Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Gabriele d'Annunzio e la sua risposta al contesto storico italiano, Appunti di Storia

Il ruolo di Gabriele d'Annunzio nella storia italiana e europea, la sua complessità e la sensazione di falso che si cela in alcune sue opere. Si parla della risposta letteraria che può assumere due forme: quella dannunziana, che si arma e affronta a spada tratta il presente, e quella di Pascoli, che al contrario preferisce ritirarsi dalla scena. Si analizza il mito superomistico dannunziano e il rapporto tra il Duce e il Vate. Inoltre, si parla dell'esteta, incarnazione dell'inetto, e della mescolanza tra il fanciullino e il superuomo.

Tipologia: Appunti

2019/2020

In vendita dal 18/12/2023

pietrocastronuovo02
pietrocastronuovo02 🇮🇹

15 documenti

1 / 3

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Gabriele d'Annunzio e la sua risposta al contesto storico italiano e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! Nonostante la sua grandezza letteraria e storica, Gabriele d’Annunzio è uno dei personaggi più dibattuti circa il suo stile di vita, il ruolo nella storia a lui contemporanea, le idee e le opere e per questo spesso criticato a priori. Pochi però, provano ad analizzare l’Italia e l’Europa in cui è vissuto per cercare le radici del suo modo di essere. Pare infatti esserci una “distanza” tra noi e il poeta abruzzese ma è solo il frutto di un’impressione di “falsità”, dovuta ad un certo “sentire comune” contrario a d’Annunzio che conduce spesso ad odiare l’autore senza neppure studiarlo. La sua complessità e la sensazione di falso che si cela in alcune sue opere sono in realtà una della due reazioni che si svilupparono nell’Italia tardo-ottocentesca e inizio-novecentesca ai repentini cambiamenti politici, economici, sociali e di relazioni con gli altri paesi. L'Italia che d’Annunzio ha conosciuto nel corso della sua vita è il Paese dapprima unificato con la forza, poi costruito con una guerra e che si è salvato da un conflitto civile in modo ambiguo. I governi italiani conosciuti dal nostro autore hanno tenuto un comportamento ambivalente con le altre potenze europee senza mai definire con esattezza chi, per noi italiani fossero gli amici e chi i nemici, muovendosi come “tra i giri di un valzer” per citare il con von Bulow che così sintetizzò la nostra politica estera alla vigilia della Grande Guerra. L'Italia che viene definita giolittiana è la nazione che, mentre le altre potenze europee confrontano i prodotti del loro sviluppo nella prima esposizione universale a Parigi, vive la prima rivoluzione industriale. Dinnanzi a questo quadro storico caratterizzato da una forma di anacronismo la risposta letteraria può assumere due forme: una, quella dannunziana, che si arma e affronta a spada tratta il presente “putrido e ignorante”. L'altra è quella di Pascoli, che al contrario preferisce ritirarsi dalla scena, rinchiudersi in un Eden familiare e spirituale di protezione e osservare il mondo da spettatore che cerca di comprendere senza intervenire. Entrambe questi modi di reagire e le conseguenti personalità, hanno insite in sé stesse un denominatore comune: il ruolo di “Vate”, incarnato ovviamente in modi diversi, d’Annunzio si curava della propria immagine pubblica e del proprio protagonismo storico presente e poi futuro. Per fare un esempio, nel 1923 scrisse a Mussolini a proposito del conferimento del titolo di principe di Montenevoso dicendo: “la nazione e il governo hanno il dovere di riconoscermi”, alludendo così non solo alle molteplici decorazioni militari e onorificenze ricevute, ma anche a quel suo modo di reagire alla crisi storica del cambio di secolo che ha forgiato i modelli su cui il fascismo ha costruito l’identità del regime, risposta ora compiuta della necessità di riscatto italiano. Analizzando il mito superomistico dannunziano in questa chiave, potremmo affermare che il rapporto tra il Duce e il Vate sia un rapporto mente e braccio, dove il poeta è colui che suggerisce la risposta e Mussolini colui che risponde. In definitiva, come emerge da uno studio pubblicato nel 1960 da Carlo Salinari, possiamo affermare che il superomismo d’annunziano è il prodotto storico del vissuto post-unitario italiano. Il forzato superuomo di Gabriele d’Annunzio ha un però un genitore, anch’egli nato nello stesso periodo: l’esteta, incarnazione dell’inetto. I protagonisti dei primi tre romanzi dannunziani, appartenenti al ciclo della “Rosa”, trovano la loro cifra distintiva nell’irresolutezza e nella perenne incapacità di rendere concrete le proprie intenzioni, divenendo così succubi del proprio destino. Nel profondo però questa effettiva inconcludenza di personalità rivela un’attenta analisi introspettiva, sulla scia della psicoanalisi freudiana e della scuola di Lipsia di Wilhelm Wundt, che cerca di scrutare tra gli aspetti più infimi e vergognosi dell’anima ma soprattutto del nostro ruolo di attori con noi stessi e gli altri. La maschera dietro cui celiamo il nostro vero io. In quest’ottica i romanzi degli inetti sono una copia rovesciata “multanimità” pirandelliana. Un “Uno. Nessuno. Centomila” dentro l’anima, usato da d’Annunzio per criticare sé stesso nel senso kantiano del termine, di analizzare e per giudicare. L'esteta è il frutto della mescolanza tra il fanciullino e il superuomo. Ha la forza prorompente del secondo ma la timidezza e l’atteggiamento di auto esclusione dalla società del secondo, rimpiazzato dal culto dell’arte e dai modi di vivere rinascimentali. In questo vivere principesco vi è la concretizzazione di una parte del “vivere inimitabile” in d’Annunzio al Gardone durante il governo fascista, anche se con alcune differenze: l’esteta è il dandy eternamente giovane che non ha alcuna rilevanza politica, il d’Annunzio segregato al Vittoriale invece, è un eroe nazionale, più duce dello stesso Duce, nel senso latino di dux, quale condottiero degli italiani nelle folli imprese della Prima guerra mondiale e di Fiume. Potenzialmente è ancora una minaccia, ragion per cui nel settembre del ‘23 il commissario Rizzo viene mandato al Vittoriale ufficialmente come guardia del corpo del poeta infastidito dagli ammiratori e ufficiosamente come spia politica per conto di Mussolini. Lo stesso che il primo marzo 1938, telefonerà al Duce dicendo: “ho il piacere di darvi la brutta notizia”. Questa parentesi storico-politica per spiegare l’ambivalenza del poeta abruzzese, stravagante ed eccentrico e allo stesso tempo incoerente politicamente. Cercando di superare la morale politica e affidandosi alla pura analisi sociologica e storica è doveroso, al di là di qualunque giudizio, affermare e riconoscere che nell’opera di Gabriele d’Annunzio, un medio borghese diventato un simbolo nazionale, vi è una forte risposta, seppur umana, al contesto storico di notevole rilevanza storica. Il punto di partenza di d’Annunzio è l’individuo gettato nella storia
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved