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CORSO SEMESTRALE APPUNTI - PSICOLOGIA DELL'ARTE, Appunti di Arte

Psicologia dell'Arte, corso semestrale sostenuto da Daniele Zavagno

Tipologia: Appunti

2017/2018

In vendita dal 14/04/2018

FedericaRovetto
FedericaRovetto 🇮🇹

4.5

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Scarica CORSO SEMESTRALE APPUNTI - PSICOLOGIA DELL'ARTE e più Appunti in PDF di Arte solo su Docsity! Psicologia dell’art LE ORIGINI: Arte come re-interpretazione: Leon Battista Alberti e le immagini somiglianti. Le arti di coloro che cercarono di tradurre nell’opera propria figure ed immagini somiglianti a corpi generati dalla natura, penso che abbiano avuto questa origine. Essi forse qualche volta videro in un tronco o in una zolla o in altre cose inanimate di tal genere alcuni tratti che, con pochi cambiamenti, potevano rappresentare qualcosa di molto simile agli aspetti reali della natura. Allora, rendendosene conto ed esaminandoli, diligentemente cominciarono a fare dei tentativi, se mai potessero aggiungervi o togliervi qualcosa e darvi quei tocchi finali che parevano mancare per cogliere ed esprimere completamente il vero aspetto di un’immagine. Così, correggendovi e rifinendovi linee e superfici secondo i suggerimenti della cosa stessa, raggiunsero il loro proposito, di certo non senza piacere. Né meraviglia che, movendo di qui, l’applicazione e lo studio umani s’esercitassero di giorno in giorno nell’esprimere somiglianze fino al punto che, anche quando nella materia a disposizione non scorgevano alcun aiuto di somiglianze allo stato di abbozzo, poterono ugualmente ricavarne la figura che volevano. Leon Battista Alberti, De Scultura, 1450, p. 3 Queste opere sono state create nel periodo geologico del pleistocene, nell’ultima glaciazione del Wurm. Appartennero alla cultura del paleolitico superiore (dai trentamila ai dodicimila anni prima della nostra era). Le ultime ricerche con il metodo del C14 condotte sui vari dipinti dicono che la parte più importante è stata eseguita nell’arco di duemila anni intorno ai quindicimila anni fa. Lastra di pietra paesina Se tu riguarderai in alcuni muri imbrattati di varie macchie o pietre di vari misti, se avrai a invecionare qualche sito, potrai lì vedere similitudini di diversi paesi, ornati di montagne, fiumi, sassi, alberi, pianure, grandi valli e colli in diversi modi; ancora vi potrai vedere diverse battaglie, e atti pronti di figure, strane arie di volti e abiti e infinite cose, le quali tu potrai ridurre integra e bona forma. Leonardo Da Vinci, 1942 (tratto da Baltrusaitis, Aberrazioni, 1983) Pareidolia: “simile – immagine” La pareidolia è definita in diversi modi: come “un processo automatico della mente”, “una tendenza subconscia”, “un’illusione subconscia”, una tendenza soggettiva, ecc. In pratica si tratta di fenomeno normale e automatico di organizzazione del campo visivo – scissione fenomenica figura-sfondo, leggi di organizzazione gestaltiche, comparazione con templates (cioè macro modelli di entità percettive rilevanti, come la faccia umana) – che dà luogo alla percezione di raffigurazioni di oggetti, cui è aggiunta una volontà associativa-riconoscitiva conscia e proiettiva che attribuisce un significato particolare alla rappresentazione riconosciuta e che può essere regolata da diversi fattori psicologici, quali le emozioni (come la paura o il desiderio), bisogni trascendentali (fede religiosa), il gioco. Anche quando lo stimolo è ambiguo, il sistema visivo, in automatico, cerca di organizzare i dati in modo da segregare potenziali figure (entità fenomeniche rilevanti) dallo spazio circostante (lo sfondo, il “contenitore” in cui si trovano ad agire le entità, e che ha proprietà tali da definire le relazioni spaziali intercorrenti l’osservatore e le entità fenomeniche). Alla ricerca di senso: L’arte informale è una corrente artistica diffusasi a partire dagli anni 50 del secolo scorso. All’interno del programma dell’arte informale vi era anche l’idea di una perdita di valore della forma a favore della materia stessa di cui è fatta l’opera. Tuttavia, anche quando l’idea sarebbe quella di un’arte “oggettiva”, per cui l’opera si dovrebbe identificare con la materia stessa con cui è fatta, l’occhio umano va oltre la materia e vede relazioni spaziali che prescindono dalla pura materialità dell’opera. Forse in fondo questo è uno dei fattori sottostanti il fascino dell’arte informale. Alberto Burri, Cretto G1 (1975) Salvador Dalì, Apparizione di volto e coppa di frutta in una spiaggia (1938) Tavola V delle macchie di Rorschach Risposta comune: farfalla oppure pipistrello. !1 Psicologia dell’art Tavola VIII: La risposta più frequente sono gli animali a quattro zampe sui lati della macchia; qualunque animale va bene: leoni, maiali, orsi. Se non vengono visti, si presuppone qualche deficit mentale. A tutt'oggi sei milioni di persone all'anno si trovano a interpretare i disegni di Rorschach in un contesto clinico o legale. Esiste una International Rorschach Society che ha sedici affiliati nazionali (dall'Italia al Venezuela). Ma la tecnica di Rorschach è veramente un buon indicatore? Qual è lo statuto scientifico delle tecniche proiettive? Questo è l'argomento di un lungo e dettagliato saggio di Scott O. Lilienfeld, James M. Wood e Howard N. Garb, pubblicato sul numero di novembre 2000 di "Psychological Science in the Public Interest”. L'articolo contiene un esame comprensivo e imparziale della letteratura scientifica sulle tecniche proiettive in genere e dedica ampio spazio al Rorschach. I risultati non sono particolarmente incoraggianti. Gli studi indicano che il Rorschach tende a patologizzare i suoi soggetti, ovvero gli adulti normali tendono ad apparire patologici se ci si basa sul metodo di valutazione del Rorschach. Accade così che un sesto dei soggetti del campione di controllo appare schizofrenico. Non è chiaro perché le norme del Rorschach deviano così sensibilmente. Ma chi ha stabilito le norme interpretative del Rorschach? Stranamente, i manoscritti che descrivono gli studi preliminari di Exner non sono pubblici, per cui non è possibile ricostruire la genesi delle norme. Pare inoltre che il Rorschach sia tendenzioso rispetto a differenze culturali: le comunità afroamericane e indiane degli Stati Uniti danno risposte che deviano sistematicamente dalla norma; il test non sarebbe quindi generalizzabile. Il risultato più interessante riguarda la dipendenza del risultato del test dal numero delle risposte date. "Se un soggetto dà 14 risposte e un altro 28, quest'ultimo ha due volte più occasioni di riferire contenuti aggressivi (che si suppone indichino le caratteristiche di una personalità aggressiva) o immagini morbose (che si suppone indichino la depressione)". Si sa però che il numero delle risposte dipende da fattori culturali ed è correlato con l'intelligenza (misurata con test indipendenti). Il che significa che certe persone finiscono con l'essere considerate patologiche semplicemente perché danno più risposte. Curiosamente si tratta delle persone più intelligenti. La spiegazione di questa insufficienza del Rorschach? Pare semplicemente che non vi siano stati studi sufficienti sulla validità degli indici. Per esempio, le risposte che indicano la presenza di ombre dovrebbero essere un indice di ansietà. Per il senso comune questa teoria sembra proprio perfetta. Ma il fatto è che non si sono trovate correlazioni precise tra le risposte che privilegiano le ombre e la patologia che queste dovrebbero indicare. Fin qui, nulla di particolarmente inquietante. Scopriamo che possiamo giocare al Rorschach come abbiamo sempre fatto, in maniera del tutto innocente; siamo autorizzati a farlo né più né meno di quanto lo siano gli psicologi. Le nostre interpretazioni della maggior parte degli indici saranno altrettanto valide. Il problema delicato è quello dell'uso del Rorschach (e di altri strumenti di valutazione psicologica) nei contesti legali. Negli Stati Uniti è opinione comune tra gli esperti legali che il test, applicato ai bambini, sia in grado di rivelare se sono stati oggetto di violenza (child abuse). Anche qui, gli studi non sembrano probanti. Pare che si tenda a pubblicare risultati che sono statisticamente significativi e a lasciare nel cassetto risultati con poca ampiezza statistica. Questo fenomeno è noto come l'effetto del cassetto. "I redattori possono preferire manoscritti che includono risultati statisticamente significativi. Ma anche i ricercatori possono essere inclini a sottoporre manoscritti che includono risultati statisticamente significativi, pensando che possano essere accettati più facilmente". L'esame degli studi che riguardano l'applicazione del Rorschach all'indagine di violenze sui minori mostrerebbe proprio un effetto di questo tipo. Roberto Casati, “Le tavole del pregiudizio”, Il Sole 24 Ore, 29 aprile 2001 La percezione pittorica: La percezione pittorica è quella abilità di vedere oggetti e scene derivanti da condizioni di stimolazione che però non sono i corrispettivi fisici degli oggetti e delle scene raffigurate. Lo psicologo american James J. Gibson, che coniò il termine, parlò di un rapporto conflittuale a livello percettivo tra la natura propriamente fisica di un’immagine (per es. la materiale piattezza del supporto) e ciò che dentro di essa si è in grado di vedere. Egli ha definito questo rapporto come un paradosso. Il ruolo dell’esperienza passata: !2 Psicologia dell’art Considerando l’obiezione iniziale alla definizione di Vicario, e il principio di Kanizsa, possiamo giungere ad una nuova, e si spera migliore, definizione del termine mascheramento: Con il termine mascheramento si suole indicare quel particolare fenomeno per cui un oggetto, che sarebbe riconosciuto come tale nella sua unità ed integrità se osservato in “isolamento”, non appare invece visibile quando è compreso in un set di stimoli tali da indurre il sistema visivo a smembrare e/o inglobare l’unità originaria dell’oggetto stesso in nuove unità percettive. La nuova definizione, anche se più complessa, ha il vantaggio di delimitare il fenomeno, in quanto l’oggetto mascherato deve innanzitutto possedere una propria identità strutturale a livello percettivo, che in quanto tale deve poter essere recuperato sempre. Se l’operazione di recupero visivo è possibile solo in seguito ad un grosso sforzo cognitivo, allora non siamo di fronte ad un fenomeno di mascheramento, ma a una sorta di errore dello stimolo, in cui il fenomenologo dice che l’oggetto in questione è mascherato, quando in realtà l’oggetto in questione esiste come unità soltanto a livello cognitivo, ovvero nella mente del fenomenologo. Nell’esempio sotto, la configurazione di 4 punti organizzati a rombo è sicuramente contenuta nell’insieme a sinistra, ma si può parlare davvero di mascheramento? Un dipinto che riproduce un effetto di mimetismo (quindi di mascheramento). Questo disegno non mostra un effetto di mascheramento, ma gioca con le leggi di organizzazione della Gestalt per indurre la percezione di sagome di animali. Piuttosto, ad essere mascherato sono gli alberi, non le sagome degli animali. Infatti, quando si vedono le sagome degli animali gli alberi svaniscono. Non sono esempi di mascheramento, bensì di pareidolie indotte con maestria La cosa interessante riguardo al mascheramento sta nell’osservare che il sistema visivo procede ad una organizzazione automatica dell’informazione visiva derivante dagli stimoli, usando in modo dinamico principi quali la buona continuazione, la somiglianza, l’avvicinamento, insomma quegli stessi principi che garantiscono una segmentazione appropriata del campo visivo in unità discrete dotate di proprie caratteristiche figurali. I casi più spettacolari di mascheramento sono il mimetismo animale e di camouflage o camuffamento militare. In entrambi i casi lo scopo è quello di nascondersi agli occhi di un potenziale predatore o nemico, per mezzo di una integrazione mimetica con l’ambiente circostante. In tal modo, infatti, vi è una certa probabilità di passare inosservati in quanto scambiati come parte dell’ambiente (sfondo) o come parte di un oggetto poco interessante sul piano alimentare, per esempio essere scambiati per un ramo o per un sasso. Questa figura non maschera l’altra. È semplicemente il negativo dell’altra. Alcuni libri di testo riportano figure simili a questa per parlare di mascheramento, ma non è un vero caso di mascheramento: si vede tutto quello che c’è da vedere. Semmai, è una figura con poca informazione visiva relativa alla struttura di un viso umano. Alcune opere di Liu Bolin (1973) LA VEROSIMIGLIANZA: Verosimiglianza: Caratteristica di ciò che è simile o conforme al vero. Tensione costante alla verosimiglianza nell’arte figurativa dai suoi albori. La funzione è quello di rappresentare nel modo più “realistico” possibile ciò che realmente esiste, ma anche ciò che è frutto soltanto dell’immaginazione. Tensioni alla verosimiglianza sono presenti anche nell’arte contemporanea, anche se in forme diverse da come inteso con la definizione classica. Tali tensioni caratterizza inoltre altre forme di arte, dalla letteratura al cinema, dall’arte radiofonica al teatro. Brani tratti dall’articolo di Jennifer Rosenberg On Sunday, October 30, 1938, millions of radio listeners were shocked when radio news alerts announced the arrival of Martians. They panicked when they learned of the Martians' ferocious and seemingly unstoppable attack on Earth. Many ran out of their homes screaming while others packed up their cars and fled.Though what the radio listeners heard was a portion of Orson Welles' adaptation of the well-known book, War of the Worlds by H. G. Wells, many of the listeners believed what they heard on the radio was real. Before the era of T.V., people sat in front of their radios and listened to music, news reports, plays and various other programs for entertainment. In 1938, the most popular radio program was the !5 Psicologia dell’art "Chase and Sanborn Hour" which aired on Sunday evenings at 8 p.m. The star of the show was ventriloquist Edgar Bergen and his dummy Charlie McCarthy.Unfortunately for the Mercury group, headed by dramatist Orson Welles, their show, "Mercury Theatre on the Air," aired on another station at the very same time as the popular "Chase and Sanborn Hour." Welles, of course, tried to think of ways to increase his audience, hoping to take away listeners from the "Chase and Sanborn Hour."For the Mercury group's Halloween show that was to air on October 30, 1938, Welles decided to adapt H. G. Wells's well-known novel, War of the Worlds, to radio. Radio adaptations and plays up to this point had often seemed rudimentary and awkward. Instead of lots of pages as in a book or through visual and auditory presentations as in a play, radio programs could only be heard (not seen) and were limited to a short period of time (often an hour, including commercials).Thus, Orson Welles had one of his writers, Howard Koch, rewrite the story of War of the Worlds. With multiple revisions by Welles, the script transformed the novel into a radio play. Besides shortening the story, they also updated it by changing the location and time from Victorian England to present day New England. These changes reinvigorated the story, making it more personal for the listeners. Verosimiglianza nell’arte figurativa classica (pittura, arti grafiche, scultura): L’Alberti sostiene che l’arte nacque come tentativo di riprodurre il visibile. Il fine potrebbe essere di varia natura: celebrazione di eventi, religioso, racconto. In ogni caso si tratta di comunicazione. È necessario perciò chiedersi se vi sia uno stile migliore degli altri, che sia più fedele nel modo di rappresentare le qualità formali e materiali del mondo visibile. In verità già nell’arte preistorica vi sono non pochi esempi anche di raffigurazioni geometriche. Sono decorazioni o rappresentazioni simboliche? Qualsiasi fosse la funzione che erano chiamate ad assolvere, sono diversi gli studiosi che ritengono che le raffigurazioni geometriche in generale sono importanti esercizi del vedere e del ragionare miranti al controllo della superficie e dello spazio. La psicologia dell’arte e l’estetica sperimentale in passato si sono concentrate soprattutto sull’analisi dell’arte figurativa, individuando nella tensione alla verosimiglianza uno dei motori dell’evoluzione artistica. Quanto è realistica l’arte figurativa? L’uomo da sempre ha cercato di piegare la natura. L’artista tuttavia è sempre andato contro le rappresentazioni realistiche: il mondo infatti presenta irregolarità e imperfezioni, pur suggerendo all’osservatore la bellezza di proporzioni regolari e perfette. Compito dell’artista era quindi quello di rappresentare una natura perfetta, sostituendo le irregolarità e imperfezioni trovate in natura con regolarità e proporzioni ritenute ideali. In altre parole, l’arte figurativa mirava non tanto a imitare la natura, ma a superarla: il mondo rappresentato diventa luogo simbolico in cui la comunicazione era perseguita seguendo specifici canoni estetici. Si pone una distinzione tra imitazione e ritratto della natura: la prima deve rappresentare ciò che si vede, la seconda deve rappresentare ciò che si dovrebbe vedere se il mondo fosse perfetto. Il secondo rappresenta la vera sfida, che consiste nel perfezionare la natura, superandola in bellezza. È questo il programma implicito dell’arte figurativa, reso esplicito dal manierismo in poi. La natura, quindi, come generatrice e portatrice di “perfezione” va anzi tutto imitata. Ma il grande artista va oltre, supera la natura, appunto per equilibrare e aggiustare le sue disomogeneità e imperfezioni. È esistito quindi un atteggiamento ambivalente dell’arte verso la natura, che se da un lato è maestra da imitare, dall’altro lato è dimensione da giudicare e superare, correggendo la sua apparenza laddove necessario. (Ricordatevi le proporzioni ideali del corpo umano) Non ci si deve però scordare che l’uomo imita la natura anche ritraendo il “brutto”, che in natura si sostanzia in proporzioni esagerate, irregolarità e asimmetrie. Anche qui l’arte, pur ispirandosi alla natura, sembra andare oltre, individuando e perfezionando prototipi. Lo stile: Lo stile è una caratteristica formale costante che caratterizza la produzione artistica di un artista, di una bottega, di un gruppo di artisti, di una scuola, di un determinato periodo storico, di un determinato luogo geografico. Il problema dello stile s’interseca con il problema della verosimiglianza, in quanto ne condiziona la resa. Lo stile infatti caratterizza il segno figurativo, costituendosi come elemento che va oltre l’atto di imitare. Ovviamente, ogni epoca tende a vedere negli stili che le sono propri un superamento degli stili precedenti in segno di una maggiore aderenza alla realtà visiva, ovvero una migliore traduzione delle tensioni presenti nel contemporaneo. !6 Psicologia dell’art Dall’Enciclopedia Treccani: Pàolo III papa. - Alessandro Farnese (Canino 1468 - Roma 1549). Papa dal 1534, il suo pontificato fu segnato soprattutto dalla reazione contro il protestantesimo. Approvò l'ordine dei gesuiti, costituì la Congregazione del Sant'uffizio (Inquisizione romana, 1542) e infine, nel dicembre 1545, convocò il concilio di Trento. Fu inoltre grande mecenate e incline al nepotismo. Piero della Francesca, Federico da Montefeltro (1465, Galleria degli Uffizi, Firenze). Pedro Berruguete, Federico da Montefeltro con il figlio nello studiolo (1475-80, Galleria nazionale delle Marche, Urbino). Il naso occlude un bel po’ del campo visivo controlaterale all’occhio. Per un condottiero che ha perso un occhio durante una giostra, il naso può costituire un serio problema per il pieno monitoraggio del campo di battaglia. Il problema di Federico fu risolto attraverso un intervento chirurgico (uno dei primi interventi di chirurgia plastica di cui si ha notizia). The iconographic fortune of Federico da Montefeltro (1422-1482) Baby Federico, by Federico Barocci (born in Urbino 1535-1612). The painting should be in Palazzo Pitti in Firenze, and it is dated 1605 (see top of the painting). Federico Barocci was a manierist artist from Urbino, famous also for his engravings. Paintings like this and the following testify the growing myth around Federico da Montefeltro. La verisomiglianza e l’unicorno Come sono fatti gli unicorni? L’unicorno, come si cattura: C’è un animale che in greco è chiamato monocero, mentre in latino è detto unicorno. Il fisiologo dice che l'unicorno ha questa natura: è un animale molto piccolo, simile ad un capretto, alquanto aggressivo, ed ha un unico corno in mezzo alla fronte; nessun cacciatore è capace di catturarlo, ma con questa furbizia essi lo adescano: conducono una fanciulla vergine nel luogo dove egli si ferma, e la abbandonano sola nella foresta; lui, come vede la vergine, la abbraccia e si addormenta sul suo grembo e lì viene catturato dai suoi cacciatori e mostrato al palazzo del re. Così anche nostro Signore Gesù Cristo, come unicorno spirituale, scende nell'utero di una vergine, attraverso la sua carne ed è catturato dai Giudei e viene condannato a morte in croce, egli che si credeva sino a quel momento invisibile insieme con suo Padre. Il potere dell’evocazione: E se il fascino esercitato dalle immagini figurative risiedesse nel loro potere di evocare esperienze fenomeniche, a prescindere dalla reale possibilità di avere certe esperienza o incontri? Non bisogna scordare che spesso alle immagini – in particolar modo scene religiose, ritratti, rappresentazioni figurative – sono state attribuite effetti taumaturgici, apotropaici, e di protezione in generale contro le forze del male o eventi avversi. Il potere evocativo è immediatamente riconoscibile nell’arte della musica, ma è anche un fenomeno molto importante nella sensazione odorifera (un particolare odore può richiamare alla mente particolari esperienze del vissuto personale di un individuo). Le immagini figurative, invece, data la loro immediatezza e intrinseca “completezza” come esperienza visiva, possono essere evocative? Oppure ciò che in esse è rappresentato ha una consistenza fenomenica tale per cui non possono essere definite evocative in quanto si costituiscono come esperienza completa? Non si dà esperienza sensoriale che non sia infine anche evocativa sul piano cognitivo e/o affettivo. In altre parole, ogni esperienza sensoriale che superi la soglia della coscienza produce una nostra reazione, sia questa fisica (es. allontanamento, avvicinamento), cognitiva (es. attenzione, pensiero, ricordo), emotiva (es. gioia, paura), o una combinazione di reazioni. FIGURATIVO vs. ASTRATTO Figurativo: che rappresenta per mezzo di figure. Nell’arte, rappresentazione o interpretazione della realtà esterna senza prescindere da essa. !7 Psicologia dell’art Le teorie, per quanto incerte, tentano di spiegare il funzionamento di un qualche aspetto del mondo. 5. Arte: Alla fine del processo di valorizzazione, in cui il tempo gioca un ruolo decisivo ma non prevedibile, si giunge alla certezza dell’arte, costituita dall’insieme composito e diversificato delle opere d’arte. Dalla massa delle proposte necessariamente incerte emergono un numero limitato di risultati certi. I risultati non spiegano il mondo, ma possono rappresentare aspetti del mondo, nonché istanze ed esperienze del tutto soggettive eppure in parte condivisibili mediante l’opera stessa. Un risultato scientifico va compreso: la capacità di comprendere è un modo di essere dell’intelligenza. Chi non possiede gli strumenti intellettivi atti alla comprensione profonda di una scoperta scientifica può solo accettarla con un atto di fede. Un risultato artistico va interpretato. Mentre la comprensione è una dimensione che molto si avvicina al “tutto o niente”, l’interpretazione è un continuum che non possiede limite zero. Tutti possono interpretare un’opera d’arte, anche quando non conoscono la storia che sta dietro e/o dentro l’opera stessa. Non vi è alcun criterio oggettivo in grado di stabilire la falsità di un’interpretazione, in quanto chi interpreta lo fa anzi tutto per se stesso. Un risultato scientifico può essere riportato in diversi modi. Il risultato non cambia in base al modo in cui esso viene presentato. Inoltre, il risultato nuovo include quello precedente, il risultato precedente si dissolve in quello successivo. Un’opera d’arte è quella che è, e non può essere modificata di una virgola. Può dar luogo ad interpretazioni diverse, che possono essere confrontate con il testo originale, ma il testo originale non si dissolve nelle sue interpretazioni, né in opere ad esso successive, e non include al suo interno opere precedenti, benché possa fare riferimento ad opere precedenti. Jorge Luis Borges, (Buenos Aires 1899 – Ginevra 1986)—> Pierre Menard, autore del ‘Chisciotte’ (1944) è un breve racconto tratto dal volume Finzioni. Si tratta della storia di un bizzarro esperimento letterario, quello tentato da Pierre Menard di riscrivere nel Novecento l’indimenticabile romanzo seicentesco di Cervantes. L’esito è insieme comico e geniale: nello sforzo di reinventare nel presente il famoso capolavoro di Cervantes, Menard finisce con il ripeterlo alla perfezione. IL racconto di Borges in fin dei conti è un racconto divertito sul plagio letterario. “Chi insinua che Menard dedicò la sua vita a scrivere un Chisciotte contemporaneo, calunnia la sua chiara memoria. Non volle comporre un altro Chisciotte – ciò che è facile – ma il Chisciotte. Inutile specificare che non pensò mai a una trascrizione meccanica dell’originale; il suo proposito non era di copiarlo. La sua ambizione mirabile era di produrre alcune pagine che coincidessero – parola per parola e riga per riga – con quelle di Miguel de Cervantes (...). Il metodo che immaginò da principio, era relativamente semplice. Conoscere bene lo spagnolo, recuperare la fede cattolica, guerreggiare contro i mori o contro il turco, dimenticare la storia d’Europa tra il 1602 e il 1918, essere Miguel de Cervantes. Menard studiò questo procedimento (so che giunse a una padronanza sufficiente dello spagnolo del secolo XVII) ma lo scartò perché facile. Piuttosto, perché impossibile! dirà il lettore. D’accordo, ma l’impresa era già impossibile in partenza, e di tutti gli impossibili mezzi per condurla a termine, questo era il meno interessante. Essere nel secolo XX un romanziere del secolo XVII gli parve simulazione. Essere in qualche modo Cervantes, e giungere così al Chisciotte, gli parve meno arduo – dunque meno interessante – che restare Pierre Menard e giungere al Chisciotte attraverso le esperienze di Pierre Menard (...)(...) il frammentario Chisciotte di Menard è più sottile di quello di Cervantes (…) Il raffronto tra la pagina di Cervantes e quella di Menard è senz’altro rivelatore. Il primo, per esempio, scrisse (Don Chisciotte, parte I, capitolo IX):... LA VERITÀ, LA CUI MADRE È LA STORIA, EMULA DEL TEMPO, DEPOSITO DELLE AZIONI, TESTIMONE DEL PASSATO, ESEMPIO E NOTIZIA DEL PRESENTE, AVVISO DELL’AVVENIRE. Scritta nel secolo XVII, scritta dall’ingenio lego Cervantes, quest’enumerazione è un mero elogio retorico della storia. Menard, per contro, scrive: ...LA VERITÀ, LA CUI MADRE È LA STORIA, EMULA DEL TEMPO, DEPOSITO DELLE AZIONI, TESTIMONE DEL PASSATO, ESEMPIO E NOTIZIA DEL PRESENTE, AVVISO DELL’AVVENIRE. !10 Psicologia dell’art La storia, madre della verità; l’idea è meravigliosa. Menard, contemporaneo di William James, non vede nella storia l’indagine della realtà, ma la sua origine. La verità storica, per lui, non è ciò che avvenne, ma ciò che noi giudichiamo che avvenne. Le clausole finali – esempio e notizia del presente, avviso dell’avvenire – sono sfacciatamente pragmatiche.Altrettanto vivido il contrasto degli stili. Lo stile arcaicizzante di Menard resta straniero, dopo tutto, e non senza qualche affettazione. Non così quello del precursore, che maneggia con disinvoltura lo spagnolo corrente della propria epoca.Non v’è esercizio intellettuale che non sia finalmente inutile. Una dottrina filosofica è al principio una descrizione verosimile dell’universo; passano gli anni, ed è un semplice capitolo – quando non un paragrafo o un nome – della storia della filosofia. Nelle opere letterarie, questa caducità finale è ancora più evidente. Il Chisciotte – mi diceva Menard – fu anzitutto un libro gradevole; ora è un’occasione di brindisi patriottici, di superbia grammaticale, di oscene edizioni di lusso. La gloria è una forma d’incomprensione, forse la peggiore”. Il prodotto scientifico è indipendente dal modo e dallo stile con cui è presentato: un resoconto verbale, un grafico, una formula, non alterano la sostanza del prodotto scientifico. Il prodotto artistico è imprescindibile dalla sua forma. L’arte non può prescindere dalla forma con cui è espressa. Anche l’arte concettuale, che rifiuta la forma, non può prescindere da un’ancoraggio materiale, senza la quale l’opera non potrebbe esistere. Nel caso de Linea di lunghezza infinita di Piero Manzoni, il contenitore cilindrico è il segno materiale che concretizza l’esistenza del’opera. Vantaggi? Una ri-unificazione di scienza e arte è funzionale soltanto all’industria culturale, non certo alle due discipline. I modi di procedere, i risultati ottenuti e ottenibili, gli scopi stessi, ed i linguaggi utilizzati sono intrinsecamente diversi. L’artista non è un neuroscienziato: il suo scopo non è quello di studiare o di spiegare il funzionamento del cervello, bensì quello di determinare in un osservatore una determinata esperienza estetica. Il neuroscienziato (e lo psicologo) non è un artista: il suo scopo non è quello di creare forme o di rappresentare istanze umane, bensì quello di comprendere i meccanismi sottostanti il comportamento umano. La scienza rincorre la verità attraverso lo studio della realtà. L’arte relativizza la verità, e nel fare ciò può anche prescindere del tutto dalla realtà. Tesi di Semir Zeki: Tesi # 2: Arte e cervello hanno una funzione comune: acquisizione di conoscenza. La funzione dell’arte è dunque un’estensione della funzione del cervello. Tesi # 5: L’artista è un neuroscienziato in quanto comprende in modo istintivo il funzionamento del cervello per quanto concerne le componenti comuni dell’organizzazione visiva ed emotiva. ARTE E COMUNICAZIONE: Comunicazione: - Atto del trasmettere ad altri; - Atto del trovarsi in contatto con altri; - Processo mediante il quale l’informazione viene trasmessa tra due sistemi; - Collegamento materiale. - Un processo per mezzo del quale l’informazione è scambiata tra individui per mezzo di un sistema comune di simboli. Informazione: - La comunicazione o ricezione di conoscenza; - Conoscenza ottenuta mediante l’investigazione, lo studio, o l’istruzione; - L’attributo inerente a e comunicato da una sequenza o arrangiamento di un insieme di elementi che produce effetti specifici; - Un segnale o segno che rappresenta dati; - Qualche cosa (messaggio, dati, immagine) che giustifica un cambiamento di costrutto (come un piano o una teoria) che rappresenta esperienze fisiche, mentali, oppure un altro costrutto. !11 Psicologia dell’art Nozioni fondamentali: 1) Rapporti umani mediati dalla comunicazione. 2) Un sistema vivente (che respira, si riproduce e si adatta) è differente per il modo in cui utilizza l’informazione rispetto ad una macchina che funziona in base ai principi della meccanica classica (legame di tipo causa-effetto con esiti prevedibili). 3) Il problema della comunicazione non risiede nel contenuto o nella natura dell’informazione, ma nel modo in cui l’informazione è definita, riconosciuta, orientata e utilizzata. I gradi di libertà della comunicazione—> 1. Rigida: la comunicazione di tipo meccanica; un solo mezzo, un solo modo. Questo vale anche per tutti gli apparecchi digitali. 2. Vincolata: la comunicazione di tipo biologico; numero finito di elementi informativi, risultati virtualmente infiniti ma parzialmente prevedibili. 3. Aperta: la comunicazione che caratterizza i rapporti umani; numero infinito di elementi che si rinnovano continuamente. Nella comunicazione aperta le caratteristiche dell’informazione non sono né stabili né rigide. In questo tipo di comunicazione l’informazione che circola deve rinnovarsi di continuo affinché il processo di comunicazione rimanga attivo (Massironi, 218). Forse Massironi fa una leggera svista: non è solo l’informazione che deve rinnovarsi, ma talvolta anche le modalità con cui è trasmessa (forma, stile, elementi simbolici, ecc.) La comunicazione di tipo aperto è libera da regole? La comunicazione di tipo aperto obbedisce alle regole interpretative. L’interpretazione può spiegare gli eventi a posteriori e non ha perciò un potere predittivo. Esempio: la Storia può interpretare la natura dei fatti accaduti, tentare di spiegare quanto sta accadendo, ma può soltanto opinare una ragionevole direzione di sviluppo di eventi in corso. Non può predire il futuro. Nessuna scienza è in grado di fare ciò, tuttavia le scienze che studiano fenomeni naturali, come la meteorologia, hanno maggiore capacità predittive rispetto a scienze legate al comportamento umano (come per esempio le scienze economiche). I processi che guidano l’interpretazione sono successivi ai processi che raccolgono l’informazione e la strutturano. Gli organismi viventi raccolgono l’informazione attraverso i sensi. I dati stimolatori sono organizzate in forme in maniera automatica, secondo modalità largamente indipendenti dalla volontà dell’organismo senziente. Comprendere il modo in cui l’informazione sensoriale (informazione che è in grado di stimolare i recettori sensoriali) è organizzato in unità significative può essere un passo importante nella comprensione profonda delle dinamiche di comunicazione tra organismi viventi. Esperienza passata: L’esperienza passata è un fattore di tipo empirico: a parità di altre condizioni, il campo visivo si strutturerebbe anche in funzione delle nostre esperienze passate, in modo che sarebbe favorita la costituzione di oggetti con i quali abbiamo familiarità. Il ruolo dell’esperienza passata risulta essere marginale, se messa in conflitto con altri fattori quali la buona continuazione, la chiusura, ecc. È un errore abbastanza comune pensare che il sapere come stiano le cose determini il modo in cui noi vediamo il mondo. Di fatto, la conoscenza è fondamentale nei processi di riconoscimento (oggetti, volti umani, lettere, ecc.), ma questi stessi processi sono successivi ai processi di strutturazione del campo visivo, i quali ultimi obbediscono probabilmente a principi di natura deterministica, che prescindono dalle nostre conoscenze pregresse. Sotto vedete una figura tratta da Michotte. Pur sapendo che uno solo di quelle tre strutture è un triangolo, non riuscite a fare a meno di vedere tre triangoli completi quando la figura è parzialmente occlusa nelle sue parti critiche da una striscia. Il fenomeno illustrato da questa figura si chiama completamento amodale. Con lo sviluppo delle scienze informatiche, della teoria dell’informazione, e degli studi sull’intelligenza artificiale, si è andato delineando un nuovo approccio al comprensione di come funzioni il sistema visivo. Il più autorevole tra questi approcci è stata la teoria computazionale di David Marr (1982)—> SLIDE !12 Psicologia dell’art Sappiamo dalla storia del nostro popolo che esso si compone di un certo numero di razze più o meno differenziate, che nel corso dei secoli, sotto l'influsso plasmante di un nucleo razziale dominante, hanno prodotto quella mescolanza che oggi noi abbiamo dinanzi agli occhi appunto nel nostro popolo. Questa forza che un tempo plasmò il popolo, che perciò tuttora agisce, risiede nella stessa umanità ariana che noi riconosciamo non solo quale depositaria della nostra cultura propria, ma anche delle antiche culture che ci hanno preceduto. Questa formula di composizione del nostro carattere nazionale determina la poliedricità del nostro specifico sviluppo culturale, come anche la naturale parentela che ne deriva con i popoli e le culture dei nuclei razziali simili appartenenti alla famiglia dei popoli europei. Tuttavia noi, che viviamo nel popolo tedesco il risultato finale in questo graduale sviluppo storico, auspichiamo un'arte che anche al suo interno tenga sempre più conto del processo di unificazione di questa compagine razziale e di conseguenza assuma un indirizzo organico ed unitario". Dalla lettura di brani estratti dal discorso di Hitler emergono l’idea di forma e di stile quale identificatori di una tensione nazionale incarnata nell’ideale ariano (“nucleo razziale dominante”). Forma e stile devono essere costanti nel tempo. Il sublime deve essere immobile, asservito ad un potere assoluto. Arte e fascismo Esiste un evidente duplice rapporto fra il mondo dell’arte e della cultura ed il fascismo. Cronologicamente parlando si può dire che l'arte abbia anticipato e/o preparato i temi e le concezioni storico-politiche del movimento mussoliniano subito prima, e subito dopo, la Grande Guerra. E' il caso del futurismo, avanguardia artistica di rottura sovvertitrice del mondo esistente, e per questo carica di tensioni innovative ed antiborghesi, in simbiosi con lo spirito dei Fasci da Combattimento, prima formazione politica - dalla valenza fortemente antisistemica e rivoluzionaria - partorita da Mussolini. Dall'altra parte, con il consolidamento del potere e la degenerazione della monarchia parlamentare italiana in dittatura, nasce un’arte filofascista, servile, funzionale ai riti autocelebrativi del regime, qualitativamente mediocre, in alcuni casi; insieme ad essa si forma una cultura necessariamente sottodeterminata dagli intenti propagandistici del nuovo potere, funzionale all'indottrinamento ed alla creazione di un'ideologia di massa. Figaro: 20 febbraio 1909 1. Noi vogliamo cantare l'amor del pericolo, l'abitudine all'energia e alla temerità. 2. Il coraggio, l'audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia. 3. La letteratura esaltò fino ad oggi l'immobilità pensosa, l'estasi e il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno. 4. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità. Un automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall'alito esplosivo... un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia. 5. Noi vogliamo inneggiare all'uomo che tiene il volante, la cui asta ideale attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita. 6, Bisogna che il poeta si prodighi, con ardore, sfarzo e munificenza, per aumentare l'entusiastico fervore degli elementi primordiali. 7. Non v'è più bellezza, se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. La poesia deve essere concepita come un violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all'uomo. 8. Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!... Perché dovremmo guardarci alle spalle, se vogliamo sfondare le misteriose porte dell'Impossibile? Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo già nell'assoluto, poiché abbiamo già creata l'eterna velocità onnipresente. 9. Noi vogliamo glorificare la guerra - sola igiene del mondo - il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna. 10. Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d'ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica o utilitaria. 11. Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa: canteremo le maree multicolori o polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne; canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri incendiati da violente lune elettriche; le stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano; le officine appese alle nuvole pei contorti fili dei loro fumi; !15 Psicologia dell’art i ponti simili a ginnasti giganti che scavalcano i fiumi, balenanti al sole con un luccichio di coltelli; i piroscafi avventurosi che fiutano l'orizzonte, le locomotive dall'ampio petto, che scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli d'acciaio imbrigliati di tubi, e il volo scivolante degli aeroplani, la cui elica garrisce al vento come una bandiera e sembra applaudire come una folla entusiasta. È dall'Italia, che noi lanciamo pel mondo questo nostro manifesto di violenza travolgente e incendiaria, col quale fondiamo oggi il «Futurismo», perché vogliamo liberare questo paese dalla sua fetida cancrena di professori, d'archeologhi, di ciceroni e d'antiquarii. Già per troppo tempo l'Italia è stata un mercato di rigattieri. Noi vogliamo liberarla dagl'innumerevoli musei che la coprono tutta di cimiteri innumerevoli. Musei: cimiteri!... Identici, veramente, per la sinistra promiscuità di tanti corpi che non si conoscono. Musei: dormitori pubblici in cui si riposa per sempre accanto ad esseri odiati o ignoti! Musei: assurdi macelli di pittori e scultori che varino trucidandosi ferocemente a colpi di colori e di linee, lungo le pareti contese! Che ci si vada in pellegrinaggio, una volta all'anno, come si va al Camposanto nel giorno dei morti... ve lo concedo. Che una volta all'anno sia deposto un omaggio di fiori davanti alla Gioconda, ve lo concedo... Ma non ammetto che si conducano quotidianamente a passeggio per i musei le nostre tristezze, il nostro fragile coraggio, la nostra morbosa inquietudine. Perché volersi avvelenare? Perché volere imputridire? E che mai si può vedere, in un vecchio quadro, se non la faticosa contorsione dell'artista, che si sforzò di infrangere le insuperabili barriere opposte al desiderio di esprimere interamente il suo sogno?... Ammirare un quadro antico equivale a versare la nostra sensibilità in un'urna funeraria, invece di proiettarla lontano, in violenti getti di creazione e di azione. Volete dunque sprecare tutte le forze migliori, in questa eterna ed inutile ammirazione del passato, da cui uscite fatalmente esausti, diminuiti e calpesti? In verità io vi dichiaro che la frequentazione quotidiana dei musei, delle biblioteche e delle accademie (cimiteri di sforzi vani, calvarii di sogni crocifissi, registri di slanci troncati! ... ) è, per gli artisti, altrettanto dannosa che la tutela prolungata dei parenti per certi giovani ebbri del loro ingegno e della loro volontà ambiziosa. Per i moribondi, per gl'infermi, pei prigionieri, sia pure: - l'ammirabile passato è forse un balsamo ai loro mali, poiché per essi l'avvenire è sbarrato... Ma noi non vogliamo più saperne, del passato, noi, giovani e forti futuristi! E vengano dunque, gli allegri incendiarii dalle dita carbonizzate! Eccoli! Eccoli!... Suvvia! date fuoco agli scaffali delle biblioteche!... Sviate il corso dei canali, per inondare i musei!... Oh, la gioia di veder galleggiare alla deriva, lacere e stinte su quelle acque, le vecchie tele gloriose!... Impugnate i picconi, le scuri, i martelli e demolite senza pietà le città venerate! I più anziani fra noi, hanno trent'anni: ci rimane dunque almeno un decennio, per compier l'opera nostra. Quando avremo quarant'anni, altri uomini più giovani e più validi di noi, ci gettino pure nel cestino, come manoscritti inutili. Noi lo desideriamo! Verranno contro di noi, i nostri successori; verranno di lontano, da ogni parte, danzando su la cadenza alata dei loro primi canti, protendendo dita adunche di predatori, e fiutando caninamente, alle porte delle accademie, il buon odore delle nostre menti in putrefazione, già promesse alle catacombe delle biblioteche. Ma noi non saremo là... Essi ci troveranno alfine - una notte d'inverno - in aperta campagna, sotto una triste tettoia tamburellata da una pioggia monotona, e ci vedranno accoccolati accanto ai nostri aeroplani trepidanti e nell'atto di scaldarci le mani al fuocherello meschino che daranno i nostri libri d'oggi fiammeggiando sotto il volo delle nostre immagini. Essi tumultueranno intorno a noi, ansando per angoscia e per dispetto, e tutti, esasperati dal nostro superbo, instancabile ardire, si avventeranno per ucciderci, spinti da un odio tanto più implacabile inquantoché i loro cuori saranno ebbri di amore e di ammirazione per noi. La forte e sana Ingiustizia scoppierà radiosa nei loro occhi. - L'arte, infatti, non può essere che violenza, crudeltà ed ingiustizia. I più anziani fra noi hanno trent'anni: eppure, noi abbiamo già sperperati tesori, mille tesori di forza, di amore, d'audacia, d'astuzia e di rude volontà; li abbiamo gettati via impazientemente, in furia, senza contare, senza mai esitare, senza riposarci mai, a perdifiato... Guardateci! Non siamo ancora spossati! I nostri cuori non sentono alcuna stanchezza, poiché sono nutriti di fuoco, di odio e di velocità!... Ve ne stupite?... E logico, poiché voi non vi ricordate nemmeno di aver vissuto! Ritti sulla cima delmondo, noi scagliamo una volta ancora, la nostra sfida alle stelle! Ci opponete delle obiezioni?... Basta! Basta! Le conosciamo... Abbiamo capito!... La nostra bella e mendace intelligenza ci afferma che noi siamo il riassunto e il prolungamento degli avi !16 Psicologia dell’art nostri. - Forse!... Sia pure!... Ma che importa? Non vogliamo intendere!... Guai a chi ci ripeterà queste parole infami!... Alzare la testa!... Ritti sulla cima del mondo, noi scagliamo, una volta ancora, la nostra sfida alle stelle!... Manifesto della Pittura Futurista (11/02/1910 Umberto Boccioni , Carlo Dalmazzo Carrà , Luigi Russolo, Giacomo Balla , Gino Severini) Agli artisti giovani d'Italia! Il grido di ribellione che noi lanciamo, associando i nostri ideali a quelli dei poeti futuristi, non parte già da una chiesuola estetica, ma esprime il violento desiderio che ribolle oggi nelle vene di ogni artista creatore. Noi vogliamo combattere accanitamente la religione fanatica, incosciente e snobistica del passato, alimentata dall'esistenza nefasta dei musei. Ci ribelliamo alla supina ammirazione delle vecchie tele, delle vecchie statue, degli oggetti vecchi e all'entusiasmo per tutto ciò che è tarlato, sudicio, corroso dal tempo, e giudichiamo ingiusto, delittuoso, l'abituale disdegno per tutto ciò che è giovane, nuovo e palpitante di vita. Compagni! Noi vi dichiariamo che il trionfante progresso delle scienze ha determinato nell'umanità mutamenti tanto profondi, da scavare un abisso fra i docili schiavi del passato e noi liberi, noi sicuri della radiosa magnificenza del futuro. Noi siamo nauseati dalla pigrizia vile che dal Cinquecento in poi fa vivere i nostri artisti d'un incessante sfruttamento delle glorie antiche. Per gli altri popoli, l'Italia è ancora una terra di morti, un'immensa Pompei biancheggiante di sepolcri. L'Italia invece rinasce, e al suo risorgimento politico segue il risorgimento intellettuale. Nel paese degli analfabeti vanno moltiplicandosi le scuole: nel paese del dolce far niente ruggono ormai officine innumerevoli: nel paese dell'estetica tradizionale spiccano oggi il volo ispirazioni sfolgoranti di novità. È vitale soltanto quell'arte che trova i propri elementi nell'ambiente che la circonda. Come i nostri antenati trassero materia d'arte dall'atmosfera religiosa che incombeva sulle anime loro, cosi noi dobbiamo ispirarci ai tangibili miracoli della vita contemporanea, alla ferrea rete di velocità che avvolge la Terra, ai transatlantici, alle Dreadnought, ai voli meravigliosi che solcano i cieli, alle audacie tenebrose dei navigatori subacquei, alla lotta spasmodica per la conquista dell'ignoto. E possiamo noi rimanere insensibili alla frenetica attività delle grandi capitali, alla psicologia nuovissima del nottarnbulismo, alle figure febbrili del viveur, della cocotte, dell'apache, e dell'alcolizzato? Volendo noi pure contribuire al necessario rinnovamento di tutte le espressioni d'arte, dichiariamo guerra, risolutamente, a tutti quegli artisti e a tutte quelle istituzioni che, pur camuffandosi d'una veste di falsa modernità, rimangono invischiati nella tradizione, nell'accademismo, e sopratutto in una ripugnante pigrizia cerebrale. Noi denunciamo al disprezzo dei giovani tutta quella canaglia incosciente che a Roma applaude a una stomachevole rifioritura di classicismo rammollito; che a Firenze esalta dei nevrotici cultori d'un arcaismo ermafrodito; che a Milano rimunera una pedestre e cieca manualità quarantottesca; che a Torino incensa una pittura da funzionari governativi in pensione, e a Venezia glorifica un farraginoso patinume da alchimisti fossilizzati! Insorgiamo, insomma, contro la superficialità, la banalità e la facilità bottegaia e cialtrona che rendono profondamente spregevole la maggior parte degli artisti rispettati di ogni regione d’Italia. Via, dunque, restauratori prezzolati di vecchie croste! Via, archeologhi affetti da necrofilia cronica! Via, critici, compiacenti lenoni! Via, accademie gottose, professori ubbriaconi e ignoranti! Via! Domandate a questi sacerdoti del vero culto, a questi depositari delle leggi estetiche, dove siano oggi le opere di Giovanni Segantini; domandate loro perché le Commissioni ufficiali non si accorgano dell'esistenza di Gaetano Previati; domandate loro dove sia apprezzata la scultura di Medardo Rosso!... E chi si cura di pensare agli artisti che non hanno vent'anni di lotte e di sofferenze, ma che pur vanno preparando opere destinate ad onorare la patria? Hanno ben altri interessi da difendere, i critici pagati! Le esposizioni i concorsi, la critica superficiale e non mai disinteressata condannano l'arte italiana all'ignominia di una vera prostituzione! E che diremo degli specialisti? Suvvia! Finiamola, coi Ritrattisti, cogl'Internisti, coi Laghettisti, coi Montagnisti!... Li abbiamo sopportati abbastanza, tutti codesti impotenti pittori da villeggiatura! Finiamola con gli sfregiatori di marmi che ingombrano le piazze e profanano i cimiteri! Finiamola con l'architettura affaristica degli appaltatori di cementi armati! Finiamola coi decoratori da strapazzo, coi falsificatori di ceramiche, coi cartellonisti venduti e cogli illustratori sciatti e balordi! Ed ecco le nostre conclusioni recise: Con questa entusiastica adesione al futurismo, noi vogliamo: !17 Psicologia dell’art Anche in Italia abbiamo i nostri Haring e Basquiat, street artist "prestati" (qualcuno dice "venduti") al sistema dell'arte ufficiale. Dopo aver a lungo praticato l’anonimato e l’attività di riappropriazione degli spazi pubblici, specie nell’area bolognese, oggi Blu ed Erica il Cane, da qualche tempo uniti in un sodalizio creativo particolarmente fecondo, sembrano destinati a passare dalla clandestinità all’ufficialità, dalla frequentazione dei centri sociali a quella dei salotti chic del rutilante mondo dell’arte. Mostre, pubblicazioni monografiche a quattro mani, collaborazioni con riviste specializzate, gallerie che ci stanno facendo più d’un pensierino. L’ultima uscita, la ricorderete, addirittura nella collettiva superfighetta Untitled all’ex Faema di Milano, Zonaventura. Per i più è stata una scoperta, con quel loro muro di fondo “impacchettato” a proteggerlo dal vandalo gesto. Per noi di Exibart, che Blu lo segnalammo già nel 2001 (con un ampio articolo addirittura di Alfredo Sigolo) e dunque in tempi non sospetti, solo la conferma del nostro occhio lungo. Ma per la serie “noi preferiamo ricordarli così”, ci va di cogliere l’occasione di una recente partecipazione dei due ad un festival internazionale di artisti strada in Nicaragua, per mostrarne un lavoro che oltre ad essere bello, ha anche un particolare significato sociale e storico. Il festival “Murales de octubre” infatti è un progetto di arte pubblica, curato da Alicia Zamora e Stefeno Questioli, che ha visto la partecipazione di artisti nicaraguensi, italiani, guatemaltechi e costaricensi per ricordare, commemorare e protestare contro la cancellazione, negli anni ’90, dei murales nella Av. Bolìvar, dipinti negli anni ’80 e divenuti simbolo della rivoluzione sandinista. (Pubblicato il 7/12/2005) Il fascino di alcune delle opere murali si ricollega alla ricerca visiva fatta da artisti delle avanguardie del ‘900, come Klee, che nelle loro opere hanno ricreato una impressione di sfondo murale. Paul Klee, Angelus novus, (1920, Berna, Zentrum Paul Klee) ... e se la Guernica (1937) di Picasso invece di essere realizzato sulla tela fosse stata eseguita sopra un muro nel 2012? Sarebbe ancora arte oppure frutto di un atto vandalico? Una delle caratteristiche degli artisti della street art, o dell’arte urbana, è la riconoscibilità, che talvolta coincide con il segno grafico stesso, ma il più delle volte riguarda il modo di creare i personaggi. I detrattori di queste forme espressive infatti affermano che i prodotti visivi sono simili al mondo del fumetto. Ma se guadiamo un Picasso, un Otto Dix, un Klee, o uno Chagall, non possiamo forse affermare la stessa cosa? La cifra della differenza sta invece nella globalizzazione del fenomeno, con lo sviluppo di un linguaggio specifico benché ancora filtrato dalla cultura autoctona. Uno degli aspetti più interessanti è la formazione di sodalizi artistici di breve o lungo respiro. Questo aspetto della condivisione è piuttosto raro tra gli artisti dell’arte ufficiale e forse sta ad indicare l’aspetto più sociale dell’arte urbana. Il surrealismo e i riferimenti fiabeschi sono spesso presenti in molta arte urbana. Ma gli stessi elementi caratterizzano anche autori della cosiddetta arte ufficiale. Fenomeno espressivo globalizzato L’artista STeW a lavoro in Parigi: L’utilizzo di lettering con stencil dà un’aria di ufficialità all’opera. L’utilizzo degli stencil in arte risale però al cubismo Opera di Vhils (Alexandre Farkto) a Mosca. Per realizzare le sue opere, Vhils non usa colori, ma “spoglia” in modo selettivo l’intonaco dalle pareti. “Murarte: da una libera espressione ad interventi di estetica urbana” è un progetto innovativo del Settore Politiche Giovanili della Città di Torino, Ufficio Creatività e Autonomia, che prevede la destinazione di alcune superfici murarie ad interventi artistici che partano dalle attività del Writing e che si sviluppino in opportunità di espressione più allargata. Il progetto Murarte, presentato ufficialmente nel ’99, nasce principalmente, dall’esigenza di affrontare due diverse tematiche urbane: da una parte, l’esigenza di agire nel riconoscere alcune realtà artistico-giovanili spesso sconosciute e clandestine ma che nascondono una forte potenzialità di espressione e creatività; dall’altra, la necessità di attivare nuove iniziative a basso costo per combattere il degrado fisico di alcune parti della nostra città migliorandone la percezione. Ecco che, alcuni muri della città, si trasformano in una originale “tela urbana” pronta ad accogliere la creatività dei giovani di Murarte che, grazie ad un tesserino ed una lettera di autorizzazione !20 Psicologia dell’art rilasciati dal Comune, saranno, per un tempo minimo di quattro mesi, i realizzatori ed i gestori della porzione di superficie muraria a loro assegnata. Il rapporto tra l’Amministrazione, i giovani di Murarte ed i cittadini è riassunto in un regolamento composto da dieci punti di semplice comprensione che gli aderenti all’iniziativa sono invitati a rispettare. Muralismo messicano, muralismo italiano Il modello di riferimento più famoso di muralismo è quello messicano, nato intorno agli anni venti come espressione di quelli che erano gli ideali circa la politica, l'arte e il ruolo svolto dalla cultura. I "tre grandi" furono Diego Rivera, Josè Clemente Orozco e Alfaro David Siqueiros. Questi credevano in un'arte collettiva che potesse essere goduta da larghi strati di società. Infatti, collocavano le loro opere in luoghi pubblici di larga frequentazione. I temi principali riguardano la narrazione del mondo precolombiano e delle sue tradizioni, che non bisognava dimenticare, e il periodo che va dalla conquista spagnola fino all'avvio dell'epoca moderna, culminata nella rivoluzione del 1910. Dal Manifesto della pittura murale di Mario Sironi: [...] La pittura murale è pittura sociale per eccellenza. Essa opera sull'immaginazione popolare più direttamente di qualunque altra forma di pittura, e più direttamente ispira le arti minori. L'attuale rifiorire della pittura murale, e soprattutto dell'affresco, facilita l'impostazione del problema dell'Arte Fascista. Infatti: sia la pratica destinazione della pittura murale (edifici pubblici, luoghi comunque che hanno una civica funzione), siano le leggi che la governano, sia il prevalere in essa dell'elemento stilistico su quello emozionale, sia la sua intima associazione con l'architettura, vietano all'artista di cedere all'improvvisazione e ai facili virtuosismi. Lo costringono invece a temprarsi in quella esecuzione decisa e virile, che la tecnica stessa della pittura murale richiede: lo costringono a maturare la propria invenzione e a organizzarla compiutamente. Nessuna forma di pittura nella quale non predomini l'ordinamento e il rigore della composizione, nessuna forma di pittura “di genere” resistono alla prova delle grandi dimensioni e della tecnica murale. Dalla pittura murale sorgerà lo “Stile Fascista”, nel quale la nuova civiltà si potrà identificare. La funzione educatrice della pittura è soprattutto una questione di stile. Più che mediante il soggetto (concezione comunista), è mediante la suggestione dell'ambiente, mediante lo stile che l'arte riescirà a dare un'impronta nuova all'anima popolare. [...] A ogni singolo artista poi, s'impone un problema di ordine morale. L'artista deve rinunciare a quell'egocentrismo che, ormai, non potrebbe che isterilire il suo spirito, e diventare un artista “militante”, cioè a dire un artista che serve un'idea morale, e subordina la propria individualità all'opera collettiva. Non si vuole propugnare con ciò un anonimato effettivo, che ripugna al temperamento italiano, ma un intimo senso di dedizione all'opera collettiva. Noi crediamo fermamente che l'artista deve ritornare a essere uomo tra gli uomini, come fu nelle epoche della nostra più alta civiltà. Mario Sironi, L’Italia corporativa (1936, 1937, Milano, Palazzo dei Giornali) Il caso Belfast, Irlanda del Nord. Quanta strada separa gli artisti di graffiti dall’arte murale? Perché la pubblicità è arredo urbano ma non è arte? Eppure le si riconosce una valenza estetica. Perché i graffiti non sono considerati arredo urbano? Chi decide quale opera di graffiti è arte, e in base a quali criteri viene presa una simile decisione? Il caso Banksy: fusione perfetta tra semplicità sul piano visivo e complessità sul piano semantico. La critica al sistema esercitata entro il sistema e quindi finanziata dal sistema stesso. N.B. La frase attribuita a Picasso ha origine in un articolo intitolato “Imitators and Plagiarists” pubblicato in The Gentleman’s Magazine nel 1892. L’autore, W. H. Davenport Adams, parlava del poeta Alfred Tennyson, dimostrando come il poeta avesse costruito i propri versi basandosi sugli sforzi di poeti antecedenti a lui. Of Tennyson’s assimilative method, when he adopts an image or a suggestion from a predecessor, and works it up into his own glittering fabric, I shall give a few instances, offering as the result and summing up of the preceding inquiries a modest canon: “That great poets imitate and improve, whereas small ones steal and spoil.” Nel 1920, il grande poeta T.S. Eliot pubblicò un saggio sulla poesia in cui cambiò il senso di quella frase: One of the surest of tests is the way in which a poet borrows. Immature poets imitate; !21 Psicologia dell’art mature poets steal; bad poets deface what they take, and good poets make it into something better, or at least something different. NOTA BENE: le affermazioni di T.S. Eliot, di Pablo Picasso e Banksy può avere un suo valore, e quindi giustificabile, soltanto nel dominio delle arti, avendo un significato molto profondo che investe sia le componenti semantiche che quelle estetiche delle opere d’arte. In sostanza, si tratta dell’abilità di determinare nuove visioni (valori) partendo da elementi già noti, raggiungendo quindi nuovi significati che si aggiungono a quelli precedenti senza peraltro sostituirsi ad essi, ma anzi spesso in pieno dialogo con essi. Quelle stesse affermazioni, invece non alcuno alcun senso nel dominio delle scienze, dove il furto è furto intellettuale, e chi lo compie rischia la seria e diffamante accusa di plagio. Troppo spesso correggendo capitoli di tesi ho trovato traduzioni letterali di articoli scientifici spacciate per idee e riflessioni del tesista (plagio), oppure brani interi, quando non addirittura capitoli, ricopiati di sana pianta da libri o altre tesi di laurea (plagio). Un aspetto abbastanza comune è quello di non trovare citazioni in testo, come se il pensiero espresso nascesse dal pensiero del tesista in modo autonomo. Nelle scienze, invece, si procede definendo in modo chiaro ed evidente quelle componenti del proprio pensiero che sono frutto della considerazione di altri colleghi, citando i colleghi con il cognome e la data di pubblicazione in cui il pensiero può essere letto nella sua forma originale (Zavagno, 2013). Il riferimento in testo andrà poi riportato in bibliografia nella sua completezza. La riflessione personale del tesista si appoggia quindi su considerazioni che condivide oppure a cui si oppone, che sono chiaramente espresse ed individuate prima. Se, per esempio, l’affermazione di Zavagno (2013) non mi convince, prima esporrò il suo pensiero e poi esporrò le mie ragioni, eventualmente supportate dalle ragioni di altri autori (in ordine alfabetico) (Maravita, 2010; Stucchi, 1998; ). Ogni autore citato in testo va riportato in bibliografia. Infine, può risultare comodo riportare un brano di un autore. Questo lo si fa SOLTANTO SE IL BRANO È UN PUNTO NODALE E CRITICO RISPETTO ALLE VOSTRE ARGOMENTAZIONI. NON HA SENSO RIPORTARE UN BRANO PER DESCRIVERE QUELLO CHE UN AUTORE DICE. Si deve invece saper riassumere il pensiero degli autori: NON SIATE INTELLETTUALMENTE PIGRI. Infine, quando si riporta un brano si fa in modo che questo sia chiaramente identificabile mediante virgolette, oppure un carattere più piccolo in un paragrafo dedicato appunto al brano. Alla fine del brano deve essere riportato tra parentesi il cognome dell’autore, la data di pubblicazione, il numero di pagina dove si può reperire il brano. Se autore e data compaiono immediatamente prima della citazione letterale del brano, allora basta il numero di pagina tra parentesi alla fine del brano. AVANGUARDIE ARTISTICHE DEL XX SECOLO—> Espressionismo Non è un movimento unitario, bensì un clima, una forma di linguaggio che accentuava il valore emotivo e l’urgenza della comunicazione. CARATTERISTICHE Volontà esasperata di comunicazione, di espressione, tramite il colore, la linea, il tema stesso della composizione. Accentuò prepotentemente il ruolo del soggetto, le sue emozioni, la sua interiorità. Esasperato individualismo. ELEMENTI Lettura di Nietzsche e Kierkegaard, del teatro tragico di Strindberg, di Ibsen e di Wedekind. Attenzione ai valori dell’emozione e dell’istinto contrapposti alla miopia della ragione e del positivismo. Critica alla civiltà europea e alla società borghese in nome di un ritorno ad un’umanità primigenia. Espressionismo TEMI Figure, paesaggi, gruppi di nudi, nature morte. Figure allo specchio. Tema urbano della città, metropoli. MODELLI DI RIFERIMENTO Cezanne, van Gogh, de Toulose-Lautrec, Gauguin, Munch ed Ensor. Diffondersi della scultura negra e primitiva. Importanza delle Secessioni: Monaco 1892; Vienna 1897; Berlino 1898 MOVIMENTI !22 Psicologia dell’art Oggetto e spazio circostante si fondono insieme simultaneamente (il fondo si rovescia sulla superficie, esterno ed interno si compenetrano, mentre lo spazio si modifica per la presenza dell’oggetto). Colore è un fatto puramente mentale. 3 Fase Sintetica: 1912-13 Si tenta di ricostruire l’oggetto, oramai semplificato nelle sue componenti essenziali. Introduzione di materiali vari come legno, ritagli di giornale, lettere tipografiche. Colore parzialmente introdotto da Picasso. Collages e Papiers collés. Forma ovaloide nella composizione. - Section d’Or (Sezione aurea): 1912 Duchamp, Villon, Gleizes, Metzinger Cubismo affiancato da meditazione sulla scienza, matematica ed alchimia. - Cubismo Orfico: 1914 Picasso Kupka Delaunay Duchamp Recupero della dimensione emotiva e lirica del colore, sino ad esiti astratti. TEORIA CÉZANNIANA “ Il pittore ha due cose: l’occhio e il cervello. Entrambe debbono sostenersi a vicenda. Bisogna lavorare ad educarli reciprocamente: l’occhio mediante lo studio della natura, ed il cervello mediante l’ordine e lo sviluppo logico delle impressioni e delle esperienze. Essi creano insieme i mezzi di espressione.” “L’arte è un’armonia parallela alla natura.” “Si tratti la natura secondo il cilindro, la sfera e il cono, si porti tutto nella giusta prospettiva, cosicchè ogni parte di un oggetto, di una superficie conduca ad un punto centrale. Le linee che corrono parallele all’orizzonte danno l’estensione Bisogna imparare a dipingere sulla base di queste figure semplici, dopo si potrà fare tutto quello che si vorrà.” “Il volto umano mi ha sempre interessato...Ho finito per scoprire che la somiglianza di un ritratto deriva dall’opposizione esistente fra il volto del modello e gli altri visi, in una parola dalla sua particolare assimetria. Ogni figura ha il suo ritmo particolare ed è questo a creare la somiglianza. Per gli occidentali, i ritratti più caratteristici sono quelli tedeschi: Holbein, Dürer e Lucas Cranach. Questi pittori giocano con l’assimetria.” Matisse, 1954 Si tenta di ricostruire l’oggetto, oramai semplificato nelle sue componenti essenziali. Introduzione di materiali vari come legno, ritagli di giornale, lettere tipografiche. Colore parzialmente introdotto da Picasso. Collages e Papiers collés. Forma ovaloide nella composizione. - Section d’Or (Sezione aurea): 1912 Duchamp, Villon, Gleizes, Metzinger Cubismo affiancato da meditazione sulla scienza, matematica ed alchimia. - Cubismo Orfico: 1914 Picasso Kupka Delaunay Duchamp Recupero della dimensione emotiva e lirica del colore, sino ad esiti astratti. Futurismo Manifesto del Futurismo Pubblicato su Le Figaro, 20 febbraio 1909. Firmato da Filippo Tommaso Marinetti. 11 punti programmatici: Il Movimento si contrappone alla cultura tradizionale (passatismo) per una sfida di rinnovamento radicale, nelle arti e nella vita sociale. Un mutamento ritenuto inevitabile, collegato alla nuova idea di civiltà industriale, dominata dalla macchina, dal mito della velocità e del progresso. Manifesto dei Pittori futuristi, 1910 Sottoscritto da Boccioni, Carrà, Russolo, Severini e Balla Manifesto dell’architettura, 1914 Presentato da Sant’Elia - Sperimentalismo puro in tutti i campi artistici e non solo: Serate futuriste e proclami. Pubblicazioni e periodici (Lacerba, rivista diretta da Soffici e Papini). - Rappresentazione del movimento e della dimensione temporale. - Tematiche contemporanee, urbane, spesso provocatorie. Movimento Dada - Zurigo, Cabaret Voltaire, 1 febbraio 1916: Tzara, Huelsenbeck, Arp, Janco, Richter, Ball. - Gruppo dadaista a New York, dal 1915 Importanza del fotografo A. Stieglitz, Duchamp, Man Ray, Picabia. - Colonia, Hannover - Berlino 1919: assai più politicizzato del gruppo di Zurigo. Comitato Centrale Dadaista: Hausmann, Huelsenbeck, Golyscheff. - Parigi (dal 1919 al 1921) Fenomeno puramente letterario; indurrà Breton a formare il surrealismo. !25 Psicologia dell’art DADA Aspira ad assumere un ruolo di negazione permanente verso tutte le forme d’arte accademiche. Arte deve essere soggetta alle leggi del caso e dell’imprevisto. “DADA non significa nulla!” Manifesto Dada 1918, Tristan Tzara Tecniche: Collage Fotomontaggio Rayograms: orme determinate sulla stampa fotografica Ready-made: oggetti comuni con significato intrinseco dato dall’artista per scardinarne i punti usuali di riferimento Polimaterismo: legno, vetro, carta, giornali, colla, etc. Merz: sorta di sigla che compare in diverse opere Il Ready-made è un oggetto comune, qualsiasi, che acquista una valenza estetica attraverso un’operazione linguistica: la scelta dell’artista e la sua assunzione di responsabilità estetica attraverso la firma. Quattro sono le condizioni che secondo Duchamp governano il processo di trasformazione d’un manufatto comune: 1) “Colore verbale”, ovvero il titolo, mai descrittivo. Si tratta di scoprire la dimensione poetica dell’oggetto. 2) “Appuntamento”: bisogna pianificare il tempo per l’incontro con l’oggetto, quasi fosse un appuntamento. 3) “Spaesare l’oggetto, proporlo da un angolo visuale cambiato, al fine di “de-contestualizzarlo”. 4) “Limitazione” del numero dei ready-made scelti in un anno: per non scadere nell’atto ripetitivo “Conosco un tale che fa dei bellissimi ritratti, questo tizio è una macchina fotografica. Ma, direte voi, le mancano i colori e il tremolio del pennello. Quel brivido malsicuro che fu, all’origine, una deficienza e che, per giustificarsi, si fece chiamare sensibilità. L’imperfezione umana a quanto pare possiede virtù più notevoli della perfezione delle macchine”. Surrealismo Le ricerche intorno ai meccanismi del sogno e ai metodi di scrittura automatica sono i segreti dell’arte surrealista e la sua fede nella liberazione del pensiero creativo. TEMI: la follia, le allucinazioni, la fantasia, le illusioni: tutte energie che bisogna utilizzare per penetrare la soglia del reale. La compenetrazione di sogno e di realtà determina lo spazio assoluto della cosiddetta “surrealtà”. Importante: lo stato di veggenza dell’artista come condizione indispensabile per lo sviluppo dell’immaginazione; forza visionaria delle immagini. Non esiste uno stile unitario, ma soltanto diverse risposte a un principio di immaginazione che attraversa la vita. “Il surrealismo non si scrive, non si dipinge, si vive”. M. Nadeau, storico I surrealisti oppongono l’idea di rivoluzione come la soluzione più efficace per la salvaguardia dell’individuo, una specie di mobilitazione permanente intesa sia come rivolta dello spirito sia come forma sociale della medesima rivoluzione. Artisti: Breton, Eluard, Heine, Dalì, Mirò, Picasso, Giacometti, Man Ray, Duchamp, Delvaux, Ernst, Carrington, Tanguy, Picabia, etc. Stretto rapporto con il cinema sperimentale Entr’Acte (1924) di R. Claire Un chien andalou (1928) di L. Buñuel, assieme a Dalì Anemic Cinema (1927) di M. Duchamp Rhytmus 21 (1921) di H. Richter “Incatenare l’immaginazione ... è come sottrarci a ciò v’è nell’intimo nostro di suprema giustizia. Solo l’immaginazione mi dà conto di ciò ‘che può essere’, e questo mi basta per abbandonarmi a lei senza timore di di errori ... Noi viviamo ancora sotto il regno della logica ... Ma i processi logici, ai giorni nostri, s’applicano unicamente alla soluzione di problemi di secondario interesse ... è stato un formidabile caso, almeno in apparenza, che recentemente si pose in luce una parte del mondo intellettuale ... verso cui si ostentava trascuratezza. Bisogna ringraziare le scoperte di Freud…” Lo spazio: Lo spazio e il tempo sono due vissuti fondamentali della psiche umana. Una delle caratteristiche del tempo è che esso si coniuga sempre al presente. Viviamo, per così dire, in un eterno presente. Il passato è un atto del presente che riguarda la facoltà mentale del !26 Psicologia dell’art ricordare. Ma anche rivivere nella propria mente un ricordo significa attualizzarlo, calarlo nel presente. Per fare ciò si deve poter rendere silente il presente reale, astrarsi da esso. Il futuro non esiste come esperienza. Esiste come proiezione, come tensione e speranza, come timore e ipotesi, come fantasia e immaginazione. In quest’ultima accezione, l’immaginazione del futuro è forse molto simile all’immaginazione del passato, ovvero al nostro modo di ricordare, che è un’interpretazione del passato. Lo spazio è il contenitore delle nostre esperienze, e in quanto tale si snocciola nel presente. Le nostre esperienze hanno tutte quante una connotazione spaziale. Qualsiasi opera d’arte è quindi anche una rappresentazione di spazi. Anche la musica, che si svolge nel tempo, determina esperienze di natura spaziale. Per comprendere la natura psicologica che caratterizza un’opera d’arte è opportuno quindi comprendere il modo in cui noi viviamo lo spazio, almeno per quel che riguarda la percezione visiva. 3 tipi di spazio: Spazio peripersonale: è lo spazio immediatamente intorno a noi. Questo spazio è talvolta anche definito manipolatorio in quanto gli oggetti posti che si trovano in questo spazio possono essere raggiunti direttamente dall’osservatore. Lo spazio peripersonale può essere esteso oltre il limite delle nostre braccia tramite l’ausilio di utensili. È evidente che il grado di controllo che abbiamo delle nostre azioni all’interno di questo spazio diminuisce all’aumentare della distanza dello spazio peripersonale esteso. Lo spazio peripersonale è caratterizzata da una metrica euclidea. Spazio extrapersonale: è lo spazio che non si può raggiungere direttamente, e in cui l’ausilio di un utensile non aiuta ad avere un controllo efficace dell’ambiente e delle cose al suo interno. Questo spazio si caratterizza per una metrica euclidea incerta, condizionata forse da due fattori: 1) dalla prospettiva naturale che tende a comprimere lo spazio in distanza; 2) da un modulo personale (biologico) che potrebbe corrispondere, ad esempio, l’estensione del braccio. Spazio distante: è lo spazio extrapersonale che si vede in distanza, e che ha come limite l’orizzonte. Questo spazio è ipercompresso, e in tal senso a-metrico. Non è uno spazio piatto, ma appiattito: per esempio si può dire che un edificio sta davanti ad un altro edificio, ma non si riesce a quantificare la distanza tra i due edifici. Il piano pittorico Gibson (1966) coniò il termine percezione pittorica per indicare quella abilità di vedere oggetti e scene derivanti da condizioni di stimolazione che però non sono i corrispettivi fisici degli oggetti e delle scene osservate. Egli parlò di un rapporto conflittuale a livello percettivo tra la natura propriamente fisica di un’immagine (per es. la materiale piattezza del supporto) e ciò che dentro di essa si è in grado di vedere, definendo questa doppia presenza in termini di un vero e proprio paradosso. Da un punto di vista puramente descrittivo, l’esperienza della percezione pittorica descritta da Gibson è per certi versi simile a quella che si ha con una figura impossibile, dove si vede un oggetto tridimensionale che però non può essere sostanzialmente tridimensionale al di fuori della realtà pittorica. Gombrich (1956) aveva parlato di doppia presenza in riferimento ad opere pittoriche, indicandola però in termini di due vissuti percettivi alternativi. Per lui, più che di un rapporto conflittuale si tratterebbe di un’alternanza tra esiti percettivi, e in questo senso l’esperienza della percezione pittorica non sarebbe dissimile da quella innescata dalle figure ambigue, le quali mostrano appunto due esiti percettivi possibili - l’uno alternativo all’altro - come nella coppaprofili di Rubin. Wollheim (2003) parla invece della percezione pittorica in termini di twofoldness, e quindi di simultaneità per quanto riguarda l’esperienza visiva del supporto pittorico e della scena ivi raffigurata. Questa posizione trova riscontro in altri studiosi, come per esempio in Pirenne (1970) e in Kubovy (1986), secondo cui la consapevolezza percettiva del supporto pittorico è un requisito essenziale per il funzionamento d’ipotetici processi compensatori atti a correggere distorsioni percettive dovute alle discrepanze tra l’immobile geometria interna alla scena pittorica e le continue trasformazioni dovute alla mutevole geometria dell’osservazione. L’ipotesi di Wollheim richiama alla mente il vissuto di doppia presenza che si ha quando ad un unico livello di stimolazione corrisponde il vissuto di due presenze fenomeniche simultanee, come nel caso della trasparenza. Mausfeld (2003) parla di rappresentazioni congiunte ma in termini antagonistici, per cui i parametri caratterizzanti un particolare aspetto di una delle rappresentazioni costituiscono un vincolo per !27 Psicologia dell’art sarà la presenza di ombre proprie. Le ombre proprie si chiamano appunto proprie perché sembrano essere connaturate alla struttura dell’oggetto tridimensionale. L’informazione che il sistema visivo deriva dalla presenza di questo tipo di ombre riguarda appunto la struttura tridimensionale degli oggetti. Siamo evoluti in un mondo dove la luce proviene perlopiù dall’alto, e questo ha plasmato il modo in cui il nostro sistema visivo risponde alla distribuzione delle ombre proprie sulle superfici. Le ombre di proiezione sono quelle ombre generate da una superficie che fa da schermo, bloccando la traiettoria rettilinea della luce. Queste ombre sono particolarmente evidenti quando l’azione di illuminazione è direzionata, e sono meno evidenti con una illuminazione diffusa. Queste ombre assumono un certo grado di autonomia nella nostra esperienza fenomenica, hanno una qualità oggettuale, al punto che possono apparirci perfino spaventose. Di fatto, in alcune culture arcaiche, pestare l’ombra altrui equivale ad un sacrilegio, e rubare l’ombra ad un uomo equivale a rubargli l’anima. Tra le informazioni che le ombre di proiezioni forniscono al sistema visivo, vi è quello concernente la posizione degli oggetti nello spazio, la loro distanza da noi, e anche la conformazione dell’ambiente. Altezza relativa rispetto alla linea dell’orizzonte: oggetti più vicini alla linea dell’orizzonte appaiono più distanti. Grandezza relativa: due oggetti che hanno dimensioni fisiche identiche ma si trovano a distanze diverse rispetto al punto di vista dell’osservatore posseggono dimensioni angolari diversi. In altre parole, l’immagine retinica dell’oggetto più distante sarà più piccola dell’immagine retinica dell’oggetto di uguale dimensione ma più vicino. Il risultato percettivo: Grandezza familiare: a volte la grandezza nota di un oggetto può influire sulle nostre percezioni di grandezza e di distanza di tali oggetti. Esercizio: Pensate a come rendere più efficaci queste immagini Grandezza familiare e quadro di riferimento La stanza di Ames La relazione tra distanza percepita e grandezza Gp=k(gr x Dp) GP = grandezza percepita k = una costante gr = grandezza retinica Dp = distanza percepita Questa funzione che legga la grandezza percepita di un oggetto al prodotto tra la grandezza retinica e la distanza percepita si chiama Legge di Emmert. Illusione di Sheppard Fissate il disco rosso per 60 secondi cercando di non sbattere le palpebre. Poi muovete lo sguardo ora sopra un foglio vicino a voi, ora sopra un muro in distanza. L’immagine postuma generata dalla fissazione del punto cambia di grandezza in base alla distanza tra voi e la superficie che osservate. Per ravvivare l’immagine postuma, sbattete le palpebre dopo la fissazione. Indici pittorici di profondità - In letteratura sono indicati più frequentemente con il termine “indizi” (pictorial cues). - Sono definiti pittorici perché si possono usare per creare uno spazio che è soltanto visivo, non corporeo. - Gli indici pittorici di profondità sono i seguenti (per una descrizione più dettagliata vedere l’articolo “Spazio pittorico”): Occlusione: superfici vicini all’osservatore occludono dalla vista parti di superfici più distanti. Prospettiva: insieme di regole che consentono di rappresentare corpi tridimensionali su un piano di modo che si determini un’immagine molto simile a quello che si avrebbe osservando direttamente l’oggetto o la scena tridimensionale. Altezza rispetto all’orizzonte: gli oggetti visti come più vicini alla linea dell’orizzonte sono generalmente visti come più distanti. Gradienti tessiturali: ogni superficie è caratterizzato da una trama più o meno visibile di elementi che si ripetono in modo più o meno costante sia in termini di grandezza che di densità. Nel mondo fenomenico (non pittorico) a causa delle leggi della prospettiva naturale (ovvero dell’ottica) gli elementi tessiturali più distanti hanno proiezioni retiniche più piccole e più dense. Tali differenze di grandezza e densità sarebbe informazione circa la distanza e l’inclinazione delle superfici. !30 Psicologia dell’art Prospettiva aerea: questo indice è un altro tipo di gradiente, e si riferisce alla densità dell’aria posto tra un osservatore e la scena osservata. Possiamo immaginare l’atmosfera come una scatola piena di filtri a densità più o meno neutra, dove i filtri rappresentano grossomodo i diversi piani in profondità. I filtri potrebbero avere la stessa trasmittanza, oppure potrebbero essere caratterizzati da trasmittanze diverse. Nei grandi spazi aperti il secondo è il caso più frequente. È come se tra noi e un oggetto posto ad una certa distanza vi fosse una serie di filtri, e l’accorciarsi o l’accrescersi di tale distanza comporta un numero minore o maggiore di filtri interposti tra noi e l’oggetto. Pensiamo ora a che cosa fanno i filtri utilizzati dai fotografi: la loro funzione è quella di “tagliare” una parte di luce proiettata dentro la macchina fotografica. Nel fare ciò, in base alle caratteristiche di trasmittanza, i filtri possono tagliare in modo uniforme (filtri a densità neutra) oppure in modo selettivo la luce (correttori cromatici), e possono influire sui livelli di contrasto (filtri polarizzati, filtri di diffusione), con un notevole effetto sulla nitidezza dei contorni delle figure proiettate sulla membrana fotosensibile interna (pellicola, fotosensore, retina). Ombre proprie (chiaroscuro): un gradiente di illuminazione che dipende dal tipo di sorgente luminosa, dalla sua collocazione nell’ambiente rispetto ad un oggetto osservato, e dalla forma dell’oggetto. Ombre portate (o di proiezione): gli oggetti intercettando la luce fungono da schermo, determinando dietro loro una zona più o meno estesa d’ombra Grandezza relativa e grandezza familiare: il primo indice è assimilabile al gradiente tessiturale e alla prospettiva lineare. Il secondo indice è legato all’apprendimento e all’esperienza: sappiamo quanto è grande un automobile, se perciò appare piccolo deve anche essere molto distante. Gli indici pittorici di profondità appena descritti sono informazione per compiere delle inferenze quantitative e qualitative inerenti al vissuto spaziale, o sono invece principi che, operando in modo non dissimile dai principi di segmentazione del campo visivo di Wertheimer (1923), determinano le relazioni spaziali intercorrenti tra gli oggetti di una scena visiva rispetto all’osservatore? L’idea di processi inferenziali inconsci presuppone la combinazione d’informazione di input (l’immagine retinica) con informazione interna preesistente, al fine di ottenere un output (l’esperienza visiva) congruo con lo stimolo distale. Il problema con questa ipotesi applicata alla percezione di immagini è che l’esperienza visiva dinanzi a un’immagine pittorica è assai raramente congrua con lo stimolo distale; anche quando si ha che fare con l’arte informale (Figura10), una corrente artistica diffusasi a partire dagli anni 50 del secolo scorso in cui la forma perde di valore a favore della materia stessa di cui è fatta l’opera. Anche quando l’idea sarebbe quella di un’arte “oggettiva”, per cui l’opera si dovrebbe identificare con la materia stessa con cui è fatta, l’occhio umano va oltre e vede relazioni spaziali che prescindono dalla pura materialità dell’opera. Il fatto che è particolarmente facile “trarre in inganno l’occhio” sta a significare che lo spazio non è un dato che deve essere “ricostruito” partendo da indizi presenti a livello prossimale, bensì è una dimensione intrinseca del sistema visivo, a prescindere da qualsiasi corrispondenza tra stimolo prossimale e stimolo distale. In altre parole, ogni nostra esperienza visiva è imprescindibile da una qualche esperienza di tridimensionalità spaziale. D’altra parte non poteva essere altrimenti: l’articolazione figura-sfondo, processo essenziale nella determinazione di unità significative, implica una gerarchizzazione di piani spaziali (Farné, 1973). Il ruolo degli indici pittorici di profondità sarebbe quindi quello di flettere lo spazio, coniugando tra loro piani spaziali e gli oggetti ivi collocati. Piattezza pittorica Rappresentare la piattezza non è cosa così facile. In ultima analisi, a livello pittorico è molto più difficile rendere la piattezza bidimensionale frontale che innescare un qualche vissuto di tridimensionalità. Disegni al tratto Forse il problema non è tanto quello di vanificare la piattezza intrinseca della superficie pittorica, quanto quello di generare figure che appaiano tridimensionalmente solide. Tra tutti i metodi di rappresentazione figurativa, il disegno al tratto è quello anche più povero in termini di contenuti informativi. Basta pensare a quanto spazio occupa sul disco rigido un file di un disegno al tratto rispetto ad un file di un’immagine analoga per dimensioni ma realizzata con sfumature di grigio. Nonostante l’intrinseca povertà materiale dei disegni al tratto, questi sono metodi altamenti efficaci ed efficienti in termini di comunicazione visiva. Le ambiguità spaziali dei disegni al tratto sono risolti dalla complessità del disegno: maggiore la complessità del disegno, maggiori sono i vincoli spaziali che si innescano tra le parti, maggiore è la stabilità spaziale dell’esito percettivo. !31 Psicologia dell’art Spazio solido Le ombre proprie, ovvero l’ombreggiatura o il chiaroscuro, sono essenziali per rendere una tridimensionalità solida di oggetti pittorici. Il fenomeno dello shape from shading è cosa risaputa dalla notte dei tempi, e veniva applicata con regolarità anche dopo il crollo dell’impero romano e la conseguente scomparsa del suo naturalismo pittorico, a cui fece seguito in occidente l’arte bizantina con la sua pittura codificata (Gombrich, 1986). Una critica piuttosto comune rivolta all’arte bizantina, ed estesa poi alla quasi totalità dell’arte medievale, è quella di non aver saputo determinare una spazialità visiva coerentemente profonda. Lorenzetti accoglie la lezione sullo spazio offerto dalle opere di Giotto. Ma vi sono ancora numerosi elementi di incertezza nonostante l’evoluzione di soluzioni spaziali in cui il “vuoto” emerge come espressione architettonica. Il modo medievale di determinare lo spazio ha una sua aderenza all’esperienza visiva del quotidiano, in cui lo spazio è un contenitore la cui apparenza è determinata da strutture, superfici ed oggetti delle più svariate forme e caratteristiche visive. In fondo, una stanza vale l’altra, quello che fa la differenza è la presenza di cose nella stanza, i loro colori, la loro disposizione. Scopo dell’arte medioevale non era tanto quello di dare una forma coerente allo spazio, quanto quello di mostrare la solidità tridimensionale delle forme, le quali modulano lo spazio visivo. In un certo qual senso, quindi, quello dei dipinti medioevali è uno spazio con una propria coerenza. La coerenza dell’approccio medievale allo spazio pittorico consiste nel fatto che gli artisti compresero che gli oggetti sono spazio allo stato solido. Al fine di ottenere una solidità tridimensionale stabile è necessario modulare quella materia che non solo è altamente mutevole ma anche alquanto effimera, cioè la luce. I consigli di Cennini sul modo di adoperare la luce la dicono lunga sull’importanza dell’ombreggiatura nell’arte medievale prima dell’avvento dello sfumato infinito di Leonardo Da Vinci: lo scopo non era quello di cogliere un umore vago, di amalgamare personaggi e cose all’interno dell’atmosfera pastosa dello spazio pittorico, bensì quello di rendere una tridimensionalità tangibile e allo stesso tempo ieratico. Non si trattava di fare dipinti in cui perdersi con lo sguardo, ma di creare personaggi, oggetti, città che dovevano staccarsi dallo sfondo pittorico per co-esistere nello spazio comportamentale. La luce era quindi al servizio dello spazio inteso come presenza solida nel mondo materiale. Il grande vuoto: ombre e penombre Le carenze e le ambiguità spaziali nell’arte medievale sono determinate in particolare da due fattori: l’uso di proiezioni assonometriche, degenerate col tempo in forme di prospettiva inversa, e la mancanza di ombre portate. Uno dei risultati di questi fattori è l’assenza di vuoto inteso come spazio arioso. L’esperienza dello spazio può essere caratterizzato in diversi modi: quello di oggetti solidi tridimensionali, e di vuoti. Alla maggior parte dell’arte medievale è venuta a mancare quest’ultima componente dell’esperienza spaziale- pittorica. Giotto fu il primo a sperimentare lo sfumato in funzione atmosferica e a cercare una geometria tale da rendere la superficie pittorica una finestra attraverso cui guardare all’interno di altri micro- mondi. Con Giotto, lo spazio si fa vuoto dopo mille anni di spazialità solida in occidente. Sono testimoni di questo fatto i due splendidi corretti, noti anche come cappelle segrete, che si trovano nella Cappella degli Scrovegni a Padova, giustamente decantati da Longhi (1952) che per primo riconobbe la loro funzione di finzione architettonica. Quello che più incanta in questi capolavori assoluti è la semplice ariosità dei due vani pittorici, che mostrano un sublime vuoto pieno di luce. Spazio e luce La fisica ci insegna che vi è un legame molto forte tra spazio e tempo. È un legame che peraltro sperimentiamo sulla nostra pelle quotidianamente: lo spazio sembra poca cosa quando ci vuole poco tempo per percorrerla, e sembra infinito quando ci vuole molto tempo per spostarsi da un punto all’altro. È proprio una questione di relatività, anche se più sul piano psicologico che su quello fisico. A livello percettivo, però, vi è un legame che è altrettanto fondamentale, quello tra spazio e luce. Spazio e luce sono infatti entità incastrate l’una nell’altra. Ciononostante, possiamo avere rappresentazioni efficaci di spazio senza una precisa qualificazione della luce, ma non possiamo percepire la luce senza emerga un qualche vissuto spaziale. In altre parole, lo spazio c’è sempre; la luce modula lo spazio (vedi per esempio la prospettiva aerea, il ruolo delle ombre), ma non emerge sempre come forte presenza oggettuale all’interno dello spazio. !32
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