita questa crisi si deve alla distanza tra realtà e parole. Il mondo della Chiesa era un mondo deludente e infatti iniziano a diffondersi vari movimenti che conosciamo con il nome di Evangelismo di cui Erasmo ne è il rappresentante. Egli pensa che è necessario tornare ad una vera spiritualità. C’era un problema: l’evangelista si rivolgeva ad un pubblico dotto, contrastante con il popolo (volgarizzato) orientato verso una oralità più semplice. Lo stesso periodo storico rappresenta una delle più grandi crisi occidentali durante cui si mette in discussione un intero corpo ecclesiastico (motivo primo che spingeva alla riforma) con l’intento di recuperare il mondo delle origini. C’era chi pensava di introdurre delle novità ed altri che pensavano che bastasse tornare alla religiosità delle origini, ma la Chiesa appariva drammaticamente lontana dagli uomini e gran parte della colpa è dei suoi collaboratori. Ci sono diverse somiglianze tra il pensiero Luterano e quello di Erasmo, per esempio: l’avversità contro l’apparato giuridico, il culto della Bibbia, l’idea che i laici dovessero avvicinarsi alle sacre scritture e anche l’idea di ritrovare una pietà semplice. Cosa distingue Lutero dal pensiero degli evangelici: il primo mirava ad una netta rottura, mentre i secondi no. Lutero riteneva necessario che questi ideali dovessero arrivare alle masse e non più ad un pubblico ridotto. Cerca e trova due cose: 1) Cerca e trova le masse; 2) Cerca e trova la complicità della politica senza cui non si poteva realizzare nulla, quindi diventa realizzabile solo perché è possibile. Durante il Concilio Lateranense (1516) la riforma della Chiesa è la questione principale. La stessa comprende che è importante effettuare dei cambiamenti per migliorare, ma allo stesso tempo c’è la figura di Lutero che insiste sull’ascolto delle persone che si presentano estremamente amareggiate per una corruzione così palese. Le due risorse che la Chiesa dispone e con le quali si garantisce il supporto politico sono: 1) La possibilità di nominare dei vescovi 2) Riscuotere la decima Abbiamo anche detto che questo ammanco di tipo economico nelle casse della Chiesa ha potato questa a compiere delle scelte per beneficiare dei propri interessi e sfrutta la cristianità escogitando il metodo della monetizzazione attraverso la vendita delle indulgenze. Per secoli la Chiesa aveva imposto la scomunica cioè l’espulsione del fedele (quindi poteva ricadere sulla comunità) e consequenziale alla scomunica vi erano imposte delle pene afflittive per cercare di ripulire l’anima (= concetto di recuperare la pecorella allontanatasi dal gregge ). La colpa dei fedeli veniva cancellata con il rituale della confessione. L’indulgenza era il vero e proprio perdono in cui la singola persona veniva ‘purificata’ grazie all’elemosina in favore della Chiesa. Siamo nel 1517, anno in cui si inizia a polemizzare questa pratica e Papa Leone X concede l’indulgenza a tutti coloro che versassero del denaro. Contestualmente la Chiesa appalta la commissione all’arcivescovo Alberto di Brandeburgo e Magonza. Perché proprio lui ? Dato che non si potevano possedere due territori contemporaneamente, la Chiesa offre di chiudere un occhio in cambio della raccolta di denaro. I soldi vengono anticipati dai banchieri all’arcivescovo, poi essi vengono versati alla Chiesa e ci guadagnano tutti anche i finanzieri. Lutero era un Monaco agostiniano e studiò diritto ad Erfurt e poi diventa professore universitario presso l’università di Wittenberg. Nei suoi studi abbracciò la teoria di S. Agostino, concezione teologica reazionaria perché aveva una severissima concezione della salvezza concessa solo grazie alla grazia di Dio. Reazionaria perché era rivolta a diverse fonti passate contro cui si erano scagliate le dottorino innovative di S. Tommaso a sua volta ispiratosi ad Aristotele che consisteva nell’idea che i fedeli hanno una facoltà di discernere il bene dal male in maniera autonoma per cui hanno anche consapevolezza di scelta ed è ovvio che ciascuna decisione portasse a delle conseguenze. Nel caso del “male” si aveva un cambiamento del rapporto con Dio. Nella teoria Agostiniana c’è un’idea diversa: la corruzione radicale della natura umana non può trovare conteggio nelle opere meritorie perché è impossibile misurare il bene compiuto in vita, è solo Dio che persona gli uomini. Nel tentativo di conteggiare le proprie azioni addirittura si vuole insultare Dio. L’uomo è prigionerò della sua natura corrotta e non c’era verso di sfuggire da se stesso, non può correre ai ripari. (= Primcipio di giustificazione per fede ) San Paolo disse: « Il giusto arriverà per fede» e Aggiunge una parola “sola” accanto a “fede”. La differenza sta in questa ( sola) poiché metteva in gioco tutte le forme di esercizio di religiosità accompagnata dai preti. ( LUTERO METTE IN DISCUSSIONE IL PERCORSO DI FEDE ) Discute il cammino di perfezione dell’uomo. Nel mettere in discussione essi mette in discussione: 1) Il concetto che gli uomini possano avvicinarsi a Dio tramite le loro azioni in vita; 2) Il ruolo dei preti che dovrebbero guidare gli uomini in questo cammino. Il corpo ecclesiastico aveva perso la sua funzione in qualità di mediatore tra uomo – Dio e – Sacra Scrittura. BISOGNAVA TORNARE DA SOLI ALLE SACRE SCRITTURE, IN MANIERA DEL TUTTO INDIVIDUALE. “Sola fede” “Sola scrittura” quindi nessun ruolo da parte dei preti. Perché Sacra Scrittura? Perché secondo Lutero è l’unica fonte di verità. Aggiungerà poi che è L’ unica fonte, nient’altro. Tutto il resto ha solamente imbrattato la religiosità (decisione dei concili, bolle papali, regole…) son o contenuti derivanti dagli uomini e non Dio. ( = i fedeli sono stati presi in giro attraverso questi “mezzi”). Scrisse 95 tesi, rivoluzionarie, e le affisse sulla cattedrale di Wittenberg * *Non è mai stato verificato la veridicità dell’atto fisico dell’affissione di queste tesi, ma i Luterani non hanno mai dubitato del gesto. I sentimenti antiromani erano ormai diffusi perché si parlava di corruzione. Di fatto Lutero a tal riguardo parla di un potere che non si è mai istituito poiché non è né certificato né verificato e mette così in discussione tutto il corpo dottrinale. All’inizio del 1500 circa due terzi dei testi europei venivano pubblicate nelle grandi città e le stamperie erano edifici imponenti, proprio perché c’era bisogno di un grande circolo di denaro e che lo stesso periodo in cui visse Lutero favorì. In larga maggioranza i suoi testi furono pubblicati in tedesco per le masse, quindi per arrivare quanto più ‘lontano’ possibile. Lucas Cranach era un pittore ed uomo d’affari del periodo. Egli intuisce l’affare della riforma che iniziò a profittare a livello editoriale, così decise di iniziare ad illustrare questi libri stampati in quarto cioè 20cmx8 comprendendo poche pagine. Roma invia il capo dell’ordine dei domenicani Tommaso De Vio (chiamato anche Gaetano). Arrivato in Germania, Tommaso De Vio si rende conto che gli ordini emanati dal papa, non erano mai stati fino ad allora rispettati come in altri luoghi e, soprattutto, si erano rivelati inefficaci. Lutero fu scomunicato nel 1520, e viene minacciato di processo e di essere trattato come qualsiasi altro eretico, quindi di essere condannato sul rogo se non avesse ritrattato le sue convinzioni. Quindi gli viene data la possibilità di ritrattare, ed è qui la riforma entra con tutto il suo volto politico. Intanto, la Germania viene invasa da una campagna di propaganda che al tempo stesso era sia politica che religiosa. Lutero parlava della sua famosa libertà del cristiano, ma intende anche libertà ulteriori, cioè la libertà in quanto fedele. Il cristiano era padrone della sua anima, libero dalle costrizioni e dai consigli che gli venivano elargiti dal corpo ecclesiastico, libero da tutti quelle regole che nel corso di anni e di generazioni di uomini erano stati imposti dalla chiesa. Nelle sue parole, il sacramento della penitenza, della confessione e assoluzione perdeva ogni ragion d’essere. Ma quello che era rivoluzionario è che il clero, in quanto corpo di uomini separato dalla società, perdeva la sua stessa fondatezza, e verteva la sua fondatezza nel diritto canonico. Il diritto canonico era un corpo di regole pensate per regolare un corpo di uomini separati dalla società, con la pretesa di guidare la società. Se il clero non aveva più ragion d’essere, erano i fedeli a pensar a se stessi, tanto che l’altro caposaldo della riforma è il principio del sacerdozio universale, ovvero ognuno era sacerdote di se stesso. A questo punto due forme di autorità appaiono nell’orizonte dello spazio politico: Il concilio e la coscienza. Dopo la scomunica a lutero gli viene data l’opportunità di ritrattare, e la prima cosa che lutero fa è quella di appellarsi al concilio, sapendo che era una scelta provocatoria poiché in una chiesa dove il concilio era del tutto assoggettato al volere e alla forza del papa, appellarsi al concilio, come se fosse un’autorità superiore, era un modo per sminuire la figura del papa. Quindi Lutero era pronto a discutere le proprie tesi pubblicamente e ad attaccare e a mettere in discussione il potere della chiesa e della sua funzione. E il 10 dicembre del 1520 dove simbolicamente Lutero brucia la bolla del Corpus Iuris Canonici ovvero il diritto canonico appellandosi al concilio, e non riconosce di fatto l’autorità del papa. A questo punto Lutero è un problema politico sul tavolo dove siede l’imperatore. Viene convocata la dieta a Worms nel 1521, era l’assemblea dell’impero. Lutero può beneficiare di un salvacondotto per recarsi a Worms senza essere arrestato. Lutero riesce a trovare la complicità politica grazie all’Elettore di Sassonia, uno dei 7 grandi elettori L’Imperatore intima a Lutero di ritrattare quello che aveva detto fino ad allora, e Lutero si appella alla seconda autorità che in qualche modo lo leggittima della sua posizione ovvero la coscienza, infatti Lutero risponde all’imperatore “la mia coscienza me lo impedisce” . Quindi per Lutero ogni uomo religioso o laico, ancora prima del papa e dell’imperatore, deve essere obbidiente alla sua coscienza. Quando Lutero intuisce le ricadute politiche che le sue parole hanno avuto, si rivolge direttamente alla nobiltà tedesca. Qui Lutero si sta rivolgendo a quel ceto che non ha solo il potere politico, ma al tempo stesso ha anche un potere mlitare. Lutero sta cercando qualcuno che possa proteggerlo dall’imperatore. Il processo politico, di cui si intravedevano appena le tracce, ha preso avvio attraverso due atti di disubbidienza, uno verso il papa e l’altro verso l’imperatore. Nel momento in cui le due forme di autorità vengono messe in discussione, vengono fuori coloro che immaginano che da quel momento di incertezza possono guadagnarci qualcosa. Tre figure mettono in discussione l’ordine costituito: Gli studenti di Wittenberg, i cavalieri e i contadini. Rivolte, disordini creano scompiglio in molti dei territori dell’impero. Ma sono soprattutto i contadini a determinare quelle forme di disordine che maggiormente inpensieriscono. principi hanno avviato questo processo di costruzione degli stati territoriali, nonostante l’autorità del papa e nonostante l’autorità dell’imperatore. La soluzione del problema emerge con la pace di Augusta nel 1555. L’ultima cosa che Carlo V fa prima di abdicare, lasciando a Filippo suo figlio i territori, spacchera i territori, e dirà che i territori spagnoli, l’Italia, le colonie saranno proprietà del figlio Filippo e lascierà l’impero, ovvero i territori tedeschi al fratello Ferdinando. Con la pace di Augusta, di fatto, viene riconosciuta la libertà religiosa ai principi tedeschi, ma non ai loro sudditi. I sudditi sono tenuti a rispettare la religione del proprio signore, e chi non la vuole rispettare è costretto a trasferire in uno stato dove vige la religione scelta. L’altro principio che passa con la pace di Augusta è quella del reservatum ecclesiasticum che è altrettanto importante, perché all’interno della storia delle rifoma, non c’è solo la storia del potere, c’è una storia di soldi, perché tutte le volte che un principe aderiva alla riforma protestante, acquisiva tutti i beni che fino un secondo prima erano appartenuti alla chiesa, si parla di territori, quindi grandi risorse economiche. Ora questo meccanismo aveva fatto si che le conversioni venivano seguite da passaggi in termini di proprietà. Con la pace di Augusta si stabilisce cio che era stato fatto non poteva essere più modificato, e che le secolarizzazioni dei beni ecclesiastici, quindi tutte le volte che un principe aveva acquisito, a seguito della conversione, i beni appartenuti alla chiesa, erano valide solo fino al 1553, tutto quello che era stato fatto dopo non era valido. Quindi le conversioni e le acquisizioni di territori fatte fino al 1553, venivano sanate, rimanevano così, Ma i principi che dal 1553 in poi, cambiavano religione, si convertivano dalla religione cattolica a quella protestante, non potevano acquisire i beni presenti nel loro territorio, ma di fatto continuava a spettare alla chiesa. Quindi primo principio, in latino, cuius regio e cuius religio, i principi avevano libertà di religione, e suoi sudditi dovevano anch’essi seguirla. Il secondo principio sancito con la pace di Augusta, quello del reservatum ecclesiasticum, ovvero le acquisizioni a seguito della conversione fino al 1553 erano leggittime, dal 1553 in poi, il principe che si convertiva non poteva acquisire i beni della chiesa presenti all’interno del proprio territorio. Storia moderna Lezione 19/10 Parliamo delle guerre di religione. Partiamo da un contesto in cui l’Europa è pesantemente insaguinata da conflitti la cui natura è religiosa; inquadriamo due situazioni: quella inglese e quella francese. Abbiamo visto che le guerre che insanguinano l’impero e che mandano in frantumi l’impero germanico. Nonostante si tratti di guerre religiose, ci sono anche questioni di potere e questioni di soldi, quindi dietro il mantello religioso c’erano anche questioni politiche. Questi decenni che insaguineranno tutto il 500, partono dal momento in cui nell’impero germanico si diffondono la riforma e il luteranesimo. Ci sarà una prima generazione della riforma che è essenzialmente luterana, invece la seconda generazione della riforma è dominata dai calvinisti. La religione inglese nel 1520 (quindi poco dopo alla diffusione delle idee di Lutero) è prevalentemente cattolica, e alla fine del secolo divenne protestante. I fermenti di dissidenza religiosa, e di malumore legato a questioni religiose, non erano mancati nemmeno in Inghilterra. C’è da dire che la letteratura luterana che inizialmente era una questione editoriale, si diffonde in primis nei territori tedeschi, ma col passare del tempo i libri circolano e soprattutto attraverso i mercanti olandesi e tedeschi arriveranno anche in Inghilterra. Gran parte di questa letteratura veniva bruciata nelle piazze, in quanto ritenuta una letteratura che metteva in discussione l’ortodossia cattolica, e così facendo, metteva in discussione anche l’ordine costituito. La politica è quindi allarmata da questa letteratura. La questione attraverso cui si compie lo strappo tra l’Inghilterra e la chiesa di Roma, è una questione di famiglia. Enrico VIII è sposato con Caterina D’Aragona (zia di Carlo V), ma si innamora di un’altra donna di nome Anna Bolena, per cui bisognava sciogliere il matrimonio precedente. Il pretesto viene trovato da un uomo di chiesa, il cardinale Wolsey(?): visto che Enrico VIII si è sposato con una donna che è stata precedentemente sposata con suo fratello, il matrimonio non era lecito sotto il profilo del diritto canonico. Era pur vero che era stata concessa la dispensa ecclesiastica, ma non era difficile sostenere che il matrimonio era nullo, in quanto irregolare. Il problema che la questione diplomatica che si intreccia con la questione familiare è che nel 1527 per questioni riguardanti le guerre d’Italia, c’è il famoso sacco di Roma, i ricchi devastano la città di Roma, la città del papa. Il papa Clemente VII si ritrova chiuso al castel Sant’Angelo, e decide di avviare una pacificazione con Carlo. Quindi il sacco di Roma è una lezione che Carlo dà alla chiesa di Roma, per far sentire il suo peso, in quanto la chiesa di Roma gli aveva voltato le spalle. Subito dopo c’è una pacificazione, infatti nel 1530 c’è l’incoronazione di Carlo (a Bologna), una rilegittimazione, un riconoscimento da parte del potere spirituale. Il papa non può accogliere le istanze che vengono dall’Inghilterra se ha appena fatto pace con l’Inghilterra e se una delle donne di questa questione familiare è sua zia. Enrico VIII non è disposto a cedere, vuole sposare Anna Bolena a tutti i costi, e il papa lo scomunica. Enrico VIII vuole approfittare della scomunica, e decide di sancire, di riconoscere la frattura ed utilizzarla. Con il famoso atto di supremazia nel 1534, il parlamento riconosce capo della chiesa d’Inghilterra e la nascita della chiesa anglicana; quindi è un momento in cui la chiesa d’Inghilterra si separa da quella di Roma e costituisce una nuova chiesa, quella anglicana. La struttura della chiesa rimane invariata, così come il corpo dottrinario; non parliamo di dottrina, è una questione diversa rispetto a quello che era successo in Germana. Lutero aveva messo in discussione le parole, a differenza di Enrico che aveva messo in discussione il rapporto con Roma. Tuttavia, a questo punto i vescovi devono giurare obbedienza nei confronti del re, perché ora è il re ad essere capo della chiesa. Il re è il capo della chiesa anglicana. Lentamente, Enrico dà 3 leggeri segnali di voler cambiare alcune cose anche da un punto di vista dottrinale: cancella gli ordini monastici, abolisce i suffragi per il purgatorio (il purgatorio non è menzionato nelle sacre scritture, è una delle cose inventate dalla chiesa, è un’invenzione medievale) e va incontro ad un modo di vivere la religione molto vicino a quello di luterano. Una cosa che va sottolineata è che questo strappo che apparentemente riguarda questioni familiari e diplomatiche, in realtà ha delle ricadute economiche e politiche molto notevoli, in primis perché la monarchia, quindi la corona inglese, si appropria del patrimonio terriero e finanziario della chiesa (quindi troviamo una questione di soldi, un po' come era successo in Germania con le conversioni). Questo consolida la forza della monarchia Tudor, e succedono due cose: da un lato la monarchia dispone di terre, di titoli, per avviare una strategia di alleanze con nuovi pezzi di società. Queste terre, una volta finite nelle mani della corona, vengono vendute, e insieme a quelle terre camminano i titoli nobiliari. La famosa ‘gentry’ (la parola ‘gentry’ deriva da ‘gentleman’ e ‘country’) non è nient’altro che una piccola nobiltà di campagna che ha radici borghesi. Quindi con quest’atto di supremazia (atto fatto dal parlamento), si innescano dei meccanismi di mobilità sociale, perché coloro che ambiscono ad entrare nella nobiltà, colgono l’occasione. Questo perché la nobiltà rappresenta la classe più alta dell’antico regime, e qualunque borghese sogna di diventare nobile, infatti in molti casi succede che i patrimoni costruiti attraverso pratiche e attività commerciali e finanziarie vengono poi utilizzati per l’acquisizione di ruoli e status nobiliari. Quindi la struttura della società inglese inizia a cambiare un po', e inizia a cambiare di conformazione la nobiltà. L’altro elemento importante che va sottolineato, è che nel momento in cui si consuma lo strappo e la corona si appropria del patrimonio terriero e finanziaro della chiesa, acquisisce una forza politica da poter spendere nei confronti del rapporto che la lega ha con il parlamento. Il parlamento non è altro che lo spazio di rappresentanza in cui ci sono 2 camere (in Inghilterra), in cui troviamo la nobiltà e il clero da un lato, e dall’altro lato ci sono i rappresentanti delle città. Questo parlamento viene convocato ogni volta che il sovrano intende reperire fondi attraverso una rimodulazione del peso fiscale che grava sulla società; questo è dovuto al fatto che queste monarchie non sono sin da subito monarchie assolute, a maggior ragione quella inglese che se vuole disporre di risorse per poter fare politica, ha bisogno di venire a patti con il parlamento. Quindi ritroviamo sempre il re con il cappello in mano, di fronte al parlamento, a chiedere l’approvazione di misure di natura fiscale per poter avere soldi per fare battaglie etc. Nel momento in cui la corona dispone di nuove risorse, acquisisce un po' di libertà nei confronti del parlamento, proprio perché ha delle risorse per poter fare politica e non dover chiedere l’approvazione al parlamento. Da un punto di vista confessionale inizialmente rimane tutto invariato, ma (prima nel ’49 dal figlio Edoardo) viene adottato un ‘Book of common prayer’, un libro delle preghiere comuni, di orientamento luterano. Quindi all’inizio il corpo dottrinario della chiesa anglicana rimane invariato, ma col passare del tempo si va verso un orientamento luterano. I poteri sul clero vengono trasferiti all’arcivescovo di Canterbury, e il re diventa capo supremo della chiesa. Una riforma liturgica comincia ad esser messa in cantiere, con l’idea di rendere quanto più semplice possibile il culto, ovvero il consumo e il modo di vivere la religione. Quindi più che un problema dottrinario era proprio il modo di vivere la religione. Però qualche anno dopo, c’è un brusco ritorno al cattolicesimo ortodosso perché il trono finisce nelle mani della sorellastra di Edoardo, Maria (figlia di Caterina). Ella era profondamente cattolica e sposa il paladino, il difensore più agguerrito della cattolicità in Europa, cioè Filippo II. Improvvisamente, in maniera molto sanguinaria, l’Inghilterra si volta verso il cattolicesimo, in maniera molto brusca. Il tutto finisce nel momento in cui arriva Elisabetta, col suo lunghissimo regno, che chiede al parlamento di riconfermare l’atto di supremazia e di emanare l’atto di uniformità che sancisce l’allontanamento definitivo della chiesa anglicana dal cattolicesimo. Il problema è che quest’anglicanesimo, nonostante l’atto di supremazia, non riuscì a diventare l’unica confessione nazionale. Gli inglesi per tutto il 600 si ritroveranno a dover discutere prima con le armi e poi in termini istituzionali, di questo conflitto. Quindi, da un lato c’è il rendere uniforme un contesto che da un punto di vista culturale non è uniforme, in quanto di fronte a questa pretesa di imporre l’anglicanesimo a tutti, ci saranno 2 istanze e 2 forme di dissenso (forme di natura religiosa che però porranno questioni di natura politica). Da un lato c’è l’Irlanda che tutt’ora è prevalentemente cattolica, e dall’altro lato c’è la Scozia che sposerà il calvinismo più radicale. Queste due realtà che rimangono minoranze imponenti, porranno tanti problemi durante tutto il 600, e sia la prima rivoluzione (quella che finisce con la testa di Carlo, il re d’Inghilterra, che rotola; la guerra civile; Cromwell; la restaurazione), sia la seconda rivoluzione, 1688/1689, hanno una radice religiosa. Passando invece alla Francia, nella seconda metà del 500, la Francia diventa teatro di uno dei conflitti religiosi che sembrano dileanare il paese: congiure, morti, stragi etc. La Francia finisce in una guerra civile, e improvvisamente i suoi abitanti, cioè i suoi sudditi, sembrano non riconoscersi più come membri della Da parte del cuore dello stato c’è un impulso nel spendere di più nella lotta contro gli eretici. Calvino, il padre del calvinismo, il padre degli ugonotti, si chiede se sia lecito rispondere (in termini di resistenza armata) a queste aggressioni da parte dello stato nei confronti dei calvinisti; San Paolo dice che non è lecito resistere ad un’autorità, poiché non c’è nessuna autorità non derivata da Dio. La corona francese viene poi affidata ad una famiglia che diviene la principale protagonista dell’istanza cattolica, dell’istanza politica, dell’intolleranza nei confronti delle idee calviniste. Si tratta della famiglia De Guisa. Una cosa che dev’essere chiara è che oltre l’elemento nobiltà, riforma, resistenza nei confronti del sovrano, è che si innesca un meccanismo di faida; questo perché è la stessa nobiltà francese che viene dilaniata da queste guerre di religione, in quanto pezzi di nobiltà offrono i propri soldi e le proprie armi per sostenere o una causa o l’altra. Alla fine degli anni ’50 le riunioni protestanti vengono dichiarate illegali, i partecipanti vengono reputati perseguibili, ed eventualmente condannabili anche con la morte. L’inizio delle guerre di religione è nel ’69. A questo punto i calvinisti, gli eretici si pongono una domanda fondamentale, si chiedono cosa fare di fronte ad un sovrano che sta mettendo a rischio la loro vita anziché proteggerla. Loro sono convinti di non aver fatto nulla di male, sono convinti di aver solo riscoperto il vangelo. Inizialmente Calvino li invita a rimanere al loro posto, ma quando la vita di questi sudditi verrà messa in discussione il problema peggiorerà, assumerà altre sembianze. Nel ’73 Hotman scrive il suo trattato, dando una risposta chiara, da giurista, ad un problema politico, e cioè la resistenza armata dei giuristi nei confronti del sovrano. In questo momento in cui sono iniziate le persecuzioni ma le 8 guerre di religione (che finiranno con l’editto di Nantes nel 1598) non sono ancora iniziate. Prima del loro inizio il paese è già in disordine e vengono convocati gli stati generali; il tutto avviene nel 1560. Vengono convocati perché non si sa come riportare la pace in un paese che si avvicina sempre di più alla guerra civile. Emergono parole di pace ma anche uno spirito transigente, questo vale sia da parte dei cattolici che dei protestanti. Va ricordato il contesto internazionale, gli ugonotti ricevono soldi e armi da altre parti d’Europa: in parte dall’Inghilterra, e in parte della Germania. Un’altra cosa da considerare è che nel ’45 viene aperto il concilio di Trento, che avrà una serie di sedi ma la principale è Trento; si chiuderà solo nel ’63. Rappresenta il momento in cui la chiesa cattolica prende consapevolezza del contesto in cui si trova, delle sue fragilità, e si dota di una serie di strumenti ed armi al fine di fronteggiare i nuovi problemi posti dalla modernità, e per affrontare le nuove idee eretiche. Quindi si tratta ormai di un contesto di guerra a livello internazionale. Ad un certo punto, visto che il re è piccolo, arriva sua madre Caterina De Medici, che per un periodo governa in Francia. Caterina viene detta ‘’la fiorentina’’ in senso dispregiativo, in quanto considerata machiavellica. Questo era dovuto al fatto che considerando la logica di faida fra famiglie appartenenti alla nobiltà francese, ad un certo punto sia da parte cattolica che protestante, comincia ad esserci un’insinuazione. Si comincia a pensare che la corona stia usando le guerre di religione per indebolire l’unico interlocutore che potrebbe interferire con la politica del sovrano, ovvero l’aristocrazia. Quindi si inizia a pensare che apparentemente la corona sta cercando di trovare la pace, ma in realtà sta cercando di indebolire l’ordine aristocratico francese. 8 guerre di religione, tutta una serie di paci, di concessioni, tutte le volte che la corona concede qualcosa ai protestanti i cattolici protestano perché non vogliono che venga riconosciuta legittimità alla presenza dei protestanti. Qualche anno più tardi l’editto di Nantes riconosce la presenza ugonotta in Francia, si tratta di un momento di pacificazione, ma pur sempre con dei limiti. Dopo quest’editto fatto nel 1598, il cardinale metterà in discussione l’editto perché dice di non essere solo un uomo di chiesa ma anche un uomo di governo, deve governare la Francia, e proprio per questo si pone il problema della tolleranza religiosa. Il suo è un problema politico, in quanto la tolleranza religiosa nei confronti degli ugonotti, comporta che in quanto uomo di governo, è tenuto ad accettare il fatto che all’interno del suo stato ci sia un altro stato. La presenza ugonotta porta ad un problema limitare proprio perché c’è un sodalizio tra nobiltà e riforma. La nobiltà indica il ceto aristocratico, il ceto che deve difendere militarmente lo stato. Negli anni ’70 sembra che i cattolici stiano per vincere, ma nel frattempo a livello internazionale c’è la battaglia di Lepanto contro i turchi e sembra che la causa cattolica, grazie a Don Giovanni d’Austria (fratello di Filippo) etc, stia per avere la meglio. I cattolici dovevano confrontarsi da un lato con i turchi, i quali infestano il Mediterraneo, attaccano le coste non solo italiane etc. Dall’altro lato c’era l’eresia. Dopo Lepanto, la cosa che va ricordata quando si parla delle guerre di religione, è il massacro di San Bartolomeo il 23/24 agosto: a Parigi vengono chiuse le porte, vengono legate alla Senna i vari battelli d’imbarcazione in modo che nessuno possa fuggire, e i cattolici danno sfogo alla propria violenza verso i protestanti. L’altro fatto che viene ricordato con le guerre di religione è la famosa guerra dei 3 Enrichi: 1) Enrico III 2) Enrico Di Guisa 3) Enrico di Navarra. Enrico III fa uccidere Enrico Di Guisa, quindi la parte cattolica. Non vuole che i Guisa acquisiscano troppa visibilità e potere, in qualità di principali difensori della religiosità cattolica. Enrico III viene ravvicinato da un frate attraverso il pretesto di leggere una supplica, ma in realtà mentre Enrico legge questa supplica, il frate lo accoltella. Poco dopo il re muore, però indica Enrico Di Navarra come suo successore. Il problema stava nel fatto che Enrico Di Navarra prima era cattolico, poi era diventato protestante, poi viene ‘costretto’ a ritornare al cattolicesimo (ma in realtà lui riabbraccia la fede protestante). Quindi è un grande esponente della monarchia francese ma che ha abbracciato la fede religiosa avversa. Si comincia a parlare nuovamente di stati generali ma nel 1593 viene annunciata la conversione del re. Ha quindi deciso di rifiutare e mettere in discussione la falsa dottrina che prima aveva sposato, il paese è ormai stremato. Ormai, nel ’62, erano 40 anni che il paese si massacrava attraverso queste interminabili 8 guerre di religione, che in realtà sono racchiuse in un’unica guerra civile. A marzo del ’94 Enrico Di Navarra entra a Parigi, due giorni prima aveva fatto pubblicare un’amnistia generale per tutti i trascorsi sanguinosi, e ciò che gli manca è la riconciliazione con la chiesa di Roma. Lui rimaneva un eretico, occorreva che Roma eliminasse la scomunica nei suoi confronti. C’è poi la famosa cerimonia del perdono, il papa accoglie i due rappresentanti del re di Francia. L’editto di Nantes arriva nel 1598; quindi si ha la guerra dei 3 Enrichi, poi c’è il riconoscimento/la conversione da parte del papa nei confronti di Enrico di Navarra che nel frattempo aveva riabbracciato il credo calvinista, la riconciliazione con Roma e poi c’è l’editto di Nantes. Libertà di coscienza e di culto per gli ugonotti per tutta la Francia, tranne che a Parigi. Quindi ognuno poteva seguire il proprio credo. Gli ugonotti avranno riconosciute le proprie strutture politiche e di fatto continuano a contare su delle strutture militari. Trovano quindi legittimità nei confronti della loro esistenza religiosa e politica, ci sono solo alcune limitazioni. Richelieu rimetterà poi in discussione l’editto di Nantes, non per ragioni di intolleranza religiosa, ma per ragioni politiche. Tuttavia ci sono due generazioni di riforma, da un lato la prima generazione dominata dalla figura di Lutero, e dall’altro lato una seconda generazione dominata dalla figura di Calvino. Quella di Calvino era una religione che voleva governare i comportamenti dei singoli e dell’intera società con l’imposizione di norme desunte, ricavate, dalle sacre scritture. Quindi le sacre scritture rappresentavano la fonte da cui trarre le regole con le quali condurre le vite delle persone e soprattutto organizzare la società. Lo stato, in quanto comunità, doveva diventare una sorta di repubblica di santi. In ogni caso il calvinismo riuscì ad avere una diffusione internazionale, ma non c’era nessun luogo (tranne alcune città olandesi) che era esclusivamente calvinista. Quindi i calvinisti rappresentavano una minoranza costretta o ad essere espansionista o a soccombere; si tratta di una presenza cosmopolita internazionale, intollerante e paradossalmente aperta: i calvinisti sono aperti a tutti coloro che vogliono aderire al loro credo, ma sono completamente intolleranti nei confronti di tutto il resto. Quindi sono aperti quanto intransigenti. Calvino era figlio di un avvocato, aveva una formazione umanistica e giuridica. Ha studiato a Parigi, e nel momento delle persecuzioni era costretto a rifugiarsi in Svizzera (Basilea), e da lì pubblica la sua istituzione della religione cristiana. Un libro che riscrisse e riaggiustò varie volte. Da lì si trasferì poi a Strasburgo, dove oltre a svolgere le funzioni pastorali, insegnava anche il nuovo testamento nel ginnasio locale. Ginevra si trasforma in una repubblica caratterizzata da una rigida morale religiosa che regola il comportamento dei singoli e delle comunità. Pensando ai calvinisti le prime due cose che vengono in mente sono l’intransigenza (poiché un calvinista è una persona che ha una condotta di vita molto rigida) e l’altra cosa a cui si pensa è la propensione all’azione dei calvinisti. In aggiunta a ciò va detto che i luterani sono in qualche modo quasi disinteressati al mondo, Lutero stava aspettando la fine del mondo, la vita terrena gli interessava poco perché era quasi irrilevanti. Invece i calvinisti sono molto interessati alla vita terrena perché è proprio lì che si potrà compiere attraverso i santi, attraverso gli eletti, il disegno di Dio. Ecco perché sono così propensi all’azione. Tuttavia, il comportamento dei singoli doveva essere costantemente controllato e doveva conformarsi a queste regole desunte dalle sacre scritture. Era la comunità a controllare il tutto. Si tratta di quella che possiamo definire ‘osservazione partecipante’, vale a dire che i soggetti dovevano rendere conto delle proprie condotte di vita ed eventualmente dovevano spiegare se le proprie condotte di vita non erano conformi alle regole desunte dalle sacre scritture. Calvino ha la concessione di Dio che permette di capire il motivo per cui il calvinismo sia stato molto più dinamico rispetto alle altre forme di protestantesimo. In realtà, questa propensione all’azione del calvinista deriva da una sorta di ottimismo nei confronti di Dio e un pessimismo nei confronti degli uomini. Sia Lutero sia Calvino avevano un senso soverchiante della maestà di Dio. Dio era grandioso ma anche lontanissimo, e sia Lutero che Calvino (ma la cosa è molto più netta con Calvino) credono nella predestinazione; questo significa che il modo in cui i credenti conducevano le proprie vite era del tutto irrilevante, il loro destino si era compiuto nel momento in cui erano nati, ed era Dio a scegliere se appartenevano alla cerchia dei dannati o a quella dei salvati. Mentre Lutero invocava la fine del mondo, per Calvino la fine del mondo sarebbe arrivata chissà quando, e nel frattempo il regno di Dio poteva compiersi in terra attraverso la cerchia degli eletti. Questi eletti erano riconoscibili attraverso la professione di fede, la partecipazione ai sacramenti etc. La professione di fede indica la pubblica accettazione del credo, cioè il riconoscimento del patto che era stato siglato con Dio. Ricordiamo che i calvinisti sono il popolo del libro come gli ebrei. Se quel patto andava riconosciuto e se i calvinisti aderivano a quel patto, lo dovevano conoscere. I calvinisti imporranno che i fedeli conoscano le sacre scritture, tant’è vero che non c’è nessun popolo che abbia un grado di alfabetizzazione alto quanto quello dei calvinisti. Questo, in termini politici come viene visto? Non c’è nessun altro popolo che abbia un grado di alfabetizzazione così alto e questo viene tradotto, percepito in questo modo: non c’è nessun popolo, che come i calvinisti, abbia così tanta insofferenza nei confronti dell’autorità. I calvinisti più radicali pensano che la chiesa debba avere una struttura contraria rispetto a quella che era stata strutturata dei cattolici, doveva essere capovolta. I fedeli devono individuare i pastori, le guide da seguire, in un certo senso c’è una struttura democratica. Se mettiamo insieme il fatto che c’era un grande grado di alfabetizzazione e poi il fatto che ci sia questo istinto democratico che si lega all’insofferenza nei confronti dell’autorità, capiamo il motivo per cui il calvinismo ebbe un ruolo gigantesco nella rivoluzione americana. Quindi tutti devono conoscere il patto e tutti dovevano avere una certa condotta, non potevano divertirsi, bere etc. E poi era fondamentale la partecipazione ai sacramenti. I sacramenti erano due, il battesimo e la cena eucaristica. Però per i calvinisti la cena eucaristica era per lo più una questione rituale, nessuno di loro pensava che il pane e il vino si trasformasse nel corpo di Cristo; era quindi solo un rito. La dimensione rituale era importante perché raccoglieva il credente con e nella comunità. Può sembrare una contraddizione ma come mai qualcuno che crede in maniera così agguerrita nella predestinazione, crede al tempo stesso nell’azione degli uomini? Come convivono queste due cose? Il punto è che se nei confronti di Dio il cattolico ha una mediazione (che è il corpo ecclesiastico) e poi la chiesa cattolica si dimostra una strategie per guidare quello stato. Si dice che Filippo II si occupava personalmente di tutti i problemi riguardanti il suo stato ed era uno stato enorme dove “non tramontava mai il sole”. Il re organizzava personalmente l’esecuzione della sua volontà, si serviva inizialmente di un segretario che poi diventano due e si avvaleva di una serie di consigli che rappresentavano l’organizzazione politico-geografica dello stato. Per cui c’era un consiglio di Castiglia, Aragona, Italia, delle Indie e dei Paesi bassi: rifletteva l’organizzazione territoriale dello stato. Dall’altro lato c’erano una serie di consigli che riguardavano le macroaree burocratico-amministrative dello stato: c’era un consiglio delle finanze, dell’inquisizione. Era un sistema burocratico che già costa tanti soldi e man mano che si va avanti costerà sempre di più. Nel momento in cui gli stati moderni nascono, sono già pieni zeppi di debiti e il caso spagnolo è emblematico. Filippo eredita uno stato già pieno di debiti e dovrà servirsi dei crediti elargiti dai finanzieri olandesi, italiani (genovesi) e tedeschi per far fronte alle esigenze dello stato. Sarà costretto anche più di una volta a dichiarare bancarotta, cioè a dire ai finanzieri di non essere in grado di onorare i debiti. Le bancarotte erano un modo per rinegoziare con i finanzieri i rapporti credito-debito che legavano lo stato al mondo della finanza. In questa struttura burocratica il consiglio di stato aveva un ruolo di primo piano: dentro c’era la grande nobiltà spagnola e i partiti presenti nel consiglio erano in realtà delle proiezioni in termini di fazioni familiari nella nobiltà spagnola. Non era un corpo unito ma aveva al suo interno una serie di correnti. I costi erano altissimi e la guerra, insieme al questa gigantesca macchina che va sempre crescendo, va a far lievitare questi costi. Ciò che non succederà in Inghilterra succederà in Spagna, nel senso che lo spazio rappresentativo della società, deputato a patteggiare con il sovrano eventuali rimodulazioni del carico fiscale, verrà di fatto sottomesso e messo a tacere. Le cortes spagnole sono l’equivalente del parlamento inglese e equivalente degli stati generali francesi. Così come in parte succede anche in Francia: gli stati generali si incontrano soprattutto nel 1589, ma anche nel 1560, momento di grande crisi, e nel 1614 da dove viene fuori il cardinale Richelieu, sono momenti di grande incertezza dello stato e il re convoca gli stati generali. Però poi dal 1614 in Francia non verranno più convocati fino all’89 e quello è uno degli elementi indicativi della messa in atto di una politica assolutistica, cioè del fatto che il sovrano non sente l’esigenza e il bisogno di onorare la pratica per cui deve venire a patti con i rappresentanti della società se vuole mettere in atto una politica fiscale che gli consenta di avere soldi. Il denaro viene anticipato dai banchieri e con Filippo II l’impero tocca l’apice della sua forza e potenza politica ma al tempo stesso si avvia verso un declino inesorabile tradotto in tensione e conflitto politico a metà 600. Lo stesso declino che si vedrà con Filippo III e IV. Le rivoluzioni di Palermo con Dalesi, a Napoli con Masaniello, in Catalogna, la perdita del Portogallo (che è stato spagnolo dal 1580 al 1640): tutti questi movimenti tellurici in termini politici che si verificano nello stato spagnolo ci danno la misura di uno stato che sta scricchiolando e che questi scricchiolii sono determinati in parte dalla situazione finanziaria, ovvero da uno stato che fa molta fatica a stare dietro ai debiti accumulati, e uno stato che fa fatica a dialogare con le sue periferie. Il contraltare del centro è la periferia. Dietro tutto questo c’è una contraddizione: il soggetto che aveva avviato una politica coloniale volta a costruire un impero territoriale. Soprattutto dalle colonie americane arrivavano fiumi di risorse in termini di materiali preziosi (oro, argento, diamanti) che serve a stento a pagare il debito. Spesso le navi finivano direttamente nelle mani dei finanziari per pagare gli interessi sul debito, nemmeno il capitale stesso. Perché uno stato così fatto, così grande e con così tante risorse è finito così? Gli storici hanno avanzato varie ipotesi. Sicuramente quella spagnola è una società restia al cambiamento, governata da una nobiltà fortemente attaccata alle tradizioni e molto propensa a comportamenti economici volti ad acquisire risorse, all’arricchimento. Se mettiamo a paragone la gentry (la piccola borghesia inglese) che si dedica a gestire le campagne per mettere a profitto le proprie risorse territoriali, la nobiltà spagnola è molto ancorata al passato, poco disposta ad attivarsi. Il lavoro è il contrario della nobiltà. Loro erano il ceto deputato a servire il re nel caso di esigenze di natura militare e fornendogli il concilium volto a individuare le strategie per il governo. Se vogliamo, ebrei e mussulmani costituiscono le due minacce interne che vengono risolte proprio attraverso la politica delle espulsioni e attraverso il lavoro svolto dal tribunale dell’inquisizione. Accanto a queste sfide interne che avevano in casa, ci sono poi delle sfide o minacce esterne con cui lo stato spagnolo è costretto a fare i conti. Da un lato i turchi che infestano il mediterraneo e che continuano ad avanzare. Dal 1453 (caduta di Costantinopoli e avanzata turca) il mediterraneo cambia faccia perché la presenza turca rende quantomai incerti e rischiosi i traffici. È un problema economico e politico. Gli spagnoli sono costretti a fortificare le coste spendendo molti soldi perché vengono costantemente minacciate e aggredite. La Battaglia di Lepanto (1571) è un momento in cui gli spagnoli, in particolare Don Giovanni d’Austria, che si occupa grazie all’apporto militare veneziano di contrastare i turchi e portare a casa l’importante vittoria. Tuttavia i rapporti tra i cattolici e il mondo turco sono sempre di natura conflittuale. Già nel 1453 i veneziani si siedono attorno un tavolo e danno disposizioni ai diplomatici veneziani perché sono due nemici complementari e questo si vede maggiormente nel caso veneziano. Venezia non poteva fare a meno di Costantinopoli e nonostante i tanti conflitti militari, c’è un continuo scambio. Non possiamo immaginare che il mondo cattolico e quello turco erano due realtà che si toccavano soltanto con le spade. Erano due mondi che interagivano e intessevano rapporti di natura commerciale. Vi è anche la minaccia protestante. Nel 55 viene sancita la pace di Augusta, nel 59 la pace di Cateau Cambresis: sembra che in qualche modo i principali conflitti abbiano trovato un momento di assestamento. La sconfitta più clamorosa di Filippo II è nei confronti di una minaccia esterna ma che in realtà emerge in casa: la minaccia protestante che prolifera dentro un pezzetto di uno stato spagnolo, i Paesi Bassi. Erano 17 province, ognuna con un proprio governatore ed era una società dove due elementi spiccavano in maniera visibile. Il primo è la dimensione urbana perché erano dei territori pieni zeppi di città, non paragonabili all’Italia, e il secondo erano città molto ricche dove una borghesia particolarmente attiva aveva fatto si che fossero dei mondi economicamente molto vitali. Già Carlo VI si era occupato della diffusione dell’eresia. Aveva messo in atto dei provvedimenti, aveva portato al rogo già migliaia di persone ma non era stato sufficiente per debellare quello che i cattolici chiamavano “il morbo contagioso”, ovvero l’eresia. Nonostante la guerra all’eresia fatta da Carlo, lui era stato attentissimo a rispettare la struttura giuridico-politica di quelle comunità. L’impero è un mondo plurale sotto il profilo linguistico, culturale e giuridico e l’imperatore era attento a rispettare con ognuno di questi soggetti ed era venuto a patti. C’era una serie di negoziazioni che erano state formalizzate. Se Carlo aveva tutelato le autonomie, Filippo decide invece di avviarsi verso una strada dell’assolutismo, per cui un solo re, una sola legge e una sola fede presupponeva che la volontà del re andava comunque imposta, anche se la stessa volontà finiva per scontrarsi contro le istanze di autonomia e le istanze volte a tutelare e proteggere la propria autonomia e identità giuridica e politica nei confronti dello stato. Con Filippo la politica cambia. Decide di insediare la sorella Margherita D’Austria a Bruxelles. I Paesi Bassi erano la patria di Erasmo ed erano quanto di più tolleranti in termini di luoghi e comunità, tanto che diventano la patria di persone che sono costrette a fuggire per evitare le persecuzioni religiose. Si sapeva che quelli erano posti tolleranti e infatti erano straordinariamente plurali sotto il profilo religioso. Convivevano dentro queste comunità ebrei, cattolici, luterani, calvinisti. Due cose cominciano a incrinare lentamente i rapporti tra il centro (la Spagna) e la periferia (i paesi bassi): da un lato l’ispanizzazione, perché Filippo II non solo aveva voluto che il suo stato avesse un centro ma aveva voluto anche che fosse connotato religiosamente e con una cultura molto definita, e la crescente pressione fiscale. Uno stato pieno zeppo di debiti e che deve onorare questi debiti nei confronti dei finanzieri, al di là del fiume di risorse che arriva dalle colonie, l’altro modo che ha per drenare risorse è il fisco. Non ci sono altri metodi. E la pressione fiscale nei confronti soprattutto dei patriziati urbani, cioè di mondi borghesi dediti all’attività commerciale che in qualche modo rendono e proprio perché rendono vengono individuate dal potere politico come possibili soggetti a cui togliere i soldi. In questi luoghi benché fossero plurali, in realtà si stava radicando sempre di più il calvinismo. Per un certo periodo il governo sembrò riuscire nell’intento di colpire l’eresia, ma in realtà la sfida che Filippo II ricevette da parte di questi luoghi determinò enormi tensioni e poi un enorme conflitto che determinerà la scissione e creazione di un nuovo soggetto che si stacca e si rende autonomo rispetto allo stato al quale aveva fatto parte fino a poco prima. Quando nasce il conflitto? Nel momento in cui Filippo decide di introdurre l’inquisizione anche in quei territori. Si trattava di un’operazione che in realtà aveva due ricadute: da un lato era una minaccia alla libertà delle coscienze in quanto un posto estremamente tollerante e dunque tutte le minoranze avevano visto in quel posto sicurezza. Dall’altro lato determina una minaccia al principio dell’autonomia, ma soprattutto a quel diritto che i sudditi dei paesi bassi avevano di essere giudicati dai propri tribunali. Il tribunale dell’inquisizione era un potere eccezionale che non teneva conto dei poteri giurisdizionali esistenti. Questo valeva per la chiesa di Roma e per lo stato spagnolo. In Italia era presente in Sicilia e in Sardegna e gli inquisitori non tenevano conto dei poteri giurisdizionali esistenti, facendo capo allo stesso capo. Il duca di Olivares dirà che non si può avere “due lame nello stesso coltello” perché i vicere che si trovavano a fare i conti con gli inquisitori, i quali dipendevano essi stessi dal re. Nascevano ovunque conflitti istituzionali dovuti al fatto che gli inquisitori pensavano di far conto solamente al re e soprattutto al fatto che la loro giurisdizione presupponeva nessuna considerazione nei confronti degli altri tribunali. Arrestavano le persone, confiscavano i beni, processavano i soggetti. Il fatto che esistessero altri tribunali era del tutto rilevante. In più c’era il problema gigantesco degli inquisitori, gli ufficiali e soprattutto i familiari. Era gente che aveva giurato fedeltà all’inquisizione e che svolgeva varie mansioni come supportare gli inquisitori, aiutare ad arrestare la gente, scovare gli eretici, confiscare le biblioteche. Erano un corpo di uomini all’interno della società che aveva giurato fedeltà e supporto all’inquisizione. Il problema è che il ruolo e l’identità di questi soggetti non sempre era pubblica e ciò determinerà la distruzione del tessuto fiduciario nelle società dove l'inquisizione opera. Questi soggetti, tanto in sede civile quanto in sede penale, venivano giudicati dall’inquisizione stessa. Significa che se il vostro collega mi cita in giudizio perché lui mi ha affittato una casa e io non pago il mensile, io dico va bene andiamo in giudizio ma siccome io sono un familiare dell’inquisizione, sarà l’inquisitore a giudicarci. Tanto da attori quanto da convenuti in giudizio, ufficiali e familiari godevano del privilegio di foro. Nessuno decideva di andare in giudizio contro qualcuno che apparteneva all’inquisizione. Non è soltanto un problema di giustizia penale Non è soltanto un problema di giustizia penale l’impunità che l’inquisizione garantiva a uomini che di fatto si macchiavano di peggiori violenze e a cui non dovevano mai rispondere, ma il problema era anche la giustizia civile. Per quanto riguarda i Paesi Bassi, l’introduzione dell’inquisizione costituisce una doppia minaccia per la libertà religiosa in un posto che è tollerante e che ha fatto della sua tolleranza la sua bandiera; dall’altro lato è un problema giuridico perché lede il diritto che ognuno ha di essere giudicato dal proprio tribunale e di non essere arrestato abusivamente, avere i propri beni sequestrati e confiscati. Queste due minacce diventano un problema politico e l’elemento esplosivo che fa nascere il conflitto tra il centro e la volontà di filippo con la periferia e le istanze che vengono dai paesi bassi. “Posso fare una domanda? I Paesi bassi facevano parte dell’Impero spagnolo? Perciò fu introdotta l’Inquisizione?” Esatto, erano un pezzo di quello Stato, infatti. E Filippo II li aveva ereditati da suo padre quindi, ed è proprio la rottura rispetto alla politica adottata da suo padre che si notò: suo padre aveva rispettato le autonomie, invece Filippo decise di calpestare quelle autonomie e l'introduzione dell’Inquisizione era anche un modo per calpestare le autonomie e soprattutto per calpestare le istituzioni esistenti, perché significa che i tribunali esistenti in quei territori videro improvvisamente la presenza di un soggetto che non teneva conto dei poteri giurisdizionali esistenti, che poteva arrestare le persone come voleva, confiscare i beni, i libri - eventualmente bruciarli - infischiandosene del fatto che le persone nel momento in cui andavano in giudizio in termini civili, quindi diciamo in sede civile, o eventualmente commettevano un reato sapevano chi li avrebbe giudicati, cioè il diritto che ognuno ha di avere un giudice, per così dire naturale. Io lo so che se commetto un furto sarà quel giudice o un altro a giudicarmi, così come so che se la mia attività commerciale entra in conflitto con un altro soggetto so già quale sarà il tribunale. È questo il diritto di sapere già quale sarà il giudice naturale nel caso in cui si avvii un giudizio. La presenza di quel tribunale diciamo alterava questa cosa. “Lei ha detto che all'interno di ogni provincia dei Paesi Bassi ci sono due elementi che spiccano, oltre al governatore, però non mi sono chiari quali sono questi due elementi.” Ho detto due elementi che spiccano…?! Ah, la dimensione urbana, ovvero il fatto che erano luoghi ricchi di città che a loro volta erano città particolarmente ricche, e che fossero posti tolleranti. Diciamo l'elemento economico e l'elemento religioso insieme al contesto prettamente urbano, sono gli elementi caratterizzanti di queste società. L'Introduzione dell’Inquisizione viene preparata subito. Siamo negli anni ‘60 del 1500, la risposta della nobiltà locale - fate attenzione ai soggetti che entrano in gioco - fu immediata, viene preparato un documento nel quale si chiede la soppressione dell'Inquisizione e soprattutto si chiede l'addolcimento delle leggi nei confronti degli eretici. L'appello viene firmato da 400 persone, ci sono esponenti della nobiltà minore, i grandi nobili però si astengono quanto meno in questa prima fase di contestazione. Questa difesa della libertà e questa – badate alla parola che uso - resistenza nei confronti del sovrano mette in discussione una cosa, cioè quella cosa per cui l'Inquisizione era stata pensata: cioè dietro il controllo della coscienza dei sudditi, c’è il controllo della lealtà dei sudditi nei confronti del sovrano, e sei un sovrano che in realtà è un tiranno che attenta alla libertà, io posso mettere in discussione il rapporto di lealtà che lega me stesso a te. Un’altra grande cosa che va ricordata - se no non si capisce quello che stava succedendo - è che questa guerra alla fine sarà vinta dai Paesi Bassi, che si renderanno autonomi creando uno Stato proprio. Ora, se noi pensiamo alle due parti il gioco, nessuno avrebbe scommesso sulla vittoria dei Paesi Bassi. Com'è possibile che uno Stato gigantesco e potente come quello di Filippo II sia arrivato a perdere nei confronti di una creatura tutto sommato piccola, che però aveva già manifestato la sua potenza tanto in termini economici quanto in termini politici? Di lì a qualche anno si arriverà al 1600, o meglio al diciassettesimo secolo, che per gli storici è il secolo olandese. La moneta olandese diventerà la principale moneta internazionale, gli olandesi il magazzino del mondo o meglio avranno in casa i magazzini del mondo, trasporteranno cose per tutti a prezzi competitivi e a rischi bassissimi. La cosa paradossale, se volete, è che l’oro, l'argento, i diamanti e le cose che arrivavano dalle colonie venivano trasportate in Europa per conto del re spagnolo, ma su navi olandesi, mentre il re stava combattendo con l'Olanda. Torno sull'altro nodo che vorrei che fosse ricordato (ce n’è poi un terzo che affronteremo tra breve): come mai è possibile che questa guerra abbia preso questa piega? Intanto una spiegazione è ovviamente il contesto internazionale, nel senso che abbiamo detto che gli olandesi ricevono soldi e armi. Attualizzando: se un giorno l ‘Ucraina dovesse vincere, come facciamo a spiegarlo se non consideriamo gli aiuti che ha avuto dall’Italia e da tutti i paesi europei, dall'America e così via? Nel caso olandese, gli olandesi riescono a ricevere finanziamenti ed armi - abbiamo detto - da vari fronti internazionali. L’altro segreto, che in qualche modo ci spiega perché questa guerra abbia preso questa piega è che il mondo delle armi e il mondo dei soldi, si uniscono: questa guerra viene vinta grazie al sodalizio fra il potere delle armi, ossia tra l’aristocrazia locale, che vede Filippo II come qualcuno che sta non sta riconoscendo il ruolo che la nobiltà ha lì, e la borghesia commerciale e finanziaria che vede il proprio re sempre dietro la porta, oltre che a calpestare le autonomie e le libertà locali, a chiedere soldi. La pressione fiscale diventa un terreno su cui il sovrano fa sentire la sua forza di natura assolutistica. Filippo II però non si arrende e decide di inviare Don Giovanni d'Austria, famoso condottiero nonché vincitore a Lepanto, ed effettivamente la scelta fu indovinata, sembrava che le cose cambiassero, al contempo però Don Giovanni non ripose tutto sulla guerra e cominciò i negoziati politici con le varie parti e lì fu un successo, perché riuscì a spezzare il fronte che aveva unito cattolici e protestanti, promettendo ai cattolici di ripristinare le vecchie libertà e di riconoscerle. Don Giovanni disse alla nobiltà cattolica che tutto sarebbe tornato come prima purché il sodalizio col mondo protestante venisse tranciato. In queste circostanze, le province rimaste cattoliche tornano di nuovo a manifestare fedeltà al re, rompono la pacificazione di Gand, e le sette province del Nord decidono invece di stringere un’alleanza: è la famosa unione di Utrecht, siamo alla fine degli anni ‘70, nel 1579. Due anni più tardi c’è la proclamazione della decadenza di Filippo II come sovrano dei Paesi Bassi e la dichiarazione di indipendenza, nel 1581. Quindi le due cose, come vedete, sono legate. Filippo II riesce quindi tramite suo fratello Giovanni a recuperare le province meridionali rimaste cattoliche, ci fu l’Unione di Utrecht (1579) e poi due anni più tardi, dichiarazione di indipendenza (1581). Spiegheranno i ribelli che Dio non aveva creato i popoli schiavi dei propri principi; quindi, di fatto le province del Nord tranciano il loro rapporto di lealtà e sudditanza nei confronti del re perché non lo riconoscono più come il proprio padre, ma ormai lo dipingono e lo rappresentano essenzialmente come un tiranno, cioè come qualcuno che sta attentando alla vita dei propri sudditi. A capo della nuova formazione politica viene posto uno statolder e lì viene nominato Guglielmo d'Orange, quindi della famiglia degli Orange, che aveva ormai acquisito un ruolo nelle operazioni militari e che era riuscito in qualche modo a diventare il portavoce della nobiltà locale. E però due cose vanno dette: 1. Nel frattempo Filippo II è impegnato - e questo è l'altro elemento che ci dà la misura e ci svela il perché questa guerra si è finita così - a tentare di recuperare l'Inghilterra, che nel frattempo si era sempre più allontanata dal mondo di Roma e quindi dalla Chiesa cattolica, con la famosa spedizione della “Invincibile armada” che finirà, adesso vi dico, in maniera tragica per la Spagna, ma soprattutto risulterà essere un'impresa infintamente dispendiosa che spiega in parte perché Filippo II abbia finito per perdere su più fronti nello stesso momento. 2. L'altra cosa è che soltanto alla fine delle guerre dei trent'anni, quindi nel 1648, la Repubblica delle Province Unite di fatto sarebbe stata riconosciuta come Stato a tutti gli effetti. Ora, quello che va detto è che l'elemento possiamo dire, “catalizzatore” della resistenza, è il calvinismo. Noi non capiamo il perché di questa guerra se non consideriamo la capacità di resistenza, soprattutto l'elaborazione del diritto di resistenza da parte dei calvinisti. Il calvinismo, lì nei Paesi Bassi, come era già successo in Francia, portò due cose, anzi tre: da un lato l'elaborazione diritto di resistenza, dall'altro lato possiamo dire l'attivismo, e come terzo elemento il coinvolgimento del popolo. La religione diventa una giustificazione per l'azione, non soltanto in termini economici, anche in termini politico-militari. Le persone vanno convinte per andare in guerra e l'elemento religioso diventò un elemento determinante in quella guerra. Le due cose, ribellione politica e calvinismo vanno lette necessariamente l'una accanto all'altra. Peraltro, molti di quei soggetti coinvolti nella guerra, sia come soldati sia come finanziatori della guerra, sono borghesi e sono calvinisti. Quindi la borghesia di cui parlavamo prima, che anima e che rende particolarmente, come dire vivaci, questi contesti urbani è una borghesia connotata religiosamente e connotata in termini calvinisti. Era un tradimento politico. Quando ci si cominciò a interrogare se rimanere fedeli al re o impugnare le armi contro il sovrano, le argomentazioni che vennero fornite per portare il paese in guerra furono di fatto argomentazioni calviniste: il diritto di resistenza passò attraverso il linguaggio religioso, che è la stessa cosa che abbiamo visto ed individuato nel contesto francese. Il passaggio dalla difesa delle autonomie alla creazione di un nuovo soggetto politico fu possibile soltanto grazie all'elemento religioso. Un'ultima cosa: la dimensione, per così dire “repubblicana”, del nuovo soggetto politico fu l'altro elemento dovuto in qualche modo al calvinismo. Abbiamo detto che la Chiesa calvinista è una chiesa capovolta rispetto a quella cattolica, per cui non c'è un’imposizione della gerarchia, ma i fedeli hanno la pretesa di scegliersi, per così dire, i propri pastori. E diciamo l'impianto politico costituzionale del nuovo soggetto che emerse dalla guerra fra Filippo II dei Paesi Bassi, ha una connotazione politica in tal senso, grazie alla presenza calvinista. Quindi il ruolo del calvinismo fu un ruolo assolutamente determinante. Un'ultima cosa bisogna dire sul calvinismo: intanto la fedeltà al re fu messa in discussione grazie al sodalizio sancito fra Dio e il popolo, Dio e il popolo veniva prima rispetto al rapporto di fedeltà che i sudditi avevano nei confronti del re e grazie a quel sodalizio fu possibile mettere in discussione la lealtà al re. Se noi compariamo il caso francese con il caso dei Paesi Bassi, nel caso francese fu di fatto una specie di sedizione religiosa, come quella ugonotta, che di fatto non mise in discussione l'autorità del re. In Francia, gli ugonotti finirono per riconoscere un sovrano che, benché fosse stato uno di loro perché aveva aderito al calvinismo, poi si convertirà al cattolicesimo. L’autorità regia verrà riconosciuta come un’autorità alla quale sottomettersi anche dopo la conversione di Enrico IV (quello dell’Editto di Nantes). Nel caso nel caso olandese invece, la sedizione religiosa si trasforma in una rivoluzione politica, perché di questo stiamo discutendo, cioè del fatto che un soggetto attraverso l'elemento religioso si autodefinisce autonomo e si autoproclama indipendente, tranciando il rapporto di sudditanza e di lealtà nei confronti del sovrano. Quindi, sono queste le cose che dovete ricordare: contesto internazionale; lotta delle libertà, lotta delle libertà che si trasforma in una lotta per la libertà religiosa, la libertà da un sovrano tiranno; l'elemento calvinista che diventa il motore del conflitto, diventa il motore del coinvolgimento di queste popolazioni locali, tanto la borghesia quanto la nobiltà quanto il popolo minuto, proprio in virtù del sodalizio fra il popolo e dio; l'elemento religioso per pensare un nuovo stato, cioè progettarlo; il sodalizio fra il mondo dei soldi e il mondo delle armi. Sono questi gli elementi cruciali e sostanziali di questo conflitto che vedrà perdere Filippo II e invece vedrà la vittoria del mondo olandese. La guerra con gli inglesi, nel frattempo, andava avanti anche attraverso l'uso di pirati, gli inglesi si servivano infatti dei pirati per minacciare le coste delle colonie spagnole e si servivano dei pirati per rendere quanto mai incerto il traffico fra le colonie e la madrepatria. Quando nel 1585, quindi negli stessi anni del contrasto col mondo olandese, scoppia la guerra tra Spagna e Inghilterra, il pirata Francis Drake naviga verso il nuovo mondo e saccheggia i porti di Santo Domingo e Cartagena. Due anni più tardi, nel 1587 il governo spagnolo comincia a fare i calcoli di una possibile impresa: Filippo II in quanto paladino della difesa della cattolicità in Europa decide di riportare l'Inghilterra che aveva abbracciato e anche fondato l’anglicanesimo di nuovo sotto l'ombrello della Chiesa di Roma. Viene stimata una spesa di 7 milioni di ducati, una somma enorme. Il re comincia a lavorare all'impresa e contestualmente dice ai suoi consiglieri che: 1. deve rimanere segreta; 2. deve essere un’operazione quanto più veloce possibile. Centotrenta navi con 33.000 uomini: è la famosa invincibile armada, che viene messa su dallo Stato spagnolo. Per molti si tratta di una follia, un dispendio tale di risorse da mettere in ginocchio qualunque economia statale. Quello che succede è che in realtà Filippo II, o meglio i suoi militari, non avevano considerato: 1. che i mari inglesi erano dei mari totalmente diversi rispetto al mar Mediterraneo, e 2. non avevano considerato la resistenza inglese, soprattutto la velocità delle navi inglesi. Rimane il fatto che l'invincibile armada si scontra contro la cattiva sorte e la capacità degli inglesi a resistere e da quel momento la regina Elisabetta diventa la grande regina, anche in virtù del fatto che è riuscita a difendere l'Inghilterra dall'aggressione spagnola. Negli anni del regno di Filippo II le entrate statali triplicano, proprio a dire quanto l'economia risenta positivamente - cioè il bilancio, ossia la parte attiva del bilancio statale - delle risorse che arrivano dalle colonie. Nonostante le entrate triplicate, la mole del debito pubblico viene quasi quadruplicato nel regno di filippo, senza considerare gli interessi sul debito. Di fatto, il governo spagnolo diventa cronicamente incapace di portare in pareggio il proprio bilancio, e infatti quella del 1575 è solo la prima di una serie di bancarotte che non caratterizzeranno esclusivamente il governo di Filippo, ma che si verificheranno anche successivamente. Questo significa che più di una volta lo Stato spagnolo non onora i suoi debiti e il cambiamento continuo degli interlocutori - gli spagnoli si serviranno infatti prima dei tedeschi, poi degli olandesi poi ci fu un secolo genovese - era dovuto all’esigenza di patteggiare con soggetti diversi i quali ripongono la speranza di rivedere i propri soldi su chi però, nel frattempo in passato ha accumulato tutta una serie di bancarotte. Vi volevo anche parlare dell'Olanda, ma lo facciamo la prossima volta. Giulio III, appaiono semplici, non aveva interessi nepotistici, il clima che si viene a creare rende possibile la riconvocazione del concilio, ma sono passati nel frattempo 2 anni. L'interruzione e la ripresa costante dei lavori del concilio, dimostra come la chiesa non aveva una sola posizione: ci sono i cattolici che sapevano di quanto la chiesa avesse bisogno di un concilio e gli altri cattolici che non volevano saperne di discutere e aprire un piano di discussione che poteva trasformarsi in qualunque momento in uno spazio di critica nei confronti della chiesa. Trascorreranno 8 anni, pio IV riaprirà i lavori, e nell'ultima fase del concilio la chiesa ha l'esigenza di chiudere i lavori il più presto possibile, la chiesa nel frattempo aveva lavorato e scoperto i propri elementi di fragilità, e aveva posto rimedio. Urgenza di chiudere la fase di discussione nel modo più rapido possibile. I decreti tridentini sono il risultato di questi lavori e la chiesa farà una fatica immane nel tentare di imporre queste conclusioni ai sovrani d'Europa, non sono dettagli quelli che vengono elaborati. La chiesa sostiene prima di tutto che il vero messaggio di cristo si trova nel "resto, nel di più" così definito da lutero, un'aggiunta secondo lui che stravolge il senso stesso delle sacre scritture. Veniva condannata l'idea che potessero essere tutti a leggere ed interpretare la sacra scrittura: solo l'autorità ecclesiastica aveva questa prerogativa. Il sacerdozio universale di Lutero, secondo il quale ognuno poteva essere sacerdote di se stesso, verrà combattuto ferocemente dalla chiesa: solo il corpo degli uomini ecclesiastici, ben definito ed individuabile, poteva e doveva svolgere quel ruolo. Non so se ci avete fatto caso ma non c'è un popolo così tanto ignorante delle sacre scritture come quello cattolico: la chiesa cattolica non si fida che i propri fedeli si avvicinino da soli alle sacre scritture, diffidenza verso l'avvicinamento dei fedeli da soli alle sacre scritture. Condizione quindi diametralmente opposta ai calvinisti, popolo del libro, era impossibile pensare che uno di loro non conoscesse le sacre scritture, l'unica cosa che li avvicinava a dio. Da qui deriva l'altissimo grado dei calvinisti e il bassissimo grado di alfabetizzazione dei cattolici. La necessità poi che la chiesa ebbe fu quella di marcare il confine, cos'era la verità che cos'era l'eresia, non c'era nessun terreno in cui potessero "essere salvati capra e cavoli", la trattazione della dottrina della giustificazione per fede rappresenta ovviamente un punto cruciale, insensato per la chiesa come il sacerdozio universale. Questo era perché i percorsi di perfezionamento in cui venivano accompagnati i fedeli dagli uomini del clero, andavano salvati: non esisteva che il cattolico si salvasse attraverso la sola fede. I percorsi di perfezione erano estremamente rilevanti e fondamentali nella condotta di vita di un cristiano. Perciò era fondamentale che ogni cristiano venisse affiancato in questo percorso verso la perfezione da uomini che era la chiesa a fornire. La chiese ebbe un'esigenza: occorreva che la verità e l'eresia fossero chiaramente individuabili, i fedeli non dovevano essere solleticati da nessun dubbio. Quindi le questioni dottrinali furono le prime ad essere discusse e risolte, il contrario di ciò che voleva Carlo. Discutendo le questioni dottrinali la chiesa costruì una barricata tra il proprio mondo e quello delle eresie. L'altro tema affrontato, dato che la seconda generazione di riforma era quella dei calvinisti, che avevano rivisto la dottrina dell'eucaristia, dicendo che non c'era nessun miracolo che si compie per cui il pane e vino si trasformano miracolosamente nel corpo e sangue di cristo fu l'eucaristia. L'eucaristia è semplicemente un rituale ma non c'è alcuna trasformazione. La chiesa ci tenne a sottolineare come le dottrine di calvino che avevano attaccato la dottrina della transustanziazione, erano considerate eretiche e quindi da combattere. Una volta sancito il confine, la chiesa cominciò a pensare se stessa: non fu possibile ignorare il fatto che le condizioni ecclesiastiche versassero in una condizione drammatica, di crisi, e soprattutto non era ignorabile il fatto che tra il mondo della chiesa e quello dei fedeli ormai si era creata una frattura che andava in qualche modo affrontata. Uno: bisognava ripulirle, si erano accumulate nel corso degli anni delle storture, che avevano distorto il senso e la funzionalità delle questioni ecclesiastiche, e due: occorreva riformarle, cioè non solo andavano riscoperte e corrette dalle storture che nel corso degli anni le avevano stravolte. Occorreva riformarle, rendere utilizzabili e funzionali alle nuove istanze provenienti da un mondo che era radicalmente cambiato. La chiesa aveva il problema da un lato dei protestanti e dall'altro delle critiche, ma aveva anche un terzo problema: il mondo con cui si stava confrontando la chiesa, era un mondo diverso rispetto a quello di mezzo secolo prima, e la chiesa non era attrezzata. La prima cosa di cui dovettero accorgersi questi uomini fu il passaggio da una cultura prevalentemente orale ad una scritta: il libro prima era prevalentemente sconosciuto, ed era uno strumento estremamente pericoloso. La chiesa non era abituata a confrontarsi con una cultura scritta, era abituata a confrontarsi con una cultura orale che il corpo di uomini, che essa aveva determinato, aveva il compito di spiegare e trasferire da un ceto ipoteticamente colto (quello del corpo ecclesiastico) al mondo dei fedeli. Questo trasferimento di sapere e conoscenza era un trasferimento che avveniva in termini orali, la diffusione del libro mise in crisi l'egemonia intellettuale esercitata dai predicatori, e poi mise la chiesa di fronte a nuovi problemi. L'operazione svolta da Savonarola la diceva lunga sui margini che i soggetti all'interno della società potevano ricavare con le proprie capacità e carisma, ma questo (che il fraticello predicatore vincesse le masse parlando di quanto la chiesa fosse inefficiente e di quanto non fosse all'altezza del ruolo che voleva e doveva svolgere) non doveva più succedere. Si doveva quindi controllare l'opera dei predicatori, perciò i vescovi furono incaricati di svolgere questa attività. Tre campi di azione: uno; l'insegnamento, la formazione: la chiesa si rese conto che i suoi uomini erano in larga parte ignorante, come si faceva ad andare in guerra con un esercito non all'altezza delle sfide che bisognava affrontare? due; l'attività giudiziaria, se la chiesa aveva sentito l'esigenza di marcare il confine tra verità e falso, tutte le volte che qualcuno metteva in discussione quel confine e tutte le volte che qualcuno oltrepassava la barricata, la chiesa doveva intervenire, attraverso uno strumento giudiziario: l'inquisizione, vero e proprio tribunale con processi istituiti contro gli eretici, che verranno o scovati in possesso di libri riconducibili alla riforma o perché alcuni testimoni li denunceranno per atteggiamenti ritenuti eretici tre; la confessione: non possiamo credere che se la chiesa ha vinto questa gigantesca battaglia, lo abbia fatto solamente attraverso le armi dell'inquisizione, non possiamo immaginare che se la controriforma ha sortito un effetto positivo della chiesa (riconquistare terreno perduto e riconquistare spazio nell'ideologia) questo avvenne esclusivamente per opera del tribunale dell'inquisizione. Se noi italiani siamo anche il prodotto dell'attività di una chiesa che ha messo in atto nei confronti della società un azione di disciplinamento- il terreno con cui la chiesa riuscì ad esercitare la sua forza disciplinante non fu soltanto l'eresia: se si pensa alla prostituzione, all'omosessualità, ci furono terreni che la chiesa individuò per mettere in atto un'azione di disciplinamento, quindi fornì delle regole con le quali strutturare la società, e fornì e si dotó di uno strumento e una serie di istituzioni in grado di controllare che quelle regole venissero rispettate, ed eventualmente processare quei soggetti che potevano essere solleticati dall'idea di contravvenire a quelle stesse regole. *domanda di unə collegə: le confessioni servivano quindi ad affermare ancora di più la propria potenza?