Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Cromorama - come il colore ha cambiato il nostro sguardo, Sintesi del corso di Storia Dell'arte

Storia e teorie del colore dalla sua nascita fino ai nostri giorni.

Cosa imparerai

  • Come le società preindustriali affrontavano la mancanza di pigmenti e tinture per mescolare i colori?
  • Che teorie indagano la natura fisica del colore nel mondo antico?
  • Come la precisione e la razionalizzazione del colore sono diventate importanti attraverso i tempi?
  • Che problemi incontra chi ha a che fare col colore nel mondo premoderno?
  • Come il colore ha influenzato la moda e la cultura attraverso i secoli?

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020
In offerta
30 Punti
Discount

Offerta a tempo limitato


Caricato il 06/04/2020

Limoncina
Limoncina 🇮🇹

4.5

(71)

12 documenti

1 / 37

Toggle sidebar
Discount

In offerta

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Cromorama - come il colore ha cambiato il nostro sguardo e più Sintesi del corso in PDF di Storia Dell'arte solo su Docsity! CROMORAMA Giallo industriale Una matita di legno verniciata di smalto giallo: verrebbe da definirla una matita classica. Dai faldoni della storia veniamo a sapere che le matite come le conosciamo Oggi sono state introdotte in Francia Solo nel 1790. Prima si usavano Carboncini, pastelli o stecche di grafite senza nessuna guaina; a idearla è nicolas-jacques contè che per risparmiare si inventa di usare grafite in polvere, decisamente meno costosa, e di mischiarla con l'argilla, impacchettandola nel legno. La proposta di questo oggetto asseconda la richiesta di strumenti che non sporcano mani e vestiti dei non professionisti grazie al legno che avvolge la mina. La prima matita dipinta esternamente compare però solo un secolo dopo, e il motivo di questa coloritura va rintracciato Con ogni probabilità nel tentativo di nascondere le imperfezioni del legno, visto che per un oggetto economico non si usa Certo il taglio più prezioso. E questa prima verniciatura è appunto gialla. Secondo alcuni storici il movente sarebbe nazionalistico: richiamerebbe il colore dell'impero austro-ungarico Dove la fabbrica di matite aveva sede, e secondo altri si tratta invece di una scelta metaforica che rimanda alla Cina, Da cui proviene la grafite e dove il giallo è il colore della famiglia Imperiale. Oggi, quasi 130 anni dopo, le matite in legno continuano a godere di una imperterrito consenso: i due terzi delle matite prodotte sul pianeta sono gialle. In un'indagine di mercato in un ufficio americano, in cui vennero proposte delle nuove matite, alcune Gialle, altre Verdi, la maggioranza degli impiegati si lamentò di quelle verdi, ma ovviamente le matite erano identiche, cambiava solo la vernice esterna. Dunque, il colore non è solo una sensazione o un mero attributo delle cose: il colore è spesso un'idea, un'aspettativa. Certe tinte diventano tutt'uno con gli oggetti che le indossano al punto che è difficile pensare altrimenti. La matita gialla è Insomma un archetipo, un modello mentale ed è questo che ne fa un classico. Oggi la maggior parte delle cose con cui abbiamo a che fare è stata prodotta in serie e questa condizione non riguarda solo gli oggetti, anche le trasmissioni televisive, film e videogiochi, e le nostre parole vengono visualizzate su centinaia di supporti in contemporanea. La caratteristica principale dell' industria è normalizzare la produzione anzitutto per ragioni economiche e non solo agli artefatti umani, Anche i prodotti reputati naturali sono coinvolti in un processo simile: per esempio, molti frutti, come le mele le arance, prima di essere inviate al supermercato vengono fatti passare dentro un anello che ne verifica la misura media e se il frutto non ci passa viene scartato. Il mercato trova più facile vendere cose tutte uguali perché il commercio ha bisogno di una loro rappresentazione coerente e noi abbiamo imparato che se un difetto è visibile è indizio di qualcosa che non va così Siamo inclini a preferire sempre quello più uguale agli altri, comprando non il singolo oggetto ma la sua idea. Negli ultimi anni, per sottrarsi al monopolio dei colossi di filiera, sono nati i gruppi di acquisto a chilometro zero, che si riforniscono solo da coltivatori del territorio limitrofo; la frutta e la verdura che propongono sono spesso di forme inconsuete, irregolari, ma queste imperfezioni sono salutate dai consumatori come segno di genuinità. Il km 0 è pensabile solo in relazione al supermercato. Il design ancor prima che oggetti produce discorsi, vale a dire un insieme di saperi, di convincimenti, di miti, di comportamenti e di pratiche sociali accomunati dalla scala di Massa. Un ruolo fondamentale lo hanno i mezzi di comunicazione tramite le invenzioni della Grafica, del cinema e della pubblicità. Non è senza significato che nel 1912 Picasso e Braque inaugurano la rivoluzione cubista inserendo nei loro dipinti scampoli di carta da parati, biglietti del treno, ritagli di giornale, come stralci di mondo. Da questi ragionamenti si comincia intuire Come si costruisce l'immaginario cromatico di un oggetto di un certo colore che può incontrare il consenso del pubblico, e che inizia a vivere la nostra fantasia, finché quel colore diventa una categoria con cui giudichiamo tutto il resto, come il giallo di una matita. L’aspetto cruciale del rapporto tra i colori e le cose sta proprio in questo depositarsi della tinta nella memoria collettiva. Negli ultimi 3000 anni gli uomini più diversi si sono interessati al colore: ogni ambito ha posto i propri problemi e costruito un lessico acconcio, e questo fa sì che oggi ci ritroviamo con saperi spesso in conflitto fra loro e con una terminologia molteplice e a volte imprecisa. Per esempio se ci troviamo a parlare con un artista Lo sentiremo definire Saturo un colore che nel linguaggio comune è chiamato vivace, Oppure potremmo notare che un designer si riferisce alle tinte predicandone la luminosità, mentre un fisico ci spiegherebbe che è più preciso parlare di brillanza. Per non dire che l'opinione comune, ormai dei tempi di Newton, dà per scontato che nell'arcobaleno ci siano tutti i colori, ma la scienza recente ha dimostrato che il rosso rosso, quello dei papaveri e della coca-cola nello spettro cromatico proprio non c'è. Queste contraddizioni sono un aspetto importante della storia del colore: si tratta di un miscuglio di luoghi comuni, di preconcetti. Rosso Unito L'occhio del XXI secolo La regina delle paste Secondo alcuni pasticceri è il diplomatico, ossia il trancetto di liquoroso pan di Spagna con pasta sfoglia e crema pasticcera. Ragionando, ci si accorge che la complessità del diplomatico ha a che vedere non tanto con la ricetta, ma con il modo in cui viene gustata. non ha un gusto unico, ma più Sapori articolati che persistono e cambiano. Un'esperienza diversa rispetto alla Nutella che ha un gusto Concorde per tutto il tempo che la teniamo in bocca. L'opposizione tra i due è di certo quella tra un prodotto di lusso e uno economico, tradizione artigiana e serialità contemporanea, come nell'arte e nel design: se Il diplomatico È un colore articolato E cangiante, allora la Nutella è un esempio di tinta unita. Da un punto di vista tecnico tinta unita è l'aspetto di forma di una superficie in cui riconosciamo lo stesso colore in ogni suo punto. Dire dove inizia il concetto di tinta unita è difficile: una calza di lana opaca di certo la possiede, un collant velato forse no. Si confronti il colore di un cielo dipinto da Fragonard nel 700 con il cielo della tavola di un fumetto: Il primo è lavorato, insistito, pieno di Minuscole variazioni tonali e apprezzarlo richiede una lungo osservazione, come Il diplomatico. Il secondo è omogeneo e immediato come la Nutella. Quando diciamo tinta, diamo per scontato che sia unita: quest'idea di compattezza è forse la vera e più importante novità del mondo moderno: la creazione di pezzi unici è perlopiù contraddistinta da tinte non Unite. Il gusto per il colore disomogeneo È una qualità costante negli artefatti del passato e nel caso delle pietre preziose, poi, L'invenzione dei vari tipi di taglio è servita a moltiplicare le possibilità attuali del materiale. Anche nelle vetrate gotiche incontriamo effetti dinamici lontani dell'uniformità moderna, infatti producono effetti variabili a seconda dello spessore dell'angolo di incidenza della luce. È chiaro che una vetrata gotica è lontana da una lastra di plexiglass, sono linguaggi e scelte distanti. Altro esempio: l’invetriatura di una ceramica raiku della tradizione giapponese ha un interiorità colorica che la getta nel flusso magmatico della vita, mentre un piatto di Ikea si pone compatto immobile sfidando il tempo, e la lavastoviglie, con la sua inappuntabile liscezza di serie. E’ però nella pittura che le differenze col moderno si rivelano più significative: se esaminiamo da vicino alla finitura di un dipinto classico, Notiamo che il colore ha una matericità che non si limita alla tinta Ma sembra penetrare nella tela come accade con una superficie organica; ciò è dovuto Nella pittura ad olio, alla cosiddetta tecnica delle velature: quando il colore è steso per strati trasparenti e successivi, applicando mani fresche, magari diluite, sopra le campiture asciutte, così che traspaia, ora più Ora meno, il colore sottostante. L'effetto è come se la pellicola pittorica fosse invetriata e ci guardassimo attraverso. Se compariamo questi esiti con le tele di un artista novecentesco la differenza è lampante. Storicamente, però, il vero cambiamento si ha con l'impressionismo, quando il colore per la prima volta si presenta come un corpo denso, dalla tinta precisa che non ha profondità ma solo rilievo: in fiocchi, in tocchi, oppure in strisce; l'epoca degli impressionisti è quella dei nuovi pigmenti venduti pronti all'uso e anche per questo la materia può essere stesa così come esce dal tubetto. Nel mondo antico la tinta unita è impossibile o difficilissimo produrla. Con la lavorazione in serie le cose si ribaltano: fare un colore uniforme è spesso più facile che sfuggirlo. La ragione è che dovendo ridurre tutto a procedure ripetibili, l'industria ha un'implicita tendenza a semplificare forme e finiture, quindi la tinta unita non è solo una scelta, un gusto o una moda, ma Una delle conseguenze inevitabili della serializzazione produttiva. L'industrializzazione ha trasformato la tinta unita da Evento eccezionale a fatto quotidiano, fino a farne il criterio in base al quale definiamo tutto il resto. Si consideri come affermiamo che nel campionario Pantone ci siano tutte le nuance possibili, dando per assodato che il colore debba essere valutato tramite tasselli compatti. Questo è però limitante per gli artefatti del passato: dire che gli affreschi di una villa Pompeiana siano di rosso numero 1805 è una approssimazione che non restituisce la Reale ricchezza di quell'esperienza. compra bello e pronto, ma richiede una lavorazione lunga e laboriosa. In Natura il lapislazzulo si trova mischiato con altri minerali e, Prima di usarlo, è fondamentale separare il pigmento dalle impurità, così viene macinato, poi si aggiungono olio, cera, resina, e tutto viene Impastato più volte per poi subire molteplici risciacqui da cui, dopo la decantazione, compare una polvere finissima di un azzurro brillante. A descriverci questa ricetta è cennino Cennini, pittore giottesco e autore di un libro spaccato di pratica di Bottega in cui elargisce consigli che rivelano le difficoltà di chi maneggia i colori in quei tempi remoti. Anche i nomi dei colori sono fascinosi: orpimento, Minio, sangue di Dragone, risalgallo. I maggiori committenti del Quattrocento Fiorentino sono mercanti e banchieri le cui Fortune vengono dal prestito a usura; per la chiesa si tratta di un peccato grave: l'usura consiste nel far pagare un interesse che cresce col tempo, ma siccome il tempo è un attributo di Dio non può essere oggetto di compravendita, così per salvarsi dalla Dannazione, questi strozzini, che rispondono a cognomi raffinati come medici o Rucellai, devolvono parte delle proprie ricchezze ora in beneficenza Ora investendo in cultura, con dipinti e opere di architettura. Il fine è esibire la propria munificenza, dimostrare il proprio potere, e risarcire la società di quanto si è preso, cercando di guadagnarsi un posto in paradiso. Sono committenti attentissimi alle opere, fino ad entrare nel merito dei contenuti e dei modi in cui gli artisti devono lavorare. La scelta di materiali di pregio e vitale: l'arte deve mostrare talento e allo stesso tempo si deve vedere quanto è costata, e l'ultima parola spetta appunto a chi mette i capitali. Il pubblico condivide l'orizzonte economico dei committenti e ne capisce le scelte sia sul piano estetico sia su quello narrativo: per esempio nel dipinto del Sassetta San Francesco dona il mantello azzurro al soldato povero, ma quello che per noi è un colore come un altro, per il pubblico del 400 è senza dubbio Blu Oltremare quindi il buon gesto è metaforizzato dall'uso del pigmento più costoso. Il lapislazzulo trasferisce un valore di mercato dentro le opere, facendo assumere al colore significati ampiamente culturali, e addirittura può stabilire delle graduatorie all'interno di uno stesso dipinto. Sappiamo che il lapislazzulo può avere diversi gradi di purezza, cui corrispondono i relativi prezzi, da 1 a 4 Fiorini l'oncia: Il più costoso viene raccomandato per dipingere il manto della Madonna. Gli Artisti del Rinascimento maneggiano cose tanto preziose e questo comporta che si trovano ad affrontare problemi, logiche e inquadramenti simili a quelli di chi si occupa di oreficeria. Il costo del materiale a volte è responsabilità dell'artista, e la preoccupazione economica è il chiodo fisso dell'epoca per tutte le parti in gioco, così Cennini non manca mai di mettere in guardia gli artisti dalle possibili frodi, per esempio dice di stare attenti all’azzurrite, un minerale economico e meno stabile che può essere facilmente scambiato con l'oltremare, e che con l'umidità tenda sgretolarsi o diventare verdastro. L'unico modo di vivere sereni e farsi amici frati le cui speziere sono i luoghi più apprezzati per la produzione e la conoscenza dei colori. Il prestigio del Oltremare cambia le sorti del blu, che da colore poco usato nell'antichità diventerà nel Rinascimento la tinta più nobile adatta addirittura per la Vergine. Una testimonianza la incontriamo In una madonna scolpita in legno di Tiglio, ridipinta diverse volte, al passo con le mode iconografiche. Lo stato più profondo è nero perché appartiene ai tempi in cui la Vergine era la madre in lutto, poi sopra c'è uno stato blu rinascimentale, in cui non è più solo madre ma soprattutto Regina dei Cieli, poi uno strato d'oro di epoca barocca, gli anni in cui Maria raffigura la chiesa stessa e infine uno strato di bianco, steso con tutta probabilità dopo la proclamazione dell'Immacolata Concezione del 1854, in cui la Vergine si propone come simbolo di purezza. La Madonna continua ad indossare un mantello blu in tutte le raffigurazioni recenti. Il cielo ha pure cambiato colore diventando blu come opzione normativa. Eppure nelle icone bizantine è rosso, qualche volta nero e più spesso d'oro, per significare con un materiale scintillante la grandezza luminosa dell'universo. E’ facile convincersi che una convenzione sia un fenomeno naturale. Quando suggeriamo ai bambini di colorare il cielo usando un pennarello blu crediamo di evocare un fatto fisico senza renderci conto che stiamo applicando una moda precisa senza dubbio poetica. Porpora simbolico Idee e Miti del mondo antico Il mercato dei colori del 500 dischiude merci dai poteri straordinari, e accanto ai pigmenti più noti, alcuni pittori sono soliti comprare una sostanza scura, tanto costosa quanto macabra: si tratta della riduzione in polvere di mummia egizia e il cui contrabbando risale in Occidente ai tempi delle Crociate. La chiamano carnemonia, nome che ne rivela l'origine umana e mortuaria. Viene commercializzata addirittura come farmaco, da ingerire o da annusare, in maniera simile al tabacco. Leggenda vuole che Tintoretto sia disposto a pagare più del lapislazzulo per un po' di questo nero di mummia, convinto che abbia un potere occulto capace di penetrare nelle viscere dei dipinti fino a rendere immortale la sua fama ed eternare il suo nome. Giovanni Paolo Lomazzo sostiene che la polvere di mummia, macinata finissima, sia ottima per dipingere le ombre dell'incarnato. Tintoretto e Lomazzo, pur ragionando di ombre corrette come fotografia, sono persuasi che il miscuglio Egizio conferisca alla pittura un merito ulteriore. Nei tempi antichi infatti, la maggioranza delle persone frequentava nella vita comune colori naturali e sbiaditi: gli écru, i badge, i marroni e i molti altri Bianchi sporchi che oggi sono chic Ma che sono stati per secoli la norma del vestire Popolare. Quindi tutto ciò che era colorato era per forza di cose eccezionale e miracoloso. Per la mentalità Antica il colore è qualcosa che si dà insieme alle cose che lo possiedono e concerne l'ontologia della materia, cioè la sua essenza, per esempio, quando in un testo leggiamo che una veste è porpora, non ci viene fornita tanto la lunghezza d'onda quanto un'informazione su come quella stoffa era lavorata, a cui corrispondono molte tinte e il cui effetto evoca Prima di tutto meriti economici. Bestiari, lapidari,erbari: l'uomo medievale compila sterminate raccolte in cui la conoscenza non risiede nel dato verificabile ma in quello allegorico. Ciò che è impensabile per la mentalità antica è l'arbitrarietà di significati: mentre per noi moderni il semaforo rosso significa stop secondo una scelta convenzionale, per un uomo medievale il rosso partecipa ad un senso stabilito da forze che precedono i patti tra gli uomini, così come non si sceglie una tinta perché si accorda ad un'altra, quel pigmento deve avere proprietà ulteriori che ne giustificano l'impiego. C’e poi da dire che nella società preindustriale pigmenti e tinture non permettono di mescolare i colori tra loro: unendo il rosso della Porpora con il blu di lapislazzulo non si ottiene il viola come accade oggi, semplicemente si impasta il succo di un animale con pietra grattugiata e i due rimangono separati o producono intrugli ingovernabili, è quindi impensabile una teoria universale del colore che li contenga tutti in modo ordinato, come il cerchio cromatico. La conoscenza poi è un misto di tecniche e mistero: per esempio nei ricettari medievali leggiamo che un colore deve stare a riposo per tre giorni o per 9 mesi, come per una Resurrezione o nove mesi come per una gravidanza, in base al proprio giudizio. Tra tutte queste sostanze colorate sono le pietre dure ad occupare le posizioni più alte della gerarchia del prestigio: il Calcedonio tiene lontano la malinconia, il diaspro protegge dall'epilessia. Le gemme sono considerate creature vive, o maschili o femminili e rimandano alle virtù, perché quando sono illuminate sprigionano un cromatismo inaspettato, quasi Divino e la luce è sempre metafora di Dio. Secondo l'apocalisse, poi, le mura della Gerusalemme Celeste sono state costruite con pietre preziose di tanti colori diversi ed è quindi giusto che anche le copertine di evangelari e bibbie miniate ne siano tempestate. C'è un oggetto che racconta bene la fascinazione che agisce all'epoca nelle cose preziose: si tratta di un piccolo Crocefisso del XI secolo conservato a Colonia nel museo d'arte Columba. Il corpo di Cristo è plasmato in metallo, mentre la testa è fatta usando lapislazzulo del primo secolo, quindi più vecchio di 1000 anni, un volto di donna montato non solo su un corpo maschile ma per giunta su quello di Cristo, infatti per l’epoca medievale il conflitto dei generi sessuali non è straniante, ciò che conta è l'intarsio di un colore antico e pregiato su una base moderna che ne rende eloquente la spiritualità. Accanto a questi convincimenti, cominciano ad affacciarsi già dal quinto secolo a.C. teorie che indagano la natura fisica del colore, idee che arriveranno ad intenzioni decisamente scientifiche. La novità risiede nel maneggiare il colore in astratto, non reputandolo una cosa ma una prerogativa del mondo guardato. Aristotele, tra i primi, dice che i colori sono il frutto della relazione dinamica della luce con il buio: è il miscuglio di chiarezza e oscurità che li genera e da loro consistenza. Associare le tinte alla quantità di luce che riflettono è una mossa essenziale per slegarle da Oggetti concreti, ma Aristotele non si ferma qui e sostiene che tra i due poli del buio e della luce ci siano 7 tinte fondamentali. Per un mercante esistono tanti Rossi Quante sono le cose che tingono di rosso, per Aristotele esistono sette colori a prescindere da cose precise: 7 qualità fenomeniche di cui una è la categoria di rossezza. In questo modo Aristotele conclude che il colore è un accidente. Quest'idea Non è tuttavia ancora il colore come lo conosciamo oggi: la grande rivoluzione del Novecento sarà capire che il colore è un accidente della nostra psiche, ovvero qualcosa che si costruisce dentro il nostro cervello partendo dai dati forniti dalla realtà. A traghettare il colore da un Cosmo di magia ad un sistema astratto contribuisce pure il sapere medico, che nella cultura antica e medievale è imperniato in primo luogo sulla teoria dei quattro umori: il sangue, il flegma, la bile gialla e la bile nera, l'analogo dei quattro elementi: aria, acqua, terra e fuoco. La libera combinazione di questi, che compongono ciascun uomo, determina la personalità individuale, per esempio il tipo melanconico, che ha un eccesso di bile nera, ha dei segni zodiacali più affini, delle pietre predilette e un colore predestinato. Le catalogazioni classiche di piante, gemme e animali si avviano così a diventare un sistema di interpretazione della personalità. E’ da qui che si arriva alla famigerata domanda: Qual è il tuo colore preferito? cavallo di battaglia di tutti i magazzini contemporanei che pone al centro del discorso la categoria più importante della modernità: il carattere individuale. Giovanni Paolo Lomazzo, che tanto Amava la polvere di mummia, si rende conto che c'è una doppia verità: Da una parte sa che se si mischia il nero col bianco si ottiene il grigio, dall'altra continua a fidarsi delle autorità degli antichi che sostengono che il rosso è mediano tra bianco e nero. Artisti e Filosofi sono combattuti tra mescolanze tecniche e mescolanze teoriche. Sono gli esperimenti di Newton a cambiare le cose. ​Indaco spettrale L'epoca delle rivoluzioni Intorno al 1740 nei salotti illuministici è usanza tra le dame scambiarsi in dono prismi trasparenti, così scoppia la NewtonMania. Conversare di argomenti scientifici è prestigioso, e per aiutare nel compito esce Perfino un libro destinato ad un grande successo: il newtonianismo per le dame, di Francesco algarotti, opera che inaugura il filone della divulgazione scientifica scegliendo le donne come interlocutore prediletto, ma che pure gli uomini leggono di gusto, perché in realtà le dame del titolo sono niente più che tutti i lettori colti non specialisti. Il testo è una sintesi dei concetti rivoluzionari esposti all'inizio del secolo da Newton, frutto dei suoi studi iniziali. In una stanza buia Newton Intercetta con un prisma un sottile raggio di luce che filtra dalla finestra, proiettandolo sul muro di fronte, dove questo si scompone In una sequenza variopinta simile ad un arcobaleno. Se si può aprire la luce, se si può scinderla, farla a pezzi Ed entrarci dentro, Allora in linea di principio si può penetrare dentro ogni sostanza. Metaforicamente è la luce della conoscenza che lo attraversa, rendendo studiabile l'invisibile. E’ anche per questo i prismi diventano un dono: perché tra le virtù che ad una dama non devono mancare ce n'è una nuova, moderna e virile: la curiosità scientifica. Parlarne in salotto conferisce al colore uno statuto senza precedenti, mondano. Sotto Luigi XVI si cominciano a disciplinare le conoscenze, quelle teoriche e quelle artigianali, codificando gli stili di ogni cosa. Le competenze vengono portate al massimo perfezionamento e inquadrate dentro regole precise. Si stabiliscono codici per il cibo e per lo sport, per la vita lavorativa e per quella oziosa, i cuochi pongono le basi della cucina ufficiale, e mentre gli arbitri dell'eleganza decidono quali E quante posate si debbano usare, Le Manifatture di corte le disegnano, assegnando una forma ad ogni nuova funzione. Succede uguale nei comportamenti: c'è un modo per inchinarsi e uno per passeggiare, uno per il trotto e un altro per la danza. Ad ogni nuova regola si dà un nome è così in questa grande macchina classificatoria si include ogni cosa pensabile, producibile, usabile e soprattutto vendibile. Newton conquista e seduce: con lui il colore smette di essere un'entità sfuggente e si intravedono per la prima volta le regole che lo governano. Secondo la scienza moderna la luce è un tipo di radiazione elettromagnetica composta di onde capaci di suscitare sensazioni visive nel nostro sistema nervoso. La struttura piramidale del prisma fa sì che queste onde attraversandolo, si riflettano in uscita secondo angoli progressivi, rivelando che ciascuna corrisponde ad una tinta diversa. Quello che compare è un segmento luminoso in cui colori si presentano in sequenza ordinata, come nell'arcobaleno. Viene battezzato spettro, cioè apparizione, Forse perché anche i fantasmi si mostrano come entità luminose nell'oscurità. A fine Seicento, seguendo in parte Aristotele, si riteneva che i colori fossero il prodotto di una miscela di luce e di ombra e che primi si limitassero solo a colorare la luce. Newton dimostra al contrario che il colore è qualcosa che sta dentro la luce e non sulle cose: oltremare e giallorino sono diventati oggetti paritari. Ma non solo per la prima volta nell'elenco dei colori vengono a mancare il bianco e il nero, da questo momento per la scienza bianco e nero sono solo forme di luce e di buio. Sul piano cromatico Madame Bovary è un romanzo parco di descrizioni, tranne riguardo al blu, unico Colore su cui l'autore torna con insistenza: la prima volta che Charles Bovary incontra la sua futura moglie, Emma è vestita con un abito di lana blu che racconta il desiderio di una vita diversa; Emma ha occhi marroni che alla luce del giorno brillano di un blu scuro e ha i capelli divisi in due bande, tanto lisci che emanano riflessi blu. Il blu è dunque un colore tema, ma è anche un colore presagio e doloroso. Quando Rodolfo la lascia, dalla finestra lo vede allontanarsi in un calesse blu e di vetro blu è anche il barattolo che contiene l'arsenico, per uccidersi. Tuttavia Flaubert non inventa dal nulla: un secolo prima di Emma Bovary c’era stato un altro suicidio ad opera di un personaggio letterario vestito di blu: il protagonista dei dolori del giovane Werther, pubblicato nel 74 da Goethe, vittima di un amore impossibile per la bella Charlotte, si spara un colpo di pistola alla tempia e si fa trovare morto vestito come la sera del suo primo ballo con l’amata, con una giacca blu e un panciotto giallo. Il successo del libro è enorme e l'accostamento di blu e giallo fa scoppiare una moda, tanto che diventa una divisa sentimentale: vestirsi alla Werther è un segno di gusto e tutti i giovani cominciano a indossare giacche blu e panciotti gialli. Negli ultimi 40 anni le copertine delle Edizioni economiche di Madame Bovary hanno spesso attinto ai ritratti di Dominique Ingres, come quelli della principessa De Broglie o della Contessa d'haussonville, entrambe vestite di tonalità blu, però, queste due appartengono all'aristocrazia, e lo sfarzo che i dipinti mettono in scena è lontano dai costumi della vita di provincia. La principessa De Broglie è blu per censo, invece Emma si veste di blu per persuadersi attraverso l'acquisto di un colore, di abitare un benessere da cui di fatto è esclusa. Sono in bella vista i segni della ricchezza: drappeggi sontuosi scintillanti, bagliori dorati, pietre preziose. Ingress introduce nel dipinto delle geometrie esoteriche: il ritratto della De Broglie ha una composizione classica, la protagonista si trova al centro del layout e occupa lo spazio formando una piramide, mettendo in mostra il prestigio. La principessa sembra porgerci la mano, punto focale dell'intera composizione e l'anello è di certo costosissimo, si trova sull'asse di simmetria in linea con il suo occhio: se gli occhi sono specchio dell'identità spirituale, Allora le pietre sono lo specchio di quella sociale; la mano che si protende verso di noi è bianca e curata, Le unghie sono ovali esatti e lucidissimi, e i capelli, divisi in due bande, sono puliti il che non è la norma per le donne dell'epoca. Il ritratto della De Broglie è anche l'effige di un uomo: quel marito che le consente di essere e possedere quanto ci viene mostrato. Mentre la scenografia è fatta solo di tinte spente e di linee dritte, il corpo di lei è tutto linee curve, è una mole vaporosa che inonda lo spazio e non ricambia il nostro sguardo: lei Guarda oltre. Vedere oggi una donna con un abito blu non significa quello che significava un tempo: il colore comunica, giudica, gerarchizza. L'abito è blu, la poltroncina su cui si poggia è gialla, questo è il contrasto goethiano più alla moda. Emma Bovary non sogna Parigi, ma una città più vicina è raggiungibile, rowen, nell'alta Normandia, ed è lì che asssite a teatro ad un'opera lirica, e Flaubert dice che in sala alcuni degli spettatori stanno parlando di Indaco infatti Rowen è uno dei centri più importanti per la tintura dei tessuti Indaco e blu, ecco dunque L'altra faccia del Pneumatico: colore di moda e Pilastro del benessere della borghesia cittadina. La bella e la bestia è un film della Disney adattamento di un testo francese del 700 scritto da Madame leprince de Beaumont e che, a sua volta, si ispira varianti che risalgono indietro fino alla favola di Amore e Psiche di Apuleio: il tema è la contrapposizione tra l'amore intellettuale e quello passionale, tra mente e corpo, ma nelle intenzioni dell'autrice si tratta di una storia edificante, un insegnamento per le giovinette in un epoca di matrimoni combinati, consigliando di vedere le bestie degli uomini vecchi con gli occhi dell'amore, fino a trasfigurare. Belle, la protagonista, è in sostanza un doppio ribaltato di Emma Bovary: la ragazza accetta di trovare il buono in suo marito fino ad assistere alla sua trasformazione in un principe azzurro, che poi è un tipo di blu. Nella sequenza di apertura la protagonista passeggia per il villaggio, e tutto, dalle case agli abitanti, È dipinto in toni di Marrone, di ocra e di bordo, tranne lei, Belle, che entra in scena vestita di blu raccontando una diversità di cui si va fa fieri. Durante la scena del ballo la bestia indossa una giacca blu e un panciotto giallo Alla Werther, Belle invece si presenta con un vestito giallo tutto balze e crinoline, rivelando la sua nuova natura: un giallo illuministico, razionale, civilizzante. Quando un personaggio inventato, o ritratto, veste di un determinato colore, è l'autore che ci sta svelando un suo aspetto caratteriale in maniera indiretta. In questi esempi il blu accomuna tutti: è un modo di stare al mondo e di colmare la paura di essere invisibili, di non lasciare traccia. Malva modernità La nascita del consumo e del divismo Nel 1793 c'è un'altra rivoluzione che di rado si studia a scuola: viene promulgata la libertà di abbigliamento. Prima di allora inflessibili leggi stabilivano quali abiti fossero leciti in base alle classe, al ruolo, al mestiere. Ora invece non si è più sudditi ma cittadini, liberi di scegliere e di vestire Come si vuole, cioè liberi di comprare. Non è detto, tuttavia, che si sappia come farlo, così con la pubblicità, insieme alla moda, si afferma il concetto di gusto, e il successo di chi lo esercita. Alcuni personaggi diventano presto arbitri di eleganza, come le regine, e tutte le donne vi fanno riferimento. I giornali fanno la cronaca di ogni ballo, di ogni evento, si dilungano in modo minuzioso sui dettagli delle stoffe, delle acconciature, ed è proprio la regina Vittoria che ha sancito un passaggio epocale per la storia del colore presentandosi al matrimonio di sua figlia con un abito della tinta insolita: un viola acceso, brillante, quasi elettrico. Scoppia la moda, tutti vogliono il malva per vestire e per arredare. E’ una svolta anche per la tecnica: il vestito della regina Vittoria è Tinto con la mauveina, il primo colorante sintetico della storia, ed è significativo che le grandi società chimiche farmaceutiche odierne comincino tutte le loro attività nel 800 proprio come produttrici di coloranti sintetici. L'invenzione è merito di William Henry perkin, che nel 1856, a soli 18 anni, mentre sta cercando di sintetizzare il chinino, ottiene una sostanza di colore Cupo, uno di quei precipitati fallimentari come ne capitano tanti in laboratorio e che di solito Vengono buttati, ma William si accorge che quel residuo, se dissolto nell'alcool, da un effetto violaceo e gli viene l'idea che forse è possibile farne un colorante per tessuti. Lo prova sulla seta, che ne conferma subito la stabilità: regge la luce, lo sfregamento, i lavaggi. Così brevetta subito la nuova sostanza e inizia una produzione su larga scala, battezzandola porpora di anilina, nome che dopo due anni decide però di cambiare in Mauve, cioè malva in francese. Il successo È enorme, perchè prima di allora il colore aveva significato fare procedimenti lunghi, faticosi, puzzolenti e degradanti, ma con perkin il colore diventa un fatto ordinato, pulito e inodore. Prima del malva, erano stati creati colori nuovi e seducenti: il blu di Prussia, quello usato da Hokusai per la sua famosissima onda, e il blu cobalto, che però non erano adatti a tingere le stoffe. Il primato di Perkins è quello di aver sintetizzato non un pigmento per l'arte ma un colorante per tessuti che apre le porte ad uno dei più grandi Business della modernità: la moda. A Berlino tra il 1823 e 1828 l'architetto Karl Friedrich schinkel progetta due strutture che sono la premessa concettuale di questa nuova epoca: il primo museo pubblico dove si entra pagando un biglietto, è il kaufhaus, un centro commerciale dove si passeggia facendo spese. I due edifici si somigliano: sono spazi percorribili dove si può passare il tempo, vedendo cose e spendendo soldi, perchè il tempo libero è quello che rende somiglianti il discobolo di Mirone ad una scarpa da ginnastica, perché contemplazione e shopping Sono divenute entrambe forme di Entertainment. Così nell'Ottocento tutto è una vetrina, le cose non sono più inanimate, diventano veicoli per la costruzione del se, entità con cui si intrattiene un rapporto denso e significativo. I destinatari principali di queste rappresentazioni sono le classi emergenti. Questo processo viene coronato a metà secolo dall'apertura della prima grande esposizione internazionale in cui si mostrano oggetti nuovi che provengono dai quattro angoli del globo: dalla locomotiva al forno in ghisa. Di ogni cosa vengono pubblicati i cataloghi appropriati e nel pensiero comune è diffusa l'idea che il pubblico sia qualcosa di dato: sta la fuori e aspetta che gli vengono proposte delle cose da guardare, da ascoltare o da leggere, ma in verità il pubblico si costruisce. Ovvero, se come accade nell' 800 la musica viene insegnata un largo numero di persone, se viene proposta come un'attività ricreativa, ecco che nel giro di un paio di decenni le sale da concerto sono stracolme e i biglietti dell'Opera venduti, la stagione sinfonica esaurita. Anche nella pittura si inventa qualcosa destinato a costruire un nuovo pubblico e smuovere l'arte nelle fondamenta: John Rand, un modesto pittore americano, decide di commercializzare i colori ad olio già impastati confezionati dentro una lamina di piombo chiusa da un tappo, così nasce il colore in tubetto. Senza queste invenzioni non ci sarebbe stato l'impressionismo perchè i tubetti permettono di dipingere all'aperto. In realtà questa affermazione va un po' ridimensionata, infatti già Turner qualche decennio prima dipingeva fuori casa usando piccole pasticche di acquarello e gli impressionisti Hanno dipinto in studio molto più di quanto La retorica della Libertà abbia preferito raccontare. La vera trasformazione non è tanto per i professionisti ma per tutti gli altri visto che la straordinaria praticità fa esplodere il dilettantismo, così il tubetto contribuisce alla costruzione del pubblico nelle mostre dei musei. Il tubetto comporta uno scadimento della qualità dei materiali rispetto alla raffinatezza della tradizione, del resto per passare il tempo, per fare i pittori della domenica certo non si spendono cifre esorbitanti. Così produttori di Belle Arti cominciano a tagliare i colori con la cera e con molto olio per abbassare il costo e per evitare che si secchino rimanendo a lungo sugli scaffali. I nuovi colori si rivelano perciò più Instabili, ragione per cui molti capolavori di quegli anni sono invecchiati più velocemente di Michelangelo o di Tiziano. L’economicità comporta Però anche un cambio stilistico: la pittura ha uno spessore consistente rispetto alle sorelle del passato. E’ anche grazie alla fotografia però che nascono Il divismo, la moda e l'arruolamento militare di massa. L’ 800 è assediato di foto e soprattutto di ritratti, di volti che si pongono come specchio per milioni di persone sparse per il mondo. La differenza tra l’epoca antica e l’800 è che, mentre in epoca romana La porpora stabilisce una distanza tra la regalità e il Volgo, quando la regina Vittoria si veste di malva impone una vicinanza, dicendo a tutte le donne: fate come me. Infatti, parafrasando Andy Warhol: Io bevo coca-cola Tu bevi Coca Cola, la regina beve coca-cola, e nessuno potrà bere una coca-cola più buona della mia. Quando ci pettiniamo e vestiamo in un certo modo stiamo ripetendo qualcosa che abbiamo visto addosso a qualcun altro attraverso una proposta dei massmedia: è un processo industriale sul piano dei comportamenti, Solo che stavolta siamo noi a produrne la copia, siamo noi a servire l'industria. Verde illegale La favola dei primari E’ un giorno di gennaio del 1386 quando Hans tollner, viene fermato e coinvolto in un processo da cui esce a pezzi: condannato ad una pesantissima multa, esiliato ed infine radiato dall'arte dei tintori. A quei tempi, in Europa, vigono leggi precise che governano le attività artigianali, le corporazioni vigilano su tutto quello che viene prodotto: nel campo della tintura, per esempio, sono concesse licenze che prevedono quali materiali si possono tingere e di quali colori. Hans possiede una licenza per tingere la lana di blu e di nero, ma ad un certo punto però vengono scoperte nel suo laboratorio alcune vasche ricolme di giallo. Hans, immergendo la stoffa prima nel blu di guado e poi nel giallo di luteola, fa commercio illegale di lana verde, all'epoca molto di moda specialmente nel nord Europa. Al di fuori della mente dei pittori e dei Tintori il fatto che giallo mischiato al blu dia il verde non appartiene al sapere comune, e su queste pratiche pesano condanne antichissime che vedono l'idea stessa di mischiare sostanze un'attività Diabolica alla cui origine ci sono i passi dell'Antico Testamento in cui si proibisce a Uomini e Donne di razze diverse di unirsi e procreare. In realtà i risultati delle mescolanze a quei tempi sono scarsi: Alessandro Di afrodisia, scrive nel terzo secolo e dice che in effetti si può fare il verde partendo dal giallo e dal blu ma lo sconsiglia visto che il risultato non reggeva il confronto con verde vero, come quello di malachite. Nel mondo attuale si dà per scontato che la miscela del giallo e del blu produca il verde così i ragazzi di oggi provano grande stupore quando, durante la lezione di chimica, vedono due sostanze agire in maniera stravagante rispetto a quello che si aspetterebbero. La società odierna potrebbe essere definita Società delle mescolanze: i milioni di computer, telefonini e televisori che usiamo ogni giorno impiegano una tecnologia basata su tre colori principali, con Minuscole lucine rosse, verde e blu che si vedono osservando uno schermo molto da vicino e che producono tutti i colori. Il risultato è una cosiddetta miscela ottica, cioè i punti colorati sono così piccoli che a distanza il nostro occhio li fonde. Per sdoganare le mescolanze sono Tuttavia serviti secoli e il contributo di fattori di vario tipo: da una parte le scoperte di Newton suggeriscono che forse le materie, come le luci, si possono combinare in maniera strutturata, dall'altro il mercato che Cerca sistemi per produrre più colori con sempre Meno spesa. A Monte, però, il presupposto necessario è un rinnovamento di mentalità che ha luogo nel XV secolo con un cambiamento di tecnica pittorica che porterà l'invenzione dei monitor 3 colori 500 anni, una tecnica conosciuta Fin dall'antichità ma sempre sottovalutata: l'olio. L'olio ingloba il pigmento, per trasformarsi quindi in una pellicola dura e stabile. Essendo fluido facilità sfumature e miscele e diminuisce le reazioni impreviste. A Venezia la moda scoppia prima che in altre parti d'Italia: il clima umido e la laguna non consente lavori da fresco, così per realizzare grandi opere pittoriche si sceglie l'olio e tele giganti che a Venezia è d'altronde facile procurarsi visto la Fiorente industria delle vele navali, che sforna tessuto robusto come in poche altre Città d'Europa. Il coronamento di un secolo di ricerche è infine l'unione della litografia con i processi fotografici: a questo punto, la società delle immagini Non ha davvero più freni. I primi a giovarne sono gli editori di moda, che possono portare le tinte dei vestiti sulle riviste della pubblicità. L’edizione inglese di Vogue debutta Nel 1916, ed è già in gran parte una rivista a colori, in fenomenale anticipo sui concorrenti. L'anno decisivo per le tecnologie del colore è però il 1935: nel giro di pochi mesi compare la kodaChrome, la prima diapositiva destinata al consumo di massa, e al cinema debutta Becky Sharp, il primo vero film a colori realizzato grazie al Technicolor. La cinepresa monta Tre Comuni pellicole bianco e nero, che riprendono la scena contemporaneamente, ciascuna filtrata con uno dei tre colori primari. Alla fine vengono ricomposte aggiungendo una battuta di nero per contrastarle meglio: si tratta di un procedimento laboriosissimo e costoso, gestito in esclusiva dalla Technicolor con il controllo assoluto di ogni fase di lavorazione e le stesse cineprese speciali sono tutte di loro proprietà, affittate di volta in volta alle varie produzioni insieme ai tecnici. Il Technicolor è sentito in principio come un tipo di effetto speciale, per esempio una gag ricorrente nei primi film di Disney è quella in cui un personaggio cambia colore all'improvviso, ad esempio si ghiaccia e diventa blu. National Geographic ha usato per decenni la diapositiva ektachrome, che permetteva di scattare con tempi veloci e risultava Dunque perfetta per i reportage naturalistici, però la più venduta al pubblico di massa era la kodaChrome, più lenta, ma dai Rossi pieni e perfetti per le foto delle vacanze. Proprio Grazie alla fotografia, oggi le opere d'arte del passato hanno diffusione sempre più grande: tra i classici, a riscuotere maggior successo ci sono gli impressionisti, Van Gogh, Klimt e Matisse, perchè la loro pittura è la più facile da riprodurre, perché le tinte sono omogenee a quelle che si ottengono in stampa. La Stampa esercita In sostanza una selezione delle opere del passato, tanto che ha finito per normalizzare anche la percezione, condizionando il nostro sguardo: così nel 700 veniva considerato rosso per eccellenza il vermiglione, la tinta che tende appena l'arancio, invece ora il vero rosso è il carminio, cioè una tinta più fredda, di cui non c'è traccia nell'arcobaleno. Questo è successo perchè la stampa litografica produce il suo rosso migliore e più economico unendo inchiostro Magenta con quello giallo: il rosso coca-cola è diventato così il vero rosso perché è il più facile da stampare Quindi da diffondere. Grigio armonico Grandi ideali per la vita quotidiana Tra le idee tanto diffuse c'è quella che esista un'armonia tra certi colori e che alcuni di questi accordi si applicano meglio a certe persone: si tratta di miti fortissimi che hanno avuto consacrazione grazie ad alcuni influenti teorici di inizio 900 in cui si parla di armonia cromatica. Il termine si riferisce alla combinazione simultanea di due o più suoni e si dà per scontato che si tratti di un nesso piacevole che in pittura e nel design, è sinonimo di equilibrio, ordine, coerenza. Il problema della modernità è stato la razionalizzazione del colore, cioè la messa a punto di regole universali sul numero delle tinte e sulle loro combinazioni migliori. Ciò ha portato a costruire una grammatica visiva in cui l'idea di armonia è stata per molti aspetti la conseguenza inevitabile: se Infatti si Cerca l'ordinamento giusto dei colori, prima o poi si finisce per chiederti se esistono principi migliori di altri per combinarli. Nell'ottobre del 1919 arriva al Bauhaus una figura stravagante e pittoresca: è un seguace della setta mazdaznan: vegetariano, porta la testa rasata in tempi in cui non si usa, indossa vesti di taglio sacerdotale, e impone esercizi di concentrazione fisica e di respirazione, insegnando le teorie del colore, ed è Joans itten. Prima di lui, le teorie cromatiche propongono perlopiù modelli basati sui colori isolati. Itten, al contrario, è interessato a quello che accade all'interno del cerchio, non al di fuori, così dopo aver mostrato come da tre tinte primarie si generano solo le secondarie e le terziarie, usa questa struttura per evidenziare alcuni accostamenti armonici, Cioè più sensati o piacevoli di altri, prendendo i colori che giacciono sulla circonferenza a gruppi di due o di tre secondo rapporti di quadratura o di triangolazione. A questo punto, itten pone l'accento sulle relazioni espressive che si vengono a creare tra le tinte. Individua 7 contrasti cromatici fondamentali: - il rapporto tra chiaro e scuro - l’opposizione di colori puri - l’opposizione di complementari - il gioco delle tinte più o meno sature - il contrasto di quantità Quest’ultimo è quello che si verifica quando all'interno di un'opera le superfici cromatiche si presentano con estensioni marcatamente disuguali, per esempio molto blu e arancio, e dice che se esiste un valore luminoso caratteristico per ogni colore, queste differenti quantità di luce dovrebbero equilibrarsi, ad esempio Il rosso e il verde dovrebbero suddividersi lo spazio della tela a metà per 1, mentre il giallo, 3 volte più luminoso del Viola, dovrebbe occupare una superficie tre volte più piccola. I colori vengono così ricondotti, attraverso la loro intrinseca brillanza, ad accordi in maniera simile a quanto accade tra le note nel sistema armonico tonale. E’ però impossibile trovare criteri ordinatori più Generali, in quanto il susseguirsi delle tinte nello spettro non segue una logica assimilabile a quelle delle note sul pentagramma perchè il sistema nervoso codifica suoni e colori in modo del tutto differente. Itten sostiene che ci sarebbe Armonia quando la risultante di tutti i colori in un quadro restituisce un grigio medio: non è però un grigio visibile, ma un grigio matematico, che verrebbe fuori che se le tinte, anziché affiancate, venissero mescolate. Qualche anno prima, a Boston, è sempre un professore di teoria del colore a proporre un modello fondamentale per il secolo entrante: si chiama Albert munsell, ed è il padre del sistema più diffuso in molti ambiti industriali scientifici. Egli sostiene che non si possono ingabbiare i colori dentro uno schema rigido, così si sbarazza dei modelli cromatici troppo regolari e propone una forma tridimensionale, simile ad un albero dai rami di lunghezza diversa e salendo dal basso verso l’alto il fusto indica il procedere dal buio alla luce. Intorno al tronco le tinte sono disposte in circolo, mentre i rami rappresentano differenti gradi di saturazione, e più si va verso l'esterno più si hanno tinte piene. Per lui una composizione armonica è quella in cui la Mescolanza dei valori di tinta, di luminosità e di saturazione produce un grigio neutro e compito dell'artista è equilibrare i tre parametri. Negli stessi anni, pure il Nobel per la chimica Ostwald sostiene che l’euritmia ideale è Quella in cui le tinte hanno la stessa oscurità o luminosità. Il limite di Itten e compagni è soprattutto ideologico: le loro posizioni sono attualmente svincolate dalle reali pratiche sociali del mondo in cui vivono, stanno costringendo il colore in un sistema di tipo igienico. Itten dichiara di ispirarsi alle teorie di Goethe, ma si confonde perché Goethe non ha mai parlato di nulla del genere; In realtà si tratta di un'idea di Arthur Schopenhauer: è questo il primo a sostenere che per ottenere consulenza cromatica si deve controbilanciare la quantità di luce riflessa dalle tinte. Un pensiero simile germoglia però all'interno di una visione filosofica più vasta e articolata: secondo il pessimismo filosofico di Schopenhauer Il mondo fenomenico è fonte di illusione e di dolore, costitutivi dell'esperienza umana e quindi ineliminabili, Però, non ci si salva con l'ascetismo, ma tramite L'arte o la morale. Anche Kandinsky lo dice: l'armonia dei colori è fondata su un solo principio, cioè l'efficace contatto con l'anima. Itten suggerisce anche significati spirituali intrinseci alle tinte e così prendono piede dottrine in cui medicina ed esoterismo hanno i confini sfumati. Per esempio nel 1890 il fisiologo Charles FèRè comincia a curare gli attacchi isterici sottoponendo i pazienti a flussi di luce colorata, inaugurando le pratiche di cromoterapia, seguendo l'idea che siccome alcune lunghezze d'onda danno beneficio all'organismo, è allora pensabile che ogni singola lunghezza d'onda possa dare un giovamento specifico. Luscher afferma che il blu è il senso di appartenenza, il giallo il cambiamento e il verde l'autostima, e sostiene che ogni colore è un segnale definibile con esattezza. Itten è il primo ad associare le scelte cromatiche con i tipi umani: i biondi con gli occhi azzurri prenderebbero per le tinte vivaci. L'aspetto affascinante di tutte queste vicissitudini è come le idee siano oggi sparse nella maggior parte dei libri in circolazione. E’ indubbio che alcuni accordi ci sembrano più piacevoli di altri, più significativi, emozionanti e non solo decorativi, ma non è affatto facile stabilire quali siano, e tante volte capita di trovarli privi di regole: ciò che risulta armonico per un vestito non è detto che lo sia per un divano e l’accoppiata di rosso e fucsia reputata armonica nell'abbigliamento indiano non è elegante per la mentalità anglosassone. L'idea che esista un'armonia a priori è dunque un falso che non conta nella costruzione del colore. Tutte le idee, esoteriche, pratiche o scientifiche, sono formulate da persone precise in precise condizioni storiche, tecnologiche e sociali. Non tenere conto di questi contesti crea il malinteso di confondere il piano percettivo con quelle ideologico, sottovalutando il fatto che l’idea sul colore è sempre inevitabilmente anche un'ideologia, magari politica. Marrone neuronale Come il cervello costruisce il colore Siamo nel 1959, alla Johns Hopkins School of medicine di Baltimora. Hubel e wiesel, giovani e brillanti neurobiologi, stanno conducendo una ricerca sulla visione: hanno preso un gatto e gli hanno impiantato un elettrodo nel cervello per capire cosa accade quando si guarda qualcosa; il cervello dei felini, come quello umano, è composto di neuroni in comunicazione gli uni con gli altri tramite prolungamenti, i nervi, che scaricano un segnale elettrico quando incontrano una condizione che gli si confà. Scoprono che le cellule della corteccia sono specializzate: ci sono quelle a cui piacciono le righe poste in verticale, altre che preferiscono quelle in diagonale, alcune sensibile a linee sottili, altri a quelle più larghe, e così via. Il neurone non ha un cervello con cui pensare, semplicemente si eccita di fronte ad un certo stimolo che corrisponde al compito per cui si è voluto. E’ un fatto incredibile: una sostanza materiale produce qualcosa di immateriale. I neuroni non si limitano ad eccitarsi ed inibirisi, come un circuito acceso spento, al contrario nascono e muoiono e i loro legami possono farsi e disfarsi. I due scienziati scoprono anche che il cervello Sarebbe interessato non tanto alle cose quanto alle discontinuità presenti nella scena: ossia gli spigoli, i bordi, e tutti quei punti in cui sono presenti i contrasti luminosi e cromatici, e aprono pure il campo ad una nuova concezione del colore che cambia le carte in tavola. Secondo la scienza attuale quando l'energia luminosa arriva sul fondo dell'occhio finendo sulla retina, la membrana trasforma la luce in un segnale nervoso. Nel 1959 si è avuta una prima Conferma che queste cellule, battezzate coni, siano ciascuno sensibile ad una certa fetta di lunghezza d'onda. Un cono, Però, per quanto più sensibile ad una determinata zona dello spettro, non sa nulla del colore e il suo compito è solo quello di contare i fotoni da cui è colpito, cioè le particelle che compongono la luce. Sono poi le sue cellule superiori a ricostruire la precisa lunghezza d'onda operando un confronto tra i dati dei tre tipi di coni. Secondo il modello Classico di Young, la visione dei colori sarebbe il frutto della mescolanza delle informazioni dei recettori primari, ma dalla fine dell'800, però, questa teoria solleva alcune perplessità sul fronte psicologico. E’ possibile che dal punto di vista psichico i primari siano quattro e non tre, e per primario intendiamo una sensazione elementare in cui non avvertiamo in alcun modo la presenza di altri colori. Haring arriva a queste teorie affascinato dal modo con cui certe tinte sono in relazione fra loro: per esempio il fatto che il giallo possa tendere al Rosso e al verde, ma è impensabile un giallo che dia sul blu. Questa è una teoria già considerata da pensatori romantici, ma differenza loro che vedono in questa posizione i tre principi dell'universo, Haring da scienziato Presume invece che sia una caratteristica tipica del sistema nervoso e Immagina che la retina mandi al cervello un segnale già lavorato che in qualche modo restituisca il giallo. Recenti studi di neuroscienze danno ragione a haring: la retina, Infatti, dice al cervello << poiché c'è giallo Allora non può esserci il blu>>. La ragione di questa condizione controintuitiva e in apparenza ridondante sarebbe legata al modo in cui funzionano le fibre nervose: per ridurre l'energia metabolica è più efficace per le cellule dividersi in due gruppi, uno che risponde al diminuire di uno stimolo, e l'altra all’ aumentare. I colori sarebbero sensazioni che si danno sempre in coppia e che si cancellano l'un l'altro. Il sistema dei segnali opponenti spiega come mai le contrapposizioni cromatiche siano così significative E perché gli artisti siano sempre stati affascinati dalla complementarietà tra le tinte: Goethe col vestito del giovane Werther giallo e blu Non fa una metafora priva di fondamento scientifico, ma rivela un'immagine che sintetizza in modo narrativo come il cervello elabora il colore. Il colore accade dentro la nostra testa, tanto che per molte creature che vivono accanto a noi le sensazioni che ci sono familiari neppure Esistono. E’ anche probabile che l’uomo primitivo da cui discendiamo avesse un solo tipo di recettore, che permetteva di distinguere il chiaro e lo scuro, poi è subentrata una differenziazione che ha portato a discriminare prima il giallo e poi il verde dal rosso, forse per distinguere i frutti maturi rossi in mezzo al fogliame verde. Sulla terra la luce cambia di continuo: Bianca di giorno, rosso al tramonto, eppure un foglio bianco appare bianco sia a mezzogiorno sia al tramonto, grazie ad un meccanismo dei più brillanti. Si chiama Costanza cromatica, costruita da un'area della corteccia battezzata V4, che elabora i dati ricevuti dalla retina, confrontando quello che accade in un punto nella scena con quello che c'è accanto, e facendosi un'idea generale degli insieme e affrancandosi da variabili Come cambiare luce. Questa alterazione dei dati fisici è una necessità squisitamente umana, giacché nella realtà non c'è nulla che la imponga. Celeste simultaneo I contrasti cromatici fondamentali Perché Cappuccetto Rosso è rosso? secondo un'interpretazione antropologica ci sarebbe un riferimento al sangue della prima mestruazione, alcuni studiosi hanno invece preferito pensare che la storia avesse luogo nel periodo di pentecoste, il cui colore liturgico è il rosso, Mentre altri ancora hanno ricordato che spesso i bambini vestivano di rosso per essere tenuti meglio sott'occhio. Artisti hanno reso omaggio alla favola con loro opere, ad esempio Rakam getta una luce su tutto il racconto: il bosco nella sua immagine Domina la scena, Vasto, imponente, Eppure monotono, e su tutto spicca Cappuccetto, che è solo una macchiolina, ma proprio per questo visibilissima; quel tocco di rosso è una notazione psicologica: è la vivacità della protagonista contrapposta ad un mondo minaccioso e tetro. Tutt'altra idea è quella che troviamo nel lavoro di Smith: stavolta Cappuccetto occupa l'intero quadro e la mantellina rossa si allarga su gran parte della superficie pittorica. La differenza è che rackham sta illustrando un momento della fiaba, Smith sta facendo un ritratto; rackham è tutto dentro la storia, suggerisce attraverso i rami rinsecchiti un'aria aspra e temibile, un senso luttuoso e un po' infernale che fa somigliare Cappuccetto al Dante nella selva oscura; Smith, invece, Sta disegnando una cartolina, non è interessato alla trama o a suggerire temi drammatici: Cappuccetto è il pretesto per dipingere una bella bambina vestita di rosso, colore Sempre gradito, festoso e perfetto per gli auguri natalizi. La costruzione cromatica Fatta da rackham è il contrasto di quantità, mettendo in contrapposizione una grande superficie di una certa tinta con una piccola quantità di un'altra: è una relazione sempre evocativa in quanto il poco circondato dal tanto attira subito l'attenzione. Un vero maestro del contrasto di quantità è il pittore francese jean-baptiste siméon chardin che ne fa un uso anzitutto compositivo, Cioè non lo impiega per raccontarci qualcosa in modo esplicito ma per dare ritmo alle disposizioni geometriche: gli oggetti emergono da una semioscurità fangosa e il dipinto è governato da Toni spenti su cui squillano le pennellate rosse dei frutti e quelle bianche della tazza di ceramica. Il conflitto è apertamente allegorico perchè le belle mele, così Vitali e splendenti, presto marciranno, diventando marroni come il fondale del quadro. Chardin sarebbe un pittore come un altro, invece è grandioso e solenne perché trasforma l'argomento morale in un contrappunto di pennellate. Per apprezzarlo dobbiamo guardarlo non cercano di riconoscere le forme naturali ma godendo del rincorrersi dai toni chiari e scuri. Invece nell'illustrazione di Valeria Petrone, il contrasto è usato per suggerire una gemellarità tra due figure femminili: una piccola macchia rossa ripetuta due volte, le stesse labbra, potrebbe essere un abbraccio omoerotico o anche lo sdoppiamento di una Stessa figura. Vale la pena ammirare anche l'uso del contrasto di quantità nel lavoro di Gipi: i suoi personaggi, colorati all'acquerello, hanno spesso le orecchie macchiate da un piccolo tocco rossastro. Si tratta in parte di una notazione realistica: negli umani le zone sessuali sono spesso più rosse del resto del corpo, ma sono rosse pure i nasi di chi ha freddo, gli occhi di chi piange, e il ginocchio del bambino appena caduto. Qesti tocchi di rosso sono la vita stessa che si concentra sempre in alcuni punti più sensibili. I grandi autori, che siano artisti, designer, o tutte e due, usano il colore per raccontare, non per decorare. Ci sono diversi tipi di contrasto nella lista di Itten: il primo è quello di Chiaroscuro. In questo caso il tipo di tinta è irrilevante, Ciò che conta è la modulazione dal buio alla luce e un saggio formidabile ne è il ritratto di Emile Zola scattato da nadar intorno al 1880; il senso di questo tipo di contrasto risiede nel muoversi tra un Massimo scuro e un Massimo Chiaro e la luce nel ritratto è come un aureola, non di quantità ma di cultura: delinea il volto e ne Sottolinea i meriti interiori. Uno dei più famosi autoritratti della storia della pittura è quello che Rembrandt realizza ormai in età avanzata dove il contrasto di Chiaroscuro serve per raccontare Una storia. Il tocco di luce sul volto è l'analogo di una messa a fuoco, qualche errore fa scaturire le forme dal indistinto, o forse è l'oscurità che tra poco inghiottirà tutto: la vita è ciò che accade tra i due poli del buio e della luce. A questi segue il contrasto di colori puri: vale a dire quando si affiancano tinte piene, senza mezzi Toni, senza sfumature evidenti. Stavolta quello che conta è il rapporto tra tinta e tinta e non la progressione Tonale, cioè luminosa. Un campione perfetto ne sono le vetrate medievali, ma è anche il linguaggio del fumetto tradizionale e di molti cartoni animati, in cui le campiture cromatiche si contrappongono in maniera netta, Come accade nelle opere di Vincent Van Gogh, come l'autoritratto su fondo blu dove le sfumature non sono al centro del discorso, l'artista sta parlando tramite la giustapposizione delle tinte. La poltrona Proust di Alessandro mendini è un totem del design degli ultimi 30 anni: il colore fa della seduta una presenza virtuale, foderata di un pulviscolo ultraterreno e allucinatorio che la idealizza, il contrasto di colori puri può avere anche un impiego funzionale, come nella famosa mappa della metropolitana di Londra ideata da Henry Beck Dov'è la contrapposizione delle tinte serve a distinguere le diverse linee di trasporto. L’accostamento di colori puri elude la prevaricazione percettiva e le linee appaiono paritetiche. Il quarto tipo dell'elenco è il contrasto di qualità: il termine fa riferimento al grado di saturazione di una tinta in relazione ad altri simili e qualità nel senso di intensità del colore percepito. Confrontiamo l'autoritratto di Van Gogh con una copia realizzata da un imitatore, simile nel disegno ma dal cromatismo differente: l'originale è imperniato su una forte opposizione tra gialli e arancioni, che fanno resistenza agli azzurri altrettanto intensi, invece il dipinto del copiatore, pure impiegando sia gialli sia blu, tende ad attenuarne lo scarto e potremmo definirlo una variazione in giallo in cui si accendono con cautela riverberi rossicci e azzurri. E’ un effetto che troviamo anche nelle Polaroid degli anni 70, dove tutto è intriso di una tonalità pallida, rosa o giallina. Il graphic novel Fast valler Igort fa qualcosa di simile con una tavolozza di marroni caldi, di beige, ora slavata, ora pienissima. Il marrone non è un colore qualsiasi ma un valore importante per la storia, visto che Identifica il protagonista, un afroamericano. Il bordo finisce per figurare come lo stato più intenso raggiungibile dai marroni, una specie di Marrone ipersaturo. Ci sono poi il contrasto di complementarietà e di simultaneità, due rapporti che dipendono dalla capacità del cervello di vedere i colori in modo diverso a seconda di quello che sta loro intorno. Nel primo caso l'accostamento di due tinte antagoniste le esalta a vicenda come nel famoso ritratto ragazza afgana di Steve McCurry: le pelle e i capelli hanno dominanti rossastre, come Rosso e il tessuto che la avvolge e La Stacca dal fondo verde, ritagliando un verde in assonanza col colore degli occhi. Da una parte il soggetto risalta con forza su quel verde, dall'altra viene risucchiato per gemellarità acromatica proprio Dal fondale, generando un movimento senza sosta in avanti e indietro. Un formidabile uso letterario del contrasto di complementari lo incontriamo nel romanzo La storia infinita di Michael ende, in cui il design del libro è tutt'uno con l'esperienza del racconto. Il testo è stampato a 2 colori, rosso mattone e verde smeraldo, per indicare al lettore i due piani della storia: quello in cui si narra la vita del protagonista Bastian nel mondo reale, e quello delle vicende ambientate a fantasia, il mondo parallelo che Bastiano scopre leggendo un libro chiamato a sua volta La storia infinita (una scelta potente visto che le due tinte hanno la stessa luminosità e quindi, dal punto di vista percettivo, si contendono il campo). Un caso particolare di contrasto dei complementari lo troviamo in un effetto molto in voga nel rinascimento: il cangiantismo, sarebbe a dire quando si dipingono le ombre in un colore freddo e le luci con un caldo, o viceversa. In principio questa clausola compare per imitare l'aspetto delle stoffe di seta, E poiché sono costose, il cangiantismo diventa presto l'attributo alle figure spiritualmente superiori. Michelangelo lo usa spesso nella cappella Sistina, come fosse un tipo di Chiaroscuro: dipinge le ombre verdi e le luci arancioni, ma non si tratta però di un vero Chiaroscuro, Perché i complementari hanno spesso la stessa luminosità E anziché mostrare volumi, li negano, facendoli vibrare. All'epoca i tanti imitatori di Michelangelo cominciano ad usarlo come mera questione stilistica, dipingendo sfumature di tinte opposte, spesso acide, che la cultura romantica bolla con nomignolo di manierismo. Una variante più contemporanea la troviamo nelle foto con effetto cross Processing, molto di moda in pubblicità a partire dagli anni duemila e poi esplose grazie alla facilità di applicarlo con i filtri di Instagram. L’immagine viene forzata ad avere ombre azzurro verdastro e luci caldissime. Sia il cangiantismo sia il cross Processing sono spesso anche un contrasto di caldo e di freddo, il quinto dei rapporti formulati da Itten. Lo vediamo in azione nel fotogramma tratto da Ice White shot, ultimo film diretto da Kubrick con protagonisti Nicole Kidman e Tom Cruise: Notiamo che è diviso in due campiture, una principale dominata dai toni di arancio, l'altra di azzurro. I protagonisti si trovano in camera da letto, la stanza è illuminata dalla luce morbida e dorata dell'elettricità. Dietro di loro si intravede il bagno, buio ma appena rischiarato dal riverbero blu che sale dalla strada. Già solo con questa immagine Kubrick racconta il tema della storia: il conflitto tra la comunità rassicurante del matrimonio e la tentazione di metterla al rischio. Il film contrappone Due Mondi: quello arancione degli Interni Borghesi, degli appartamenti, e quello blu dell'esterno, della notte, del rischio. Le case sono calde perché la luce delle lampadine è metafora di Un Universo chiuso e protetto. Tom e Nicole si abbracciano in camera da letto e il blu tenebroso già trapela, presagio della trama avvenire. La storia è ambientata nel periodo natalizio, quando New York è tempestata di Minuscole lampadine colorate che servono ad indicare una solitudine che riguarda tutti; non c'è amore che possa far finta che non esista un fuori, dice Kubrick, non c'è un rapporto, per quanto felice, che non ponga dubbi alla volubile natura umana, non c'è arancione che non desideri Un po' di blu. Più di recente c'è un'altra New York disegnata attraverso il contrasto di caldo e di freddo: è quella di The Journey of the Penguin, il libro che Emiliano ponzi ha inventato per festeggiare i 70 anni della casa editrice omonima, storia di un pinguino che ha lasciato la terra Natale per fare fortuna nella Grande Mela. La città è avvolta in un'alba arancione, che fa sembrare azzurre le ombre sui grattacieli. è un contrasto morbido, lieve, che racconta lo spaesamento del protagonista. Il baluginio aranciato scalda l'aria e presagisce un domani promettente, L'aria è carica del freddo della notte, di quello che nella Metropoli è ancora estraneo, che è troppo grande e che fa paura. L'eleganza di Ponzi sta nel contrapporre non l'arancio al blu, ma questa coppia tutta intera ad un'altra coppia cromatica: quella bianca e nera di cui è vestito il pinguino. Il contrasto più sofisticato e più amato dagli impressionisti è quello di simultaneità: ha luogo quando una tinta Vira verso il complementare di quella che gli si pone di fianco. Nel design l'effetto di simultaneità è sempre in agguato, per esempio, i disegnatori di tessuti sanno bene che se vogliono fare una stoffa a righe Verdi su fondo bianco devono mettere nel bianco un po' di verdino, Altrimenti, se si usa il bianco puro, questo finisce per avere riflessi Rosati a causa della compensazione operata dal cervello, e questo è un insegnamento che viene da Chevreul. In pittura è una dimostrazione suggestiva la Sorella dell'artista alla finestra, di Berthe Morisot, una composizione tutta incentrata sull' ampia veste del soggetto. La pittrice costruisce i mezzi Toni usando un Celeste grigiastro nelle zone in luce e mette un grigio chiarissimo e un po' di giallo, e il risultato è che il vestito si rivela vaporoso e imbevuto di luce. Una variante decisamente arguta è in una delle versioni della facciata della cattedrale di Rouen di Monet: l'impianto Malva dell'architettura in ombra è lacerato dai raggi del sole, giallo-arancio, che gli sorge su un lato, in questo modo le pennellate si presentano a caldo e a freddo in maniera intermittente. A portare Questo ragionamento alle estreme conseguenze è Edward Hopper, che ha studiato gli impressionisti. Nel dipinto intitolato groundswell dipinge di azzurro le ombre della barca, simulando il riflesso dell'acqua marina così che lo scafo, pur essendo bianchissimo, tendono percettivamente al giallo, Facendoci sentire il calore del mattino in cui si svolge la storia. Negli ultimi anni si sono aggiunti altri 2 contrasti che hanno avuto successo soprattutto nel mondo del design. Il primo è di tipo stilistico, quello tra un singolo colore e il bianco e nero, cioè quando una tinta spicca all'interno di una composizione fatta di Toni grigi. Potrebbe chiamarsi contrasto di cromaticità. Un caso celebre è la grafica della rivista Life, dove la foto in bianco e nero a tutta pagina viene vivacizzata dalla nota rossa della testata, oppure si può ricordare la famosa scena di Schindler's List di Steven Spielberg in cui una bambina col cappotto rosso Si oppone al bianco e nero del film. Questo affermarsi del contrasto nei linguaggi moderni è in gran parte dovuto al fatto che la grafica novecentesca stampa con due inchiostri per risparmiare sulla quadricromia, tramutando una necessità pratica in una forma espressiva. Nel graphic novel Gipi usa questo contrasto per distinguere due piani temporali del racconto, radicalizzando la scelta: il bianco e nero Stavolta non è una mera scala di grigio ma viene Reso ancora più aspro da un tratto di penna nera, insistito e nervoso. L’ultimo contrasto è invece quello che si ottiene quando si uniscono due tinte unite, piatte e omogenee, che si contendono il campo con pari dignità. Potrebbe essere chiamato contrasto di coppia. Una scelta frequente è unire il nero pieno con un colore vivace come nei vasi greci a figure nere su fondo rosso. Ne facciamo esperienza in tutti i tessuti a righe: si pensi al nastro giallo e nero con cui la polizia circoscrive la scena del crimine gli Stati Uniti, o i cartelli di pericolo, elettrico e radioattivo, chissà che non si Ispirino al corpo degli animali nocivi, come le vespe. E’ chiaro che ciò gli artefatti di successo si appoggiano sempre sull'efficacia di un qualche tipo di contrasto. Quello che chiamiamo brutto è la mancanza di gerarchia visiva perchè siamo attenti ad una cosa per volta e scegliendo il contrasto più adatto alla nostra storia ci stiamo in fin dei conti chiedendo qual è il modo più preciso ed espressivo per raccontarla. In una scena chiave di La corazzata Potemkin, quando i marinai della nave issano la bandiera rossa, è davvero Rossa: all'epoca si ottiene l'effetto colorando a mano la pellicola. Comparendo su un fondo grigio, la bandiera crea un dissidio cromatico inaspettato, tanto più rivoluzionario quanto più rompe uno schema dato, non solo linguistico ma tecnico. Alcune acqua in bottiglia indicano tramite la tinta il grado di effervescenza: blu se è liscia, Rossa se è frizzante, ma in questo caso, visto che abbiamo a che fare con l'acqua, si trasforma il codice internazionale dell'idraulica al mondo alimentare perchè Nei rubinetti blu sta per il freddo e il rosso per il caldo. Il colore delle confezioni alimentari indica spesso anche la fascia di prezzo: di solito prodotti costosi sfoggiano tinte unite e ricercate, come il tè e biscotti del londinese fortnum and Mason, a volte in scatole di latta bordò o Acquamarina; l 'unione di più colori è al contrario subito Pop, commerciale o economica. Basti pensare al giallo e rosso dei fast food, che da una parte rimanda alle salse, dall'altra comunica un senso di velocità. Tra tutti i colori per il Packaging alimentare ce n'è uno di particolare interesse: il viola, una tinta che non passa mai di moda e ha impieghi molteplici, come per ciò che è lassativo, o nelle famose barrette Milka, dove la variante Lilla pastello sottolinea gli aspetti calmanti della cioccolata al latte. Nei cibi Viola c'è sempre qualcosa di lento, di pacato: è il colore della maturità, significando ora la saggezza ora la morte, ma forse questo senso di vecchiaia è dovuto proprio al successo che la tinta ha avuto nell'Ottocento grazie alla Malva di perkin, che ne ha fatto il colore Vittoriano per l'eccellenza, così da renderlo lussuoso, elitario e snob. Anche la cioccolata cadbury ha un pacco viola, ma è interessante notare che però in tutto l'occidente il viola è interpretato nelle note chic, ma quando l'azienda ha deciso di espandersi nel mercato cinese questo ha significato cambiare: in Cina il viola fa povero perché è l'opposto percettivo del Giallo Imperiale Beige coloniale e altri problemi di marketing Il colore corrisponde non solo all'identità degli oggetti ma anche a quella del pubblico. I primi beni ad essere proposti in più colori sono stati gli abiti e le automobili: nel 1923 la General Motors introduce una Chevrolet colorata grazie alla recente scoperta di una nitrocellulosa che riesce ad inglobare più pigmento sulla carrozzeria in maniera stabile. Nel 1950 è la Kenwood a mettere in commercio un frullatore bianco, che per la prima volta permette di scegliere il colore dei dettagli. Poco dopo le guerre, gli ultramoderni contenitori in polietilene per alimenti sono proposti in diversi colori. Dopo la guerra del Pacifico, i soldati di ritorno dal fronte si ritrovavano in California, dov'è possibile acquistare a buon mercato le vecchie Harley Davidson del dipartimento di guerra, ma trattandosi di moto di seconda mano, bisogna assemblarle al meglio, così si cominciano a personalizzare i serbatoi o le parti della moto in base alle proprio preferenze. Dal dopoguerra in poi molta gente capisce che il nuovo corso è la personalizzazione e decide di irreggimentarla. Chiaro che si va a finire nelle neuroscienze: comprare un oggetto rosso perché questo è il mio colore prediletto, perché mi piace, perché lo sento affine, è l'applicazione sul fronte commerciale dell'idea di Itten che esistano rapporti profondi tra cromatismo e psicologia individuale. Il settore dei saponi del bagnoschiuma è stato quello che più di ogni altro ha imparato ad avvalersene, poiché il lavarsi si è mutato nel tempo da questione igienica ad attività ricreativa: non ci si fa il bagno solo per pulirsi ma anche per rilassarsi, impiegando all'occorrenza profumi e candele per fare da contorno. Il packaging in questo caso svolge un ruolo evocativo, perché tramite immagini e colori ci guida alla scelta. Il sapone non ha un suo colore, decidere di colorarlo è una scelta esclusivamente di design. Ci sono tantissimi prodotti, stereotipando quelli femminili come rilassanti, benefici e curativi, e quelli maschili legali allo sport e al neutro. Si arriva perfino ad usare il beige per evocare atmosfere coloniali suggerendo un intero immaginario cromatico con paesaggi esotici, abiti lino, Stuoie, e il beige è divenuto sinonimo di relax, anche se si sta raccontando quel mondo solo dal punto di vista dei conquistatori poichè il colonialismo ha sottomesso e sfruttato intere popolazioni. Il gusto del design a un potere enorme, Travolta nefasto, come eludere il consumatore di stare sempre dalla parte dei vincitori e dei privilegiati, anche quando comprano saponetta. Come al cinema, dove abbiamo il west e gli altri generi, nella società delle immagini tutte le merci, anche i saponi, sono diventati generi narrativi. Non è senza significato che le multinazionali conducono da anni test e ricerche per capire quale sia il colore più adatto, e da qui nasce la domanda sul colore preferito, domanda più complessa di quanto sembri: le risposte legate al colore cambiano Da paese a paese. In un fortunato libro del 1969 compare un grafico che mette a confronto, fra i tanti, i gusti cromatici di Olanda e Stati Uniti, mostrando come per gli olandesi il giallo è senza dubbio un colore buffo, per gli americani e moderno. Oggi, in tempi di globalizzazione, le differenze nazionali tra i consumatori sono meno marcate e le scelte vanno uniformandosi. Un esperimento carino è legare ciascun sentimento ad un colore distintivo: rosso L'amore, nero l'odio, Ma gli altri sentimenti sono più sfuggenti, ad esempio l'amicizia. Su un indagine preliminare si scopre che in realtà per gli italiani l'amore è viola e l'odio azzurro. Si dimostra che quindi non esistono significati intrinseci alle tinte, nemmeno per un ipotetico uomo comune. Uno degli aspetti cruciali sui colori non concerne però solo cosa piace oggi, ma anche cosa andrà di moda in futuro: gli addetti ai lavori le chiamano color Forecast, previsioni coloriche. In una proverbiale scena del film Il diavolo veste Prada la protagonista è una giovane giornalista che si trova nell'opposizione di assistente del direttore della più prestigiosa rivista di moda newyorkese, La famigerata Miranda priestly. La ragazza manifesta un atteggiamento di superiorità nei confronti del Glamour redazionale, e Miranda le dice: << cara ragazza, tu credi che questo mondo non ti riguardi, per esempio oggi sei vestita con un maglione azzurro preso dal tuo armadio, cercando di far sapere che sei superiore, che non badi a certe frivolezze, che ti vesti con la prima cosa che capita, ma quello che ignori è che il tuo maglione non è azzurro, ma ceruleo, e ignori che nel 2002 oscar de larenta fece un'intera collezione di abiti cerulei presto imitato. I cerulei così si infiltrarono nelle boutique e infine nei grandi magazzini Dove Alla fine hai pescato il tuo maglione. Quel ceruleo rappresenta miliardi di dollari, un numero spropositato di posti di lavoro ed è buffo che tu pensi che l'industria della moda non ti riguardi, quando, in realtà, quel maglione l'abbiamo scelto noi per te>>. Chiarisce come il successo di una certa tinta sia determinato da menti fatali e imperscrutabili, che lo portano alla sopravvivenza in quanto quella tinta è più adatta darwinianamente in certe condizioni storiche. Bianco murale Miti d'oggi Nati ieri Il viaggio in un mondo parallelo è un classico della letteratura Fantastica: nel mago di Oz, Dorothy oltrepassa una soglia, affronta peripezie rocambolesche, imparano lezione e torno a casa nella sua fattoria in Kansas, più saggia e cresciuta. Sul piano della raffigurazione il paese di Oz è contrapposto al Kansas, realtà rurale abitata da persone semplici e Genuine. L'opposizione è spinta al limite dallo stereotipo: se Oz è l'artificio, il consumo vistoso e l’ipercivilizzazione, il Kansas è abitato da chi non ha studiato ma è in contatto con le verità autentiche della vita. Il film, costruito per mostrare i prodigi del nuovo Technicolor, usa un escamotage narrativo che ha contribuito a farne un Cult: le scene ambientate in Kansas sono girate in bianco e nero, Il mondo di Oz è invece a colori, ma si tratta di una contrapposizione morale, perchè se gli schietti principi contadini vincono le seduzioni della Metropoli, Allora vuol dire che l'austerità del bianco e nero è preferibile alle frivolezze del variopinto. E’ un tema antichissimo: per anni il cinema d'autore è stata in bianco e nero, reputato serio e concreto rispetto a quello a colori. Questa può essere chiamata cromofobia, ma sono molteplici le occasioni in cui ragioniamo tenendo conto di un tale dualismo: per esempio quando dividiamo il bucato in bianco e colorati, e pure qui il colore può assumere il ruolo del personaggio pericoloso Quando prende la forma del famigerato calzino rosso che contamina il Candore di lenzuola e asciugamani. Oppure si pensa a quando nell'abbigliamento maschile mettiamo l’abito elegante o da lavoro, che è sempre scuro o nero, rispetto alla maglietta colorata più adatta al tempo libero e allo sport. Il colore è barocco e smodato. Nella cultura protestante ad inizio 500 dai ritratti dell'epoca Si vede che la borghesia del Nord veste di nero, in aperta polemica con i colori sgargianti indossati dai principi delle corti italiani. Vestirsi di nero diventa Allora sinonimo di misura morale, di compostezza interiore, ma anche di ostentazione della ricchezza, visto che è costoso, per questo è prediletto dalla classe dominante, che lo prescrive anche come tinta luttuosa per eccellenza. Dalla rivoluzione industriale ad oggi questa emancipazione del nero si sviluppa, così ora in occasioni eleganti, non possiamo non metterci di nero. Audrey Hepburn avvolta nel tubino nero è il coronamento di un'ideale di asciuttezza che continua ad essere considerato L'eleganza più autentica. Nere sono le auto, i primi telefoni, ferri da stiro e molto trezzature elettriche. Bianchi invece frigoriferi, in omaggio ad un'idea di igiene. A dare manforte a questi convincimenti c'è la diffusione a partire dal Rinascimento dei testi a Stampa. Prima del 400 i libri avevano illustrazioni coloratissime e perfino la carta e la pergamena vengono tinte; il libro tipografico inventato da Gutenberg, invece, impone di colpo come standard il testo nero da leggere su sfondo bianco e in breve tempo questo diventa il libro, anche se però non è un oggetto come un altro e di certo non lo è In un secolo in cui l'alfabetizzazione appartiene ad una minuscola fetta di popolazione: leggere significa essere persone istruite e quindi socialmente superiori. Nel giro di qualche decennio comincia così a farsi avanti un pensiero: che il colore sia roba da incolti o da bambini. E’ il bianco a farla da padrone quando si tratta di valori di purezza e di incorruttibilità. Il bianco è sinonimo di classe: è il colore degli showroom di Armani, degli ultimi computer di Apple, delle copertine Einaudi e dei muri delle gallerie d'arte. Al contrario la statuaria Antica era colorata, ad esempio, i Bronzi, come quelli di Riace, in Grecia erano tirati a lucido e sottoposti a doratura fino a risplendere perchè il colore nel mondo antico è cosa rara e non partecipa dell'esperienza quotidiana, quindi il suo uso è sempre eccezionale e ammirevole; in più le sculture subiscono il mutare della luce offrendosi più banche di mattina e più rossiccie di sera: dipingerle è probabille le sottraesse a questo mutamento, elevandole. C'è poi da dire che per la mentalità Antica non esiste il concetto del kitsch, un po' perché l'arte non era tenuta in considerazione come oggi e un po' perché è solo la diffusione di oggetti industriali ad alimentare la graduatoria tra Alto e basso. Poi il lungo perdurare sotto terra e il lavoro del tempo hanno via via cancellato La patina pigmentata da quei Marmi, così quando la generazione neoclassica riscoprire L'Antico si convince che il mondo di Fidia e prassitele fosse davvero incorrotto alla barbarie colorica. A metà 700 Winkelmann si mette a lavare le statue per togliere gli ultimi rimasugli di tinta, inventando il bianco abbagliante che ammiriamo oggi nelle collezioni d'arte di tutto il mondo, opponendosi al Chiasso dell'industrializzazione. Nel 1977 in Italia scoppia una polemica che Si delinea presto come una vera e propria forma di cromofobia: bisogna impedire L'intrusione del colore che potrebbe corrompere i costumi. Il dibattito si concentra sull'equivalenza tra cromatismo e decadenza morale e già nella seconda metà dell'800 negli Stati Uniti si era mossa una crociata contro la cromolitografia, considerata Un inutile cedimento all'uso della mollezzza. E’ chiaro che si teme il potere seduttivo che il colore conferisce alle cose. Ma di lì a poco sarà l'avvento delle emittenti private a cambiare il palato e l'etica nel paese. Fatta eccezione per un filosofo spregiudicato come Benjamin, la classe intellettuale si è spesso arroccata in posizione di difesa, disprezzando i prodotti di massa, come i teorici degli Artisti moderni: Adolf loos, il padre della semplicità nell'architettura e nel design, condanna il colore; Le Corbusier spara a zero contro la carta da parati battendosi a favore del bianco di calcio alle pareti, ma tra i due ci sono alcune differenze: mentre il primo persegue L'essenzialità come riscatto dal tribale e dal primitivo, Lecorbusier apprezza alcune forme di primitivismo e vuole il bianco come scudo. Anche Mondrian e il movimento del stijl, riducendo la tavolozza a soli tre colori, impongono principi che prima che estetici riguardano l'idea di bene. Riguardo al cinema, un importante studioso come kracauer rimprovera al colore un difetto di realismo, perché distrae e finisce per risultare meno vero del bianco e nero; per Michelangelo Antonioni invece il problema è un eccesso di realismo che distrugge la natura profondamente artistica del mezzo, ma non bisogna però sottovalutare che sono tutti presi dall'esperienza straordinaria del Neorealismo, che consacra il legame fortissimo tra bianco e nero e impegno morale. Non è senza significato che il movimento di liberazione omosessuale abbia scelto una bandiera Arcobaleno come simbolo da opporre agli amori deputati normali: il variopinto non sta a significare il vivace ma il progressista, la tavolozza molteplice di chi si ribella a un unico modo di inquadrare le relazioni. I Barbapapà sono variopinti perchè risentono dei fermenti del 68 e dei movimenti ecologisti e pacifisti: sono contro la caccia, per la riscoperta dell'Artigianato, sostengo l'autoproduzione e combattono i valori Borghesi, eppure non sono mai fricchettoni. I colori più diffusi nell' abbigliamento contemporaneo sono gli scuri: perfino Goethe afferma che le persone raffinate hanno un naturale disinteresse per i colori sgargianti, e munsell aggiunge che i colori misurati sono sempre indice di buon gusto. Oggi sono in tanti a trattare il minimalismo cromatico come un fatto indiscutibile. Il nero è irrinunciabile, e l'amore per il bianco è legge. Ma sono appunto dei miti. Nel 1793 viene prolungata la libertà di abbigliamento, ma 200 anni dopo ci vestiamo quasi tutti con la stessa divisa. Ma è una convenzione recente: nell'ottocento gli ospedali erano rigorosamente Bianchi, finché ad un certo punto non ci si è stufati: il bianco fa malattia e forse è meglio evitarlo. Nel 1924 a New York è il dott flagg che propone di dipingere gli ambienti col complementare del sangue, una tinta che viene subito battezzata eyerest green, il verde riposante. Galeno nel secondo secolo ci racconta che i miniaturisti tengono accanto a sé degli oggetti grigi o neri da fissare per poter rilassare gli occhi dopo aver lavorato a lungo davanti alla pergamena bianca. C'è l’idea generale che il caldo sia più faticoso del freddo, ma chissà se è una teoria dovuta al clima temperato, e magari chi vive in un clima artico la pensa al contrario. Tra gli esperimenti più stravaganti Condotti sul potere del rosso e del blu ci sono quelli di John hot, l'inventore della cinematografia timelapse: egli alleva dei Visoni dividendoli in due gruppi; alcuni li fa vivere sotto la luce rossa e altri sotto una luce blu, e conclude che i primi risultano più aggressivi E non si accoppiano con facilità, Mentre gli altri fanno molti figli, diventano docili. Sono conclusioni ragionevoli: luce Controlla molte funzioni biologiche, a cominciare dai ritmi di sonno e di veglia, e la luce blu è più simile per composizione a quella degli ambienti naturali. Poi prova coi topi e alza la posta: li divide in tre gruppi, alcune allevati con luce bianca, altri rosa e altri blu, ed esce fuori che con la luce blu i figli dei topi sono al 70% maschi, con la Rosa sono al 60% femmine, e quella Bianca sono metà maschio metà femmine. La storia è un po' troppo edificante per risultare credibile, anche perchè la differenza del rosa e celeste attribuita a maschietti e femminucce è infatti recentissima ed è quanto di più convenzionale si possa immaginare, tanto che fino all'800 accade il contrario: il rosa spettava ai maschi perché era sentito come una versione addolcita del rosso, tinta virile per antonomasia, mentre il celeste è il colore delle bambine in omaggio alla Madonna. Un fatto biologico ha probabilmente contribuito alla costruzione di questo mito rosa-blu moderno: i difetti della visione cromatica, cioè il daltonismo e le sue varianti, Riguardano solo gli uomini, per un deficit della retina trasmesso tramite il cromosoma maschile, Ed è appunto la gamma dei Rossi e dei Rosa Quella che più spesso non viene riconosciuta. Parliamo di quasi l’8% dei maschi umani, quindi non è un caso che i prodotti destinati al pubblico maschile abbondino di blu, perché tutti i maschi sono in grado di vederlo. Sostenitori di un possibile innatismo semantico del rosso fanno da sempre notare che questo colore caratterizza i genitali di molti mammiferi, la bocca, lingua, il sangue e il fuoco, tutti elementi che spiccano e dal Forte intento segnaletico, per tali ragioni il rosso sarebbe naturalmente legato al sesso, alla passione, al irruenza, all’allarme e al pericolo. Però sesso e pericolo sono concetti differenti e per quanto riguarda i genitali, sono di varie tinte, dal Rosa al Violetto al marrone; inoltre dire che le virtù irruente del Rosso siano legate al sangue è come dare per scontato che il sangue abbia già in sé un significato, quando invece la violenza, la passione e il dolore che gli si associano sono essi stessi elaborazioni simboliche che si riverberano sul colore in un secondo momento. Dire che i significati dei colori sono una faccenda culturale non vuol dire negare le caratteristiche fisiologiche della potenza della nostra risposta emotiva al colore. I significati che legano il rosso al sangue sono sempre culturali, ma allo stesso tempo motivati da condizioni inevitabili, come il ferirsi e provare dolore. I colori vivaci permettono senza sforzo collegamenti con i sentimenti più Allegri, perché la risposta psicologica alla luce è un aspetto fondamentale del nostro stare al mondo, e le tinte tendono ad essere più vivaci quando c'è molta luce, ma nulla ci vieta di fare il contrario e costruire significati positivi con Toni spenti o cupi. gli esperimenti che comprano i rapporti tra eccitabilità e tinte calde sono dunque rilevati e Siri nelle argomentazioni si possono trovare altrettanti controesempi che avvalorano il contrario. Non bisognerebbe trascurare che ciò che sembra innato, organico o biologico non è mai staccato dalla storia, dalla società e dalle sue pratiche. Il daltonismo viene diagnosticato sono nel 1794 Poiché prima della diffusione massiccia di oggetti colorati passava perlopiù inavvertito. Il presupposto scientifico contemporaneo è che il colore sia un continuum dal rosso al Violetto, che attraversa ogni tonalità e che può essere segmentato. In questo spazio ogni tinta occupa un suo punto sempre in qualche rapporto di vicinanza e di lontananza con altri punti. Nel Medioevo sia rosso che blu sono reputati caldi, perché brillanti e intensi, mentre il giallo è freddo perché affine ad un metallo. Oggi per molte persone rosso si rivela più eccitante e aggressivo dell'azzurro, Ma al di là del di considerazioni statistiche Non possiamo spingerci. Turchese registrato Il copyright sulle percezioni Nel 1845 Charles Lewis Tiffany, il famoso gioielleria newyorkese, sceglie per la copertina del suo catalogo una varietà di azzurro diventata distintiva del Brand. Si tratta del colore delle uova del turdus migratorius, più noto come Merlo americano, e la ragione è da ricercarsi nella moda, nell’usanza per le spose vittoriane di regalare ai collaboratori domestici una spilla con una pietra turchese. Il colore ha un suo codice di riferimento: il Pantone 1837, eppure se la cerchiamo nella mazzetta, la tinta non compare da nessuna parte e la ragione di questa assenza è dovuta al fatto che in alcuni stati il colore 1837 è un marchio registrato prodotto in esclusiva per la gioielleria. Questa storia pone la domanda che fa arrovellare le multinazionali: è possibile brevettare e registrare un colore? di recente sono venuti alla ribalta delle cronache due processi in cui ci si è contesi un copyright cromatico. Nel primo la BP, il colosso petrolifero, voleva proteggere dagli imitatori l'uso della sua accoppiata verde gialla, richiesta respinta dai tribunali perchè insensata in quanto una coppia di colori non è brevettabile; nel secondo la maison francese Louboutin ha denunciato yves-saint-laurent, Zara e Eden Shoes Per avergli copiato le iconiche scarpe nere dalla suola rossa, e dal punto di vista legale basterebbe trovare un unico caso di scarpa con la suola rossa antecedente per smontare qualsiasi pretesa di brevettabilità, ma per i giudici l'uso della suola colorata è affine ad altre idee che caratterizzano la moda, Quindi l'unico divieto posto ai concorrenti per il momento è l'uso di suole rosse su scarpe nere ed è chiaro che Louboutin nella sostanza ha perso la sfida: se tutti si mettono a produrre scarpe dalle suore di colori diversi nel giro di un decennio l'idea perderà smalto, riconoscibilità e paternità. Immaginiamo due aziende, Pinkogiallo e rubagiallo, che producono magliette. Un giorno Pinkogiallo si accorge che le magliette del concorrente sembrano identiche alle sue e decide di tutelare il suo Brand in modo ufficiale. Per farlo Pinkogiallo deve avere Chiara una questione filosofica non da poco: deve sapere spiegare che cosa significa che due cose hanno lo stesso colore. Un'affermazione del genere è difficile da circoscrivere in giurisprudenza, perché stiamo sottintendendo che questo sia vero In determinate condizioni, e non in assoluto. Per esempio, capita di scegliere dei calzini neri dall'armadio, di guardarli, di giudicarli uguali e solo più tardi, una volta sotto la luce del sole, accorgersi di indossarne uno nero e uno blu. Questo fenomeno è chiamato metamerismo, Ossia quando due tinte appaiono uguali sotto un tipo di illuminante Ma diverse sotto un altro. Ecco come mai nelle procedure industriali le tinte vengono valutate di solito con una luce standard di 6500 Kelvin, che somiglia grossomodo al sole di mezzogiorno. Questa idea che esiste un colore vero delle cose e che per vederlo bisogna mettere le cose sotto la luce giusta, è una convenzione. Noi viviamo in un mondo in cui la luce cambia di continuo e possiede tante colorazioni a seconda dei momenti dei periodi dell'anno: deputare corretta solo la luce di mezzogiorno col bel tempo poiché permette di vedere un maggior numero di tinte, non può essere reputata la verità. Una vecchia storia del mondo del design racconta di un ristoratore di New York che negli anni Settanta del Novecento decide di dare un tocco caldo e romantico al suo locale immergendolo in una morbida luce rossa, ma all'inaugurazione l'effetto è tragico: le verdure appaiono nere, sporche, quasi marcescenti perchè il designer con molta probabilità ne sa poco di fisica e anziché scegliere delle lampadine rosse, che di solito contengono anche un po' di lunghezza d’onda verde e gialla, ha deciso di fare lampadine bianche filtrate da gelatina Rossa, Col risultato che la luce irradiata è soltanto rossa e le povere verdure, non avendo radiazioni Verdi da riflettere, rimangono nere. Comunque molti ristoranti preferiscono le luci calde, per solleticare la nostra vanità: La dominante Rossa uniforma le discromie, rossore e brufoletti si confondono nel tono generale e la pelle si mostra compatta; al contrario nei fast-food la luce è sparata, viene dall'alto, è Bianca, freddissima, così qui le occhiaie si scavano, i denti appaiono giallastri, i capelli più Radi e la pelle maculata, per ricordarci che siamo entrati per qualcosa e quindi dobbiamo uscire una volta fatto. Una delle differenze sostanziali tra noi e gli uomini dell'epoca preindustriale è l'assenza della luce elettrica che ha regolamentato la percezione in una maniera che non ha precedenti. La pittura del Rinascimento ha una prerogativa cui si presta attenzione: i personaggi sono Vestiti secondo la moda contemporanea, ma se oggi Facessimo qualcosa del genere l'effetto verrebbe catalogato come kitch, invece per gli antichi è normale perché ribadisce il messaggio evangelico come sempre contemporaneo, e poi non c’è ragione di pensare che il passato fosse poi così diverso dal presente. Oggi i dipinti del passato vengono Ammirati nei musei, su pareti bianche che li trasfigurano in concetti isolati e distanti: un'icona Bizantina sta accanto ad una natura morta del 600 e un dipinto di Jackson Pollock. Chi dipinse quelle icone le inventava al contrario per uno spazio spesso buio, così mentre l'elettricità museale amplifica la testimonianza figurativa non lo fa con quella metafisica. E’ chiaro che è solo la stabilizzazione della luce a consentirci di parlare di oggetti dallo stesso colore. La luce bianca che incontriamo in molti negozi di abbigliamento può far sembrare giusto il giallo della maglietta di Pinkogiallo, ma rubagiallo Però potrebbe sfruttare il metamerismo e inventare un colore che appare identico in negozio, per sottrargli clienti, ma diverso alla luce del sole, per dimostrare in sede legale che si tratta di un'altra tinta. Tuttavia il 19 maggio 1960 l'artista Ives Klein ottiene dall'ufficio brevetti la certificazione del suo International Klein Blue, un pigmento Oltremare brillantissimo, e più di recente la società britannica Arthur nanosystem ha creato il vantablack, una sostanza composta da nanotubi di carbonio che assorbe fino al 99,9% delle radiazioni, risultando il nero Più nero mai guardato. Ma in entrambi i casi, quella che viene brevettata è una procedura tecnica, non un colore. Un brevetto è una cosa diversa dal Diritto d'autore, un brevetto è un fatto pratico, è la registrazione di una forma di una procedura e può essere venduto o ceduto a terzi, mentre Il Diritto d'autore, implica che un individuo è il possessore morale di una certa idea ed è inalienabile, cioè non si può vendere, ma può essere lasciato in eredità. La maniglia di una porta possiede un brevetto, mentre un dipinto è coperto da Diritto d'autore. Nelle magliette di Pinkogiallo non ci può essere Diritto d'autore sul colore perché il colore non è qualcosa di inventato da qualcuno, e quanto alla formula chimica, se rubagiallo ne inventasse un'altra il cui risultato fosse indistinguibile dal giallo di Pinkogiallo, non ci sarebbe appigli per intentare una causa. Per questo Tiffany può registrare il suo Pantone Come forma di autopromozione Magica ma non potrà mai impedire a qualcun'altro di farne uno simile. E ’ questo il grande malinteso: trattare il colore come una cosa quando non lo è. Il colore, quando chiudiamo gli occhi, smette di esistere: Non è una cosa, Ma una sensazione e non si può mettere il copyright sulle sensazioni. Rosa pesca Il problema dell'incarnato Confrontare materiali pregiati con parti del corpo È una costante che proviene dalla lettura cortese. I capelli sono una massa fluida, in movimento, in cui si rintracciano caratteristiche irriducibili al nome di una tinta e non è un caso che vengono paragonati all’oro, perché anche questo In fondo non è un vero colore: dicendo argento o rame stiamo suggerendo qualità come la lucentezza, la metallicità, la riflessione specchiata. Ricorrere al confronto metaforico non è solo una scelta poetica, ma una necessità. Il colore delle cose può presentarsi in almeno tre modi: quello superficiale, caratteristico di qualsiasi oggetto opaco e che corrisponde spesso ad una tinta uniforme, quello luminoso, Come in una lampadina accesa o in ogni oggetto che emani luce, e il cosiddetto modo volume che ci dà la sensazione di guardarci attraverso Come accade con un pezzo di vetro, con il vino in un bicchiere o con le caramelle gelatinose. Nel mondo naturale Il confine tra superficie e volume è spesso sfuggente, perchè la freschezza delle cose vive è dovuta alla percezione di un colore che non si riduce alla tinta, ma possiede profondità. La pelle umana può essere considerato un caso limite tra colore di superficie e volume, non solo per il trasparire dei toni costanti ma anche per il suo cambiare sfumatura al variare dello spessore. Per dipingere in modo realistico la pelle umana non si può stendere una mano di pittura compatta, bisogna accostare tanti piccoli tocchi di colore diverso su tanti livelli sovrapposti. Storicamente è un procedimento che con la tempera si è sempre rivelato difficoltoso, invece la scorrevolezza dell'olio consente le sfumature morbide che rendono verosimile il colorito umano, Anche se forse una vetta in proposito è stata raggiunta da Rosalba Carriera, una ritrattista che lavora con i pastelli. Negli anni in cui il ritratto inizia ad essere un indagine psicologica, a Carriera basta una lumeggiatura su una guancia per raccontarci il potere, la superbia o la speranza. C'è da dire che all'epoca si è avvantaggiati pure dal fatto che va di moda la cipria, per tutti, donne uomini, e quindi ci si trova ad immortalare soggetti la cui pelle già cosparsa di un pigmento che la livella, come se cipria e pastelli, nella loro fraterna condizione di polveri, si incontrassero a metà strada. Nell'ultimo secolo il mercato si è posto Anzitutto la questione di come industrializzare le qualità della pelle umana, risolvendo i problemi discromia senza appiattire tutto. E’ probabile che l'occhio abbia bisogno di una familiarità con un sistema ordinato di colori per essere in grado di conoscerne con precisione uno qualsiasi. L’immaturità visiva di cui parla gladstone sarebbe una faccenda psicologica in termini culturali e non organici. Il colore assumerebbe cittadinanza linguistica solo di fronte ad oggetti e vernici artificiali: è solo nel momento in cui siamo noi a farlo che questo si stacca dalle cose e diventa un concetto maneggiabile. Per gli uomini antichi la bluezza è il modo stesso di essere del mare e di poche altre cose, ma se nella mano stringo una polvere rossa, con cui posso colorare stoffa, vasi, muri o il mio stesso viso, ecco che questa smette di essere una polvere e diventa un'altra cosa, un'idea generale di colore. Gli antichi Vedevano i nostri stessi colori ma non erano sempre in grado di assumerli in una categoria complessiva. E’ l'industria che ha contribuito a staccare per sempre il blu dal mare. Giallo Giuda La tecnologia E lo sguardo Da almeno vent'anni la maggior parte delle immagini con cui abbiamo a che fare emette luce. Questo fatto ha provocato la sensazione che tutte le figure funzionino allo stesso modo, perché guardandole attraverso un unico medium se ne livellano molti aspetti specifici: visto su uno smartphone, un dipinto ad affresco diventa luminoso come un programma televisivo. La riproducibilità tecnica comporta infatti una modifica delle caratteristiche espressive delle opere del passato e se Ci limitiamo a giudicare le tinte su un monitor, il giallo usato da Giotto per dipingere il mantello di Giuda nella Cappella degli Scrovegni a Padova può apparire molto simile al giallo della pelle dei Simpson, eppure questi gialli sono ingranaggi di meccanismi lontanissimi. Un minestrone fascinoso che rischia però di rendere le immagini tutte simili. Questa condizione può suggerire un'idea del colore fin troppo astratta, come pensare che ogni oggetto possa essere prodotto davvero di Qualsiasi colore, quando in realtà ogni materiale e ogni linguaggio permetteno solo alcuni effetti cromatici e non altri. Per comprendere il valore autentico del giallo di Giotto E di quello dei Simpson è allora fondamentale chiedersi quali siano le ragioni che hanno portato il mantello di Giuda ad essere di quel giallo e non un altro, e la pelle di Homer ad essere proprio di quella nuance e non più scura o più chiara. Secondo una tradizione che inizia nel XII secolo, il giallo è sinonimo di falsità, di inganno e di menzogna, poiché è sentito come una degenerazione delle qualità luminose e morali dell'oro, quindi una clausola obbligata per Giuda. Per dipingere il vestito del traditore Gli artisti hanno però disposizione sono alcuni pigmenti e non qualsiasi giallo, visto che all'epoca i colori disponibili sono il giallorino e l’orpimento, e come sappiamo si tratta di polveri precise, che aprono una questione teologica: se Giuda ha un suo colore necessario alla storia non è così per Cristo, la cui iconografia non prevede una tinta prestabilita riconoscendolo dalla barba e dai lineamenti vagamente siriaci; la committenza, neanche a dirlo, pretende che sia vestito nella tinta più preziosa, cioè il famoso blu di lapislazzulo, ma il giallo però è più luminoso e Spicca, con la conseguenza che nell'insieme Cristo risulta meno importante di Giuda. Alcuni artisti preferiscono relegare il giallo ad un pezzettino di stoffa che sbuca da una manica e far così trionfare l'azzurro salvifico del Redentore, invece Giotto sceglie di esagerare al contrario: disegna Giuda dominante, avvolto in un enorme mantello giallo opponendosi al blu. Questa interazione tra i due sistemi dà senso e logica al giallo. Giotto non ha scelto quel particolare giallo perché gli piaceva, quel giallo è il frutto di complesse dinamiche sociali. Il giallo dei Simpson è tutt'altra faccenda: i personaggi nascono come protagonisti di uno show televisivo che debutta il 17 dicembre 1989. I fumetti e i cartoni animati manifestano sempre nello stile i limiti della tecnologia che li ha prodotti, per esempio i supereroi sono tutti vestiti di azzurro e di rosso Non solo per ragioni patriottiche, Ma perché sono i colori più facili da stampare anche su carta scadente. Al contrario un film d'animazione come Bambi, composto di centinaia di minuti e variazioni di verde e di Marrone, è possibile nel 1941 poiché concepito per le sale cinematografiche all'interno di una prassi distributiva con cui la Technicolor controllo ogni singola copia prima di lanciarlo sul mercato. Le tonalità di Bambi sarebbero impensabili per la TV che, emettendo luce, appiattisce, brucia e semplifica le sfumature. La TV Inoltre lascia sempre al pubblico la possibilità di decidere la saturazione, il contrasto e la luminosità dello schermo e si deve prevedere a Monte un margine di errore, così i Simpson adottano di proposito una tavolozza elementare rivendicando i limiti della TV come virtù estetica, e sono gialli per due ragioni: da una parte per esplicitarne l'aspetto bilioso, acido e insalubre, dall'altra, per stare dentro ad uno schema sgargiante. Poiché ogni telespettatore Visualizza un giallo differente, possiamo dire che quella dei Simpson non è una tinta esatta quanto piuttosto una tinta di sicurezza. Il modello teorico contemporaneo presuppone che le tinte siano momenti di una progressione sfumata che le Contiene tutte. In questa sequenza il giallo dei Simpson non è un punto preciso, ma piuttosto una gamma, un segmento di gialli possibili. La mentalità trecentesca, invece, non prevede né un'idea di tutto, né tantomeno un'idea di continuum, e le tinte sono atomi isolati che intessono tra loro rapporti gerarchici e discontinui. Il sistema Giuda e il sistema Simpson presentano un giallo percettivamente simile, ma nell'insieme sono due matrici Che, Se accostate, non combaciano. Un'artista trecentesco non può pensare un giallo che non esiste in concreto, come quello fluorescente di un pennarello evidenziatore, e così gli autori dei Simpson, che operano all'interno dei Format della televisione di fine anni 80, non possono usare tutte le variazioni di tinte pastello. Epilogo Il colore come strumento mentale Il 12 aprile 1961 Yuri Gagarin, il primo uomo ad essere andato nello spazio, rivela al mondo qualcosa di inatteso e poetico: vista da lassù la terra è azzurra per l'atmosfera che la avvolge. Nel 1969 anche gli americani vanno nello spazio, un anno dopo l'uscita di 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick. Questa esperienza influenza tutte le raffigurazioni successive. Il cosiddetto immaginario collettivo si costruisce così: un'idea compare, prende forma, piace, Comincia ad essere maneggiata dalle persone, viene usata da artisti, designer e registi, e piano piano diventa un archetipo condiviso. Tutte le società hanno formato da sempre sistemi simbolici in cui conoscersi e in cui il colore ha avuto un ruolo centrale. Quello che è nuovo nel mondo moderno è l'inquadramento di tali pratiche all'interno di procedure tecnologiche di scambi commerciali che da una parte li amplifica e dall’altra li standardizza. Per queste ragioni oggi il colore non è soltanto una percezione, una qualità delle cose, ma una categoria psicologica che esiste insieme al modo di produrlo, di diffonderlo nell’ordinario. Nel XIII secolo il poeta bonvesin de la Riva per descrivere la perfezione del Paradiso dice che lassù I colori sono brillanti e non sbiadiscono mai, oggi non ci verrebbe mai in mente di fare un'iperbole del genere per parlare della perfezione divina, ma pure noi abbiamo le nostre metafore e i nostri miti. Per esempio un classico nell'immaginario pubblicitario è usare lo spettro cromatico per comunicare un'idea di eccellenza tecnica: sottolinea l'accuratezza con cui catturano i colori del mondo i vari strumenti elettronici. Anche il marchio di Google Chrome è un cerchio cromatico e troviamo decine di immagini simili in tutte le app che elaborano le immagini. Se nel Medioevo la cosa importante era che i colori fossero durevoli, oggi per noi Conta che siano parecchi. Ogni epoca ha In definitiva il proprio regime percettivo. Se tra 10.000 anni un archeologo ritrovasse una mazzetta Pantone, quel reperto testimonierebbe un aspetto importante della nostra civiltà: il colore come sistema regolato. Ad un certo punto nella storia è stata l'industria a definire le tonalità cromatiche, per esempio decidendo che alcuni colori sono basilari rispetto ad altri, fino a trattare questi fantomatici primari come entità fondamentali della natura. Di recente sul fondo dell'occhio di alcune donne un gruppo di ricercatori ha individuato un quarto tipo di cono di cui non ci si era accorti prima: se questa scoperta dovesse essere confermata cambierebbe in maniera sostanziale il punto di vista Sul modello tricromatico ed è probabile che il fatto sia passato inosservato un po' perché più raro statisticamente, un po' perché il modello teorico dei tre primari è stato per tutto il Novecento parte integrante del bagaglio culturale degli scienziati. L'arte e il design sono oggi dominati da due modelli cromatici forti: da un lato l'eredità della tradizione didattica modernista e gestaltica, quella di Itten, albers o arnhem, dall'altro stanno diventando sempre più presenti I saperi che provengono dalle neuroscienze. La didattica artistica si concentra sulle dinamiche interne alle composizioni, le neuroscienze hanno invece spostato l'interesse dalle opere al cervello, affermando che il senso del colore sia nella mente di chi guarda. In entrambi i casi vengono ignorati due degli elementi più importanti per la comprensione dell'arte: la società e la storia. C'è un oggetto che può insegnarci molto sul funzionamento della mente umana. Nel 1978 viene scoperta vicino a Stoccarda una sepoltura principesca piena di reperti in oro e bronzo di fattura locale, tranne un grande calderone di evidente origine greca con sulla sommità Tre Leoni accovacciati: due hanno forme in linea col gusto greco del sesto secolo, il terzo, identico nella posizione, Mostra uno stile differente. E’ plausibile che il leone originale sia andato perduto o si sia rotto, e che un artigiano locale abbia deciso di ricostruirlo impiegando il linguaggio che gli era più familiare, attraverso quelle procedure tecniche e psicologiche che ha acquisito negli anni tramite le specificità del suo lavoro. Il confronto tra Leoncini evidenzia Perciò come la tecnica non sia un semplice mezzo per fare qualcosa Ma diventi un modo con cui pensiamo la materia, secondo le possibilità e i limiti delle condizioni storiche e geografiche in cui ci troviamo a vivere e operare. Si racconta che le forme plastiche delle architetture di Borromini fossero dovute al fatto che studiasse i volumi modellandolì nella cera, e certe curve Infatti si possono generare solo muovendo il pollice in una sostanza molle, così Borromini ha acquisito quello che potremmo chiamare uno strumento mentale, cioè un modo di ragionare fornito da una situazione concreta in cui siamo cresciuti o con cui abbiamo avuto a che fare. Potremmo dire che il nostro ambiente percettivo è l'insieme delle competenze storiche, sociali e tecniche in cui viviamo, e conosciamo il colore attraverso I saperi stratificati delle sue pratiche concrete. Il concetto di tinta unita è uno dei filtri con cui ci poniamo di fronte all'icona: conquistarsi un occhio critico ci permette di abituare questi saperi in maniera complessiva e fruttuosa. Le idee cromatiche della società industrializzata hanno una cosa in comune: sono tentativi di razionalizzare il colore. Questo significa Però anche standardizzare lo sguardo, renderlo prevedibile ed eventualmente dominabile. Educhiamo ogni giorno Milioni di bambini a mischiare blu col giallo e Diciamo che quello che ottengono è il verde, come se fosse un fatto indiscutibile, come se tutti i gialli E i blu si comportassero alla stessa maniera. Stiamo spacciando una necessità tecnica ed economica per una legge che regola l'universo, stiamo fornendo a quei bambini uno strumento mentale dicendo che è una verità sul colore. Alcune polemiche degli ultimi anni hanno coinvolto il restauro delle opere d'arte del passato, ossia il modo con cui proviamo a ricostruire un colore perduto. La Scuola Europea si Batte per un modello basato sulla conservazione e accusa parte di quella statunitense di alterare il cromatismo originario volendolo rinnovare. Il restauro europeo dirige l'intervento prendendo atto che il passato non è recuperabile, mentre il restauro americano tenterebbe di darci l'opera come quando fu fatta. In realtà la critica mossa al restauro statunitense è più sottile e va a toccare un nervo scoperto: non si starebbe tanto ricercando una verità storica quanto rendendo il colore più appetibile una volta riprodotto in cataloghi, poster e cartoline. La domanda è se questo sia davvero un male, o se magari proprio quel merchandising garantisce la sopravvivenza dei valori culturali. La tecnica ha che fare con la storia. Per questo il modo in cui la usiamo è sempre un problema morale. Affermare che il ceruleo è il colore dell'anno può essere una prova della capacità umana di astrarre e concettualizzare. Il pensiero critico può iniziare da fatti piccolissimi, anche dal colore, magari insegnando ai bambini che il verde si può fare mischiando il blu col giallo, ma non è l'unico modo di fare il verde. Non è la verità.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved