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Guide e consigli
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Cromorama -Riccardo falcinelli, Dispense di Tipografia

Come il colore ha cambiato il nostro

Tipologia: Dispense

2019/2020
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Caricato il 20/02/2020

leaciv9
leaciv9 🇮🇹

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Scarica Cromorama -Riccardo falcinelli e più Dispense in PDF di Tipografia solo su Docsity! CROMORAMA: Il design, attraverso l’interazione di idee e di modelli, progetta anzitutto rappresentazioni, cioè cose che si mostrano al nostro sguardo, ma che finiscono per abitare la nostra mente. Per questo il design ancor prima che oggetti, produce discorsi, vale a dire un insieme di sapere, di miti, comportamenti di pratica sociale accomunate dalla scala di massa. Giallo matita: Da questo si inizia a intuire come si costruisce l’immaginario cromatico: fare un oggetto di un certo colore può incontrare o meno il consenso del pubblico; ma se lo incontro, inizia vivere nella nostra fantasia e diventa una categoria con cui giudichiamo tutto il resto, come il giallo di una matita. L’aspetto cruciale del rapporto con il colore sta proprio nel cercare di far rimanere le cose nella memoria collettiva. Vi sono molte cose gialle, ormai famose, che contraddistinguono il nostro mondo culturale, come le pagine gialle che furono pubblicate quasi per sbaglio, perché è il primo editore aveva a disposizione solo carta di quel colore; oppure i girasoli di Van Gogh, il barattolo della Nisquik o i taxi newyorkesi. Tante abitudini comuni sono invenzioni, spesso determinate da necessità tecniche. Ad oggi però ci troviamo spesso in conflitto con una terminologia a volte imprecisa. Per esempio l’opinione pubblica dà per scontato che nell’arcobaleno ci sono tutti colori, ma la scienza recente dimostrato che il colore rosso-rosso nello spettro come cromatico non c’è. Queste contraddizioni sono un aspetto importante della storia del colore. La moltitudine di approcci, di studi nei secoli ha costruito conoscenza, ma anche prodotto molti detriti. Si tratta di materia viva dell’immaginario colorato. Chi ci dice che il rosso è legato all’amore e alla passione?? Per capire il colore cos’è oggi il colore dobbiamo chiederci non solo come funziona, ma anche quali sono le idee che gli uomini se ne sono fatti: e va da sé che il convincimento dello specialista e quelli dell’uomo qualunque andranno considerati in parallelo, giacché la scienza e il mito sono due modi di guardare la realtà. Rosso unito Nell’arte e nel design i linguaggi che riscuotono maggior successo sono proprio quelli che si colgono in un baleno, a colpo d’occhio. Anche la tinta si coglie all’istante, infatti dal punto di vista tecnico essa è l’aspetto uniforme di una superficie in cui riconosciamo lo stesso colore in ogni suo punto. Non è solo una caratteristica percettiva, ma possiamo definirla come una rivoluzione dello sguardo, infatti oggi prediligiamo la tinta. Quando diciamo tinta, diamo per scontato che sia unita, con un’insieme ai pigmenti sintetici, dando un’idea di compattezza. Il gusto per il colore disomogeneo è una qualità costante negli artefatti del passato: nella pittura bizantina o nell’orificeria medievale. Nel caso delle pietre preziose, poi, l’invenzione dei vari tipi di taglio è servita a moltiplicare le possibilità tonali del material, come nel cosiddetto Carbochon, cioè la pietra ovale segata a metà, in cui la parte sottostante può venire scavata così che la luce si riverberi per tutto il volume della gemma. Anche nelle vetrate gotiche incontriamo effetti dinamici lontani dall’uniformità moderna, come il cosiddetto doublé, in cui sono accoppiati uno sull’altro due strati di vetro, uno bianco e uno rosso, che producono effetti variabili a seconda dello spessore e dell’angolo di incidenza della luce. Queste invenzione artigiane che sfuggono la compattezza cromatica, ci permette di capire meglio la tipicità del mondo contemporaneo. È chiaro che il doublé è progettato per avere qualità lontane da una lastra di plexiglas come fece Philippe Starck per le sue sedie, ne apprezziamo la coerenza cristallina ma non ci troviamo l’emozione di una vetrata di Chartres. Sono linguaggi e scelte distanti, oltre che condizioni esistenziali diverse nella sostanza. In pittura vi sono molte differenze e queste si notano col modernismo. Infatti se esaminiamo da vicino la finitura di un dipinto classico, notiamo che il colore non si limita alla tinta, ma sembra penetrare nella tela come accade con una superficie organica. Oppure in quelli rinascimentali appaiono pastosi e articolati, ciò è dovuto alla cosiddetta tecnica delle velature, cioè quando il colore è steso per strati trasparenti e successivi, applicando mani fresche, magari diluite, sopra le campiture asciutte, così che traspaia il colore sottostante. Storicamente il vero cambiamento si ha con l’impressionismo, quando il colore si presenta come un corpo denso, dalla tinta precisa che ha solo rilievo. L’epoca degli impressionisti è quella dei nuovi pigmenti venduti pronti all’uso e anche per questo la materia può essere estesa così come esce dal tubetto, rompendo così la tradizione. Nel mondo antico, la tinta unita è impossibile produrla, però con la lavorazione in serie, le cose si ribaltano. Sotto molti aspetti, la tinta unita non è solo una scelta, ma una delle conseguenze della serializzazione produttiva, come un mattoncino lego, pennarelli, matite, gessetti, pastelli eccetera. L’industrializzazione ha trasformato insomma la tinta unita da evento eccezionale in fatto quotidiano, fino a farne il criterio in base al quale definiamo tutto il resto. La standardizzazione ha però provocato qualcosa di più. Proprio attraverso la consuetudine con le tinte unite ci ha portati a usare il colore come un’astrazione. Al di là delle necessità produttive c’è comunque da chiedersi come mai la modernità si sia affezionata ai colori uniformi. Per rispondere proviamo a ribaltare il problema immaginando come sarebbe il nostro mondo se questi non esistessero. Pensando alle nostre case, i muri, tessuti, la prima cosa che ci viene in mente è che senza superficie uniforme apparirebbe tutto un po’ vecchio, rovinato o sporco. In questo universo le logiche del mercato invitano a buttare quello che è vecchio sostituendolo con qualcosa di nuovo. In breve lo sporco, il vecchio e rovinato sono tre concetti distinti e finiscono per equivalersi, condividendo una condanna morale. Se si vuole essere moderni si deve ambire al nuovo e a pulito. Tutte le cose si rovinano e si sporcano, è inevitabile; ma prima dell’ottocento non se n’era mai fatto un dramma. È stata l’industrializzazione a convincere che tutto ciò che è diverso bisogna cambiarla e prendere qualcosa che è esteticamente perfetta. Nero articolato Per capire il mondo contemporaneo dobbiamo osservare opere che riassumono alcune qualità dei linguaggi di massa. Un’opera che racconta bene il conflitto tra complessità cromatica e logica seriale è “brillo box” di Andy Warhol, uno dei lavori più famoso della PopArt. Si tratta della ricostruzione, uguale solo in apparenza, delle scatole di cartone con cui vengono distribuite in negozi e supermercati le spugnette insaponate brillo. Warhol le studia e le rifà quasi identiche. Infondo Warhol è un romantico: ama a tal punto gli oggetti di massa da volerci restituire come pezzi unici, per farci accorgere del loro fascino e del loro essere. Egli si pone il problema del pubblico contemporaneo sempre concentrato, proponendo la loro personale soluzione estetica. Egli fa il grafico usando però i materiali della pittura. Warhol fa uso anche delle sovrastampe, ossia quando in tipografia, dopo aver stampato un inchiostro, se ne batte sopra un altro, che si stende su quello che c’è sotto senza annullarlo. Il risultato della sovrastampaggio non è così solo un terzo colore, nè una pure a miscela, giacché è visibile, alle volte in maniera sorprendente, il modo con cui si è prodotto. Nella grafica ad alta tiratura ne troviamo esempi significativi nel lavoro di Albe Steiner, come nella prima pagina del “contemporaneo” in cui la grande data 1917 si sovrappone sia al teatro e sia alla alle fotografie amplificando i significati e l’impatto dell’intero layout. Anche il famoso poster è dedicato al gran premio di Monza da Max Huber, in cui la sovrastampa intensifica la dinamica temporale delle frecce, come ci trovassimo davvero di fronte alle scie lasciate dalle automobili in corsa. Azzurro costoso Esistono nome inconsueti per ogni colore: terra di Siena, bruno Van Dick, giallo di cadmio, blu oltremare. Parole difficili rispetto al lessico a cui si è abituati. Ad esempio ci sono tre tipi di bianco di zinco, di titanio, di piombo che a vederli sembrano tutti uguali. Queste differenze da piccoli non si è abituati a distinguerle e neanche a chiamarli così, bensì con quelli comuni. Infatti il colore fino ad allora era una questione percettiva: il “come appare”. Blu, giallo, rosso erano sensazioni, non cose concrete.
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