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Crescita e genetica batterica, Dispense di Microbiologia E Batteriologia

Crescita batterica, tempo di generazione con grafico associato; fasi di crescita batterica, colture continue, fattori che influenzano la crescita. Genetica batterica, mutazioni, esperimenti, batteri trasformabili, plasmidi, coniugazione.

Tipologia: Dispense

2021/2022

In vendita dal 21/11/2022

MonicaSaraceno
MonicaSaraceno 🇮🇹

16 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Crescita e genetica batterica e più Dispense in PDF di Microbiologia E Batteriologia solo su Docsity! 1 CRESCITA BATTERICA Esistono varie strategie riproduttive per le cellule batteriche ma la più usata è la riproduzione per scissione: aumento della massa e duplicazione del DNA, formazione setto di divisione che separa la massa cellulare in due aree separate e assicura che una copia del DNA finisca in entrambe le aree fino a separare fisicamente le due cellule. Le due cellule figlie originate sono uguali identiche tra loro e quindi non esistono relazioni parentali; il tempo di generazione è il tempo necessario per una cellula di dividersi nelle due cellule figlie. Divisoma: è il setto che divide la cellula madre per generare le due cellule figlie ed è formato da diverse proteine. Ha la forma di un anello che con varie proteine associate fanno separare le due cellule, strozzando quella madre; in corrispondenza di questo punto verranno depositati involucri cellulari e altri componenti cellulari. Le cellule batteriche crescono così rapidamente che durante un ciclo di divisione ne inizia già un altro, sovrapponendosi, soprattutto se le condizioni ambientali sono ottimali. Per quanto riguarda la struttura della cellula, entrano in gioco le proteine della cellula che giocano un ruolo fondamentale per la scissione. A tali proteine possono attaccarsi diverse sostanze che risulteranno fondamentali per le cellule figlie. Tempo di generazione: tempo necessario perché raddoppi il numero di cellule nella coltura; nelle condizioni ottimali di crescita ci sarà un tempo minimo in cui la popolazione batterica può riprodursi, sotto al quale non si scenderà mai. 2 Considerando una coltura minima cioè formata da una cellula iniziale con un tempo di germinazione di 30 minuti, si avrà un grafico di crescita batterica che rappresenta una curva esponenziale: si parte lentamente con una singola cellula e cresce abbastanza rapidamente con valori piuttosto alti. Si può modificare un grafico diverso usando un grafico in scala semilogaritmica: il tempo è sempre in scala lineare ma il numero di cellule è riportato in una scala logaritmica in tre cicli in scala dieci (valori con base dieci di potenza). Equazione che descrive la crescita esponenziale di una coltura batterica: N = N0x 2n con N= numero finale di cellule, N0= numero iniziale di cellule, n = numero di generazioni. Da un punto di vista sperimentali i parametri facilmente misurabili e reperibili, sono N e N0 così da poter ricavare il numero di generazioni. Fasi di una crescita batterica: Per un periodo iniziale il numero di cellule batteriche non cambia e successivamente cresce in modo lineare o esponenziale; il numero di cellule dopo di ciò rimane stabile e poi s avrà un calo. Si misura un titolo vitale. Fase di latenza: momento iniziale nel quale le cellule sono poste in un terreno di coltura dove per un certo periodo di tempo non si dividono; dopo l’adattamento al nuovo terreno tramite attivazione dei processi metabolici per lo sfruttamento delle sostanze nutritive, potranno dividersi. A questo influiscono le condizioni delle cellule di partenza e alla temperatura a cui si trovavano. Fase di crescita esponenziale: la crescita è molto rapida poiché la cellula sfrutta le risorse nutrizionali, riproducendosi velocemente; le richieste nutrizionali aumentano con l’aumento delle cellule fino a quando il cibo scarseggia. 5 1. Psicrofilo o criofilo: tra i 4° e i 20°, si trovano nel suolo per la maggior parte; la temperatura minima è di circa -10° perché questa è legata alla disponibilità di acqua allo stato liquido per la riproduzione; la temperatura massima è di circa 30° 2. Mesofilo: temperatura ottimale tra i 30-40° e si trovano la maggior parte dei patogeni per gli esseri viventi 3. Termofilo: temperatura ottimale tra i 50-70°; la temperatura massima è di 90°; si possono trovare in ambienti ricchi di sorgenti termali 4. Ipertermofilo: temperatura minima di crescita è superiore ai 90° e non possono crescere a temperature inferiori; si trovano gli Archea che possiedono una membrana monostrato che diventa fluida solo a temperature molto elevate consentendo la crescita; la temperatura ottimale può essere fino a 120° circa e la massima non è ben definita Tempo di generazione in funzione della temperatura ottimale di crescita: Limiti superiori di temperatura per la crescita: 6 Crescita microbica e pH: tutti gli ambienti terrestri a qualsiasi pH contengono i batteri: dagli ambienti acidi a quelli neutri e basici. Nonostante questo, per esserci vita il pH del citoplasma deve essere intorno alla neutralità; tali organismi spendono tanta energia per mantenere in equilibrio il loro ambiente esterno con cui ha molte differenze, tutto a carica della membrana citoplasmatica che assicura gli scambi. Effetto della concentrazione di ioni sodio: in base alla sua concentrazione si possono trovare diversi organismi: 7 1. Non alofilo: la crescita della colonia batterica viene inibita a basse concentrazioni di NaCl 2. Alo tolleranti: a basse concentrazioni di NaCl crescono seppur ne hanno una tolleranza molto limitata 3. Alofili: ha bisogno di NaCl per crescere infatti in assenza di questo non si ha nessuna crescita fino alla concentrazione ottimale dove si ha la velocità massima di crescita 4. Alofili estremi: tanto più NaCl c’è, meglio cresceranno; la concentrazione deve superare un determinato valore per iniziare la crescita; tra 5-6 molare si va in saturazione e quindi non c’è più la concentrazione adatta Quantità di ossigeno: si considera un terreno di coltura liquido quindi man mano che si scende nella provetta, diminuisce la quantità di ossigeno. Ognuna di queste classi ha processi metabolici diversi e caratteristici. 1. Microrganismi aerobi obbligati: crescono esclusivamente in presenza di ossigeno 2. Microrganismi anaerobi stretti: vivono in totale assenza di ossigeno, garantendo però la loro riproduzione 3. Microrganismi anaerobi facoltativi: concentrazione maggiore di cellule batteriche nella zona più ricca di ossigeno, nonostante crescano anche sul fondo; preferiscono vivere in un ambiente con la presenza di ossigeno 10 Un genoma immutabile porta all’estinzione infatti sia le mutazioni per sostituzione di base e la ricombinazione sono fenomeni che hanno contribuito all’evoluzione tramite il cambiamento dell’informazione genetica. Il sistema tende a mantenere inalterata tale informazione tramite la DNA polimerasi ma facendo ciò gli organismi, soprattutto eucarioti, 11 non potrebbero adattarsi all’ambiente esterno; le popolazioni batteriche con tempi di riproduzione rapida e varietà di organismi, riescono ad evolversi in modo più ampio dal momento che ne esistono molti. Test di fluttuazione: è un esperimento ideato da Salvador Luria e condotto insieme a Max Delbrück nel 1943, che dimostra che nei batteri le mutazioni genetiche si verificano spontaneamente in assenza di selezione, piuttosto che essere una risposta alla selezione. Si testa la resistenza di cellule di E. Coli a un batteriofago che le uccide a meno che non sono resistenti a tale fago. La coltura originaria viene divisa in 50 colture piccole e una più grande che corrispondeva alla somma delle 50 piccole; al termine della crescita ogni coltura piccola era direttamente piastrata nel terreno col batteriofago e dalla coltura grande si facevano 50 piastre ognuna col un volume uguale a quello delle singole colture piccole. Se fosse stato l’antibiotico l’agente responsabile della mutazione, non doveva esserci nessuna differenza tra le diverse piastre; se la mutazione avveniva prima del piastramento il numero di cellule mutate dipendeva dal momento della mutazione, caso che poi risultò vero. Si vide che il numero di mutanti che provenivano dalla coltura unica era pressoché simile mentre quello delle 50 piccole colture variava molto. Si conclude che la mutazione è una tecnica adattativa che si ha prima di venire a contatto con il batteriofago. Test di replica plating: sfrutta una tecnica di replicazione di una coltura di terreno solido su un’altra piastra; le cellule vengono allora duplicate e crescono in modo speculare alla coltura di partenza. Questo test è stato utilizzato allo scopo di dimostrare che se la mutazione non dipende dall’agente selettivo, si può ottenere un coltura con la stessa mutazione senza metterla a contatto con l’agente selettivo. Esperimento di sib-selection: esperimento di replica plating su terreno liquido; si basa sul fatto che è possibile arricchire un campione facendo una diluizione. Esempio: se in una coltura con 109 batteri/ml ci sono 103 batteri resistenti/ml, il rapporto è 103/109= 10-6. La coltura viene diluita 10-4, per cui ci saranno 105 batteri/ml e 0,1 batteri resistenti/ml. Questo vuol dire che su 10 campioni da 1 ml, uno conterrà 1 cellula resistente; in questo campione il rapporto diventa 1/105= 10-5. Mutazioni dirette o “adattative”: Osservazione: un ceppo di E. coli lac- riacquista più rapidamente la capacità di utilizzare questo zucchero quando questo è l’unica fonte di carbonio disponibile. Ipotesi alternativa (e controversa): alcuni batteri possono selezionare quali mutazioni far avvenire per adattarsi meglio all’ambiente. La spiegazione potrebbe essere che entrano in uno stato di ipermutabilità: generazione casuale di mutazioni multiple di cellule in cui solo le cellule con mutazioni favorevoli possono sopravvivere, cioè le cellule lac+. 12 Tasso di mutazione: probabilità che una cellula muti al momento della divisione. a = m / d a = tasso di mutazione m = numero di mutazioni d = numero di divisioni cellulari Tipi di mutanti batterici: popolazioni batteriche che portano tutti uno stesso tipo di mutazione; si dividono in: 1. Mutanti di resistenza: resistenti a virus, sostanze chimiche e antibiotici; si dividono in one step (passaggio unico) o multi step (tanti passaggi). Se si volessero selezionare delle cellule resistenti ad un determinato antibiotico, si seminano queste in un terreno di coltura nel quale si lasceranno crescere; se dovesse crescere una popolazione significa che una singola mutazione ha conferito resistenza a tali cellule. Può essere che non nascano colonie e quindi si utilizza una concentrazione più bassa di antibiotico, e si vede che si nota una crescita; così si aumenta man mano la concentrazione e le cellule continueranno a crescere fino ad aumentare la concentrazione come il caso di quelle one step. La resistenza è legata a più mutazioni in zone diverse del cromosoma e non ad una singola. 2. Mutanti biochimici o auxotrofi: richiedono una sostanza per crescere. 3. Mutanti morfologici: la mutazione influisce sulla morfologia della colonia. 4. Mutanti di fermentazione: incapaci di utilizzare un determinato zucchero, come ceppi di E. Coli lac-. 5. Mutanti temperatura sensibili: la mutazione si esprime soltanto a determinate temperature, chiamate temperature permissive, alle quali moriranno visto che la mutazione è letale. Tale mutazione è legata al fatto che viene prodotta una proteina più termolabile del normale quindi alzando la temperatura, questa non funzionerà più. Test di Ames: test per verificare se una sostanza è cancerogena o tossica a seguito di una mutazione. Per l’esperimento venne utilizzata una coltura di Salmonella auxotrofa per istidina all’interno di una piastra con terreno minimo con poca istidina; si piastrano direttamente le cellule in una piastra per vedere quante colonie spontanee si formano e in un’altra piastra si mette la sostanza da controllare per notare la differenza nel numero di colonie: in quest’ultima si notano più colonie. Processi mediante i quali il DNA viene trasferito dal donatore alla cellula batterica ricevente: gli organismi eucarioti usano la riproduzione sessuale per scambiare e trasferire l’informazione genetica. La variabilità dovuto allo scambio di materiale genetico nei batteri è molto più ampia rispetto a quella degli eucarioti. 15 Coniugazione Processo di trasferimento di DNA dalla cellula donatrice a quella ricevente diverso dalla trasformazione tramite un plasmide: fattore f o di fertilità. Il plasmide porta al suo interno diverse parti, come geni coinvolti nel processo di coniugazione, geni coinvolti nella duplicazione del DNA plasmidico, sequenze DS e origini di replicazione particolari (IS). Le cellule che contengono il plasmide sono chiamate f+ e quelle prive f-; quelle f+ possiedono il pilus, sintetizzato grazie al DNA plasmidico e serve per mettere in contatto la cellule donatrice f+ e quella ricevente f-. Dopo l’aggancio, si innesca la duplicazione del DNA plasmidico a partire da oriT tramite la duplicazione del DNA a cerchio rotante. È un meccanismo che avviene solo con molecole di DNA circolari, nelle quali all’origine della duplicazione oriT avviene un taglio su una delle due eliche: il cerchio si rilassa e l’elica tagliata genera un’estremità 3’ OH e un’estremità 5’ fosfato. L’estremità 3’ è un sito d’attacco per la DNA polimerasi per sintetizzare il nuovo DNA. Una volta iniziato il meccanismo si crea un singolo filamento con più copie del genoma per poi ritornare al DNA a doppia elica. 16 Il meccanismo di duplicazione dà l’energia necessaria alla singola elica di DNA di essere trasferita nella cellula ricevente insieme alla DNA polimerasi che continuerà a sintetizzare il filamento per renderlo a doppia elica e circolare. Si avrà così il trasferimento del fattore f+. Integrazione di F (cellula Hfr) Il trasferimento del DNA avviene sempre in corrispondenza del sito di inizio oriT; questo è importante perché nel momento della coniugazione le cellule f- diventano f+ in modo molto rapido. Alcune cellule f- possono ricevere anche informazione genetica presente nel cromosoma della cellula donatrice, nonostante sia un fenomeno molto raro. Esistono però delle cellule che attuano questo fenomeno con alta efficienza: le cellule Hfr. Questa cellula è una cellula f+ dove il plasmide si è integrato nel cromosoma attraverso un meccanismo di crossing over. Perché possa avvenire questo è necessario avere un’omologia di sequenza data dal fatto che sul plasmide e sul genoma batterico ci sono delle sequenze omologhe chiamate IS (sequenze di inserzione). Coniugazione Hfr x F- Si ha l’inizio della coniugazione e il trasferimento parte sempre da oriT: si ha il trasferimento di un singolo filamento. Alla cellula ricevente arriverà il fattore f e il DNA genomico del ceppo donatore e poi l’ultima parte del DNA di f. La cellula ricevente per diventare f+ deve avere l’intera copia del cromosoma e per questo motivo passa molto tempo. Dal momento che il contatto tra le cellule è molto labile, è raro che la cellula f- diventi f+. Inoltre la cellula ricevente riceverà prima le informazioni per codificare i geni più vicini all’origine della duplicazione. Ceppi Hfr 17 Formazione di F’ Ai lati del plasmide f integrato, c’è una copia della sequenza IS e per combinazione consente l’excisione di f per passare da Hfr a f+. Il risultato del taglio sarà un plasmide più grande di quello originario perché porterà un pezzo di cromosoma batterico; in questa cellula dove si forma il plasmide f’ si trova una parte di informazione cromosomica. Se una cellula f’ coniuga con una f-, a livello di quest’ultima succede un fenomeno particolare: la cellula ricevente ha già una copia dei geni presenti su f’, per cui si trovano due copie degli stessi geni, una sul cromosoma e una sul plasmide, avendo la condizione di diploide parziale. Fattore R o plasmide R L’introduzione degli antibiotici per curare le malattie infettive a partire dalla seconda guerra mondiale, andò di pari passo con lo studio di microrganismi capaci di resistere a tali antibiotici. Agli inizi degli anni 50 in tutto il mondo, si trovarono ceppi batterici resistenti a più di un antibiotico, fino a otto. Lo studio di come si sviluppavano le resistenze agli antibiotici portarono alla scoperta dei geni responsabili di ciò: i fattori R o di resistenza. Questi sono plasmidi indipendenti dal cromosoma che possiedono i geni per la coniugazione. A differenza del fattore f, il fattore R solitamente non coniuga ma se la repressione viene eliminata coniuga ad alta efficienza e se nelle altre cellule non è presente viene trasferito rapidamente. L’arrivo di un plasmide di questo genere avviene in modo orizzontale, facendo diventare molto rapidamente resistente la popolazione considerata. I geni che codificano la resistenza agli antibiotici sono fiancheggiati da sequenze di inserzione, diventando trasposoni o elementi mobili; se all’interno di una cellula vi sono due 20 quindi avviene a livello di quest’ultimo gene. Quando viene trascritto il gene H2 si ha la trascrizione di un gene repressore che deve legarsi al gene H1 per bloccare la sua trascrizione. A livello di H2 si ha il promotore da cui parte la trascrizione di flagellina H2 e del repressore; accanto al promotore c’è un gene chiamato hin col suo promotore che è inserito in un tratto di DNA di sequenze ripetute invertite. Questo tratto di DNA può essere quindi rovesciata di 180°; per far avvenire ciò serve il prodotto del gene hin che catalizza la reazione, accumulandosi all’interno della cellula fino a quando non arriva ad una determinata concentrazione rovesciando la sequenza. Il promotore per H2 arriva dalla parte opposta, cessando la sua produzione e sbloccando la trascrizione di H1. Hin è una proteina che viene prodotta e usata una sola volta ma la sua produzione non cessa perché il suo promotore è all’interno dell’area predisposta al ribaltamento: alla fine la cellula può far avvenire tale meccanismo per tutta la durata della sua vita (meccanismo flip-flop). RESTRIZIONE E MODIFICAZIONE Esistono diversi ceppi di E. Coli che differiscono per caratteristiche genetiche tra cui E. Coli K e B; si osserva che se un batteriofago di E. Coli veniva fatto propagare sul ceppo K i virus prodotti infettavano con alta efficienza E. Coli K ma con bassa efficienza il ceppo B e viceversa. La crescita dei virus era ristretta al ceppo batterico su cui si propagavano e si modificavano per crescere sul ceppo e non su altro. Lo studio di questo fenomeno andò avanti e col tempo ci si accorse che ciò era dovuto agli enzimi di restrizione: sono enzimi che riconoscono determinate sequenze di DNA e tagliano la doppia elica di DNA. Le sequenze possono essere più o meno lunghe, da 4 a 8 paia di basi, quindi all’interno di un genoma c’è una certa probabilità di trovare enzimi di questo tipo. I virus che infettano una cellula batterica immettono il loro DNA che viene riconosciuto e tagliato se al suo interno vi sono sequenze di restrizione, inattivando il DNA del virus. Con questo meccanismo la cellula si protegge perchè per ogni enzima di restrizione prodotto che taglia indiscriminatamente le sequenze bersaglio, produce un enzima di modificazione: è un enzima che riconosce la stessa sequenza e la modifica al posto di tagliarla, in molti casi aggiunge un gruppo metile alla citosina, proteggendo il DNA cellulare anche se si ha la modificazione in una sola elica, conservandosi nella duplicazione semiconservativa. Tecnica di ingegneria genetica: considerando i plasmidi e gli enzimi di restrizione, possiamo dire che i DNA plasmidici sono facilmente purificabili visto le piccole dimensioni e possono essere modificati. Questo diviene il vettore che porta al suo interno un unico sito di restrizione riconosciuto da un enzima, chiamato EcoR1: riconosce una sequenza di sei paia di basi tagliando in modo sfalsato il DNA plasmidico circolare, avendo come risultato la formazione di un DNA linearizzato con estremità coesive (quattro basi a singolo filamento complementari). Prendendo un DNA donatore di qualsiasi origine, si taglia con lo stesso enzima e dal momento che l’enzima è uguale si avranno tante sequenze di DNA della medesima lunghezza e con le estremità coesive. Si possono mescolare i frammenti del DNA 21 donatore con i frammenti del DNA plasmidico e la complementarietà delle estremità coesive permetterà l’appaiamento. Questa struttura sarà consolidata dall’enzima ligasi che legherà le basi per formare un plasmide integro che porta al suo interno una sequenza di DNA estraneo. Il plasmide tramite trasformazione in E. Coli verrà amplificato, ottenendo alla fine un numero elevato di copie del plasmide di partenza.
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