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Critica del Giudizio, Immanuel Kant, Sintesi del corso di Estetica

Nel documento vengono schematizzati alcuni paragrafi del secondo libro "Analitica del sublime". Dal paragrafo 23 al 29 con una Nota generale all'esposizione e dal 43 al 57 con le note finali

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 12/11/2019

anna_airoldi1
anna_airoldi1 🇮🇹

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Scarica Critica del Giudizio, Immanuel Kant e più Sintesi del corso in PDF di Estetica solo su Docsity! Critica del Giudizio 1 Parte prima: Critica del Giudizio estetico 1.1 Sezione prima: Analitica del Giudizio estetico 1.1.1 Libro primo: Analitica del bello 1.1.2 Libro secondo: Analitica del sublime 23) Passaggio dalla facoltà del giudizio del bello a quella del sublime ACCORDO BELLO/SUBLIME Il bello e il sublime PIACCIONO PER SE STESSI. Non hanno bisogno né di un giudizio dei sensi né di un giudizio determinante, ma di un GIUDIZIO RIFLETTENTE. Per ciò il PIACERE non è determinato né da una sensazione né da un concetto, è legato alla FACOLTÀ DELL’ESIBIZIONE: l’IMMAGINAZIONE. Tale facoltà dev’essere in accordo con la facoltà dell’intelletto (bello) o della ragione (sublime). I giudizi di questo tipo sono SINGOLARI, ma si danno come universali rispetto ad ogni soggetto, sebbene si riferiscano al piacere e non alla conoscenza dell’oggetto. DIFFERENZE BELLO/SUBLIME: BELLO SUBLIME riguarda la forma dell’oggetto si riferisce ad un oggetto privo di forma: provoca la RAPPRESENTAZIONE DELL’ILLIMITATEZZA è l’esibizione di un CONCETTO INDETERMINATO DELL’INTELLETTO è l’esibizione di un CONCETTO INDETERMINATO DELLA RAGIONE Il piacere è legato alla rappresentazione delle QUALITÀ. Il piacere è implicato direttamente Della QUANTITÀ. Il piacere è implicato indirettamente: prodotto dal senso di un momentaneo impedimento, seguito da una forte effusione di forza vitale. L’animo è ATTRATTO E RESPINTO  PIACERE NEGATIVO FINALITÀ NELLA FORMA: l’oggetto sembra predisposto per il nostro giudizio. La forma è oggetto di piacere. Possiamo dire che un oggetto è bello Riguardo alla forma è contrario alla finalità per il nostro giudizio  l’oggetto è INADEGUATO ALL’IMMAGINAZIONE SBAGLIAMO a dire che un OGGETTO è SUBLIME. L’oggetto è capace di una sublimità che si può COGLIERE NEL NOSTRO ANIMO. Il sublime non è contenibile in una forma sensibile, ma RIGUARDA LE IDEE DELLA RAGIONE, evocate nell’animo. Il mare in tempesta non è sublime. L’animo deve essere già riempito di idee se mediante la sua vista è condotto al sentimento del sublime: l’animo è così sospinto ad abbandonare la sensibilità e ad occuparsi di idee che contengono una finalità superiore. La bellezza naturale ci rivela una TECNICA DELLA NATURA. Consideriamo la natura sia come un meccanismo senza scopo, sia come analogo dell’arte. La bellezza naturale non estende la nostra conoscenza, ma ESTENDE IL CONCETTO DI NATURA (da meccanismo ad arte). Il principio è fuori di noi Il sublime naturale non conduce a principi oggettivi, ma suscita IDEE DEL SUBLIME NEL SUO CAOS. Il sublime è molto MENO IMPORTANTE DEL BELLO: non rivela nulla di finalistico nella natura, ma solo un uso delle intuizioni di essa. Il principio è in noi: finalità indipendente dalla natura. La TEORIA DEL SUBLIME è UN’APPENDICE AL GIUDIZIO ESTETICO DELLA FINALITÀ NATURALE: col sublime non è rappresentata una forma della natura, ma un USO FINALE che ne fa l’immaginazione. 24) Della divisione di un’analisi del sentimento del sublime Il piacere del sublime dev’essere rappresentato come 1. UNIVERALMENTE VALIDO SECONDO LA QUANTITÀ Necessaria la divisione in sublime MATEMATICO e DINAMICO. Infatti, poiché il sentimento del sublime implica un movimento dell’animo e poiché tale movimento dev’essere giudicato come finale soggettivamente (perché il sublime piace); esso dev’essere riferito, mediante l’immaginazione, o alla facoltà di CONOSCERE o a quella di DESIDERARE. Finalità attribuita all’oggetto come una disposizione matematica o dinamica dell’immaginazione 2. SOGGETTIVAMENTE FINALE SECONDO LA RELAZIONE 3. NECESSARIO in questa finalità SECONDO LA MODALITÀ 1.1.2.1 Del sublime matematico 25) Definizione del termine “sublime” Sublime è ciò che è ASSOLUTAMENTE GRANDE: grande al di là di ogni comparazione. La grandezza è un CONCETTO della facoltà del GIUDIZIO, e deve avere a fondamento un FINALITÀ SOGGETTIVA DELLA RAPPRESENTAZIONE RISPETTO AL GIUDIZIO. Per sapere quanto una cosa è grande è necessaria una MISURA, ma ogni misurazione non dà mai un concetto assoluto di grandezza, ma solo comparativo.  Nel dire grande qualcosa non mi riferisco a nessuna unità di misura con cui confrontare, ma pretendo ugualmente il CONSENSO UNIVERSALE. Si fa comunque riferimento a una misura nel dire grande qualcosa, perché lo intendo più grande di altro, ma tale misura non è adoperabile per un giudizio logico, ma solo estetico, si tratta infatti di una misura soggettiva su cui si basa il giudizio che riflette su una certa grandezza. Questa misura può essere poi EMPIRICA (altezza media) o data A PRIORI (grandezza d’una virtù). Sebbene ci sia indifferente l’esistenza dell’oggetto (senza interesse) la sua semplice grandezza ci dà PIACERE UNIVERSALMENTE COMUNICABILE, non un piacere che deriva dall’oggetto (come nel bello), ma un piacere che consiste nell’ESTENSIONE DELL’IMMAGINAZIONE. Dunque, dire grande qualcosa è dare un GIUDIZIO RIFLETTENTE SULLA RAPPRESENTAZIONE DELL’OGGETTO, la quale è FINALE SOGGETTIVAMENTE RISPETTO AD UN CERTO USO DELLE NOSTRE FACOLTÀ CONOSCITIVE nella valutazione delle grandezze; noi allora congiungiamo sempre alla rappresentazione una STIMA (Achtung).  Nel dire ASSOLUTAMENTE grande qualcosa NON indichiamo alcuna MISURA. Parliamo di una grandezza che è eguale solo a se stessa  il sublime non è da cercarsi nelle cose della natura, ma solo NELLE nostre IDEE. La definizione di sublime può diventare così: sublime è ciò AL CUI CONFRONTO OGNI ALTRA COSA è PICCOLA. Nell’immaginazione abbiamo una spinta a procedere all’infinito, nella ragione una pretesa alla totalità  SPROPORZIONE che desta in noi il SENTIMENTO DI UNA FACOLTÀ SOPRASENSIBILE. L’assolutamente grande non è quindi l’oggetto, ma L’USO CHE NE FA LA FACOLTÀ DEL GIUDIZIO A VANTAGGIO DI QUEL SENTIMENTO, in modo che ogni altro uso pare piccolo. Sublime è la DISPOSIZIONE D’ANIMO che risulta da una certa rappresentazione che occupa il giudizio riflettente. Altra definizione: sublime è ciò che, per il fatto di poterlo anche solo pensare, ATTESTA UNA FACOLT À DELL’ANIMO SUPERIORE AD OGNI MISURA DEI SENSI 26) Della valutazione delle grandezze delle cose naturali, richiesta dall’idea del sublime La misura delle grandezze mediante CONCETTI DI NUMERI è MATEMATICA, mediante l’INTUIZIONE è ESTETICA. Un numero è una grandezza conosciuta, ma se fosse conosciuta matematicamente servirebbe un’ulteriore misura, la grandezza dell’unità di misura dev’essere colta intuitivamente. OGNI VALUTAZIONE DELLA GRANDEZZA è ESTETICA. Per la valutazione matematica non v’è MASSIMO, v’è per l’estetica: la GRANDEZZA ASSOLUTA che l’animo può intuire. Le grandezze matematiche sono sempre relative. Per adottare intuitivamente una quantità come misura all’immaginazione servono due operazioni  APPRENSIONE. Può procedere all’infinito senza sforzo immaginativo  COMPRENSIONE. Raggiunge presto il suo massimo, cioè l’assolutamente grande Se il giudizio estetico dev’essere PURO NON può applicarsi all’ARTE (uno scopo umano determina la forma), né alla NATURA (il suo concetto implica già uno scopo), ma solo alla NATURA GREZZA (in quanto è semplicemente grande). Il puro giudizio del sublime non deve avere a fondamento nessun fine dell’oggetto. Poiché tutto ciò che deve piacere senza interesse al giudizio riflettente deve contenere nella sua rappresentazione una finalità soggettiva e, in quanto tale, valida universalmente; allora si chiede qual è questa finalità soggettiva? L’immaginazione procede da sé all’infinito, ma l’intelletto l’accompagna coi suoi concetti di numero cui essa deve fornire lo schema: qui vi è una finalità oggettiva, ma nulla di finale per il giudizio estetico. Intanto l’animo sente la ragione che esige la totalità: la comprensione in un’intuizione. L’esige anche per l’infinito, ma l’infinito è assolutamente grande. Ma il poterlo anche solo pensare come un tutto dimostra una FACOLTÀ CHE TRASCENDE OGNI MISURA DEI SENSI (ai sensi servirebbe misurare l’infinito per essere un tutto: impossibile). Si tratta di una facoltà SOPRASENSIBILE, poiché solo così l’infinito del mondo sensibile è COMPRESO INTERAMENTE SOTTO UN CONCETTO. Tale facoltà è più grande della facoltà della valutazione matematica, non teoricamente (infatti non estende la conoscenza), ma per la sua capacità di ESTENDERE L’ANIMO (si sente capace di superare DAL PUNTO DI VISTA PRATICO i limiti della sensibilità). Nella valutazione matematica l’immaginazione dà misura, è dunque nella 48) Del rapporto del genio col gusto PER GIUDICARE gli oggetti belli come tali è necessario il GUSTO, ma per l’arte bella (produzione di tali oggetti) è necessario il GENIO. La bellezza naturale esige nel giudizio il gusto, la bellezza d’arte esige nella possibilità il genio. La prima è UNA COSA BELLA, la seconda è la RAPPRESENTAZIONE BELLA DI UNA COSA. Per giudicare la bellezza naturale non ho bisogno di conoscere lo scopo, ma la forma; per giudicare la bellezza di un prodotto dell’arte c’è bisogno di conoscere il concetto di ciò che la cosa deve essere. Nel giudizio della bellezza d’arte va considerata la perfezione del prodotto (accordo del prodotto con lo scopo conosciuto); nel giudizio della bellezza naturale però si prende comunemente in considerazione la finalità oggettiva, allora il giudizio non è solo estetico, ma il giudizio teleologico serve da fondamento e indirizza il giudizio estetico (“bella donna”: bella forma per gli scopi naturali). Per dare forma ai prodotti delle belle arti è necessario il gusto, tale forma non è frutto di ispirazione, ma di un PROCESSO DI PERFEZIONAMENTO per ADEGUARE LA FORMA AL CONCETTO. Ma il gusto è facoltà di giudicare, non produttiva, e ciò che è adeguato al gusto non è per questo un’opera dell’arte bella. In un’opera dell’arte bella si trova spesso DEL GENIO SENZA GUSTO O DEL GUSTO SENZA GENIO 49) Delle facoltà dell’animo che costituiscono il genio L’ANIMA è IL PRINCIPIO VIVIFICANTE DELL’ANIMO: dà uno slancio alle facoltà dell’animo e le PONE IN GIOCO. Ritengo che questo principio sia la FACOLTÀ DI ESIBIZIONE DELLE IDEE ESTETICHE, cioè di quelle RAPPRESENTAZIONI DELL’IMMAGINAZIONE, che danno occasione a PENSARE MOLTO, senza però che un pensiero o un concetto possa essere a loro adeguato. Esse solo il CORRISPONDENTE delle IDEE DELLA RAGIONE, che sono CONCETTI CUI NESSUNA INTUIZIONE (rappresentazione dell’immaginazione) può essere ADEGUATA. L’immaginazione può CREARE UN’ALTRA NATURA tratta dalla materia che le fornisce la natura reale. Si possono chiamare IDEE queste RAPPRESENTAZIONI DELL’IMMAGINAZIONE, sia perché tendono al di là dei limiti dell’esperienza, sia perché nessun concetto può essere loro completamente adeguato. Ora, se si sottopone ad un concetto una rappresentazione dell’immaginazione che dia tanta occasione a pensare da non lasciarsi chiudere in un concetto determinato, l’immaginazione è creatrice e pone in moto la ragione, facendola così pensare più di quello che possa essere compreso. Gli ATTRIBUTI ESTETICI di un oggetto esprimono l’affinità del concetto con altri concetti: danno l’occasione all’immaginazione di estendersi verso rappresentazioni AFFINI che danno da pensare, e danno un’idea estetica. L’idea estetica è una RAPPRESENTAZIONE DELL’IMMAGINAZIONE ASSOCIATA AD UN CONCETTO DATO, la quale, nel libero uso dell’immaginazione, è legata con una tale quantità di rappresentazioni AFFINI che non si può trovare per essa nessun concetto determinato. Le facoltà dell’animo che costituiscono il genio sono IMMAGINAZIONE e INTELLETTO. Per la conoscenza l’immaginazione è costretta dall’intelletto, mentre dal punto di vista ESTETICO è LIBERA e fornisce all’intelletto una ricca materia non definita che adopera non oggettivamente in vista della conoscenza, ma SOGGETTIVAMENTE AD ANIMARE LE FACOLTÀ CONOSCITIVE. Il genio è quella felice disposizione per la quale si trovano idee per un concetto dato e l’espressione giusta per comunicare lo stato d’animo che ne risulta  questa è l’ANIMA: FACOLT À CHE COGLIE AL VOLO IL RAPIDO GIOCO DELL’IMMAGINAZIONE e lo unisce ad un concetto che si possa COMUNICARE SENZA COSTRIZIONE DI REGOLE (concetto che ora costituisce una nuova regola) Riprendiamo la definizione del GENIO:  TALENTO PER L’ARTE  Presuppone un concetto determinato del prodotto come scopo e quindi l’intelletto, ma anche una rappresentazione indeterminata dell’intuizione che serve all’esibizione di quel concetto  RAPPORTO INTELLETTO/IMMAGINAZIONE  Il genio si rivela meno nell’espressione di un concetto determinato che delle IDEE ESTETICHE e quindi nel rappresentare l’immaginazione nella sua indipendenza da regole  La finalità soggettiva presuppone una proporzione di immaginazione e intelletto che nessuna osservanza di regole può produrre Detto questo, il genio è l’ORIGINALIT À ESEMPLARE DEL TALENTO DI UN SOGGETTO NEL LIBERO USO DELLE SUE FACOLT À DI CONOSCERE 50) Dell’unione del gusto col genio nei prodotti dell’arte bella Domandare se è più appropriato il genio o il gusto in cose delle arti belle è domandare se ha più importanza IMMAGINAZIONE O GIUDIZO. Il giudizio è condizione indispensabile: solo immaginazione produce stravaganza, è il giudizio che la mette d’accordo con l’intelletto. IL GUSTO (Giudizio in generale) è la DISCIPLINA DEL GENIO: dà al genio la guida e consistenza alle sue idee. Se qualcosa dovesse sacrificarsi in un’opera, dovrebbe venire dal lato del genio. Le belle arti ESIGONO: IMMAGINAZIONE, INTELLETTO, ANIMA E GUSTO 51) Della divisione delle belle arti Principio per la divisione: ANALOGIA DELL’ARTE CON: 1. PAROLA  arte DELLA PAROLA: a. ELOQUENZA: arte di trattare un compito dell’intelletto come se fosse un libero gioco dell’immaginazione (l’oratore toglie a ciò che ha promesso) b. POESIA: arte di dare a un libero gioco dell’immaginazione il carattere di un compito dell’intelletto (il poeta aggiunge a ciò che ha promesso) 2. GESTO  arte FIGURATIVA: esprimono idee per mezzo dell’intuizione sensibile a. PLASTICA: rappresenta la verità sensibile a.i. SCULTURA: esprime materialmente concetti di cose come potrebbero esistere in natura : il fine è la pura espressione di idee estetiche a.ii. ARCHITETTURA: esibisce concetti di cose possibili solo nell’arte : il fine è un certo uso dell’oggetto artistico b. PITTURA: rappresenta l’apparenza sensibile b.i. Arte di ritrarre la natura b.ii. Arte di comporre bellamente i suoi prodotti (giardinaggio) 3. TONO  arte GELI GIOCO E DELLE SENSAZIONI: riguarda i diversi gradi del senso a. MUSICA: bel gioco di sensazioni uditive (come arte bella) o gioco di sensazioni piacevoli (come arte piacevole) b. COLORITO 52) Dell’unione delle belle arti in un unico prodotto In tutte le belle arti l’essenziale sta nella forma che è finale per la contemplazione e il giudizio e produce un PIACERE che è CULTURA e DISPONE LO SPIRITO ALLE IDEE. Le arti belle quando non sono collegate a idee morali diventano solo distrazione e procurano semplice godimento. 53) Comparazione del valore estetico delle belle arti  Guardando all’attrattiva e all’emozione: primo posto tra le belle arti alla poesia: fortifica l’animo facendogli sentire la libertà e usa la natura in servigio del sovrasensibile. L’eloquenza come arte di persuadere è una dialettica: toglie la libertà all’uditore. Poi la musica: parla per sensazioni e senza concetti, è più godimento che cultura.  Guardando alla cultura che portano nell’animo: la musica ha l’ultimo posto. Le arti figurative precedono la musica: mettono l’immaginazione in libero gioco, ma producono anche qualcosa che serve ai concetti dell’intelletto. Tra queste, precedenza alla pittura: penetra assai più nella regione delle idee 54) Nota Differenza tra ciò che piace semplicemente nel giudizio e ciò che diletta (piace nella sensazione). Il diletto non esige il l’universalità perché si fonda sul sentimento, mentre il piacere o dispiacere nel giudizio si fondano sulla ragione. Ogni diletto è una sensazione, anche quando è occasionato da concetti che suscitano idee estetiche; il sentimento spirituale della stima per le idee morali non è un diletto, ma una stima in sé (dell’umanità in noi), che ci eleva al di sopra del bisogno del diletto. 1.2 Sezione seconda: Dialettica del Giudizio estetico 55) Per essere DIALETTICA una facoltà di giudizio dev’essere innanzitutto RAGIONANTE, vale a dire i suoi giudizi debbono a priori PRETENDERE L’UNIVERSALITÀ perché la dialettica consiste nell’opposizione di tali giudizi. Una dialettica tra i giudizi di gusto non è possibile, giacché nessuno pretende di fare del proprio giudizio una regola universale, sicché non rimane per una dialettica del gusto che una DIALETTICA DELLA CRITICA DEL GUSTO, considerata nei suoi principi. Nella critica trascendentale del gusto ci può essere una parte detta DIALETTICA DEL GIUDIZIO ESTETICO 56) Esposizione dell’antinomia del gusto 1. Primo luogo comune (col quale chi è privo di gusto pensa di difendersi): OGNUNO HA IL PROPRIO GUSTO  il fondamento determinante del giudizio di gusto è puramente soggettivo 2. Secondo luogo comune: DEL GUSTO NON SI PUÒ DISPUTARE  il fondamento determinante del giudizio di gusto può essere oggettivo, ma non si può riportare a concetti determinati e che quindi non si può decidere niente mediante dimostrazioni, sebbene si può CONTENDERE. Contendere e disputare: in entrambi si cerca l’accordo dei giudizi, ma col secondo lo si cerca mediante CONCETTI DETERMINATI (principi di giudizio sono concetti oggettivi) 3. Terzo luogo comune ammesso implicitamente: SUL GUSTO SI PUÒ CONTENDERE. Ma questa proposizione è l’opposto di 1. Perché dove si può contendere ci può essere accordo e quindi si può contare su principi del giudizio non solo soggettivi Seguente ANTINOMIA riguardo al principio del gusto:  TESI: Il giudizio di gusto non si fonda su concetti, altrimenti di esso si potrebbe disputare  ANTITESI: il giudizio di gusto si fonda su concetti, altrimenti non si potrebbe contendere 57) Soluzione dell’antinomia del gusto Si toglie l’antinomia dimostrando che IL CONCETTO NON è PRESO NELLO STESSO SIGNIFICATO nelle due massime. A qualche concetto il giudizio di gusto deve riferirsi, altrimenti non avrebbe la validità necessaria per ogni soggetto giudicante. Ma esso non può essere dimostrato mediante un concetto, perché un concetto o è determinato (concetto dell’intelletto, determinabile per predicati dell’intuizione sensibile) o è indeterminato e indeterminabile (concetto razionale del sovrasensibile, a fondamento dell’intuizione e non ulteriormente determinabile per via teoretica). Ora, il giudizio di gusto non determina un concetto dell’intelletto, perché non è un giudizio di conoscenza. E quindi, in quanto RAPPRESENTAZIONE INTUITIVA INDIVIDUALE CIRCA IL PIACERE ha validità solo per l’individuo giudicante  1. Ma nel giudizio c’è una relazione più estesa della rappresentazione dell’oggetto e del soggetto, per cui noi consideriamo questa specie di giudizi come universali e come aventi a fondamento un concetto: un concetto non determinabile che quindi NON FORNISCE ALCUNA PROVA per il giudizio di gusto, ma questo è il concetto razionale del sovrasensibile che sta a fondamento del fenomeno. Se il concetto fosse dell’intelletto sarebbe possibile fondare il giudizio di gusto su prove, il che contraddice la tesi. Ora cade ogni contraddizione  IL GIUDIZIO DI GUSTO SI FONDA SU UN CONCETTO PER IL QUALE NULLA PUÒ ESSERE CONSCIUTO E CHE TUTTAVIA DÀ AL GIUDIZIO LA VALIDITÀ PER OGNUNO: IL CONCETTO RAZIONALE DEL SOVRASENSIBILE. Perché non vi sia contraddizione la tesi e l’antitesi vanno così formulate:  TESI: il giudizio di gusto NON SI FONDA SOPRA CONCETTI DETERMINATI  ANTITESI: il giudizio di gusto SI FONDA SOPRA UN CONCETTO INDETERMINATO Sta a fondamento dell’antinomia risolta il vero concetto del GUSTO, cioè di un GIUDIZIO ESTETICO PURAMENTE RIFLETTENTE. Se si ponesse il principio del gusto nel piacevole o nella perfezione le definizioni di gusto avrebbero un’antinomia irrisolvibile. a) Nota prima Distinguere IDEE dai CONCETTI dell’intelletto. Le IDEE sono RAPPRESENTAZIONI RIFERITE AD UN OGGETTO SECONDO UN CERTO PRINCIPIO, ma non possono MAI divenire una CONOSCENZA dell’oggetto. Esse sono  Riferite ad un’intuizione secondo un principio puramente soggettivo dell’accordo delle facoltà conoscitive (immaginazione e intelletto)  ESTETICHE . Non può mai divenire conoscenza perché è un’intuizione alla quale non si può mai trovare un concetto adeguato.  Riferite ad un concetto secondo un principio oggettivo  DELLA RAGIONE . Non può mai divenire conoscenza perché si tratta di un concetto TRASCENDENTE: un concetto del sovrasensibile al quale non può mai essere data un’intuizione adeguata. Il CONCETTO IMMANENTE cui si può sempre sottoporre un’esperienza corrispondente adeguata è il CONCETTO DELL’INTELLETTO. Questi concetti sono quindi SEMPRE DIMOSTRABILI: l’oggetto loro corrispondente deve sempre poter essere dato nell’intuizione Nella logica le espressioni “dimostrabile” ed “indimostrabile” sarebbero meglio dette come “MEDIATAMENTE CERTE” o “IMMEDIATAMENTE CERTE”. Anche la filosofia pura ha proposizioni di questa specie, ma trattando di principi a priori può PROVARE, ma non dimostrare. Dimostrare è ESIBERE IL PROPRIO CONCETTO NELL’INTUIZIONE o a priori (costruzione del concetto) o empirica (presentazione dell’oggetto). Per conseguenza, il concetto razionale del sovrasensibile è già un CONCETTO INDIMOSTRABILE e un’IDEA DELLA RAGIONE. Come in un’idea della ragione l’immaginazione, con le sue intuizioni, non raggiunge mai il concetto dato, così in un’idea estetica l’intelletto, con i suoi concetti, non raggiunge mai l’intera intuizione dell’immaginazione. Ora, poiché RIPORTARE UNA RAPPRESENTAZIONE DELL’IMMAGINAZIONE A CONCETTI è ESPORLA; l’idea estetica è una RAPPRESENTAZIONE INESPONIBILE DELL’IMMAGINAZIONE.
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