* esattamente, era impossibile vincere senza convincere, vincere esclusivamente facendo affidamento sull'arma feroce e violenta dell'inquisizione. Il terreno della confessione e dell'inquisizione non avevano un confine così marcato tra loro. I seminari furono lo strumento utilizzato dalla chiesa per formare il corpo ecclesiastico, ma il problema della formazione consisteva anche a rendere il corpo ecclesiastico ben identificabile, soprattutto attraverso l'abito e la condotta di vita, non potevano passare in secondo piano. Non potevano tenere donne e ragazzini in casa, partecipare a quella vita sociale, ma bisognava costruire un corpo di uomini all'altezza delle proprie sfide. I confini tra laici ed ecclesiastici dovevano essere ben visibili: il clero doveva essere separato dalla società, separarsi dal mondo per poterlo guidare: uniformità e riconoscibilità del mondo ecclesiastico. La chiesa ebbe poi la necessità di ristabilire un canale di comunicazione, delle istituzioni che consentissero di conoscere per controllare, era impossibile immaginare di disciplinare e controllare una società senza prima conoscerla. Infatti ci sono registri di matrimoni, morti e battesimi, imporre la registrazione significava far sì che la società si uniformasse a determinati canoni. La parrocchia diventa la cellula di un impianto verticistico, che dalla parrocchia arrivava fino al papa con in mezzo i vescovi, e se un primo problema fu rendere visibile il confine tra mondo dei laici e mondo degli ecclesiastici, l'altro problema fu far si che il proprio corpo di uomini seguisse delle regole. Ancora prima di disciplinare la società, la chiesa disciplinò se stessa: l'inquisizione è piena di processi contro uomini di chiesa. La chiesa si dotó della visita pastorale: oltre a risiedere nella sua sede, il vescovo non poteva più andare per le corti europee e non essere mai nel proprio luogo di residenza, il vescovo doveva controllare che nella propria diocesi, nelle parrocchie, venissero rispettate le regole. Quindi c'è un canale di trasmissione dall'alto verso il basso, le determinazioni che erano prese a roma andavano comunicate verso il basso fino alla parrocchia più sperduta; è una catena di trasmissione che funziona dall'alto verso il basso (determinare la volontà di roma) e dal basso verso l'alto (per sapere, la chiesa, aveva bisogno che le parrocchie raccontassero la vita che si svolgeva nelle comunità, ed eventualmente denunciassero gli eretici), quindi trasmissione di volontà e sapere. Non fu semplice imporre i decreti tridentini, le conclusioni alle quali arrivò la chiesa, non vennero rispettate,e la chiesa si prodigò in ogni modo per far applicare queste regole: l'inquisizione romana fu messa in campo anche con questo compito, per far rispettare una griglia di regole ormai modificata. Quindi era impossibile controllare senza conoscere e vincere senza convincere. Conoscenza e controllo andavano a braccetto così come dovevano andare a braccetto convincimento e repressione. La disciplina acquista senso. La chiesa pensò di procedere prima contro se stessa. Lo stile clericale doveva essere riconoscibile e ovviamente fu la castità la prima cosa messa in campo. I libri utilizzati dagli ecclesiastici per la loro formazione, davano formazione su come per loro, la castità finiva per sfiorare la misoginia. Nei libri di formazione le donne venivano quasi raffigurate come dei mostri. Dalle carte dell'Inquisizione, e anche da quelle vescovili (dobbiamo considerare che i vescovi erano anch’essi depositari di un potere giurisdizionale, e la chiesa di fatto utilizzò due canali per disciplinare sé stessa: da un lato il vescovo e dall’altro l’inquisitore, e spesso si trovarono in conflitto, perché il tribunale dell’inquisizione non tenne assolutamente conto di nulla) cosa non si teneva in conto? La specificità dello status dei soggetti che finivano in giudizio. Cioè il fatto che un nobile, un borghese o un prete cadevano in giudizio, per gli inquisitori non c’era alcuna differenza. Secondo motivo: l’inquisizione non tenne conto dei all’inquisitore, se poi i loro uomini danno sfogo ai propri bisogni sessuali? Per la chiesa è un problema. Sul terreno della confessione non si poteva perdere credibilità. L’intuizione fu di costringere i confessori a non lasciarsi andare a quei comportamenti. La soluzione fu rubricare quel reato in peccato. Se adeschi una donna in confessionale, stai calpestando il sacramento della confessione, e se lo stai facendo, sei un eretico. La chiesa era interessata a salvare la confessione, minacciando i confessori se si fossero comportati in modo eretico. Quanto la partita della confessione fu cruciale, si capì nel ‘66, quando Pio V, prima inquisitore poi papa, stabilì che i medici dovevano giurare di negare le cure ai malati che non si fossero prima confessati. Quindi capiamo come la confessione sia il grande terreno di sfida per il controllo della società. Un’altra cosa da ricordare è che man mano che procediamo in termini cronologici, possiamo dire che fino al 1580 la partita è contro l’eresia, ma da quel momento in poi, la chiesa si servì dell’inquisizione per disciplinare e imporre regole che non avevano nulla a che vedere con l’eresia. La sodomia, la prostituzione, diventarono ambiti di azione di un tribunale nato per ragioni di eresia, le competenze giudiziare vennero incontro alle esigenze della chiesa di voler imporre le loro regole. Quando pensiamo all’inquisizione pensiamo a grandi personaggi come Giordano Bruno, Galilei, Campanella, ecc. Il problema è che finirono nella maglia dell’inquisizione, anche soggetti della cultura popolare, bassa, persone comuni, questo perché la chiesa si trovò a confrontarsi con culture che prima non conosceva. Molti riti propiziatori, per esempio, vennero trattati come se fossero pratiche eretiche benché non avessero nulla a che vedere con l’eresia. Molte pratiche di cultura popolare quindi vennero trattate come eretiche. Poco fa abbiamo detto che il terreno della formazione era di due tipi: giudiziario e confessionale. Quando immaginiamo la controriforma, immaginiamo tre figure: il confessore, l’inquisitore; la terza ci dà la misura della spinta che la chiesa provò a combattere ed è quella del missionario. Insieme con i primi due, il missionario prese parte a questo progetto. Quando parliamo di missioni, ovviamente pensiamo alle terre appena conquistate, quindi sappiamo che i missionari affiancavano le missioni di conquista dei territori e delle culture appena scoperte, il problema è che le terre lontane non erano l’unica frontiera da tenere in conto, ma anche le campagne sperdute nell’Italia stessa, le quali diventarono frontiere dove bisognava imporre le nuove regole di disciplinamento. Dobbiamo considerare tanto i mondi lontani, quanto quelli vicini, ma fino ad allora ignorati. Ecco perché parroco ed inquisitore si incontrarono a lavorare sullo stesso terreno. Quando parliamo di missioni, pensiamo ai Gesuiti, riconosciuti solo nel 1540, i quali interpretarono il messaggio di conquistare e riconquistare. Conquistare il nuovo e riconquistare i terreni confiscati da quelli dell’eresia. Gli inquisitori si trovarono ad interagire con culture che non conoscevano affatto. I missionari e gli inquisitori furono, sotto questo aspetto, i primi antropologi. I gesuiti furono in questo termine molto aperti, perché capirono che l’inquisizione era il modo sbagliato di avvicinarsi a loro, ma bisognava farlo per cambiarli e intervenire su queste culture cercando di far passare la loro verità. SBOBINA 7/11 Quando abbiamo parlato di Francia ma soprattutto di Spagna, ho usato incidentalmente un termine sul quale vorrei ritornare, Assolutismo. Il termine assolutismo in realtà non esisteva nei secoli di cui ci stiamo occupando… viene coniato dopo nel 700 durante la Rivoluzione francese, e viene coniato con una connotazione altamente negativa. In realtà, strada facendo, il termine assolutismo diventa quasi sinonimo di antico regime : lo si pensa; si comincia ad immaginare che lo stato dell’antico regime sia ,per definizione, uno stato assolutista. Quando comincia ad essere stato con questa connotazione negativa, viene utilizzato per indicare tutte quelle forme di potere arbitrario o comunque per indicare tutte quelle forme di potere per le quali il potere stesso viene esercitato in maniera illimitata, senza confini e quindi senza regole. L’assolutismo diventa quindi il grande nemico della Rivoluzione francese, come rappresentativo del potere dell’antico regime e, pertanto, un ostacolo da superare ed un nemico da uccidere. La parola Assolutismo l’ho utilizzata per indicare il modo di governare di Filippo II ed in particolar modo la vicenda riguardante i paesi bassi. Infatti, egli introduce l’inquisizione, non tiene conto della nobiltà, mette in atto delle perquisizioni etc., questo porta ad un’azione rivoluzione conservatrice nei paesi bassi, definita così data la voglia di ripristinare qualcosa che è stato travolto e manipolato dal sovrano stesso. Questo elemento d’innovazione portato dal centro (quindi da Filippo II) è volto ad abbattere i limiti ed i confini che il potere stesso aveva. L’idea di una sovranità assoluta viene da un signore chiamato Jean Bodin. Jean Bodin è un giurista francese, autore dei Sei Libri della Repubblica (1576). Quest’anno è di grande importanza poiché siamo nel pieno delle guerre di religione. Quindi è un’opera scritta da un giurista che ha sotto gli occhi il sangue dei popoli religiosi e la scrive con l’urgenza di dare una risposta ad un momento segnato dal disordine. Immediatamente incontra la fortuna del pubblico con numerose edizioni e ristampe. Nonostante sia un’opera giuridica, ha caratteri politici. E da considerarsi l’opposto del pensiero di Francois Hautman (?), un giurista che venne consultato dagli Ugonotti in merito alla loro necessità di trovare una ‘’giustifica del perché impugnano le armi’’ (in sintesi, hanno un problema nel legittimare la loro resistenza). E considerato il contro-voce essendo entrambi contemporanei, solo che uno è impegnato a validare il diritto di resistenza degli Ugonotti mentre il secondo spiega come questo stesso diritto di esistenza non sia legittimo ( in quanto il sovrano è visto come custode dell’ordine e detentore del potere). Il problema è salvare lo stato messo in discussione dalle guerre di religione. Non è un caso che Bodin soffermi l’indivisibilità del potere dello stato (e quindi il suo concentramento in un ente); Il potere non può avere fratture temporali. Bodin attribuisce, al principe sovrano che rappresenta e detiene questa sovranità, una ‘’potestà legibusque soluta’’: cioè una sovranità sciolta dalle leggi (e quindi svincolato da quest’ultime). Quando nel 700 quest’idea venne messa in discussione, e l’assolutismo scivola nel dispotismo, Montesquieu ci spiega come, se lasciamo che questo potere rimanga svincolato ed illimitato ,la Francia finirebbe per assomigliare sempre di più all’Oriente( il quale viene usato spesso come punto di riferimento da evitare). Quando Bodin immaginò questo potere assoluto, immaginò che questo potere fosse di natura legislativa. Siamo oramai già passando l’idea che agisce su leggi già esistenti; ora il sovrano usa lo strumento della legge per mettere in atto la sua forza. È quindi qualcuno che, di fatto, crea regole. Jean Bodin immagina una superiorità rispetto agli stati generali. Di fronte ad un sovrano del genere, i popoli possono essere solamente obbedienti (e resistenti). Se il problema di Bodin è preservare lo stato in un momento di crisi (date le guerre di religione) il fine primario di questo sovrano assoluto è quello di garantire la pace. Da un lato Bodin dice che colui che detiene questa sovranità non conosce ‘’nessuno sopra a se stesso’’ (quindi che sopra di lui non ha niente, nel senso legislativo). Il sovrano è dunque superiore agli stati generali ( quindi i rappresentanti dei tre ordini) e gli ordini stessi. Il sovrano però non può fare quello che vuole perché deve comunque rispettare tre leggi fondamentali:  Le leggi giuridiche, sul quale lo stato (e quindi anche il suo stesso potere) si basano  Le leggi della natura  Le leggi divine Tra le leggi di questo regno Bodin ricorda la legge sadica (quindi la successione del trono all’erede maschio), mentre tra le leggi di natura si rimanda al diritto di proprietà ( il re non poteva calpestare il diritto che ogni suddito aveva sui propri possedimenti). Questo limite in ambito naturale ci spiega il perché il sovrano era tenuto a patteggiare eventuali rimodulazioni del peso fiscale qualora lo stato avesse avuto bisogno di soldi ( lo stato non può espropriare soldi, dato che quello calpesterebbe il diritto di proprietà). Il sovrano è essenzialmente la cassazione ed infatti chiunque poteva andare dal sovrano per richiedere che una sentenza emessa da un tribunale venisse rivista. I 6 libri della repubblica sono di fatto la prima teoria costituzionale in cui lo stato viene rappresentato, infatti Bodin lo definisce come ‘’ il governo giusto che si esercita con potere sovrano su diverse famiglie e tutto ciò che esse hanno in comune’’. Questo è fondamentale perché ci fa capire come la famiglia sia, in questa visione, la pietra basilare per costruire lo stato – infatti vi è un parallelismo tra il ruolo del pater familias sulla propria famiglia e quello del sovrano sul suo popolo. Il sovrano quindi è colui che garantisce la pace nel popolo (famiglia). Il mondo in questo momento si trova in un ‘’bagno di sangue’’ e per uscirne c’è bisogno di un condottiero che guida e diventa sovrano di tutto. Hautman (?) aveva insistito così sulla dimensione contrattuale tra il patto esiste tra sovrano e sudditi mentre Bodin non menziona per nulla l’esistenza di un ipotetico patto. La relazione tra i due non si forma su un contratto, dato che si presuppone che ambe le parti debbano aderire e seguire le regole stabilite dal contrato (e quindi esercire un ‘’riscatto’’ nel caso quest’ultimo venga compromesso). Per Bodin la sovranità è questo potere assoluto chiamato Maiestas (supremo comando); tutto il suo pensiero fa di lui il primo e verò teorico dell’assolutismo. La differenza tra Bodin è Macchiavelli è la visione che hanno del diritto : per Macchiavelli ,il diritto era solo uno strumento da usare per svolgere le sue funzioni e perseguire i suoi obbiettivi ; per Bodin, il diritto è il fino stesso dello stato (nonché la sua fondazione) e come tale va preservato. Per Bodin sono impensabili forme miste di stato ( il potere deve essere o in mano al sovrano o altri). Nonostante Bodin sia per una forma di governo assolutista non possiamo comunque parlare di tirannia, dato che come scopo finale vi è la salvaguardia del diritto e dello stato. Quindi il ‘’principe di Bodin’’ si assomiglia a quello di Macchiavelli nella conservazione dello stato ma non nell’uso del diritto come strumento. Tornando al contesto francese, quest’idea di stato viene messa in atto a partire dal 600 conosciuto come il Grand Siecle , o anche secolo di Luigi 14. Abbiamo l’editto di Nantes che farà ritrovare pace alla Francia, la quale ora si trova in una posizione di domino e supremazia sopra alle altre monarchie europee. Nel 1700’ secolo la monarchia diventa il punto di raccolta di tutte le energie del paese e simbolo dell’unità statale (lo stato sono io). Questo è lo stato che i rivoluzionari si ritroveranno nel 89 e che vorranno seppellire (dato che lo stato passerà da assoluto a dispotico). Quando parliamo di superiorità sulle altre popolazioni si parla di superiorità demografica: dato che si inizia a calcolare la potenza politica di uno stato attraverso la quantità di persone. Le due grandi voci del 500 (Macchiavelli e Bodin) verranno contestate da un altro critico politico italiano il quale espone il concetto di ‘’popolazione che controlla lo stato’’ in quanto è quest’ultima che fornisce le risorse che lo stato adopera per funzionare. Enrico IV, dopo la conversione decide di affidare, la politica economica dello stato ad un nobile Ugonotto di nome Sumliy. Quest’ultimo ha l’urgenza di riacquistare il consenso delle classi contadine e ottiene ciò abbassando le tasse. In particolare, taglia la tasta imposta sulla taglia (che era quella più dispendiosa). Da un lato riesce nel suo obbiettivo ma dall’altro si trova uno sbilancio nelle casse statali. Questo fu risolto da un altro funzionario, il quale introduce un'altra tassa dalla quale prende il suo nome (Tassa Paulain(?) che veniva pagata annualmente sul prezzo pagato per l’acquisizione di una carica. Lo stato per fare soldi aveva cominciato a percorrere la strada della vendita degli uffici. LEZIONE STORIA MODERNA 09/11/22 Finiamo il discorso sull’assolutismo parlando di Luigi XIV, poi facciamo un piccolo passo indietro cronologico e parliamo dell’Olanda, poi mettiamo insieme le due cose e parliamo del mercantilismo. Abbiamo detto che nel ‘61, intanto abbiamo parlato la volta scorsa, quando vi ho parlato dell’assolutismo, vi ho raccontato rapidamente il pensiero di Jean Bodin come teorico dell’assolutismo. Ho anche però sottolineato che l’assolutismo non è una corrente di pensiero e di filosofia politica, ma è più un modo di gestire il potere. Vi ho anche detto che, quando parliamo di assolutismo naturalmente viene in mente subito Luigi XIV però, in realtà molte delle cose che troveranno forma e radicalizzazione della loro messa in atto le ritroviamo già con coloro che precedono Luigi XIV, che anticipano molte delle scelte che farà e modi che lui seguirà. Quindi, Richelieu da un lato e Mazzarino dall’altro sono, per così dire, precursori o comunque manifestano già delle tendenze assolutistiche nella gestione del potere. Nel ‘61 muore Mazzarino, Luigi XIV aveva appena 22 anni e la sua presa del potere fu del tutto improvvisa e inattesa. Con Luigi XIV, intanto, quello che fu abbastanza visibile è che il sovrano diventa un po’ il centro dello Stato e della monarchia. Non casualmente, se vi ricordate, viene addebitata al re la frase “lo Stato sono io”. Luigi XIV mise particolare cura nell’immagine sia di sé stesso che della monarchia e dello Stato, avevano sia i suoi sudditi sia fuori dalla Francia. Perché tanta cura nell’immagine? Perché intuì quanto la rappresentazione del potere fosse fondamentale, cruciale per il potere stesso. Soprattutto, fosse fondamentale e cruciale per la funzione di governo. Quindi, tutte le sue uscite e manifestazioni cui lui prese parte furono curate fino nei minimi dettagli. La grandezza del re doveva sottolineare ai suoi sudditi e al mondo la grandezza della Francia, e contestualmente doveva servire a fare un’altra cosa, cioè costruire del consenso. Lui fu geniale nel rafforzare lo Stato da un lato usando la forza senza arrivare alla violenza utilizzata da Richelieu e Mazzarino, e in qualche modo riuscendo a imporre la sua forza e la sua volontà depotenziando e svilendo i potenziali avversari, cioè coloro che in qualche modo potevano contrastare la sua logica di potenza e della formazione del suo potere. La censura fu altrettanto importante: da un lato costruire il consenso, dall’altro fare in modo che ipotetiche e potenziali critiche nei suoi confronti, nei confronti del suo modo di gestire la politica e il potere, fossero messe e tacere. Quindi, lui fece due cose: da un lato mise in atto una censura per fare in modo che gli avversari, per togliere di mano le armi gli avversari; dall’altro lato però, la necessità di costruire il consenso comportò la chiamata a corte e il coinvolgimento di letterati, artisti, pittori, musicisti. La grandezza si doveva vedere e quindi la politica recluta l’arte nelle sue varie forme, proprio nell’idea di asservirla per questa funzione di rappresentare la grandezza e il potere. L’altro aspetto fondamentale che Luigi XIV curò nei minimi dettagli fu la scelta degli uomini: gli uomini che dovevano lavorare per lui, per lo Stato e per la monarchia. Queste furono sempre scelte fatte meticolosamente, con l’idea che il potere riposava nelle mani del sovrano e che quegli uomini che lui aveva scelto erano lì per sua volontà. Quindi, in qualche modo rispondevano a lui: il loro potere era il potere del re. Il potere che avevano i suoi consiglieri e i suoi ministri, di fatto, raccontava il potere che Luigi XIV aveva riposto su di loro. Quindi, loro erano responsabili nei suoi confronti. Erano uomini di fiducia in altri termini, e dovevano rendere conto a lui di quello che facevano. Questo significa che il consiglio dei ministri, quindi il tavolo al quale trovarono posto gli uomini preposti a governare lo Stato di cui stiamo parlando, non erano lì perché rappresentanti di altri poteri (in primo luogo il potere dell’aristocrazia), non erano lì perché figli o comunque esponenti delle principali famiglie aristocratiche francesi: erano lì perché era lui che li aveva voluti lì. Questo significa, se vi ricordate quello che abbiamo detto la volta scorsa, che il tavolo della politica è sempre meno frequentato da esponenti delle famiglie che contano (cioè l’alta aristocrazia) e sempre più frequentato da uomini che spesso non hanno alcun legame con l’aristocrazia. Vi ho fatto l’esempio, adesso ci torneremo nella terza parte della lezione, di Colbert. Colbert era figlio di mercanti, era una famiglia di mercanti di stoffe di Reims poi si trasferiscono a Parigi e il padre di Colbert investe. La loro storia è un po’ emblematica perché racconta quello che vi ho raccontato la volta scorsa: famiglia borghese, di mercanti, riesce ad accumulare un patrimonio notevole, una parte di questo grosso matrimonio viene investita e dirottata per l’acquisizione di una carica, cioè la carica del padre di Colbert era uno dei pagatori delle rendite costituite attraverso finanziamenti sul debito pubblico. Quindi, lo Stato ha bisogno di soldi, vende una carica (che naturalmente viene acquisita da un soggetto che aveva già accumulato soldi svolgendo attività mercantili) e l’esito di tutto questo percorso è Jean-Baptiste Colbert, che poi diventerà uno degli uomini di fiducia, anzi possiamo dire uno dei pilastri della monarchia francese governata da Luigi XIV. Ma è un percorso che non riguarda l’aristocrazia, non riguarda i tradizionali poteri che ci portano alla nobiltà. Quindi, Luigi XIV si serve sempre di più di uomini che sanno svolgere il proprio mestiere e di cui lui si può fidare. Quindi, il potere dei ministri è di fatto il potere del re, e il più importante tra i ministri è appunto il Ministro delle Finanze perché se la Francia di Luigi XIV riuscì ad avere l’opportunità di portare avanti una politica di potenza volta a fare due cose fondamentali, così riassumo tutte le guerre che voi troverete nei manuali riguardanti Luigi XIV: da un lato, in qualche modo sostituirsi a quei due soggetti, soprattutto uno, cioè la Spagna (che era in declino) e l’Impero. Improvvisamente, alla fine del Seicento e all’inizio del Settecento, la Spagna ormai è un gigante quasi privo di forza, e la Francia ne approfitta di questa fragilità. Dall’altro lato, buona parte delle risorse e degli impegni militari francesi scaturiscono dal tentativo di controbilanciare, anzi contrastare, la presenza olandese nello scenario economico internazionale. Quindi, da un lato il declino spagnolo apre, presenta uno scenario in cui c’è un’opportunità e quest’opportunità naturalmente può essere giocata dalla più grande monarchia del tempo che era la Francia. Dall’altro lato però, il Seicento era il secolo degli olandesi: gli olandesi, ne parleremo adesso subito dopo, riescono a strappare terreno tanto ai portoghesi quanto agli spagnoli. Quindi, i primi due soggetti che abbiamo visto impegnati nella costruzione degli imperi coloniali nella prima fase della modernità europea (cioè quella cinquecentesca), poi lasceranno il posto all’imprenditorialità, all’inventiva, alla vitalità di un soggetto che non è un caso viene raccontato come un soggetto che acquisisce un primato, tanto che nei manuali trovate “il primato dell’Olanda”. Torniamo alla Francia: da un lato Luigi XIV si appoggia e utilizza uomini di sua fiducia, dall’altro lato utilizza sempre di più funzionari, quindi soggetti che svolgono una funzione perché ricoprono delle posizioni in questo castello burocratico. Facendo queste due cose, quindi appoggiandosi sempre di più a uomini di fiducia e a funzionari, di fatto Luigi XIV fa capire all’aristocrazia due cose: 1. non vuole servirsi o vuole servirsi il meno possibile di uomini aristocratici 2. ha deciso di continuare e di risolvere il problema, non risolto in realtà da Richelieu e parzialmente risolto da Mazzarino, cioè quello di depotenziare l’unico soggetto in grado di contrastare la potenza del re, cioè l’aristocrazia. Così come avevano fatto Richelieu e anche Mazzarino, Luigi XIV fa largo uso di questa figura, che sono gli intendenti. È una figura fondamentale, abbiamo detto, perchè tanto quanto la tutela dell’ordine, quanto la riscossione delle imposte, quanto l’amministrazione della giustizia: sono tre ambiti strettamente legati, perché abbiamo visto che, soprattutto con Richelieu, gran parte dei disordini che avvengono lontano dalla capitale nelle periferie dello Stato (sono spesso campagne), sono spesso disordini che scaturiscono dall’insofferenza verso una pressione fiscale crescente. La pressione fiscale non può che essere crescente perché gli impegni militari comportano spese crescenti. L’intuizione geniale di Luigi XIV fu quella di utilizzare un’istituzione, che in realtà era conosciuta da tempo e che era nata in realtà in territorio italiano nell’epoca rinascimentale (‘400/‘500), quella della corte. Luigi XIV decise di non fronteggiare apertamente l’aristocrazia, ma di svilirla e di toglierle forza attraverso l’istituzione della corte, che apparentemente invece era un modo per offrire spazio all’aristocrazia e per onorare la presenza degli aristocratici. Se vi ricordate, quando abbiamo parlato dei signori, dunque dell’aristocrazia, abbiamo detto che gli aristocratici normalmente amministravano due tipi di potere, o comunque avevano a disposizione due tipi di potere: da un lato, un potere di natura giurisdizionale perché dicevano giustizia e spesso dicevano giustizia su questioni relative a popolazioni che vivevano nei loro territori e che lavoravano i loro territori. Quindi, di fatto gli aristocratici avevano un doppio potere: da un lato un potere di natura economica, che derivava dal fatto che erano proprietari delle terre lavorate dai contadini (che erano loro sottoposti in termini giurisdizionali); dall’altro lato era un potere politico di natura giurisdizionale. Luigi XIV intuì che per depotenziare questo potere, la corte poteva tornare utile: la corte significava chiamare a vivere in un luogo ben definito, fu Versailles, e chiamando a corte le più importanti famiglie aristocratiche dello Stato, di fatto Luigi XIV fece due operazioni geniali: da un lato strappò dai loro territori i nobili, è come se avesse ovattato, messo in silenzio il loro potere, era sui loro territori che gli aristocratici esercitavano il loro potere e la loro forza in quanto depositari di un potere di natura giurisdizionale e di un potere di natura economica. Se tu li strappi dai loro territori, di fatto in qualche modo hai ovattato o attutito la loro forza: li chiami a corte e li metti dentro una logica competitiva. Quindi, in realtà finiscono per misurare la propria forza in questo gioco competitivo. Apparentemente sono feste, balli, giochi d’artificio, musica, tutto quanto: ma è una competizione perché conquistarsi il favore del re non è semplice, perché ci sono tanti giocatori che hanno giocato la stessa partita e perché stare a corte non solo comporta il fatto che ti devi allontanare dal tuo castello, dalle tue popolazioni e dal tuo territorio, ma soprattutto perché stare a corte comporta delle spese esorbitanti: quindi ha dei costi vivi, in termini di soldi, enormi. La corte è un posto fisico e al tempo stesso un posto simbolico. Una competizione in un luogo lontano dai bollenti spiriti delle popolazioni e lontano da Parigi. La corte è Versailles, come sapete: nel 1682 diventa la residenza abituale di Luigi XIV, ma in realtà era una palazzina di caccia voluta da Luigi XIII e che poi sarebbe diventato il posto più sfarzoso e più alla moda di tutta l’Europa. Perché Versailles? Perché ancora era vivido nella memoria dei francesi la Fronda. Erano passati trent’anni, si sapeva quanto rimanere dentro la città significava rimanere esposti a eventuali azioni di contestazione politica. Quindi, il potere si apparta per mettersi al riparo da eventuali aggressioni di natura politica ma popolare. Al tempo stesso, la corte diventa uno spazio dove chiamare a raccolta le famiglie aristocratiche. Depotenziare perché li strappi dai loro territori, li metti in una logica di rivalità, ma al tempo stesso fai in modo che la stessa logica di rivalità faccia in modo che ognuno dei giocatori controlli le mosse di tutti gli altri. C’è un libro bellissimo di un sociologo che si chiama Norbert Elias che si intitola “La società di corte”, dove lui esamina la corte di Luigi XIV e dice a un certo punto è una solidarietà di tipo negativo: cioè tu costringi delle persone a stare insieme, ma non perchè hanno degli obiettivi comuni ma perché hanno l’esigenza di controllarsi l’un l’altro. E ovviamente, è una gerarchia in continua rimodulazione e l’esito di questa partita che i giocatori stanno giocando diventa positivo se tu riesci ad avere una posizione quanto più vicina al re. Quindi, la prossimità al potere dà l’idea e la misura della tua forza, che è una forza simbolica ma al tempo stesso politica. Quindi, dietro questo mantello simbolico olandesi trasporteranno qualunque cosa da ogni parte del mondo verso il resto del mondo, e verranno incaricati di svolgere questo genere di attività mercantile pressoché da tutti i soggetti. Intanto, l’Europa si sta trasformando: è sempre meno un’Europa mediterranea e sempre più un’Europa rivolta verso l’Atlantico. Questo cambiamento negli equilibri politico-economici a livello mondiali saranno uno dei motivi per cui i portoghesi e gli spagnoli saranno costretti a lasciare lo spazio agli olandesi. Quindi non più Lisbona e Siviglia come principali centri di imperi coloniali in atto, ma centri emergenti come ad esempio la città di Amsterdam. Nel frattempo, un altro meccanismo o logica o se volete circuito, si sta imponendo a livello globale: il famoso commercio triangolare. Man mano che gli europei continuano nella propria opera di conquista, assoggettamento e sfruttamento dei territori e delle popolazioni che hanno scoperto, si stanno confrontando con un problema: cioè la decimazione delle popolazioni che hanno scoperto e assoggettato. E questo problema viene risolto proprio con il commercio triangolare. Nelle colonie americane, le popolazioni che lavorano nelle miniere e che lavorano nei campi stanno morendo e stanno creando un vuoto di natura demografica: il commercio triangolare nasce da lì, da quell’esigenza. Il commercio triangolare, la stessa parola lo dice, coinvolge tre continenti: l’Europa, l’Africa e l’America. Le navi partivano dall’Europa, cariche di vari prodotti (armi, prodotti di ferro) che arrivavano in Africa; in Africa questi prodotti venivano scambiati con gli schiavi. Spesso erano le stesse navi a fare tragitti diversi. Poi, questi schiavi venivano portati nelle colonie e scambiati con prodotti che finivano nei mercati europei: zucchero, tabacco, cotone. Non dimentichiamoci mai, il cotone con il quale viene avviata la Rivoluzione Industriale nell’Inghilterra del Settecento, è una merce che gli europei non dispongono, viene da fuori, da lontano, dalle colonie. Le economie coloniali diventeranno sempre più funzionali alle logiche di dominio europee. Quindi, tutto quello che vi sto raccontando, si riassume con la frase: la storia si mondializza e il mondo si europeizza, cioè il mondo viene sempre più organizzato sulla base di una logica puramente economica e nell’ambito della quale le economie delle periferie vengono pianificate, riconfigurate, ripensate dai nuovi centri del mondo che sono: Amsterdam prima, e poi Londra, che sono nuovi centri di natura capitalistico- finanziaria (anche se il capitalismo come voi sapete sarebbe arrivato solo in un secondo momento, dopo la Rivoluzione Industriale), ma di fatto la logica capitalista comincia ad affermarsi proprio nel momento in cui l’economia del mondo viene che determina una rete di rapporti commerciali sempre più fitta fa sì che i nuovi centri del mondo ripensino e riconfigurino le economie delle periferie. La solida base dell’impero coloniale olandese è l’Indonesia. Erano 7 province che si governavano ciascuna con la propria assemblea di stati o ceti dove si riunivano i rappresentanti della nobiltà e della città e i deputati delle assemblee locali si riunivano negli stati generali dell’AIA, capitale della provincia più importante. L’olanda è, insieme con l’Inghilterra, il soggetto che si dota per prima di uno strumento che poi diventerà elemento fondamentale dell’economia di natura mercantilistica e cioè le compagnie monopolistiche di commercio: quella olandese vera e propria nel 1602 venne istituita ma non era la prima in assoluta perché nel 1600 a Londra era stata costituita la compagnia olandese delle indie orientali. Due anni di distanza tra l’una e l’altra. Rispondono più o meno alla stessa logica ma in realtà vengono strutturate in modo diverso: hanno un minimo comune denominatore. Tre elementi: 1) combattere la concorrenza interna, quindi fare in modo che tutti i soggetti che giocano all’interno dell’economia olandese non si facciano guerra l’un l’altro ma lavorino per la stessa causa; facciano soldi, portando la stessa bandiera altrove e rispondendo alla logica statale mercantilistica. 2) Favorire uno sbocco sicuro a piccoli investimenti 3) Costruire un’arma economica contro la Spagna (il mercantilismo non è altro che una guerra condotta con armi economiche) e l’obiettivo principale di ogni stato che persegue una politica mercantilistica è sottrarre spazio agli altri per arricchirsi. Questa è la prima legge che tutti hanno. 19 anni più tardi, venne fondata la compagnia olandese delle indie occidentali, 1621. Due istituzioni più o meno simili che rispondono a logiche diverse: la compagnia olandese delle indie occidentali è il soggetto impegnato nel commercio triangolare: schiavi, zucchero, tabacco, cotone, argento, armi che girano fra Europa, Africa e America. La compagnia si occupa di gestire questo commercio. La compagnia del 1602 venne fondata con un atto pubblico, politico quindi con una delibera degli stati generali delle provincie unite. È la politica che dice di costituire un soggetto di natura economica che ha con la politica e con il potere un rapporto, una collaborazione intima. 1800 investitori, un enorme capitale di milioni di fiorini metà dei quali portati sul tavolo da 200 persone. Con le compagnie, cambia radicalmente il modo di svolgere le attività commerciali; il mercantilismo si dota di un’arma formidabile e nascono dei soggetti con cui noi ancora ci relazioniamo. Le compagnie non sono altro che le bisnonne delle attuali società per azioni. Fino a prima che spuntassero le compagnie, i rapporti commerciali venivano gestiti da società che si costituivano per svolgere una determinata operazione: i mercanti andavano dal notaio, costituivano una società, noleggiavano una nave, compravano un carico che trasportavano in un altro territorio, lì compravano un altro carico che trasportavano da dove erano partiti e così completavano. Così la società aveva svolto il suo mestiere e si era chiuso il ciclo commerciale. Le decisioni della compagnia però non venivano prese da tutti e 1800 investitori ma venivano prese da un consiglio di amministrazione che è un gruppo di uomini che gestisce la compagnia quindi avviene una separazione tra proprietà e investitori. Gli investitori che hanno investito nella compagnia, hanno comprato azioni, quote di proprietà di quella compagnia. Questo sistema di partecipazione o di azione, comporta il fatto che qualunque investitore può disfarsi della sua quota di proprietà della compagnia in qualunque momento. Questo però non comporta un destino diverso per la compagnia quindi c’è una separazione tra il livello della proprietà e il livello della gestione. Ciò è fondamentale perché il consiglio di amministrazione programma un’attività economica che non si esaurisce in quel piccolo ciclo economico e che è a lunga scadenza, indipendentemente da ciò che fa l’investitore. Gli uomini che gestiscono la compagnia hanno un orizzonte economico diverso rispetto a quattro uomini che si vedono notaio, stabiliscono un affare, lo portano a termine e si salutano. Vede raggiunto un livello di stabilità e continuità che prima non avevano le attività commerciali. Il meccanismo delle partecipazioni ha anche una seconda ricaduta cioè possono partecipare al gioco economico anche soggetti che non avevano grandi capitali. Chi prima si vedeva da un notaio e costituiva una società, erano i grandi commercianti che disponevano di grandi risorse e le investivano. Adesso, invece, anche il piccolo soggetto può investire la sua piccola quota di patrimonio rivolta all’investimento comprando azioni di quella società. Erano solo 200 che investivano grandi capitali ma erano 3600 persone che avevano messo piccole somme di denaro. L’olanda e gli inglesi si inventano uno strumento per fare sì che il piccolo risparmio possa essere fatto confluire nelle grandi operazioni commerciali. Altro elemento è il rapporto tra politica e mercato o economia. La compagnia viene istituita con un atto politico quindi la politica dota lo stato di uno strumento e conferisce a quello strumento tutta una serie di poteri di natura giurisdizionale perfino di siglare le paci o di fare la guerra con il mercato che esige e richiede forza anche militare perché stiamo parlando di un mercato che ha una concorrenza straordinariamente agguerrita e di fatto il mercante non può fare a meno della protezione e assistenza politica e militare. Quindi le compagnie monopolistiche commerciali vengono dotate di strumenti di natura politica e militare e che sono funzionali alla gestione del commercio tra la madrepatria e le colonie e alla gestione militare e politica delle colonie stesse. Una cosa fu chiara: lo stato aveva bisogno dei mercanti e i mercanti avevano bisogno della protezione e delle risorse dello stato. Il concetto di ricchezza non era solo economico; la forza di ogni stato veniva misurata in contrasto e in competizione con gli altri in un contesto di guerra. C’è un paradosso: nel momento in cui si scoprono nuove fonti di ricchezza in seguito di scoperte di nuovi territori e si espandono i mercati e il mondo è sempre più avvolto in una rete sempre più fitta di rapporti commerciali, ovunque si pensa che l’unico modo per arricchirsi sia quello di sottrarre ricchezza agli altri. È un paradosso perché man mano che il mondo cresceva in termini commerciali e finanziari e metteva a profitto nuove risorse, nuove opportunità, nuovi contesti, nuovi mercati, nuove popolazioni, nuovi territori; ovunque si pensava che il gioco economico era un mondo finito, limitato e che l’unico modo per arricchirsi era sottrarre agli altri. Il mercantilismo ha una precisa idea della ricchezza e dei rapporti tra gli stati. Nonostante l’allargamento dei mercati e la scoperta dei nuovi mondi, il mercantilista pensa che il mondo economico sia limitato, finito. Ci si accorse di come le cose andavano o meglio le prime riflessioni mercantilistiche vennero fatte negli anni 20 in Inghilterra. L’Inghilterra sta attraversando un momento di crisi e ci si sta chiedendo da dove provenga quella crisi e soprattutto in merito a un dato: gli inglesi sono preoccupati della fuoriuscita di moneta. Molti osservatori che hanno in mente strumenti di analisi di natura monetarista pensano che la fuoriuscita di moneta sia l’esito di attività speculative fatte a danno degli inglesi. In realtà, Thomas Mun che scriverà due opere fondamentali, una nel 21 e una nel 64, dirà che la speculazione non c’entra; la fuoriuscita di moneta dall’Inghilterra è dovuta a una bilancia commerciale in passivo. Ovunque in Europa i mercantilisti cominciano a misurare la propria forza sulla base delle bilance commerciali cioè i rapporti fra ciò che si importa e ciò che si esporta e se si importa più di quanto si esporta, perdo moneta perché le importazioni vanno pagate e quindi la moneta fuoriesce dalla mia economia nazionale; se invece esporto più di quanto importo, la moneta entra nel circuito nazionale. Il compito dello stato è quello di orientare e dirigere le correnti commerciali per garantire un saldo positivo della bilancia commerciale. Tutte le politiche di natura mercantilistica sono volte e saranno volte a incrementare quanto più si può il livello delle esportazioni e diminuire il livello delle importazioni. Ciò significa incoraggiare e dotare di privilegi la marina; sostenere il commercio nazionale; proteggere i propri mercanti. Dietro la scelta di ogni mercantilista c’è un sogno di autarchia: idea di bastare a sé stessi e far in modo che si comprino meno prodotti possibili dagli altri e che le vendite agli altri siano quanto più alte possibili. Bisognava incoraggiare e proteggere i propri produttori e mercanti e scoraggiare le popolazioni dal comprare cose straniere. La marina, le manifatture, le compagnie commerciali, lo stato impone la sua collaborazione. Non c’ un ambito, soprattutto per il mercantilismo francese, dimenticato dalla politica economica di Colbert. Organizza sovvenziona, sorveglia, regolamenta le produzioni, interviene sulle scelte dei mercanti. Altro paradosso: Colbert, figlio di mercanti, non si fidava dei mercanti; dietro il mercantilismo non solo c’era l’idea di guerra fatta con altre armi ma c’è una sfiducia nei confronti di singolo attore economico per cui è lo stato che deve guidare le scelte che ogni singolo attore economico si trova a fare. Lo stato non può affidarsi alla fantasia economica dei singoli ma deve organizzare, sovvenzionare, proteggere, controllare e intervenire. C’è un massiccio americani e la madrepatria inglese di lì a poco sarebbe iniziato il conflitto. Si trasferisce perché sta osservando ciò che sta succedendo perché ha nel cassetto una risposta opposta alla stessa domanda che i mercantilisti si erano posti parecchi anni prima. SBOBINA STORIA MODERNA 14/11722 L’INGHILTERRA Abbiamo visto la volta scorsa Luigi XIV, con la messa in atto di politiche di natura assolutistica già messe in campo da i suoi due predecessori primi ministri (Mazzarino e Richelieu); abbiamo affrontato il tema del mercantilismo, osservandolo nelle sue 3 versioni, e nel panorama europeo il mercantilismo francese si colloca in un’estremità, nell’ estremità opposta si colloca quella olandese, e quello inglese si colloca in una posizione centrale fra l’uno e l’altro. Il mercantilismo inglese non fu né un mercantilismo totalmente dominato dall’alto e totalmente di natura statalistica, ma non fu nemmeno un mercantilismo completamente dettato e assecondato alle istanze provenienti dal mondo mercantile. Quando ho parlato di assolutismo abbiamo affrontato il concetto di un solo re, una sola legge una sola fede; lo abbiamo affrontato quando abbiamo parlato della Francia e ora lo affrontiamo per il caso inglese, l’unico caso in cui l’assolutismo produce e va in contro ad una clamorosa sconfitta. Se vogliamo la rivoluzione inglese non è niente altro che una rivoluzione compiuta contro le istanze assolutistiche di un sovrano (Carlo), e i risultati conseguiti dalla rivoluzione saranno riconducibili a una rimodulazione del rapporto fra i due pilastri che reggono lo stato inglese. La monarchia da un altro è dall’altro il parlamento. La rivoluzione inglese, quindi, determinerà un riassestamento, in termini politico-costituzionali, dell’impianto inglese e prenderà avvio come reazione a una politica di natura assolutistica. Un anno dopo la prima fronda parlamentare in Francia, il gennaio 1649, tutte le monarchie europee tremano perché per la prima volta viene condannato e decapitato un sovrano (Carlo I re di Inghilterra) che non fu il primo a morire di morte violenta. Ma non è un tirannicidio compiuto da un suddito che pensa di stare svolgendo un’azione legittima perché colui che uccide un tiranno, ma è qualcuno che viene condannato a morte sulla base di una sentenza di un’istituzione (il parlamento inglese) che viene emanata in nome della legge e sulla base di un atto di tradimento compiuto dallo stesso re. Per secoli in Europa, soprattutto in epoca medioevale e tardo-medioevale, ci si era scervellati riflettendo e pensando se potesse essere immaginata una autorità superiore a quella del re, e quando abbiamo affrontato l’assolutismo, vi ho anche menzionato quella locuzione latina “Superiorem non recognoscens” cioè il sovrano non riconosceva nessun’autorità superiore alla sua. Qualcuno però, in Europa, l’aveva trovata questa autorità, tanto superiore da poterlo mettere in discussione e da poterlo condannare. la testa di Carlo rotola sanguinante per una sentenza emessa dal parlamento. Si arriva alla sua decapitazione solo dopo una feroce guerra civile sanguinosissima che vede coinvolti migliaia di inglesi e non(Nota bene: la rivoluzione inglese non è una rivoluzione volta a mettere a tacere e a risolvere una volta e per tutte, ci sarà una seconda rivoluzione inglese, la gloriosa, che nuovamente verrà condotta e fatta sulla base di ipotetiche istanze di natura assolutistica con Giacomo II. Quella sarà una rivoluzione non violenta, dove verrà davvero risolto definitivamente il problema assolutistico). Perché una sentenza del parlamento? il parlamento era un’istituzione che esercitava una forza politica che derivava da un principio rivoluzionario; quello di Rappresentanza. Il parlamento era tante cose: svolgeva molte funzioni, ma ne svolgeva una in particolare che derivava da questo principio di rappresentanza, ciò significa che dietro il parlamento c’ è una grande forza collettiva. Esso non fa altro che rappresentare un’intera società, nei suoi ordini, nelle sue strutture e nei suoli elementi. La sentenza emessa dal parlamento (che intendiamo come istituzione giudiziaria, che dice diritto su una base di un tradimento) è anche una riparazione ad un’offesa: il parlamento ripara un’offesa che il popolo inglese ha subito sulla base di un comportamento scorretto da parte del loro re, colui che avrebbe dovuto custodire e preservare la giustizia stessa, e anziché garantirla, l’aveva offesa. Era anche una forma di risarcimento. Il problema è che non è semplicemente una forma di risarcimento, ma è in realtà due cose: da un lato il ristabilimento di un ordine, con la riparazione a quell’offesa e il risarcimento di un danno subito, dall’altro lato è il momento fondativo di una riconfigurazione dello stato. La rivoluzione inglese non fa altro che piazza pulita delle istituzioni dello stato. Non ci sarà più la monarchia e verrà proclamata la repubblica, non ci sarà più la camera dei Lords, è un concepimento nuovo dello stato, sulla base di principi diversi rispetto a quelli che l’avevano tenuto in piedi fino ad allora. Ci sono tante cose che si sovrappongono in questo piano rivoluzionario. Molti inglesi dicono che dietro questa rivoluzione, in realtà ce ne sono due: una che esplode e che porta ad una serie di risultati; e una che rimane incombente, fa sentire il suo fiato, ma in realtà non produrrà gli effetti desiderati. La rivoluzione istituisce sacri diritti di proprietà, abolisce le proprietà feudali, abolisce le tassazioni arbitrarie, dà il potere politico ai ceti abbienti, sancisce il principio della sovranità del parlamento, difende il common law, fa trionfare l’ideologia dell’etica protestante. Accanto a tutte queste cose che si verificano, in realtà, dentro la rivoluzione ce n’ è un’altra che, se fosse scoppiata, avrebbe prodotto un mondo ben diverso da quello che verrà fuori da questa rivoluzione. Avrebbe cioè portato una partecipazione alle istituzioni politiche e giuridiche più ampia, avrebbe scalzato la chiesa di stato, avrebbe rifiutato l’etica protestante, in altri termini avrebbe creato “un mondo alla rovescia” (libro di Cristopher Hill) . Pensate solo ai livellatori, coloro che portano un’idea di comunismo. Una rivoluzione che se fosse esplosa avrebbe capovolto il mondo, avrebbe lasciato spazio agli ultimi della terra e avrebbe ridefinito le gerarchie sociali e politiche. Nel 1603 Giacomo succede a Elisabetta. Giacomo aveva riunito il regno d’Inghilterra e quello di Scozia sotto il nome di Great Britain, e nel 500 Elisabetta aveva soppresso una ribellione irlandese, quindi anche l’Irlanda era sotto il dominio inglese. 3 soggetti abbiamo nominato: Scozia, Inghilterra e Irlanda. 3 soggetti che sulla base del principio che uno stato necessitasse un’unità religiosa, pongono il problema di un panorama religioso differenziato che diventa un problema politico. -Una scozia protestante calvinista -Un Irlanda cattolica -E una Chiesa Anglicana sotto la corona che pretende di uniformare sotto termini religiosi un mondo che in realtà è plurale. Infatti, il problema religioso è uno dei motivi principali della rivoluzione di cui stiamo parlando. La Scozia era stata convertita da Jhon Knox alla fede calvinista, era un paese molto poco popolato, guidato da una nobiltà forte, da un parlamento e da una chiesa calvinista democratica, perché i calvinisti avevano proiettato nel proprio cuore l’idea per cui erano i fedeli a dover scegliere i propri pastori. Inghilterra e Scozia in realtà non erano un regno unitario, ma erano una specie di insicura unione dinastica. Dall’altro lato l’Irlanda: un mondo separato i termini giuridici (aveva un proprio parlamento).La maggioranza era di religione cattolica, ed era tenuta ai margini in merito alla gestione del potere, perché il paese era dominato da una minoranza di coloni inglesi, gli “odd english” che di fatto controllavano e guidavano questo paese. la politica di Giacomo deluse un po’ tutti: rimangono delusi i cattolici, che erano minoranze tutt’altro che marginali. I cattolici erano un po’ divisi: da un lato quelli che apertamente manifestavano il proprio dissenso, e dall’altro quelli che simulavano, dicendo di aver aderito alla chiesa anglicana, ma in realtà erano fedeli al papà. Proprio per questa finta adesione alla chiesa anglicana, i cattolici erano visti con enorme sospetto. Il problema è che L’uniformità religiosa era un presupposto dell’ unità politica, non vi si poteva rinunciare, e il tentativo di portare l’uniformità religiosa in una realtà così plurale costituirà un grande problema. Quando ci si accorse che i cattolici dovevano essere guardati con sospetti? nel 1605 viene scoperta la congiura delle polveri: vengono scoperti 36 barili di polvere esplosiva nei sotterranei di Westminster, che dovevano esplodere e mandar all’aria la monarchia e l’intero stato, e viene scoperto che furono i cattolici a pensare quell’ attentato. Il dissenso nei confronti della chiesa anglicana, che era la chiesa di stato, era un mondo alquanto variegato. Accanto ai cattolici che manifestavano dissenso e che dissimulavano, c’era la tradizione calvinista: vivacissimo spirito democratico, rifiutavano ogni forma di gerarchia, pensavano che i propri pastori dovessero essere scelti dai fedeli, i quali rimasero completamente delusi quando Giacomo affermò il principio secondo cui la gerarchia ecclesiastica di nomina regia era essenziale per la monarchia, Gerarchia ecclesiastica voluta, pensata e imposta dal re. L'atto che tradì questa deriva assolutistica fu la ship money, una tassa impondendola quando non c'era nessuna guerra e questa politica fece crescere l'indignazione inglese verso Carlo. Si notò quanto la politica di Carlo fosse assolutistica perché comincio a riconoscere una serie di privilegi volti ad esportare lana grezza a quel nobile o ad un altro quando era vietata l'esportazione in Inghilterra perché occorreva dare un modo che le lane venissero lavorate dalle corporazioni inglesi perché non bisognava in termini mercantilisti che le corporazioni degli altri paesi producessero prodotti con lane grezze prodotte dall'Inghilterra. Nel frattempo la corona aveva bisogno di consenso dispensando benefici e titoli nobiliari e questo ingrandì il solco che si era creato fra corte e paese. L'uniformità del rito anglicano o il tentativo di imporre il rito anglicano in scozia diede la possibilità di ricorrere al re qual era il ruolo che svolgevano. La Scozia insofferente era pronta ad impugnare le armi il re aveva comunicato che avrebbe imposto una gerarchia di vescovi anche alla chiesa scozzese e nel momento in cui venne fuori il conflitto tra farlo e la Scozia il parlamento aspettava che il conflitto fa si che carlo chiedesse i soldi per la guerra ed il parlamento anziché mostrare il proprio consenso mostrò le proprie critiche. Carlo viene sconfitto in Scozia e costretto a riconvocare il parlamento ma per pochissime settimane tanto che venne chiamato Short parliament 1640. Il problema è che dentro al parlamento c'erano un sacco di puritani i quali si erano messi d'accordo con gli Scozzesi dicendo a questi ultimi che invaderete il paese se non pagherà una determinata somma di denaro. Questo ricatto perché per pagare questa somma di denaro Carlo era costretto a convocare di nuovo il parlamento. Carlo convoca dinuovo il parlamento ed a patteggiare con i puritani e a questo punto il parlamento convocato nel l 1640 mostra una forza il Long parliament una forza che di fatto è inarrestabile e non si fa più sciogliere ed impone l'anno dopo nel 1641 il triennal act che regola le convocazioni stabilendone una ogni tre anni ma fa salvo il potere che riconosce al re di proclamarlo e scioglierlo La vita del parlamento non dipende più da azioni arbitrarie del re. Nel 1641 fa quest’ atto di diritto di rimanere in sessione fino a quando sarebbe stato necessario. Condanna inoltre i due uomini di fiducia del re ovvero l'arcivescovo Laud e il conte di Stretford. Due linee cominciano a prendere forma in un paese attraversato da fortissime tensioni politiche. La prima e si ritorna lentamente su una normalità e verso l'ordine l'altra ben più radicale dove il parlamento continua a svolgere una funzione di tutela nei confronti della politica portata avanti dal Re ma il parlamento stesso non ha una sola voce perché il parlamento è uno spazio di rappresentante e le stesse tensioni che attraversano la società sono le stesse che attraversano il parlamento non c'è una sola voce nel parlamento è un mondo plurale e non è un caso se questo conflitto non si risolverà in una guerra. La rivoluzione si getta dentro una guerra civile sanguinosa zeppa di fazioni. Dopo il problema scozzese viene quello irlandese e nel 1641 il clima di incertezza spinge la popolazione irlandese a ribellarsi e massacrano i famosi coloni inglesi dell’Irlanda. Carlo a questo punto è costretto a riconvocare il parlamento per domare questa rivolta e il parlamento finanzia l'operazione militare ma questa volta pretende che il comando dell' operazione militare sia guidato da un soggetto scelto dal parlamento. Contemporaneamente vota la famosa grande rimostranza cioè una forma di dissenso e propaganda politica. Ormai il parlamento ha piena contezza della sua forza e del fatto che si è creato un contesto per ricalibrare e rimodulare i rapporti di forza e quest'asse che definisce il contesto di king in parliament. Carlo fece una mossa sbagliata ovvero quella di arrestare i capi dell'opposizione al parlamento e si rifugia a York e prova a racimolare un esercito di volontari aprendo così la strada alla guerra civile. Aveva ingenuamente pensato che dando in pasto al dissenso che si era creato in parlamento i due uomini di fiducia al parlamento il dissenso sarebbe stata la fame di rivoluzione sarebbe stata placata ma questo fece solo alimentare il dissenso. Cavalieri da un lato in difesa del re e teste rotonde in difesa delle prerogative del parlamento. Le zone portuali la città di Londra piccoli proprietari e artigiani si schierano con l'esercito che difende il parlamento È una guerra fazionaria Non tutti gli artigiani troviamo in un fronte piuttosto che un un altro. Qui entra in scena Cromwell gentiluomo puritano di campagna e riesce a mettere un gruppo di soldati la cui caratteristica è il fatto che sono dei convinti calvinisti cioè sono purtutani e non stanno semplicemente combattendo una guerra seguendo Cromwell na una guerra volta ad abbattere un sovrano che si è macchiato di assolutismo ma una guerra volta a ripulire la società dalle sue lordure morali. Vincere contro il re e vincere per ripristinare una società È in questo contesto che vengono fuori un sacco di idee politiche improvvisamente tutti parlano di politica e di progetti politici. La chiesa è l'esercito diventano campi di discussione di discussione politica, è uno dei problemi che avrà Cromwell è quello di tenere le voci più radicali. La maggioranza parlamentare punta ad un accordo ma la decisione del parlamento di sciogliere l'esercito nel 1647 siccità le proteste e l'ammutinamento delle truppe. L'esercito guidato da Cromwell Nel frattempo a Putney vennero avviati una serie di dibattiti i dibattiti di Putney e Cromwell si preoccupa di frenare la spinta democratica L'altra anima dei calvinisti è lo spirito fortemente democratico in ogni calvinista Non sopportano le gerarchie. È un mondo radicalmente capovolto quello calvinista. Dalla democrazia dell' esercizio si venne a pensare ad un modello di democrazia questa è l'ipotetica rivoluzione che non è esplosa ma che fa sentire il suo peso. Cromwell che li aveva guidato diventerà colui chiamato a riportare l'ordine. Il parlamento continua a percorrere la strada della mediazione e si apre un processo contro il re. Il parlamento condanna a morte il Re che viene ucciso il 30 gennaio 1649 e tre mesi più tardi viene abolita la camera dei lord e viene proclamata la repubblica e viene fatta piazza pulita delle istituzioni inglesi. Ora Cromwell si trova a governare in un clima estremamente incerto e soprattutto è costretto ed è chiamato a porre un freno alle idee radicali fra cui quelle dei livellatori. Cromwell diventa lord protettore della repubblica assistito da un parlamento eletto su basi censitarie. Il problema di queste istituzioni è che non hanno nessun appoggio di tipo tradizionale sono istituzioni del tutto nuove in un mondo che ancora vive di traduzioni e di un sapere che si è sedimentato nel corso di generazioni inglesi. Si crea una frattura fra l’ala moderata e l'ala dei repubblicani. Alla morte di Cromwell 1658 ci fu il tentativo di far succedere il figlio e subito dopo 1660 c'è bla restaurazione cioè gli inglesi decidono di riportare in vita le proprie istituzioni che la rivoluzione aveva "ucciso " tutto ciò in appena soli 10 anni Con Carlo si ha la restaurazione della monarchia camera dei lord e della chiesa episcopale viene di nuovo sancito il ruolo di garanzia e controllo del parlamento e sul piano religioso viene approvato un pacchetto di leggi che restringe la libertà di culto per le sette più radicali percepite come minaccia e nel 1662 l'editto di uniformità tende a riportare omogeneità all'interno della chiesa d'Inghilterra L'esito di questa rivoluzione Viene ucciso non solo il re ma viene uccisa per sempre, ipotecata l'ipotesi assolutistica Viene ucciso l'assolutismo 2) il parlamento in questo processo politico afferma una volta e per tutte il suo ruolo e la sua forza assestando un maniera definitiva quell asse che determinava il king in parliament e soprattutto regolarizza la sua vita slegandola dal voler dalla volontà arbitraria del re per cui il re non può convocare a piacimento ma ogni 3 anni STORIA MODERNA 16\11\22 Da un punto di vista della ricchezza, se osserviamo l’Inghilterra noteremmo che non si registrano grandi cambiamenti. La Rivoluzione inglese, infatti, non fu una rivoluzione sociale o meglio, non ebbe effetti sociali, a differenza della Rivoluzione francese. Dunque, non si verificò nemmeno un cambiamento nelle gerarchie sociali. Ciò che ha sempre sorpreso gli storici è stato il coinvolgimento degli inglesi, reso evidente durante la Guerra Civile. Tra gli anni ’40 e ’60 vengono pubblicati all’incirca 22 mila scritti che accompagnarono la rivoluzione. Ciò sta proprio a dimostrare il loro coinvolgimento attivo verso la Rivoluzione dovuto alla presenza di alcuni gruppi sociali che agivano a favore di quest’ultima. Un altro elemento che va ricordato è che non c’è un netto schieramento in termini sociali, con questo s’intende che i poveri delle campagne e i salariati non vennero coinvolti nella rivoluzione. Ciò non fu un male ma sicuramente un’incoerenza, un’ingiustizia sociale. La borghesia invece era pienamente inserita nella rivoluzione. Questi coinvolgimenti non seguivano i confini delle classi, non riguardavano una contrapposizione tra il datore di lavoro e i dipendenti. Furono due le cose determinanti: 1. Una fortissima mobilità sociale dovuta ai processi di arricchimento di buona parte di queste borghesie mercantili; 2. Un forte sentimento di insoddisfazione verso l’ordine costituito, da cui deriva gran parte del coinvolgimento della popolazione. Infatti, quando le istituzioni perdono di credibilità si crea la base per una possibile rivoluzione. La spinta all’assolutismo mise in discussione due cose: 1. il ruolo del Parlamento, che non veniva convocato; 2. questa spinta all’assolutismo sembrò far passare l’idea che fosse possibile, attraverso la forza del re, calpestare il diritto comunitario,cioè il common law. La rivoluzione nasce infatti sulla spinta di un’istanza conservativa e non come desiderio di capovolgere il mondo. C’è un passaggio importante che determina la nascita di questa nuova classe borghese, che si chiama GENTRY. Questa classe nasce con la necessità di affermare il proprio status sociale. Questi però non erano ben visti dall’aristocrazia locale. La gentry, infatti, erano nobilotti di campagna che avevano potuto investire nell’acquisizione di piccoli titoli nobiliari. L’altro elemento importante in termini sociali è l’ascesa delle classi professionali. Il gruppo professionale più influente in questo periodo fu quello degli avvocati. Dall’altro lato troviamo i mercanti che cominciarono ad aumentare sempre di più la loro forza economica facendo in modo che quest’ultima possa avere dei riscontri in termini politici. Le classi medie ebbero un ruolo fondamentale all’interno della rivoluzione. Tuttavia, la vendita dei titoli determinò una perdita di prestigio agli occhi del grande pubblico per quanto riguarda la corona stessa. La svendita dei titoli e la necessità di costruire il consenso politico attraverso la vendita delle terre,fece sì che gli inglesi cominciassero a guardare con sospetto e disprezzo il proprio re e tutto ciò che gli era intorno. Questa erosione del senso di fiducia nei confronti del re fa pensare agli inglesi di poter scatenare una rivoluzione. Questa rivoluzione fu nutrita da idee,nessuna rivoluzione è possibile se non ci sono idee che la accompagnano e la nutrano per farla concludere. E le idee servono per fare due cose:per distruggere il mondo esistente e per crearne uno alternativo; Tre ordini di idee quindi le ideologie che nutrirono la rivoluzione: 1- Diritto consuetudinario (common law); Questi uomini sono tanto aggressivi e tanto timorosi ma allo stesso tempo c’è un altro sentimento,ovvero l’auto conservazione .Lo stato di natura è pero una situazione di uguaglianza e in tale situazione il più forte non può mai essere sicuro di essere ucciso o aggredito e oltre a questa aggressività c’è un altro elemento che Hobbes sottolinea che determina a sua volta altra violenza ,ovvero la scarsità delle risorse ,quindi una lotta per l’auto conservazione porterebbe,dice Hobbes ,senza un passaggio dallo stato di natura allo stato politico, all’auto distruzione ,quella guerra di tutti contro tutti che determina l’annientamento degli uomini. Però gli uomini sono esseri pensanti,non sono solamente esseri timorosi ed è la loro capacita di calcolo a spingerli a immaginare una via d’uscita dalla guerra,quindi a costruire una situazione di pace volta ad avere la possibilità di conservare se stessi,quindi l’istinto all’auto conservazione mescolato alla paura e alla capacità di calcolo spinge gli uomini ad uscire da questo stato di natura e a entrare in uno stato politico. Hobbes dice che il principio in base al quale i patti vanno rispettati è naturale poiche è razionale ,quindi lui non parla di moralità e paragona la violazione di un patto, a un assurdo logico. Passo del De Cive “Vi è una certa somiglianza tra quello che comunemente si suole che ormai è torto e quello che in filosofia si chiama assurdo, di fatti chi è costretto da ragionamento a negare quel che prima aveva affermato si dice che è ridotto all’assurdo e in questo stesso modo chi per debolezza tralascia di fare quel che prima aveva promesso per patto di non tralasciare,commette un torto,e cade in contraddizione minore chi in una discussione filosofica viene costretto all’assurdo. Quindi l’ingiustiuzia non è un male in senso religioso morale , ma è un’ incoerenza. D’altro canto la motivazione che induce al patto non è un bene , io faccio un patto e lo rispetto perchè traggo beneficio e utilità . Affinché gli uomini siano disposti a rispettare i patti c’è bisogno di un potere coercitivo, cioè lo Stato. Esso si costituisce attraverso un trasferimento volontario da parte di tutti dei loro diritti, in favore di colui che deterrà il potere (con Hobbs nasce il contratto sociale e vedremo poi ciò che lo distingue invece da quello di Locke). Il sovrano, dunque, è l’unica persona che permane nello stato di natura. Si esce dallo stato di natura e si entra in quello politico tramite un trasferimento di potere, di diritto nei confronti di un soggetto. La rinuncia di questi diritti individuali avviene tramite un patto stretto tra gli individui che aderiscono ma che non impegna in alcun modo il sovrano. Hobbs non parlerà mai del diritto di resistenza. Tuttavia, questo trasferimento di diritti non compromette la possibilità di difendersi. Il sovrano sta quindi al di sopra della legge, la sua volontà è la volontà dello Stato. La sua forza non può essere revocata. Nel momento in cui gli uomini hanno deciso di cerare lo Stato di natura non possono più tornare indietro, devono sottostare al sovrano. In merito al diritto di proprietà (diritto naturale), Hobbs dice chiaramente che nel momento in cui viene costituito lo Stato gli uomini rinunciano ai diritti naturali, attraverso questo stesso trasferimento. Secondo Hobbs, infatti, il diritto di proprietà è legittimato non tanto dal diritto naturale, quanto dal diritto positivo. Marx stesso dirà: “lo Stato è il custode del diritto di proprietà”. Dunque, noi possiamo vantare del diritto di proprietà perché c’è appunto qualcuno che fa da guardiano. Il diritto di proprietà non è un diritto naturale. Hobbs ritiene che il sovrano debba sottostare al diritto naturale e la sua legge suprema è quella di salvare il proprio popolo. PASSAGGIO IMPORANTE --> gli uomini nell’eleggere il sovrano hanno determinato un potere assoluto che non è però interessato al dominio delle coscienze, quanto al dominio sui corpi. Questo non vuol dire che non vi sia un potere di natura religiosa, semplicemente Hobbs dice: “ a me non interessa che lo Stato controlli anche le coscienze”. Hobbs pubblica Il Leviatano tra il ’40 e il ’52, anni in cui rimane in Francia. Nel frontespizio vi sono rappresentati dei selvaggi con degli archi, una chiara allusione alle colonie. Secondo Hobbs lo stato di guerra è uno stato estremo. Con questo non intendeva contrapporre lo Stato in sé, in quanto ritiene che quest’ultimo ci custodisce ed evita che in qualche modo si possa finire nel peggio (metafora). Testuali parole: “Non è necessario essere dei mostri per trovarci in guai seri”. Ovviamente Hobbs non credeva che gli uomini fosse dei mostri, ma era convinto che il passo da una condizione di incertezza, che è quella umana, ad un condizione di guerra, è un passo brevissimo nonché facile. Secondo Hobbs il diritto è quello positivo, ovvero quello creato dal leviatano. Nel primo frontespizio del Leviatano, gli omini sono semplici elementi costituivi dello Stato, mentre nella seconda versione sono sì elementi costituivi, ma sono anche in rapporto di venerazione, di soggezione, di paura. Le loro teste, infatti, non guardano più il lettore, bensì il sovrano. Per Hobbs le radici della dimensione religiosa e le radici della dimensione politica dello Stato sono infatti le stesse. Tuttavia, non è detto che gli uomini non abbiano una dimensione del privato. I soggetti, infatti, proprio perché hanno costituito lo Stato possono godere della propria sfera privata nella più completa autonomia. Hobbs scrive: “la libertà dei sudditi risiede solo in quelle cose che il sovrano nel regolamentare le loro azioni ha trascurato (libertà di comprare, di vendere, tutto ciò che riguarda il mercato). La condizione di liberà avviene solo perché c’è il sovrano che garantisce un ordine affinché il mercato possa funzionare. Di fatto c’è quindi una sfera privata che non viene regolamentata ma che esiste grazie all’esistenza stessa del sovrano. Il suddito, anche se giustamente condannato, non è tenuto ad uccidersi, a ferirsi, ad astenersi dal cibo o dalle medicine. Il diritto ad auto conservarsi è dunque un diritto che, per così dire non viene annientato nel momento in cui viene a costituirsi lo Stato. Inoltre, anche se un suddito viene interrogato da un magistrato del sovrano, non è comunque tenuto a confessare le proprie colpe, ovvero ad accusare sé stesso. Ovviamente qualora il sovrano decidesse di andare in guerra, i sudditi dovranno andarci. Tuttavia, questi ultimi avendo creato lo Stato in una condizione di paura, il sovrano non può pretendere che essi vadano necessariamente a combattere, purché la mia rinuncia a combattere su ordine dello Stato sia, non per tradimento, ma semplicemente per paura. Dunque, non viene considerato come un’ingiustizia, bensì come un atto di disonore. Il leviatano non è interessato alle coscienze, ciò non vuol dire che egli non abbia poteri di natura religiosa. Hobbs è convinto che lo stato di incertezza, lo stato di guerra civile in cui è finito il suo Paese, derivi da molteplici interpretazioni del testo sacro. Ciò significa che per evitare di aprire la strada all’incertezza, e a possibili condizioni di guerra, non possono esserci due interpretazioni dello stesso Testo Sacro. Il leviatano, dunque, tra le sue funzioni svolge anche quella di interpretare, di fornire l’interpretazione del testo sacro e questo perché la guerra civile viene vista da Hobbs come divergente interpretazione di una stessa cosa. LEZIONE 23/11 Parleremo di come gli inglesi sono arrivati per primi a concepire un sistema politico che prevedesse una cosa tutt’ altro che naturale, sono stati i primi che hanno espunto dall’orizzonte politico la minaccia dell assolutismo con due rivoluzioni e oggi parleremo della seconda, la rivoluzione gloriosa. Riuscirono a sbilanciare in favore del parlamento l’equilibrio del king parlement ( l’ equilibrio tra corona e parlamento). Nel caso inglese quando il governo viene formato e guidato da un capo politico del partito che vince le elezioni questo capo è però comunque responsabile nei confronti del re, ciò significa che qualunque governo è un governo del re quindi chi si oppone al governo si oppone al volere del re, gli inglesi elaborano un sistema che chi si oppone al partito che vince le elezioni non deve essere visto come un traditore o come qualcuno che si oppone al volere del re. Lock rientra nei teorici dei diritti naturali e nell’ambito del contrattualismo e condivide con hobbes l’ idea che lo stato si costituisce in seguito a un contratto e avrà idee diverse da hobbes, forniscono risposte a istanze di nature differenze però condividono il fatto che i loro pensieri maturano in due momenti rivoluzionari.( il primo momento cioè quello in cui hobbes matura le sue idee è un momento pieno di sangue, il secondo momento cioè quello della rivoluzione gloriosa è comunque un momento rivoluzionario ma senza sangue ma è una rivoluzione giocata a livello istituzionale) Nel 17 secolo cioè il 600 , il concetto di britain abbiamo da un lato l’inghilterra, da un lato la scozia e sono soggetti diversi soprattutto dal punto di vista religioso e gli inglesi vogliono che la chiesa anglicana possa tenere insieme una pluralità differente. La città di londra alla fine del 600 diventa una delle capitali della finanza mondiale ed è il centro politico di questo sistema di cui sto parlando, al di là delle differenze religiose fa si che questo ceto politico abbia una cultura comune e questo accade grazie alla parola stampata, gli inglesi maturano un dialogo tra ceto politico e un'opinione pubblica che ha uno strettissimo legame con i partiti, perché i partiti girano il paese, sono una trasmissione tra società e ceto politico, terzo elemento è il common law perché nonostante religioni, culture e luoghi diverse condividono il fatto di avere una stessa cultura giuridica. La pluralità di realtà è tenuta insieme da questi 3 elementi. La chiesa anglicana è l’ istituzione più forte, la maggior parte dei contemporanei credeva che la società inglese si basasse su ordini e gerarchie sociali quindi gli inglesi pensavano che la società fosse un prodotto del tempo, ciò significa che l’ ineguaglianza era INEVITABILE e sia desiderabile che desiderata perché creava ordine, quest significa anche che non era concepibile un altro sistema basato su valori diversi da questo e la politica non faceva altro che rappresentare come la società inglese si era costruita nel corso delle generazioni. Si pensava che il potere del re provenisse da dio e quindi il re doveva esercitare questo potere rispettando le regole, la sconfitta dell’ assolutismo aveva fatto in modo che il re potesse esercitare le sue funzioni ma rispettando le regole. Le prime due rivoluzioni furono fatte per ridimensionare il potere del re però lui continuava a essere una figura centrale in questo corso politico, però nasce l’ idea che opporsi al re non significa opporsi a dio, diventa possibile opporsi a un governo scelto dal re. Country e court stanno lasciando il posto a whigs e tories , il fatto che vincesse i tory dimostra il consenso che giacomo che nonostante la sua conversione al cattolicesimo ricevesse dal paese, i tories erano il partito vicino al re però dovettero arrendersi all’idea che il re che stavano difendendo era un re che lasciava emergere delle perplessità la politica religiosa che stava facendo. Erano stati nominato due atti, test act, con cui si stabilisce che tutti coloro che avessero un ufficio pubblico dovessero giurare fedeltà alla chiesa anglicana mentre con il secondo test act fu stabilito che tutti coloro che fanno parte di una delle camere sono tenuti a giurare fedeltà alla chiesa anglicana.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved