Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Crisi delle certezze, percorso esame di maturità, Collegamenti Interdisciplinari di Lingue e letterature classiche

In questo documento si propone un esempio di percorso per l’esame di maturità con al centro il tema della crisi delle certezze

Tipologia: Collegamenti Interdisciplinari

2023/2024

Caricato il 30/11/2023

rossana-rutigliano-1
rossana-rutigliano-1 🇮🇹

11 documenti

1 / 10

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Crisi delle certezze, percorso esame di maturità e più Collegamenti Interdisciplinari in PDF di Lingue e letterature classiche solo su Docsity! CRISI DELLE CERTEZZE ● La crisi delle certezze è un concetto che indica un periodo di incertezza, instabilità e sfiducia nelle certezze tradizionali e nelle fondamenta su cui si basa una società o un individuo. Questa crisi può essere innescata da una serie di fattori, come i cambiamenti sociali, politici, economici, culturali o filosofici. ● La crisi delle certezze può manifestarsi a livello personale o collettivo. A livello personale, può essere vissuta come un senso di smarrimento, di perdita di senso o di identità. Le convinzioni che una volta sembravano solide possono essere messe in discussione e i valori su cui si fondava la propria vita possono sembrare vuoti o poco significativi. A livello collettivo, la crisi delle certezze può essere evidente in fenomeni come il cambiamento sociale rapido, la frammentazione delle identità collettive, l'instabilità politica o le sfide economiche. Le istituzioni tradizionali e le credenze condivise possono essere messe in discussione, portando a una sensazione di incertezza e di ricerca di nuovi riferimenti. -STORIA DELL’ARTE-Espressionismo, E. Munch “L’urlo” L'espressionismo è un movimento artistico e culturale che emerse all'inizio del XX secolo, in particolare in Germania. Esso si manifestò in vari ambiti, tra cui pittura, scultura, letteratura, teatro, cinema e musica. L'espressionismo si contrapponeva all'oggettività e all'impressionismo dominanti dell'epoca, cercando invece di esprimere le emozioni, le angosce e le tensioni interiori degli artisti. Nell'arte visiva, gli espressionisti si distinguevano per la loro rappresentazione distorta e stilizzata della realtà. Utilizzavano colori vivaci, linee scomposte, forme esagerate e deformate per trasmettere una visione soggettiva del mondo. La realtà esterna veniva interpretata attraverso la lente delle emozioni e delle esperienze interiori dell'artista, creando opere caratterizzate da una forte carica emotiva e spesso dalla rappresentazione di paesaggi cupi, figure angoscianti o volti contorti. Gli artisti espressionisti cercavano di riflettere le tensioni sociali, politiche e psicologiche dell'epoca, esprimendo una critica alla società moderna e alla sua alienazione. Erano influenzati dalla teoria psicoanalitica di Sigmund Freud, che metteva in evidenza l'inconscio e le pulsioni interiori dell'individuo. Tra i principali esponenti dell'espressionismo figurano Ernst Ludwig Kirchner, Emil Nolde, Egon Schiele, Wassily Kandinsky, Franz Marc, Edvard Munch e molti altri. L'eredità dell'espressionismo si è estesa nel corso del tempo, influenzando movimenti successivi come l'astrattismo, l'informale, l'arte concettuale e persino il cinema, in particolare nel genere del film noir. L'espressionismo ha lasciato un'impronta duratura nell'arte moderna, evidenziando l'importanza dell'espressione emotiva e dell'interiorità nell'arte. L’urlo è un dipinto di Edvard Munch che, grazie alla sua efficace sintesi simbolica, divenne icona della sofferenza umana, personale e collettiva, del Novecento. A destra del dipinto si sviluppa il mare con la sua isola centrale. A circa tre quarti dell’altezza si trova poi la linea dell’orizzonte, ondulata e mossa. Da qui sale il cielo modellato da linee sinuose orizzontali e sovrapposte. Al centro dell’immagine, in basso, si trova invece la figura umana serpeggiante che porta le mani al viso e urla con disperazione. Il suo volto è privo di connotati di età e sesso. Anche gli abiti che indossa sono semplificati e ridotti ad una veste scura che copre interamente il corpo. Infine, al limite posteriore del sentiero si intravedono due sagome di uomini che procedono affiancati. Il titolo originale del dipinto è Skrik e la scena è stata ispirata ad una località nei pressi della città di Oslo, un sentiero sulla collina di Ekberg. Per Edvard Munch non era importante descrivere le forme in modo preciso. Finalità principale, invece era quella di trasmettere un senso di angoscia e di solitudine. L’ansia è così suscitata nello spettatore grazie al soggetto particolarmente inquietante. Inoltre, la scelta stilistica e quella compositiva influiscono creando una tensione visiva. Secondo la sua testimonianza scritta l’artista ebbe la sensazione di sentire “l’urlo della natura” durante una passeggiata serale. Munch infatti si trovava su di un sentiero che divideva la città e il fiordo in basso. L’artista inoltre, osservando il cielo oltre il fiordo immaginò le nuvole tinte di rosso sangue. Le tinte sono irreali e non rispettano, se non parzialmente, i colori reali del paesaggio naturale. Il colore dell’acqua è l’unico ad essere rispettato, se pur nel suo blu forte e profondo. Il sentiero e il parapetto in legno sono di un marrone molto saturo. Il cielo e le nuvole poi sono rappresentati con linee curve e disorientanti di colore arancio e ocra. Qualche spiraglio di azzurro si intravede tra questi due colori che, probabilmente, rappresentano le nubi. Nel dipinto si coglie l’accostamento di colori puri che diventa contrasto di complementari. Tra cielo e mare, infatti, la coppia di complementari più evidente è quella arancio e blu. Si riscontra anche il contrasto tra verde e rosso. - STORIA- crisi del 1929 La crisi del 1929, conosciuta anche come Grande Depressione, fu una grave crisi economica che ebbe inizio negli Stati Uniti alla fine degli anni '20 e si diffuse in tutto il mondo, causando una profonda recessione economica. Fu uno dei periodi più difficili e devastanti della storia economica moderna. La crisi ebbe origine dalla bolla speculativa che si era creata nel mercato azionario statunitense negli anni '20, quando molti investitori acquistavano azioni con l'aspettativa che il loro valore continuasse ad aumentare. Tuttavia, nel mese di ottobre 1929, si verificò il cosiddetto "crack di Wall Street", una brusca caduta dei prezzi delle azioni che fece crollare l'intero mercato azionario. Il crollo di Wall Street scatenò una serie di conseguenze economiche a livello globale. Gli investitori persero enormi quantità di denaro, le banche fallirono, le imprese chiusero e la produzione industriale crollò. Il commercio internazionale subì una brusca contrazione, poiché i paesi adottarono politiche protezionistiche per difendere le loro economie. La crisi si estese rapidamente a livello internazionale, causando un'ampia disoccupazione, la povertà e una drastica riduzione del tenore di vita per milioni di persone. La crisi fu caratterizzata da una spirale discendente: le imprese licenziavano lavoratori, i consumatori riducevano le spese, il che portava a ulteriori chiusure aziendali e licenziamenti. La crisi del 1929 ebbe profonde conseguenze sia a livello economico che sociale. Nel tentativo di fronteggiare la crisi, molti paesi adottarono politiche protezionistiche e interventiste, ma queste misure spesso peggiorarono la situazione economica globale. La crisi contribuì anche all'ascesa del nazionalismo e dell'estremismo politico in molte parti del mondo. E’ fortemente influenzato dalle culture filosofiche, in particolare dalle idee di Freud, che condiziona in modo determinante le sue visioni del rapporto tra uomo e io. Ma Svevo, a differenza del noto filosofo, non vede la psicoanalisi come una cura per il malessere dell’uomo moderno, bensì come uno strumento per approfondire la conoscenza del lato nascosto, e più autentico, dell’essere umano. L’individuo in crisi, inoltre, per Svevo non ha necessità di essere curato perché proprio questo suo malessere resiste alla società moderna: sopravvivono, quindi, gli inetti, gli ammalati, i nevrotici, proprio perché meno legati alle convenzioni della società. Italo Svevo è inoltre considerato il fondatore del romanzo novecentesco italiano: con la sua opera più nota, “La Coscienza di Zeno“, distrugge la struttura della trama proponendo monologhi e flussi di coscienza. Anche il protagonista è differente dai personaggi dell’Ottocento, più statici, e vive appieno le problematicità e le aperture mentali che saranno tipiche del 1900. Ora vorrei mettere a confronto i due romanzi più famosi di entrambi gli autori: Il fu Mattia Pascal (Pirandello) e La coscienza di Zeno (Svevo). Si tratta di due romanzi antitradizionali sotto ogni aspetto: narrativo, linguistico, strutturale. Romanzi che costringono il lettore a guardare dentro il personaggio per cercare di capirne l’inconscio o il subconscio che lo spinge ad agire, a raccontarsi in modo assolutamente fuori da ogni schema. In questi due romanzi, scritti in prima persona, l’io narrante assume tuttavia spesso il tono distaccato, tipico di un osservatore ironico e talvolta persino divertito esso stesso delle vicende che lo coinvolgono, suo malgrado. Sembra infatti che le circostanze giochino di proposito con i due protagonisti, ingarbugliando la loro vita in modo paradossale e sovvertendone completamente i propositi iniziali. La produzione letteraria di Pirandello e Svevo ha interpretato la crisi della borghesia e della cultura di fine Ottocento, approfondendo con largo anticipo una problematica esistenziale sviluppata poi nel corso del novecento. Pirandello e Svevo sono stati degli anticipatori… Tutti e due sono stati apprezzati prima all’estero e poi in Italia, proprio perché la loro opera si inserisce in una letteratura di respiro europeo. Mattia Pascal, creduto morto, tenta inutilmente di potersi ricreare un’identità diversa, mimetizzandosi in un’altra persona e facendosi chiamare Adriano Meis. Tuttavia, è la sola certificazione anagrafica a dare l’identità, quando manca questa, la persona non esiste socialmente, anche se respira, parla, si muove. E Mattia, alias Adriano, non ha nessun documento che possa farlo inserire fra gli altri, perché Adriano Meis non esiste e Mattia Pascal è ritenuto morto. Allora l’uomo decide di abbandonare il sogno di potersi creare una vita desiderabile e si vede costretto a riprendersi la passata identità. Ma non può, non c’è più posto per i morti nel mondo dei vivi. E allora? Allora, se all’inizio del romanzo l’io narrante scrive: Una delle poche cose, anzi la sola cosa ch’io sapessi di certo era questo: che mi chiamavo Mattia Pascal. Alla fine della storia si trova ad essere soltanto il Fu Mattia Pascal. E se Mattia Pascal è una creatura esistente ed inesistente insieme, Zeno Cosini è un personaggio assolutamente inattendibile, protagonista del romanzo sveviano dove “il racconto fa capo ad una voce narrante che appare per molti aspetti inattendibile, che instaura da subito quel clima di dubbi, di incertezze, di interrogativi sempre aperti che presiederà poi l’autobiografia di Zeno”. Individuo privo di volontà, sempre indeciso su cosa fare e su come comportarsi. Attraverso flash che infrangono ogni concatenazione temporale Svevo narra la vita del suo protagonista: la morte del padre, la decisione mai rispettata di non fumare più, il matrimonio con Augusta, avvenuto solo perché le altre due belle sorelle della giovane lo avevano respinto, l’avventura extraconiugale con Carla, il discutibile amore per la cognata Ada, il suicidio del marito di lei fino all’improvviso raggiungimento della ricchezza, che guarisce Zeno dalle sue malattie immaginarie, si ricostruiscono in un monologo interiore dell’io scrivente che rievoca i vari ricordi senza tuttavia il benché minimo rimpianto. Manca una concatenazione di tempo, infatti il riaffacciarsi dei ricordi di Zeno, disordinati e diacronici, richiama la tecnica psicanalitica del flusso di coscienza che già la narrativa di Joyce, cui Svevo fu legato da un’amicizia piena d’ammirazione, tradusse nel monologo interiore. Nell’Ulisse, appoggiandosi alla teoria freudiana del subcosciente, Joyce la risolve appunto nel monologo interiore, che tanto colpì i critici del suo romanzo e tanto venne imitato in tutte le letterature. Così come Zeno scrivendo per sé stesso ricorda la sua vita, o meglio ricorda sé nella vita, senza una coordinata logica e cronologia che dia susseguenza ai fatti. Mattia e Zeno sono due personaggi simbolo di quella mancanza di certezze, tipica dell’intellettuale e, più genericamente, dell’uomo novecentesco. Esponenti tipici dell’individuo dell’età del positivismo, i protagonisti di questi due romanzi riflettono assai bene la concezione del relativismo dei loro autori. Per quanto concerne Svevo la relatività della conoscenza si articola nel soggettivismo esasperato dell’interpretazione della vita e della condizione sociale, interpretazione personale e ipotetica. Svevo, infatti, ci offre un quadro della vita tutto suo, riferibile alla patologia clinica caratteriale, che lo scrittore, attraverso le esperienze dei suoi personaggi, allarga alla società in cui vive. La sua stessa affermazione che ogni individuo è un malato, un inetto, un organismo di intenzioni che però assai raramente si concretizzano in atti, è soggettiva. Per Pirandello il relativismo si incentra sulle ricorrenti dicotomie esistenziali alla base di ogni rapporto umano, per cui l’essere è apparire, il doppio costituisce l’alterità e nega la possibilità di una conoscenza reale. La maschera nasconde il volto dell’individuo, determinando “l’inganno dell’incomprensione reciproca” e nascondendo una primitiva autenticità che le convenzioni sociali vietano di manifestare. Le convenzioni sociali, infatti, portano l’individuo a reprimere la parte più spontanea del suo essere, perché manifestarla infrangerebbe i castelli sollevati dall’ipocrisia e lo svelamento della verità troppo spesso sovvertirebbe ai canoni dettati dai compromessi che portano l’uomo ad estraniarsi da se stesso, non sapendosi più nemmeno riconoscere. Alla base della vita dell’uomo pirandelliano e sveviano sta dunque il male d’esistere. Anche se i personaggi dei due autori vivono e si muovono in ambienti diversi, se appartengono a diverse culture, hanno fra loro un parallelismo psichico che li condiziona. Si tratta cioè di una sostanziale incapacità di adattarsi alla vita, la subiscono senza averla scelta, e forse per un’altrettanta sostanziale incapacità di saper scegliere. L’inetto sveviano e l’inetto pirandelliano oscillano tra lucidità e nevrosi, alienano dalla concretezza e ledono l’equilibrio morale, come malattie. Mattia tenta una fuga dalla convivenza odiosa con la moglie e la suocera, divenutagli insopportabile, specialmente dopo la morte di sua madre e delle sue bambine. Chissà? Forse la fuga potrebbe guarire il suo male di vivere. - INGLESE - Joyce James Joyce, one of the most influential writers of the 20th century, extensively explores the theme of the crisis of certainties in his works. In his most famous novels, such as "Ulysses" and "Dubliners", Joyce experiments with narrative form and challenges traditional narrative structures, thus reflecting the complexity and uncertainty of the human condition. James Joyce was Irish writer known for his literary innovation and his profound exploration of human psychology. His major works include 'Dubliners', 'A Portrait of the Artist as a Young Man', 'Ulysses' and 'Finnegans'. Wake". Joyce's works deal with a number of universal and complex themes, including identity, religion, sexuality, politics, love, death and the crisis of certainties. He explores his characters' experiences and perspectives through detailed psychological insights, linguistic nuances, and formal experimentation. One of the central themes in his work is alienation. Joyce often depicts his characters as individuals who feel disconnected and alienated from society and their own identities. This alienation can be attributed to rigid social institutions, cultural limitations, or personal repressions. Joyce highlights the conflict between the individual and society, and the search for personal liberation and authentic identity. Religion is another significant theme in Joyce's works. Raised in a Catholic family, Joyce critically explores the role of religion in Irish society, questioning religious conventions and morality. His characters often struggle with their faith and find themselves in conflict between worldly desires and spiritual values. Joyce's style is known for its complexity and innovation. He uses narrative techniques such as stream of consciousness, where the narrative reflects the thoughts and free associations of the characters. Joyce also experiments with language, using puns, allusions, cultural references and a wide variety of styles and registers. In particular, "Ulysses" and "Finnegans Wake" represent the heights of his experimental style. "Ulysses" is structured as a modern reworking of Homer's Odyssey, exploring a single day in the life of three main characters. Although Joyce chose to leave Ireland, it is the setting of most of his works, especially Dublin, seen from the point of view of a European, not of an Irishman. He wanted to give a realistic portrait of the life of ordinary people. The lives of ordinary Dubliners represent in general man’s mental, emotional and biological reality. Dubliners are described as afflicted people, slaves of their religious, political and cultural habits and of their narrow-mindedness. All the 15 short stories are set in Dublin, which is considered by Joyce the centre of paralysis. He presented Dublin under four aspects: childhood, adolescence, maturity and public life. Joyce uses realistic, concise, detailed descriptions, but his realism is combined with symbolism and so double meaning of details. He wants to take the reader beyond the surface of reality and he does it by using the technique of the epiphany, that is ‘the sudden spiritual manifestation’ of an interior reality, caused by a trivial gesture, an external object or a banal situation, that lead the character to a sudden self-realisation about himself / herself or about the reality surrounding him / her. Joyce’s aim is to take the reader beyond the usual aspects of life through epiphany, understanding the epiphany in each story is the key to the story itself. Moreover, the epiphany is a moment of revelation both for the reader and the character. The main theme of Dubliners is paralysis, which could be physical and moral. Physical paralysis caused by external forces, instead of Moral paralysis that is linked to religion, politics and culture. The alternative to paralysis is the escape, which always leads to failure.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved